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IL GIARDINO DI ARMIDA sia caso od arte, or accompagna, ed ora

1 Tondo è il ricco edificio, e nel piú chiuso alterna i versi lor la musica òra.
grembo di lui, ché quasi centro al giro,
un giardin v'ha ch'adorno è sovra l'uso 13 Vola fra gli altri un che le piume ha sparte
di quanti piú famosi unqua fioriro. di color vari ed ha purpureo il rostro,
D'intorno inosservabile e confuso e lingua snoda in guisa larga, e parte
ordin di loggie i demon fabri ordiro, la voce sí ch'assembra il sermon nostro.
e tra le oblique vie di quel fallace Questi ivi allor continovò con arte
ravolgimento impenetrabil giace. tanta il parlar che fu mirabil mostro.
Tacquero gli altri ad ascoltarlo intenti,
2 Per l'entrata maggior (però che cento e fermaro i susurri in aria i venti.
l'ampio albergo n'avea) passàr costoro.
Le porte qui d'effigiato argento 14 "Deh mira" egli cantò "spuntar la rosa
su i cardini stridean di lucid'oro. dal verde suo modesta e verginella,
Fermàr ne le figure il guardo intento, che mezzo aperta ancora e mezzo ascosa,
ché vinta la materia è dal lavoro: quanto si mostra men, tanto è piú bella.
manca il parlar, di vivo altro non chiedi; Ecco poi nudo il sen già baldanzosa
né manca questo ancor, s'a gli occhi credi. dispiega; ecco poi langue e non par quella,
quella non par che desiata inanti
Carlo e Ubaldo vedono raffigurati nelle porte le fu da mille donzelle e mille amanti.
storie di Ercole e Marco Antonio vinti da Amore; poi
entrano nel labirinto. 15 Cosí trapassa al trapassar d'un giorno
de la vita mortale il fiore e 'l verde;
9 Poi che lasciàr gli aviluppati calli, né perché faccia indietro april ritorno,
in lieto aspetto il bel giardin s'aperse: si rinfiora ella mai, né si rinverde.
acque stagnanti, mobili cristalli, Cogliam la rosa in su 'l mattino adorno
fior vari e varie piante, erbe diverse, di questo dí, che tosto il seren perde;
apriche collinette, ombrose valli, cogliam d'amor la rosa: amiamo or quando
selve e spelonche in una vista offerse; esser si puote riamato amando."
e quel che 'l bello e 'l caro accresce a l'opre,
l'arte, che tutto fa, nulla si scopre. 16 Tacque, e concorde de gli augelli il coro,
quasi approvando, il canto indi ripiglia.
10 Stimi (sí misto il culto è co 'l negletto) Raddoppian le colombe i baci loro,
sol naturali e gli ornamenti e i siti. ogni animal d'amar si riconsiglia;
Di natura arte par, che per diletto par che la dura quercia e 'l casto alloro
l'imitatrice sua scherzando imiti. e tutta la frondosa ampia famiglia,
L'aura, non ch'altro, è de la maga effetto, par che la terra e l'acqua e formi e spiri
l'aura che rende gli alberi fioriti: dolcissimi d'amor sensi e sospiri.
co' fiori eterni eterno il frutto dura,
e mentre spunta l'un, l'altro matura. 17 Fra melodia sí tenera, fra tante
vaghezze allettatrici e lusinghiere,
11 Nel tronco istesso e tra l'istessa foglia va quella coppia, e rigida e costante
sovra il nascente fico invecchia il fico; se stessa indura a i vezzi del piacere.
pendono a un ramo, un con dorata spoglia, Ecco tra fronde e fronde il guardo inante
l'altro con verde, il novo e 'l pomo antico; penetra e vede, o pargli di vedere,
lussureggiante serpe alto e germoglia vede pur certo il vago e la diletta,
la torta vite ov'è piú l'orto aprico: ch'egli è in grembo a la donna, essa a l'erbetta.
qui l'uva ha in fiori acerba, e qui d'or l'have
e di piropo e già di nèttar grave. 18 Ella dinanzi al petto ha il vel diviso,
e 'l crin sparge incomposto al vento estivo;
12 Vezzosi augelli infra le verdi fronde langue per vezzo, e 'l suo infiammato viso
temprano a prova lascivette note; fan biancheggiando i bei sudor piú vivo:
mormora l'aura, e fa le foglie e l'onde qual raggio in onda, le scintilla un riso
garrir che variamente ella percote. ne gli umidi occhi tremulo e lascivo.
Quando taccion gli augelli alto risponde, Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle
quando cantan gli augei piú lieve scote; le posa il capo, e 'l volto al volto attolle,
19 e i famelici sguardi avidamente tentativo di trattenere l'uomo amato e impedirgli di
in lei pascendo si consuma e strugge. tornare a Gerusalemme.
S'inchina, e i dolci baci ella sovente
liba or da gli occhi e da le labra or sugge, 44 Poi iniziò: «Non ti aspettare che io ti preghi, o
ed in quel punto ei sospirar si sente crudele, come un amante fa con la persona amata. Noi
profondo sí che pensi: "Or l'alma fugge fummo questo, una volta; ora, se neghi di essere tale
e 'n lei trapassa peregrina." Ascosi per me, e anche il ricordo di ciò ti è fastidioso, almeno
mirano i due guerrier gli atti amorosi. ascoltami come un nemico: talvolta i nemici ascoltano a
vicende le loro preghiere. Del resto, quello che ti chiedo
20 Dal fianco de l'amante (estranio arnese) puoi concederlo e conservare intatto tutto il tuo sdegno.
un cristallo pendea lucido e netto.
Sorse, e quel fra le mani a lui sospese 45 Se tu mi odi, e in questo provi una qualche gioia,
a i misteri d'Amor ministro eletto. non vengo a privartene: godi pure di ciò. Visto che ti
Con luci ella ridenti, ei con accese, sembra giusto, sia pure così. Anch'io ho odiato i
mirano in vari oggetti un solo oggetto: cristiani, non lo nego, e odiai te stesso. Sono nata
ella del vetro a sé fa specchio, ed egli pagana, ho usato vari strumenti per far sì che la vostra
gli occhi di lei sereni a sé fa spegli. potenza fosse abbattuta; ti tesi una trappola, ti catturai,
e ti portai in luogo ignoto e strano, lontano dalla guerra.
21 L'uno di servitú, l'altra d'impero
si gloria, ella in se stessa ed egli in lei. 46 Aggiungi a questo ciò che tu ritieni maggior
"Volgi," dicea "deh volgi" il cavaliero vergogna e maggior danno per te: ti ho ingannato, ti ho
"a me quegli occhi onde beata bèi, allettato nel nostro amore; una malvagia lusinga, certo,
ché son, se tu no 'l sai, ritratto vero un vile inganno, lasciare che tu cogliessi la mia
de le bellezze tue gli incendi miei; verginità, fare un altro tiranno della mia bellezza, quella
la forma lor, la meraviglia a pieno che ho negato come premio a mille altri prima di te e
piú che il cristallo tuo mostra il mio seno. che ho offerto in dono a un nuovo amante!

