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Progetto grafico e layout


Paola Ranzini Pallavicini
Calchi di spazio
mnemosine e rovine
Sculture in calcestruzzo
dal Novecento ad oggi

Anna Rosellini
Aracne editrice

www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it

Copyright © MMXIX
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

www.gioacchinoonoratieditore.it
info@gioacchinoonoratieditore.it

via Vittorio Veneto, 20


00020 Canterano (RM)
(06) 45551463

isbn 978-88-255-2456-7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie


senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: maggio 2019


La questione del calco in calcestruzzo è ormai da anni
diventata decisiva nella scultura contemporanea, anche se
naturalmente non riguarda unicamente quel materiale e non può
essere affatto delimitata ad un periodo. Non può che essere
appassionante, per chi studia il potenziale creativo di un
materiale come il calcestruzzo, la lettura del saggio di
Georges Didi-Huberman, La Ressemblance par contact. Archéologie,
anachronisme et modernité de l’empreinte1, che potrebbe valere
quale introduzione ineluttabile alla comprensione delle opere
d’arte ottenute attraverso processi di calco. Va da se che il
calcestruzzo non è stato, almeno per ora, considerato nella
dovuta prospettiva da chi si è occupato di arte, delle sue
tecniche e dei suoi materiali. Quindi, tranne gli artisti i
quali nel manipolare la materia sanno perfettamente, per via
sperimentale e meglio di chiunque altro, quello che accade nei
fenomeni creativi, in generale non ci si è accorti quanto quel
materiale abbia agito da acceleratore rispetto a varie
questioni discusse in ambito teorico come, appunto, l’impronta
e il calco. Si potrebbe arrivare persino a sostenere che il
calcestruzzo abbia preso il posto del bronzo e pertanto abbia
trascinato con se, e questa volta forse con processi non
necessariamente consapevoli delle implicazioni teoriche e
culturali, un universo di operazioni tecniche e concettuali che
sembrava, se non definitivamente tramontato, almeno caduto in
oblio e praticato da qualche sparuto artista accademico. Quel
materiale tra i più espressivi dell’era contemporanea, perché
mai usato in arte prima dell’avvento della rivoluzione
industriale e della civiltà capitalistica, in realtà si scopre
(e sono gli artisti a farlo) che possiede tratti ancestrali,
che può, se manipolato seguendo la sua natura, riattivare certe
questioni della scultura la più tradizionale, ma, e questo è
decisivo, con processi tecnici e con effetti plastici che più
nulla hanno a che fare con quel genere di scultura. Nella fase
storica in cui ci troviamo, segnata almeno in parte da una
volontà di riconsiderare dei concetti dell’arte che sconfinano
oltre i confini dei criteri definiti e sperimentati nella seconda
metà del Novecento, si ha l’impressione che il calcestruzzo
abbia occupato una posizione di rilievo nel catalogo dei
materiali degli artisti perché possiede un potenziale tecnico
tale da poter essere scultura nell’accezione più aulica
tuttavia senza al tempo stesso esserlo se, appunto, manipolato
secondo la sua natura. Il calco e l’impronta non avrebbero
forse potuto assumere la rilevanza che è possibile oggi
riscontrare nei fenomeni dell’arte senza l’ausilio di un
materiale come il calcestruzzo che si presta alla perfezione a
ridare attualità a quei concetti secondo forme inedite. Arte a
architettura si sono di nuovo riavvicinate anche grazie a quel
materiale che a partire dall’inizio del Novecento ha pervaso i
cantieri edili nel mondo. Gli artisti si sono accorti, dopo
anni di varie sperimentazioni sul calcestruzzo, di quanto quel
materiale potesse attivare una ricerca sui modi espressivi per
conservare la memoria di cose destinate a scomparire, e solo
dopo che loro hanno dimostrato con le sculture come poter
fissare la traccia del tempo attraverso inediti processi tecnici
in cui si sono usate le stesse attrezzature da cantiere edile,
anche gli architetti hanno iniziato a comprendere e dunque
praticare quelle stesse tecniche nei loro edifici.
Il calco in calcestruzzo ha un inizio che è possibile situare
nella categoria della copia, e questo sin dall’Ottocento; ma la
sua evoluzione più significativa accade solo nel Novecento.
Fatta eccezione per i calchi delle sculture in pietra, eseguiti
dagli artisti con il calcestruzzo sin dai primi decenni del
secolo per poter conservare la copia di un’opera da vendere, la
