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Napoli

Design Impermanente

ri
a cura di

ito
Claudio Gambardella
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G
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Guida Editori srl
Via Bisignano, 11
80121 Napoli

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coordinamento scientifico Finito di stampare
Adriana Figurato e Chiara Scarpitti nel mese di luglio 2020
per conto della Guida Editori srl

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attività di supporto al coordinamento scientifico
Ilaria Masullo e Valentina Sapio 978-88-6866-679-8

Copertina di Aldo Presta


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Per le immagini, laddove non specificato dai singoli autori, hanno collaborato:
Archivio Alison, Archivio Dalisi, Archivio Fotografico Livio De Simone, Archivio Grimaldi, Ar-
da

chivio Mango, Archivio Oste, Archivio Promemoria, Marina Arlotta, Ballo + Ballo, Luciano
Basagni, Caselli Real Fabbrica di Capodimonte, Fulvio Cutolo e Antonietta Gaudino, EDIT NA-
POLI, Paola Galante, Dario Grande, Francesca Luciano, Raffaele Mariniello, Antonio Mele,
Marcello Merenda, Maria Laura Nappi, Bianca Savo, Ufficio Stampa Ravello Festival.
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Si ringrazia:
G

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del presente volu-
me dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941
n. 633.
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2.5
Innesti, sconfinamenti e dialoghi tra arti e design a Napoli e in Campania
Giovanna Cassese

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Il sofisticato spirito della creatività contemporanea nella sua com-
1. G. Cassese, M. Paderni, Oltre il confine.
plessità e potremmo dire liquidità e nella dimensione di un’arte
espansa ha abbattuto ogni confine tra arte e design, tra tecnologia

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Dialoghi e contaminazioni per un’estetica
e una didattica del Design del terzo mil- e arte, e la dicotomia manichea e figlia del Moderno tra industria e
lennio, Atti del convegno a Faenza 27-28
settembre 2017, Gangemi, Roma 2020. bellezza, estetica e utilità, tra forma e funzione si stempera in un
2. Fuori dall’ombra. Nuove tendenze nelle mondo di immagini, di idee e di oggetti in cui il design acquista una
arti a Napoli dal ’45 al ’65, catalogo della dimensione quasi onnivora e pervasiva1. Napoli, la Campania e il
mostra a Castel Sant’Elmo a Napoli, Elio
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De Rosa editore, Napoli 1991; si veda meridione da sempre sono territori vivacissimi sul piano delle arti
all’interno il saggio di G. D’Amato dedica- per la molteplicità dei linguaggi e la varietà tecnica e stilistica oltre
to al design. il confine: nel Novecento però sono spesso rimasti “nell’ombra”
3. R. De Fusco, Made in Italy: storia del
design italiano, Laterza, Bari 2007, Altra- tanto per citare il titolo di una mostra famosa2 e certo il design,
linea, Firenze 2014; R. De Fusco e R. Rosa nella sua dimensione di industrial design sembrava lasciare ai mar-
da

Rusciano, Design e Mezzogiorno tra storia gini il meridione sia per la sua minore industrializzazione che sullo
e metafora, Progedit, Bari 2015, II ed.
4. R. De Fusco, F. Alison, L’artidesign. Il stesso piano storiografico3. Oggi da una prospettiva che predilige la
caso Sabbatini, Electa Napoli, Napoli complessità e la contaminazione dei saperi si può azzardare che
1991.
Napoli e la Campania siano invece stati addirittura un terreno più
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5. F. Celaschi Non industrial design: con-


tributi al discorso progettuale, Sossella, fecondo agli attraversamenti e agli innesti di altre regioni italiane E
Bologna 2016. non è un caso che proprio in ambito napoletano sia nata la defini-
6. F. Trabucco, Design, Bollati Boringhieri,
zione di arti-design4 aprendo ad una nuova interpretazione del de-
Torino 2015.
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7. Sul tema del rapporto tra arti e design sign non più come mero industrial design5, ma molto più complesso,
si è più volte intervenuti: cfr. G. Cassese, a articolato e sfumato, pervasivo6 nei suoi rapporti strettissimi con
cura di, Il futuro del contemporaneo, Con-
l’artigianato e le arti7, figlio di nuove sintonie tra creatività ed esi-
servazione e restauro del design, Gange-
mi, Roma 2016; G. Cassese, M. Paderni, genze della produzione e di un mercato quanto mai complesso e
Builders of tomorrow, Immaginare il futu- diversificato che include tutta la produzione digitale e in 3D. È poi
ro tra design e arte, catalogo della mostra
al MIC di Faenza 28 sett/25 ottobre, Gan-
questa di fatto una caratteristica propria del Made in Italy e della
gemi, Roma 2017; G. Cassese, Slittamenti sua fortuna nel mondo. Qui si propongono alcune tracce di una
e innesti tra arti e design, in Espoarte n° storia che ha attraversato la sofferta dicotomia, per certi versi su-
101, aprile 2018, G. Cassese, a cura di, Il
futuro del contemporaneo, Patrimonio
perandola brillantemente. Due premesse indispensabili a questo
materiale e immateriale del design e sue breve studio che vuole aprire nuove prospettive e letture complesse:
indifferibili interconnessioni con la didat- la storia dell’arte e quella del design troppo spesso hanno viaggiato
tica, in G. Furlanis a cura di, La didattica
del design in Italia, Gangemi, Roma 2018,
in maniera parallela come due linee che non si incontrano mai. E ciò
pp. 168-198. con grave danno per una lettura a trecentosessanta gradi di figure
156

che a volte più che artisti o designer potremmo oggi definire autori,
e la questione si acuisce quando alcuni storici dell’arte a mala pena
citano l’attività specifica nell’ambito del design di artisti, magari
anche assai noti8. Una lettura storiografica integrata9 fra le arti,
offre invece un panorama complesso e articolato, schiude nuovi
orizzonti e ben presto si scopre che il dialogo tra arte e design, tra
arti figurative e decorative, tra creatività e cultura del progetto, poi
non è questione solo contemporanea. Infine qui per ragioni di spa-
zio e soprattutto di architettura del volume, come pensata dal cu-
ratore, non verranno prese in considerazione emblematiche figure
trasversali come Riccardo Dalisi o artisti meridionali protagonisti

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della nostra storia del gioiello e delle pietre da Pirozzi a Borrelli da
Ferrigno a Matarese10. La storia di questi slittamenti a Napoli non
può che prendere le mosse da un grande “sperimentatore nel tem-

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po”, Renato Barisani (Napoli 1918-2011), figura di respiro nazionale
ed internazionale che ha operato instancabilmente nell’ambito del-
la ricerca artistica tra arte e design per circa settant’anni fin e den-
tro il primo decennio del nuovo secolo e punto di riferimento per
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intere generazioni. Renato Barisani ha praticato contemporanea-
mente pittura, scultura, architettura, design, ceramica, mosaico,
sperimentando materiali e tecniche differenti con l’intenzione di
analizzare le strutture dei linguaggi dell’arte ma anche rinviando ad
un’alterità silenziosa che come ha scritto Angelo Trimarco attraver- 8. Su questo tema cfr. G. Cassese, Impre-
da

vedibili cortocircuiti tra arti e design, in G.