22 Deh! poi che sdegni me, com'egli è vago 47 Sia pure questa una delle mie frodi e il difetto di
mirar tu almen potessi il proprio volto; tante mie colpe faccia sì che tu te ne vada via di qui e
ché il guardo tuo, ch'altrove non è pago, non ti importi nulla di questa dimora che un tempo
gioirebbe felice in sé rivolto. amavi. Vattene, varca il mare, combatti, soffri,
Non può specchio ritrar sí dolce imago, distruggi la nostra fede pagana: io stessa ti spingo a
né in picciol vetro è un paradiso accolto: farlo. Ma che dico nostra? Ah, non è più la mia fede! Io
specchio t'è degno il cielo, e ne le stelle sono fedele solo a te, mio idolo crudele.
puoi riguardar le tue sembianze belle."
48 Concedimi solo che io possa seguirti: una
23 Ride Armida a quel dir, ma non che cesse richiesta di poco conto, anche fra nemici. Il
dal vagheggiarsi e da' suoi bei lavori. predatore non lascia indietro la preda; colui che
Poi che intrecciò le chiome e che ripresse trionfa va e il prigioniero non rimane. Il campo
con ordin vago i lor lascivi errori, cristiano tra gli altri tuoi trofei veda anche me e
torse in anella i crin minuti e in esse, aggiunga questa lode alle altre, che tu abbia
quasi smalto su l'or, cosparse i fiori; schernito colei che ti scherniva, mostrandomi a dito
e nel bel sen le peregrine rose come schiava spregevole.
giunse a i nativi gigli, e 'l vel compose.
49 Schiava disprezzata, per chi conservo questi
Quando Armida si allontana i due guerrieri crociati capelli che per te ora non valgono più nulla? Li
si presentano a Rinaldo e lo scuotono dal suo taglierò: al titolo di schiava si conviene un
torpore, mostrandogli il suo aspetto effeminato e portamento servile. Ti seguirò fra le schiere
lascivo nello scudo magico (usato come uno nemiche, quando la battaglia sarà nel più cruento
specchio) e rimproverandolo per aver abbandonato svolgimento. Ho molto coraggio e quel vigore
i suoi doveri di guerriero lasciandosi andare al necessario a portarti i cavalli e le lance.
piacere dell'amore sensuale.
Dopo che Carlo e Ubaldo hanno liberato Rinaldo 50 Sarò quello che vorrai, il tuo scudiero o il tuo
dall'incantesimo e si accingono a lasciare le Isole scudo: non mi risparmierò in tua difesa. Le armi
Fortunate insieme a lui, la maga Armida scopre passeranno attraverso questo petto, questo collo
l'accaduto e corre disperata alla spiaggia, nel nudo, prima che giungano a te. Forse non ci sarà
un nemico così crudele da volerti ferire e non mi dato neppure un segno di essere una creatura
colpirà, rinunciando al gusto della vendetta in umana. Forse è impallidito? Forse al mio dolore ha
omaggio alla mia bellezza che tu ora disprezzi. almeno pianto o ha emesso un solo sospiro?