questione del calco con il calcestruzzo come ricerca di una
particolare forma di scultura, svincolata dall’atto
convenzionale della copia di un’opera, inizia a delinearsi solo
nella seconda metà del Novecento. Il materiale che ha generato
spazi di vita per l’umanità grazie alle sue ossature e ai suoi
muri, diventa, nelle mani degli artisti, il conglomerato che
riesce a rivelare i vuoti invisibili, e talvolta appena
tratteggiati da linee di oggetti domestici. Quello stesso
materiale, o alcuni dei suoi componenti, nel caso di sculture
in calcestruzzo armato, possono far apparire anche quello che
secondo il racconto di Plinio è all’origine della pittura:
l’ombra di una persona amata2.
Il calcestruzzo degli artisti si manifesta in una gamma non
limitata al calco del vuoto o dello spazio e a quello
dell’ombra, ma diviene, grazie a più sofisticati procedimenti,
il materiale per la rivelazione plastica di un altro genere
di cavità, l’Ātman, essenza o sé, il soffio vitale dell’essere
umano secondo la filosofia indiana (e il soffio è tale se traversa
una cavità). È ancora il calcestruzzo, per il suo potere di
trascrizione della realtà attraverso il calco, a consentire
agli artisti di creare presenze mnemoniche inattese persino
da edifici che devono essere demoliti. In questa accezione
diventa predominante il carattere funereo del calco, quasi
il calcestruzzo fosse l’oro o il gesso con cui si prendevano
le impronte dei volti di personalità decedute.
Bruce Nauman, Giuseppe Penone, Giuseppe Uncini, Antony Gormley,
Hubert Kiecol, Doris Salcedo, Rachel Whiteread e Isa Genzken
sono tra i principali protagonisti delle diverse espressioni
del calco, e dell’impronta, in calcestruzzo quali ricognizioni
sugli accadimenti dello spazio, sia quello fisico che quello
introspettivo. Il sentimento della rovina viene espresso da
artisti come Anselm Kiefer anche attraverso l’utilizzo di un
calcestruzzo grezzo e della sua invisibile armatura di acciaio,
spesso rugginosa come i ferri di un edificio divelto. Altri come
Pierre Huyghe hanno eletto le carcasse in calcestruzzo armato
lasciate non finite nei paesaggi delle periferie italiane a
simboli di un processo creativo partecipativo su cui rifondare
arte e architettura – dunque un altro concetto ancora di
rovina, sempre comunque reso possibile dallo stesso materiale
e che ancora una volta traversa le discipline a riunirne l’atto
creativo, come dimostrano le architetture di Jean Nouvel,
Valerio Olgiati, Anne Lacaton & Jean-Philippe Vassal e di
Alejandro Aravena concepite quali cantieri non finiti.
I calchi dello spazio e dei ricordi materializzati dagli
artisti hanno finito per condizionare i processi creativi della
fabbricazione del calcestruzzo anche in architettura. Non di
rado, proprio perché si sono presi a modello i calchi degli
artisti, l’uso del calco in calcestruzzo nei cantieri edili per
fissare come in un fossile le impronte di cose destinate alla
demolizione oppure in rovina, ha prodotto opere che sconfinano
nei processi del restauro i quali per loro natura si misurano
con il dilemma di un ricordo da preservare in una società
spinta da impulsi di trasformazione distruttiva. Grazie al
calcestruzzo armato modellato con casseforme ideate talvolta
quali veri e propri calchi, come hanno insegnato gli artisti,
si sono ormai ottenute, all’inizio del Duemila, opere
straordinarie che riproducono i tratti di murature tradizionali
scomparse, ma in sembianze inedite e perciò stranianti. Sono
nati così edifici e monumenti costruiti da AFF Architekten,
Diener & Diener, Arno Brandlhuber, Christian Kerez, Buchner &
Bründler, Edouard François e Christ & Gantenbein a partire dal
calco di altri edifici all’abbandono e destinati alla
distruzione, e che rivivono, come al chiuso di un sepolcro,
nelle impronte lasciate su muri in calcestruzzo. I modi in cui
questi architetti hanno di volta in volta operato secondo
strategie tecniche e creative diverse definiscono un primo
decisivo catalogo di operazioni che non possono non avere in
futuro conseguenze sui modi di intervento nei monumenti e negli
edifici in rovina, e questo, principalmente, grazie all’esempio
e alle esperienze condotte dagli artisti. Luigi Moretti si
rivela comunque essere stato un pioniere della scoperta degli
effetti plastici del calco dello spazio.
Questo saggio vuole offrire al lettore un frammento dello
straordinario universo creativo della scultura in calcestruzzo
cui è dedicata la serie Sculture in calcestruzzo dal Novecento
ad oggi curata da Anna Rosellini.

