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ERMENEUTICA
LETTERARIA
rivista internazionale
xvi · 2020
pisa · roma
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i s s n 182 5- 6 619
e - i s s n 1827 - 8 9 5 7
Sommario
SOMMARIO
Riassunto · Due anni prima della morte precoce, nel 1984, con l’aiuto di Mario Quesada Goffredo
Parise raccoglie per una piccola e raffinata sigla editoriale romana una serie di suoi scritti, intitolan-
doli semplicemente Artisti. Non sono testi critici, avverte, bensì “ritratti” (e diciamo pure racconti)
che hanno per tema la personalità, più che l’opera, di un certo numero di pittori e altri personaggi
della scena artistica che, per lo più, Parise ha a suo tempo (negli anni Sessanta soprattutto) avuto
modo di conoscere e frequentare live. Ma è anche, tanto più eloquente in quanto involontario, il “ma-
nifesto” di una concezione “leggera” e “volante”, dell’arte : che riflette la sua stessa proto-ispirazione
pittorica (interrotta in età ancora adolescenziale), nonché le modificazioni impresse, negli anni, alla
propria poetica di scrittore.
Parole chiave · Parise, Artisti, Ritratti, Ispirazione, Pittura.
Abstract · Abnormal stars and flying men. Goffredo Parise among his Artisti · Two years before his un-
timely death, in 1984, with the help of Mario Quesada, Goffredo Parise put together some of his
writings for a small, exclusive publisher in Rome and simply called them Artisti. They are not texts of
criticism, he warns, they are “portraits” (let’s say stories) that tell about the personality rather than
the work of a number of painters and other artists, most of whom Parise had personally met and
visited in the past (especially in the Sixties). But it is also, all the more telling as it is unintentional,
the “manifesto” of a “light-hearted “and “loose” concept of art : which reflects the early inspiration
of his paintings (dropped when he was still a teenager), as well as the mark left over the years on the
poetics of his writings.
Keywords · Parise, Artists, Portraits, Inspiration, Painting.
D ue anni prima della morte precoce, nel 1984, con l’aiuto di Giosetta Fioroni e Mario
Quesada, con una certa dose di snobismo Goffredo Parise raccoglie una serie di suoi
scritti per una piccolissima casa editrice romana dalla sigla assai letteraria, « Le Parole Gela-
Non sono questi suoi, avverte Parise, testi di un « critico d’arte » : bensì di « uno scrittore
con una sensibilità fortemente visiva anche in letteratura ». 2 Sulla visività dello stile, e più
in generale della vocazione letteraria di Parise, per non dire ancora più in generale della
sua attitudine esistenziale, diversi interpreti si sono già soffermati ed è recente un’intera
monografia, quella di Elisa Attanasio ; 3 sicché mi asterrò dall’insistere su questo punto.
Ma proprio per questo si possono definire quelli raccolti in Artisti, allora, ‘ritratti a parole’
le citazioni da questa edizione nei « Meridiani » saranno fatte rinviando direttamente alla sigla O seguita dal numero
d’ordine dei due volumi e dal numero di pagina del passo riportato.
3
Cfr. Elisa Attanasio, Goffredo Parise. I Sillabari della percezione, prefazione di Marco Antonio Bazzocchi, Davide
Luglio, Milano-Udine, Mimesis, 2019.
lo 1 – uno di essi, quello su Tom Corey, due anni prima era già stato raccolto, col titolo Liber-
tà, in un libro a tutti gli effetti narrativo come il Sillabario n. 2 ; mentre altri due erano stati
inclusi nel ’77, a loro volta con titoli diversi, nel libro ‘di viaggio’ su New York). Non è un
caso che le illustrazioni incluse nella raccolta non riproducano le opere degli artisti di cui
si parla, ma siano piuttosto loro ritratti : equivalente visivo, appunto, dei ‘ritratti a parole’
che li precedono. Questi racconti hanno infatti per tema la personalità, più che l’opera, di
un certo numero di pittori e altri personaggi della scena artistica che per lo più Parise ha a
suo tempo (negli anni sessanta soprattutto) avuto modo di conoscere e frequentare live : da
Schifano a Ceroli, da Angeli e Fioroni, da Renato Guttuso a Marilù Eustachio sino al « pa-
rapittore », come lo definisce Parise, Luigi Ontani ; ma anche i galleristi Plinio de Martiis e
Gian Enzo Sperone, Lucio Amelio ed Emilio Mazzoli (fanno eccezione classici – ma come
vedremo sui generis – come Van Gogh e Gauguin, o artisti visti nel ’75 durante il secondo
viaggio negli Stati Uniti, Joseph Cornell e i graffitisti urbani).
Dichiara con un quanto di provocazione, forse, come proprio quello della frequentazio-
ne personale sia il criterio di selezione dei suoi Artisti, Parise, nel pezzo su Franco Angeli :
La serie di brevi scritti, di lettere, di minuscoli ritratti di miei amici pittori italiani è quasi conclusa.
