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GIORGIO AGAMBEN, GAIA E CTONIA

UNA VOCE

RUBRICA DI GIORGIO AGAMBEN (http://www. uodlibet.it/una-voce-giorgio-agamben)

Tutti gli interventi

Gaia e Ctonia (28 dicembre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-gaia-e-ctonia)


Capitalismo comunista (15 dicembre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-capitalismo-comunista)
Sul tempo che viene (23 novembre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-sul-tempo-che-viene)
Si è abolito l’amore (6 novembre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-si-bolito-l-amore)
Alcuni dati (30 ottobre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-alcuni-dati)
Un paese senza volto (8 ottobre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-un-paese-senza-volto)
uando la casa brucia (5 ottobre 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben- uando-la-casa-brucia)
Stato di eccezione e stato di emergenza (30 luglio 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-stato-di-eccezione-e-stato-di-emergenza)
Che cos’è la paura? (13 luglio 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-che-cos-u2019-a-paura)
Due vocaboli infami (10 luglio 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-due-vocaboli-infami)
Biosicurezza (11 ma io 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-biosicurezza)
La medicina come religione (2 ma io 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-la-medicina-come-religione)
Sul vero e sul falso (28 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-sul-vero-e-sul-falso)
Nuove ri essioni (22 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-nuove-ri essioni)
Fase 2 (20 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-fase-2)
Una domanda (14 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-una-domanda)
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David Cayley, uestions about the current pandemic from the point of view of Ivan Illich (8 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/david-cayley-
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Distanziamento sociale (6 aprile 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-distanziamento-sociale)
Ri essioni sulla peste (27 marzo 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-ri essioni-sulla-peste)
Chiarimenti (17 marzo 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-chiarimenti)
Contagio (11 marzo 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-contagio)
L’invenzione di un’epidemia (26 febbraio 2020) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-l-invenzione-di-un-epidemia)
Sulla ne del mondo (18 novembre 2019) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-sulla- ne-del-mondo)
Abitare e costruire (9 luglio 2019) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-abitare-e-costruire)
L’arresto di Julian Assange (13 aprile 2019) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-l-arresto-di-julian-assange)
Tre domande su Homo sacer. Edizione integrale (25 ottobre 2018) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-tre-domande-su-homo-sacer-
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L’impero latino (12 giugno 2018) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-l-impero-latino)
Il contadino e l’operaio (27 gennaio 2018) (https://www. uodlibet.it/agamben-contadino-operaio)
Perché non ho rmato l’appello sullo ius soli (18 ottobre 2017 (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-perch-on-ho- rmato-l-appello-
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Che cosa resta? (13 giugno 2017) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-che-cosa-resta)
Studenti (15 ma io 2017) (https://www. uodlibet.it/giorgio-agamben-studenti)

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Gaia e Ctonia

I.

Nel greco classico, la terra ha due nomi, che corrispondono a due realtà distinte se non opposte: ge (o gaia) e
chthon. Contrariamente a una teoria o i di usa, gli uomini non abitano soltanto gaia, ma hanno
innanzitutto a che fare con chthon, che in alcune narrazioni mitiche assume la forma di una dea, il cui nome è
Chthonìe, Ctonia. Così la teologia di Ferecide di Siro elenca all’inizio tre divinità: Zeus, Chronos e Chtonìe e
a iunge che «a Chtonìe toccò il nome di Ge, dopo che Zeus le diede in dono la terra (gen)». Anche se
l’identità della dea resta inde nita, Ge è ui rispetto ad essa una gura accessoria, uasi un nome ulteriore di
Chtonìe. Non meno signi cativo è che in Omero gli uomini siano de niti con l’a ettivo epichtonioi (ctonii,
che stanno su chthon), mentre l’a ettivo epigaios o epigeios si riferisce solo alle piante e agli animali.
Il fatto è che chton e ge nominano due aspetti della terra per così dire geologicamente antitetici: chton è la
faccia esterna del mondo infero, la terra dalla super cie in giù, ge è la terra dalla super cie in su, la faccia che
la terra volge verso il cielo. A uesta diversità stratigra ca corrisponde la di ormità delle prassi e delle
funzioni: chthon non è coltivabile né se ne può trarre nutrimento, sfu e all’opposizione città/campagna e
non è un bene che possa essere posseduto; ge, per converso, come l’eponimo inno omerico ricorda con enfasi,
«nutre tutto ciò che su è chthon» (epi chthoni) e produce i raccolti e i beni che arricchiscono gli uomini: per
coloro che ge onora con la sua benevolenza, «i solchi della gleba che danno vita sono carichi di frutti, nei
campi prospera il bestiame e la casa si riempie di ricchezze e essi governano con giuste le i le città dalle
belle donne» (v.9-11).