1 Georges Didi-Huberman, La Ressemblance par


contact. Archéologie, anachronisme et modernité de
l’empreinte, Paris, Minuit, 2008.
2 Si veda Georges Didi-Huberman, Ex-voto: Images,
organe, temps, Montrouge, Bayard, 2006.
indice

Prologo Per una conservazione artistica Cantieri permanenti per una nuova
11 Moretti, rappresentare lo spazio delle memorie in architettura Ossatura Domino
153 Impronte in muri di calcestruzzo: la Schutzhütte 233 Huyghe e i cantieri italiani
Nauman, o dell’origine del calco
am Fichtelberg di AFF Architekten
dello spazio 234 Krier, Le Corbusier e Huyghe, e il concetto
158 Apologia della workmanship: lo Schloss di ossatura
17 Il calco, o della ricerca della mystic truth
Freudenstein a Freiberg
237 Remake e Les Incivils: film di Huyghe in cantiere
19 Lo slant step e i suoi calchi
164 “Antivilla” e “Rachel” di Brandlhuber
240 The House or Home?
23 I calchi di entità astratte e figure concrete tra le rovine della DDR
241 Chantier Permanent di Huyghe
28 L’invisibile della sedia e il negative space 168 Completamento di Diener & Diener del Museum
für Naturkunde con copia attraverso il calco 247 Cantieri o rovine nell’architettura contempornaea
39 Inside the concrete
172 Impronte di spazi di Kerez e di Buchner 251 Chantier Arrêté per il Palais de Tokyo
40 Outdoor Pieces e calcestruzzo
& Bründler in rovine svizzere di Lacaton & Vassal
Ombre e impronte di Uncini e Penone 173 La copia in stile Beaux-Arts di Edouard François 255 Cementificazione per poveri: Elemental
o della nuova era dell’ossatura Domino
61 La consistenza dello spazio di Uncini
Am Anfang: il culto per la rovina di Kiefer
73 Le impronte e il tempo di Penone Genzken e l’architettura moderna
179 La Tourette e New York, scoperte
del béton brut e delle macerie in calcestruzzo 263 Fotografare architetture di città e metropoli
La vacuità dei corpi di Gormley
183 Materiali transizionali 265 Per un grattacielo “topical”: Proun contro
83 Giunzioni di piombo e strati di tessuto
Post-Modern
188 L’anfiteatro a Barjac e il palazzo per Elektra
88 Concrete Works
a Napoli 274 Inviti alla comunicazione
93 Intrecci corporali e spaziali
192 Le prime torri a Barjac o del tramonto 277 Opere per i cittadini
98 Colossi contemporanei della civiltà occidentale
279 La verità della materia
202 I Sette Palazzi Celesti alla Bicocca
L’archetipo della casa secondo Kiecol, 286 Inquadrature
“remembrances of human life” di Salcedo 211 La messa in sicurezza delle torri
288 Everybody needs at least one window
e calchi di vita domestica di Whiteread
214 Scale in calcestruzzo armato, art of construction
293 Arte originaria del costruire
105 Kiecol e l’architettura delle città
215 Le torri a Parigi e Londra
300 Ornamenti e riflessi per nuovi grattacieli
117 Fossili di Salcedo con essenze spirituali
218 Il tempio della spiritualità tedesca a Barjac a New York e Berlino
123 Celle di vite
220 Il culto per la rovina contemporanea: 314 La scala percettiva della rosa gigante
125 La frontiere di Shibboleth macerie in calcestruzzo armato
321 Indice dei nomi
127 Il calco e la memoria secondo Whiteread, 221 Fondazioni dissestate: la scoperta della cripta
dai mobili alla casa in calcestruzzo a La Ribaute
137 I calchi di spazi sotto le sedie 225 Am Anfang: costruzioni per l’allestimento
teatrale a Parigi
139 Il calco positivo e post-moderno:
l’Holocaust Memorial
144 Space between nei calchi del proprio
studio-residenza
PROLOGO
11