Manca Tano Festa, su cui un giorno scriverò come promesso […] ; manca Cy Twombly, che non è
propriamente mio amico ma si muove e cammina e dipinge come deve muoversi, camminare e di-
pingere un pittore mio amico e questo basta. 2
lo ricordo a Vicenza, negli anni di minor pecunio, seduto su un seggiolino accanto ad alcuni suoi
quadri appoggiati in vendita per terra contro le colonne della basilica palladiana, e più tardi nel 1944
mentre dipingeva in gondola a Venezia con il suo Cocò (pappagallo) su una spalla. 3
Parlando invece della Vucciria di Guttuso, scrive : « non c’è niente da capire : basta guardare ;
quello che vedi è tutto chiaro, e comprensibile ed enumerabile, quello che non vedi non
c’è ». 5 E in un’intervista dice : « l’immagine supera qualsiasi parola scritta, perché parla da
sola. È una cosa che si vede, che si tocca ». 6 Anche un altro scrittore suo amico che ha fre-
quentato spesso e in periodi diversi il mondo degli artisti, Alberto Moravia, teorizzava che
di fronte alla vera arte « non c’è niente da dire ». 7 Eppure il silenzio ermeneutico di Parise,
1
Cfr. Ludovica del Castillo, Gli « Artisti » di Goffredo Parise, in La modernità letteraria e le declinazioni del visivo.
Arti, cinema, fotografia e nuove tecnologie, a cura di Riccardo Gasperina Geroni, Filippo Milani, Atti del xix convegno
mod, Pisa, 22-24 giugno 2017, Pisa, ets, 2019, pp. 95-102 : 96.
2
Idem, Il fiore del Belli (Angeli), prefazione al catalogo della mostra di Roma, galleria « Il collezionista d’arte con-
temporanea », novembre-dicembre 1974 ; poi, col titolo Angeli, in Idem, Artisti : O2, pp. 1193-1196 : 1193.
3
Idem, Quando de Pisis dipingeva in gondola, « Corriere della Sera », 24 novembre 1977 ; poi, col titolo De Pisis, in
parlare ». E ancora : « sono ignorante ma la pittura, si sa, anche un ignorante può capirla, basta guardare e vedere se
rassomiglia ». Questi due passi – tratti da testi raccolti a cura di Alberto Cau in Moravia e l’arte sul numero 2, 2002, dei
« Quaderni dell’Associazione Fondo Moravia », rispettivamente alle pp. 62 e 68 – sono citati in Ilaria Crotti, « Rin-
chiudere il tutto in qualche niente ». La Wunderkammer di Parise critico d’arte, in Eadem, Wunderkammern. Il Novecento
di Comisso e Parise, Venezia, Marsilio, 2005, pp. 144-183 : 175-176 : contributo in generale pionieristico, che insiste sulla
« linea Moravia-Parise » ; non sono invece accolti in Alberto Moravia, Non so perché non ho fatto il pittore. Scritti d’arte
zioni della poetica di Parise scrittore, la sua stessa proto-ispirazione pittorica interrotta in
età ancora adolescenziale quando – racconta lui stesso in varie occasioni – visitò la storica
Biennale di Venezia del ’48 solo per accorgersi che quanto aveva provato a fare in pittura
lo aveva già fatto, assai meglio di lui, Marc Chagall… 1 (alcuni rari esempi di questa sua
È a tutti gli effetti, Artisti, il libro di quello che è a sua volta un artista : ed è per questo
che così s’intitola. D’altronde nella sua prima e bellissima edizione il libro è congegnato,
editorialmente parlando, come quello che tecnicamente si definisce ‘libro d’artista’ : non
a caso, in conclusione dell’Avvertenza, dice Parise di queste sue pagine : « ciò che mi ha
1
« Nel ’48 andai a Venezia a vedere la prima Biennale che si teneva dopo la guerra. Era davvero formidabile ;
nelle sale era rappresentato, con dovizia di scelta, il meglio del meglio dell’arte moderna, da Gauguin a Cezanne,
da Modigliani a Picasso, da Chagall a Paul Klee. Fui folgorato e realisticamente dismisi le mie modeste ambizioni »
(Antonella Amendola, Goffredo Parise, « Amica », 25 giugno 1985, p. 45). Un utile regesto dei quadri di Chagall che
Parise poté vedere alla Biennale del 1948 è riportato nella tesi di laurea di Ileana Venturi Federico, Una scrittura per
immagini : la visività in Goffredo Parise, discussa da me con Stefano Chiodi all’Università Roma Tre, a.a. 2017-2018 (a
p. 7 e alle pp. 105-106). Si veda Parise pittore e Parise visto dai pittori, in Goffredo Parise tra Vicenza e il mondo, a cura di
Fernando Bandini, Giosetta Fioroni, Vanni Scheiwiller, Milano, Scheiwiller, 1995, pp. 111-139.
