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L'architettura della città, aldo rossi

ALDO ROSSI - L’ARCHITETTURA DELLA CITTA’ -

ALDO ROSSI

Aldo Rossi è stato uno dei più significativi protagonisti dell’architettura


italiana del secondo dopoguerra. Nato nel 1931, diventa un personaggio di
spicco quando negli anni’60 inizi ad affrontare il tema della città e il rapporto
del contesto con la realtà storica. Di pensiero platonico, aspira ad
un’architettura costituita da forme geometriche perfette che, mediante la
memoria collettiva di ognuno di noi, possano essere calate nella realtà. Autore
di molti progetti quali l’ampliamento del cimitero di Modena e il monumento
celebrativo di Pertini a Milano, diventa celebre nel mondo per il complesso
Gallaratese di Milano che riassume i caratteri della sua architettura.
Protagonista della Biennale di Venezia del 1979 con il Teatrino Scientifico,
muore nel 1997 a seguito di un incidente stradale.

RIASSUNTO BREVE

L’architettura della città di Aldo Rossi è un testo importante da collocare


all’interno del dibattito architettonico sul concetto della città. La città viene
intesa come architettura, vale a dire un manufatto architettonico costruito nel
tempo e analizzato dall’autore mediante i fatti urbani, vale a dire piccole
porzioni di città caratterizzati da una loro forma e struttura. È importante a
questo proposito ricordare la definizione di architettura più celebre fornita
dall’autore: “L’architettura è la scena fissa delle vicende dell’uomo, carica di
sentimenti, di generazioni, di eventi pubblici, tragedie private, di fatti nuovi e
antichi”. Questa definizione, espressa nell’introduzione del testo, riassume la
visione collettiva dell’architettura di Rossi e permette di comprendere il ruolo
svolto da questa disciplina nel contesto urbano e sociale. L’autore definisce
così la città mediante una nuova teoria definita dei fatti urbani, secondo cui la
città, essendo un manufatto architettonico in continua evoluzione nel tempo,
viene divisa in due grandi elementi: elementi primari e aree-residenza. Gli
elementi primari sono i cosiddetti monumenti, vale a dire i segni della volontà
collettiva espressi mediante i principi dell’architettura; sono dei punti fissi che
segnano le vicende architettoniche della città e che devono essere elementi
propulsori della dinamica urbana. Le aree residenza sono invece quelle aree
che assolvono il ruolo principale della città: l’abitare. L’integrazione di questi
due aspetti definisce la visione della città in cui lo sviluppo urbano è
regolamentato dall’interazione continua tra gli elementi primari e le aree
residenza. L’architettura dei fatti urbani, ovvero degli intorni limitati di città,
rappresenta così questa particolare struttura urbana ed, essendo , secondo
l’autore, il dato ultimo verificabile nella realtà, costituisce il punto di vista più
consistente con cui definire la città stessa.

CAPITOLO 1 Nel primo capitolo del libro, Aldo Rossi definisce il concetto
principale della sua teoria in merito alla definizione della città: la struttura dei
fatti urbani. Secondo l’autore quando si giudica una città ci si può porre di
fronte ad essa con due ottiche differenti: una riferita all’immagine complessiva
urbana del manufatto architettonico, l’altra inerente all’analisi dei fatti urbani,
vale a dire degli intorni più limitati della città caratterizzati da una loro
architettura e da una loro forma. A questo proposito Aldo Rossi cita il Palazzo
della Ragione di Padova, in cui individua tutto il significato della sua teoria dei
fatti urbani: un edificio dalle diverse funzioni, trasformato nel tempo ma
impresso nell’immagine della città. Chi vive e percorre questo spazio associa
delle impressioni positive o negative : la sommatoria di queste sensazioni ci
restituisce l’immagine della città. I fatti urbani vengono così assimilati a delle
opere d’arte tanto da far pensare alla città come “la cosa umana per
eccellenza”, costruita con la fatica da parte dell’uomo. Aldo Rossi a questo
punto critica l’idea di chi ipotizza la città come un elemento architettonico
plasmato dalla funzione: è una critica al funzionalismo ingenuo, utile per la
classificazione ma non esaustivo per poter definire la nascita di una città. Il
problema della classificazione viene affrontato da Rossi mediante due punti di
vista autorevoli: per Tricart “la città è un contenuto sociale” mentre per Marcel
Poetè il concetto della strada è l’elemento da cui partire per l’analisi di una
città. Da quest’ultimo aspetto Rossi percepisce la validità della sua tesi,
individuando nei tracciati stradali, nelle vie di comunicazione di una città il
significato degli elementi primari, i punti fissi del passato urbano, che talvolta
possono essere considerati elementi patologici ma che in realtà devono
divenire elementi propulsori della dinamica urbana. “Il processo dinamico di
una città – dice Rossi- tende più all’evoluzione che alla conservazione”:
questo aspetto, unito al tema delle aree residenza, definisce la città.