Moretti, rappresentare interno e vuoto di una architettura.


lo spazio Infatti basti osservare che alcuni
Negli anni Cinquanta per critici e termini espressivi – chiaro-scuro,
architetti interessati all’espres- plasticità, densità di materia, co-
sione delle qualità dello spazio struzione – si palesano quali aspet-
nasce il problema di una raffigura- ti, formali o intellettivi, della
zione indipendente dalle configura- ‘materia’, nella sua fisica concre-
zioni strutturali. La ricerca di tezza messa in gioco nell’architet-
questo tipo di rappresentazione è tura e formano perciò un gruppo di
al centro degli interessi di Bruno una certa omogeneità e nel suo com-
Zevi e di Luigi Moretti, che in plesso fortemente rappresentativo.
parte seguono le indicazioni di Al- Ora si noti che lo spazio vuoto de-
bert Eric Brinckmann e di Henri gli interni di una architettura si
Focillon. contrappone esattamente a questo
Nel capitolo La rappresenta- gruppo come valore speculare, sim-
zione dello spazio di Saper vedere metrico e negativo, come una vera
l’architettura, pubblicato nel matrice negativa, e in quanto tale
1948, Zevi contesta sia l’“estetica capace di riassumere insieme sé
della pianta” generata dal concetto stesso e i termini suoi opposti.
lecorbusieriano del “plan libre”, Specialmente ove lo spazio interno
sia “l’estetica parietale delle Be- è la ragione principale, o addirit-
aux-Arts”. Quindi sperimenta alcune tura ragione di nascimento della
soluzioni grafiche per evidenziare, fabbrica, come per lo più, esso si
nel disegno della pianta, le quali- palesa come il seme, lo specchio, il
tà dello spazio, prendendo ad esem- simbolo più ricco dell’intera real-
pio la pianta di Michelangelo per tà architettonica”4.
San Pietro in Vaticano incisa da Nel saggio Moretti descrive lo
Bonanni. Di questa pianta Zevi pro- spazio con termini, definizioni ed
pone diverse variazioni grafiche, a espressioni solitamente riferiti
campiture nere (“macchie nere”, con alla materia costruttiva, quali
effetti di “negativa fotografica”, chiaro-scuro, plasticità e densità.
come lui stesso scrive), a rigature, Così arriva a scrivere di “stereome-
sino alla combinazione di più gra- trie interne” e di “volumi interni”5.
fie1. L’articolo Strutture e sequen- Della struttura muraria gli interes-
ze di spazi, pubblicato da Moretti sa soltanto la configurazione della
nel 1953 sulla sua rivista “Spazio”, superficie rivolta verso l’interno,
segna un momento decisivo nella sto- la “scorza” come da lui stesso defi-
ria della xraffigurazione dello spa- nita, dimostrando una continuità di
zio. Moretti accentua il parametro ragionamento con la linea teorica
dello spazio nella valutazione del- otto-novecentesca che si snoda da
le opere di architettura, ricolle- Gottfried Semper a Alois Riegl, a
gandosi direttamente ai contributi Henri Focillon, a Siegfried Giedion.
di Friedrich Ostendorf, August Sch- “I legamenti fra lo spazio in-
marsow2, Brinkmann e a quelli più terno e gli altri elementi di un’ar-
recenti di Zevi3. chitettura – scrive in uno dei pas-
“Vi è […] – sostiene Moretti si più significativi – sono infiniti
- un aspetto espressivo che riassu- e rigidissimi; basti pensare che
me con una latitudine così notevole uno spazio interno ha come superfi-
il fatto architettonico che sembra cie limite quella scorza su cui si
potersi assumere anche isolatamen- condensano e si leggono le energie
te, con maggiore tranquillità degli e i fatti che lo consentono e lo
altri: intendo accennare allo spazio formano e dei quali esso spazio a
12

