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MORFOLOGIA

1. VERBO
la parte variabile del discorso che
esprime un'azione nel tempo, ma
anche un modo di essere o un fatto.
Un verbo pu essere considerato sotto
3 aspetti:
A) SIGNIFICATO
B) CONIUGAZIONE
C) FORMA
A) SIGNIFICATO
Dal punto di vista del significato i verbi
possono essere
transitivi / intransitivi.
1) Verbi transitivi
Sono verbi che esprimono un'azione
che passa direttamente dal soggetto
all'oggetto:
Marco (soggetto) legge (verbo
transitivo) un libro (complemento
oggetto).
Il complemento oggetto a volte pu
mancare ma il verbo rimane transitivo:
Mario legge.

Un verbo transitivo pu essere: attivo,


passivo, riflessivo.
Il verbo attivo quando il soggetto
"agisce", compie l'azione:
Luigi ama.
Il verbo passivo quando il soggetto
"patisce", subisce l'azione:
Luigi amato.

Una proposizione attiva pu


trasformarsi in passiva tramutando
l'oggetto in soggetto:
Carlo ama Maria (forma attiva) =>
Maria amata da Carlo (forma
passiva);
e viceversa naturalmente.

NON E POSSIBILE SE IL VERBO E


INTRANSITIVO
Un verbo attivo si pu rendere passivo
in due modi:
mettendo prima del participio passato
del verbo le voci dell'ausiliare essere
(o, qualche volta, venire):
Io amo (attivo) => Io sono amato
(passivo);
Io lodo => Io sono o Io vengo lodato;
mettendo prima del verbo (ma solo
nella terza persona singolare e
plurale) la particella pronominale si:
Da parte di tutti si biasima (cio:
biasimata, viene biasimata) la tua
negligenza.
In questo caso il si prende il nome di
"particella passivante".
Il verbo riflessivo quando l'azione
compiuta dal soggetto si "riflette", cio
ricade, sul soggetto stesso: Luigi si
loda (cio: Luigi loda se stesso).
La forma riflessiva di un verbo
transitivo si ottiene mettendo prima del
verbo le particelle pronominali mi, ti,
si, ci vi, si, con funzione di
complemento oggetto:
attiva
io lavo
tu lavi
egli lava
passiva
io mi lavo (=io lavo me)
tu ti lavi (=tu lavi te)
egli si lava (=egli lava s)
Le particelle pronominali si mettono
invece dopo, fondendole col verbo,
nell'imperativo presente (lvati), nel
gerundio (lavandoti), nell'infinito
(lavarti).

Si dice, inoltre, riflessiva apparente


quella forma in cui le particelle mi,
ti, si, ecc. non hanno funzione di
complemento oggetto ma di
complemento di termine, non
hanno cio il valore di: me, te, s,
ecc. ma di: a me, a te, a s, ecc. Ad
esempio:
Io mi lavo: qui mi ha valore d'oggetto
(=io lavo me) e la forma riflessiva;
Io mi lavo le mani: qui mi ha valore di
complemento di termine (=io lavo le
mani a me) e la forma riflessiva
apparente.
2) Verbi intransitivi
Sono quelli che esprimono un'azione
che non passa a un oggetto ma resta
ferma nel soggetto: Mario corre; Il sole
brilla; Il cane abbaia.
i verbi intransitivi hanno solo la forma
attiva;
alcuni verbi di natura intransitiva
possono assumere anche un valore
transitivo: Carla piange (intr.) / Carla
piange lacrime amare (trans.);
alcuni verbi intransitivi, pur essendo
accompagnati dalle particelle
pronominali mi, ti, si, ecc., non sono
riflessivi: si dicono intransitivi
pronominali (vergognarsi, pentirsi,
lamentarsi, accorgersi, ecc.).
Per poter distinguere con certezza una
forma riflessiva da una pronominale
basta tener presente che nella forma
riflessiva le particelle mi, ti, si, ecc., si
possono sostituire con i pronomi me,
te, se, ecc., cosa che non invece
possibile nella forma intransitiva
pronominale.
Cos, ad esempio, se diciamo:
Io mi pettino,
possiamo trasformare la frase in:
Io pettino me;
se invece diciamo:
Io mi vergogno,
non posso trasformarla in:
Io vergogno me,
si tratta quindi di una forma intransitiva
pronominale.
Una speciale categoria di intransitivi,
infine, quella dei cosiddetti verbi
impersonali, che indicano condizioni
atmosferiche, e che si usano
prevalentemente alla 3a persona
singolare:
annotta, albeggiava, piove, nevicher,
ecc.

