Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
un'iniziativa
© 2011 eBook per l'Arte – Elena Peli
Prima Edizione 2011
Licenza
Creative Commons 3.0 – Attribuzione - Non commerciale – No opere
derivate
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/
In copertina
Benozzo Gozzoli, La scuola di Tagaste
San Gimignano, chiesa di Sant'Agostino
4
permette lo sviluppo di capacità cognitive indispensabili alla pedago-
gia interculturale. Viceversa, l’interculturalità apporta nuove letture e
nuovi punti di vista allo studio dell’arte. Vengono inoltre analizzati i
quattro metodi utili a costruire un percorso che, a partire dalla nostra
stessa cultura, permetta, a stranieri e autoctoni insieme, di raggiun-
gere quella che è la finalità ultima di questa didattica: l’acquisizione
di competenze che permettano di vivere nel mondo multiculturale in
cui ci troviamo. Il primo metodo, quello ludico-laboratoriale, permet-
te un approccio iniziale all’opera di tipo emotivo, creando un terreno
comune a tutti e consentendo di mettere in campo sensazioni ed
emozioni, per scoprire affinità e differenze con quelle degli altri. Il se-
condo metodo, quello autobiografico, consente di collegare queste
sensazioni a esperienze vissute e conoscenze pregresse, aiutando così
a sviluppare capacità comunicative e di ascolto, portando alla consa-
pevolezza della limitatezza di ogni singolo punto di vista e della ne-
cessità di aprirsi agli altri e alle loro culture personali. Infine, il meto-
do comparativo consente di utilizzare le competenze acquisite per ac-
costarsi alle forme artistiche delle culture straniere.
Nel terzo e ultimo capitolo, viene analizzato il rapporto tra patri-
monio culturale e interculturalità. Anche in questo caso si tratta di un
legame positivo e produttivo per entrambi: il patrimonio ha l’occasio-
ne di rinnovarsi (diventando più aperto, dialogico, dinamico) attra-
verso la nuova lettura datagli dall’interculturalità, mentre quest’ulti-
ma riceve nuovi linguaggi e nuovi materiali.
Occorre quindi partire dalla consapevolezza del ruolo sociale del
museo e di come esso debba rendersi accessibile e fruibile da tutti.
Vengono poi analizzate le iniziative sviluppate dai musei in questo
ambito, differenziando quelle che intendono l’interculturalità come
fine dell’attività didattica museale (attraverso progetti di sviluppo al-
l’accesso, di integrazione delle culture immigrate e di programmazio-
ne culturalmente specifica) da quelle che invece la considerano un
mezzo (attraverso la promozione di una partecipazione attiva di ogni
tipo di pubblico, sia nella fruizione che nella produzione della cultu-
ra). È quest’ultima categoria quella che risulta più utile dal punto di
vista dell’interculturalità. I progetti appartenenti a quest’ultima sono
contraddistinti da alcune caratteristiche comuni: la formazione di
5
mediatori culturali per la rilettura del nostro patrimonio attraverso la
loro esperienza personale e la loro cultura d’origine, il coinvolgimen-
to attivo di gruppi misti, la sperimentazione di nuovi metodi, la colla-
borazione con artisti contemporanei e l’attivazione di collaborazioni
interistituzionali.
Un accenno viene infine riservato alla pedagogia del territorio,
come strumento per aiutare la coesione sociale attraverso la condivi-
sione degli spazi e dei beni culturali che vi si trovano.
A conclusione della trattazione ho incluso un'appendice con le
schede di analisi di alcuni musei d’arte italiani, ognuna con i relativi
progetti legati all’interculturalità, che sono risultati di fondamentale
importanza per lo sviluppo del terzo capitolo.
6
Indice
1.1 L'interculturalità 11
Obiettivi e cause dell'interculturalità 13
Il concetto di cultura 17
Cultura e potere 21
Il concetto di straniero 24
Immigrati e minoranze 25
I tre modelli di incontro con lo stato straniero 29
7
Il gioco come metodo 78
Il metodo autobiografico 83
Il metodo comparativo 87
La Ricerca-Azione 93
8
Castello di Rivoli (Rivoli, Torino) 136
Iniziative legate all’interculturalità presenti nel museo 136
Sul Tappeto Volante 136
PROGETTO ABI-TANTI.
La moltitudine migrante 147
9
MAP for ID 210
Educard 211
Bibliografia 212
10
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
1.1 L'interculturalità
11
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
2
A. Aluffi Pentini, Laboratorio interculturale. Accoglienza, comunicazione e confronto in
contesti educativi multiculturali, Junior ed., Azzano San Paolo (BG), 2002, p. 9.
3
Ibidem.
4
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 57.
5
Ibidem.
12
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
6
A. Genovese, Modulo di pedagogia interculturale, Scuola di specializzazione
per l’insegnamento secondario, Università di Bologna, a.a. 2002/03, p. 6.
7
F. Gobbo, Pedagogia interculturale, il progetto educativo nelle società com-
plesse, Carocci, Roma, 2000, pp. 9-10.
13
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
14
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
15
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
16
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Il concetto di cultura
17
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
18
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
19
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
18
F. Gobbo, op. cit., p. 42.
19
Ibidem, p. 37.
20
W.H. Goodenough, Multiculturalism as the Normal Human Experience, in
“Anthropology and Education Quarterly”, 1976.
20
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
essa, vengono spesso usati per escludere dal potere determinati grup-
pi (etnie, classi sociali,ecc…).
Cultura e potere
21
S. Piazza, F. Toscani, op. cit., p. 100.
21
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
ratore”22. Si tratta della situazione più ricorrente nella storia dei rap-
porti dell’occidente con il resto del mondo. Anche questa soluzione
porta spesso al conflitto, infatti quanto più gli immigrati si integrano
nel tessuto sociale grazie al loro inserimento nel mondo del lavoro,
tanto meno sono disposti ad accettare un’esclusione dalla cittadinan-
za politica.
Di recente abbiamo assistito a un caso di questo genere, nelle vi-
cende di rivolte di immigrati africani nella campagna calabrese. Da
anni essi vengono sfruttati come manodopera dalla criminalità orga-
nizzata e ormai sono così numerosi da mandare avanti il comparto
agricolo del Sud col proprio lavoro. “I migranti africani e arabi non
regolarizzati sono una presenza fondamentale per l'economia del
Sud, senza i quali fallirebbe questo comparto, affonderebbero le eco-
nomie di parecchie regioni e non vedremmo più arrivare i fondi eu-
ropei di sostegno all'agricoltura” 23 spiega lo studioso dei fenomeni
mafiosi Antonello Mangano. Le condizioni di lavoro, com’è facilmen-
te intuibile, sono al limite della schiavitù e questi lavoratori vengono
mantenuti nell’illegalità, una condizione accentuata dalle recenti nor-
me contenute nel Decreto sicurezza che rende reato la condizione di
immigrato irregolare. Sempre Mangano afferma che “le leggi razziste
volute dalla Lega non mirano a espellere gli immigrati, vogliono
mantenerli in una condizione servile, sotto ricatto. La fascia di im-
migrazione irregolare che lavora nei campi non accetterebbe mai
condizioni tanto dure in presenza di un'alternativa; inizierebbe ad
organizzarsi ed a rivendicare diritti: sanno di essere in dispensabili
e di sostenere un intero settore economico. Senza loro tante lande
del Meridione sarebbero condannate allo spopolamento. Dunque
che rimangano a lavorare, ma da schiavi”.24
Alla fine del dicembre 2009, però, un’aggressione da parte di due
teppisti (probabilmente legati alla criminalità organizzata) che hanno
sparato su un gruppo di africani, provocando la morte di due di loro,
22
Ibidem.
23
G.Ursini, Gli africani di Rosarno, in
http://it.peacereporter.net/articolo/19556/Gli+africani+di+Rosarno,
31/12/2009.
24
Ibidem.
22
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
23
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Il concetto di straniero
24
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
reso diverso. Alcuni segni (colore della pelle, origine, razza, ecc…)
vengono caricati simbolicamente e viene loro assegnato un significato
negativo. A questo punto non si cerca certo la comprensione, ma si
vuole piuttosto aumentare la distanza esistente, fino a farla diventare
estraneità e addirittura inimicizia. Queste delimitazioni sono sintomo
di un’identità traballante, che ha bisogno di ristabilire rigidamente i
propri confini, poiché pensa di averli perduti. Al contrario “un’identi-
tà certa di se stessa accetta di aprire i confini”.26
Immigrati e minoranze
26
T. Sundermeier, Comprendere lo straniero. Una ermeneutica interculturale,
Queriniana, Brescia, 1999, p. 161.
25
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
può anche non avvenire mai, perché non è detto che l’obiettivo del
migrante sia di stabilirsi definitivamente nel nuovo paese.
Proprio lo spaesamento è il sentimento che caratterizza l’evento
migratorio: spaesamento fisico, culturale ed emotivo. Può essere do-
vuto alle difficoltà nel trovare modalità di ambientamento e nell’inte-
grare soggettivamente i cambiamenti oggettivi che si sono verificati.
Questo spaesamento viene influenzato, in particolare, da una va-
riabile oggettiva nel rapporto col paese di arrivo, che riguarda la rego-
larità o meno dell’ingresso e le chance in senso lato di accesso a op-
portunità e servizi. Il mancato raggiungimento del benessere sperato
infatti rischia di protrarre a lungo tale spaesamento. La pedagogia in-
terculturale cerca quindi di assumersi anche l’obiettivo di facilitare la
capacità del bambino e della sua famiglia di trovare un nuovo equili-
brio, integrando soggettivamente e come nucleo familiare il vecchio e
il nuovo.27
È da tener presente che la migrazione può aver portato sì un mi-
glioramento materiale delle condizioni di vita, ma contemporanea-
mente può aver provocato un brusco e profondo peggioramento del
benessere psicologico ed emotivo. Bisogna perciò evitare che le nuove
positive condizioni materiali spingano a minimizzare la portata delle
conseguenze psicologiche di questo cambiamento di vita.
