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La cavalleria rusticana che ci ha quattro muli in stalla, non bisogna farla

Vita dei campi 1880 chiacchierare la gente. Mia madre invece, poveretta,
la dovette vendere la nostra mula baia, e quel pez-
Turiddu Macca, il figlio della gnà Nunzia, come tornò zetto di vigna sullo stradone, nel tempo ch’ero solda-
da fare il soldato, ogni domenica si pavoneggiava in to. Passò quel tempo che Berta filava, e voi non ci
piazza coll’uniforme da bersagliere e il berretto ros- pensate più al tempo in cui ci parlavamo dalla fine-
so, che sembrava quella della buona ventura, quan- stra sul cortile, e mi regalaste quel fazzoletto, prima
do mette su banco colla gabbia dei canarini. Le ra- d’andarmene, che Dio sa quante lacrime ci ho pianto
gazze se lo rubavano cogli occhi, mentre andavano dentro nell’andar via lontano tanto che si perdeva
a messa col naso dentro la mantellina, e i monelli gli per sino il nome del nostro paese. Ora addio, gnà
ronzavano attorno come le mosche. Egli aveva por- Lola, facemu cuntu ca chioppi e scampau, e la no-
tato anche una pipa col re a cavallo che pareva vivo, stra amicizia finiu –. La gnà Lola si maritò col carret-
e accendeva gli zolfanelli sul dietro dei calzoni, le- tiere; e la domenica si metteva sul ballatoio, colle
vando la gamba, come se desse una pedata. Ma mani sul ventre per far vedere tutti i grossi anelli
con tutto ciò Lola di massaro Angelo non si era fatta d’oro che le aveva regalati suo marito. Turiddu se-
vedere né alla messa, né sul ballatoio, ché si era fat- guitava a passare e ripassare per la stradicciuola,
ta sposa con uno di Licodia, il quale faceva il carret- colla pipa in bocca e le mani in tasca, in aria
tiere e aveva quattro muli di Sortino in stalla. Dap- d’indifferenza, e occhieggiando le ragazze; ma den-
prima Turiddu come lo seppe, santo diavolone! vole- tro ci si rodeva che il marito di Lola avesse tutto
va trargli fuori le budella della pancia, voleva trargli, quell’oro, e che ella fingesse di non accorgersi di lui
a quel di Licodia! Però non ne fece nulla, e si sfogò quando passava.
coll’andare a cantare tutte le canzoni di sdegno che – Voglio fargliela proprio sotto gli occhi a quella ca-
sapeva sotto la finestra della bella. gnaccia! – borbottava.
– Che non ha nulla da fare Turiddu della gnà Nunzia, Di faccia a compare Alfio ci stava massaro Cola, il
– dicevano i vicini, – che passa la notte a cantare vignaiuolo, il quale era ricco come un maiale, dice-
come una passera solitaria? vano, e aveva una figliuola in casa. Turiddu tanto
Finalmente s’imbatté in Lola che tornava dal viaggio disse e tanto fece che entrò camparo da massaro
alla Madonna del Pericolo, e al vederlo, non si fece Cola, e cominciò a bazzicare per la casa e a dire le
né bianca né rossa quasi non fosse stato fatto suo. – paroline dolci alla ragazza.
Beato chi vi vede! – le disse. – Perché non andate a dirle alla gnà Lola ste belle
– Oh, compare Turiddu, me l’avevano detto che sie- cose? – rispondeva Santa.
te tornato al primo del mese. – La gnà Lola è una signorona! La gnà Lola ha spo-
– A me mi hanno detto delle altre cose ancora! – ri- sato un re di corona, ora!
spose lui. – Che è vero che vi maritate con compare – Io non me li merito i re di corona.
Alfio, il carrettiere? – Se c’è la volontà di Dio! – ri- – Voi ne valete cento delle Lole, e conosco uno che
spose Lola tirandosi sul mento le due cocche del non guarderebbe la gnà Lola, né il suo santo, quan-
fazzoletto. do ci siete voi, ché la gnà Lola, non è degna di por-
– La volontà di Dio la fate col tira e molla come vi tarvi le scarpe, non è degna.
torna conto! E la volontà di Dio fu che dovevo torna- – La volpe quando all’uva non poté arrivare...
re da tanto lontano per trovare ste belle notizie, gnà – Disse: come sei bella, racinedda mia!
Lola! – Il poveraccio tentava di fare ancora il bravo, – Ohè! quelle mani, compare Turiddu.
ma la voce gli si era fatta roca; ed egli andava dietro – Avete paura che vi mangi?
alla ragazza dondolandosi colla nappa del berretto – Paura non ho né di voi, né del vostro Dio.
che gli ballava di qua e di là sulle spalle. A lei, in co- – Eh! vostra madre era di Licodia, lo sappiamo! Ave-
scienza, rincresceva di vederlo così col viso lungo, te il sangue rissoso!
però non aveva cuore di lusingarlo con belle parole. – Uh! che vi mangerei cogli occhi.