sa l’opera e “nascostamente, agisce nella sua trama”11. Il percorso
Cassese, M. Paderni, Builders of tomorrow,
artistico di Barisani si svolge sui confini; “dai confini mostra una cit., pp. 21-36
capacità tutt’affatto notevole di rivelazione e di sollecitazione del 9. G. Salvatori, Nelle maglie della storia:
produzione artistico-industriale illustra-
pensiero dell’arte e sull’arte”12. Emblematica appare già la vicenda
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zione e fotografia a Napoli nel XX secolo,


della sua formazione: infatti dopo il diploma all’Istituto Statale Luciano, Napoli 2003; G. Salvatori, Le arti
d’Arte di Napoli nel 1936, vinse per merito nello stesso anno la applicate a Napoli dal Museo Artistico In-
dustriale (1882) alla Mostra d’Oltremare
borsa di studio “Filippo Palizzi”; con l’obbligo di frequentare per i
(1940): tracce per una lettura integrata
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successivi due anni, 1937-’38 e 1938-’39, l’Istituto Superiore per le delle arti contemporanee, in OADI Osser-
Industrie Artistiche di Monza, luogo d’eccellenza per la formazione vatorio delle Arti decorative in Italia al
sito http://www1.unipa.it/oadi/rivista/
dei designer e prima università delle arti decorative in Italia, da cui 10. Vedi in questo volume i capitoli dedi-
negli anni Settanta sono nati gli attuali ISIA. Lì fu allievo seguendo cati a Riccardo Dalisi. Si rimanda ad un
i corsi di Giuseppe Pagano, Agnoldomenico Pica, Marino Marini e futuro intervento un focus sulla storia del
gioiello d’artista a Napoli e in Campania.
Pio Semeghini; completò poi la sua formazione all’Accademia di 11. A. Trimarco, Napoli. Un racconto d’arte
Belle Arti di Napoli diplomandosi in Scultura. Dunque, un’attenzio- 1954/2000, Editori Riuniti, Roma 2002, p.
ne per le arti decorative nata nel clima più fervido di quegli anni 17.
12. M Carlino, in G. Agnisola, F. Barisani
che raccoglieva gli insegnamenti delle Scuole officine e delle avan- Renato Barisani sperimentatore nel tempo
guardie storiche annesse ai Musei artistico-industriali e l’eredità Opere dal 1935 al 2011, catalogo della
delle avanguardie. Nel 1947 nato il Gruppo Sud, Barisani vi aderì mostra alla Pinacoteca di Gaeta 2017,
Magonza, Arezzo 2017. Il catalogo è una
partecipando alle esperienze comuni fino al 1950 quando se ne dis- fonte preziosa per lo studio di tutta l’ope-
sociò per formare il Gruppo Napoletano di Arte Concreta che, dal ra dell’artista.
157

1953 al 1957, aderì al Movimento Arte Concreta di Milano. Renato


Barisani ha disegnato e realizzato mobili fin dai primi anni ’50, tra
cui il figlio ne ricorda uno bellissimo in casa dei nonni (armadio con
mensole/libreria e scrittoio ribaltabile incassato) in mogano e acero
bianco con le diverse superfici alternate. Dal 1975 al 1980 ha fatto
parte del gruppo “Geometria e Ricerca” partecipando a tutte le at-
tività di questo sodalizio. Dalla metà degli anni Cinquanta Barisani
si dedica, con continuità, alla progettazione di gioielli, oltre che alle
sculture. Il 1954 è proprio l’anno determinante per la sua attività di
designer e con la mostra a Napoli del Gruppo Napoletano Arte Con-
creta alla galleria Medea con opere anche di Venditti De Fusco e

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Tatafiore, aveva avuto modo di dare un saggio della sua capacità di
quello che oggi definiamo exhibit design, pensando un allestimento
particolarmente innovativo che occupava tutto lo spazio coinvol-

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gendo il fruitore completamente, con l’utilizzo già di materiali
come il plexiglass (fig. 1)13. Decora a Napoli due caffè in piazza
Dante (1952) e un bar in Piazza Municipio (1954-56). Realizza una
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Fig. 1
R. Barisani, allestimento della Mostra del
MAC alla galleria Medea, Napoli 1954
(Archivio Barisani ©2020)
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serie di gonne dipinte. Dal 1956 ha inizio la progettazione e la rea-


lizzazione dei primi gioielli. Precoce attenzione e grande interesse
per le ceramiche segnano gli anni Sessanta collaborando anche con
13. A. Trimarco, Napoli, un racconto… cit.
un esperto ceramista come Mario Guarini, direttore peraltro dell’I-
che a sua volta cita R. De Fusco, p. 11. stituto d’arte di Avellino. Non mancò anche di progettare arredi per
14. Franco Mello autore totale tra arti e barche o un grande gioco per bambini in tubolare, che rientra
design, in G. Cassese, a cura di, RoGange-
mi, Roma 2017, pp. 37-40, paragrafo de-
nell’attenzione che in molti davano in quegli anni all’infanzia, da
dicato al progettare per l’infanzia. Munari a Franco Mello14. Inizia presto l’interesse per i materiali di
158

derivazione industriale e aereonautica come il metacrilato (plexi-


glas) e l’alluminio, con i quali sperimenta le prime composizioni.
Dagli anni Settanta continuerà ad adoperare il neon e il plexiglas
per altre sculture e oggetti luminosi, come il Cubo nero, (fig. 2) con
inserti intercambiabili. La sua è una ricerca a tutto tondo sull’og-
getto, la sua modularità e la stessa riproducibilità15. Nell’ambito del
rinnovamento dell’Accademia e dell’ampliamento dell’offerta for-
mativa dopo il ’68, con l’apertura dei corsi speciali o complementa-
ri e nuove discipline per rispondere alle moderne esigenze di forma-
zione e alle richieste del mercato del lavoro che videro grazie alla
direzione di Mancini il coinvolgimento delle principali personalità

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partenopee dal 1978 è a lui assegnata la cattedra di Design all’Ac-

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Fig. 2
R. Barisani, Cubo nero 1971, plexiglass e
tubo fluorescente, riprodotto in un unico
esemplare nel 2000, in occasione
dell’antologica a Castel dell’Ovo. ph.
Fabio Barisani ©2017-’20
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15. V. Corbi, Renato Barisani Progettuali-


tà, in catalogo Premio Marche, Ancona 15
luglio-31 agosto 1990.
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cademia di Belle Arti di Napoli16. Barisani continuerà con questi


slittamenti tra arti e design fino alla fine se per esempio ancora nel
1997 espone moduli per mattonelle, realizzati a Vietri sul Mare, alla
rassegna “Arteinceramica” nelle Scuderie di Palazzo Reale a Napoli.
O partecipa nel 2010 alla mostra collettiva “Convergenze geometri-
che” tenutasi negli spazi della Reggia di Caserta, realizzando due
arazzi con diversa tecnica di tessitura con la collaborazione dell’ar-
tista/designer Trude Tortora, ancora una volta collaudando l’abitu-
dine sempre oggi più in voga di operare in equìpe tra artisti e desi-
gner o artisti e artigiani17.
Della generazione successiva, Annibale Oste (1942-2010) è forse

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con Ugo Marano il protagonista più interessante di questo slitta-
mento tra arti e design in un territorio ibrido, fecondo e precorrito-
re di nuovi paradigmi. Ha una formazione artistica assolutamente

