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PER CAPIRE IL DESIGN Gli oggetti non sono oggetti 

Gli oggetti non sono e non sono mai stati soltanto “oggetti”, cioè strumenti per realizzare semplici
operazioni di lavoro, ma molto spesso diventano tramite metaforico e simbolico. Per questo
motivo possiamo dire che non esiste una “storia ufficiale degli oggetti”; la stessa storia del design
viene sempre ristretta al periodo dell’ industrial design, cioè a quella particolare attività di
progetto e di produzione nata nell’ambito della rivoluzione industriale, caratterizzata dall’uso di
tecnologie avanzate e di produzione di serie. Se così fosse la storia del design comincerebbe dai
primi decenni del XX secolo, ed escluderebbe cioè che è successo nei precedenti tremila anni. La
linea evolutiva degli oggetti non si è mai interrotta, neppure con l’avvento della rivoluzione
industriale, ha soltanto cambiato forme e materiali, ma il ricco rapporto che ha sempre legato
l’uomo agli oggetti, è rimasto sostanzialmente immutato. Capire il design e la storia degli oggetti è
solo apparentemente una vicenda fatta di sedie e di tavoli, ma al suo interno è racchiusa una
storia più grande, fatta di idee e relazioni sociali. L’uomo primitivo viveva immerso in un ambiente
“integrato” dove non esisteva una distanza reale tra il mito e la natura, il tutto era avvolto da una
realtà densa d i c u i e g l i n o n a v e v a m a i u n a v i s i o n e e s t e r n a .
G l i o g g e tti p r i m o r d i a l i appartenevano a questa condizione integrata, opaca che li
rende indispensabili e dallo stesso tempo superflui. L’uomo del XXI secolo vive una condizione
opposta rispetto a quella “integrata” dei primitivi: dentro un ambiente “opaco” fatto di merci,
servizi, informazioni, esperienze concettuali e materiali, all’interno di una metropoli che è
diventata un tessuto infinito privo di esterno. Per loro stessa natura gli oggetti costituiscono una
sorta di “liquido lubrificante”, l e g g e r i e r e v e r s i b i l i e s s i s o n o i n g r a d o d i
r i s p o n d e r e a i p r o c e s s i d i rifunzionalizzazione cui la città contemporanea deve
essere quotidianamente sottoposta per sopravvivere a se stessa. Così in opposizione alle mega-
strutture spesso inefficienti della modernità del XX secolo, emerge nel XXI secolo un universo di
“possibilità mobili” che è l’unico in grado di dare una risposta alle urgenze di una società come la
nostra, che deve“ riformarsi” continuamente per superare lo stato di crisi permanente costituito
dalla sua stessa crescita. Dunque gli oggetti nel loro insieme sono diventati s t r u m e n t o
f o n d a m e n t a l e p e r g a r a n ti r e i l f u n z i o n a m e n t o d e l l e
c i tt à contemporanee. A differenza dell’architettura che per sua natura è sempre rappresentata
da “un progetto unico” l’universo degli oggetti è il risultato di uno sciame di progetti minori,
molteplici che nostre abitazioni convivono in prodotti di serie e artigianali,

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