Paradossalmente, proprio queste persone, spaesate e in situazioni
precarie, fanno paura, inducono gli altri a restare a distanza. Il circolo
vizioso di diffidenze reciproche speculari è in agguato in una situazio-
ne di spaesamento.
Per questo i luoghi per i bambini sono importanti, perché se il
bambino trova un luogo in cui vivere e in cui star bene, questa dina-
mica rasserena i genitori e aiuta anche loro a vivere nel luogo in cui si
trovano. Quindi l’intervento interculturale, per Aluffi Pentini, consi-
ste inizialmente nel creare luoghi nei quali le modalità di accoglienza
rendano possibile l’instaurarsi di relazioni positive e significative.
Ovviamente non si può pretendere che l’intervento educativo in-
terculturale venga caricato della piena responsabilità del benessere
degli allievi immigrati, ma sicuramente gioca un ruolo importante.
27
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 22.
26
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
28
M. A. Gibson, Introduction. Anthropological Perspectives on Multi-Cultural
Education, in “Anthropology and Education Quarterly”, 1976, p. 12.
29
S. Piazza, F. Toscani, op. cit., p. 101.
30
Ibidem, p. 102.
27
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
28
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
32
Senato della Repubblica Italiana, Disegno di legge N. 592. Riconoscimento del
diritto di autodeterminazione al Land Südtyrol – Provincia Autonoma di Bol-
zano, 8 giugno 2006.
33
Parlamento Italiano, Atto Senato n. 592 XV Legislatura, in
http://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Ddliter/25588.htm.
34
T. Sundermeier, op. cit.
35
Ibidem, p. 79.
29
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
30
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
36
Ibidem, p. 144.
31
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
32
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
40
F. Gobbo, op. cit., p. 37.
41
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 60.
33
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
42
F. Gobbo, op. cit., p. 13.
43
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 59.
44
UE, Dichiarazione della Conferenza dell’Unione Europea sul dialogo intercul-
turale, Bruxelles, 20-21 marzo 2002, punto 4-a.
34
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
35
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
47
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 14.
48
Ibidem, p. 15.
49
Ibidem.
36
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Modelli pedagogici
50
A. Genovese, op. cit., p. 7.
51
Ibidem.
52
Intervista effettuata a F. M. Consonni, GAM, Gallarate, 3 dicembre 2009.
37
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
bini che hanno partecipato alle attività didattiche organizzate dal mu-
seo. Alcuni allievi provenienti dal Sud America, cresciuti nella zona
della foresta amazzonica e quindi abituati a un ambiente caratterizza-
to da forti contrasti di luce e ombra, hanno mostrato di avere una
percezione visiva diversa, più sensibile alle differenze di luminosità,
rispetto agli altri allievi più abituati a concentrasi sulle forme degli
oggetti.
Questo metodo, perciò, oltre a non trarre alcun vantaggio dalle dif-
ferenze, rischia di renderle ancora più evidenti, proprio perché le
considera un impedimento e un handicap. Si tratta inoltre di un me-
todo impositivo, in cui le conoscenze e le competenze, vengono stabi-
lite dall’alto senza tener conto delle capacità personali di chi vi è “sot-
toposto”. È lo stesso tipo di atteggiamento che Sundermeier, in quello
che definisce “modello dell’uguaglianza” 53, attribuisce ai conquistato-
ri europei che, all’inizio dell’era moderna, incontravano nuove popo-
lazioni totalmente sconosciute.
A questo modello fa riferimento la scuola prodotta dal cosiddetto
“modello repubblicano”, riscontrabile in Francia, in cui la scuola ha il
compito di formare il cittadino francese, qualunque sia la sua prove-
nienza. Questo tipo di modello ha le sue radici nel rapporto della
Francia con le sue colonie e si basa su un patto di scambio tra lo stato
laico e democratico da un lato e, dall’altro, i lavoratori migranti che,
se accettano le regole, grazie al patto diventano soggetti di diritti. 54
Questa acquisizione di diritti ovviamente non si traduce automatica-
mente in parità sociale: anzi, solitamente questi immigrati, pur otte-
nendo la cittadinanza, continuano a vivere in condizioni disagevoli e
precarie. Si viene così a creare una separazione tra cittadini di serie B
e di serie A. Questa situazione è stata messa in luce dalla rivolta delle
banlieu francesi nel 2005. Le difficoltà dei sobborghi francesi hanno
le loro radici nei piani di ricostruzione che sono stati attuati dopo la
seconda guerra mondiale. Durante il 1950 una carenza di abitazioni
portò alla creazione di baraccopoli per accogliere giovani lavoratori
provenienti dalle colonie, prevalentemente dall'Africa del Nord e del-
l'Ovest. Il paese accolse con gioia l’arrivo di queste persone, chiamate
53
T. Sundermeier, op. cit., p. 79.
54
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 16.
38
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
39
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
57
Camera dei Deputati, Mozione 1-00033, 14 ottobre 2008.
40
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
mero massimo di alunni con cittadinanza non italiana che sarà possi-
bile inserire nelle classi.58
Si tratta di un provvedimento che, se da un lato evita la creazione
di “classi ghetto”, crea comunque delle discriminazioni. L’errore sot-
teso a questo provvedimento sta nella frase del Ministro Gelmini che
ha dichiarato “non è certo un problema di razzismo ma un problema
soprattutto didattico: lo sanno le molte mamme che vedono la clas-
se dei loro figli procedere a due velocità di crescita formativa, con
alcuni studenti che rimangono indietro ed altri che riescono ad an-
dare avanti meglio”59. È evidente che i bambini stranieri possono
avere maggiori difficoltà, ma è fatto normalissimo che in una classe i
bambini abbiano velocità di crescita formativa differenti. Gli inse-
gnanti hanno proprio il compito di gestire queste differenze; la moti-
vazione di voler diminuire le difficoltà d’insegnamento per i docenti e
di apprendimento per gli studenti appare come un pretesto per sod-
disfare le esigenze di quei genitori che ancora non vedono di buon oc-
chio la presenza di bambini stranieri nelle scuole dei propri figli, per-
ché preoccupati che ciò li rallenti nell’apprendimento. Seguendo que-
sto ragionamento, bisognerebbe individuare le caratteristiche
dell’allievo standard (che esiste solo nella teoria) e separare tutti
quelli che vi si discostano. Dato che nella pratica la maggior parte de-
gli allievi presenta qualche “scomodità”60, si dovrebbero sviluppare
un gran numero di classi che separino i bambini a seconda delle loro
capacità, del loro livello e velocità di apprendimento, creando classi il
più possibile omogenee. Questo ragionamento però non tiene conto
del fatto che i bambini imparano moltissimo osservando anche i com-
pagni e che un ambiente omogeneo offre molti meno stimoli e di con-
seguenza non accelera lo sviluppo di un bambino con difficoltà di ap-
prendimento. Bisogna infatti ricordare che sono molte le conoscenze
(informazioni, regole, comportamenti, linguaggi) che si apprendono
dagli altri, senza che essi ne abbiano avuto l’intenzione o se ne siano
resi conto. Il comportamento dei compagni autoctoni risulta molto si-
58
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Circolare Ministeriale
n.2, 8 gennaio 2010, punto n.3.
59
S. Intravaia, “La Repubblica”, 09 gennaio 2010.
60
A. Aluffi Pentini, op. cit., p.12.
41
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
42
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
61
A. Genovese, op. cit., p. 8.
62
Ibidem.
43
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
63
Ibidem, p. 21.
44
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
45
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Invece ciò accade molto raramente: nelle nostre convinzioni più pro-
fonde è quasi sempre lo straniero che deve cogliere le differenze. In
questo modo lo schema “noi/loro”, diventa fisso e le differenze si cri-
stallizzano e si trasformano in diversità inconciliabili.
Al contrario, se il gioco delle differenze porta a comporre e scom-
porre continuamente i gruppi che formano il “noi” e il “loro”, appare
chiaro che le differenze non sono cristallizzate, ma cambiano in rap-
porto ai parametri che utilizziamo e, di volta in volta, ognuno di noi
può trovarsi collocato in versanti diversi e può interpretare ruoli dif-
ferenti nelle relazioni interpersonali. 67
Questo “gioco delle differenze” può portare ad acquisire la consa-
pevolezza che proprio dallo scambio e dall’interazione nascono ele-
menti innovativi accanto a ciò che permane e resiste: passato e pre-
sente, tradizione e innovazione.
Il riconoscimento delle differenze di cui ogni allievo è portatore
passa anche attraverso la scoperta delle sue capacità, grazie a una pe-
dagogia dell’ascolto, che consente di sentire e interpretare i bisogni di
ogni bambino, al fine di valorizzare le capacità di tutti loro, stranieri e
autoctoni.
Chi non è in grado o non è disposto a prestare ascolto all’altro, fini-
sce inevitabilmente col richiudersi nei propri stereotipi e nelle pro-
prie idee.
Un problema che ha bisogno di essere affrontato con una disponi-
bilità di questo genere è quello relativo all’apprendimento della se-
conda lingua per il bambino migrante. Un atteggiamento didattico
non aperto all’ascolto e alla valorizzazione dell’alunno porta a inter-
pretare, o per meglio dire a etichettare, la condizione del bambino
straniero come un “non alfabetizzato”, quando in realtà si tratta di
soggetti che non solo parlano bene la loro lingua (o addirittura anche
una seconda, come spesso accade), ma soprattutto sono già scolariz-
zati con un altro linguaggio.
