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Il jazz scandinavo

Il jazz europeo ormai rappresenta una realtà importante nel panorama


mondiale, con un approccio più intellettuale e colto. Da tempo la scuola
italiana dice la sua in campo jazzistico, così come il jazz francese.
Anche il Nord Europa sta esprimendo una corrente jazzistica sempre più
caratterizzata. L'insieme di tale filone viene chiamato JAZZ
SCANDINAVO ed è rappresentato soprattutto da musicisti svedesi e
norvegesi.
Come il norvegese Grieg e il finlandese Sibelius nell'ambito classico
hanno espresso la capacità di intercettare le sensazioni della propria terra,
cos' i jazzisti scandinavi in generale utilizzano una scrittura attenta agli
spazi e alle sonorità degli strumenti.
Le loro sonorità riflettono le introspezioni intimistiche della loro cultura,
con un uso attento delle percussioni e ampi spazi tra gli strumentisti liberi
di esprimere i propri sentimenti più profondi. Tuttavia emerge a vole un
calore inaspettato e uno swing che mai ci si immaginerebbe da una musica
scandinava.
Uno dei gruppi più celebrato e senza dubbio uno dei primi rappresentanti
di questo nuovo " caldo jazz nordico" è stato l' "Esbjörn Svensson Trio".
divenne famoso in Svezia nei primi anni '90 e poi fu uno dei primi
ambasciatori del nuovo filone scandinavo. Svensson morì a Stoccolma a
soli 44 anni.
Il pianista svedese Bobo Stenson cominciò la sua carriera nei primi anni
'60 a Stoccolma, poi negli anni '70 collaborò con Stan Getz e Sonny
Rollins. Ha inciso decine di album soprattutto con l'etichetta ECM, -
molto sensibile al jazz nordico - a suo nome e con il Trio, peraltro
formazione tipicamente usata in questi gruppi scandinavi.
Un altro pianista, stavolta norvegese, che sta avendo un notevole successo
e sempre dell'etichetta ECM ( tra l'altro il mio favorito ) è il pianista Tord
Gustavsen.
Ancora, ricorderei l'Helge Lien Trio , il Sigurd Køhn Quartet,
sorprendentemente "caldo", lo Jan Lundgren Trio , il trombettista Arve
Heriksen con le sue particolarissime sonorità, soprattutto nell'album
CHIAROSCURO.
Questi da me citati sono solo dei suggerimenti e uno spunto all'ascolto di
un jazz che vi sorprenderà.
George Russell: In 1964, Russell, who as a half black man was dismayed
by race relations in the United States, moved to Scandinavia.[9] He toured
Europe with his sextet and lived in Scandinavia for five years. Through
the early 1970s, Russell did most of his work in Norway and Sweden. He
played there with young musicians who would go on to international
fame: guitarist Terje Rypdal, saxophonist Jan Garbarek and
drummer Jon Christensen.
This Scandinavian period also provided opportunities to write for larger
groupings, and Russell's larger-scale compositions of this time pursue
his idea of "vertical form", which he described as "layers or strata of
divergent modes of rhythmic behaviour". The Electronic Sonata for
Souls Loved by Nature, commissioned by Bosse Broberg of Swedish
Radio for the Radio Orchestra, was first recorded in 1968, as an
extended work recorded with electronic tape. It continued Russell's
continuing exploration of new approaches and new instrumentation.

