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scuola di Roma. E questo da subito dal 1927 quando si istituisce per mano di
Gustavo Giovannoni. Di Giovannoni avremo modo di tornare pi avanti, oggi
fate solo conto che che tuttal a didattica romana si impostata su una
formazione dellarchitetto che si voleva integrale, ovvero una formazione non
pi suddivisa tra competenze scientifiche ed artistiche. Cos poi capirete
anche voi che il suggerimento di Quaroni per un corso di caratteri che
comprenderebbbe in modo unitario tanto gli insegnamenti statico costruttivi
a quelli distributivi fino a qulli stilistici non giunge nuova.
Ma anche senza bisogno di ritornare fino al Giovannoni e restando al corso di
caratteri distributivi impartito a Roma qualche numero prima di metron
francesco Basile, tiene un obituary su Enrico Calandra che era stato il titolare
di quel corso. Centrale nella rievocazione di quel grande educatore, dalle
parole del basile, proprio il corso di Caratteri degli edifici tenuto da
Calandra nellateneo romano che non vi stupir poi tanto, ancora incentrato
contro un insegnamento di tipo manualistico che tendeva a parcellizzare la
conoscenza del fenomeno architettonico sezionandolo come un organismo
inanimato. Per Basile al Calandra era attribuibile il decisivo passaggio
dallintendere lopera di architetturca come anatomia a fisiologia e quindi
limpossibilit a giungere a una formula ideale in senso generale e assoluto
come nei fatti era invece intenzione della manualistica ottocentesca che po
devivava da qulla tensione universalistica ed enciclopedica del settecento. E
come potete capire anche voi il fondo poi il medesimo dello scritto di
Quaroni. Di Calandra ho per voluto parlarvi anche perch lo ritroveremo
quando parleremo di Saveri oMuratori che ne rilever ancora una volta
limportanza per la sua stessa posizione.
Bene, detto questo provate ora a confrontare quanto scriver invece Carlo
Aymonino nel 2 dicembre 1963 a introduzione del programma del medesimo
corso di caratteri distriibutivi. Adirittura si prospetta la auspicabile scomparsa
del corso del corso stesso come disciplina autonoma, perch in fin dei conti
dice Aymonino
venuta meno il ruolo informativo e normativo che la
manualistica, da cui il corso derivava, assolveva. Ruolo che oggi continua
Aymonino svolto da riviste e pubblicazioni specializzate e convegni. Cos se
non pi posssiblie intendere i caratteri distriubutivi come un continuo
aggiornamento di regole come era in origine bisogner allora innanzitto
collegare lo studio dei caratteri distibutivi allinsegnamento della
composizione architettonica e alla storia dellarchitettura attraverso una serie
di ricerche operative. Ma se congeliamo per un momento il carattere
operativo, sul campo attraverso cui queste ricerche avrebbero dovuto
svolgersi, quella tensione a ricompattare la nozione di caratteri distibutivi alla
storia e alla composizione non poi la stessa che chiedeva Quaroni? E quindi
la stessa di Calandra? Non penso che ci possano essere dubbi su questo e se
poi ci aggiungete anche il fatto che lo stesso Aymonino romano, formatosi
nella scuola di Giovannoni e Calandra. Ma su questo vedrete ritorneremo
ancora. (si persa per strada la compnente costruttiva, ingegneresca, ma
sono anche passati venti anni dal dopoguerra e la tecnica e lingegneria
hanno via via assunto una propria autonomia nella facolt di architettura non
pi mediabile).
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conservatore del canone classicista come direttore della Academie de BeauxArts, ma anche tale posizione in parte viziata dalla avversit del fronte
goticista cui il Quatremre sempre si oppose.
Piuttosto dobbiamo ricordare che lautore del Dizionario storico di
architettura, che di estrazione borghese e che nel 1776 compie il
pellegrinaggio in Italia sulle tracce degli antichi, che lo si sa a Roma dove
intraprende una accanita lotta contro il cattivo gusto dei discepoli del Bernini
e del Borromini in nome del culto dellantico. Intorno a lui si raccolgono il
Mengs, il Piranesi. Visita Napoli in compagnia di David e diverr amico di
Canova verso cui nutrir sempre una profonda ammirazione. Per quanto
riguarda la definizione di tipo mi basta che vi ricordiate come definisca la
tipologia in opposizione alla nozione di modello. Dove il modello preciso e
dato, unico, specifico, la tipologia vaga e non costringe alla rassomiglianza
formale che invece il modello esige. Da questo si deduce che il modello non
pu che essere reale, mentre il tipo non coincidendo con nessuna opera
specifica non pu che essere ideale. E per chiaro che esso si sia definito
storicamente dalla successione di tutte le singole opere. Della definizione di
tipo basti questo e per importante notare come tale definizione muova
dalla affermazione di un principio imitativo che per larchitettura tende ad
essere di natura ideale, astratta. Larchitettura non potendo imitare
direttamente la natura come la pittura o la scultura e quindi non potendo
servirsi di modelli reali si vede costretta ad fare ricorso ad un modello
immaginativo ovvero il tipo, senza che questo ne pregiudichi il suo statuto di
arte imitativa che allora era condizione da cui non si poteva prescindere e
che il Quatremre intendeva comunque confermare.