2
Antonella Amendola, Goffredo Parise, cit., p. 43.
3
Goffredo Parise, Avvertenza, cit., senza n. di p. L’« artista » in questione era l’editore friulano Luigi Martinis
pensando al valore inaugurale ed esemplare che, come vedremo, vi riveste la figura di de Pi-
sis), la loro irriducibilità a raggruppamenti e ‘tendenze’ nonché alla ‘cultura’ cui sempre un
atteggiamento storicista tenderebbe a ricondurli. Soggetti unici e inimitabili : come Picasso
non « la sua, quella della propria arte, la “picassianità”, il picassismo ». 1 Gli artisti che ama
sono dunque tutte figure bizzarre se non, come Ontani e Cornell, bizzarrissime ; anticipa-
tori o ritardatari : « anacronisti » in senso più lato e più pregnante di quei romani con questa
formula battezzatisi, e di cui pure scrive (ma senza entusiasmi) nell’80. 2 « Con Van Gogh
e Gauguin », scrive Parise nell’83, « inizia in modo evidente l’esplorazione dei colori e della
materia del subconscio, assai prima di Freud », e per questo si possono considerare « due
stelle anomale, che, a pensarci bene e attentamente, non possono essere definiti in altro
modo che dilettanti, pittori della domenica » : non in quanto a digiuno di tecnica ma perché
« hanno compiuto con le loro opere più che una evoluzione nella storia della pittura, una
riferisce, come a una tramontata età dell’oro, agli anni più effervescenti della sua giovinez-
za, quelli passati a Roma negli anni sessanta (con spirito non diverso, negli stessi anni in cui
raccoglie questi testi, Parise impagina sul « Corriere della Sera » gli incantevoli post-Sillabari
della serie Lontano). 4 La sua « ideologia » tarda, per parafrasare la sua celebre definizione di
Giosetta Fioroni come dominata dalla « ricerca dell’infanzia perduta », 5 è improntata alla
rievocazione degli ultimi fuochi profumati di una giovinezza che, alla fine di quegli anni
sessanta, verrà definitivamente bruciata dalle pestifere fiammate chimiche del Vietnam.
All’uscita di Artisti, così Parise rievoca quel tempo : « mi sono fatto prendere dagli anni
bellissimi del Pop di Piazza del Popolo, da quegli incontri giovani che si tenevano presso
il gran teatro che era allora la galleria della Tartaruga, con il suo regista un po’ dispotico
Plinio de Martiis ». 6 Questo Parise tardo, sempre più polemicamente anti-intellettualistico,
non disdegna un quanto d’oleografia, nel dipingere i suoi vecchi compagni come ‘buoni
selvaggi’ : « tra gli amici ho sempre preferito i pittori (Schifano, Angeli, Festa) perché posso-
no anche essere ignoranti, ma certamente sono artisti : non hanno le incrostazioni dei let-
terati, ma la spontaneità dell’arte ». 7 Anche live però, vent’anni prima, in un curioso pezzo
in forma di dialogo in cui dipinge un ritratto memorabile di Mario Schifano come « piccolo
1
Ivo Prandin, Davanti a Picasso il grande, « Il Gazzettino », 20 giugno 1981.
2
Si tratta di Salvatore Marrone, Nino Panarello, Stefano Di Stasio, Alberto Abate, Piero Pizzicannella e Franco
Piruca, esposti nella Mostra di sei pittori alla Galleria Contini di Plinio de Martiis : il pezzo di Parise esce sul « Corriere
della Sera » il 13 marzo 1980 ; poi, col titolo Anacronisti, in Goffredo Parise, Artisti ; O2, pp. 1215-1217.
3
Idem, Quei due sublimi dilettanti di genio, « Corriere della Sera », 30 novembre 1983 ; poi col titolo Van Gogh e Gau-
cioè la parte espressiva e visibile della sua ideologia, è “rosa”. Vedere e soprattutto ricordare la vita rosa » (Idem,
Fioroni, « Bolaffiarte », 4, marzo-aprile 1975 ; poi in Idem, Artisti : O2, pp. 1203-1206 : 1204).
6 7
Luigi Meneghelli, art. cit. Ibidem.