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canonica: frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti ed
è allievo degli scultori Emilio Greco ed Augusto Perez, che influen-
zerà sicuramente i suoi primi anni, ma subito sperimenta in scultura
tutti i materiali (il gesso, il legno, la cartapesta, il bronzo, l’allumi-
.ed
nio), affinchè le proprietà fisiche, della materia possano esprimere la
sua poetica e la sua ricerca. I primi decenni dalla fine degli anni
Sessanta sono quelli di uno scultore attento alla poetica dell’ogget-
to e nell’intenso dialogo tra ricerca di levità e concretezza della
materia era a giorno delle principali tendenze artistiche internazio-
da

nali e con un curriculum sempre più fitto di partecipazioni a collet-


tive e personali18. Si è parlato di un avvicinamento di Oste alle poe-
tiche dell’oggetto. In realtà egli non giunge mai a praticare, come
molti suoi contemporanei, il metodo del prelievo diretto dalla realtà.
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Concependo sempre la pratica artistica come qualcosa di inscindi-


bile da una componente tecnico-fabbrile, il suo intento è piuttosto
quello di riprodurre l’oggetto con i mezzi specifici della fusione in
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16. G. Cassese, L’Accademia d Belle Arti di bronzo. Tale obbiettivo permane nelle serie dei “gesti” e degli “spec-
Napoli tra passato e futuro, in C. De Seta, chi”. E si cimenta attraverso le sue opere a dar corpo all’incorporeo:
a cura di, La rete dei saperi, Arte’m, Na-
poli 2018, pp. 117-130.
acqua, vento e poi luce, la mostra “Illuminazioni”, che si tiene nel
17. Ringrazio Fabio Barisani, artista, desi- 1978 presso la Galleria del Naviglio di Milano, è interamente dedi-
gner e collega, per le informazioni anche cata, come può evincersi dallo stesso titolo, alle sculture di luce. Il
di prima mano che ha avuto la bontà di
condividere con me.
1978 segna anche l’inizio delle sperimentazioni dedicate al vento.
18. Su Oste artista cfr soprattutto M. Bi- Ancora una volta la percezione contrasta con la consistenza fisica
gnardi, G. Zampino, a cura di, Annibale effettiva: quelli che appaiono fluenti drappi spiegazzati dalle cor-
Oste. Attraversamenti. Dalla scultura al
design: 1979-2005, cat. della mostra a
renti aeree non sono in realtà che rigide ed immobili costruzioni in
Ravello, Altrastampa edizioni, Napoli 2005 fiberglass. E forte poi è il richiamo della statuaria classica. La perso-
ma anche C. Gambardella, More craft nale del 1980 presso lo Studio Ennessse di Milano, in cui si conden-
more design, Annibale Oste Studio Azzur-
ro, cat. della mostra a Ravello, Arte’m,
sano tutte le precedenti esperienze, è emblematicamente intitolata
Napoli 2012. “Intorno a Orfeo e Euridice”. Il pezzo forte di quella di due anni dopo,
160

“Scultura tra realtà e paradosso” (1982), che si tiene presso la Gal-


leria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo, è Ulisse, un lungo
manto bianco che pur mostrando le pieghe prodotte dal contatto
con un corpo non ne contiene alcuno. E conosce a fondo la storia
dell’arte che cita poi continuamente anche nelle sue sperimentazio-
ni di design, spaziando dalla classicità a George Segal, se tra l’altro
l’artista recluta per strada passanti al fine di praticare sul loro viso
un calco in carta stagnola. Dai primi anni Ottanta comincia a dedi-
carsi al design che presto diviene la sua principale attività. Negli
ultimi vent’anni ha così preso parte, tanto in Italia quanto all’estero,
a numerose e prestigiose esposizioni specificamente dedicate a tale

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settore, tra cui “Nouvel ecleticism” (Parigi, 1986), “Icons” (Londra,
1987), “L’art dans les meubles” (Parigi, 1989), “Made of light” (Fi-
renze, 1990), “Glass design” (Milano, 1994), “Fatto ad arte” (Todi,

ito
1996), “Enlightenment” (Caserta, Milano, Breda, 1997), “Hand
made” (Ercolano, 2001) e le diverse edizioni di “Abitare il tempo”
(Verona) e di “Abitare con l’arte” (Milano). Ha inoltre collaborato
con diverse ditte come Poggi & Mariani, per una collezione di mani-
.ed
glie, Poltronova, per una collezione di specchi, Promemoria, per
specchi, maniglie e mensole, Rapsel, per una serie di arredo bagni,
Mangani, per una serie di porcellane, Altraluce per una linea di lam-
pade, La Fornace della Cava, per linee di mattonelle, e Lumen center
Italia per una linea di lampade. Come designer Oste si definisce un
da

“attraversatore di territori”. Il suo appellarsi al genius loci non va


perciò tanto inteso in riferimento alla tradizione del suo luogo di
nascita, bensì come sincera ed impregiudicata fascinazione per tut-
to ciò che di visivamente interessante provenga da qualunque luogo
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della Terra ed a qualunque epoca appartenga (fig. 3). E rifugge dal


razionalismo freddo ed omologante poiché il suo lavoro rientra si-
curamente nella poetica del design dell’emozione. I suoi oggetti
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sono pezzi unici o frutto di piccole serie che vogliono destare mera-
viglia. “Ci rechiamo al mercato delle pulci per trovare oggetti anti-
chi che ci comunichino certe atmosfere, ma non sarebbe bene”, si
chiede, “che questo avvenisse anche per gli oggetti moderni?”. Il fine
dichiarato di Oste è infatti, concetto assai prossimo alla poetica
barocca cui per altro il suo lavoro è non di rado ricondotto: suscita-
re “la meraviglia delle cose”, ponendo anche in oggetti molto picco-
li quel quid in più di suggestione. Si scorge, però a nostro avviso
anche una forte componente surreale per la sensazione di spiazza-
mento che il fruitore vive davanti ad oggetti che definiremmo ‘im-
previsti’. (fig 4) Un altro importante suo principio è il rispetto della
specificità del materiale, la conoscenza profonda di tecniche e ma-
terie. Solo rispettando le caratteristiche fisiche della materia di vol-
161

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Fig. 3 ta in volta impiegata essa verrà esaltata al massimo grado e ne


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Annibale Oste, Opera mobile il tuffatore, scaturiranno esiti innovativi e di alto livello. Oste supera completa-
2003, legno, fiberglass, bronzo, acciaio
cm 120 x 50 x h cm 180 mente la visione del design industriale, e certamente può rientrare
nella definizione di arti-design, anche se oggi credo sia più giusto
Fig. 4 definirlo designer tout court. “L’arte”, ricorda Oste, “mi offriva tutta
Annibale Oste, Opera mobile colombari k
22, 2005, legno, fiberglass, alluminio una serie di stimoli, ma questi rimanevano entro parametri ben pre-
nichelato, cm 85 x 38 x h cm 188 cisi. Con il design mi sono sentito invece pienamente libero. Il desi-
gn mi ha dato la possibilità della “circolarità”, nel senso che puoi
davvero spaziare “dal cucchiaio alla città”, da un piccolo pomello ad
una costruzione alta anche venti o trenta metri”19. E il suo magico
19. Ringrazio Mariasole Oste per tutte le laboratorio nel cuore antico di Napoli è in realtà un “laboratorio
preziose informazioni ricevute. dell’immaginazione”20. Ed ecco che dalla scultura al design all’arte
20. R. De Fusco in V. Corbi, Annibale Oste:
mito e funzione, catalogo, Premio Marche,
pubblica il passo è breve. Infatti, dalla fine degli anni Ottanta alla
Ancona 15 luglio-31 agosto 1990, p. 23. sua produzione consueta, cominciano ad affiancarsi installazioni ad
162

ampia scala collocate in spazi pubblici. Così avviene in vari siti di


Sansepolcro, ove opera in principio da solo e più tardi in coppia con
l’amico Antonio Davide. Ma le esperienze più significative in tal sen-
so sono da considerarsi probabilmente quelle condotte in Giappone:
da “Le pont de ciel” (Osaka, 1987) fino ad “Acqua e Fuoco” (Wakaya-
ma, 1997), “Il tempo delle origini. Il tempo della natura. Il tempo
meccanico” (Osaka, 1997) e “Lucifesta veneziane” (Wakayama,
1998)21, operazioni “tematiche” che traggono ispirazione primaria dal
contesto in cui sono poste e che, costituite interamente di luci colo-
rate, si propongono di rinnovare il linguaggio della tradizione campa-
na e meridionale in genere degli apparati decorativi per feste, che nei