– Sentite, compare Turiddu, – gli disse alfine, – la- – Mangiatemi pure cogli occhi, che briciole non ne
sciatemi raggiungere le mie compagne. Che direb- faremo; ma intanto tira temi su quel fascio. – Per voi
bero in paese se mi vedessero con voi?... – È giusto, tirerei su tutta la casa, tirerei!
– rispose Turiddu; – ora che sposate compare Alfio, Ella, per non farsi rossa, gli tirò un ceppo che aveva
sottomano, e non lo colse per miracolo. rio dove Lola stava facendo il bucato dei suoi pecca-
– Spicciamoci, che le chiacchiere non ne affastellano ti.
sarmenti. – Sull’anima mia non voglio mandarti a Roma per la
– Se fossi ricco, vorrei cercarmi una moglie come penitenza! –
voi, gnà Santa. Compare Alfio tornò colle sue mule, carico di soldo-
– Io non sposerò un re di corona come la gnà Lola, ni, e portò in regalo alla moglie una bella veste nuo-
ma la mia dote ce l’ho anch’io, quando il Signore mi va per le feste.
manderà qualcheduno. – Avete ragione di portarle dei regali, – gli disse la
– Lo sappiamo che siete ricca, lo sappiamo! vicina Santa, – perché mentre voi siete via vostra
– Se lo sapete allora spicciatevi, ché il babbo sta per moglie vi adorna la casa! –
venire, e non vorrei farmi trovare nel cortile –. Compare Alfio era di quei carrettieri che portano il
Il babbo cominciava a torcere il muso, ma la ragazza berretto sull’orecchio, e a sentir parlare in tal modo
fingeva di non accorgersi, poiché la nappa del ber- di sua moglie cambiò di colore come se l’avessero
retto del bersagliere gli aveva fatto il solletico dentro accoltellato.
il cuore, e le ballava sempre dinanzi gli occhi. Come – Santo diavolone! – esclamò, – se non avete visto
il babbo mise Turiddu fuori dell’uscio, la figliuola gli bene, non vi lascierò gli occhi per piangere! a voi e a
aprì la finestra, e stava a chiacchierare con lui ogni tutto il vostro parentado!
sera, che tutto il vicinato non parlava d’altro. – Non son usa a piangere! – rispose Santa, – non ho
– Per te impazzisco, – diceva Turiddu, – e perdo il pianto nemmeno quando ho visto con questi occhi
sonno e l’appetito. Turiddu della gnà Nunzia entrare di notte in casa di
– Chiacchiere. vostra moglie.
– Vorrei essere il figlio di Vittorio Emanuele per spo- – Va bene, – rispose compare Alfio, – grazie tante –.
sarti! Turiddu, adesso che era tornato il gatto, non bazzi-
– Chiacchiere. cava più di giorno per la stradicciuola, e smaltiva
– Per la Madonna che ti mangerei come il pane! – l’uggia all’osteria, cogli amici. La vigilia di Pasqua
Chiacchiere! avevano sul desco un piatto di salsiccia. Come entrò
– Ah! sull’onor mio! compare Alfio, soltanto dal modo in cui gli piantò gli
– Ah! mamma mia! occhi addosso, Turiddu comprese che era venuto
Lola che ascoltava ogni sera, nascosta dietro il vaso per quell’affare e posò la forchetta sul piatto.
di basilisco, e si faceva pallida e rossa, un giorno – Avete comandi da darmi, compare Alfio? – gli dis-
chiamò Turiddu. se.
– E così, compare Turiddu, gli amici vecchi non si – Nessuna preghiera, compare Turiddu, era un pez-
salutano più? zo che non vi vedevo, e voleva parlarvi di quella co-
– Ma! – sospirò il giovinotto, – beato chi può salutar- sa che sapete voi –.
vi! Turiddu da prima gli aveva presentato un bicchiere,
– Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove ma compare Alfio lo scansò colla mano.
sto di casa! – rispose Lola. Allora Turiddu si alzò e gli disse:
Turiddu tornò a salutarla così spesso che Santa se – Son qui, compar Alfio –.
ne avvide, e gli batté la finestra sul muso. I vicini se Il carrettiere gli buttò le braccia al collo.
lo mostravano con un sorriso, o con un moto del ca- – Se domattina volete venire nei fichidindia della
po, quando passava il bersagliere. Il marito di Lola Canziria potremo parlare di quell’affare, compare.
era in giro per le fiere con le sue mule. – Aspettatemi sullo stradone allo spuntar del sole, e
– Domenica voglio andare a confessarmi, ché sta- ci andremo insieme –.