stelle anomale e uomini volanti. goffredo parise fra i suoi artisti 91
esprimersi immediatamente e simultaneamente. […] La sua è un’intelligenza artistica, for-
temente istintiva, intuitiva ». 1
tavolozza alla tela con l’agilità di un passero quando becca. Ecco, lì trovai tutta la sensualità,
la golosità, la levità che è propria dell’arte ». 2 E infatti alla base delle scelte di Artisti c’è una
vera e propria ‘funzione de Pisis’ – si può dire, parafrasando Contini su Gadda – che Parise
mette a fuoco nel ’75 : 3
Giosetta Fioroni, Cy Twombly, Mario Schifano che sono i tre pittori che preferisco, […] si assomi-
gliano molto perché hanno tre diverse sfumature di eleganza personale e stilistica, ma si somigliano
perché somigliano moltissimo al loro grande parente Filippo de Pisis. Come loro tre, de Pisis si
muoveva in modo leggero e amava i colori e le tele sfumate ma soprattutto amava la leggerezza dei
fondi delle tele. 4
(All’apparire all’orizzonte di Ontani, pure, tornerà sintomatico questo clic : « de Pisis era
così. Era un po’ come Ontani. Se lei vede Ontani ora, non è molto lontano da quello che
era de Pisis »). 5
« Sensualità » e « golosità » sintetizzate nella qualità disumana, appunto animale, del ta-
lento individuale ; e poi il valore ‘chagalliano’ per eccellenza : la « levità » o, come abbiamo
ideologie, si rivela così – più ancora che il Calvino delle Lezioni americane – il vero precur-
sore di quell’ideologia della « leggerezza », appunto, che di recente Flavio Cerizza ha con
Nel racconto Eleganza dei Sillabari, senza nominarli, sono in scena l’autore e Schifa-
no – quello che altrove definisce « il solo e vero erede » di de Pisis 7 –, in questi termini elo-
quenti :
Una sera d’estate in un palazzo romano due amici che non si vedevano da molto tempo si ritrova-
rono e come animali guardarono i loro movimenti dentro le grandi stanze principesche. Entrambi
sapevano che non occorreva parlare : uno era un pittore e l’altro un uomo volante per l’Italia. “Ciao
Mario” disse l’uomo volante ; ci fu un abbraccio frettoloso, poi si guardò intorno. Di là dalle grandi
finestre aperte si vedeva il cielo non ancora buio, color pervinca, con qualche stella, un leggero vento
entrava e il pittore si mosse qua e là come seguendo quel vento, in modo un po’ timido e un po’ no.
Non sapevano cosa dire. 8
Quella dell’« uomo volante per l’Italia » è prosopopea che allude all’esistenza randagia del
Parise che si è fatto giornalista ; ma, con questo sfondo tutto pervinca e stelle, non può non
ricordare le figurazioni più canoniche di quello Chagall che, per lui, rappresentava la sin-
tesi delle proprie perdute ambizioni di pittore. Sarà dunque con nostalgica ironia che, nel
suo ritratto dello scrittore amico realizzato l’anno dopo la sua morte, Schifano riprenderà
allusivamente proprio questi elementi.
1
Idem, Schifano, prefazione al catalogo della mostra di Milano, Studio Marconi, e Roma, Galleria Odyssia, novem-
bre 1965 ; poi in Idem, Artisti : O2, pp. 1186-9 : 1189.
2
Luigi Meneghelli, art. cit. Vale la pena ricordare che, nella decisiva Biennale del ’48, c’era anche una sala de-
dicata a de Pisis : il regesto delle sue opere presenti è sempre nella cit. tesi di laurea di Ileana Venturi Federico, p. 29.
3
Ma è significativo che si soffermi già su de Pisis uno dei primissimi scritti di Parise sull’arte, la Nota alla mostra di
pittura contemporanea uscita su « Il Gazzettino » il 20 settembre 1947.
4
Goffredo Parise, Fioroni, cit. : O2, p. 1204.
5
Idem, Natura d’artista, a cura di Mauro Portello, « Eidos », 1, 1987, pp. 48-55 : 55 [conversazione raccolta da Enrico
Parlato per la terza rete radiofonica della rai e messa in onda il 20 aprile e il 31 agosto 1986]. Sulla ‘funzione de Pisis’
in Parise si vedano le pp. 161-185 di Elisa Attanasio, op. cit.
6
Cfr. Luca Cerizza, L’uccello e la piuma. La questione della leggerezza nell’arte italiana, Milano, et al., 2010.
7
Goffredo Parise, La fertile stagione di quei giovani artisti, « Corriere della Sera », 28 giugno 1983 ; poi, col titolo
304-307 : 304.