Ora questo rapporto imitativo che procede per via di astrazione e
generalizzazione, attraverso un sistema di trasposizione ideale non dissimile
da quello messo in atto dalla scrittura e di cui infine il tipo diviene il concetto
cardine che dovrete tenere bene presente quando pi avanti vedremo come
Rossi, Grassi e tutti i loro allievi faranno ricorso a questa nozione. Ma gi da
ora possiamo definire questo programma come essenzialmente non
storicistico. Seppure nei fatti Quatremre mai abbia messo in dubbio la
preminenza della architettura greca il sua definizione di un metodo di
astrazione si differnezia sostanzialmente da quello di un Winckelmann o di un
Goethe che eleggevano in breve larte greca a modello.
Ma di Quatremre abbiamo parlato anche troppo. Su questi temi vi rimando
al saggio di Teyssot che fa da introduzione alla ristampa di alcune voci del
Dizionario per i tipi di Marsilio.
Di suoi progetti ricordate almeno la trasformazione della antica chiesa di San
genevieve in Pantheon degli uomini illustri a Parigi vicino alla Sorbona o
lambone nella chiesa di San German des Pres sempre a Parigi, ma sono poco
significativi. Meglio allora associare il suo nome a quello di David di cui vi
avevo fatto vedere il giuramento degli Orazi e ora il Bruto o alcune opere di
Canova forse il suo artista prediletto. Qui vediamo.... e la gipsoteca di
Possagno a mo di Pantheon. O lorto botanico di Palermo di Leon Duforny
amico del Quatremere che imposta a Palermo una linea neogreca che poi
attecchir e ritroveremo in opere molto importanti come il Teatro Massimo
del Basile.
Ma chi si pu dire prenda i concetti del Quatremere e si sforzi di portarli da
un piano di dissertazione a uno pi operativo e divulgativo Durand. Ora il
rapporto non per diretto.
Quatremere come vi dicevo direttore dellAcademia di Beaux-Arts Durand
insegna alla Ecole Royale Polithecnic. E questo gi forse vi dice subityo come
il problema speculativo, metafisico sullo statuto di arte imitativa
dellarchitettura siaestraneo alla riflessione del Durand. Di Durnad infatti non
saranno definizioni che dovrete ricordare, ma un metodo. Un metodo
compositivo. Andiamo con ordine. Durand lavora nellatelier di Boulle. Su
Boulee ritorneremo quando si parler di Rossi e allora faremo riferimento alla
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del volume dello Choisy e sulla scorta di quanto fatto dal francese anche
Giovannoni dar alle stampe una Arte di costruire presso i romani che della
versione francese ricalca lo schema quasi inutile. Cos come mi pare di
poco interesse soffermarci sulla prefernza accordata dal Giovannoni alla
architettura romana a differenza di quella greca o gotica. Sempre tali
preferenze trndono a seguire motivazioni contingenti legate anche alla storia
personale mi sembra. Anzi logica pare la preferenza di uno studioso romano
per quelle architetture che costiutiscono non solo il propio ambiente, ma
anche il lascito pi significativo della propia civilt.
E per in questi termini il contributo del Giovannoni risulterebbe cicroscritto a
quello di continuatore o importatore italiano della posizione dello Choisy. In
realt mi sembra di poter affermare che il Giovannoni faccia compiere alla
posizione espressa dallo Choisy e prima dal Viollet-le-Duc un decisivo passo
in avanti. Perch se fate mente a quanto vi era stato detto a propoisto della
posizione espressa da Viollet-le-Duc e poi dallo Choisy lindividuazione della
logica costruttica come elemeto centrale nella definizione storica di una
prassi edilizia ancora nella Historie restava in un certo qual modo sospesa
sopra il contesto storico geografico. Lo Chosiy si detto ricorrer alla nozione
di raggruppamento pittorico ma sentite anche voi la debolezza di un tale
escamotage, che per gi indica il problema. E Giovannoni infatti in maniera
pi sistematica introdurr la nozione di ambiente dei monumenti e legher
in modo organico il momento strutturale e spaziale del singolo edificio al suo
contesto di appartenenza. Insomma struttura interna e ambiente concorrono
alla definizione dellorganimo architettonco ricomponendo quellunit che
tutto il pensiero illuministico nella sua ansia classificatoria aveva messo in
crisi. E in fin dei conti la ricerca di questa unit di cui lopera di architettura
ne era sintesi era uno degli obiettivi cui la figura dellarchitetto integrale
portata avanti dal Giovannoni e che in breve divent limprinting ideologico
delle nuove Scuole Superiori di Architettura doveva tendere. Qual il punto
centrale di questa apertura del Giovannoni alle tematiche contestuali? La
ricomposizione nella concezione di organismo di tutta quella storia delle citt
e dei territori che fino ad allora era stata estromessa dallo studio
dellarchitettura. La citt e lurbanistica fanno il loro ritorno nella pratica
architettonica che non pi mera applicazione di stili e di ordini, ma un
organismo totale che cresce insieme alla storia delle citt e della civilt
materiale di cui espressione. Su tali basi si imposter, con altra analiticit e
tensione intellettuale, il lavoro di Saverio Muratori. Per le basi sono ormai
poste. E prestate attenzione che una tale posizione nonostante si possa
considerare la posizione egemone, ovvero quella che si impone nella capitale
e che dovrebbe essere estesa a tutte le altre Scuole superiori secondo lidea
giovannoniana sar tipica della scuola romana. Anzi potremmo addirittura
spingerci a sostenere che la nozione di contesto sia originariamente romana.
