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RIFLESSIONI
AGLI ALBORI DEL XXI SECOLO
a cura di
Maria Piera Sette
Bonsignori Editore
Roma 2005
O 2005
Dipartimento di Storia del17Architettura,
Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Centro di Studi per la Storia dell'Architettura
Casa dei Crescenzi - Roma
O Copyright 2005
by Bonsignori Editore s.r.1.
Viale dei Quattro Venti, 47
00151 Roma
ISBN 88-7597-372-5
Piero Spagnesi
«Oggi [...l l'atteggiamento prevalente sul problema della caratterizzazione del Rinascimento è
rimasto sostanzialmente quelio stabilito da Federico Chabod nel suo capitale saggio Il Rinasci-
mento (prima stesura 1942). E certamente giusto - egli sostiene - mettere in luce la presenza nel
Medioevo di elementi giudicati tradizionalmente tipici dei secoli successivi, quali il realismo e
l'individualismo. [...l Tuttavia il Rinascimento ha pur sempre una sua tipica originalità perché
originale è il suo "modo di vita"»'.
Su queste basi e poco prima, nel 1909-1912,lo stesso Loos aveva progettato
una nuova grande Karntnertorplatz a Vienna aperta verso monumenti tardoba-
rocchi cui si raccordava senza soluzione di continuità, con edifici moderni e qua-
si diradando il tessuto preesistente14 @g. 3). E in questo stesso spirito, e ancora
con termine giovannoniano, potrebbe di nuovo essere definito un diradamento
anche la demolizione e la ricostruzione a Vienna nel 1909, sempre da parte di
Loos, di uno spigolo di isolato sulla Michaelerplatz lungo la Herrengasse, in pre-
cedenza diverso. In questo secondo caso, uno degli esiti più significativi del lavo-
ro, oltre che l'edificio nuovo - in sé molto noto - fu la libera visione dalla strada
lungo il Burgtor insieme della facciata neoclassica del palazzo imperiale e del
campanile gotico della chiesa di S. Michele sulla piazza, dopo che quest'ultima a
sua volta aveva raggiunto una configurazione definitiva solo alla fine del XIX
secolo15 Vig. 6). Per questo motivo la Looshaus nuova in angolo vicino alla chiesa
quasi non si percepisce, nonostante contrasti con le preesistenze per lo stile, e
risaltano la chiesa e il Burgtor, il palazzo reale; sono questi i nodi veri dello spa-
zio, non il fabbricato più recente: un simbolo della modernità di per sé, ma cir-
condato da un contesto in fondo assai più significativo.
I1 paragone tra Roma e Vienna non è casuale e potrebbe continuare oltre il
tema del dirddamento: disegni del 1909 ancora di Loos per la sistemazione della
Karlplatz davanti all'omonima chiesa di Fischer von Erlach, sembrano quasi
rimandare a schizzi più tardi, del 1936-1939, di Marce110 Piacentini per la siste-
mazione di via della Conciliazione davanti al S. Pietro michelangi~lesco~~ Cfigg.4-
5 ) ,perché il modo di ragionare, di rapportarsi a preesistenze importanti è lo stes-
so. E uguale la maniera di isolarle, di incorniciarle tra due quinte parallele al cen-
tro di una prospettiva profonda. E in questa stessa scia, in un progetto forse
ancora di Piacentini, circa del 1915, per la sistemazione a Roma della zona tra
1'Augusteo e il quartiere Flaminio, il legame tra la città esistente entro le Mura e
quella nuova lungo la via consolare è un vero e proprio diradamento su vasta sca-
la e insieme, anche un ampliamento. Ma il tutto, il vecchio diradato e il nuovo, è
inteso come entità unica, non accostamento tra realtà differenti17 Vig. 7). La rea-
lizzazione di quest'ultima idea in particolare avverrà dal 1924-1928 in poi: lungo
la Flaminia in un'area già individuata nel 1915 prenderà posto il Ministero della
Marina di Giulio Magni; e nel 1937-1938 1'Augusteo sarà liberato e connesso a
via del Corso da Vittorio Ballio Morpurgo. Ma è proprio a Piacentini, in fondo,
cui si deve già nel 1916 (e anche dopo, nel Piano Regolatore del 1931) il riemer-
gere di idee viennesi del periodo precedente nel modo di rapportarsi alla città -
una città grande, non più la Roma preunitaria pontificialS. Così come non vanno
sottovalutati i suoi contributi in merito al sentirla come un intero gigantesco, un
complesso indivisibile, maturati in viaggi in Germania nel 1913 e nel 1929-1931 e
soprattutto oltre Atlantico nel 1915: negli Stati Uniti che tanto lo colpirono, che
erano già stati determinanti vent'anni prima, nel 1893-1896, nella formazione di
Loos e che lo sarebbero stati, per esempio, ancora dieci anni dopo per il tedesco
Erich Mendelsohn tra gli architetti espressionisti19Cfig. 12).