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secoli hanno segnato l’apice dell’incontro tra arti maggiori e minori.
Un altro grande progetto d’utopia che è visione strategica per un
mondo nuovo è quello di Ugo Marano, non un artista, ma un autore

ito
che da sempre crede nel dialogo tra le arti e che trasforma la com-
plessità e la conoscenza della tecnica in ricerca ed innovazione22.
Marano davvero riesce ad andare oltre il confine23 tra arte artigia-
nato e design con una creatività ed una progettualità, del tutto
.ed
esemplari. Ed è infatti il suo lavoro una sintesi eccellente di abilità
pratica e di finezza di pensiero. Autore poliedrico e geniale ha di
fatto precorso i tempi con una concezione del lavoro creativo a tre-
centosessanta gradi che fa dialogare incessantemente le arti e le
tecniche e recupera la dimensione del fare manuale e artigianale
da

con uno spirito tutto contemporaneo, preoccupato di proporre at-


21. www. annibaleoste.it. Il sito è molto
traverso la sua opera nuovi modelli di vita24. “Artista-radical-con- ricco.
cettuale-utopico” – come amava definirsi lui stesso25, dopo aver 22. M. Di Capua, a cura di, Ugo Marano:
una collezione privata, Catalogo della
studiato all’Accademia del Mosaico di Roma e all’Accademia del
ui

mostra al Plart, Edizioni Plart, Napoli


Nudo di Ravenna, dal 1966 al 1972 lavora con ceramisti vietresi; la 2015. Ringrazio Pina di Pasqua del Plart
sua prima personale ad Amalfi è del 1968, in cui espone sculture di per la consueta disponibilità e le informa-
zioni e i materiali ricevuti.
ferro. Nel 1976 partecipa alla XXXVIII Biennale di Venezia. Numero-
23. G. Cassese, M. Paderni, Builders of to-
G

sissime le presenze nelle grandi rassegne internazionali di design. morrow, cit. pp. 162-163.
Una sua grande opera pubblica in ceramica Napoli città madre, che 24. Massimo Bignardi, a cura di, Ugo Ma-
rano sculture, mosaici, ceramiche, disegni,
è simbolo dell’incontro tra arte, design e architettura è stata realiz- dipinti, performances 1965/2011, catalo-
zata per la seconda entrata della stazione Salvator Rosa, della Me- go della mostra al FRAC di Baronissi, Gu-
tropolitana di Napoli, con alcuni temi iconografici già presenti nelle tenberg Edizioni, Fisciano (Sa), 2014.
25. R. D’Andria, Ugo Marano: artista-radi-
sue ceramiche (fig. 5)26. Marano affronta il dilemma tra la progetta- cal-concettuale-utopico;contributi di Pa-
zione di “cose per un’esistenza regolata su principi di strategia eco- squale Persico, Alessandro Mendini, Gillo
nomica” e la creazione di “manufatti per una vita più semplice e Dorfles, Arte’m, Napoli 2014.
26. G. Cassese La grande sfida contempo-
creativa”. Su questo assioma nel corso degli anni Ottanta e per buo- ranea del mosaico e della ceramica per
na parte del decennio successivo, struttura il suo rapporto con l’arte pubblica e nei luoghi di transito, in
aziende, fiere, gallerie, in particolar modo con aziende di Firenze e D. Torcellini, a cura di, Chuck Close. Mo-
saics, catalogo della mostra al MAR di
di Milano. Supera con grande preveggenza il concetto dell’industrial Ravenna, Silvana editoriale, Torino 2019,
design, preferendo invece il pezzo unico o la serie limitata, espri- pp. 56-63.
163

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Fig. 5
Ugo Marano, Vaso Maestoso, 2003,
terracotta smaltata, 70 x 160 cm.
Courtesy Maria Pia Incutti. Foto
Antonella Russo
da

mendosi in termini di “protodesign” in alternativa alla produzione di


massa. La sua è la filosofia del radical design e si pensi agli Arruggi-
ui

nibili, i Piatti sonori, le Signore sedie27, i Vasi misteriosi che sono solo
alcuni esempi dell’instancabile ricerca di Marano dove, “al valore
elementare e povero dei materiali corrisponde quello ‘primario’ del-
G

le forme, distanti dalle preoccupazioni della produzione seriale e


omologante”. E come non citare anche La panca degli sposi a Verda-
lia a Lecce, gli Arredi per il foyer di Villa Patrizi e Il Camino in cera-
mica a Napoli, nonché il grande rapporto di amicizia pluridecennale
con alcuni collezionisti di grande lungimiranza come Maria Pia In-
cutti: infatti alcuni suoi pezzi simbolici (fig. 6) sono oggi proprio al
27. U. Marano, Le signore sedie, La botte-
gaccia, stampa 1983. Plart28. In tale contesto si inserisce la collaborazione con alcune
28. Ultimo frutto di quest’amicizia è la imprese, prime fra tutte il mobilificio De Angelis e l’azienda Bisazza,
pubblicazione del Plart U. Marano, Certo-
leader nella produzione di tessere musive in vetro. Numerosi sono i
sa esplosa, introduzione Remo Bodei, po-
stafazione Pasquale Persico, edizioni tavolini e le consolle che Marano crea utilizzando le tessere di Bi-
Plart, Napoli 2020. sazza, tra questi Tavolo magico e Va bene o Capri29, proprio in colle-
29. Il tavolo è stato esposto al Mic di Fa-
zione Incutti. Con Bisazza sperimenta anche il vetro soffiato di Mu-
enza. Cfr. G. Cassese, M Paderni, Buil-
ders… cit. pp, 162-163. rano e crea oggetti esposti nella mostra “Glass-vetro” aperta al
164

Fig. 6
Ugo Marano, Torno Subito, 1995, ferro,
cemento, mosaico, 82 x 30 x 80 cm.
Courtesy Maria Pia Incutti. Foto
Antonella Russo

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ui

confronto di aziende ed artigiani italiani e svedesi. Di grande mo-


G

dernità per una sfida già tutta dentro il terzo millennio l’intuizione
dell’uso della ceramica e del mosaico anche fusi insieme. Collabora
al progetto di Carlo Giorgi con il coinvolgimento di Luca Scacchetti,
Annibale Oste e Urano Palma partecipando per molti anni al Salone
del Mobile di Milano30. Lavora in “Megalopoli” di Agneta Holst e
produrrà in serie limitata di nove esemplari l’angoliera Natalia e una
lampada Luciferino, che in occasione della mostra “Abitare con
arte” del 1990 saranno presentate da Ugo la Pietra. Questa ricostru-
zione se pur non esaustiva non può concludersi senza ricordare la
partecipazione a partire dagli anni ’80 ad “Abitare il Tempo”, mani-
festazione inserita nella “Fiera del Mobile” di Verona, curata da Car-
30. Ringrazio Stefania Marano, moglie di
lo Amadori con la collaborazione proprio di Ugo la Pietra. Un conte- Ugo, per tutte le preziose informazioni
sto nel quale Marano, presente dal 1986 al 1997, progetta e ricevute.
165

realizza in collaborazione con diverse aziende elementi di arredo,


nonché veri e propri ambienti, sintomo di un interesse per la proget-
tazione che progressivamente si dilaterà sempre più verso lo spazio
domestico e poi urbano proponendo, per usare il suo stesso linguag-
gio, amore, amicizia, pace e rispetto. Le parole di Gillo Dorfles più
passano gli anni più sembrano attuali per aver individuato la sua
grande eredità di “artista del nuovo secolo, capace di riflessione
simbolica e concettuale, ma anche di sofisticata perizia artigianale,
in un nuovo trionfo della manualità”.
Altro artista salernitano sul confine e grande animatore culturale
che ha sempre creduto nel valore dell’artigianato, nonché protago-

ri
nista di quelle che definiremmo oggi le industrie culturali e creative
è Pietro Lista, (Castigione del Lago 1941) umbro di nascita ma allie-
vo all’Accademia di Belle Arti a Napoli con i maestri Emilio Notte,