La teogonia di Ferecide contiene la più antica testimonianza del rapporto fra Ge e Chthon, fra Gaia e /
Ctonia. Un frammento conservatoci da Clemente Alessandrino, de nisce la natura del loro legame
precisando che Zeus si unisce in nozze con Chthonìe, e, uando, secondo il rito nuziale degli anakalypteria, la
sposa si toglie il velo e appare nuda allo sposo, Zeus la ricopre con «un manto grande e bello», in cui «ha
ricamato con vari colori Ge e Ogeno (Oceano)». Chthon, la terra infera, è dun ue ualcosa di abissale, che
non può mostrarsi nella sua nudità e la veste con cui il dio la ricopre non è altro che Gaia, la terra superna.
Un passo dell’Antro delle ninfe di Por rio ci informa che Ferecide caratterizzava la dimensione ctonia come
profondità, «parlando di recessi (mychous), di fossi (bothrous), di antri (antra)», concepiti come le porte
(thyras, pylas) che le anime varcano nella nascita e nella morte. La terra è una realtà doppia: Ctonìa è il fondo
informe e nascosto che Gaia copre col suo variegato ricamo di colline, campagne orite, villa i, boschi e
gre i.

Anche nella Teogonia di Esiodo la terra ha due facce. Gaia, «base salda di tutte le cose», è la prima creatura
del Chaos, ma l’elemento ctonio è evocato subito dopo e, come in Ferecide, de nito col termine mychos:
«l’oscuro Tartaro nel profondo della terra dalle ampie vie (mychoi chthonos eyryodeies)». Dove la di erenza
stratigra ca fra i due aspetti della terra appare con ma ior chiarezza è nell’ Inno omerico a Demetra. Già
all’inizio, uando il poeta descrive la scena del rapimento di Persefone mentre raccoglie ori, Gaia è evocata
due volte, in entrambi i casi come la super cie orita che la terra volge verso il cielo: «le rose, i crochi, le
belle violette in un tenero prato e gli iris, i giacinti e i narcisi che Gaia fa crescere secondo la volontà del dio»
… «al profumo del ore tutto il cielo in alto e la terra sorrisero». Ma proprio in uell’istante, «chthon dai vasti
sentieri si spalancò (chane) nella piana di Nisio e ne uscì (orousen) coi suoi cavalli immortali il signore dai
molti ospiti». Che si tratti di un movimento dal basso verso la super cie è sottolineato dal verbo ornymi, che
vale «sorgere, alzarsi», uasi che dal fondo ctonio della terra il dio a orasse su Gaia, la faccia della terra che
guarda verso il cielo. Più avanti, uando è la stessa Persefone a narrare a Demetra il suo rapimento, il
movimento si inverte e ad aprirsi è invece gaia (gaia d’enerthe koresen), perché «il signore dai molti ospiti»
potesse trascinarla sotto terra col suo carro d’oro (vv.429-31). È come se la terra avesse due porte o aperture,
una che si apre dal profondo verso Gea e una che da Gea conduce nell’abisso di Ctonia.

In realtà non si tratta di due porte, ma di una sola soglia, che appartiene interamente a chthon. Il verbo che
l’inno riferisce a Gaia, non è chaino, spalancarsi, ma choreo, che signi ca semplicemente «far posto». Gaia non
si apre, ma fa posto al transito di Proserpina; l’idea stessa di un passa io tra l’alto e il basso, di una
profondità (profundus: altus et fundus) è intimamente ctonia e, come la Sibilla ricorda ad Enea, la porta di
Dite è innanzitutto rivolta verso l’infero ( acilis descensus Averno…). Il termine latino corrispondente a chthon
non è tellus, che designa un’estensione orizzontale, ma humus, che implica una direzione verso il basso (cfr.
humare, seppellire), ed è signi cativo che da esso sia stato tratto il nome per l’uomo (hominem appellari quia sit
humo natus). Che l’uomo sia “umano”, cioè terrestre, nel mondo classico non implica un legame con Gaia, con
la super cie della terra che guarda il cielo, ma innanzitutto un’intima connessione con la sfera ctonia della
profondità.

