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G.

Verga, Fantasticheria 1879 metteva la vostra sarta, e il profilo fine ed


UN META -RACCONTO elegante che ci mettevate voi.
- Avevate un vestitino grigio che sembra-
Una volta, mentre il treno passava vicino va fatto apposta per intonare coi colori
ad Aci-Trezza, voi, affacciandovi allo dell'alba.
sportello del vagone, esclamaste: - Vor- - Un bel quadretto davvero! e si indovi-
rei starci un mese laggiù! - nava che lo sapeste anche voi, dal modo
Noi vi ritornammo, e vi passammo in cui vi modellaste nel vostro scialletto, e
non un mese, ma quarantott'ore; i ter- sorrideste coi grandi occhioni sbarrati e
razzani che spalancavano gli occhi ve- stanchi a quello strano spettacolo, e a
dendo i vostri grossi bauli avranno credu- quell'altra stranezza di trovarvici anche
to che ci sareste rimasta un par d'anni. voi presente. Che cosa avveniva nella
La mattina del terzo giorno, stanca di ve- vostra testolina allora, di faccia al sole
dere eternamente del verde e dell'azzur- nascente? Gli domandaste forse in qual
ro, e di contare i carri che passavano per altro emisfero vi avrebbe ritrovata fra un
via, eravate alla stazione, e gingillandovi mese? Diceste soltanto ingenuamente:
impaziente colla catenella della vostra - Non capisco come si possa vivere qui
boccettina da odore, allungavate il collo tutta la vita -.
per scorgere un convoglio che non spun- Eppure, vedete, la cosa è più facile
tava mai. In quelle quarantott'ore fa- che non sembri: basta non possedere
cemmo tutto ciò che si può fare ad Aci- centomila lire di entrata, prima di tut-
Trezza: passeggiammo nella polvere del- to; e in compenso patire un po' di tutti
la strada, e ci arrampicammo sugli scogli; gli stenti fra quegli scogli giganteschi,
col pretesto di imparare a remare vi fa- incastonati nell'azzurro, che vi face-
ceste sotto il guanto delle bollicine che vano batter le mani per ammirazione.
rubavano i baci; passammo sul mare una Così poco basta, perché quei poveri
notte romanticissima, gettando le reti tan- diavoli che ci aspettavano sonnec-
to per far qualche cosa che a' barcaiuoli chiando nella barca, trovino fra quelle
potesse parer meritevole di buscarsi dei loro casipole sgangherate e pittore-
reumatismi, e l'alba ci sorprese in cima al sche, che viste da lontano vi sembra-
fariglione - un'alba modesta e pallida, vano avessero il mal di mare anch'es-
che ho ancora dinanzi agli occhi, striata se, tutto ciò che vi affannate a cercare
di larghi riflessi violetti, sul mare di un a Parigi, a Nizza ed a Napoli.
verde cupo, raccolta come una carezza (DETERMINISMO POSITIVISTA)
su quel gruppetto di casucce che dormi- È una cosa singolare; ma forse non è
vano quasi raggomitolate sulla riva, men- male che sia così - per voi, e per tutti gli
tre in cima allo scoglio, sul cielo traspa- altri come voi. Quel mucchio di casipole
rente e limpido, si stampava netta la vo- è abitato da pescatori, “gente di mare”,
stra figurina, colle linee sapienti che vi dicono essi, come altri direbbe “gente di
toga”, i quali hanno la pelle più dura del
pane che mangiano - quando ne man- guardare col microscopio le piccole
giano - giacché il mare non è sempre cause che fanno battere i piccoli cuori
gentile, come allora che baciava i vostri (ARTIFICIO DELLA REGRESSIONE E
guanti... Nelle sue giornate nere, in cui DELL’IMPERSONALITA’).
brontola e sbuffa, bisogna contentarsi di
stare a guardarlo dalla riva, colle mani in Volete metterci un occhio anche voi, a
mano, o sdraiati bocconi, il che è meglio cotesta lente? voi che guardate la vita
per chi non ha desinato. In quei giorni c'è dall'altro lato del cannocchiale? Lo spet-
folla sull'uscio dell'osteria, ma suonano tacolo vi parrà strano, e perciò forse vi
pochi soldoni sulla latta del banco, e i divertirà.