I temi ignorati dalla cultura architettonica romana tra la fine dell'ottocen-
to, l'inizio del Novecento e in seguito, quasi per un rifiuto di quanto era fuori
dell'Italia, sono tanti. E noto che a partire dai medesimi apporti austriaci e da
quelli olandesi del periodo, sull'argomento delle costruzioni nuove nelle città
esistenti si misureranno gran parte delle ricerche degli architetti europei ben
oltre la Prima guerra mondiale. Ma in Europa i referenti erano altri dal Rinasci-
mento, il Medioevo e il Barocco tardo; ed è noto che, tra gli altri, proprio i con-
temporanei di Giovannoni nominati sopra (cioè Guimard, Behrens, Mackinto-
sh, Poelzig, Hoffmann e Plekic - non tutti così isolati come Loos) accantonaro-
no l'argomento delle fattezze nuove rispetto alle antiche, la questione degli stili
consolidati. Nelle architetture romane del periodo una certa eco di questo atteg-
giamento - di rifiuto di apparenze passate - è presente comunque ma, appunto,
più nelle costruzioni nuove che nei diradamenti. Un esempio al limite è il palaz-
zetto di Gustavo Giovannoni del 1908-1909 per il principe Torlonia a Roma,
sulla via Tomacelli dietro la chiesa di S. Carlo al Corso20@g. 9). Qui le figurazio-
ni sono ancora quelle dell'Ottocento, puriste, insieme, per un'affinità inconsa-
pevole, a soluzioni analoghe a quelle praticate, appunto, dai cosiddetti precur-
sori del Movimento Moderno; tra tutte, risalta l'importanza dell'angolo dell'edi-
ficio, evidenziato con una torretta: un modo tipico di Giovannoni che è anche
nella fabbrica della Birra Peroni al quartiere Trieste, del 1901-1913, e che non è
estraneo a quanto si realizzava, ad esempio, in Olanda. Qui, ad Amsterdam, il
nuovo edificio della borsa di Hendrik Petrus Berlage (un altro ammiratore di
Camillo Sitte), nel 1896-1903 era, infatti, già caratterizzato da un'alta torre cam-
panaria di spigolo a rompere l'unità del volume di fattezze vagamente neo-
romaniche21 @g. 8). In parallelo, e alla luce dell'atteggiamento tutto italiano e
soprattutto romano proprio verso il Rinascimento e gli ordini architettonici, nel
palazzetto Torlonia va notato un impiego dominante di importanti componenti
formali dell'architettura del Cinquecento: le fattezze tipo del palazzetto bra-
mantesco-sangallesco con bugnato al piano terra e piano nobile d'altezza mag-
giore degli altri piani. Ma a sottolineare ancora le differenze tra l'Italia e altrove
vale il confronto, sempre sul tema dell'angolo, con altre torrette cilindriche e
nude a creare snodi, a separare piani, in progetti ancora di Loos per un hotel
all'Avenue des Champs-Elysées e per la casa di Josephine Baker, ambedue a
Parigi, del 1924 circa e del 1927**.Di questi edifici come, in fondo, anche di
quelli di Otto Wagner, di Berlage e poi di Peter Behrens, risaltavano piuttosto
gli spazi nuovi, funzionali ai bisogni degli abitanti - persone - non lo stile, l'a-
spetto dovuto all'urgenza di ripristinare un'epoca passata nei suoi ideali estetici.
E per questo che le finestre della casa di Loos per Josephine Baker non ripetono
un vecchio tipo come invece il palazzetto giovannoniano, ma dipendono dal
raumplan interno, dove i luoghi di vita quotidiani della cantante francese erano
camere da letto, saloni e soprattutto una piscina vetrata @gg. 10-11).E il con-
fronto a distanza regge perché, al di là delle date, è noto quanto questo di Loos
fosse già tutto nelle sue opere precedenti la Grande guerra.