Ma possono essere usati


impersonalmente anche altri verbi
(come: accadere, succedere, bastare,
bisognare, occorrere, importare,
parere, ecc.) unendoli alle particelle
pronominali mi, ti, si, ci, vi, gli, le. Es.:
Mi succede ogni giorno; Non bisogna
farlo; Non gli importa nulla. Ci sono
infine verbi impersonali che possono,
in certi casi, divenire personali:
Fioccano quattrini; Piovono legnate;
Tuona il cannone.
B) CONIUGAZIONE
Il verbo la parte pi "flessibile", pi
mutevole del linguaggio. Una parte
per, la prima, resta sempre uguale (
la radice); a cambiare l'altra, la
seconda (la desinenza). E pu
cambiare secondo la:
PERSONA: La prima persona
indica chi parla (io, noi); la seconda
persona a chi si parla (tu, voi); la
terza persona di chi si parla (egli,
loro).
NUMERO: Pu essere singolare
(io, tu, egli) o plurale (noi, voi, essi).
TEMPO: Indica il tempo passato,
presente o futuro in cui l'azione
accaduta, accade o accadr. Ci
sono tempi semplici e composti.
o I tempi semplici sono quelli
formati solo dalla voce verbale,
qualunque sia il modo a cui
appartengono.
o I tempi composti sono quelli
formati con l'"ausilio", l'aiuto,
degli ausiliari essere o avere, pi
il participio passato del verbo.
MODO: Indica la maniera, il "modo"
in cui l'azione del verbo viene
espressa. Ci sono quattro modi
finiti, cio che esprimono l'azione
in maniera determinata: indicativo,
congiuntivo, condizionale,
imperativo; e tre modi indefiniti,
cio che esprimono l'azione in
maniere indeterminata, senza
distinzione di persona: infinito,
participio, gerundio.
o Modi finiti
Indicativo: il modo della
certezza: Vado a casa (=
sicuro che ci vado); Pioveva
a dirotto (= non ci sono dubbi
sul fatto che pioveva), ecc.
Congiuntivo: il modo della
probabilit: ora che io vada
a casa (= ci andr quasi
certamente, fra un po', ma
per ora solo un proposito);
meglio che tu faccia i
compiti (= non li stai facendo,
li farai, spero); ecc.
Condizionale: il modo che
subordina una azione ad una
condizione: Se tu studiassi,
saresti promosso (cio: sarai
promosso se studierai);
Potendo, lo aiuterei (cio: lo
aiuterei, se potessi)
Imperativo: il modo
dell'esortazione, della
minaccia e soprattutto
dell'ordine: Studia la lezione!;
Parlate, o peggio per voi!.
Pu avere, ovviamente, solo
la 2a persona singolare e
plurale, perch un comando
si rivolge solitamente ad altri
e anche se fosse rivolto a se
stessi si considererebbe
sempre rivolto a seconda
persona: Allora mi dissi: su,
studia!. Tuttavia pu esserci
un imperativo nella 1a
persona plurale: Andiamo a
casa!. Alla 3a persona non ci
si rivolge con ordini ma con
desideri, perci non si hanno
vere e proprie forme di
imperativo bens di
congiuntivo che servono
come imperativi: Venga
avanti; Prego, si
accomodino.
o Indefiniti
Infinito: il modo che esprime
l'azione in maniera generica,
senza specificare n il
numero n la persona.
Participio: il modo che fa
dell'azione un attributo del
nome, cio "partecipa" della
doppia natura di verbo e
aggettivo: Libro stampato; La
scala appoggiata al muro;
Luna calante. Il participio
presente, come forma verbale
pura, ormai rarissimo;
comune invece come
aggettivo (pesante, dolente,
ridente); o anche come
sostantivo (brillante, studente,
insegnante). Il participio
passato comunissimo e pu
avere anch'esso la triplice
funzione di verbo, aggettivo,
sostantivo: Ho finito di