ito
Giovanni Brancaccio, Vincenzo Ciardo, Mario Colucci. Nel 1968 è
presente alla mostra di Amalfi “Arte Povera + Azioni povere” a cura
di Germano Celant, nello stesso anno costituisce il gruppo teatrale
Artaud e pubblica Il verbo sorge dal sonno come un fiore. Realizza
.ed
numerosi happening e film d’artista. Nel 1970 apre la galleria Taide
a Salerno, e fonda la rivista Taide-Materiali minimi. Negli anni ’80
inizia a dedicarsi alla scultura e alla ceramica. Ed ama definirsi “un
creativo a tutto tondo che manipola oggetti”. Nel 1993 fonda a Pa-
estum il MMMAC, Museo dei Materiali Minimi di Arte Contempora-
da

nea31. Dagli anni Ottanta inizia a dedicarsi alla scultura e alla cera-
mica e da allora si succedono le partecipazioni a eventi
internazionali. Nell’ambito del design porta la cifra del suo minima-
lismo e del suo rigore formale, della sua adesione alla poetica
ui

dell’Arte Povera, la scelta di campo per i materiali della tradizione


mediterranea e l’attenzione anche per valori tipici dei nostri tempi
31. Nel 1998 Achille Bonito Oliva presen-
come la sensibilità per scelte ecologiste32. Lista “parte ed approda ad
G

ta a Roma una mostra retrospettiva del un linguaggio ridotto ad alfabeto elementare, giocato prevalente-
maestro. Nel 2004 l’Azienda di Soggiorno mente sul bianco e nero, trasgredito dalla presenza isolata e rara di
di Cava dei Tirreni organizza una mostra
antologica, nei locali del Convento di
altri colori. La riduzione dello scheletro comporta un’essenzialità
Santa Maria del Rifugio a Cava dei Tirreni, con un’implicita perdita di peso e di leggerezza: Lista, diventa ap-
Salerno. Cfr. F. Basile, a cura di, Pietro Li- punto una lista d’attesa per il pubblico che aspetta l’epifania, l’ap-
sta 1964-2004, cat. della mostra, Taide,
Salerno 2004.
parizione dell’immagine”33. Sono da ricordare nell’ambito del nostro
32. R. D’Andria, Il MMMAC di Paestum, Il tema la grande produzione di ceramiche (fig. 7) realizzate con la
frammento e la cornice, Salerno 1980; A. Fornace Falcone di Montercorvino Rovella e soprattutto i suoi 10
Bonito Oliva, Pietro Lista, Paestum -Saler-
no 1998; Pietro Lista, “Interni”, catalogo
camini biologici creati proprio lì ed esposti nel 2011 presso “Linee
della mostra, Galeria d’art 33, Barcellona, contemporanee” a Salerno, tutti ispirati al moderno credo del ri-
testo di Gillo Dorfles, Barcellona 2000. sparmio energetico. Interessanti e suggestive sono le forme degli
33. A. Bonito Oliva, Pietro Lista - lista
d’attesa, testo per la mostra del 1993 alla
oggetti e gli stessi materiali utilizzati che evocano l’antica tradizio-
galleria Miniaci, Milano Brera. ne del fuoco destinato al riscaldamento umano. Maioliche dipinte
166

ri
ito
.ed
Fig. 7
Pietro Lista, Morandiane, 2007, piatto in
ceramica, diametro cm. 42
da

da strisce robuste di colore del fuoco incorniciano la fiamma del


caminetto che esce dal piccolo serbatoio alimentato da bioetanolo,
un gas leggero che con una sola carica è capace di mantenere caldo
un ambiente per oltre otto ore. In questa occasione Pietro Lista seb-
ui

bene abbia allestito uno scenario fatto dalle sue famose pitture che
vanno dai quadri con soggetti acefali ai vasi in ceramica, debutta in
veste di designer e di arredatore di ambienti”34, con oggetti con
G

nomi evocativi come Corolla o Carroccio o Panca, che ricordano la


tradizione contadina del Cilento: una sorta di design povero di deri-
vazione dall’arte povera di grande inventiva.
Su un altro fronte ma sempre sul confine ecco poi Laura Cristinzio,
autrice eclettica che sonda da decenni altre traiettorie oltre la scul-
tura: la fotografia, il disegno, le performance, le installazioni, il de-
sign appunto. “Spesso negli anni ho alternato ai grandi progetti,
performance e installazioni, oggetti di design, e piccole opere da
indossare, dove l’idea unitamente alla materia luminosa assume va-
lore di preziosità assoluta ed inconsueta”35 scrive lei stessa. Il suo è 34. U. Di Pace, Il design innovativo di dieci
un interesse costante per i materiali, ama i polimeri e metacrilati e «caminetti biologici», in Corriere del Mez-
zogiorno, 7 novembre 2011.
la materia elettroluminescente per tradurre la trasparenza della 35. Ringrazio Laura Cristinzio per tutte le
luce, la sua stessa percezione vero leitmotiv di tutta la sua ricerca preziosi informazioni.
167

sperimentale nel campo delle comunicazioni spazio-visive. “Noi ri-


flettiamo, come uno specchio le sue nuove forme, che risultano
dall’integrazione tra la poesia della tecnologia e la disciplina
dell’immaginazione. Questa arte della natura artificiale è un docu-
mento, ma un documento ottimista del nostro tempo”. Ha collabo-
rato con diverse società, gruppi di architetti e designer come Koan e
Artidesign Human Design. E ha lavorato con Olle Anderson e il grup-
po Artesign nella realizzazione di due importanti mostre a Milano,
Galleria Terzo Millennio e Duff House Gallery a Banff in Scozia36. Di
particolare interesse sono i suoi Polipedi del 2004, (fig. 8) tutti in
metacrilato, vere opere funzionali e fonti di luce ambientale37. Ha

ri
curato l’immagine grafica di molte aziende campane e produce an-
che gioielli. Nel 2000 Rachael Barraclough la invita a presentare le
Gioie di Luce, 30 piccole sculture da indossare, fatte in argento, me-

ito
tacrilato e fibre elettroluminescenti, alla Contemporary Decorative
Arts Selling Exhibition di Sotheby’s a Londra. Approda poi dal 2010
anche al tema del food design quando si organizzano a Napoli alcu-
.ed
Fig. 8
Laura Cristinzio, Polipede, 2004,
metacrilato termoformato,
m. 1,80 x 1,90
da
ui
G

36. A. Troncone, Laura Cristinzio, in V.


Trione, a cura di, Atlante dell’arte con-
temporanea a Napoli e in Campania
1966-2016, Napoli 2017, pp. 85-86.
37. M. Picone Petrusa, a cura di, Laura
Cristinzio, Ultimo reperto, cat della mostra
al MAN, Paparo, Napoli 2015, pp. 70-71.
168

ni happening per la terza edizione di Wine and the City e inventa al


Castel dell’Ovo la mostra di arte e design “Un tuffo nel vino” dove
Salvatore Cozzolino organizza, attorno alla sagoma di tovagliette
per il convivio, il lavoro di sei autori tra i quali Marcello Panza, Giu-
seppe Coppola e Alfonso Vitale38.
Nell’ambito di artisti la cui opera è poi sfociata spesso nel design
della comunicazione non si può non citare Oreste Zevola39 pittore,
sculture e illustratore che ha vissuto fra Napoli e Parigi ed era mol-
to apprezzato negli Stati Uniti. Autore colto raffinato ed eclettico
con una grande immaginazione, ha affiancato all’attività’ espositiva
quella di illustratore e di designer. Ha realizzato l’immagine di im-

ri
portanti eventi culturali e di comunicazione in Italia e all’estero.
Negli Stati Uniti suoi disegni sono stati pubblicati dal New Yorker,
dal Washington Post e da numerose riviste delle Edizioni Times, For-

ito
bes e Bloomberg. Più volte suoi lavori sono stati selezionati dalla
38. S. Cozzolino, in Op. Cit., n° 154 p. 92.
Society of Illustrators di New York e inseriti nella loro prestigiosa 39. Cfr. G. Laurino, a cura di, Oreste Zevo-
pubblicazione annuale. Il centro del suo fare multimodale è sempre la. Flussi, cat della mostra a Castelnuovo a
stato il disegno da cui si genera un mondo di figure primordiali e Napoli, Nola 2002. Si veda in particolare
all’interno il testo di A. Masullo dedicato
.ed
simboliche e che riesce anche a far tesoro del genius loci parteno- all’artista dall’emblematico titolo Scheg-
peo interpretato con uno spirito moderno internazionale: emblemi ge di luce nera.
Il sito dell’artista è particolarmente ricco
sacri e simbologie tribali, forme di vita vegetale ed animale, simula-
di immagini e documenti. www.oresteze-
cri enigmatici, legati all’origine dell’uomo popolano il suo mondo vola.it. Si veda anche A. Troncone, Oreste
allegorico. Oltre ai gioielli, ha prodotto opere e oggetti in ceramica, Zevola, in V. Trione, a cura di, Atlante
da

dell’arte contemporanea… cit., p. 234.


