Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
267)
Che cosa devo fare? Che cosa mi consigli, Amore? E’ certamente ora di morire, ed è già tardi, più di quanto
non vorrei. La mia signora è morta, ed ha con sé il mio cuore; e poiché desidero seguirli, è necessario che
io interrompa questa mia vita di sofferenza, perché non spero di rivederla mai più su questa terra, e
l’attesa di rivederla nell’aldilà mi dà dolore. Da quando ogni mia gioia a causa della sua morte è
trasformata in motivo di pianto, ogni dolcezza è stata sottratta alla mia vita.
Amore, tu stesso senti quanto è doloroso e gravoso il danno (che io sopporto), per il quale con te mi
lamento; e so che della mia sofferenza ti duole e te ne dispiace, anzi della nostra, perché contro il
medesimo scoglio abbiamo rotto entrambi la nostra nave, e in un solo momento ne è stato oscurato il
sole. Quale ingegno poetico potrebbe adeguatamente esprimere a parole la mia condizione di sofferenza?
Ah mondo cieco, privo di gratitudine, hai ben motivo di piangere insieme a me, perché tutto ciò che di
bello avevi ora hai perduto insieme a Laura.
Colei che rappresentava la tua gloria è venuta meno, e tu nemmeno te ne accorgi, né eri degno, mentre
ella era in vita in terra, di conoscerla e di essere toccato da suoi piedi santi, perché una creatura tanto
bella doveva adornare con la sua presenza il cielo, e non il mondo terreno. Ma io, infelice, che senza di lei
non posso amare né la vita mortale né me stesso, piangendo la invoco: solo questo mi rimane della grande
speranza che avevo, e solo questo ancora mi mantiene qui, in vita.
Ahimé, il suo bel viso è divenuto terra, quel viso che un tempo era solito portare una testimonianza del
cielo e del bene eterno; la sua parte invisibile è ora in paradiso, liberata da quel corpo che qui rivestì
l’anima nei suoi anni giovanili, per poi rivestirsene un’altra volta e definitivamente, quando la vedremo
divenire nobile e bella tanto più quanto più la bellezza eterna è superiore a quella mortale.
Mi torna davanti (nella memoria) in veste di donna bella e leggiadra più che mai, come là dove sente che
la sua visione è più apprezzata che in ogni altro luogo. Questo è l’ultimo sostegno per la mia esistenza,
l’altra è il suo nome illustre, che risuona nel mio cuore con tanta dolcezza. Ma quanto mi torna in mente
che la mia speranza tuttavia è morta, quella speranza che invece era viva quando Laura prosperava,
Amore sa bene cosa accade di me, e (spero) lo vede anche colei che ora è tanto vicina alla verità eterna ed
assoluta.
Donne, voi che avete ammirato la sua bellezza e quella sua vita simile a quella di un angelo, caratterizzata
da quel portamento/comportamento celeste benché fosse in terra, vi rincresca per me, e vi vinca la pietà,
non per lei che è ascesa ad una condizione di massima pace, e mi ha lasciato in una condizione di
turbamento e dolore: tanto che se mi viene vietato il cammino per seguirla troppo a lungo, solo quello che
Amore dice parlando con me, mi trattiene dal togliermi la vita. Ma egli parla dentro di me così:
“Trattieni il grande dolore che ti trascina, perché per desideri smodati si perde l’accesso al cielo, dove il
tuo cuore aspira a giungere, dove è viva della vita eterna colei che pare morta a chi consideri solo quella
terrena, e del ricordo del suo bel corpo ormai defunto ride tra sé, e solo per te sospira e si dispiace; e la
sua fama, che si diffonde ancora ampiamente grazie alla tua poesia, lei prega che non venga meno, e anzi
che tu renda il suo nome ancor più illustre, se i suoi occhi (vale: il suo viso, la sua bellezza) furono per te
dolci e preziosi.”
Fuggi ciò che è caratterizzato da serenità e giovinezza, non ti avvicinare a luoghi in cui si sentano risate o
canti, mia canzone, anzi mio pianto: non è adatta a te la permanenza fra chi è allegro, tu vedova, priva di
consolazione, vestita a lutto.