Anche la diversa concezione del tempo è un fattore che spesso por-
ta l’alunno straniero ad apparire agli occhi dell’insegnante molto len-
to nell’esecuzione dei compiti assegnatigli e per questo giudicato ne-
gativamente dal punto di vista didattico, come se fosse lento perché
67
Ibidem, p. 9.
46
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
47
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Per far ciò deve assolutamente tener conto delle difficoltà materia-
li, ma soprattutto emotive che i giovani stranieri incontrano nell’inse-
rirsi in una società nuova, a volte diversissima da quella di origine.
Molti insegnanti, inoltre, dimenticano che la scuola stessa ha una
propria cultura, formata da regole e codici di comportamento non
scritti, e che spesso questa è molto lontana dall’ambiente culturale da
cui proviene il bambino straniero. Il bambino, quindi, non solo deve
imparare una nuova lingua per apprendere nuove conoscenze disci-
plinari, ma deve anche imparare a essere un allievo.
Lo spaesamento, che viene definito anche sradicamento, è il senti-
mento che più caratterizza l’esperienza della migrazione in un paese
straniero; il termine sradicamento fa comprendere bene la situazione
di chi è stato distaccato violentemente dal proprio contesto per essere
trapiantato in un nuovo luogo, lo spaesamento mette in luce lo stato
d’animo di chi ha perso i propri punti di riferimento. Per questo i luo-
ghi sono importanti: è necessario che i bambini trovino un ambiente
rassicurante che diventi loro familiare e in cui star bene, per potersi
poi inserire mano a mano in tutti gli altri “luoghi” che costituiscono la
società. È in questo senso che l’intervento interculturale inizialmente
consiste, secondo Aluffi Pentini, nel creare luoghi nei quali gli stra-
nieri si sentano accolti e nei quali sia possibile l’instaurarsi di relazio-
ni positive e significative. Uno di questi luoghi può essere costituito
proprio dal museo e dall’arte, come verrà più avanti mostrato.
Aluffi Pentini mette inoltre in luce il fatto che “l’approccio inter-
culturale può bastare laddove gli interlocutori appartenenti a cultu-
re diverse si collocano su un piano di parità dal punto di vista socia-
le, economico e culturale” 68. Ciò significa che la parità non deve con-
sistere solo nel riconoscimento della cultura dello straniero, ma
anche nel riconoscimento di pari dignità e pari opportunità di ascesa
sociale. Significa che non vi deve essere rischio di sopraffazione, né
senso di inferiorità. Per questo occorre evitare che qualcuno diventi
“il diverso” per definizione e venga messo su un gradino più basso ri-
spetto agli altri. Inizialmente quindi l’evitare di mettere in evidenza le
differenze di cui il nuovo arrivato è portatore può essere il metodo
migliore per consentirgli di acclimatarsi nel nuovo contesto della
68
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 12.
48
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Comunicazione interculturale
49
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
73
Ibidem, p. 63.
50
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Costruzione dell'identità
51
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
52
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
81
Ibidem.
82
Ibidem.
53
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
54
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
Tematiche
55
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
La situazione in Italia
88
Intervista effettuata a F. M. Consonni, GAM, Gallarate, 3 dicembre 2009.
89
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 45.
56
I. L’interculturalità e la pedagogia interculturale
90
Sito del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca,
http://www.pubblica.istruzione.it/dgstudente/intercultura/intercultura.shtml.
91
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 58.
57
II. Didattica interculturale dell'arte
92
G. Bevilacqua, Didattica interculturale dell’arte, in Quaderni dell’intercultura-
lità n. 22, EMI, Città di Castello (PG) 2001, pp. 8-9.
58
II. Didattica interculturale dell'arte
“…arte è tutto ciò che nei diversi luoghi e nei diversi tempi gli uo-
mini chiamano arte” (D. Formaggio)94
59
II. Didattica interculturale dell'arte
60
II. Didattica interculturale dell'arte
61
II. Didattica interculturale dell'arte
102
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 21.
103
G. Bevilacqua, op. cit., p. 19.
62
II. Didattica interculturale dell'arte
104
N. Zingarelli, Dizionario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 2005.
105
G. Bevilacqua, op. cit., p 19.
106
Ibidem.
63
II. Didattica interculturale dell'arte
107
Ibidem, p. 68.
108
Ibidem, p. 71.
64
II. Didattica interculturale dell'arte
65
II. Didattica interculturale dell'arte
66
II. Didattica interculturale dell'arte
67
II. Didattica interculturale dell'arte
68
II. Didattica interculturale dell'arte
69
II. Didattica interculturale dell'arte
116
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
A Brera Anch’io. Il museo come terreno di dialogo interculturale, Electa, Mila-
no, 2007, p. 13.
117
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 26.
118
G. Bevilacqua, op. cit., p. 37.
70
II. Didattica interculturale dell'arte
sti e le loro opere. Lo stesso può essere fatto con le opere d’arte stra-
niere, secondo l’opinione di Bevilacqua. Dallari e Francucci pongono
in risalto l’idea di comprensione rispetto a quella di spiegazione, in
quanto quest’ultima è una pratica passiva, mentre la prima è un’ope-
razione attiva e laboratoriale.
La comprensione non ha soltanto l’obiettivo di capire l’arte, in
quanto se il processo di comprensione è veramente riuscito, l’osser-
vatore “non è più lo stesso. L’incontro ha cambiato lui e i suoi crite-
ri”119, è ora consapevole dei propri limiti e i suoi canoni sono stati
messi fortemente in discussione.
Sundermeier mette in guardia da modelli di incontro che potreb-
bero portare a esiti deludenti. Per esempio il modello giocato sull’u-
guaglianza, secondo cui non ci sarebbero opere d’arte straniere per-
ché tutte le opere d’arte sono uguali: l’estraneità è così negata in
nome della pari dignità di ogni notevole creazione umana. Vi è poi il
modello inverso, che mette in primo piano la distanza: l’opera d’arte
straniera mi è totalmente estranea e la addomestico, cioè la faccio en-
trare nel mio angolo dell’esotico. Infine vi è un modello di incontro in
cui l’opera d’arte straniera è cercata perché essa è lì per completarmi.
Questi modelli negativi lasciano trapelare comunque esigenze e
stimoli autentici.
Spetta all’educatore, partendo da essi, portare il soggetto a ricono-
scere la diversità, la distanza di un’opera, prodotto di una cultura lo-
cale e nel contempo patrimonio dell’umanità.
119
T. Sundermeier, op. cit., p. 50.
71
II. Didattica interculturale dell'arte
72
II. Didattica interculturale dell'arte
care il senso nascosto e profondo del reale: nasce così la voglia di co-
noscenza e di andare oltre il momento dello stupore. È questo atteg-
giamento di curiosità che va stimolato, affinchè l’incontro con lo stra-
niero non venga più vissuto in modo negativo, ma come momento di
apertura al mondo e a nuove scoperte. Ovviamente si tratta di un’e-
sperienza che può destabilizzare: “l’esperienza estetica è sempre un
piccolo trauma, uno shock collegato, poco o tanto, a quelle categorie
di vertigine e di rischio che accomunano tutte le significative espe-
rienze del sentimento e dell’emozione ”123: lo stesso shock che si può
provare davanti a qualcosa di straniero. È questa paura di perdere l’o-
rientamento e l’equilibrio che scatena il timore verso l’ignoto e lo sco-
nosciuto, portando al rifiuto per tutto ciò che non è familiare.
Per Fiorenza Mariotti oggi le occasioni di stupirsi sono rare. Da
una parte l’informazione incessante e selvaggia appiattisce e omologa
ogni evento, rendendo tutto ovvio o utile solo per l’immediato consu-
mo, e quindi volatile. Dall’altra parte il sovraccarico di stimoli, per lo
più visivi e uditivi, rischia di saturare e portare al cortocircuito la per-
cezione.124
Questo appiattimento porta a una sorta di irrigidimento mentale, a
causa del quale l’incontro con ciò che è diverso viene vissuto come
qualcosa di negativo e disturbante, dal momento che non siamo abi-
tuati ad affrontarlo.
Il contatto con l’arte può quindi aiutare a mantenere in allenamen-
to questa capacità di stupirsi e di incuriosirsi.
Decentramento, pensiero critico e costruzione dell’identità.
Entrare in contatto con l’arte e la sua complessità permette lo svi-
luppo e l’ampliamento dei propri orizzonti, attraverso la comprensio-
ne di come un concetto o un’idea possano essere declinati e interpre-
tati in modi molto diversi. Il nostro punto di vista, della cui validità
eravamo così convinti, viene messo in forte discussione dall’incontro
con la testimonianza di un’opinione diversa. È per questo che a volte
un’opera d’arte ci infastidisce, perché rende palese la relatività del
nostro punto di vista.
123
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 15.
124
F. Mariotti, op. cit., p. 27.
73
II. Didattica interculturale dell'arte
Nel corso della storia dell’arte le opere del passato sono state inter-
pretate in modo differente a seconda del patrimonio di conoscenze di
chi le guardava: questo fa comprendere come le culture siano tutt’al-
tro che scienze esatte o regole immutabili e come gli avvenimenti del
passato e del presente difficilmente siano descrivibili e analizzabili in
modo totalmente oggettivo. Anzi, tutto viene interpretato alla luce
delle proprie esperienze pregresse.
Questa complessità dell’arte, inoltre, permette di imparare a rico-
noscere e valorizzare le differenze, ostacolando così l’omologazione
del pensiero a cui la nostra società tende. Se infatti da un lato la glo-
balizzazione ha portato a un mescolamento delle culture e quindi a
una maggiore varietà sociale e culturale, assistiamo contemporanea-
mente alla diffusione di un modello di vita dominante, quello occi-
dentale, che esporta i propri valori, mode, idee e prodotti in tutto il
mondo. Persone di varie parti del globo vedono gli stessi film, indos-
sano vestiti delle stesse marche, frequentano gli stessi social network.