progettato decorazioni per vassoi in acciaio (Giannini). Ha sempre
40. Tra le sue innumerevoli pubblicazioni:
manifestato una raffinata attenzione per gli aspetti della comuni- Bacioni da New York, con poesie di Ales-
cazione visiva40. Sue illustrazioni o copertine sono state pubblicate sandro Rosada, 1983, e Le mie creature,
su un racconto di Enzo Battarra, 1999.
da Liberation, New Yorker, Wall Street Journal, e da editori quali
ui

41. Si veda la ricca documentazione ico-


Mondadori. Ha firmato loghi di istituzioni culturali come quelli per nografica sul sito dell’artista www.oreste-
il Teatro Mercadante e il Napoli Teatro Festival, la carta dei servizi zevola.com. Ringrazio la moglie dell’arti-
sta Marina Gargiulo per la disponibilità e
per l’Aeroporto di Napoli e importanti campagne di comunicazione la cortesia.
G

cui quella contro l’AIDS Sida Centrafrique41, (fig. 9) che, oltre a te- 42. Il progetto, realizzato in collaborazio-
stimoniare il suo grande interesse per la cultura africana, ha segna- ne con l’Alliance Française di Bangui, Re-
pubblica centroafricana e rivolto in modo
to l’incontro tra un coraggioso medico che da anni lavorava per particolare alle donne e ai giovani della
contrastare le cause e gli effetti del flagello AIDS. Zevola realizza Repubblica centroafricana, consisteva in
singolari immagini per una nuova ipotesi di comunicazione visiva una serie d’immagini accompagnate da
brevi scritte appositamente concepite da
dalla forte coscienza sociale42. Oltre ai disegni elaborati con tecno- medici e operatori sociali che lavoravano
logia digitale, il progetto di comunicazione era complesso e preve- sul campo con l’obiettivo di sensibilizzare
deva anche la realizzazione di stampe, locandine, adesivi, t-shirt e la popolazione.
43. Il progetto era completamente autofi-
quaderni, messi gratuitamente a disposizione della popolazione lo- nanziato ma diedero il loro sostegno FACE
cale e che, riproducendo le stesse immagini tematiche amplificava- AU SIDA, oltre all’Ambasciata Francese in
no la diffusione del messaggio43. Centroafrica, la Croce Rossa francese, Air
France Skyteam, l’Organizzazione Popula-
Sempre nel campo del visual design in una dimensione più ampia tion Service International, Total Centra-
che include anche la musica, si inscrive la ricerca di Fabio Barisani frique e il Complesso pediatrico di Bangui.
169

Fig. 9
Oreste Zevola, Immagini realizzate per la
campagna di prevenzione contro l’Aids
- 2006 Bangui - Repubblica
Centroafricana

ri
ito
.ed
da
ui
G

(Napoli 1957) docente di Tecniche e tecnologie della grafica e di


Fenomenologia del corpo all’Accademia di Belle Arti di Napoli44.
Dopo la maturità d’arte Applicata in Arti della Stampa presso l’Isti-
tuto Statale d’Arte F. Palizzi di Napoli, ha conseguito il Diploma in
Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e il Master Univer-
sitario in “Digital writing. Scrivere con i nuovi media”, presso la fa-
44. Si veda l’intervista a Fabio Barisani di coltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze. Ha svol-
Michela Aprea, Progetto e ricerca nel vi- to, dal 1979, attività professionale di visual designer e fotografo,
sual design, in Racna Magazine
25/06/2015. Cfr. http://www.racnamaga- collaborando come freelance con vari studi d’architettura e in col-
zine.it/tag/fabio-barisani/ laborazione con vari Studi e Agenzie di Comunicazione, partecipan-
170

do a progetti in concorsi nazionali, internazionali e con numerose


pubblicazioni all’attivo. È stato fotografo d’architettura e per la ri-
produzione d’opere d’arte, realizzatore di modellistica d’architettu-
ra, progettista e realizzatore d’immagine per la simulazione e la
comunicazione d’architettura. La sua ricerca artistica più recente si
avvale delle tecniche digitali di motion graphics, indagando le rela-
zioni suono/immagine in collaborazione con musicisti e composito-
ri in ambito internazionale. Con tale produzione ha partecipato a
vari progetti ed eventi in Italia e all’estero45. La sua ricerca è davve-
ro il simbolo di una trasversalità a tutto campo che coinvolge il
fruitore con i vari sensi dalla vista all’udito (fig. 10).

ri
Felix Policastro è altra figura poliedrica e sempre in bilico, che spazia
nel campo del design, interessato da subito ai sistemi di comunica-
zione visiva, coltivando esperienze in diverse discipline e azzardan-

ito
do, nei primi anni Ottanta, una propria espressione artistica, con il
solo uso di colori, e forme “fantastiche”. Sperimentando tecniche
innovative su materiali e supporti naturali in mostre ed eventi di
respiro nazionale ed internazionale quali la LIV Esposizione Interna-
.ed
zionale d’arte della Biennale di Venezia “indirizza la sua ricerca arti-
stica verso la funzionalità e mira alla definizione del “progetto divi-
no”46, nel tentativo di armonizzare intellettualmente uomo e natura.
Policastro lavora tra design della comunicazione e di prodotto: sce-
glie la strada dell’apparente semplicità per l’ideazione e la realizza-
da

zione del Logo della Fondazione Festa dei Gigli, in onore di San Pao-
lino: logo che racchiude in sé storia e tradizione, certezza ed
innovazione. Realizza pezzi unici in ceramica prodotti dal laborato-
rio Terre Blu di Caserta dedicati alla quotidianità, come il servizio da
ui

caffè, il set di piattini da dessert, il portacandela o i magici Vesuvi.


(fig. 11) Spesso si è dedicato anche all’exhibition design, curando
allestimenti originali di mostre anche di altri designer come in occa- 45. Ringrazio il collega o amico Fabio Ba-
G

sione della grande antologica di Franco Mello al Plart nel 201747. risani per le tannte informazioni ricevute.
Anche Michele Iodice, artista e designer di cultura partenopea, la cui 46. Cfr. V. Sgarbi, a cura di, Lo stato
dell’arte, catalogo del padiglione Italia,
multiforme attività spazia dalla scenografia agli allestimenti musea- settembre 2011/gennaio 2012 della LIV
li e alle installazione site specific, propone oggetti che hanno già nel Biennale di Venezia.
loro DNA la necessità di trasformazioni e deformazioni per un mondo 47. G. Cassese, a cura di, Provocazioni e
corrispondenze…, cit, dove sono pubbli-
in continuo divenire48. È lui stesso a dichiarare: “Ho iniziato con la cate le foto dell’allestimento originale
scenografia, poi ha avuto luogo la mia prima mostra nel ’92 a cura della mostra a pp. 12, 13, 14, 21, 22, 26,
degli Incontri Internazionali d’Arte in una casa abbandonata dal ti- 35, 37, 41 e 46.
48. O. Scotto di Vettimo, Michele Iodice,
tolo “Star di Casa”. In questa mostra lo spazio, le sculture e i mobili in V. Trione, Atlante…, cit., p. 135; con
da me disegnati divennero un’unica opera. Ho sempre amato la casa bibliografia precedente; www. micheleio-
come luogo creativo, costruendo oggetti d’uso quotidiano, mobili, dice.it.
49. M. Iodice, Creare e ricreare, in G. Cass-
sedie, letti, lampade, vasche, con materiali e tecniche diverse”49 – Ed sese, a cura di, Il futuro del contempora-
ecco alcuni esempi della sua produzione ibrida tra arte e design: I neo …, cit. pp. 118-121.
171