notte ho sognato dell’uva nera! – disse Lola. – La- Con queste parole si scambiarono il bacio della sfi-
scia stare! lascia stare! – supplicava Turiddu. da. Turiddu strinse fra i denti l’orecchio del carrettie-
– No, ora che s’avvicina la Pasqua, mio marito lo re, e così gli fece promessa solenne di non man ca-
vorrebbe sapere il perché non sono andata a con- re.
fessarmi. Gli amici avevano lasciato la salsiccia zitti zitti, e ac-
– Ah! – mormorava Santa di massaro Cola, aspet- compagnarono Turiddu sino a casa. La gnà Nunzia,
tando ginocchioni il suo turno dinanzi al confessiona- poveretta, l’aspettava sin tardi ogni sera.
– Mamma, – le disse Turiddu, – vi rammentate profferire nemmeno:
quando sono andato soldato, che credevate non – Ah, mamma mia!
avessi a tornar più? Datemi un bel bacio come allo-
ra, per ché domattina andrò lontano –. Prima di gior- da G. Verga, Novelle, Feltrinelli, Milano, 2008
no si prese il suo coltello a molla, che aveva nasco- http://www.youtube.com/watch?v=Jlad31ZP30Q
sto sotto il fieno, quando era andato coscritto, e si
mise in cammino pei fichidindia della Canziria.
– Oh! Gesummaria! dove andate con quella furia? –
piagnucolava Lola sgomenta, mentre suo marito sta-
va per uscire.
– Vado qui vicino, – rispose compar Alfio, – ma per
te sarebbe meglio che io non tornassi più –.
Lola, in camicia, pregava ai piedi del letto, premen-
dosi sulle labbra il rosario che le aveva portato fra
Bernardino dai Luoghi Santi, e recitava tutte le ave
marie che potevano capirvi.
– Compare Alfio, – cominciò Turiddu dopo che ebbe
fatto un pezzo di strada accanto al suo compagno, il
quale stava zitto, e col berretto sugli occhi, – come è
vero Iddio so che ho torto e mi lascierei ammazzare.
Ma prima di venir qui ho visto la mia vecchia che si
era alzata per vedermi partire, col pretesto di gover-
nare il pollaio, quasi il cuore le parlasse, e quant’è
vero Iddio vi ammazzerò come un cane per non far
piangere la mia vecchierella.
– Così va bene, – rispose compare Alfio, spoglian-
dosi del farsetto, – e picchieremo sodo tutt’e due –.
Entrambi erano bravi tiratori; Turiddu toccò la prima
botta, e fu a tempo a prenderla nel braccio; come la
rese, la rese buona, e tirò all’anguinaia.
– Ah! compare Turiddu! avete proprio intenzione di
ammazzarmi!
– Sì, ve l’ho detto; ora che ho visto la mia vecchia
nel pollaio, mi pare di averla sempre dinanzi agli oc-
chi.
– Apriteli bene, gli occhi! – gli gridò compar Alfio, –
che sto per rendervi la buona misura –. Come egli
stava in guardia tutto raccolto per tenersi la sinistra
sulla ferita, che gli doleva, e quasi strisciava per ter-
ra col gomito, acchiappò rapidamente una manata di
polvere e la gettò negli occhi all’avversario. – Ah! –
urlò Turiddu accecato, – son morto –.
Ei cercava di salvarsi, facendo salti disperati
all’indietro; ma compar Alfio lo raggiunse con un’altra
botta nello stomaco e una terza alla gola.
– E tre! questa è per la casa che tu m’hai adornato.
Ora tua madre lascerà stare le galline –.
Turiddu annaspò un pezzo di qua e di là tra i fichi-
dindia e poi cadde come un masso. Il sangue gli
gorgogliava spumeggiando nella gola e non poté
IL CHE POLIVALENTE è un fenomeno linguistico 20-23) (in entrambi i casi il che è rafforzativo,
complesso, presente sia nell’italiano parlato e perché intr oduce una fr ase dichiarativa non ne-
popolare sia nell’italiano letterario. Si tratta cessaria e senza r eggente, come se fosse:
dell’uso del che come connettivo generico, cioè «sembr a che, for se che, sar à che, vedet e che,
come element o grammaticale che collega – mett dit e che...», coinvolg endo così il destinat ario
e in connessione – due enunciati, ma non ha una nell’af fermazione: i vicini chiac- chierano tra loro,
sola e def inita funzione. Il che è infatti chiamato chiedendosi conferma a vicenda e Turiddu vuol
polivalente, perché può assumere su di sé valori coinvolgere Lola e sapere da lei la verità).