leggere il romanzo (verbo);
Nel vaso ci sono pochi fiori
appassiti (aggettivo); Il ferito
si lamentava (sostantivo).
Tanto il participio presente
che quello passato possono
essere usati "assolutamente"
e allora prendono il nome di
participio assoluto: Regnante
(= mentre regnava) Carlo VIII,
il popolo si ribell; Calata (=
dopo che fu calata) la tela, gli
spettatori applaudirono.
Gerundio: il modo che
esprime l'azione come riferita
a un'altra azione, espressa o
sottintesa: Sbagliando
(presente) s'impara; Avendo
mangiato (passato) troppo,
mi sentii male. Anche il
gerundio, come il participio,
pu usarsi "assolutamente":
Tempo permettendo, partir.
Tutti i verbi della lingua italiana sono
suddivisi in tre coniugazioni sulla base
della desinenza dell'infinito presente: -
are = 1a coniugazione; -ere = 2a
coniugazione; -ire = 3a coniugazione.
Vediamo ora le particolarit di
ciascuna coniugazione.
1a coniugazione
I verbi con l'infinito in -care e -gare
per mantenere alla c e alla g il
suono gutturale, cio duro, mettono
una h davanti alla desinenza che
inizia per i o a: mancare =>
mancher; pagare => pagherete,
paghino.
I verbi con l'infinito in -ciare, -giare,
-sciare, perdono la i della radice
quando questa viene a trovarsi
davanti a desinenze che iniziano
con e o con i, e questo perch la i
di -ciare, -giare, -sciare un puro
segno ortografico per dare alla c e
alla g della radice il suono palatale.
Perci: baciare=>bacio, baciarono,
ma:bacerete, NON: bacierete;
mangiare=>mangio, mangiano, ma:
mangereste, e NON: mangiereste;
lasciare=>lascio, lasciate, ma:
lascerai, e NON: lascierai.
I verbi con l'infinito in -gliare
perdono la i della radice (vegli-are,
sbagli-are) davanti alle desinenze
inizianti con i. Perci:
sbagliare=>sbagl-iamo, NON:
sbagli-iamo; vegliare=>vegl-iamo,
NON: vegli-iamo.
I verbi con l'infinito in -gnare
conservano la i della desinenza in -
iamo e -iate. Perci: noi sogn-iamo,
che noi sogn-iamo, che voi sogn-
iate.
I verbi con la 1a persona singolare
dell'indicativo presente in -o (cio
con la i tonica, ad es.: io avvio)
conservano sempre la i della radice
anche quando questa perde
l'accento: avviare => avvio,
avviano, avvieranno, ecc. La
perdono invece sempre davanti alle
desinenze inizianti con i, quando la
i della radice non accentata: voi
avvi-ate, ma:che voi avv-iate.
I verbi con la 1a persona singolare
dell'indicativo presente in -io (cio
con la i tona, ad es.: io graffio)
perdono sempre la i della radice
davanti a desinenze inizianti con
i:io graffi-o, ma: che essi graff-ino;io
studi-o, ma: che essi stud-ino.
2a coniugazione
I verbi con l'infinito in -cere e -gere,
davanti alle desinenze con a o con
o cambiano la c e la g dolce in
gutturale: tu vinci, noi vinceremo,
ma: io vinco, che tu vinca; tu spingi,
noi spingiamo, ma: io spingo, che
tu spinga. Fanno eccezione i verbi
cuocere e nuocere che conservano
sempre la i palatale: io cuocio, che
tu cuocia.
I verbi con l'infinito in -gnere (cos
come quelli della 1a coniugazione
in -gnare) conservano la i della
desinenza in -iamo e -iate: noi
spegn-iamo, che noi spegn-iamo,
che voi spegn-iate.
3a coniugazione
Molti verbi di questa coniugazione
inseriscono tra la radice e la
desinenza della 1a, 2a e 3a
persona singolare e della 3a plurale
del presente indicativo, congiuntivo
e imperativo, il gruppo -isc
(ardire=>ard-isc-o, ard-isc-i, ard-
isc-ono).