Due progetti sempre di Giovannoni e Loos, in apparenza ancora più lontani
tra di loro, chiariscono il modo d'intendere l'architettura, il luogo di vita dell'uo-
mo, - e di nuovo, per estensione, anche il diradamento edilizio - da parte degli
architetti in Italia tra il 1883 e il 1914, appena prima delle grandi tragedie del
Novecento. I1 primo è per la cappella Luzi a Vetralla, del 1909-1913, dell'inge-
gnere romano. Ha caratteri romanico/gotico-lombardi, con cupola ottagona e
facciata a lastra, finestrine ai lati del portale e due esili torri, quasi un Westbau: il
defunto che doveva custodire è ricordato attraverso stili di forme, figure d'altri
tempi23 fig. 13). I1 secondo è per una cappella, del 1921, per Max Dvofik, di
Loos: un mausoleo che dichiarava la personalità del celebre storico dell'arte solo
nell'interno con le pitture espressioniste di Oscar Kokoschka, intenzionalmente
muto verso l'esterno e senza stili passati24fig. 14). Ma è risaputo - e forse non è
un caso - che proprio a Dvofik, contemporaneamente all'amicizia con Loos, si
deve la trasformazione sostanziale dell'approccio storiografico al Rinascimento,
da lui in poi inteso non più solo per le arti visive e con scansioni temporali bur-
chardtiane, ma per le mentalità e i modi di vivere e di pensare2? un criterio che di
lì a poco in Italia fu ripreso e sviluppato tra gli anni Venti e Trenta del Novecento
proprio dalla scuola storica romana e che in seguito fu rilanciato da Federico
Chabod - il punto di partenza di questo lavoro grazie a Gaetano Miarelli Mariani
- e da questi applicato, appunto, al Rinascimento in generale, alla figura di Nic-
colò Machiavelli e addirittura, sulla base del magistero di Gioacchino Volpe, alla
politica estera italiana dopo il 1870.
Nato nel 1901, quindi della generazione successiva a Gustavo Giovannoni,
Chabod forse fu awicinato all'ingegnere romano dal proprio maestro Pietro Egi-
di - storico economico-politico del momento e grande amico di questi fino alla
morte nel 1929 - che con lui aveva collaborato intensamente all'inizio del secolo,
nel 1903-1904, in occasione di comuni studi sui monasteri benedettini di Subia-
co2" Estranei al mondo dell'architettura, i rapporti tra Giovannoni e i migliori
esponenti della scuola storica romana risalivano, infatti, almeno al 1903, al tempo
del Secondo Congresso internazionale di Scienze Storiche, e furono mantenuti
sempre anche grazie al lavoro comune in una grande impresa culturale del perio-
do: l'Enciclopedia Italiana voluta da Giovanni Gentile. Proprio in quella sede
Chabod e Giovannoni furono affiancati e le due culture - dello storico puro e
dell'ingegnere - furono accostate nella voce Rinascimento che, riletta oggi, fa
apparire completa la differenza di metodo e di mete tra i due27. Perché il primo al
tempo della voce - nel 1936 - era già attento ai modi dello spirito, alle mentalità,
ai programmi di vita; il secondo era ancora legato all'arte per l'arte, alla centralità
esclusiva del progettisca visto come eroe, alla quantificazione degli stili figurativi,
al tema delle origini dell'architetto moderno alla vecchissima maniera di Ghiber-
ti, Alberti e V a ~ a r i ~ ~ .
Per la sua strada, e in un quadro più vasto, Chabod arriverà al superamento
dello storicismo assoluto d'origine crociana, allora in voga, nel 1951 dopo le pro-
prie esperienze personali di combattente e di politico nella Seconda guerra mon-
diale, in una celebre sintesi di pensiero nella Prefazione alla sua Storia della politi-
ca estera italiana:
«[Nel fare storia bisogna] rendersi, dunque, conto di quali forze ideali e morali, di quali interessi, di
quali aspirazioni si componesse la vita deU2Italiaunita [. ..l. In tutto questo, saper infine vedere gli
uomini, le singole personalità con i loro pensieri e affetti. [. ..l Tanto più necessario questo cercare
gli uomini quando s'abbia a trattare, come nel caso nostro, di storia politica e, soprattutto, di storia
dei rapporti politici internazionali: laddove, cioè, non soltanto la personalità generale del singolo
politico o diplomatico, le sue idee e il suo programma, ma il suo stile d'azione costituisce elemento
mai trascurabile nelle vicende. I1 modo di impostare e condurre innanzi una certa politica, il modo
di avvicinare e trattare le singole questioni, il modo di reagire - in una parola lo stile -, per uomini
come i nostri che sono uomini d'azione e non teorici da tavolino valgono almeno quanto i cosiddet-
ti programmi generali. Per meglio dire, impossibile distinguere in una determinata azione politica,
queila che è la sostanza e queiio che è il modo di mettere innanzi la sostanza: come nell'artista, così
nel politico - quest'altro artista, che procede per intuizioni e non per logica astratta, e, quand'è vera-
mente tale, lo è per grazia di Dio e non per dottrina - forma e contenuto fanno tutt'uno, e a voler
valutare solo il secondo, trascurando la prima, si fa uno studio di ideologie e non di azione [...l>>29.