Questo rischia di portare a un’omologazione di gusti e idee, ma so-
prattutto a un’incapacità di “muoversi nell’universo delle comunica-
zioni e dei saperi in modo critico, selettivo e autonomo”125 facendosi
trascinare dalle mode o dalle opinioni di chi si proclama più esperto o
competente.
Si tratta perciò di utilizzare l’arte per sviluppare un pensiero criti-
co, ovvero una “autonomia di giudizio e rifiuto del dogmatismo
aprioristico”126, che partendo dal campo dell’arte è poi applicabile al-
l’intera realtà circostante. Ciò significa arrivare a essere in grado di
selezionare e confrontare le informazioni per poter scegliere consape-
volmente e non per accettazione o abitudine, come invece accade
molto spesso. É quest’inclinazione ad accontentarsi della “rassicu-
rante gratificazione del riconoscimento”127 a fare la fortuna dei pub-
blicitari, che sfruttano i marchi per indurre i consumatori all’acqui-
sto.
125
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 54.
126
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 93.
127
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 54.
74
II. Didattica interculturale dell'arte
128
Ibidem, p. 55.
129
T. Sundermeier, op. cit., p. 158.
130
Ibidem, p. 159.
75
II. Didattica interculturale dell'arte
131
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 93.
76
II. Didattica interculturale dell'arte
77
II. Didattica interculturale dell'arte
133
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 30.
134
Ibidem, p. 67.
78
II. Didattica interculturale dell'arte
135
Cfr. J.S. Bruner, I processi di apprendimento delle due culture, Armando,
Roma, 1964.
136
Cfr. J. Piaget, Dal bambino all’adolescente, la costruzione del pensiero, Nuova
Italia, Firenze, 1968.
137
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 32.
79
II. Didattica interculturale dell'arte
80
II. Didattica interculturale dell'arte
138
Cfr. J.Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, Torino, 1946.
139
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 31.
140
Ibidem, p. 69.
141
G. Agamben, La comunità che viene, Einaudi, Torino, 1990, p. 59.
81
II. Didattica interculturale dell'arte
82
II. Didattica interculturale dell'arte
Il metodo autobiografico
145
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 36.
83
II. Didattica interculturale dell'arte
84
II. Didattica interculturale dell'arte
tanti perché sono il nostro mezzo per entrare in relazione con gli altri
e con l’ambiente circostante. Spesso però i bambini non sono abituati
a parlare di ciò che provano, perciò attraverso il metodo autobiografi-
co hanno la possibilità di imparare a nominare le emozioni passando
così da “una conoscenza implicita a una conoscenza esplicita”151. La
prima riguarda la semplice constatazione di ciò che si prova, la secon-
da permette di comunicarlo.
Il metodo autobiografico è un approccio mentale, che allo stesso
tempo diventa un modo di relazionarsi, “aprendo uno spazio per ac-
corciare le distanze (…) per far emergere le risonanze e la corri-
spondenza tra le storie e nel contempo portare alla luce le differenze
(…) e rispettarle”. 152
Infatti, la pratica autobiografica non inibisce le relazioni umane,
né porta a chiudersi in se stessi, come può apparire a un primo sguar-
do. Educando a distinguersi e conoscersi come individui e valorizzan-
do la visione personale delle cose, permette allo stesso modo di com-
prendere le ragioni degli altri, dei motivi in base ai quali pensano e
agiscono in una determinata maniera. Infatti prendere coscienza del
valore della propria autobiografia fa comprendere che lo stesso ri-
spetto va riservato a quella degli altri.
Si tratta di quella che Demetrio definisce educazione “all’egotismo
solidale”153.
L’autobiografia è uno scrivere per l’altro e con l’altro154, infatti da
un lato raccontare la propria storia inevitabilmente porta a narrare
anche le storie di coloro che vi sono coinvolti, e dall’altro lato il lavoro
autobiografico presuppone il dialogo e quindi ha bisogno di aprirsi
alla narrazione, all’altro, alla comunicazione.
Non si tratta però di realizzare una classica intervista; in essa i
ruoli dell’intervistatore e dell’intervistato non sono intercambiabili,
ma fissi e passivi e la relazione è priva di coinvolgimento emotivo.
151
Ibidem.
152
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
op. cit., p. 23.
153
D. Demetrio, op. cit., p.167.
154
D. Demetrio, op. cit., pp. 133-134.
85
II. Didattica interculturale dell'arte
155
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
op. cit., p. 26.
156
Ibidem, p. 27.
157
Ibidem, tratto e rielaborato da M. Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili,
Bruno Mondadori, Milano, 2003
158
D. Demetrio, op. cit., p. 134.
86
II. Didattica interculturale dell'arte
Il metodo comparativo
87
II. Didattica interculturale dell'arte
88
II. Didattica interculturale dell'arte
89
II. Didattica interculturale dell'arte
90
II. Didattica interculturale dell'arte
166
Ibidem, p. 180.
167
G. Bevilacqua, op. cit., p. 93.
91
II. Didattica interculturale dell'arte
si scopre che i segni hanno dei “sovratoni”168 che danno loro una for-
za simbolica. È qui che l’opera dovrebbe apparirci quale campo di ri-
cerca dei caratteri fondamentali di un’epoca o più in generale di un
paradigma di civiltà. Essa allora va oltre il dato figurativo immediato
o convenzionale e, collocata nel tempo della lunga durata di un popo-
lo e della sua storia collettiva, attinge e rivela i criteri di fondo di una
cultura e di una civiltà. L’opera d’arte è letta come significante di un
“contenuto essenziale razionale”.169 Tale contenuto obbliga a chiama-
re in causa anche altri saperi, e quindi a vagliare ipotesi comparative.
Scavando, un’opera infine rivela quello “zoccolo duro” della sua cul-
tura d’appartenenza di cui è testimonianza diretta. Sundermeier sug-
gerisce l’importanza dell’empatia in questa fase dell’interpretazione,
cioè della capacità di calarsi spontaneamente nel mondo diverso, sen-
za però perdersi in esso e senza necessariamente approvarne le scelte
e i comportamenti170.
Il contenuto essenziale portato alla luce dall’iconologia può avviare
l’opera in esame verso una pratica di riconoscimento e di identità.
Dal punto di vista didattico e da quello della pedagogia comparati-
va essa presenta un indubbio vantaggio: cogliendo legami di una rete
profonda, l’iconologia può davvero aiutare l’istanza comparativa e
dunque una svolta cognitiva interculturale. Ha però anche dei grossi
difetti: da un lato ha in sé il rischio di svalutare in qualche modo l’ar-
tista facendone un’inconsapevole e laboriosa “formica” che trasporta
significati impliciti più grandi di lui. Dall’altro lato irrigidisce l’ap-
proccio all’opera d’arte, come se esso fosse possibile solo all’interno
di una struttura tassonomica rigida e portasse solamente alla scoper-
ta del senso essenziale dell’opera.171
Come precedentemente detto a proposito del metodo comparativo
generale, anche nel procedimento iconologico è individuabile una
mancanza di attenzione verso lo sviluppo di capacità relazionali e co-
municative.
168
T. Sundermeier, op. cit., p. 187.
169
G. Bevilacqua, op. cit., p. 94.
170
P. D’Andretta, op. cit., p. 72.
171
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 44.
92
II. Didattica interculturale dell'arte
La Ricerca-Azione
93
II. Didattica interculturale dell'arte
I filtri magici
Contenuti
Vedere la realtà attraverso dei “filtri”, fisici e culturali. I filtri mate-
riali che vengono utilizzati in questo laboratorio rappresentano i filtri
culturali che ognuno di noi utilizza per guardare il mondo, spesso in-
consapevolmente.
Destinatari
Il progetto è pensato per bambini della scuola primaria.
Durata
Il laboratorio è diviso in tre parti, ciascuna della durata di 90 mi-
nuti circa.
Luogo
Questo laboratorio è pensato per essere realizzato in classe, o co-
munque in un luogo frequentato abitualmente dai partecipanti, in
172
R. Barbier, La ricerca – azione, Roma, Armando, 2007.
94
II. Didattica interculturale dell'arte
Materiali
Uno scatolone contenente vari materiali come plastiche e vetri co-
lorati e deformanti (ovviamente resi innocui), trame, textures e tutto
ciò che permetta di guardarvi attraverso. Fogli e colori (preferibil-
mente matite o pennarelli, in quanto non richiedono particolari com-
petenze tecniche).
Stampe in grande formato (50x70 cm o 70x100 cm) delle opere
d’arte prescelte.
Obiettivi
- Associare ciò che si percepisce a ciò che si prova emotivamente;
- Esprimere e raccontare le emozioni provate;
- Fare collegamenti tra l’esperienza del laboratorio e il proprio vis-
suto personale pregresso;
- Prendere coscienza che la percezione viene influenzata dal pro-
prio vissuto;
- Saper osservare un oggetto o una persona da varie angolazioni e
punti di vista;
- Comprendere la limitatezza del proprio punto di vista;
- Eliminare la convinzione che il proprio modo di vedere sia uni-
versalmente il più giusto;
- Riflettere sui concetti di “giusto” e “sbagliato”, “bello” e “brutto”;
- Riconoscere differenze e affinità fra gli oggetti e fra le persone;
- Acquisire abilità tecniche per quanto riguarda il disegno;
- Acquisire la capacità di inventare e raccontare una storia.
Finalità
- Scoprire la molteplicità dei punti di vista, per accogliere anche
quelli diversi dal proprio e sviluppare così flessibilità mentale.
Metodologia
Metodologia ludico-laboratoriale, autobiografica e comparativa.
95
II. Didattica interculturale dell'arte
Fasi di lavoro
Innanzitutto ai bambini viene raccontata una storia: Tim era pro-
prio arrabbiato. Aveva di nuovo litigato con Tom, il suo cugino prefe-
rito che, quando lo faceva arrabbiare così, non era poi così il suo pre-
ferito!...