e funzioni diverse: da pronome relativo a con- • Un uso consecutivo: Come il babbo mise Turid-
giun- zione consecutiva, causale, finale, conces- du fuori dell’uscio, la figliuola gli aprì la finestra e
siva, locativa, esplicativa ecc. stava a chiacchierare
con lui ogni sera, che tutto il vicinato non parlava
CHE POLIVALENTE d’altro. (righe 82-84)
uso relativo-locativo: Mi passi il libro che c’è scritto (il che sostituisce «al punto che, tanto che...»). •
«Grammatica»? = sul quale, dove
uso relativo-temporale: L’anno che è stato in vacanza sul
Un uso causale:
Tirreno... = nel quale – Che non ha nulla da fare Turiddu della gnà
uso relativo: Gli amici, che ti puoi fidare, sono pochi. = di Nunzia – dicevano i vicini– che passa le notti a
cui can- tare come una passera solitaria? (righe 14-
uso consecutivo: Mi sento stanca che dormirei tutto il 15)
giorno! = al punto che – Mangiatemi pure cogli occhi, che briciole non
uso causale: Non mi svegliare che non ho dormito ieri... =
perché, poiché
ne faremo; ma intanto tiratemi su quel fascio. (ri-
uso finale: Studio molto che voglio essere promosso. = ghe 68-69) (il che sostituisce «dal momento che,
perché, in modo che dato che...»).
uso concessivo: Bevo ancora un po’, che proprio non do- • Un uso relativo estremamente indebolito, con
vrei. = anche se sfumature consecutive: – Eh! vostra madre era di
Licodia, lo sappiamo! Avete il sangue rissoso!
La lingua parlata • Il che viene usat o con str Uh! che vi mangerei cogli occhi. (righe 66-67)
aordinaria fr equenza e disinvoltur a dai parlanti, – Mamma, – le disse Turiddu – vi rammentate
perché, grazie al suo carattere polivalente, si quando sono andato soldato, che credevate non
presta a una comunicazione ra- pida e immediat avessi a tor nar più? Datemi un bel bacio come
a, come r ichiede la lingua par lata. L’italiano par- allor a, perché domattina andr ò lontano. (righe
lato privilegia infatti, per la sua natura orale, le 142-144) (il che sembra riferirsi al soggetto della
forme brevi, capaci di comunicare in maniera più frase precedente «voi che...», ma contiene an-
economi- ca, ma ugualmente efficace. Il parlante che una sfumatura consecutiva «al punto
lascia al destinatario il compito di ricostruire le re- che...»).
lazioni gr ammaticali, di r iempire i vuo ti e capir e L’uso del che polivalente nell’italiano contempo-
le sfumatur e: la comunicazione r i- chiede colla- raneo dimostra che la lingua it aliana, nella sua
borazione reciproca e volontà di capirsi. evoluzione, si sta semplificando, cioè sta renden-
do più semplici alcuni aspet- ti della sua str uttu-
La scrittura di Verga, che cerca di imitare e ripro- ra, come il sist ema dei pronomi e delle congiun-
durre la lingua parlata dei suoi per- sonaggi, pre- zioni. Occor re però ricordare che ogni semplif
senta in Cavalleria rusticana diverse forme di che icazione – anche in ambit o linguistico – v a sost
polivalente. enuta se r i- sponde a un’esigenza di immedia-
• Un uso rafforzativo-esplicativo: Dapprima Turid- tezza e semplicità, se ha uno scopo e un valore
du come lo seppe, santo diavolone! voleva trargli comu- nicativo (come l’uso del che polivalente
fuori le budella dalla pancia, vo- leva trargli, a nella lingua parlata).
quel di Licodia! però non ne fece nulla, e si sfogò Va invece evitata quando la genericità significa
coll’andare a cantare tutte le can- zoni di sdegno mancanza di precisione e di chiarez- za, quando
che sapeva sotto la finestra della bella. – Che dif fonde un uso pover o della lingua, ost acolan-
non ha nulla da fare Turiddu della gnà Nunzia – do la comunicazione (per esempio l’uso del che
dicevano i vicini (righe 10-14) – Oh, compare Tu- polivalente in una relazione scientifica).
riddu, me l’avevano detto che siete tornato al 1. Da che cosa deriva il nome di che polivalente? 2. Ri-
primo del mese. – A me mi hanno de tto delle al- fletti sui seguenti esempi di che polivalente, tratti dal testo
tre cose ancora! – rispose lui. – Che è vero che vi di Verga, e individuane il valore. • Ella, per non farsi rossa,
maritate con compare Alfio, il carrettiere? (righe gli tirò un ceppo che aveva sottomano, e non lo colse per
miracolo.
– Spicciamoci, che le chiacchiere non ne affastellano
sarmenti. (righe 71-73)
• – Chiacchiere! – Per la Madonna che ti mangerei col pa-
ne! (righe 88-89)
3. Riscrivi gli enunciati dell’esercizio precedente, sosti-
tuendo il che con un’espressione di collega- mento più
precisa e meno generica.

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