NOTE
48
94-95; v. anche B. ZEVI,Spazi dell'architettura moderna, Torino 1973, nn. 108-110.
22 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, cit., pp. 185, 191.192; B. RUKSCHCIO - R. SCHACHEL, Adolf
Loos, cit., pp. 586-587,606-607.
23 M. CENTOFANTI - G. CIFANI - A. DELBUFALO, Catalogo dei disegni, cit., pp. 91-92.
24 B. GRAVAGNUOLO, AdolfLoos, cit., p. 170; B. RUKSCHCIO - R. SCHACHEL, AdolfLoos, cit.,
pp. 253,556.
25 W. K. FERGUSON, Il Rinascimento, cit., pp. 353-354.
26 P. EGIDI, Notizie storiche dell'Abbazia Sublacense nel Medio Evo; G. GIOVANNONI, Larchi-
tettura dei monasteri sublacensi, in I Monasteri di Subiaco, Roma 1904,2 voll. Cfr. F. CHABOD, In
memoria di Pietro Egidi, in In memoria di Pietro Egidi, Torino 1931, pp. 2-28; ID., Pietro Egidi,
ibidem, pp. 29-32. Dell'amicizia molto stretta tra Egidi e Giovannoni ne dà notizia quest'ultimo
in ID.,Architetture di pensiero e pensieri sull'architettura, Roma 1945, pp. 69-72: v. P. SPAGNESI,
Alcuni aspetti della formazione storica di Gustavo Giovannoni, in "Bollettino del Centro di Studi
per la Storia dell'Architettura" 36, 1990, pp. 139-141. Ulteriore testimonianza dell'amicizia tra
Egidi e Giovannoni potrebbe essere una lettera a un certo Pietro (di sicuro non Pietro Fedele)
sempre di questi e del 1920, pubblicata in L. MARCUCCI, Ilcontributo delcentro dzStudiper la Sto-
ria dell'Architettura alla scoperta dell'architettura minore del Lazio, in "Bollettino del Centro di
Studi per la Storia dell'Architettura' 39,2002, pp. 11-35, in part. p. 18.
27 F. CHABOD, S. v. Rinascimento, in Enciclopedia Italidna, XXIX, Roma 1936, pp. 346-354
(ora anche in ID.,Scritti, cit., pp. 25-54); G . GIOVANNONI, S. v. Rinascimento-Architettura, ivi, pp.
355-362. I1 resto della voce, su Scultura epittura, era di Pietro Toesca (ivi,pp. 362-368).
28 G. GIOVANONI, S. v. Rinascimento, cit., pp. 357-360; ID., S. v. Architetto, in Enciclopedia
Italiana, IV, Roma 1929, pp. 52-63, in part. pp. 59-60. Sui limiti di questo modo di intendere, v.
già nella stessa sede F. CHABOD, S. v. Rinascimento, cit. (ID.,Scritti, cit., pp. 36,41).
29 F. CHABOD, Storia, cit., I, pp. 14-15. Più in generale, sulla sua idea della storia come storia
delle libertà umane è sempre fondamentale, ID.,Croce storico, in "Rivista Storica Italiana", LXIV,
1952, pp. 473-530. Per un profilo d'insieme del personaggio, F. VENTURI, S. v. Chabod, Federico,
in Dizionario biografico degli italiani, 24, Roma 1980, pp. 344-351. Per la sua attività in Valle
d'Aosta durante e dopo la Seconda guerra mondiale, S. SOAVE, Federico Chabodpolitico, Bologna
1989. Sui suoi apporti fondamentali alla cultura storiografica del tempo, oltre al classico F. CHA-
BOD,Lezioni di metodo storico, Bari 1969 (2" ed. 1983), v. tra gli altri P. ROSSI,Storia e storicismo
nella filosofia contemporanea, Torino 1960, pp. 329-330; E SESTAN, Federico Chabod e la nuova
storiografia: profilo di una generazione di storici, in ID., Scritti vari, 111, Storiografia dell'otto e
Novecento, a cura di G. Pinto, Firenze 1991, pp. 141.162; U. M. MIOZZI,La scuola storica romana
1926-1943, Roma 1984; F. PERFETTI, Introduzione, cit., pp. XLVII-XLVIII.