ri
ito
Fig. 10 Molluschi, (fig. 12) sculture dalla forma organica, realizzati con tubi
Fabio Barisani, dittico composto da due
di alluminio corrugato, tagliati, manipolati, colorati, possono essere
frame dell’audiovisivo El Niño, 2010
dei contenitori oppure, lampade dalla luce scomposta. I Plumbum,
Fig. 11 una serie di oggetti in piombo nascenti da un semplice foglio dalle
Felix Policastro, Ipotesi di eruzioni
dimensioni 20, 25 cm, da trasformare in vaso, portacandela, svuo-
.ed
possibili, da Veicolazione di idee
fertilizzanti, 2005, lamina di rame ta-tasca, cornucopia etc. ed altre realizzazioni di dimensioni molto
modellata maggiori. Addirittura grazie alla duttilità della materia con cui sono
realizzati i Plumbum, il collezionista può intervenire creativamente e
funzionalmente alla trasformazione di essi. Una forma di opera rela-
zionale a cui si aggiunge l’interesse per il ready-made, e per i più
da

disparati materiali riciclati sia antichi che contemporanei e l’oggetto


già fatto che diventa elemento o supporto per la costruzione di una
nuova opera: ed ecco che il ready-made include spesso anche la di-
ui

Fig. 12
Michele Iodice, Mollusco, alluminio
corrugato, foto Arash Radpour
G
172

mensione del restauro affinchè riviva in una nuova opera. Lavora sul
confine anche nell’ambito dell’exhibition design progettando inoltre
mostre presso i musei, come il Museo Isabella Gardner Stewart, il
Museo di Capodimonte, la Galleria Carracci il Museo Archeologico di
Napoli.
Il prototipo dell’artista contemporaneo eclettico, sperimentatore e
nomade che sonda tecniche e materiali diversissimi è sicuramente
Mimmo Paladino, esponente di spicco della Transavanguardia di
fama internazionale, che spesso per le sue opere ha lavorato in
equìpe anche con artigiani esperti ed ha operato anche nell’ambito
del design, producendo oggetti di grande seduzione, specchio della

ri
sua poetica. In realtà la sua stessa casa d’artista a Paduli (BN) po-
trebbe considerarsi un’opera di design. Anche la famosa Porta D’Eu-
ropa è un grande ibrido, un’opera simbolica tra arte, architettura e

ito
design per l’isola di Lampedusa ed oggi è un simbolo per non dimen-
ticare le stragi in mare che spesso non hanno né testimonianze né
voce. Ma è soprattutto un invito alla riflessione al di la delle perso-
nali credenze religiose o politiche. E molti di quei motivi tornano
.ed
anche per la monumentale porta d’ingresso da lui progettata per il
Museo Internazionale delle Ceramiche a Faenza, Museo che gli ha
dedicato una grande mostra sulla sua interessantissima produzione
ceramica50. La ceramica da sempre incentrata è un materiale che
Paladino ha sondato per arte e design, prima collaborando con alcu-
da

ne manifatture a San Lorenzello (BN) e poi per decenni a Faenza,


entrando in contatto con la famosa bottega Gatti. Nelle sue cerami-
che tornano i segni, i simboli e i rimandi all’epos e al mondo primi-
tivo tipici della sua complessa poetica. Nel 1981 Paladino ha parte-
ui

cipato al “Mobile infinito”, un progetto sperimentale che vedeva la


collaborazione di artisti (in particolare quelli della Transavanguar-
dia, tra cui anche il napoletano Francesco Clemente) e altri desi-
G

gner51. Per Memphis, casa storica che sonda dagli anni 80 i confini
tra arte e design, ha ideato mobili di altissima qualità formale come
il mobile Ficcanaso o il grande armadio Vanitas con porte serigrafa-
te. Ha collaborato, poi, con Cleto Munari52 per tutta una serie di
mobili, vasi, tappeti, gioielli pezzi a tiratura limitata e restano nella 50. Claudia Casali, a cura di, Paladino. Ce-
ramiche, cat. della mostra al MIC di Faen-
memoria alcune immagini iconiche come le credenze San Romano za, Gli Ori Pistoia 2012.
nelle due versioni o l’omonimo tavolo prodotto da Cleto Munari in 51. A Mendini e Studio Alchimia, Il mobile
nove esemplari con sette lance che trafiggono il piano in cristallo a infinito. Catalogo della mostra presso la
Facoltà di Architettura, Politecnico di Mi-
diventare supporti dell’opera. Il progetto si ispira al famoso quadro lano 18-25 settembre, 1981. Alchimia
quattrocentesco di Paolo Uccello nel quale soldati e cavalieri armati Editore, 1981 e A. Guerriero, Alchimia: il
di lance si affrontano in una battaglia furibonda (fig. 13); o il mobi- mobile infinito, cat. pubblicato in occasio-
ne della mostra a Milano, Milano 2002.
le bar Gold e ancora il grande tavolo in marmo bianco con i numeri 52. https://www.cletomunari.com/desi-
neri Number. Merita anche ricordare in questo contesto Minimalia, gner/mimmo-paladino/
173

la fortunata serie di 6 tazze da caffè espresso in porcellana prodotta


per Illy Art Collection nel 2000 da Rosenthal. Nel 2007 Paladino ha
prodotto Dulcinea per Artemide in alluminio e ABS: “Un lavoro di
luce per la luce: nasce un po’ alla volta e poi prende forma: un pieno
che sembra anche vuoto e si riempie di luce.” – scrive lui stesso53.
Dulcinea è una lampada scultura dalla doppia essenza che nasce dal
suo lavoro per il film Quijote: fortemente presente, ma anche incor-
porea, diventa sogno e suggestione grazie alla luce.

ri
ito
.ed
da

Fig. 13 Anche Franco Mello nella sua collezione di gioielli dal titolo Sfioro ha
ui

Sergio Fermariello, foulard in seta, 2014,


cm 100 100, editato da Carmen Del
editato gioie di Paladino di grande impatto54. Nell’amplissima biblio-
Grosso grafia sull’artista l’aspetto relativo al design a nostro avviso di grande
valore, è, comunque, ancora poco sondato, mentre anche qui si rive-
G

la la sua grande creatività e una ricerca di estremo interesse. Sicura-


mente altri artisti di fama hanno avuti rapporti anche se sporadici
con il design, come Ernesto Tatafiore chiamato da un’azienda napo-
letana di conserve alimentari la D’Amico a decorare i tappi dei così
detti Vasi d’autore con il suo Viaggio di Ulisse. Anche Sergio Ferma-
53. https://www.artemide.com/it/subfa-
riello ha lavorato in più occasioni nell’ambito del design di prodotto:
mily/4048323/dulcinea. anni fa realizzò una borsa per Tramontano, poi un foulard che ripren-
54. G. Cassese, Provocazioni e corrispon- de il suo tema iconografico per eccellenza dei guerrieri (fig 14) e, da
denze. Franco Mello…, cit., pp. 83 e 147.
55. A. Troncone, Diego Cibelli, in V. Trione,
due anni a questa parte sta realizzando una linea di gioielli. Anche il
a cura di, Atlante dell’Arte Contempora- suo Gazebo del piazzale d’Armi a Castel Sant’Elmo si può considerare
nea…, cit., pp. 76-77. Si veda anche il sito un’opera di design urbano piuttosto che un opera d’arte in sé.
dell’artista: www.diegocibelli.com. Rin-
grazio Diego Cibelli per le informazioni
Tra gli autori delle ultime generazioni sicuramente Diego Cibelli
ricevute. (Napoli, 1984)55 è un artista che slitta e sonda i confini tra perfor-
174