92 andrea cortellessa
All’uscita di quello che viene
presentato come il suo « romanzo
Forte di quell’esperienza live, a Barbato Parise si rivolge con quella che ci appare, ‘a po-
steriori’, un’interpretazione quanto mai lucida dell’arte di quel tempo :
È un mondo spettacolare, fatto d’oggetti grandiosi : ricordo gli alberghi a forma di piramide o di
pascià accovacciato, a Miami Beach, e una città atomica del New Mexico, tutta d’alluminio, coperta
da un nugolo di elicotteri simili a zanzare ; e la réclame di un uovo fritto, nel deserto dell’Arizona,
grande come una piazza. La pop-art è la vera arte del nostro tempo, e l’America è la vera immagine
del mondo moderno. Come l’Italia, è una società materialista ; ma da noi c’è cinismo, tragedia, culto
1
Cfr. Goffredo Parise, Il padrone, Milano, Feltrinelli, 1965 ; ora Milano, Adelphi, 2011 ; O1, pp. 833-1073. Del quale
significativamente, a posteriori, Parise darà una definizione in chiave ‘artistica’ : « lavorai isolato dalle scuole a un tipo
di approccio letterario che vorrei ‘per associazioni’ o ‘collage’ (brutta parola fino a ieri di moda ma che preferisco alla
consumatissima definizione di massa ‘sperimentale’) » (Idem, Intervista introduttiva in Claudio Altarocca, Parise,
Firenze, La Nuova Italia, 1972, p. 17). In una bella lettera del 4 febbraio 1964 a Vittorio Sereni, quando insieme al
nuovo romanzo sembrava che Mondadori fosse intenzionata a rilevare anche i suoi libri precedenti, scriveva Parise :
« Il punto delle copertine è molto importante per me. Pensavo, per i miei libri, a una serie di fumetti : (Il Padrone,
Paperòn de’ Paperoni, un ingrandimento del muso) Per gli altri Mandrache (il ragazzo morto) un particolare del
bosco di Biancaneve (la grande vacanza) e altri ancora. Sono i procedimenti della pop-art […]. Anche questo mio
nuovo romanzo è un fumetto filosofico, perché non trattarlo come tale anche nella veste editoriale ? Si capisce, fa-
cendo in modo che non si distingua troppo dagli altri, ma accettando la pop-art (di cui io sono entusiasta) come un
prolungamento appunto dell’informale » (Giuseppe Sandrini, Due note sulla scrittura epistolare di Goffredo Parise, in
Scrivere lettere nel Novecento, a cura di Giuseppe Sandrini, Verona, Cierre, 2017, pp. 87-117 : 106). La princeps feltrinelliana
giugno 1997.
3
Cfr. Goffredo Parise, Odore d’America, Milano, Mondadori, 1990. Si veda il commento di Giosetta Fioroni
riportato in Goffredo Parise, a cura di Marco Belpoliti, Andrea Cortellessa, « Riga », 36, Milano, Marcos y Marcos, 2016,
p. 135. Ivi anche, con una nota di Dario Borso alle pp. 133-136, Due frammenti inediti dall’America, da una rielaborazione
dello stesso materiale che Parise forse pensava per un reportage poi mai portato avanti.
stelle anomale e uomini volanti. goffredo parise fra i suoi artisti 93
del denaro e dell’oggetto utile. In Ameri-
ca, tutto questo è riscattato dalla fantasia :
È un’interpretazione ambivalente,
come si vede : che fa proprie le riser-
ma è l’America che di lì a poco Alberto Arbasino, nelle cronache scoppiettanti che veniva
sciorinando sul « Giorno », definirà « post-moderna ». 5
In questo Parise si mostra non così distante dalla curiosità ammaliata con cui si reca in
pellegrinaggio negli States, tre anni dopo di lui, un giovane critico d’arte di nome Alberto
Boatto : che, stregato proprio dalla ‘bizzarria’ dello spettacolo dato alla Fenice, in occasione
della Biennale ominosa del ’64, dalla compagnia di danza di Merce Cunningham con non-
scenes e costumi di Robert Rauschenberg (che a quella contestatissima Biennale finirà per
conseguire il Leone d’Oro), fa suo appunto il titolo del brano di John Cage di quella sera,
Antic Meet, « incontro bizzarro ». 6
Nel confronto stridente fra l’America postmoderna e il Veneto arcaico delle origini – un
Veneto « barbaro » come lo chiamerà, 7 dal quale è per tempo fuggito (ma nel quale, come
vedremo, era destinato a tornare) – l’autore del Padrone si lascia andare, con Barbato, a un
empito quasi neo-futurista. Non più Venezia col suo detestabile chiaro di luna va rasa al
suolo, come aveva preteso Marinetti, bensì la grande bellezza della città dove da qualche
1
Andrea Barbato, Il Colosseo di plastica, « L’Espresso », 11 aprile 1965.
2
Cfr. Carlotta Sylos Calò, Corpo a corpo. Estetica e politica nell’arte italiana degli anni Sessanta, Macerata, Quodli-
bet, 2018, pp. 113-130.
3
Goffredo Parise, Due frammenti inediti sull’America, cit., p. 135.
4
Cfr. Marisa Bulgheroni, Chiamatemi Ismaele. Racconto della mia America, a cura di Alberto Saibene, Milano, il
Saggiatore, 2013.
5
Parla per la precisione Arbasino di « periodo post-moderno » conversando con Steven Marcus, editor della « New
York Review of Books », in Morti i giganti restano solo uomini di transizione, « Il Giorno », 7 agosto 1963.
6
Pagine del tutto arrese, alla stravaganza così cool dei Pop, quelle postume del delizioso libretto di Alberto Bo-
atto, New York 1964 New York, a cura di Carlotta Sylos Calò, Roma-Trieste, Italo Svevo, 2019.