30 G. GIOVANNONI, L'architettura dei monasteri, cit.; ID.,L'architettura italiana nella storia e
nella vita, estr. da "Conferenze e prolusioni", 16, 1921; ID.,S. v. Architettura, in Enciclopedia Ita-
liana, IV (Roma 1929), pp. 63-78; ID., S. v. Rinascimento-Architettura, ibidem, XXIX (Roma
1936), pp. 355-362; ID.,Mete e metodi nella storia dell'architettura, in Atti del I Congresso nazio-
nale di Storia dell'Architettura, Firenze, 29-31 ottobre 1936, Firenze 1938, pp. 273-283; ID.,Gli
studi di storia dell'architettura medioevale e moderna negli ultimi cento anni, estr. da Un secolo di
progresso scientifico italiano: 1839-1939, Roma 1939; ID.,La storia dell'architettura e isuoi metodi,
in ID.,Antonio da Sangallo il Giovane, a cura di G. Zander, Roma 1959, pp. VII-xv.
j1 Tra gli italiani su questa scia, vale la pena ricordare anche un allievo di Loos: Giuseppe
De Finetti, e le sue ville lombarde e i suoi progetti per Milano; su di lui, v. Giuseppe De Finetti Pro-
getti 1920-1951, a cura di G. Cislaghi, M. De Benedetti, P. Marabelli, Milano 1981; Giuseppe De
Finetti La poesia e la ragione, a cura di G. Cappellato e M. Macchietto, numero monografico di
"Parametro", 126, maggio 1984; M. MACCHIET~O, Giuseppe De Finetti: architettura e città, numero
monografico del "Bollettino del Centro di Studi per la Storia deii'Architetturan, 33,1986. Per l'am-
biente milanese del suo tempo, v. V. FONTANA, Profilo, cit., pp. 111,123, 138,201-202.
Fig. 1-E. Schiavetti, rilievo di un prospetto della casa di Prospero Mochi in via del Governo Vecchio,
Roma, ante 191 1 (M. Centofanti - G. Cifani - A. Del Bufalo, Catalogo dei disegni, cit., fig.p. 60).
5O
,onedk dm oli
Fig. 2 - G. Giovannoni, proposta di sirtemazione per la via dei Coronari e le sue adiacenze, 171 1 (I1
quartiere, cit., fig.p. 145).
Fig. 3 - P. Engelmann per A. Loos, planimetria per la trasformazione della Karntnertorplatz, Vien-
na, 1909-1912 (B. Rukschcio - R. Schachel, Adolf Loos, cit., pp. 498-479, fig. 564).
Fig. 4 - A. Loos, schizzi per la
sistemazione della Karlplatz,
Vienna, 1907 (B. Rukscbcio -
R. Schacbel, Adolf Loos, cit.,
fig. 51 1).
Fig. 9 - G. Giovannoni,
progetto del palazzetto
Torlonia in via Tomacelli,
Roma, 1908-1909 ( M .
Centofanti - G. Cifani -A.
Del Bufalo, Catalogo dei
disegni, cit., fig. p. 81).
Fig. 10 - A . Loos, progetto di casa a Parigiper J. Baker, 1927-1928 (B. Rukschcio - R. Schachel,
Adolf Loos, cit., fig. 302).
Fig. 11-A. Loos, casa a ParigiperJ. Baker, piante deipianiinterrato, terra, primo e secondo, 1927-
1928 (B. Rukschcio - R. Schaechel, Adolf Loos, cit., fig. 757).
Fig. 12 -E. Mendelsohn, vedute di New York dal porto, 1926 (B. Gravagnuolo, Adolf Loos, ci^,
fig. p. 43).
Fig. 13 - G . Giovannont, tomba Luzi, Vetvalla, 1909 (M. Centofanti - G . Cifuni - A. Del Bufalo,
Catalogo dei disegni, ctt., fig. p. 92).
Fig. 14 -A. Loos, mausoleo pev Max DvoGk, 1921 (B. Rukschczo - R. Schachel, Adolf Loos, cit.,
fig. 247).