ri
Fig. 14
Mimmo Paladino, tavolo Battaglia di San
Romano, cristallo extra chiaro, stampato
e temperato di spessore 15 mm. Sette

ito
gambe in metallo verniciato, fissate al
cristallo con bulloni, editato in nove
esemplari da Cleto Munari

mance e design. Già la sua formazione è davvero trasversale ed in-


.ed
ternazionale, al confine tra arte e design: oltre ad una prima forma-
zione all’accademia di belle arti (triennio in Pittura a Napoli e
biennio in Scultura a Berlino) ha poi scelto di iniziare un percorso di
formazione all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” con la
Magistrale in “Design per l’Innovazione” per un forte “interesse
da

nell’apprendere un metodo progettuale e far transitare valori cultu-


rali all’interno di oggetti d’arredo”, come ha dichiarato lo stesso ar-
tista. Predilige la ceramica e la porcellana per la sua produzione, per
una rivisitazione contemporanea di un materiale tutto collegato al
ui

nostro genius loci, ma trattato con sofisticata ricercatezza e ricerca


sperimentale, sostanziata da una grande consapevolezza teorica, e
volta a produrre effetti di fascino per nuovi scenari dell’abitare rea-
G

lizzando Superfici, Vasi e Sgabelli proposti sempre con grande quali-


tà allestiva (fig. 15 e fig. 16). Di grande interesse già il progetto Se-
renissima del 2018: un’installazione prodotta nella Real fabbrica di
Capodimonte con sei elementi per creare un nuovo habitat. L’aspet-
to davvero originale è che le sue sculture (quindi opere) richiamano
la funzionalità del design. Si tratta di grandi serie di vasi, sgabelli,
sedie, tutti in ceramica, realizzati con una tecnica sapiente che fa
tesoro della tradizione, reinterpretandola alla luce delle istanze con-
temporanee internazionali. Siamo certi che la sua ricerca darà esiti
fecondi già a partire da una serie di progetti in corso d’opera.
Infine, non si può non considerare nell’ambito del sistema dell’arte
che Napoli e la Campania hanno potuto contare su pochi spazi tra
musei, gallerie e laboratori che hanno esaltato il lavoro trasversale
175

ri
ito
Fig. 15 tra arti, artigianato e design e se nell’ambito dei Musei si può se-
Diego Cibelli, Sgabelli Progetto gnalare qualche apertura in tal senso del Madre, certo il Plart, ha da
Serenissima, porcellana di Capodimonte
2018 sempre privilegiato ed esaltato l’attività di creativi tra arti e design,
non solo attraverso l’esposizione permanente, ma anche con mostre
.ed
Fig. 16 dedicate ad autori di diverse generazioni. Tra gli spazi indipendenti
Diego Cibelli, vaso, porcellana di
Capodimonte, 2017 e le Gallerie certamente vanno citati Raucci e Santamaria e l’azione
di Giusi Laurino a Napoli con la sua Fabbrica delle Arti, nonché i
primissimi anni della Galleria di Dino Morra, e negli ultimi tempi si
deve sottolineare anche l’attività di Made in Cloister; mentre a Sa-
da

lerno un’attenzione anche al design locale l’ha dimostrata la Galle-


ria di Paola Verrengia e a Caserta Terre Blu di Giuseppe Coppola,
architetto e designer lui stesso che opera da decenni sui territori di
confine tra le arti come laboratorio dedicato alla produzione di og-
ui

getti “ironici e concettuali” in vari materiali, soprattutto ceramica e


metalli, disegnati in serie limitate da architetti ed artisti, e che ge-
stisce anche uno spazio espositivo. Questa panoramica sulla conta-
G

minazione tra arti e design non si può non concludere senza ricor-
dare che un’istituzione antica e complessa come L’Accademia di
Belle Arti di Napoli, dall’anno accademico 2007-2008 e grazie al
grande ampliamento dell’offerta formativa a seguito della Riforma
508/99 proprio sotto la direzione di chi scrive, forma ufficialmente
anche i designer del futuro con la sua Scuola di Progettazione arti-
stica per l’impresa articolata nei corsi di I e II livello (equipollenti
alla LM12) in Design della Comunicazione e Fashion Design.
Ci si augura che, in futuro, la città e il territorio sappiano trovare il
modo di promuovere e valorizzare le ricerche incentrate sulla con-
taminazione tra i linguaggi espressivi, che rappresenta la cifra di-
stintiva di questa cultura, tanto ricca e plurisecolare e porta in sé i
germi per ulteriori promettenti sviluppi.
Indice
5 Presentazione della Fondazione Plart
9 Prefazione
13 Napoli. Design Impermanente
Introduzione

1. I maestri del design e le loro scuole


19 1.1 Coerenza nella discontinuità di un insegnamento

ri
Ermanno Guida
33 1.2 Riccardo Dalisi, tra partecipazione animazione e scuola

ito
Francesca Castanò, Davide Vargas
65 1.3 Filippo Alison, educare alla bellezza
Paolo Giardiello
79 1.4 Renato De Fusco e il design nel Mezzogiorno: diagnosi
.ed
e ricette
Cettina Lenza

2. Il difficile progetto di una identità


da

89 2.1 Radici pulviscolari: Andrea Branzi e le qualità futuribili


del design mediterraneo
Francesca La Rocca
105 2.2 Professione designer. Ricerche, prodotti, mercato
ui

Salvatore Cozzolino
123 2.3 Napoli e “il silenzio della ragione”.
Dieci anni di resilienza e progettazione contemporanea
G

Chiara Scarpitti
139 2.4 Con flemma e argento vivo. L’opera di fondazione
disciplinare degli anni ’80 in Campania
Daniela Piscitelli
155 2.5 Innesti, sconfinamenti e dialoghi tra arti e design a
Napoli e in Campania
Giovanna Cassese

3. Verso l’istituzionalizzazione del design


177 3.1 Il disegno industriale nelle istituzioni della Campania
Pasquale Belfiore
374

187 3.2 Altri luoghi di Formazione: l’Istituto Superiore di Design


Giuseppe Albanese
199 3.3 Almerico de Angelis, le Giornate Napoletane del Design
(1990/1998). Culture, prodotti e avventure di vita nella
prima Design Week
Salvatore Cozzolino
209 3.4 La Delegazione Territoriale ADI Campania
Marina Parente, Andrea Jandoli
225 3.5 Imprenditoria al femminile: il caso PLART
Anty Pansera

ri
4. Design e artigianato

ito
241 4.1 Ricerche per un design di mediazione
Vincenzo Cristallo, Alfonso Morone
253 4.2 La Real Fabbrica di Capodimonte e la Scuola della
Porcellana: storia di una rinascita guidata dal Design
.ed
Valter Luca De Bartolomeis
267 4.3 L’innovazione digitale nel design: i FabLab e i maker-
space
Carla Langella
287 4.4 Geografie produttive e beni culturali.
da

Il progetto OFFICIAMUSEUM
Claudio Gambardella
ui

5. La moda
307 5.1 Il sistema produttivo TAC plus campano
Roberto Liberti
G

325 5.2 Culture produttive integrate. Le Filiere della Moda e del


tessile
Maria Antonietta Sbordone
341 5.3 La singolarità dell’opera di Livio de Simone nel contesto
del Made in Italy
Patrizia Ranzo

355 Note biografiche degli autori

361 Indice dei nomi

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