Francoise Choay assai acutamente rileva come nel Giovannoni tendano a
riassumersi tanto le tematiche di origine strutturale del Choisy quanto
quellarte di costruire le citt che era stata dellurbanistica del Sitte. chiaro
che impostato il problema dellorganismo architettonico in questi termini le
distinzioni tra pratica urbanistica, architettonica o di restauro tenderanno a
coincidere a sovrapporsi rompendo i consueti steccati disciplinari. E cos
quando sentirete parlare pi avanti Giuseppe Samon di unit architettura e
urbanistica o Carlo Aymonino della nozione della citt per parti, ma perch
no, con tutti i distinguo del caso, anche Gregotti di area milanese del
territorio dellarchitettura saprete a quale punto della storia riannodare il filo
di tali affermazioni. A Giovannoni appunto.
Resta per ancora un nodo aperto e di grande importanza quello della storia.
Perch chiaro che pi lopera architettonica si definisce nel suo essere
organismo strutturale e spaziale espressione compiuta e razionale di una
data civilt, di una data epoca, di un dato ambiente geografico pi questo
non potr essere disgiunto dal suo essere innanzittutto fatto storico. Capite
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almeno il loro eclettismo. E fate conto che i lavori di laurea erano almeno per
i primi anni seguiti dal Giovannoni stesso. Che cosa possiamo affermare. Che
forse tale posizione nonostante tutto ancora fosse lontana da una sua
applicazione didattica o meglio che ancora stentavano a mettersi in luce le
sue possibilit produttive di progetto del nuovo. Pensate allopposto lestrema
semplicit di applicazione del metodo durandiano. E per quello era staccato
dalla storia qui sembrava propio la storia a bloccare le possibilit produttive.
Fino a quando si trattava di impadronirsi della logica costruttiva-spaziale alla
base delle terme romane il metodo sembrava funzionare e i disegni del
Fasolo sembrnao testimoniarlo, quando poi si passava alla composizione e
alla progettazione il metodo sembrava non offire appigli, si era cos costretti
a navigare a vista opando di volta in volta o per la moda di turno o per la
tradizione pi vieta a secondo della sensibilit individuale e via cos tra
camoufage razioanlisti e barocchetto, classicismo e pittoresco. E badate che
questa sar una malattica cronica della formazione a Roma. Ora questa
digressione sulla stato della scuola romana ai tempi del Giovannoni, che a voi
sar magari parsa inutile non fine a se stessa, perch propio nella
capacit di raccordare la capacit descrittiva della nozione storico costruttiva
di derivazione dello Choisy e di Giovannoni alle sue possibilit operative che
si fonda la nozione di tipo del Muratori.
E cos siamo ritornati al concetto di tipo.
Comune al Giovvannoni e per il Muratori la nozione di organismo
architettonico ora fate bene presente che nellaccezzione muratoriana tale
nozione di organismo architetonico che si identifica con il gesto costruttivo e
quindi spaziale non ha connotati semplicemente meccanicistici legati alla
tecnica delle costruzioni ma una azione che ha gi in se finalita espessive.
Insomma a differneza dello Choisy per cui larchitettura era spogliata delle
sue connotazioni espressive per essere ricondotta a quella verit costruttiva
che era la sua unica verit per il Muratori, sulla scorta del Giovannoni c un
unico processo organico che tiene insieme la tecnica allo stile e quindi il
momento strutturale a quello distributivo fino alla sua espressione. E anzi
proprio la culturra illuministica da cui derifva lattuale funzionalismo ad aver
erroeneamete prodotto la separazione dei diversi ambiti secondo un criterio
di settorializzazione e specializzazioni che ha prodotto la rottura della
primigenia unit che il Muratori non esita a definire propria della tradizione
classica.
La ricomposizione di tale unit sar affidata al concetto di tipo, che propio in
alternativa a quella concezione ideale e a posteriori che avevamo vista
definita dal Quatemere, si identificher come un organismo edilizio che
scaturisce direttamente dalle esigenze reali di una civilt riunendo in se
stesso tanto gli aspetti tecnici e costruttivi, quanto quelli spaziali ed
espressivi e si presenta quindi come lespressione pi adeguata e corretta
della razionalita edilizia di quella data societ. Capirete come un tale
concetto non si determini dal confronto dei differenti esmpi e delle singole
architetture, ma sia un processo generativo sempre in atto, espressione
sintetica di quella civilt in quel momento storico e come tale a priori del
processo creativo vero e proprio. Insomma sembra dirci il Muratori che alle
maestranze comacine il tipo chiesastico non fosse una nozione da ricavare
attraverso il confronto con i differneti esempi ma fosse un principio attivo gi
insito nella loro cultura materiale e spiriutale e che indicava nei termini pi
esatti e chiari la linea da tenere.
E i termini sono ancora quelli quelli crociani della coincidenza di intuizione ed
espressione, dove lespressione gi una forma di conoscenza. Il tipo
quindi una forma di conoscenza attiva, dove nellilluminismo avevamo ben
distinto il momento della classificazione ovvero il momento conoscitivo da
quello produttivo della elaborazione ideale del tipo in muratori li abbiamo
uniti.