CAPITOLO 2 Il secondo capitolo del libro affronta due elementi fondamentali


della teoria dei fatti urbani teorizzata da Aldo Rossi: l’area e gli elementi
primari. Innanzitutto l’autore definisce il concetto di area: l’area è l’elemento
fondamentale dal quale partire per conoscere i fatti urbani ed è considerata
come un’opera civile, essendo parte dell’architettura della città. L’area definita
da Rossi è nominata area-studio, vale a dire una porzione

dell’area urbana, un’astrazione dello spazio della città: questo comporta una
visione urbana parcellizzata e divisa in parti che secondo l’autore possono
essere riassunte in aree residenza ed elementi primari. L’area residenza
diventa così un aspetto rilevante che Aldo Rossi studia per definire la città,
analizzando alcuni esempi europei. A questo proposito si citano gli esempi di
Berlino, con lo studio dei tipi edilizi presenti nell’Europa del nord fino ad
arrivare all’esperienza del Siedlung di Stoccarda, per poi passare alla Garden
City e alla Ville Radieuse, due esempi contemporanei di residenza
dell’architettura moderna. Gli elementi primari sono invece l’aspetto che Rossi
analizza nella seconda parte del capitolo: si tratta degli elementi fissi della
vicenda urbana che possono essere definiti come monumenti, vale a dire
processi di trasformazione spaziale del territorio. L’interazione tra area
residenza e gli elementi primari permette la dinamica e lo sviluppo della città.
Esempio citato da Rossi riguarda la città di Arles in cui un grande anfiteatro
romano, poco alla volta occupato e costruito al suo interno, è divenuto il
simbolo della teoria architettonica della città: da elemento permanente nella
storia della città francese ha subito delle trasformazioni in aree-residenza,
diventando una città dentro ad un teatro. La città cresce quindi per punti ma
anche per aree, vale a dire per monumenti e residenze: mentre nei primi è
preminente la forma, nella seconda invece compaiono i valori del suolo
urbano. Questo rapporto non porta sempre a delle unificazioni; talvolta
determina dei contrasti come negli esempi di Londra e Berlino in cui si ha la
percezione della città divisa in settori. Tuttavia mediante gli elementi primari,
catalizzatori della dinamica urbana, la città presenta in se stessa tutte le
possibilità di evolversi.