L’aveva invitato a giocare a casa sua, come faceva spesso. Tutto era
andato a meraviglia, finché Tim non aveva proposto di giocare agli
esploratori. Suo cugino aveva risposto di no, dicendo che si trattava
di un gioco noioso. “Non è vero! È un gioco divertentissimo!” aveva
ribattuto Tim. “Macché! Lo sanno tutti che è una barba…e poi non si
può giocare qui, perché questa stanza è troppo piccola.”.. “Troppo
piccola! Ma se è grandissima! Ci stanno dentro anche tutti i miei gio-
chi!” aveva risposto Tim, sempre più arrabbiato. Così avevano inizia-
to a litigare: ogni volta che uno diceva una cosa, l’altro ribatteva affer-
mando il contrario…non c’era niente da fare: non riuscivano proprio
a mettersi d’accordo… così Tim, furibondo, si era rifugiato in soffitta,
dove non andava mai nessuno e dove avrebbe potuto starsene un po’
in pace.
Dopo un po’, gironzolando per la soffitta, Tim trovò uno scatolone
ricoperto di polvere. Sopra c’era scritto “LENTI MAGICHE”.
Incuriosito, lo prese e lo portò in cameretta per farlo vedere a Tom.
Aprirono lo scatolone e videro che era pieno di vetri colorati, pezzi di
plastica, retine e stoffe… non sembravano nulla di speciale…
Tim, un po’deluso, prese in mano un pezzo di plastica blu, lo rigirò
un po’fra le dita, poi pensò che le lenti servono a guadarci attraverso:
così chiuse un occhio e avvicinò la lente blu all’altro….
Meraviglia!!! Tutta la sua stanza era diventata blu!!! Improvvisa-
mente sembrava di essere finiti in fondo al mare! Il suo letto era uno
scoglio sommerso, l’armadio una grotta in cui dormivano dei pesci
variopinti e il lampadario un simpatico pesce palla.
Anche Tom volle provare, ma quando avvicinò il pezzo di plastica
agli occhi, la stanza diventò lo spazio pieno di stelle e pianeti, il letto
un’astronave e il lampadario il sole luminoso.
Tim Provò un’altra lente, una rosa: eccolo magicamente trasporta-
to in un dolcissimo mondo di dolci, tutto rosa, fucsia e violetto.
96
II. Didattica interculturale dell'arte
97
II. Didattica interculturale dell'arte
98
II. Didattica interculturale dell'arte
Bibliografia
99
II. Didattica interculturale dell'arte
100
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
3.1 Il Patrimonio
101
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
102
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
103
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
104
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
183
Assemblea generale delle Nazioni Unite, Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo, 1948, art.27.
184
S. Bodo, C. Da Milano, S. Mascheroni, op. cit., p. 11.
185
R. Sandell, Misurarsi con la diversità e l’uguaglianza: il ruolo dei musei, in S.
Bodo, M. R. Cifarelli (a cura di), op. cit.
105
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
186
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
op. cit., p. 11.
106
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
187
T. Sundermeier, op. cit., pp. 156-157.
188
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
op. cit., p. 15.
189
S. Bodo, C. Da Milano, S. Mascheroni, op. cit., p. 18.
107
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
190
F. Matarasso, L’état, c’est nous: arte, sussidi e stato nei regimi democratici, in “Econo-
mia della Cultura”, n. 4/2004, pp. 491-498.
191
S. Bodo, sito Patrimonio e Intercultura:
http://www.ismu.org/patrimonioeintercultura/index.php?page=esperienze-
show.php&id=37, introduzione al libro di S. Bodo, K. Gibbs, M. Sani (a cura di), I
musei come luoghi per il dialogo interculturale. Esperienze dall’Europa, in cor-
so di stampa.
192
S. Bodo, C. Da Milano, S. Mascheroni, op. cit., p. 20.
193
G. Evans, P. Shaw, The contribution of culture to regeneration in the UK: a re-
view of evidence. A report to DCMS, http://www.culture.gov.uk/images/con-
sultations/ADCMSFinal1.pdf, 2004.
108
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
109
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
3.3 Il dialogo
110
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
198
S. Bodo, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per l’educazione inter-
culturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
111
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
199
G. Bevilacqua, op. cit., p. 73.
200
S. Bodo, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per l’educazione inter-
culturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
112
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
113
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
I mediatori culturali
114
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
115
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
scenze, sia gli operatori didattici, sia gli aspiranti mediatori e tutti at-
traverso la propria interpretazione delle collezioni del museo hanno
contribuito ad arricchire se stessi e gli altri. C’è stato quindi un inten-
so scambio di conoscenze, competenze e riflessioni da entrambe le
parti. È accaduto qualcosa di simile a ciò che affermava il pedagogista
Freire: “nessuno educa nessuno, le persone si educano insieme”204.
A conclusione del corso di formazione, nel settembre del 2007, e
dopo il conseguimento del relativo diploma, si è passati alla fase della
progettazione condivisa. I mediatori hanno elaborato percorsi, basati
sulla collezione permanente e su mostre temporanee, rivolti alle co-
munità di immigrati loro connazionali, gratuiti e in lingua madre (o
in italiano come lingua franca). Non si è trattato dei classici percorsi
per stranieri, ma di una rilettura del patrimonio artistico attraverso lo
sguardo di persone immigrate. Questo ha permesso anche la riflessio-
ne da parte dei mediatori su alcuni aspetti della loro cultura di origi-
ne. Per esempio la mediatrice giapponese ha avviato una riflessione
sulla propria cultura e su i suoi pregiudizi a partire dell’opera di Gia-
como Manzù “La signora giapponese”. La scultura infatti ritrae una
donna con le mani sui fianchi e i gomiti verso l’esterno: una donna
giapponese non si farebbe mai ritrarre in un atteggiamento simile,
poiché considerato sinonimo di eccessiva disponibilità sessuale. Que-
sto ha permesso alla mediatrice di iniziare una serie di considerazioni
sui rigidi codici comportamentali che ancora vigono nel suo Paese e
sulle chiusure mentali che vi persistono.
Tale iniziativa ha anche avuto il vantaggio di avvicinare al museo
persone che non vi avevano mai messo piede, come nel caso della co-
munità cinese, che grazie al percorso sulla mostra dedicata all’artista
Yan Pei-Ming nel 2008, per la prima volta ha fatto il suo ingresso nel
museo.
Questi mediatori museali, inoltre, sono diventati un vero e proprio
punto di riferimento culturale, vengono visti come “paladini di possi-
bilità” dai propri connazionali; ma soprattutto hanno acquisito delle
competenze spendibili nei confronti non solo dei loro conterranei, ma
204
A tal proposito si rimanda alle teorie di P.Freire, in particolare ai testi Pedago-
gia dell'autonomia. Saperi necessari per la pratica educativa, EGA, Torino,
2004 e La pedagogia degli oppressi, EGA, Torino, 2002.
116
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
205
G. Brambilla Ranise, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per l’educazione in-
terculturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
117
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
206
S. Bodo, intervento al convegno Musei e dialogo interculturale, Bologna, 10 giu-
gno 2008.
207
Atti della giornata internazionale degli adulti nei musei, giugno 1999.
118
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
208
S. Grappin, Patrimonio e scuola: risveglio di passioni, in L. Branchesi (a cura
119
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
120
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
209
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 3.
121
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
210
Ibidem.
211
S. Bodo, E. Daffra, S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura
di), op. cit., p. 20.
122
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
123
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
212
Intervista effettuata a F. M. Consonni, GAM, Gallarate, 3 dicembre 2009.
124
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
213
M. Dallari, C. Francucci, op. cit., p. 4.
125
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
126
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
217
M. Colombo, Guida ai progetti di educazione interculturale, Fondazione ISMU,
Milano, 2007, p. 17.
127
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
128
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
220
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 23.
221
Ibidem, pp. 24-25.
222
I.Mattozzi, La Didattica dei beni culturali, in M. Cisotto Nalon (a cura di), Il
Museo come laboratorio per la scuola, III giornata di Studio sulla Didattica
Museale, Il Poligrafo, Padova, 2000, da p. 23.
223
D. Argenton, Dal segno al simbolo al significato, in L’emozione estetica, Il Poli-
grafo, Padova 1993, pp. 13-14.
129
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
224
L. Perla, La scuola il compito e le prospettive, in C. Laneve, D. Nardelli, R. Pa-
gano, L. Perla, Pedagogia e didattica dei beni culturali, viaggio nella memoria
e nell’arte, Editrice la Scuola, Brescia, 2000, p. 106.
225
Ibidem.
226
Ibidem, p. 27.
130
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
227
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 25.
228
Ibidem, p. 26.
131
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
132
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
Conclusione
133
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
134
III. Patrimonio culturale e interculturalità in Italia
135
Appendice
Appendice
Proposta di realizzazione
Compreso tra la stazione Porta Nuova e il parco del Valentino, il
quartiere San Salvario è rappresentativo di una complessità sociale
molto varia. A fianco di palazzi storici abitati dalla borghesia torinese
altri edifici danno alloggio a molti immigrati portatori innanzitutto di
diversità, e indirettamente di problemi.
In questo contesto, nel 1996, anno del maggiore conflitto, le educa-
trici della scuola Bay di via Principe Tommaso 25 (frequentata da
un’altissima percentuale di bambini stranieri, circa il 70%) e gli ope-
ratori del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, insieme,
hanno cercato una nuova modalità comunicativa e relazionale, av-
viando una sperimentazione che utilizza come strumenti i linguaggi
artistici contemporanei.