E s perch anche la nozione di tipo del Quatremere aveva una capacit
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interna che regola il tipo, verificata dal tema della cappella in muratura, a
quella di tipo visto nella sua realzione con il tessuto e quindi con il farsi
storico della citt. Questi lavori sono direttamenti derivanti dalla applicazione
sul contesto veneziano che aveva portato a quella Operante toria per Venezia
e infatti nel 1963 sar pubblicati anche gli Studi per una operante storia
uraban di Roma. Ora lesercizio prevede in breve la progettazione di un
tessuto edilizio, privo di emergenze, atto a ricostruire , riammagliare quelle
parti di citt in cui o incongrui interventi moderni sui tessuti storici,
superfetazioni, o nel caso opposto situazioni di periferia in cui ancora non
leggibile un chiaro principio insediativo, impediscono il naturale processo
evolutivo della citt. Insomma un progetto di reatauro urbano,
unoperazione di chirurgia ricostruttiva differnete nei fatti, ma non nello
spirito da quel principo del diradamento con cui Giovannoni aveva la
presunzione di ripristinare loriginaria leggibilit del ambiente urnabano. E
badate che non un caso che Muratori si applichi proio su una area centrela,
appuniot quella di Tor di nona che era stata interessata anche delle
asttenzioni del Giovannoni.
Quale la procedura? Ora sia che si lavori in un area centrale, appunto Tor di
Nona, sia che invece il punto di applicazione sia lestrema periferia est di
Roma, appunot Centocelle, la metodologia la medesima, solo cambiano le
scale degli interventi. A una attenta analisi in serie storica dei percorsi e dei
tessuti fa seguito una altrettanto precisa analisi dei tipi edilizi che
compongono tali tessuti fino a ricostruirne il processo evolutivo. Questo
porter ad individurare i tipi attraverso cui lo studente sar in grado di
elaborare il proprio progetto di riammaglaimento, che a questo punto,
proirpio in virt di quella accezzione di tipo che avevamo visto prima e che si
spinge fino a comprendere anche la nozione stilistica, non potr che
completare il tessuto esistente nel modo pi coerente possibile fino ad
adeguarsi anche nei caratteri stilistici. Caratteri che a Roma guarda caso
fanno riferimento a quellarea plastico-muraria a cui si doveva riferire la
cappella in muratura. chairo che in un ambito di periferia il problema sar
quello di trovare le leggi interne di espansione dellorganismo esistente della
citt e quindi studiarne lapplicazione su aree in cui la cultura moderna ha
perseguito ipotesi di negazione dei principi di espansione della citt
producendo fratture e vuoti. Ora questi lavori hanno un loro antecedente non
solo negli Studi per una operante storia urbana di Venezia, ma anche nei tre
progetti presentati al concorso per il quartiere CEP alle Barene di San
Giuliano: uno per ogni fase evolutiva del tessuto edilizio della citt lagunare.
E con questo ritengo esaurito largomento Muratori e la sua nozione di tipo.
Solo ci resteranno da vedere alcune sue opere, ma preferisco inserirle nel pi
ampio dibattito che in quegli anni coinvolge la cultura architettonica italiana,
ovvero il problema delle tradizioni e delle preesistenze ambientali.
Lezione V, 30 marzo 2011
Tra tradizione e preesistenze ambientali
Appunti sul dibattito architettonico in Italia tra gli anni cinquanta e
gli anni sessanta
Se avete prestato caso alle date, con la didattica di Saverio Muratori siamo
arrivati giusto a quegli anni sessanta da cui eravamo poi partiti con la
definizione di tipologia data da Giulio Carlo Argan che del Quatremere si pu
dire che riprendesse la struttura concettuale. Ora se ripercorrete quanto
abbiamo visto vi accorgerete per che in fin dei conti di quella tradizione
neoclassica, tanto positiva quanto ideale, da cui lArgani aveva ripreso il
concetto di tipologia e che abbiamo vista cos ben espressa dal Prcis di
Durand, non abbiamo pi fatto cenno. E questo perch gi con il manuale del
Guadet che pu essere visto come laltro grande manuale coevo a quello
dello Choisy, quella linea si andava sempre pi smorzando nei suopi istituti
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facevo vedere questo progetto dei BBPR per la citt corporativa di Pavia per
concludere propio con la casa del Fascio di Terragni e con la citt universitaria
di Roma in cui addirittura sembrano cadere le discriminanti linguistiche tra
razionalisti e classicisti. Se il piano e il rettorato sono di Piacentini
partecipano anche numerosi razionalisti tra cui proprio quel Pagano direttore
di Casabella. Ma molto esaustivi del clima sono questi progetti per Palazzo
del Littorio a Roma di cui vediamo i progetti a e B del gruppo di Terragni. Gli
unici non fascisti erano Persico e De Finetti, ma questo ve lo dico gisuto a
titolo di cronaca.
Ora alla fine della guerra come vi divevo si pone il problema di come fare i
conti con quanto fatto sotto il regime e Rogers decide che nonostante gli
errori intercorsi e di cui molti avevano pagato di persona, Banfi la prima B
della sigla BBPR era morto in cmapo di concentramento, Rogers era costreoo
a rifugiarsi in Svizzera, Terragni era morto volontario in Russia, Pagano il
direttore di Casabella anche egli in campo di concentramento, bisognasse
non rinnegare la battaglia allora sostenuta per laffermazione del movimento
moderno e quindi porsi in Continuit con quanto alla sostenuto almeno in
ambito architettonico. E difatti aggiunger in clace il sostentivo contiunit
alla testata Casabella quando nelgi anni cinquanta ne diverr direttore.