7
Cfr. Goffredo Parise, Veneto “barbaro” di muschi e nebbie, « Corriere della Sera », 1 luglio 1983 ; O2, pp. 1535-1539 ;
e gli altri testi raccolti in Idem, Veneto barbaro di muschi e nebbie, con fotografie di Lorenzo Capellini, Bologna, Nuova
Alfa, 1987 ; Argelato, Minerva, 20092.
94 andrea cortellessa
anno ha piantato le tende con la sua
onnipresente, invadente, arrogante
tradizione :
Sillabario, che Parise non s’era peritato di ‘lanciare’ con dichiarazioni improntate al più pro-
vocatorio ‘disimpegno’ 3 – si consumerà, però, solo nel ’76 : con la reazione animata e persino
scomposta, di Parise, al gesto di Nanni Balestrini di convocare anche uno dei racconti desti-
nati a confluire nella seconda raccolta appunto dei Sillabari, Italia, fra i materiali brutalmente
campionati e stravolti nel cut-up straniante e sarcastico della Violenza illustrata. 4
quel momento, più aveva fatto amicizia : giungendo a visitare Parigi con lui, nel fatidico
maggio ’68. E anzi proprio come un omaggio all’allora amico Nanni, forse, va intesa la par-
tecipazione di Parise al celebre « Teatro delle Mostre » allestito alla Tartaruga da Plinio de
1
Andrea Barbato, art. cit.
2
L’immagine è fra quelle di Pablo Volta, prese al convegno del 1965 sul Romanzo sperimentale, ritrovate da Ornella
Volta e pubblicate nello speciale alfa63 di « alfabeta2 », iv, 33, novembre-dicembre 2013, p. 14. Cfr. Angelo Gugliel-
mi, Controproposta per Parise. Una memoria di Palermo ’65, in « alfabeta2 », 3 settembre 2017 (https ://www.alfabeta2.
compreso nel suo Sillabario n. 2 (ora in O2, pp. 370-376) ; il testo è riportato in Nanni Balestrini, La violenza illustrata,
Torino, Einaudi, 1976 (ora in Idem, La nuova violenza illustrata, a cura di Andrea Cortellessa, Torino, Bollati Borin-
ghieri, 2019, pp. 197-207) ; la reazione di Parise è C’è un “ladro” in libreria : è Balestrini, « Tempo », 21 marzo 1976. Per una
ricostruzione più dettagliata del battibecco rinvio ad Andrea Cortellessa, Balestrini, o del romanzo controstorico, in
Nanni Balestrini, La nuova violenza illustrata, cit., pp. 266 e 274-275.
5
Rinvio ad Andrea Cortellessa, Il senso appeso. Balestrini, poesie che si vedono, postfazione a Nanni Balestrini,
Come si agisce e altri procedimenti. Poesie complete volume primo (1954-1969), Roma, DeriveApprodi, 2015, pp. 447-471.
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Martiis in quelle settimane convulse (quando partecipò anche Balestrini facendo tracciare
sulle pareti della galleria le frasi da lui lette sui muri di Parigi insorta, e dettate al telefono,
per poi prendere l’ultimo aereo utile da Orly, precipitarsi a Roma e fare in tempo a scrivere
di suo pugno, le ultime, al finissage). 1 Quella conferenza sull’arte di Parise, che a conclusio-
stantissima, si capisce, dalle pitture dell’adolescenza anni quaranta e chissà quanto ispirata,
appunto, agli esperimenti al magnetofono proprio di Balestrini (che di lì a poco consegui-
ranno l’exploit di Vogliamo tutto : di là dagli scazzi personali, è in effetti difficile immaginare
due libri fra loro più distanti, ancorché nel tempo così vicini, del memoir operaista del Nanni
più agit-prop e del mosaico di ripiegamenti del Jaufré più sentimentale).