Che chthon evochi l’idea di un varco e di un passa io è evidente nell’a ettivo che in Omero e in Esiodo
accompagna costantemente il termine: eyryodeia, che si può tradurre «dall’ampia via» solo se non si
dimentica che odos implica l’idea del transito verso una meta, in uesto caso il mondo dei morti, un via io
che tutti sono destinati a fare ( è possibile che Virgilio scrivendo acilis descensus si sia ricordato della formula
omerica).
A Roma un’apertura circolare detta mundus, che secondo la le enda era stata scavata da Romolo al
momento della fondazione della città, metteva in comunicazione il mondo dei vivi con uello ctonio dei
morti. L’apertura, chiusa da una pietra detta manalis lapis, veniva aperta tre volte l’anno, e in uei giorni, nei
uali si diceva che mundus patet, il mondo è aperto e «le cose occulte e nascoste della religione dei mani erano/
portati alla luce e rivelati», uasi tutte le attività pubbliche erano sospese. In un articolo esemplare, Vendryes
ha mostrato che il signi cato originale del nostro termine “mondo” non è, come si era sempre sostenuto, una
traduzione del greco kosmos, ma deriva appunto dalla soglia circolare che dischiudeva il “mondo” dei morti.
La città antica si fonda sul “mondo” perché gli uomini dimorano nell’apertura che unisce la terra celeste e
uella sotterranea, il mondo dei vivi e uello dei morti, il presente e il passato ed è attraverso la relazione fra
uesti due mondi che diventa possibile per essi orientare le loro azioni e trovare ispirazione per il futuro.
Non soltanto l’uomo è legato nel suo stesso nome alla sfera ctonia, ma anche il suo mondo e lo stesso
orizzonte della sua esistenza con nano con i recessi di Ctonia. L’uomo è, nel senso letterale del termine, un
essere del profondo.

II.

Una cultura ctonia per eccellenza è uella etrusca. Chi percorre sgomento le necropoli sparse nelle campagne
della Tuscia percepisce immediatamente che gli etruschi abitavano Ctonia e non Gaia, non solo perché di
essi ci è rimasto essenzialmente uanto aveva a che fare coi morti, ma anche e innanzitutto perché i siti che
hanno scelto per le loro dimore – chiamarle città è forse improprio – se pure stanno in apparenza sulla
super cie di Gaia, sono in realtà epichthonioi, sono di casa nelle profondità verticali di chthon. Di ui il loro
gusto per gli antri e i recessi scavati nella pietra, di ui il loro prediligere le alte forre e le gole, le erte pareti
di peperino che precipitano verso un ume o un torrente. Chi si è trovato di colpo di fronte a Cava Buia
presso Blera o nelle vie infossate nella roccia a S. Giuliano sa di non trovarsi più sulla super cie di Gaia, ma
certamente ad por am inferi, in uno dei varchi che penetrano nei declivi di Ctonia.
uesto carattere inconfondibilmente sotterraneo dei luoghi etruschi, se paragonato ad altre contrade
d’Italia, si può anche esprimere dicendo che ciò che abbiamo davanti agli occhi non è propriamente un
paesa io. L’a abile, consueto paesa io che si abbraccia serenamente con lo sguardo e scon na
nell’orizzonte appartiene a Gaia: nella verticalità ctonia ogni paesa io dilegua, ogni orizzonte scompare e
lascia il posto al volto e erato e mai visto della natura. E ui, nelle ro e ribelli e nei baratri, del paesa io
non sapremmo che farcene, il paese è più tenace e in essibile di ogni paesa istica pietas – alla porta di Dite
il dio si è fatto così vicino e tetragono da non esigere più religione.
È per uesta irremovibile dedizione ctonica che gli Etruschi hanno costruito e vegliato con così assidua
premura le dimore dei loro morti e non, come si potrebbe pensare, all’inverso. Non amavano la morte più
della vita, ma la vita era per essi inseparabile dalla profondità di Ctonia, potevano abitare le valli di Gaia e
coltivarne le campagne solo se non dimenticavano mai la loro vera, verticale dimora. Per uesto nelle tombe
incavate nella roccia o nei tumuli noi non abbiamo a che fare soltanto coi morti, non immaginiamo solo i
corpi adagiati sui vuoti sargofagi, ma percepiamo insieme le movenze, i gesti e i desideri dei vivi che li hanno
costruiti. Che la vita sia tanto più amabile uanto più teneramente custodisce in sé la memoria di Ctonia,
che sia possibile edi care una civiltà senza mai escluderne la sfera dei morti, che vi sia fra il presente e il
passato e fra i viventi e i morti un’intensa comunità e una continuità ininterrotta – uesto è il lascito che
uesto popolo ha trasmesso all’umanità.