1-5. Bruno Zevi, disegni


pubblicati in Saper vedere
l’architettura, Torino,
Einaudi, 1956, pp. 37, 40,
41, 42, 44
13

sua volta genera l’esistenza. Ma i Grazie a questi modelli, alcuni vo-


volumi interni hanno una concreta lumi spaziali di opere come il por-
presenza di per se stessi, indipen- tico addossato lungo il muro del
dentemente dalla figura e corposità Pecile con il teatro marittimo del-
della materia che li rinserra, qua- la villa Adriana rivelano inaspet-
si che siano formati di una sostan- tate qualità artistiche contempo-
za rarefatta priva di energie ma ranee. I modelli permettono,
sensibilissima a riceverne. Hanno inoltre, di mostrare una delle ca-
cioè delle qualità a loro proprie ratteristiche che Moretti riconosce
di cui, ritengo, se ne palesano ai “volumi interni”: la “‘pressio-
quattro: la dimensione, intesa come ne’ o ‘carica energetica’” che si
quantità di volume assoluto; la sprigiona dalle masse costruttive,
densità, in dipendenza della quan- simile alla “pressione che in un
tità e distribuzione della luce che fluido in movimento costante varia
li permea; la ‘pressione’ o ‘cari- in dipendenza dagli ostacoli, op-
ca energetica’, secondo la prossi- posizioni, rastremazioni che incon-
mità più o meno incombente, in cia- tra” e che è espressione del “po-
scun punto dello spazio, delle tenziale di uno spazio in funzione
masse costruttive liminari, delle delle masse elettriche che lo in-
energie ideali che da esse sprigio- fluenzano”7.
nano. Qualità, questa, comparabile Colare il gesso-spazio dentro
alla pressione che in un fluido in lo stampo-muro è un’operazione che
movimento costante varia in dipen- suggerisce confronti con la contem-
denza degli ostacoli, opposizioni, poranea costruzione in calcestruz-
rastremazioni che incontra; o anche zo armato, dove la materia liquida
al potenziale di uno spazio in fun- viene colata nel vuoto definito dal-
zione delle masse elettriche che lo le casseforme. Non a caso Le Cor-
influenzano”6. busier, sfruttando la tecnica del
L’articolo è corredato da una Sand-Casting di Costantino Nivola,
serie di fotografie di modelli in crea sculture colando del gesso in
gesso appositamente fatti eseguire cavità praticate sulla sabbia, come
da Moretti e da lui stesso utiliz- allo stesso modo plasma impronte
zati per presentare la sua opera in artistiche nei muri di calcestruz-
occasione di mostre personali. Que- zo armato delle varie Unités d’Ha-
sti modelli non hanno precedenti bition applicando degli stampi
nella storia dei modelli d’archi- scolpiti sulle casseforme8.
tettura. Infatti sono concepiti
come calchi degli spazi, privati
delle strutture murarie che li de-
limitano, e mettono in evidenza le
sequenze spaziali e le giunture tra
gli spazi. I modelli di Moretti ma-
terializzano gli spazi di opere di
Antonio da Sangallo il Giovane, Mi-
chelangelo, Palladio, Guarini o
Frank Lloyd Wright e di monumenti
quali la villa Adriana a Tivoli o
la basilica di San Pietro a Roma.
Le fotografie dei modelli sono scat-
tate in calcolatissime condizioni
di esposizione alla luce per accen-
tuare la forma dei volumi spaziali.
14

6. Luigi Moretti, modello dello


spazio interno della chiesa
di San Filippo Neri di Guarino
Guarini, in “Spazio”, dicembre
1952 – gennaio 1953, n. 7, p. 9

7. Luigi Moretti, modello dello


spazio interno di villa Adriana,
in “Spazio”, dicembre 1952 –
gennaio 1953, n. 7, p. 10

8. Luigi Moretti, modello dello


spazio interno della basilica
di San Pietro in Vaticano,
in “Spazio”, dicembre 1952 –
gennaio 1953, n. 7, p. 17
15