CAPITOLO 3 Il terzo capitolo del libro tratta il concetto di architettura e


l’individualità dei fatti urbani. Innanzitutto Rossi si concentra sul significato
del termine locus in rapporto al tema della città: il locus è un rapporto
singolare e universale che esiste tra una certa situazione locale e le
costruzioni in esso inserite. Si fa riferimento al genius loci; nel mondo antico
la divinità che presiedeva e curava un luogo. Il locus diventa così elemento
spaziale e temporale in cui si colloca la città. La città è anche costruito, quindi
strettamente connessa all’architettura: Rossi lega questo concetto al termine
scienza riferendosi a tale proposito alla definizione di Le Duc che vede
nell’architettura come scienza l’unica possibilità di risolvere i problemi. “
L’architettura per realizzarsi- dice Rossi- deve diventare città”. A questo punto
l’autore ripropone la diatriba in merito al rapporto tra forma e funzione nella
nascita della città, criticando la predominanza della funzione nella dinamica
urbana. Le forme stesse nel loro costruirsi, che vanno al di là delle funzioni
che devono assolvere, definiscono esse stesse il valore di una città.
Dimostrazione: il Foro Romano. Questo luogo, inizialmente paludoso, sparso
tra le colline in cui vivevano alcune tribù, diventa nel corso della storia,
mediante la creazione di collegamenti dettati dalla conformazione del terreno,
un mercato, una vera e propria piazza. Quando cade l’impero Romano, il Foro
decade insieme ad esso nelle sue funzioni ma rimane un fatto specifico
all’interno della città, diventando così un fatto urbano di estrema modernità.
Rossi si concentra quindi sul ruolo ricoperto dai monumenti nella dinamica
urbana, individuando nell’originalità delle forme architettoniche , espresse da
questi segni della volontà collettiva, la crescita della città. La città diventa così
depositaria di storia, legata al tema della memoria collettiva: è costruita nel
tempo, sulle tracce del passato. La città è il locus della memoria collettiva.
Esempio conclusivo del capitolo è la città di Atene, la prima idea chiara della
scienza dei fatti urbani: è il passaggio dalla natura alla cultura e questo
passaggio si concretizza mediante la costruzione del tempio, delle sedi
politiche e degli edifici sociali. Attraverso questi elementi generatori, la
residenza si insinua attivamente nella formazione della città, costituendone la
forma a noi conosciuta.

CAPITOLO 4 L’ultimo capitolo affronta l’evoluzione dei fatti urbani e si analizza


la dinamica futura della città. A questo proposito Rossi studia la città
analizzando i fattori che hanno causato la trasformazione della dinamica
urbana: trasformazioni che avvengono ogni 50 anni, in un periodo di tempo
molto ristretto. Le trasformazioni considerate da questo studio risiedono su
diversi piani, anche se il fattore economico viene riconosciuto come
l’elemento principale dal quale partire per analizzare l’evoluzione della città.
Questo aspetto viene affrontato nel testo mediante due tesi di autorevoli
esponenti: la prima, di Maurice Halbwachs, affronta il tema dell’espropriazione
nella città; la seconda , sostenuta da Hans Bernoulli, affronta il concetto di
proprietà privata e la parcellizzazione del territorio cittadino. Per quanto
riguarda la prima tesi, l’autore definisce l’espropriazione come la
considerazione economica principale dalla quale nasce una città. Infatti
l’espropriazione viene considerata non come un fatto straordinario della
dinamica urbana ma l’elemento più certo e sicuro dell’evoluzione della città. A
supporto di tutto ciò si citano i piani di Milano di Teresa d’Austria dove risulta
chiaro come l’elemento economico riuscisse ad essere predominante rispetto
alla forma della città: esempio è il Foro Bonaparteo.

La seconda tesi che Rossi analizza si riferisce invece al concetto di proprietà


privata del suolo: secondo questo studio la proprietà del suolo viene vista non
come un’innovazione ma quanto una limitazione dello sviluppo della città in
quanto i confini di proprietà, che sono tracciati nel passato, sono inamovibili e
poco si adattano alla dinamica urbana. A questo punto l’autore cerca di
trovare un pensiero comune a queste due tesi, definendo la dimensione
urbana del progetto, introducendo altri fattori quali quelli storici e sociali
nell’evoluzione della città. Rossi definisce la storia della città mediante tre fasi:
una prima fase in cui la città medioevale abbandona l’economia domestica
della bottega, una seconda dove si assiste al fenomeno dell’industrializzazione
in cui fisicamente la zona lavoro è separata dalla residenza ed infine la città dei
trasporti individuali che ha permesso una totale parcellizzazione della città.
Residenze e lavoro diventano così i due aspetti che maggiormente definiscono
la dinamica urbana. L’ultima parte viene dedicata alla politica e al ruolo che
essa riveste nella costituzione della città. La politica, in ultima istanza, deve
fornire le forme della città, deve farsi carico delle proprie responsabilità ed
esprimere così il volere della collettività.

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