Le educatrici della scuola avevano chiesto al Dipartimento Educa-
zione un aiuto concreto per avviare il dialogo per mezzo del percorso
formativo. Vi era una difficoltà comunicativa che interessava tre livel-
li: il primo riguardava i rapporti tra i bambini di origine immigrata e i
bambini italiani (la percezione di essere differenti gli uni dagli altri
136
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
L’équipe di progetto.
Anna Pironti, Responsabile Capo Dipartimento Educazione Castel-
lo di Rivoli;
Paola Zanini, Referente per le attività di laboratorio Castello di Ri-
voli;
Marica Marcellino, Direttrice Scuola dell’Infanzia Municipale
"Bay";
Franca Saraco, Educatrice Scuola dell’Infanzia Municipale "Bay";
Prof. Bernardo Ascoli, Dirigente Scolastico Istituto Comprensivo
Statale "Manzoni";
Claudia Bornengo, Insegnante Istituto Comprensivo Statale "Man-
zoni";
Prof. Masselli, Dirigente Scolastico Istituto Professionale Statale
"Giulio".
Agli educatori e agli insegnanti coinvolti nel progetto sono stati ri-
servati momenti di formazione articolati in:
- corsi di aggiornamento;
- attività al museo;
- seminari di formazione;
- convegni/presentazioni;
- progettazione condivisa;
- incontri di verifica.
137
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Educatori, insegnanti, gli allievi delle scuole del quartiere San Sal-
vario e loro famiglie.
Finalità e Obiettivi
- Ricercare e sperimentare inedite modalità comunicative e rela-
zionali mediate dai linguaggi artistici contemporanei;
- Favorire la comunicazione non verbale all’interno della scuola so-
prattutto tra i bambini di diversa provenienza geografica, utilizzando
l’arte contemporanea come dispositivo per facilitare altre forme di
comunicazione;
- Creare le migliori condizioni per esprimere il nuovo tessuto so-
ciale del quartiere San Salvario, utilizzando le metodologie didattiche
connesse alle pratiche artistiche contemporanee e alla metafora del
tappeto volante;
- Promuovere significativi rapporti sociali tra i bambini, tra i bam-
bini e gli adulti, tra gli adulti (genitori, insegnanti, abitanti del quar-
tiere);
- Favorire l’inclusione sociale attraverso la conoscenza dell’arte
contemporanea, capace di esprimere e contenere la complessità del
tempo presente a dispetto della sua apparente natura elitaria. È stata
così attuata una forma di democratizzazione della cultura: il museo è
uno spazio pubblico al servizio del pubblico, di tutti i pubblici;
- Riqualificare gli spazi del quartiere, come testimoniano i nume-
rosi wall drawings sulle facciate e nelle scuole.
138
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Metodologia
“Educare all’arte con l’arte” e “il sapere che passa dal saper fare”
sono le metodologie fondamentali di approccio ai linguaggi artistici
prescelte dal gruppo di lavoro: le visite periodiche al museo, le suc-
cessive attività di laboratorio (al museo, a scuola, nelle strade del
quartiere), il contatto diretto con gli artisti e le altre attività realizzate
nel corso dei tredici anni di vita del progetto hanno permesso agli al-
lievi di sperimentare in prima persona i linguaggi e le modalità della
produzione artistica, che sono diventate la chiave di accesso privile-
giato per la comunicazione tra individui portatori di sensibilità cultu-
rali differenti. Per coinvolgere i genitori sono stati organizzati labora-
tori teatrali madre-figlio e attività di pittura collettiva. La riqualifica-
zione di spazi interni ed esterni agli edifici scolastici e la
frequentazione del museo, ma anche di parchi e giardini, sono state
impiegate per affrontare in modo creativo questioni legate all’identi-
tà, alla differenza, alla convivenza.
Le fasi di lavoro
Nei primi tre anni del progetto, il tappeto – rivisto come spazio
reale e simbolico di intreccio – è stato il fil rouge delle attività teori-
co-pratiche realizzate tra scuola (a cadenza settimanale per l’intero
anno scolastico) e museo (nuclei tematici e percorsi di ricerca, una
volta al mese); al termine di ogni anno scolastico è stata allestita una
mostra con le opere dei bambini e sono state organizzate con l’Asso-
ciazione Genitori della scuola feste multietniche aperte a tutto il
quartiere.
Il progetto così strutturato è durato dal 1996 al 1999, anno in cui
comincia a definirsi un più ampio e organico impianto progettuale,
promosso dalla Divisione Servizi Educativi della Città di Torino e fi-
nanziato dalla Fondazione per la Scuola - Compagnia di San Paolo.
Rinominato “Sul Tappeto Volante”, il progetto ha incluso tra i suoi
obiettivi lo stimolo della capacità di collaborazione tra le scuole di
San Salvario per meglio corrispondere ai bisogni formativi, e l’attiva-
zione di una rete tra le agenzie e le associazioni del quartiere. Nel mo-
mento in cui il progetto è stato esteso all’intero quartiere, si è deciso
139
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
140
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
Nel corso degli anni sono stati toccati vari argomenti,attraverso
molti percorsi e laboratori:
1996: Il tappeto come luogo dell’intreccio; dal corpo all’identità
(impronte, segni, forme); dai colori primari alla policromia, dalla
striscia all’intreccio, la nascita del nuovo spazio.
1997: La diversità come risorsa; materia e materiali; eco-giochi; il
suono del rifiuto.
1998: Tra oriente e occidente; maschere, identità e alterità.
1999: … e se io dico?; produzione video in collaborazione con La-
boratorio dell’Immagine di Via Millelire a Torino.
2000: Face to face, identità e differenza; la struttura e la superfi-
cie; modulo e composizione; io/tu/noi/mille.
2001: Around the world, primo percorso bilingue italiano/ingle-
se; viaggio, mappa, percorso, bagagli, storia e storie.
2002: Tra natura e artificio, secondo percorso bilingue
italiano/inglese; giardino e paesaggio tra natura e cultura.
2003: Image&color, terzo percorso bilingue italiano/inglese; im-
magini, colori, moduli, progressione.
2004: con il laboratorio Le parole della luce, per la Festa del
Bianco, si è avviato il progetto Ritratti di Famiglia, in collaborazione
con Progetto Famiglia Assessorato Sistema Educativo Città di Torino.
Il tema della famiglia è stato protagonista sia dell’allestimento che
della grande azione di pittura Paesaggi familiari, a cura del Diparti-
mento Educazione. Nato per volontà del Sistema Educativo della Cit-
tà di Torino con l’obiettivo di ridisegnare l’immagine della nuova fa-
miglia torinese, ha reso evidente il formarsi del nuovo tessuto sociale,
sempre più variegato e multietnico. Nella realtà del Tappeto Volante,
Ritratti di famiglia acquisisce ulteriori significati, offrendo al con-
tempo altri ambiti di ricerca che arricchiscono le attività pregresse,
già patrimonio delle scuole e dell’intero quartiere.
2005: Ritratti di Famiglia in un esterno.
2006: Luce per raccontare l’acqua, evento Olimpico con Walid
Maw’ed, UNIDEE Cittadellarte Fondazione Pistoletto.
141
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
142
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
143
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
144
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
145
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
- feste in piazza;
- video: “Untitled (E se io dico... )”, realizzato dal laboratorio Im-
magine Millelire, Torino 1999; “Etica peretica”, realizzato da E. Data
e M. Teodoro, prodotto dai Servizi Educativi della Città di Torino e
dall’Archivio Nazionale cinematografico della Resistenza, Torino
2000; “Musica è…”, realizzato dai Centri di Documentazione dei Ser-
vizi Educativi di Torino, Torino 2000; “Face to face”, realizzato dal
laboratorio Immagine Millelire, Torino 2001;
- CD: “Cibifavolecanzoni”, realizzato dai genitori di Nido e Scuola
dell’Infanzia “Bay”, con il coordinamento di L. Carri e la supervisione
tecnica del Centro culturale Soundtown, Torino 2001.
146
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
147
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Proposta di realizzazione
Gli ABI-TANTI sono nati da un’idea di Manuela Corvino.
L’équipe di progetto
Il Dipartimento Educazione Castello di Rivoli.
Destinatari
Allievi e insegnanti, bambini, ragazzi, adulti che adottano il pro-
getto.
232
A. Pironti, P. Zanini, B. Rocci, B. Manzardo, A. Demma, Dipartimento Educazione.
Anno scolastico 2007/2008, Museo D’arte Contemporanea Castello di Rivoli, Torino
2007, pag. 13.
148
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Finalità e Obiettivi
- Favorire, nella dimensione pubblica, la relazione tra le persone e
la riflessione su temi etici, politici, culturali e scientifici;
- Metodologia;
- Laboratoriale-ludica.
Le fasi di lavoro
ABI-TANTI. La moltitudine migrante è un laboratorio di assem-
blaggio polimaterico che parte da una base lignea, comune, ecologica
e quindi etica, quasi un primitivo DNA.
Scarti industriali, astine, sfere e semisfere, quadrelle e cubotti (da
assemblare e rivestire con infiniti materiali, colori, segni grafici, alfa-
beti) diventano braccia, gambe, corpi, teste, piedi di giocattoli, piccoli
oggetti che assumono la forma di umanoidi/robot (h. 30 cm).
Gli ABI-TANTI si caratterizzano in tantissime varianti, a costruire
una moltitudine composita di esseri apparentati per famiglie con-
traddistinte dal differente aspetto esteriore, frutto di decori, cromie e
vari materiali organizzati in modo sempre diverso e originale. 233
Tematica
Identità/differenza, io/te, singolare/plurale, uno/tanti.
233
Ibidem.
149
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
150
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Nei progetti realizzati fino ad ora l’utenza è stata quella dei giovani
studenti del CTP (Centro Territoriale Permanente) Drovetti di Tori-
no.
Attualmente non esistono progetti che coinvolgano italiani e stra-
nieri contemporaneamente.