9. Luigi Moretti, modello 1 Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura,


dello spazio interno della
chiesa di Santa Maria della Torino, Einaudi, 1956 (quinta edizione),
Divina Provvidenza in Lisbona pp. 36-44. In altri contributi Zevi ricorrerà
di Guarino Guarini, in
“Spazio”, dicembre 1952 –
al disegno con le “macchie nere” per
gennaio 1953, n. 7, p. 17 l’evidenziazione degli spazi. Nel saggio
definisce lo “spazio chiuso” come “vuoto”
10. Luigi Moretti, modello
dello spazio interno (ivi, p. 29), usando “vuoto” anche come
della chiesa di San Giovanni sinonimo di “spazio” (ivi, p. 33).
dei Fiorentini in Roma di
Michelangelo e dell’accademia 2 I disegni di Ostendorf sono rilievi raffigurati
di Scherma di Moretti, secondo criteri grafici tradizionali (cfr.,
in “Spazio”, dicembre 1952 –
gennaio 1953, n. 7, p. 20 Friedrich Ostendorf, Die Deutsche Baukunst
im Mittelalter. Band I. Aufname und
differenzierung der Bautypen, Berlin,
Ernst & Sohn, 1922), mentre i contibuti di
Schmarsow sono spesso privi di illustrazioni.
3 Luigi Moretti, Strutture e sequenze di spazi,
in “Spazio”, dicembre 1952 – gennaio 1953,
n. 7, pp. 9-20. Sul tema dello spazio nell’opera
di Moretti cfr., Bruno Reichlin, Figure della
spazialità. “Strutture e sequenze di spazi”
versus “lettura integrale dell’opera”, in Bruno
Reichlin, Letizia Tedeschi, a cura di,
Razionalismo e trasgressività tra barocco
e informale, Milano, Electa, 2010, pp. 19-59;
Letizia Tedeschi, Algoritmie spaziali. Gli artisti,
la rivista “Spazio” e Luigi Moretti, 1950-1953,
in ivi, pp. 137-177.
4 Moretti, Strutture e sequenze di spazi,
in “Spazio”, cit., p. 10.
5 Ibidem.
6 Ibidem. L’articolo di Moretti è ricordato
in James Stirling, The Functional Tradition
and Expression, in “Perspecta”, 1959, n. 6,
trad. it., La tradizione e l’espressione del
funzionalismo, in Robert Maxwell, a cura di,
James Stirling. Scritti di architettura, Milano,
Skira, 1998, (pp. 79-87), p. 82.
7 Moretti, Strutture e sequenze di spazi,
in “Spazio”, cit., p. 10.
8 Roberto Gargiani, Anna Rosellini, Le
Corbusier: Béton Brut and Ineffable Space,
1940-1965. Surface Materials and
Psychophysiology of Vision, Lausanne,
EPFL Press, London, Routledge, 2011.
Nauman,
o dell’origine
del calco
dello spazio
17