Non c’è dubbio però che in quegli anni sessanta Parise viva, a Piazza del Popolo, la sua
stagione violenta. L’unica, forse, in cui questo anarchico solitario (che fra non molto co-
mincerà a mostrare sempre maggiore insofferenza per la città « suk », come la chiama, 3 la
sua sempre meno metaforica violenza e i suoi sempre più stucchevoli rituali sociali ; 4 sino
a decidere di allontanarsene, ancorché mai definitivamente : dal ’70 eleggerà a sua dimora
prediletta quella di Salgarèda, nel Veneto d’origine) avverte un air non si dirà de famille ma
certo di solidarietà, se non proprio fraternità. Sempre, beninteso, più in chiave esistenziale
che intellettuale. In un’altra intervista tarda in occasione di Artisti, così ricorda Parise :
c’era un interscambio molto forte che mi è parso sia andato attenuandosi sempre di più a Roma al
punto che è quasi inesistente. […] Ho la sensazione, dal mio ricordo, che eravamo quattro gatti, che
non si scambiavano neanche tante idee. Non si parlava mica tanto d’arte o di filosofia o di politica o
di sociologia. Non si parlava affatto di questo, si viveva. 5
È un tòpos, questo di una comunanza anzitutto esistenziale, che troviamo spesso nella
memorialistica a proposito di quegli anni. Per esempio Elio Pagliarani che, senza troppo
incrociare Parise, frequentava negli stessi anni gli artisti della medesima sua couche (i suoi
prediletti erano Angeli e Festa, ai quali si aggiungevano però Gastone Novelli e Achille
Perilli), in un’occasione tarda definirà « miele elettrico dell’euforia » 6 il clima che si respirava
in quella Roma sovra-accelerata dei primi anni sessanta (anche lui, come Parise, vi arrivava
da Milano : e allora, con tutta evidenza, il rapporto fra le due capitali rivali era il rovescio
simmetrico di quello che viviamo adesso…). L’effetto Roma, come lo chiama Pagliarani, è
l’atmosfera che ritroviamo nell’incantevole memoir su quegli anni di Paola Pitagora, che ha
preso da Piero Manzoni il suo titolo, Fiato d’artista, e commenta il proprio carteggio col
compagno di vita Renato Mambor. Qui troviamo riportata una frase di Festa che appare
assai in sintonia coll’immagine del Colosseo di plastica di Parise : « un americano dipinge la
Coca-Cola, per me Michelangelo è la stessa cosa, nel senso che siamo in un paese dove
invece di consumare cibi in scatola consumiamo la Gioconda sui cioccolatini ». 7
Pino Pascali nel ’64 (Colosseo, esposto alla Tartaruga all’inizio dell’anno seguente), e
appunto Mambor nel ’66 (Colosseo e farfalla), avevano impiegato proprio l’icona per an-
1
Cfr. Ilaria Bernardi, Teatro delle mostre. Roma, maggio 1968, Milano, Scalpendi, 2014, pp. 56-58.
2
Cfr. ivi, pp. 58-61. Diversi estratti dalla Conversazione di Parise, tuttora inedita, sono citati nei vari capitoli del
saggio, dedicati di volta in volta alle singole « mostre » messe in scena.
3
Cfr. Goffredo Parise, intervento in Contro Roma, Milano, Bompiani, 1975 ; ora, con l’aggiunta di interventi di
città eterna attraverso gli occhi di grandi narratori, a cura di Silvana Cirillo, Roma, Ponte Sisto, 2017, pp. 227-242 (che pre-
senta anche, alle pp. 243-256, i cinque articoli di Suite romana, pubblicati da Parise sul « Corriere della Sera » nel marzo
del 1976 ; da segnalare quello su Intellettuali e artisti, uscito l’8 marzo, dove lampeggia un ennesimo flash su Schifano).
5
Goffredo Parise, Natura d’artista, cit.
6
Questa e la successiva citazione da Elio Pagliarani, Splendidi e snob come un pugno di diamanti, « Il Messaggero »,
4 febbraio 1991.
7
Paola Pitagora, Fiato d’artista. Dieci anni a piazza del Popolo, nota di Angelo Guglielmi, Palermo, Sellerio, 2001,
p. 102.
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tonomasia della Città Eterna ; 1 ma
ca” », dal momento che egli si limita a usare « semplici e quasi astratte tavole di abete ». Con
la materia Ceroli intrattiene dunque un rapporto che, più che dell’artista, secondo Parise è
quello d’un « falegname con un prodotto della natura già umiliato e violentato in partenza
dalla sega circolare nelle segherie ». Totale la sintonia fra Parise e Ceroli, quando il primo
conclude evocando i « piatti uomini in serie » 2 del secondo : tanto numerosi da poter essere
contenuti, forse, solo in uno spazio grande quanto la Cina. S’intitola appunto La Cina un
lavoro eloquente di Mario Ceroli, datato appunto a quel 1965.
L’anno dopo Parise farà il primo dei suoi due viaggi appunto in Cina, paese che a quell’al-
tezza lo affascina profondamente 3 (come, in opposto clima politico ed esistenziale, farà alla
fine il Giappone ; non è un caso che il ritratto che gli fa Renato Guttuso, nel ’70, lo metta
1
Per questi e altri usi e abusi artistici dell’icona del Colosseo si veda Stefano Chiodi, Monumento continuo, in
Colosseo. Un’icona, catalogo della mostra, a cura di Rossella Rea, Serena Romano, Riccardo Santangeli Valenzani (Roma,
Colosseo, 8 marzo 2017 - 7 gennaio 2018), Milano, Electa, 2017, pp. 308-325.
2
Goffredo Parise, Letterina su alcune passioni equivalenti nei lavori in legno, prefazione al catalogo della mostra di
Roma, galleria La Tartaruga, novembre 1965 ; poi, col titolo Ceroli, in Idem, Artisti ; O2, pp. 1190-1192 : 1992. A Renato
Mambor si deve già nel ’62 una serie di lavori intitolati Uomini statistici : cfr. Ilaria Bernardi, op. cit., p. 48.