Alcuni verbi hanno entrambe le


forme: aborro / aborrisco; inghiotto /
inghiottisco, ecc.
Alcuni verbi di questa coniugazione
hanno un doppio participio
presente: in -ente e in -iente:
dormente / dormiente, ecc.
C) FORMA
Abbiamo gi visto che il verbo
costituito da due parti: una,
immutabile, che si chiama radice; e
una che cambia secondo i modi, i
tempi, le persone e i numeri, e si
chiama desinenza. I verbi che
rispettano questo schema si dicono
regolari, e sono la maggioranza; ma
ci sono anche verbi che si discostano
da questa norma e sono detti
irregolari.
Verbi regolari
Caratteristica di questi verbi che nel
passato remoto e al participio passato
l'accento tonico non cade sulla radice
ma sulla desinenza: am-i, cred-i (o
cred-tti), serv-i; am-to, cred-to,
serv-to.
Verbi irregolari
Si dividono in 3 gruppi:
forti: sono irregolari solo nel
passato remoto (1a e 3a persona
singolare e 3a plurale) e nel
participio passato. Appartengono
quasi tutti alla 2a coniugazione.
Es.:
ardere: io arsi, egli arse, essi
arsero; participio passato: arso;
dividere: io divisi, egli divise, essi
divisero; participio passato: diviso;
mettere: io misi, egli mise, essi
misero; participio passato: messo;
nascondere: io nascosi, egli
nascose, essi nascosero; participio
passato: nascosto; ecc.
anomali: traggono le loro forme
verbali da temi diversi o alterati
dalla coniugazione. Es.: andare: io
vado; dare: io diedi; cadere: io
cadrei; sedere: io mi siedo, o: io mi
seggo; potere: io posso, io potr;
dovere:io devo, o: io debbo;
cuocere: cotto; morire: io muoio;
salire: io salgo; ecc.
difettivi: "difettano", cio mancano
di alcune forme nelle persone, nei
modi, nei tempi. Es.: competere
(non ha participio passato e quindi
manca di tutti i tempi composti);
solere; ecc.
Ricordiamo infine cinque verbi che
possono essere usati in modo
particolare: due Ausiliari e tre
Servili.
Ausiliari: si dicono "ausiliari" i verbi
essere e avere quando aiutano gli altri
verbi a formare i tempi composti: Ho
mangiato un panino; Sono andato a
casa. Vogliono l'ausiliare avere i verbi
transitivi attivi (Ho mangiato una mela,
Lo avevo visto); vogliono l'ausiliare
essere i verbi nella forma passiva (Io
sono amato; Siamo stati serviti
subito). I verbi intransitivi possono
avere l'uno o l'altro ausiliare. I verbi
che indicano le condizioni
atmosferiche richiedono in genere
essere ( piovuto) ma possono
concordare anche con avere (Ha
appena smesso di piovere).
Servili: sono detti cos i tre verbi:
dovere, potere, volere quando sono
usati al servizio dell'infinito di un altro
verbo: Devo andare; Non posso
dormire; Voglio mangiare. Attenzione:
nei tempi composti i verbi servili
vogliono, di regola, l'ausiliare del
verbo che essi "servono": Sono
dovuto andare (perch: sono andato);
Saresti potuto venire (perch: sono
venuto); Abbiamo voluto dirtelo
(perch: abbiamo detto).

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