Il calco, o DELla ricerca delle opere il cui prodotto finale è


della mystic truth ottenuto attraverso vari generi di
L’idea di Moretti del calco dello operazioni che possono avere inizio:
spazio, cioè della trasformazione sia da una figura modellata a mano
in solido del vuoto, interessa an- dallo stesso Nauman di cui viene
che gli artisti attivi negli anni eseguito lo stampo prima di ottene-
Sessanta. Nel loro caso si tratta re la scultura; sia dalla creazione
di spazi interstiziali tra degli diretta dello stampo, quindi a par-
oggetti, più simili agli “Spaces in tire dal modellare una figura in ne-
Between”, di cui Jan van Eyck, Her- gativo; sia, infine, dal rilievo di
man Herzberger e Alison e Peter una invisibile porzione di spazio
Smithson scrivono le prime impor- situata sotto qualche mobile. In
tanti considerazioni, che agli spa- tutte le operazioni per arrivare
zi monumentali di Moretti. Dopo le alla scultura e anche nei materiali
riflessioni di Robert Smithson sui selezionati per le varie fasi, Nau-
fossili intesi quali calchi natu- man intende porre interrogativi che
rali1, il primo importante calco vanno dal concetto di modellare, a
concepito come opera d’arte viene quelli di stampo e di calco.
realizzato da Bruce Nauman. Nel corso del 1965, Nauman ini-
Nauman è tra i principali pro- zia a creare le prime sculture a
tagonisti delle diverse espressioni partire sia da un suo modellato, sia
del calco quale ricognizione sugli dallo stampo senza un modellato.
accadimenti dello spazio, sia quel- Nel caso del modellato l’atto
lo fisico che quello introspettivo. creativo iniziale è affidato alla
Alla tecnica del calco, che ha manipolazione di un pezzo di argil-
imparato nel laboratorio di Tio L. la fatto rotolare in avanti e in-
Giambruni presso la Art Faculty del- dietro sotto la pressione delle
la University of California, a Da- mani, come quando il vasaio model-
vis, e di cui discute con William T. la colombini per grandi vasi o un
Wiley e con Robert Arneson, anche bambino lavora il pongo, ma senza
loro professori presso la stessa vi sia da parte di Nauman l’inten-
università, Nauman dedica le opere zione di conferire all’argilla una
eseguite a partire dal 1965 con lo forma geometrica. Quell’atto ele-
scopo di interrogare la natura con- mentare, affidato alla sola pressio-
cettuale di quella operazione, e ne delle mani, come se stesse re-
scoprire i modi per riscattarla plicando, in scultura, il dripping
dall’essere la trascrizione di una di Jackson Pollock, deriva dalla
figura eseguita attraverso uno stam- volontà di sondare la lavorabilità
po. Lo stesso Giambruni, che ha an- dell’argilla e produce una forma
che aperto una fonderia presso l’u- che per le sue caratteristiche Nau-
niversità per insegnare agli man definisce “soft shape”, dove il
studenti il processo tecnico, è im- “soft” va riferito proprio alla na-
pegnato nella discussione sui modi tura dell’argilla quando viene la-
per rinnovare il processo della fu- vorata senza imprimerle una figura
sione metallica2, mentre Wiley pro- determinata. Ma la scultura non è
porrà a Nauman un’opera che darà ancora terminata, perché una volta
luogo ad ulteriori elaborazioni del che l’argilla si è solidificata Nau-
concetto di calco3. man fa intervenire il gesso con cui
Nella ricerca sulla scultura esegue lo stampo di metà della “soft
eseguita attraverso lo stampo, che shape” per poi realizzare l’opera
contraddistingue le attività didat- finale: un calco con dei materiali
tiche della scuola, Nauman propone sintetici, la fibra di vetro e la
18

resina poliestere, che possono es- verticale e dal retro sono visibili
sere usati assieme oppure, nel caso le loro convessità. (figg. 2, 3, 4)
della resina, anche indipendente- Le stesse lavorazioni diverse
mente. (fig. 1) della materia del guscio – il liscio
Nel passaggio dalla “soft sha- della convessità e il rude della
pe” in argilla alla “soft shape” del concavità - possono produrre perce-
calco, la forma diventa o un guscio zioni ambigue, una volta che l’ope-
sottile che presenta due facce, una ra viene esposta. L’ambiguità è raf-
concava e liscia, ottenuta stenden- forzata da Nauman nella scelta dei
do il materiale a contatto con lo colori perché talvolta lo strato
stampo, e una convessa e più rude nella cavità è rosso, mentre quello
perché lavorata a mano, oppure tor- nella convessità è bianco, ed anche
na ad essere un volume come quello se l’opera è appesa alla parete,
1. Bruce Nauman, Untitled, 1965 originario, ma reso trasparente e l’osservatore intuisce l’esistenza
2. Bruce Nauman, Untitled, 1965
3. Bruce Nauman, Untitled, 1965 colorato dalla resina poliestere con di un enigmatico retro significante.
4. Bruce Nauman, Untitled, 1965 pigmenti che in questo caso viene Il fatto che in nessun caso
5. Bruce Nauman, Untitled, 1965
colata nello stampo. Nei due proces- Nauman congiunga i pezzi, come di
si, lo stampo è diverso: nel primo consueto avviene nella scultura a
Nauman usa un semistampo per poter stampo tradizionale (anche nella
stendere il materiale; nel secondo fusione si rileggono i giunti del-
usa uno stampo convenzionale che si lo stampo), sta ad indicare l’in-
richiude per consentire di colare il tensità delle riflessioni degli ar-
materiale. tisti della università a Davis sui
Nella maggior parte delle ope- processi tecnici. Al massimo, qua-
re, Nauman crea delle sculture in si in atto provocatorio, Nauman ac-
forma di semiguscio da appendere costa due pezzi uguali.
alla parete contro cui resta nasco- Solo in rari casi le sue scul-
sta la concavità; per altre opere ture appaiono compiute come quelle
accosta due pezzi ottenuti con lo tradizionali, ma non perché la loro
stesso semistampo, o “double rever- costruzione produce una figura come
se pairing” secondo la sua definizio- quella che si ottiene con uno stam-
ne, in modo che ognuno dei pezzi po in due parti, bensì perché è la
riveli la presenza della sua conca- forma stessa, ad anello schiaccia-
vità - due semicilindri informi to, a proporsi come un universo
stanno sdraiati sul pavimento e si conchiuso che deve essere posizio-
congiungono alla sommità per ricon- nato al muro secondo una precisa
figurare l’originaria “soft shape”, inclinazione – forma la diagonale
oppure i due pezzi sono montati in di un quadrato di 75 x 75 pollici
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(190,5 x 190,5 centimetri). (fig. 5) lore differente (rosso per la ca-