Proposta di realizzazione
La creazione e lo sviluppo dei progetti di dialogo interculturale alla
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo partono dalla partecipazione,
nel biennio 2005/2007, alla formazione internazionale per operatori
museali “Museums Tell Many Stories”, finanziato dal Programma
Comunitario Socrates Grundtvig. Nasce con l'intento di sviluppare le
competenze del personale che si occupa di educazione al
patrimonio/mediazione culturale e per sostenere l'apprendimento in-
terculturale tramite l'elaborazione e lo sviluppo di metodologie con
cui si possano interpretare e rendere accessibili al pubblico le colle-
zioni e gli oggetti appartenenti ad altre culture.
In seguito a questa esperienza, è stato realizzato un primo progetto
pilota, A Vision of my Own nel 2008, e nel 2009 il Dipartimento
Educativo della Fondazione ha partecipato al progetto europeo MAP-
forID – Museums as Places for Intercultural Dialogue, con un per-
corso chiamato City Telling, progettato in collaborazione con il Di-
partimento Educativo del MAMbo di Bologna.
La realizzazione è stata voluta e sviluppata dallo staff del Diparti-
mento Educativo della Fondazione. La presidenza e l’ufficio stampa
hanno sostenuto la crescita di questi progetti, anche dal punto di vi-
sta della comunicazione e della diffusione.
L’équipe di progetto
Nel caso specifico dei progetti che abbiamo realizzato negli ultimi
anni, gli operatori sono stati:
Elena Stradiotto, responsabile dei progetti educativi, che ha una
formazione all’Accademia di Belle Arti e una specializzazione in peda-
gogia;
151
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
152
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Finalità
- Favorire il dialogo interculturale tra persone con differenti back-
ground culturali, producendo esperienze nuove e condivise;
- Favorire l’accesso ai luoghi della cultura e alle attività culturali,
l’incontro con l’arte e i suoi mezzi espressivi, per potenziare le capaci-
tà di orientarsi in maniera critica e personale nel mondo della comu-
nicazione e nel mondo che ci circonda.
Obiettivi
- Sviluppare le potenzialità del museo come luogo di dialogo e pro-
mozione di un impegno attivo con tutti i cittadini, utilizzando il patri-
monio come fonte di scambio interculturale;
- Favorire l’apprendimento linguistico tramite la fruizione mediata
del patrimonio (collezioni e mostre temporanee) e attraverso l’appro-
fondimento dei contenuti progettuali direttamente presso i centri
educativi territoriali, grazie alle competenze specifiche degli inse-
gnanti, mediatori e operatori referenti;
- Creare un progetto interdisciplinare, che comporta l’utilizzo e lo
sviluppo di abilità trasversali: artistica, storica, linguistica, geografi-
ca;
- Sviluppare le capacità di indagine personale, di lettura critica del
testo artistico e del dato reale, di riscoperta estetica del territorio ur-
bano di appartenenza;
- Coinvolgere gli organi direttivi e gli altri dipartimenti dei musei
nelle attività del Dipartimento Educativo, attivando un confronto e
un aggiornamento continuo sullo sviluppo del progetto.
153
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
154
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
155
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, nella per-
sona della D.ssa Margherita Sani. Entrambe le istituzioni si sono di-
mostrate presenti e hanno supportato i progetti, oltre che dal punto
di vista economico (Città di Torino), anche dal punto di vista scienti-
fico e divulgativo.
City Telling, nell’ambito di MAPforID, è stato progettato in colla-
borazione con il Dipartimento Educativo del MAMbo di Bologna, e la
piattaforma multimediale interattiva sulla quale sono visibili i risulta-
ti del progetto, è stata concepita e progettata con gli studenti del Pri-
mo Liceo Artistico di Torino e i Servizi Educativi del Museo Naziona-
le del Cinema.
Un’altra realtà che ci ha dato grande spazio e sostegno è Patrimo-
nio e Intercultura, risorsa on-line della Fondazione ISMU di Milano,
che attraverso il sito www.ismu.org/patrimonioeintercultura garanti-
sce visibilità e un costante aggiornamento a tutti i progetti, grazie a
schede approfondite, immagini e video.
156
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Nella sede del museo non sono stati organizzati workshop o conve-
gni sul tema, ma l’équipe di progetto è stata invitata a presentare i
progetti nelle seguenti occasioni:
- Convegno “Patrimoni Plurali”, Ravenna, ottobre 2008;
- Corso sui nuovi pubblici dei musei, NABA – Nuova Accademia di
Belle Arti, Milano, aprile 2008 e febbraio 2009;
- Convegno “Occhio all’Arte”, Accademia di Belle Arti di Torino, di-
cembre 2008;
- Biennale Democrazia, Cavallerizza Reale, Torino, aprile 2009;
- Conferenza finale del progetto MAPforID, Madrid, Museo de
America, ottobre 2009;
- Presentazione del progetto “Map for Torino”, Torino, Cinema
Massimo, novembre 2009;
- Convegno “L’arte contemporanea come progetto educativo”,
LABA, Brescia, novembre 2009.
A vision of my own
L'équipe di progetto
lo staff del Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo,
le insegnanti del CTP Drovetti di Torino,
l’artista e regista Gianluca De Serio,
con la collaborazione dei mediatori culturali d’arte della Fondazio-
ne e con il supporto scientifico dello staff della Divisione Educazione
al Patrimonio Culturale della Città di Torino, in particolare nella per-
sona del dirigente, Dott. Vincenzo Simone.
157
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Un gruppo di 25 giovani studenti stranieri del CTP Drovetti, tutti
tra i 16 e i 18 anni.
Durata
Il progetto ha avuto inizio nell’anno 2007, è stato concluso e pre-
sentato nel 2008.
Sia da parte della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che del
CTP Drovetti c’è la volontà di portare avanti la collaborazione nei
prossimi anni, magari coinvolgendo più gruppi, anche di adulti e non
solo giovani e adolescenti.
Finalità e Obiettivi
- Arrivare a una piena accessibilità e fruizione del patrimonio arti-
stico da parte di persone appartenenti a diverse tradizioni culturali;
158
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Metodologia
È stato utilizzato il metodo autobiografico, che porta a raccontare
di sé e delle proprie esperienze attraverso dei mezzi espressivi tipici
dell’arte contemporanea.
Il linguaggio video, ovvero quello scelto per il percorso A Vision of
my Own, è particolarmente adatto a questo tipo di sperimentazione,
perché caratterizza la cultura contemporanea, è vicino all’utenza dei
giovani e può contribuire alla formazione di uno sguardo critico, atti-
vo, estetico.
Fasi di lavoro
Il progetto si è articolato nella sua fase iniziale in una fase di con-
fronto con gli insegnanti del CTP e con lo staff della Divisione Educa-
zione al Patrimonio Culturale della Città di Torino, che ha portato
alla stesura del progetto in forma definitiva da parte del Dipartimen-
to Educativo della Fondazione.
Scansione degli incontri:
- visita delle mostre “Stop&Go”, “Segni di Vita” e “Greenwashing”;
- laboratorio “set video”, sperimentazione sull’immagine in movi-
mento a partire dai concetti di luce, ombra, corpo e movimento;
- incontro con l’artista, presentazione del suo lavoro e della sua ri-
cerca;
- laboratorio di scrittura e narrazione, scelta della modalità di rac-
conto delle storie di ognuno (che cosa dire, che cosa nascondere e
fare solo intuire, qual è l’immagine più forte o che rimane più impres-
sa… );
159
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
- riprese;
- fase di montaggio a cura dell’artista;
- presentazione ufficiale al pubblico.
Tematiche
Uno degli obiettivi del progetto è quello di indagare e sperimenta-
re, attraverso il percorso, in mostra e in laboratorio, le seguenti tema-
tiche correlate agli eventi espositivi:
- l’identità (ritratto e autoritratto);
160
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
- il viaggio;
- l’esperienza della distanza e della prossimità;
- la riflessione sul presente e sulla storia (collettiva e personale).
Materiale prodotto
Il prodotto finale del percorso sono i tre video: “Sotto la neve”,
“Raccontami la tua storia” e “Il primo giorno di scuola”.
Possiamo parlare di documentazione fotografica, realizzata sia in-
ternamente dallo staff del Dipartimento Educativo , che dalla fotogra-
fa professionista e insegnante del CTP Anna Largaiolli, oltre che di
documentazione video, che sarà entro breve on-line sul sito della
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (www.fondsrr.org) e sul sito
Patrimonio e Intercultura (www.ismu.org/patrimonioeintercultura)
con alcuni estratti.
Verifiche
La verifica è avvenuta in modo periodico e costante, attraverso
confronti e valutazioni dello staff del Dipartimento Educativo con gli
161
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
City Telling
162
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
L'équipe di progetto
L’équipe di progetto è formata da:
lo staff del Dipartimento Educativo della FSRR (Elena Stradiotto,
Francesca Togni);
le insegnanti del CTP “Drovetti” (Ornella Costan, Liliana Porta);
l’artista e regista Gianluca De Serio e la fotografa Anna Largaiolli;
con la collaborazione dei mediatori culturali d’arte della Fondazio-
ne (Anna Maria Cilento, Alessia Palermo) e di studentesse in tirocinio
(Erminia Forte, Tania Labrosciano), e con il supporto scientifico dello
staff della Divisione Educazione al Patrimonio Culturale della Città di
Torino (in particolare il dirigente, Vincenzo Simone) e dell’IBC Re-
gione Emilia Romagna (in particolare Margherita Sani).
Destinatari
Due gruppi di giovani studenti di origine immigrata (14/20 anni)
del CTP “Drovetti”.
Durata
Da novembre 2008 a maggio 2009 le “passeggiate” sul territorio e
i laboratori (cfr. “Le fasi di lavoro”); nell’ultima fase del progetto (giu-
gno-settembre 2009), realizzazione di una piattaforma multimediale
che contiene i contributi fotografici, video, testuali e sonori prodotti
dai ragazzi.