Guardate il primo progetto dei BBPR dopo la guerra. Il monumento ai morti
nei campi di stermio. E guardate se nella sua dichiarata ripresa di qeul
linguaggio neoplastico che era stato una delle compnente eroiche
dellavanguardia moderna, pensate a Mondrian, a Van Doesburg o Reitveld,
non vi si dichiarasse la scelta di proseguire comunque sulla strada che era
stata la strada della cultura moderna. Fate conto che questa soluzione
propria di Milano. A Roma le cose hanno subito un altro percorso. Perch non
vi era una tradizione moderna da salvare. A Roma il fascismo coincideva con
Marcello Piacentini e con quel tronfio calssicismo imperiale con cui dopo gli
iniziali tentennamenti Mussolini aveva deciso di far coincidere limmagine
architettonica del regime. E quindi era pi facile fare pulizia e riniziare
nuovamente e difatti Brunio Zevi tornato da Harvard dove aveva conosciuto
Gropius aveva importato in itlaia larchitettura organica di Frank Loyd Wright
che a differenza del fascismo non era macchiata da scorie ideologiche
compomettenti. Ma occorre che corriamo perch se congeliamo per un
momento quello che avviene in ambito architettonico e ci rivolgiamo al pi
generale contesto italiano la prima risposta di ordine poetico che in rapporto
al contesto materiale la culturale resistenziale aveva fatto sorgere, e
dobbiamo aggiungere che anzi licubazione aera iniziata ancora negli del
fascismo, stata il neorealismo. Di cui non parleremo, ma penso che tutti
conosciate i nomi di Rossellini e Visvonti e De Sica. Ora tale indirizzo poetico
da associarsi alle prime pubblicazioni che andavao uscendo degli scritti del
Carcere di Gramsci. E ai suoi ragionamenti intorno al concetto di tradizione e
al nazional popolare. E difatti questi erano i temi anche per larchitettura,
solo tradotti in modo pi letterale, pi ingenuo verrebe da dire. Questo che vi
faccio vedere il quartiere Tiburtino di Ridlofi e Quaroni oltre a molti altri
collaboratori tra cui vi segnalo quel Carlo Aymonino che ritroverero a Venezia
con Aldo Rossi. Guradate il ritorno dei tetti a doppie falde, in alto quel
graticcio a chiudere gli spazi per stendere e poi come questa immersione
rigenerante nel mondo popolare si applichi anche alla tipologia attreverso
lescamotage di differenziare la strada pedonale da quella deputata al traffico
veicolare per contiunare a garantire quello spazio di fronte alla casa che nelle
regioni del sud e il prolungamento dello spazio interno. Anche a voi sar
capitato vedere nei paesi del sud come la gente quando il sole ha smorzato
la sua forza apra la porta di ingresso di casa sua che gneralmente da
direttamnte sulla sala da pranzo e porti fuorti unas seggiola e chiacchieri da
una parte allaltra della strada con i propri vicini e dirimpettai, secondo una
logica dellunit di vicinato che al Tiburtino si voleva ricreare. Ora capirete
perch parlavo di tentativi almeno ingenui, sinceri sicuramente ma era come
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sulla questione del realismo sono state scritte tantissime pagine, la polemica
si protratta per anni 1955-1956 sul Contemporaneo e su Societ che erano
insieme al Politecnico di Vittroni gli organi di discussione della sinistra italiana
e non possiamo nonostante il suo interesse ripercorrerla tutta. Voglio per
che comprendiate come sulla parola dordine del realismo due giovani Aldo
Rossi e Guido Canella abbiano costruito la casamatte polemicche pi
avanzatee e definita la lineea di condatta in quegli anni. Scrivono un testo
tuttora inedito titolato Per una architettura realista, e soprattuto impugnano
la poetica di Mario Ridolfi nei termini di realismo. una polemica che ad
essere onesti non dura molto e di cui ancora bisognerebbe dipanare i singoli
apporti per ogni personalit. Comunque non possiamo non ricordare la
lettura del Luckacs e il suo rimando alla grande tradizione del romanzo
ottocentesco come lesempio pi efficace di realismo. Che per quei giovani
deve aver funzionato da detonatore ideologico per quella riscoperta delle
tradizioni nazionali ottocentesche che il movimento moderno aveva quasi
cancellato dallorizzonte storiografico. E cos per la tesina di Caratteri stilistici
dei monumenti del corso di Rogers, Rossi decide di affrontare il
neoclassicismo milanse, badate il titolo Il concetto di tradizione nel.... e
Canella il romanticismo, con disappunto dello stesso Rogers che vi vedeva
raccolta tanta robaccia. E per Rogers non frena quel flusso e cos poi Canella
studiera la scuola di Amsterdam mentre Rossi sulla scorta del libro del
Samon sullUrbanistica e lavvenire delle citt inizier a interessarsi al
problema della citt. In termini che come vedremo saranno lontani da quella
riscoperta tipo-morfologica che definir il suo lavoro negli anni sessanta. E
per la risultanza pi evidente dellapporto di questi giovanai tra cui
segnaliamo anche Francesco Tentori, Vittorio Gregotti, Luciano Semerani
passati tutti nela redazione di Casabella si concreter nella cosiddetta
polemica sul neoliberty. Formula attraverso cui quel Paolo Portoghesi che
abbiamo visto definire Saverio Muratori un nemico per larchitettura,
raccoglier gli apporti eterogenei di questi giovani che badate bene in
mancanza di progetti o costruzioni vere si concetravano sui mobili. Qui
vedete una pagina del catalogo della Mostra dellosservatorio..... e vi faccio