monelli che pullulano nel paese, come se
la miseria fosse un buon ingrasso, strilla- (CAMPO SEMANTICO DELL’OTTICA:
no e si graffiano quasi abbiano il diavolo la realtà sia oggettiva, osservabile
in corpo. scientificamente)
Di tanto in tanto il tifo, il colèra, la malan-
nata, la burrasca, vengono a dare una Noi siamo stati amicissimi, ve ne ram-
buona spazzata in quel brulicame, che mentate? e mi avete chiesto di dedicarvi
davvero si crederebbe non dovesse qualche pagina. Perché? à quoi bon?
desiderar di meglio che esser spazza- come dite voi. Che cosa potrà valere
to, e scomparire; eppure ripullula sem- quel che scrivo per chi vi conosce? e per
pre nello stesso luogo; non so dirvi co- chi non vi conosce che cosa siete voi?
me, né perché. Tant'è, mi son rammentato del vostro
Vi siete mai trovata, dopo una pioggia capriccio, un giorno che ho rivisto quella
di autunno, a sbaragliare un esercito povera donna cui solevate far l'elemosi-
di formiche, tracciando sbadatamente na col pretesto di comperar le sue aran-
il nome del vostro ultimo ballerino sul- ce messe in fila sul panchettino dinanzi
la sabbia del viale? Qualcuna di quelle all'uscio.
povere bestioline sarà rimasta attac- Ora il panchettino non c'è più; hanno ta-
cata alla ghiera del vostro ombrellino, gliato il nespolo del cortile, e la casa ha
torcendosi di spasimo; ma tutte le al- una finestra nuova. La donna sola non
tre, dopo cinque minuti di pànico e di aveva mutato, stava un po' più in là a
viavai, saranno tornate ad aggrapparsi stender la mano ai carrettieri, accoccola-
disperatamente al loro monticello ta sul mucchietto di sassi che barricano il
bruno. vecchio Posto della guardia nazionale;
- Voi non ci tornereste davvero, e nem- ed io, girellando, col sigaro in bocca, ho
men io; pensato che anche lei, così povera
- ma per poter comprendere siffatta ca- com'è, vi aveva vista passare, bianca e
parbietà, che è per certi aspetti eroica, superba.
bisogna farci piccini anche noi, chiu- Non andate in collera se mi son rammen-
dere tutto l'orizzonte fra due zolle, e tato di voi in tal modo, e a questo propo-
sito. Oltre i lieti ricordi che mi avete la- Voi gli dovete questo tributo di ricono-
sciati, ne ho cento altri, vaghi, confusi, scenza, perché egli vi ha impedito dieci
disparati, raccolti qua e là, non so più volte di bagnarvi le vostre belle calze az-
dove - forse alcuni son ricordi di sogni zurre. Ora è morto laggiù, all’ospedale
fatti ad occhi aperti - e nel guazzabuglio della città, il povero diavolo, in una gran
che facevano nella mia mente, mentre io corsìa tutta bianca, fra dei lenzuoli bian-
passava per quella viuzza dove son pas- chi, masticando del pane bianco, servito
sate tante cose liete e dolorose, la man- dalle bianche mani delle suore di carità,
tellina di quella donnicciola freddolosa, le quali non avevano altro difetto che di
accoccolata, poneva un non so che di non saper capire i meschini guai che il
triste, e mi faceva pensare a voi, sazia di poveretto biascicava nel suo dialetto se-
tutto, perfino dell'adulazione che getta ai mibarbaro.
vostri piedi il giornale di moda, citandovi Ma se avesse potuto desiderare qualche
spesso in capo alla cronaca elegante - cosa, egli avrebbe voluto morire in quel
sazia così, da inventare il capriccio di cantuccio nero, vicino al focolare, dove
vedere il vostro nome sulle pagine di un tanti anni era stata la sua cuccia «sotto
libro. le sue tegole», tanto che quando lo por-
Quando scriverò il libro, forse non ci tarono via piangeva, guaiolando come
penserete più; intanto i ricordi che vi fanno i vecchi.