III.

Nel 1979, James E. Lovelock, un chimico inglese che aveva attivamente collaborato ai programmi della NASA
per le esplorazioni spaziali, pubblicò Gaia: a New Look at Life on Earth. Al centro del libro è un’ipotesi che un
articolo scritto con Lynn Margulis cin ue anni prima sulla rivista Tellus aveva anticipato in uesti termini:
«l’insieme degli organismi viventi che costituiscono la biosfera può agire come una singola entità per regolare
la composizione chimica, il Ph super ciale e forse anche il clima. Chiamiamo ipotesi Gaia la concezione della
biosfera come un sistema attivo di controllo e di adattamento, capace di mantenere la terra in omeostasi». / La
scelta del termine Gaia, che fu su erita a Lovelock da William Golding – uno scrittore che aveva
magistralmente descritto la perversa vocazione dell’umanità nel romanzo Il signore delle mosche – non è certo
casuale: come l’articolo precisa, gli autori identi cavano i limiti della vita nell’atmosfera e si interessavano
«solo in misura minore dei limiti interni costituiti dall’interfaccia fra le parti interne della terra, non
so ette all’in uenza dei processi di super cie» (p. 4). Non meno signi cativo è, tuttavia, un fatto che gli
autori non sembrano – almeno in uel momento – considerare e, cioè, che la devastazione e l’in uinamento
di Gaia hanno ra iunto il loro massimo livello proprio uando gli abitanti di Gaia hanno deciso di trarre
l’energia necessaria ai loro nuovi e crescenti bisogni dalle profondità di Ctonia, nella forma di uel residuo
fossile di milioni di esseri viventi vissuti in un remoto passato che chiamiamo petrolio.
Secondo ogni evidenza, l’identi cazione dei limiti della biosfera con la super cie della terra e con l’atmosfera
non può essere mantenuta: la biosfera non può esistere senza lo scambio e “l’interfaccia” con la tanatosfera
ctonia, Gaia e Ctonia, i vivi e i morti devono essere pensati insieme.
uello che è avvenuto nella modernità è, infatti, che gli uomini hanno dimenticato e rimosso la loro
relazione con la sfera ctonia, non abitano più Chthon, ma soltanto Gaia. Ma uanto più eliminavano dalla
loro vita la sfera della morte, tanto più la loro esistenza diventava invivibile; uanto più perdevano ogni
familiarità con le profondità di Ctonia, ridotta come tutto il resto a o etto di sfruttamento, tanto più
l’amabile super cie di Gaia veniva progressivamente avvelenata e distrutta. E uello che abbiamo o i sotto
gli occhi è l’estrema deriva di uesta rimozione della morte: per salvare la loro vita da una supposta, confusa
minaccia, gli uomini rinunciano a tutto ciò che la rende degna di essere vissuta. E alla ne Gaia, la terra
senza più profondità, che ha perso ogni memoria della dimora sotterranea dei morti, è ora integralmente in
balia della paura e della morte. Da uesta paura potranno guarire solo coloro che ritroveranno la memoria
della loro duplice dimora, che ricorderanno che umana è solo uella vita in cui Gaia e Ctonia restano
inseparabili e unite.

28 dicembre 2020
Giorgio Agamben
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