vedere alcuni mobili, una sedia di Gregotti, di Canella che gi si era legato in
sodalizio con Michele Achilli e Daniele Brigidini e altri. Che dire di questi
mobili? Ma, che a differenza dei paphlet ideologici, qui la componente
empater le borguais era piuttosto marcata, che un certo gusto di sfott a una
certa borghesia esteticamnte ben educata sui canoni di un moderniso
addomesticato era sicuramente tra gli obiettivi che questi giovani volevano
perseguire. Guardate questo tavolo con i piedi se non sembra voler fare il
verso agli oggetti deambulanti di Jacovitti. Bisogner per aspettare il 1956
per vedere pubblicata su rivista, ancora su Casabella certamente, la prima
opera neoliberty, in cui evidnetemente la matrice goliardica non avrebbe
potuto reggere al salto di scala. Questa opera la bottega di Erasmo dei
torinesi Gabetti e Isola, autori per altro che non facevano parte del giro di
arrabbiati che gravitava nella redazione di Casabella. E infatti Gregotti
nellintrodurre lopera ne prender le distanze accusandoli nei fatti di aver
spostato la polemica dal piano ideologico in cui i milnaesi lavevano posta al
pi accomodante piano del gusto pesonale. una polemica quella d i
Gregotti di cui non si capisce bene da quale motivazioni nasca e comunque
strumentale a una delle pi belle difese di una opera di architettura compiuta
dagli autori dellopera. Dicono Gabetti e Isola che s lopzione personale che
non si vuole partecipare a una tendenza a una scuola e che lopera non
lespessione della polemica ma nasce da esigenze per degli architetti di
torino insopprimibili overo quello di rifarsi agli esempi che li circondavano e
poco importa che Antonelli non sia Berlage e ..... per citare la nota formula.
Insomma nella Bottega di Erasmo che pende il suo nome dal nome
dellantiquario che vi risiedeva, gi vi erano i temi su cui ruoter la polemica
a proposito della Velasca, ma siamo ancora nel 1956. Bisogner invece
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aspettare i primi anni sessanta per vedre come quei giovani, gi redattori di
Casabelle e assistenti nele universti coniugheranno quelle istanze di
realismo che come abbiamo visto si erano un po ingenuamente espresse nei
contorni della polemica neoliberty con la ripresa del discorso tipologico di cui
Argan come sapete aveva riportato agli onori del dibattito disciplinare. Ma di
questo parleremo la prossima volta.
Lezione VI, 30 marzo 2011
Il laboratorio tipologico veneziano degli anni sessanta: Aldo Rossi
Venezia 1963. Dopo una parentesi di circa 10 anni in cui il corso di Caratteri
distributivi era stato tenuto da Klaus koening docente di osservanza zeviana
e di cui bisogner prima o poi ritornare, anche a proposito della sua
definizione di tipologia, il corso che era di Saverio Muratori viene affidato a
un 34enne carlo Aymonino che un anno prima aveva vinto il concorso per la
libera docenza. Aveva insegnato per un anno a Palermo e finalmente era
stato chiamato a Venezia. Aymonino chiede a un altrettanto giovane Aldo
Rossi che aveva conosciuto in uno di quei convegni sul ruolo delle tradizioni
in architettura di fargli da asistente e la tipologia da quel momento assurger
a statuto teorico ed etico di una generazione. Si inizieranno a pubblicare
ricerche sul rapporto tra tipologia ediliza e morfologia urbana, si allestiranno
vere e propie campagne di rilievo nellentroterra veneziano la cui fama
tender ad allargarsi piuttosto velocemtente e i cui presupposti teorici ancora
sono alla base di molti corsi di composizione della nostra stessa scuola. Ora il
compito che ci siamo dati per non tanto di esplicare una o unaltra
metodologia, per cui bastano i vostri professori di composizione, ma di
indagare le ragioni di alcune posizioni e quindi riuscire a distinguerle sia
attraverso i risultati a cui queste arrivano sia attraverso le loro premesse.
Ma dicendo questo vi ho gi implicitamente anticipato come anche la nozione
di tipologia che sar messa a punto in quegli anni a venezia e che come
vedremo non sar unitaria ma assumer differneti varianti, sia una nozione
profondamente operativa. Anzi mi sento di poter sostenere che la sua natura
sia nei fatti di ordine progettuale. Ora mi si potr obiettare che anche quella
di Muratori era una nozione produttiva e non semplicemnte una nozione
classificatoria di stmapo positivista, e questo vero, ma pur vero che
questa nozione si dava come portato sintetitco di una intera civilt storica,
portato attivo che bisognava riconoscere e adeguarvisi per garantire la
contiunit del processo. Una accezzione potremmo dire storicista, in cui il
momento produttivo si compiva quasi per intero nel riconoscimento del
processo storico. Lo statuto produtttivo della nozione di tipologia elaborata
negli anni sessanta a Venezia invece sar profondamente antistoricista
perch verter non sulla messa in luce di un processo storico che si concreta
in un tipo, ma sulla selezione storica dei tipi. E una selezione, che azione
individuale seppur possa essere condivisa con altri sodali, gi, sempre, una
scelta di progetto. E questo penso che spieghi in breve anche la fortuna di un
metodo che era in grado di garantire, a differenza di quello rigido di Muratori,
una buona flessibilit allinterno di una programma comune. E soprattutto
non sopprimenva, come in Muratori il singolo arbitrio nelle scelte progettuali
in quanto manifestazione evidente di crisi di una civilt.