Egli era vissuto sempre
mando, così lontani da voi, in ogni senso, fra quei quattro sassi, e di faccia a quel
da voi inebbriata di feste e di fiori, vi fa- mare bello e traditore, col quale dové lot-
ranno l'effetto di una brezza deliziosa, in tare ogni giorno per trarre da esso tanto
mezzo alle veglie ardenti del vostro eter- da campare la vita e non lasciargli le os-
no carnevale. Il giorno in cui ritornerete sa; eppure in quei momenti in cui si go-
laggiù, se pur vi ritornerete, e siederemo deva cheto cheto la sua «occhiata di so-
accanto un'altra volta, a spinger sassi col le» accoccolato sulla pedagna della bar-
piede, e fantasie col pensiero, parleremo ca, coi ginocchi fra le braccia, non
forse di quelle altre ebbrezze che ha la avrebbe voltato la testa per vedervi, ed
vita altrove. Potete anche immaginare avreste cercato invano in quelli occhi at-
che il mio pensiero siasi raccolto in quel toniti il riflesso più superbo della vostra
cantuccio ignorato del mondo, perché il bellezza; come quando tante fronti altere
vostro piede vi si è posato, - o per disto- s’inchinano a farvi ala nei saloni splen-
gliere i miei occhi dal luccichìo che vi se- denti, e vi specchiate negli occhi invidiosi
gue dappertutto, sia di gemme o di febbri delle vostre migliori amiche.
 La vita è
- oppure perché vi ho cercata inutilmente ricca, come vedete, nella sua inesauribile
per tutti i luoghi che la moda fa lieti. Ve- varietà; e voi potete godervi senza scru-
dete quindi che siete sempre al primo poli quella parte di ricchezza che è tocca-
posto, qui come al teatro! ta a voi, a modo vostro. Quella ragazza,
[...] Vi ricordate anche di quel vecchietto per esempio, che faceva capolino dietro i
che stava al timone della nostra barca? vasi di basilico, quando il fruscìo della
vostra veste metteva in rivoluzione la di tenebre e di tempesta. Voi non avreste
viuzza, se vedeva un altro viso notissimo potuto immaginare di qual disperato e
alla finestra di faccia, sorrideva come se tetro coraggio fosse capace per lottare
fosse stata vestita di seta anch’essa. Chi contro tal morte quell’uomo che lasciava-
sa quali povere gioie sognava su quel si intimidire dal capolavoro del vostro
davanzale, dietro quel basilico odoroso, calzolaio. Meglio per loro che son morti,
cogli occhi intenti in quell’altra casa co- e non «mangiano il pane del re», come
ronata di tralci di vite? E il riso dei suoi quel poveretto che è rimasto a Pantelle-
occhi non sarebbe andato a finire in la- ria, o quell’altro pane che mangia la so-
grime amare, là, nella città grande, lon- rella, e non vanno attorno come la donna
tana dai sassi che l’avevano vista nasce- delle arance, a viver della grazia di Dio –
re e la conoscevano, se il suo nonno non una grazia assai magra ad Aci-Trezza.

fosse morto all’ospedale, e suo padre Quelli almeno non hanno più bisogno di
non si fosse annegato, e tutta la sua fa- nulla! lo disse anche il ragazzo
miglia non fosse stata dispersa da un dell’ostessa, l’ultima volta che andò
colpo di vento che vi aveva soffiato sopra all’ospedale per chieder del vecchio e
– un colpo di vento funesto, che avea portargli di nascosto di quelle chiocciole
trasportato uno dei suoi fratelli fin nelle stufate che son così buone a succiare
carceri di Pantelleria – «nei guai!» come per chi non ha più denti, e trovò il letto
dicono laggiù.
Miglior sorte toccò a quelli vuoto, colle coperte belle e distese, sic-
che morirono; a Lissa l’uno, il più grande, ché sgattaiolando nella corte, andò a
quello che vi sembrava un David di rame, piantarsi dinanzi a una porta tutta bran-
ritto colla sua fiocina in pugno, e illumina- delli di cartacce, sbirciando dal buco del-
to bruscamente dalla fiamma dell’ellera. la chiave una gran sala vuota15, sonora
Grande e grosso com’era, si faceva di e fredda anche di estate, e l’estremità di
brace anch’esso quando gli fissaste in una lunga tavola di marmo, su cui era
volto i vostri occhi arditi; nondimeno è buttato un lenzuolo, greve e rigido. E
morto da buon marinaio, sulla verga di pensando che quelli là almeno non ave-
trinchetto, fermo al sartiame, levando in vano più bisogno di nulla, si mise a suc-
alto il berretto, e salutando un’ultima vol- ciare ad una ad una le chiocciole che
ta la bandiera col suo maschio e selvag- non servivano più, per passare il tempo.