La scultura, in questo caso, viene vità e bianco per la convessità,
eseguita direttamente a partire come in Untitled del 1965). (fig. 6)
dallo stampo, che solitamente è co- Nei passaggi dallo stampo al
struito con compensato e cartone, calco, nel trascorrere di realtà
quindi attraverso il modellare una diverse sulle superfici contrapposte
figura negativa che la fibra di vetro per figure e lavorazioni delle sue
e la resina poliestere colorati opere, nel particolare richiudersi
rendono poi visibile. della forma o nel suo dover stare
Sia nelle sculture eseguite a nello spazio secondo determinate
partire dall’argilla (le “soft sha- angolazioni, si riflette la prima
pe”), sia in quelle eseguite a par- formazione matematica di Nauman, la
tire dallo stampo (in generale det- conoscenza dei numeri positivi e
6. Bruce Nauman, Untitled, 1965 te “hard-edged” per via delle negativi, del concetto di concavo
figure spigolose), Nauman non di e convesso nelle sue applicazioni
rado quando ricorre ai due calchi agli insiemi, alle funzioni, agli
(dunque nel caso del “double rever- angoli, oppure agli inviluppi o in-
se pairing”) espone i due pezzi in volucri convessi. È questa impron-
un determinato rapporto rispetto ta di genere matematico a distin-
alle stanze, con un calco steso sul guere le riflessioni di Nauman sul
pavimento e l’altro tangente di calco rispetto a quelle dei suoi
punta e appoggiato con varie incli- colleghi universitari. La sua ri-
nazioni alla parete. Anche nel caso cerca sulla forma sempre più si
di un solo calco, talvolta la scul- connota di valenze teoriche a sfon-
tura è disposta in modo da formare do matematico e mistico nel tra-
un triangolo isoscele con il pavi- guardo della scoperta di una real-
mento e la parete. I singoli pezzi tà oltre le apparenze visibili. In
e le “double reverse pairing”, pro- questa ricerca, l’intervento del
prio per il loro stare in determi- calcestruzzo apre una enigmatica
nate posizioni nella stanza, non parentesi in cui la tensione con-
solo dimostrano di essere concepi- cettuale evidente nelle premesse
te per il pavimento e la parete, ma con i gusci trasparenti si cristal-
divengono strumenti di definizione lizza in solidi che rischiano di
di quelle entità spaziali, conte- ricondurre Nauman verso un conven-
nendo le premesse per altri generi zionale concetto di scultura.
di calchi di Nauman e di sue per-
formance filmate in video. Lo slant step e i suoi calchi
La serie di opere del 1965 di- Un’opera del 1965, ideata per esse-
mostra che è lo stesso principio re enigmatica, inaugura un nuovo ge-
del calco ad essere rimesso in di- nere di calco di Nauman, che verrà
scussione in quanto transfert di un eseguito sin dal 1966 a partire da
oggetto, come se Nauman intendesse oggetti e non più da un modellato o
scoprire la verità di quella tec- da un negativo. Anche la questione
nica e renderla visibile. Questa dei materiali diverrà complessa e
concettualizzazione del calco av- alcuni principi fissati sino ad al-
viene grazie alla materia scelta lora nella sua produzione verranno
per produrre le opere, la fibra di infranti, sempre per sondare tutte
vetro e la resina poliestere, che le possibilità concettuali ed
genera delle “soft shapes” traslu- espressive di stampo e calco.
cide e policrome, oppure dei gusci L’enigmatica scultura del 1965
aperti privi di consistenza e do- è quella in fibra di vetro e resina
tati di due volti diversi dal co- poliestere, della lunghezza di 100
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7. Bruce Nauman, Untitled, 1965

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