Ma nonostante con queste affermazioni siamo gi entrati nel cuore del
problema, vorrei ritornare con pi calma sulla origine di una tale posizione
che poi badate bene sar tipica di Aldo Rossi e solo in parte potr essere
estesa anche ad Aymonino la cui formazione romana si far sentire nella
messa a punto del suo punto di vista. Ora la volta scorsa abbiamo visto quale
fosse il clima culturale in cui era maturata liniziale ribellione di questi giovani
delle colonne. La formula che nella sua estensione tende a indicare appunto i
giovani studenti milanesi si deve a Giancarlo de Carlo che con questi giovani
aveva polemizzato e sar da ricondursi allaneddoto relativo a un esibito uso
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di quello che potrebbe apparire. Matrice che poi a voler contiunare la linea
geneaologica dobbiamo ancora ricondurre a Gustavo Giovannoni. Ma vi
dicevo questo perch, seppur sulla scorta del libro di Samn anche Rossi
inizia ad occuparsi dello sviluppo delle citt. Sono di questi anni gli interventi
su Casabella a propoisito delle citt inglese del piano per Vienna, per
Amburgo, ma con questi scritti in cui ancora sia chairo il problema della citt
non ancora un problema di rapporto tra morfologia urbana e tipologia
ediliza siamo giunti al 1963. Anno in cui inizia a circolare la parola tipologia
grazie agli scritti di Argan e soparttutto anno in cui Carlo Aymonino e Aldo
Rossi a Venezia per quel corso di Caratteri distributivi che era stato del
Muratori con ogni probabilit si imabttatono negli studi che questi aveva fatto
sulla struttura urbana veneziana.
A testimonianza di questo primo periodo di messa a fuoco del concetto di
tipologia sono da ricordare i tre fascicoli Aspetti e problemi della tipologia
ediliza che raccolgie le dispense del corso per lanno accademico 1963-1964,
La formazione del concetto di tipologia edilizia per lanno accademica 19641965 e
xxxxx per lanno accademico 1965-1966. Nei quali sia Carlo
Aymonino che Aldo Rossi, ma anche altri quali Costantino Dardi, Marcello
Fabbri e Gianugo Polesello si impossessano della nozione di tipologia ediliza.
Ripercorrere attraverso la successione degli scritti di come avvenga la messa
a fuoco di questo concetto esula un po dai compiti che ci siamo prefissati.
Negli stessi anni Rossi porta avanti per lILSES la ricerca sul tessuto della
zona Garibaldi a Milano, mentre a Venezia allinterno del corso di caratteri
distributivi si inizia il lavoro sulla citt di Padova che verr poi pubblicato nel
xxxx per le edizioni Officina. Infine nel 1966 esce per Marsilio il libro dello
stesso Rossi Larchitettura della citt che si presenter come summa teorica
di un approccio ormai consolidato. Il libro otterr un successo critico notevole
testimoniando parimenti la possibilit di condensare intorno alla posizione da
questo veicoalto un interesse sempre maggiore. A questo atteatato di
importanza teorica si affianca anche la definitiva esplosione della poetica
rossiana che dal progetto per la ricostruzione del teatro della pIlotta a Parma,
attraverso la fontana di Segrate, fino al Gallaratese e poi le scuole elementari
fino al cimitero di Modena muove fino alla definitiva consacrazione che
avverr attraverso il teatro del mondo per la biennale di Venezia. Ora tanto il
metodo che la poetica faranno scuola e si imporrano a liveelo accademico.
Alla triennale del 1965 se ne tenter addirittura una traduzione in termini
assai generici e pretenziosi di tendenza sotto il cui vessilio si sarebbero
volute raccogliere esperienze italiane e d europee anche molto eterogenee
che per attreverso il richaimo alla citt e a un certo esibito purismo formale
sembravo indicare una possibile comune lineea di condotta. Ma quello che a
noi preme, non tanto formulare un giudizio storico su quel periodo, per cui
si dovrebbe anche ragionare sul ruolo dellintellettuale, e dellintellettuale
architetto che faceva professione di marxismo in particolare, quanto mettere
in luce come il concetto di tipologia abbia funzionato nella messa a punto di
quel programma che tanto fortuna ha poi avuto.
Del suo carattere operativo gi abbiamo detto qualcosa allinizio della
lezione, cos come qualcosa anche abbiamo detto sualla differenza con la
nozione di tipo del Muratori. E riprendere dopo questi concetti.
Aggiungiamo che inanzittutto lassunzione da Engels di come in termini
marxiani la struttura della societ ovvero le sue dianmiche economiche e di
classe si traducano in specifici rapporti fondiari permetteva alla nozione di
tipologia ediliza che dei rapporti fondioari era evidentemente espressione
specifica di porsi secondo uan accezzione ideologicamente corretta. Ma
soprattutto permetteva di recuperare il punto di vista formale della citt e
quindi il punto di vista specifico dellarchitettura, da una posizione che non
faceva difetto ideologico, ma che anzi permetteva di superare a sinistra tutto
quellengament urbanista, sociologico, che in quegli anni sembrava
rappresentatre la posizione del prtito comunista. Non vi sembri troppo
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accomuna.