3
Due appunto i viaggi di Parise in Cina : quello della primavera del ’66 è testimoniato da Cara Cina (reportage
composto da diciannove pezzi pubblicati sul « Corriere della Sera » e raccolto nello stesso ’66 da Longanesi : O2, pp.
651-776) ; un successivo e assai meno entusiastico viaggio nella primavera del ’69 è all’origine di due lunghi articoli
pubblicati su « L’Espresso » il 25 maggio e il 1° giugno di quell’anno (ora raccolti col titolo Un sillabario dalla Cina in
Goffredo Parise, cit., pp. 137-154 ; ma si veda pure il raro e interessante La Cina di Caio Garrubba, prefazione al volume
fotografico I cinesi, fotografie di Caio Garrubba, grafica di Michele Ketoff, Milano, Il Diaframma, 1969, pp. 3-5).
L’impazienza di Parise, nei confronti della « totale indifferenziazione dell’individuo » sperimentata nella Cina della
Rivoluzione Culturale, è espressa nella lettera a Giosetta Fioroni del 3 maggio 1969 (in Lettere e telegrammi a Giosetta
Fioroni 1966-1972, nota di Andrea Cortellessa in Goffredo Parise, cit., pp. 213-231 : 222-223). Nel giugno dello stesso anno,
un viaggio nell’Albania allora legata a filo doppio, politicamente, al regime di Mao imprimerà un ulteriore giro di
vite al desengaño ideologico di Parise : rinvio ad Andrea Cortellessa, Quando a « rivoluzionarizzare » era Parise, « Lo
straniero », xx, 197, novembre 2016, pp. 107-113 (nota al reportage di Parise, in origine uscito in due puntate su « L’E-
spresso » il 3 e il 10 agosto 1969, e ivi raccolto col titolo La Cina è lontana, l’Albania vicinissima alle pp. 97-107).
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1
A Giuseppe Prezzolini, che non apprezza il libro, Parise scrive tutto sommato concorde il 25 gennaio 1970 :
« Non lo volevo pubblicare perché sentivo che non avrei dovuto pubblicarlo. E la pubblicazione fu un colpo di mano
dell’editore, che l’aveva in contratto, e che addirittura aveva apposto un titolo [L’uomo in serie], a vanvera, senza
nemmeno consultarmi » (Mauro Portello, Note e notizie sui testi in O2, p. 1628). L’uomo è una cosa è invece titolo
d’autore dell’anticipazione di quattro racconti apparsa nel ’69 sul numero 4 della rivista sovietica « Novij Mir » (cfr.
ivi, 1629). Già all’altezza del ’64, però, quando i rispettivi racconti stavano cominciando a uscire sul « Corriere della
Sera », era in discussione una loro possibile pubblicazione presso Mondadori, col titolo ipotizzato appunto L’uomo in
serie (cfr. Giuseppe Sandrini, Due note sulla scrittura epistolare di Goffredo Parise, cit., p. 104). Sul libro più scuro (e più
sottovalutato) di Parise si veda ora Lucia Rodler, Goffredo Parise, i sentimenti elementari, Roma, Carocci, 2016, pp.
71-100 ; Arturo Mazzarella, Male, in Goffredo Parise, cit., pp. 432-440.
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’68, di Ceroli, un Ritratto di Parise a
sua volta stoicamente reificato e mol-
tiplicato in serie.
Ai primi del ’72 però, come per
miracolo, inizia una stagione nuova ;
Ma quel pezzo del’65 si era concluso con un augurio che, a ben vedere, valeva per en-
trambi. Di fronte a un’unica tela, fra quelle di Giosetta esposte in quella mostra, macchiata
1
Rinvio ad Andrea Cortellessa, Spettri d’argento. The dark side di Giosetta, « alfabeta2.it », 21 dicembre 2013
attraversare-le-stanze-della-morte).
2
A precederlo dovrebbe essere però un grande quadro intitolato Il ragazzo morto e le comete, oggi distrutto (ma vi-
sibile in una fotografia riprodotta, col commento di Giosetta Fioroni, in Goffredo Parise, cit., p. 431), nel quale figurava
anche, ripetuto più volte, il volto di Parise.
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da uno « smalto rosso arancio », aveva affermato Parise : « ci piacerebbe vedere altri rossi di
quel genere, altre superfici di quei toni smalto per unghie e, in generale, altri colori, per così
dire, cosmetici, entrare a poco a poco in questo suo rarefatto e attonito institut de beauté ». 1
Di lì a pochi anni, questo suo auspicio verrà soddisfatto. E così si potrà concludere per
Parise la stagione trascorsa, se non all’inferno, in quel purgatorio di plastica grigia. Allora
finalmente, da quella Roma incenerita, potrà volare via.
1
Goffredo Parise, Roma. Pop art, « Corriere d’Informazione », 5 febbraio 1965 ; poi, col titolo Pop-Art italiana, in