Quando si parla di “jazz nordico” spesso si fa riferimento a musicisti che


hanno data di nascita nei paesi scandinavi. In realtà, se è da questi
musicisti che si deve partire per un excursus storico, è anche vero che
l’aggettivo “nordico” va riferito ad un’area geografica più vasta di quella
della Scandinavia (tipicamente Norvegia, Svezia, Finlandia): bisogna
considerare innanzitutto la Gran Bretagna con annessa l’Islanda e poi
considerare anche tutte quelle regioni europee che si affacciano sul Mar
Baltico: quindi Danimarca, Germania settentrionale, Lituania, Estonia,
ecc. Si, perchè parlare di “jazz nordico” oggi significa parlare di
un’estetica, di qualcosa che si ha guadagnato nel tempo l’appellativo di
essere valida alternativa al free jazz europeo (quello tedesco soprattutto);
una corrente dalle originali caratteristiche musicali, tendenzialmente
lanciata verso la modernità musicale, che intercetta un nuovo modo di
“sentire” e di “esprimere” le tematiche, frutto sicuramente di un insieme di
elementi: l’estetica free del musicista, gli umori tipici di quelle postazioni
geografiche (mi riferisco alle diversità ambientali di quelle zone, dove la
temperatura e la luce del sole sono fattori fondamentali per le riflessioni
degli uomini), le aperture fondamentali alla musica colta, il folk dei loro
paesi e quelli di paesi lontani. Costruire una “nuova strada” per la musica
contemporanea era uno degli scopi di Manfred Eicher, fondatore della casa
discografica tedesca dell’Ecm records, che, agli inizi degli anni settanta,
cominciò ad accogliere nelle sue fila musicisti con le caratteristiche di cui
dicevo prima: Jan Garbarek, Terje Rypdal, Aril Andersen, Ketil Bjornstad,
Jon Christensen (tutti norvegesi), Bobo Stenson, Anders Jormin (svedesi),
Edward Vesala (finlandese), Tomasz Stanko e tutta la scuola dei suoi
discepoli (polacchi), John Taylor con gli Azimuth, John Surman, Andy
Sheppard (inglesi). Tutti si distinguevano per essere dei musicisti
eccezionalmente originali e coraggiosi, in cerca di un proprio linguaggio
jazzistico, in grado di sottolineare una differenza tra il jazz americano (la
fonte della loro musica) e il nuovo sentimento europeo. A questo proposito
la lista degli aderenti coinvolse anche i jazzisti americani: ciò che
sembrava un accenno (il primo album ufficiale dell’Ecm R. fu Free at
last di Mal Waldron), col tempo divenne costante per molti blasonati
jazzisti americani, che sposarono il suono alternativo dei jazzisti del Nord
Europa, trovandone congruità comuni (vedi per es. il tardo Charles Lloyd
o per un lungo periodo Keith Jarrett). Anche nel canto si ebbero nuove
“diversità”, con artisti come Sidsel Endresen e Karin Krog, che si
esibivano spesso sfruttando la collaborazione musicale del giro dei
musicisti norvegesi principali. La situazione è ancora in evoluzione,
poichè è in corso una seconda ondata di musicisti ECM, dall’appartenenza
sicura al movimento nordico ed in possesso di quelle inflessioni musicali
tipiche della musica del Nord Europa: a partire dagli anni novanta si è
assistito alla piena affermazione di artisti di valenza assoluta come Trygve
Seim, Frode Haltli, Jon Balke, Tord Gustavsen, Mathias Eick (norvegesi),
Iro Haarla e Sinikka Langeland (di origini finlandesi).
Nel 1997 l’artista norvegese Bugge Wesseltoft con l’album “New
Conception of Jazz”, pubblicato per l’etichetta discografica Jazzland,
fonda un nuovo corso della musica jazz nordica: lo chiamano movimento
“nu jazz” o “future jazz”; che cosa era successo?; nell’ambito delle tante
contaminazioni nelle quali stava passando la musica, fu accolta
l’intuizione di fondere l’improvvisazione jazz (quella del tipo “nordico”)
con l’elettronica, il funk e la musica ambient, mettendo a pieno servizio di
questi generi musicali anche gli strumenti utilizzati; anzi persino i disc-
jockeys cercarono di sfruttare questa formula (l’esempio migliore è quello
di DJ Spooky).
Comunque, i pioneri di questa nuova evoluzione in campo jazzistico, oltre
a Wesseltoft, furono soprattutto i trombettisti Nils Petter-Molvaer, che
compone con tromba processata da computer e dà concerti multimediali
all’imbrunire, selezionati su aree paesaggistiche di particolare fascino e
Arve Henriksen, che porta avanti una doppia carriera, una in solo con
caratteristiche più consone a questo nuovo corso e l’altra, più eterogenea
dal punto di vista musicale, con il gruppo dei Supersilent, dove spesso si
spinge in territori ancora più impervi, tesi alle integrazioni e alle possibili
utilizzazioni dell’elettronica con il noise (rumore). L’esperienza dei
Supersilent non è unica, poiché in Inghilterra gli Spring Heel Jack, un duo
di jazzisti al confine con il rock (John Coxon e Ashley Wales) cerca di
esplorare le connessioni con nuovi sottogeneri dance come il drum’n’bass,
ma anche in America si avvertono delle estensioni allorché il pianista free
jazz Matthew Shipp dà alle stampe il suo “Nu Bop”.
Quindi un nuova riproposizione del jazz, figlia della tecnologia moderna,
che paga tributo al Miles Davis elettrico e all’Hancock del periodo funk,
all’ambient e alla musica post-world di Jon Hassell ed anche a tutti gli
sperimentatori moderni degli strumenti (al riguardo si pensi all’apporto del
musicista americano Ben Neill, che inventa la “mutantrumpet”, ossia una
tromba con tre campane e sei valvole, con una scheda elettronica applicata
allo strumento che gli permette di interagire con il computer).
Importante è menzionare l’opera di alcune etichette discografiche che
stanno assumendo un ruolo fondamentale nella scoperta di nuovi talenti
dell’ambiente nordico, mi riferisco, oltre alla citata ECM, alla tedesca Act
Music (che al suo interno annovera artisti stilisticamente affini come gli
EST del defunto pianista svedese Esbjorn Svensson, il contrabbassista
compositore svedese Lars Daniellson e la sassofonista norvegese Froy
Aagre), alle norvegesi Jazzland (per la quale militano artisti
rappresentativi come il chitarrista Eivind Aarset e Hakon Kornstad), alla
Rune Grammophon (etichetta nata nel ’98 con l’obiettivo di dare una voce
ai tanti artisti locali che si muovono nel campo della sperimentazione
elettronica e dell’improvvisazione jazz).