Ora di Canella gi dovreste sapere quanto basta per evitare lungaggini
introduttive. Vi ricorderete che labbiamo incontrato giovane allievo di Rogers
a Milano, firmatario allincontreo del MSA sulla tradizione della mozione dei
cosiddetti giovani delle colonne. Vi ricorderete di come sullonda del
dibattito sul realismo si fosse lanciato insieme a Rossi nella riscoperta
ideologica delle tradizioni nazionali dellottocento: il romanticismo milanese e
poi la scuola di Amsterdam. Lo ricorderete anche scandalizzare i borghesi con
mobili con gambe e piedi sotto la formula neoliberty e poi ancora con Rossi
elevare quel Mario Ridolfi, autore del Tiburtino e delle torri di viale Etiopia, al
pi coerente esempio di quel realismo che in architettura stentava a trovare i
propri modelli di riferimento. Cos non insister ancora su questi temi che
sono poi i temi comuni di una generazione e sono, con poche sfumature, i
medesimi di Rossi e di Aymonino. Ma anche questo labbiamo ripetuto pi
volte. Ora nellanno accademico 1962-63 e 1963-64 lo troviamo come
assistente del corso di composizione di Rogers al Politecnico di Milano. I
materiali del corso che andranno a costituire il volume Lutopia della realt
uscito per la casa editrice Leonardo da Vinci di Bari saranno pubblicati nel
1965. Tra i materiali vi una lezione dello stesso Canella che porta il titotlo
Relazioni tra morfologia, tipologia dellorganismo architettonico e ambiente
fisico, in cui viene definito il rapporto tra morfologiae tipologia. Che io sappia
il primo scritto di Guido Canella ad occuparsi esplicitamente della nuova
parola dordine: tiplogia. Il pi esteso programma di ricerca Sulle
trasformazioni tipologiche degli organismi architettonici datato sempre 1965
gi rimanda al pi sintetico scritto apparso ne Lutopia della realt.
Nonostante sia indagine storiografica assai interessante ricostruire i passaggi
e i reciproci debiti che hanno portato nei medesimi anni e in modo parallelo
questi giovani a concentrarsi sul problema tipologico, chiaro che
questione che esula dai nostri scopi e che lasciaremo ad altri. Per quello che
ci interessa ci limiteremao a registrare questa convergenza di tipo
generazionale verso il problema della tipologia. Ma vediamo dunque la
definizione che ne da Guido Canella. Ora il problema di partenza ancora la
messa a fuoco del mandato dellarchitetto, stretto tra impegno, sirene
interdisciplinari ed espressione dellarchitettura. Tra planning e design
per usare le parole di Canella stesso. Insomma problema di ordine
esistenziale si potrebbe affermare in breve, ovvero definire la propria
posizione nel mondo come architetto e intellettuale, vicino al partito
comunista aggiungiamo, a partire per dalla individuazione di adeguati
strumenti disciplinari ed epistemologici. E questa forse la cosa che
accomuna indistintamente quei giovani e li distingue dalle altre generazioni.
Se questo il problema, la prima mossa precisare, al di l di specialismi
positivisti o di esami purovisibilistici, larchitettura come prodotto storico
tout court. E in quanto prodotto storico, nellarchitettura si trovano
compresenti, intrecciati potremmo dire, tanto la sovrastruttura culturale che
la base economico-sociale. A rischio di essere tacciati di facile schematismo
volendo potremmo anche fermarci qua. Perch alla luce di questa
elementare affermazione che poi tutto il lavoro di Canella potrebbe essere
letto, senza timore di commettere grossi errori. Mi si potrebbe obiettare che
poi una tale premessa non era estranea nemmeno a Rossi, si veda la
premessa alla ricerca per lILSES o allo stesso Aymonino. Ed vero. Per
nessuno ha posto in maniera cos discriminante il problema della forma
architettonica in relazione ai fatti di struttura come Canella. E se per Rossi
una tale premessa, diciamo pure scontata nel clima di quegli anni, ha pi che
altro il valore di salvacondotto ideologico, se la si confronti con il suo lavoro
successivo, per Aymonino subito si vede costretta nei binari di quella
dimensione dialettica tra parti di citt, che ancora risente, ed inevitabile
della prassi con cui si storicamente costruita Roma. Ma procediamo con
ordine. Affermare il legame dellarchitettura con la base economica della
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alla riscrittura della propria biografia, poco ha a che spartire con leclettico
ottimismo riformista per brani di citt di Carlo Aymonino. Piuttosto a essere
ancora pi espliciti il conflitto tra differenti ipotesi di citt e opposti ruoli
dellarchitetto e dellarchitettura. E allora il solo motivo del ritorno alla citt
non sembra pi sufficiente come per tutti gli anni settanta e ottanta a tenere
insieme tali opzioni. Forse il discorso potr sembrare a voi, oggi, un po
strano e ammetto che forse non riusciate a coglierne per intero il senso. Mi
scuso ma era una nota a cui tenevo molto e adesso ho proprio finito.
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