51 Povera me! Ancora nutro speranze? Ancora mi 58 Quali cose devo tralasciare e quali ripetere?
vanto della mia bellezza schernita che non ottiene Dice che è mio, e mi fugge e mi abbandona; come
nulla?» Voleva dire altro, ma la interruppe il pianto, che se fosse un vincitore clemente, dimentica le offese
sgorgava da lei come una fonte da una roccia montana. di un nemico malvagio e perdona le dure colpe.
Allora cerca di prendergli la mano destra o il mantello, Senti come ragiona! Senti il casto Senocrate, come
in atto supplichevole, ma lui arretra, resiste e vince; e parla d'amore! O Cielo, o dei, perché tollerate che
Amore trova impedito l'accesso al suo cuore, come le questi empi cristiani brucino le nostre torri e i
lacrime l'uscita. nostri templi?

52 Amore non entra nel suo petto a riaccendere la 59 Vattene pure, crudele, con quella pace che mi
fiamma antica che la ragione ha spento; vi entra al suo lasci; vattene ormai, malvagio. D'ora in poi mi avrai
posto la compassione, pur compagna d'Amore anche sempre alle spalle, come spirito nudo e ombra
se pudica, e lo commuove al punto che trattiene a seguace, da te indivisibile. Come una nuova furia, ti
stento le lacrime. Eppure Rinaldo soffoca quel tenero tormenterò con le serpi e la fiaccola tanto quanto ti
affetto e, per quanto riesce, dissimula compostezza. amai. E se è destino che tu esca vivo dal mare, che
tu possa schivare gli scogli e le onde e che arrivi
53 Poi le risponde: «Armida, sono molto in pena per te; alla battaglia,
se potessi liberarti l'anima accesa da questa insana
passione, lo farei: il mio non è odio, non è sdegno, non 60 là, giacendo ferito tra il sangue e le morti mi
voglio vendetta e non rammento alcuna offesa; tu non pagherai le pene, malvagio guerriero. Chiamerai
mi sei schiava né nemica. Hai sbagliato, è vero, e hai spesso Armida per nome, negli ultimi gemiti: spero
oltrepassato i limiti, coltivando ora l'amore, ora l'odio; di udire questo». Qui alla dolente donna mancarono
le forze e quest'ultima parola la espresse in modo
54 e allora? Sono errori consueti fra gli uomini: ti scuso incompleto; cadde svenuta e fu cosparsa di sudore
in nome della tua fede, del fatto che sei donna e freddo, chiudendo gli occhi.
giovane. Anch'io in parte ho sbagliato; se non vuoi
negarmi pietà, non sarò io a condannarti. Nelle gioie 61 Chiudesti gli occhi, Armida; il Cielo, ingeneroso,
e negli affanni sarai sempre tra i miei ricordi cari e tolse il conforto alle tue pene. Apri, misera, gli occhi;
onorati, sarò tuo cavaliere quanto mi è concesso dalla perché non osservi il pianto amaro negli occhi del tuo
guerra in Asia e dalla fede e dall'onore. nemico [Rinaldo]? Oh, se tu potessi sentirlo, come il
suono caro dei suoi sospiri ti raddolcirebbe! Egli dà
55 Orsù! Poniamo fine ora ai nostri errori e ormai prova quello che può e prende l'ultimo congedo pietoso a
vergogna dei nostri peccati, e il loro ricordo resti vedersi (e tu non lo credi!).
sepolto in questo estremo confine del mondo. Solo
questa, fra le altre mie opere, sia taciuta in Europa, in 62 Ora che cosa farà? Deve lasciare questa donna
Africa e in Asia. Orsù! Non volere che la tua bellezza, la sulla nuda spiaggia, a metà tra la vita e la morte? La
tua nobiltà e il tuo sangue reale siano macchiati da un cortesia lo trattiene, la pietà lo frena, ma la dura
segno infamante. necessità lo porta via con sé. Se ne va e la chioma di
colei [la Fortuna] che gli fa da guida è scompigliata da
56 Resta qui in pace, io me ne vado; a te non è leggeri zefiri. La nave dorata vola sull'alto mare: lui
concesso venire con me, chi mi fa da guida me lo guarda la costa e la costa ormai svanisce.
vieta. Rimani, oppure va' per un'altra strada felice, e da
donna saggia rendi più pacati i tuoi propositi». Lei,
mentre il guerriero le parla così, non trova pace, torbida
e inquieta; da molto tempo, con volto imbronciato, lo
guarda ostile, e alla fine esplode con insulti:

57 «Non sei stato generato da Sofia e non sei nato


dal sangue romano; tu sei stato generato dall'onda
furiosa del mare, e dal freddo Caucaso, e ti hanno
allattato le mammelle di una tigre dell'Ircania.
Perché fingo ancora? Quest'uomo spietato non ha

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