Volutamente breve, questa mini discografia serve a coloro che vogliono


farsi una buona idea sulle caratteristiche del sound “nordico” secondo
quanto detto in questa sede. Per semplicità, ho scelto un album per autore.

Jan Garbarek, Dansere, 1975Terje Rypdal, Whenever I seem to be far


away, 1974Arild Andersen, Clouds in my head, 1975Edward Vesala, Nan
Mandol, 1976Ketil Bjornstad/David Darling, The river, 1997Tomasz
Stanko, Leosia, 2000Azimuth, Azimuth, 1977John Surman, Witholding
patterns, 1984Trygve Seim, Sangam, 2005Frode Haltli/T. Seim, Yeraz
2008Bobo Stenson Trio, Serenity,2000Surman/Krog/Rypdal, Stooras,
Nordic Quartet, 1995Misha Alperin, North Story, 1997

Sidsel Endresen, So i write, 1990


Jon Balke & Magnetic Orchestra, Kainos, 2002
Tord Gustavsen Trio, Changing Places, 2003
Iro Haarla, Northbound, 2006
Sinikka Langeland, Starflowers 2007
Bugge Wesseltoft, New conception of jazz, 1997
Nils Petter-Molvaer, Khmer, 1998
Arve Henriksen, Chiaroscuro, 2004
Esbjorn Svensson Trio, From Gagarin’s point of view, 1999
Lars Danielsson, Melange Bleu, 2006
Eivind Aarset, Light Extracts, 2001

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