gio grido d’isolano; l’altro, quell’uomo che Voi, stringendovi al petto il manicotto di
sull’isolotto non osava toccarvi il piede volpe azzurra, vi rammenterete con pia-
per liberarlo dal lacciuolo teso ai conigli, cere che gli avete dato cento lire, al po-
nel quale v’eravate impigliata da stordita vero vecchio.
che siete, si perdé in una fosca notte Ora rimangono quei monellucci che vi
d’inverno, solo, fra i cavalloni scatenati, scortavano come sciacalli e assediava-
quando fra la barca e il lido, dove stava- no le arance; rimangono a ronzare attor-
no ad aspettarlo i suoi, andando di qua e no alla mendica, e brancicarle le vesti
di là come pazzi, c’erano sessanta miglia come se ci avesse sotto del pane, a rac-
cattar torsi di cavolo, bucce d’arance e no calmi e inalterati di generazione in
mozziconi di sigari, tutte quelle cose che generazione.
si lasciano cadere per via, ma che pure – Sembrami che potrei vedervi passare,
devono avere ancora qualche valore, al gran trotto dei vostri cavalli, col tintin-
poiché c’è della povera gente che ci nìo allegro dei loro finimenti e salutarvi
campa su; ci campa anzi così bene, che tranquillamente.
quei pezzentelli paffuti e affamati cresce- Forse perché ho troppo cercato di scor-
ranno in mezzo al fango e alla polvere gere entro al turbine che vi circonda e vi
della strada, e si faranno grandi e grossi segue, mi è parso ora di leggere una fa-
come il loro tale necessità nelle tenaci affezioni dei
babbo e come il loro nonno, e popole- deboli, nell’istinto che hanno i piccoli di
ranno Aci-Trezza di altri pezzentelli, i stringersi fra loro per resistere alle tem-
quali tireranno allegramente la vita coi peste della vita, e ho cercato di decifrare
denti più a lungo che potranno, come il il dramma modesto e ignoto che deve
vecchio nonno, senza desiderare altro, aver sgominati gli attori plebei che cono-
solo pregando Iddio di chiudere gli occhi scemmo insieme. Un dramma che qual-
là dove li hanno aperti, in mano del me- che volta forse vi racconterò, e di cui
dico del paese che viene tutti i giorni parmi tutto il nodo debba consistere in
sull’asinello, come Gesù, ad aiutare la ciò: – che allorquando uno di quei pic-
buona gente che se ne va.
 coli, o più debole, o più incauto, o più
– Insomma l’ideale dell’ostrica! direte egoista degli altri, volle staccarsi dai
voi. – Proprio l’ideale dell’ostrica! e noi suoi per vaghezza dell’ignoto, o per
non abbiamo altro motivo di trovarlo ridi- brama di meglio, o per curiosità di co-
colo, che quello di non esser nati ostriche noscere il mondo; il mondo, da pesce
anche noi. Per altro il tenace attacca- vorace ch’egli è, se lo ingoiò, e i suoi
mento di quella povera gente allo scoglio più prossimi con lui.
sul quale la fortuna li ha lasciati cadere, – E sotto questo aspetto vedrete che il
mentre seminava principi di qua e du- dramma non manca d’interesse.
chesse di là, questa rassegnazione co- Per le ostriche l’argomento più interes-
raggiosa ad una vita di stenti, questa re- sante deve esser quello che tratta delle
ligione della famiglia, che si riverbera sul insidie del gambero, o del coltello del pa-
mestiere, sulla casa, e sui sassi che la lombaro che le stacca dallo scoglio.
circondano, mi sembrano – forse pel
quarto d’ora – cose serissime e rispetta-
bilissime anch’esse.
Sembrami che le irrequietudini del pen-
siero vagabondo s’addormenterebbero
dolcemente nella pace serena di quei
sentimenti miti, semplici, che si succedo-
1. La rievocazione delle 48 ore
trascorse ad Aci Trezza
2. La vita grama dei pescatori
3. La similitudine zoomorfa in-
centrata sulle formiche
4. La presentazione delle vicen-
de dei Malavoglia
5. L’ideale dell’ostrica

l’azione imperscrutabile del fato


che si traduce in un rigido de-
terminismo,
la colpa di hubris di chi ha osato
sfidare le tradizioni e uscire dal
microcosmo rurale,
il viaggio, il ritorno che nel ro-
manzo sarà negato a chi ha tra-
sgredito.

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