Finalità e Obiettivi
- Potenziare le capacità dei destinatari di orientarsi in maniera au-
tonoma e critica nel mondo della comunicazione e nella realtà circo-
stante, e di attivare dispositivi utili per analizzare e raccontare la pro-
pria esperienza nel mondo;
- Sviluppare la capacità di indagine personale, di lettura critica del
testo artistico, di riscoperta estetica del territorio urbano;
- Promuovere esperienze nuove e condivise;
- Favorire l’apprendimento linguistico;
- Sviluppare abilità trasversali, coinvolgendo le seguenti aree disci-
plinari:
163
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Metodologia
È stato scelto un approccio pluralistico e interdisciplinare, in
quanto l’arte contemporanea fonde più linguaggi, nonché l’utilizzo
della narrazione, uno dei metodi maggiormente sviluppati dallo staff
del Dipartimento Educativo .
Fasi di lavoro
Le principali fasi di lavoro sono state:
- La costituzione del gruppo di lavoro;
- Il coinvolgimento dei giovani studenti del CTP (individuati e ini-
zialmente coinvolti dalle loro insegnanti) in un percorso di scoperta e
riappropriazione del territorio, a partire dalla condivisione delle pro-
venienze geo-culturali dei singoli partecipanti. Tale condivisione è av-
venuta tramite la narrazione orale, l’utilizzo di oggetti, foto, cartoline
e la fruizione di tecnologie in grado di localizzare le aree di prove-
nienza;
- Alternanza di laboratori (tecniche e pratiche di pittura, disegno,
fotografia; story-telling), uscite guidate sul territorio (in particolare
la Circoscrizione 3, quartiere Borgo San Paolo) e visite guidate ad al-
cune mostre cittadine: “Torino 011 – Biografia di una Città” allo spa-
zio OGR (Officine Grandi Riparazioni) e la selezione di “T2 – 50
Lune di Saturno” presentata alla Palazzina della Società Promotrice
delle Belle Arti;
164
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematiche
La città e il territorio.
165
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
166
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Materiale prodotto
La produzione consiste in:
- Progetto fotografia: due strisce fotografiche, “Hello and Good-
bye” e “Doppio Risveglio”. La prima racconta il rapporto con il passa-
to, con un padre e con una vita completamente nuova; il secondo è
una riflessione a due voci sulle difficoltà della vita in una città stra-
niera e le personali prospettive sul futuro.
- Progetto video: quattro video di diversa durata, dai 5 ai 13 minu-
ti: “Tre volte nello stesso posto”, “Il Diario”, “In viaggio” e
“Città/Shahr”. Due sono stati realizzati immergendosi nel quartiere
Borgo San Paolo: le strade, i giardini, i cantieri, la fontana di Mario
Merz e anche la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo; altri due sono
stati realizzati su un tram in corsa per le strade di Torino. Nei video i
ragazzi raccontano e si raccontano: il diario che diventa dono di ad-
dio e segno di amicizia prima di una partenza; un giro in bicicletta
per ricordare la scomparsa di una persona cara; Torino che si trasfor-
ma in Teheran dai finestrini del tram; una riflessione filosofica su
presente, passato e futuro ispirata da una lettera.
167
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Verifiche
Un’azione di verifica periodica e costante è stata condotta attraver-
so confronti dello staff del Dipartimento Educativo con gli artisti
coinvolti e le insegnanti, con l’obiettivo di discutere sulla partecipa-
zione degli studenti, sullo svolgimento delle attività di laboratorio e
sulle modalità e possibilità di intervento ove ce ne fosse stata necessi-
tà.
La valutazione del progetto è stata effettuata dallo stesso Diparti-
mento Educativo della Fondazione. Sono stati utilizzati moduli di va-
lutazione compilati dai partecipanti, integrati da interviste ai ragazzi
stessi e alle insegnanti; sono stati inoltre conservati bozzetti e appun-
ti raccolti durante lo svolgimento del progetto a proposito di reazioni,
criticità e buoni esiti emersi durante gli incontri.
Proposta di realizzazione
Il progetto Identità è nato su richiesta della scuola primaria situata
nel centro di Gallarate. Alcuni edifici del centro storico erano stati ri-
strutturati e convertiti in case popolari, portando in quella zona della
città famiglie di strati sociali più bassi, tra cui moltissime straniere.
Nella scuola in questione erano in breve tempo arrivati alunni di 14
nazionalità diverse e la direzione scolastica ha chiesto aiuto al museo.
168
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
L’équipe di progetto
I due progetti sono stati ideati e realizzati dalla sezione didattica
del museo, in particolar modo dalla responsabile Francesca Marianna
Consonni.
Destinatari
Entrambe le iniziative erano rivolte ad alunni di scuole primarie,
anche se il progetto Persepolis ha avuto una consistente parte dedica-
ta ai genitori dei bambini, attraverso una serie di incontri seminariali.
Finalità
In entrambi i laboratori le finalità concernevano lo sviluppo cogni-
tivo e delle capacità comunicative dei bambini coinvolti.
Obiettivi
Identità:
- prendere coscienza del proprio corpo, delle sue forme e delle sue
linee,
- prendere coscienza del rapporto tra il proprio corpo e quello degli
altri,
- prendere coscienza del rapporto tra il proprio corpo e lo spazio,
- prendere coscienza delle differenze e dei vari punti di vista,
- imparare a trarre vantaggio dai propri errori,
- riflettere sui propri gusti,
- imparare a sintetizzare un’immagine, attraverso poche linee.
Persepolis:
- prendere coscienza del proprio corpo, attraverso l’osservazione
del colore della propria pelle,
169
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Metodologia
Entrambi questi progetti si sono sviluppati come laboratori, che
hanno consentito ai bambini di sperimentare attivamente tecniche
artistiche per loro insolite (pittura su muro) e di “mettere in campo”
il proprio corpo.
Le fasi di lavoro
Identità
Nella prima fase i bambini hanno avuto tre incontri con un attore,
che ha sviluppato liberamente i seguenti temi: “io”; “io e l’altro”, “io e
lo spazio”.
In questi incontri hanno imparato a osservare, toccare e ascoltare
il proprio corpo e il proprio ambiente, a esprimersi attraverso il movi-
mento e a osservare e capire quello degli altri.
Nella seconda fase i bambini hanno seguito sei lezioni durante le
quali, attraverso l’utilizzo di varie tecniche espressive, hanno impara-
to a individuare le linee fondamentali di un viso, a sintetizzarle e ri-
produrle in diverse varianti.
Nella terza fase i bambini hanno ragionato sul tema del cibo, sce-
gliendo il loro alimento preferito e trasformandolo nella propria iden-
tità: il disegno stilizzato di quel cibo è diventato la loro firma ed è sta-
to “acquisito” e interiorizzato attraverso la ripetizione.
Nella quarta e ultima fase i bambini hanno partecipato a un lavoro
collettivo: hanno decorato con le loro “firme” (i loro cibi preferiti) le
pareti del corridoio che porta alla mensa scolastica.
Persepolis
Ai bambini è stato chiesto di ragionare sul concetto di pelle, attra-
verso alcune domande apparentemente banali: “che cos’è la pelle?”,
170
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
“di che colore è?”, “è sempre uguale?”, “perché c’è gente più chiara e
gente più scura?”.
Nella seconda fase ai bambini è stato chiesto di trovare il colore
adatto a rappresentare la propria pelle, utilizzando le tempere. Ecco
allora che si sono accorti di non essere rosa come dice lo stereotipo,
ma di varie tonalità di giallo, marrone, ocra…
Nella terza e ultima fase, è stato chiesto di inventare una pelle nuo-
va, più funzionale. Utilizzando materiali di recupero, i bambini si
sono sbizzarriti nell’inventare pelli con le spine, pelli infuocate, ecc…
Tematica
Nel progetto Identità i temi erano due: il corpo e il cibo.
Nel progetto Persepolis il tema era la pelle.
171
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
172
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Proposta di realizzazione
Nel 2007-2008 i Servizi Educativi di GAM e Palazzo Madama han-
no organizzato il corso di formazione Dialoghi interculturali e colle-
zioni civiche d’arte moderna e antica, rivolto al proprio staff, a inse-
gnanti di scuola secondaria di primo e secondo grado e a insegnanti
dei CTP cittadini. Da questa esperienza e dall’incontro con un gruppo
di insegnanti particolarmente sensibili al tema è nata l’idea di utiliz-
zare le collezioni dei musei civici per sperimentare percorsi intercul-
turali finalizzati a coinvolgere soprattutto i cittadini di origine immi-
grata residenti a Torino.
L’équipe di progetto
173
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Studenti adulti (italiani e di origine immigrata) dei CTP “Drovetti”
e “Braccini”, studenti di scuola secondaria di secondo grado. Il pro-
getto ha coinvolto un totale di 6 gruppi molto eterogenei, composti da
123 persone provenienti da 20 paesi diversi.
Finalità e Obiettivi
- Adeguare il progetto educativo dei musei civici ai mutamenti so-
ciali in atto;
- promuovere la conoscenza della città e del suo patrimonio in un
nuovo pubblico;
- utilizzare il patrimonio come strumento di confronto tra indivi-
dui di nazionalità diverse e come stimolo per elaborazioni espressive
individuali e collettive;
- promuovere il dialogo interpersonale e l’integrazione sociale at-
traverso “un fare e un sentire comune”.
Metodologia
È stato utilizzato il metodo autobiografico, per permettere il rac-
conto del proprio vissuto a partire dagli oggetti contenuti nei musei.
Le fasi di lavoro
174
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
La natura morta nelle collezioni dei musei coinvolti.
175
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
176
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
GAMeC (BERGAMO)
PROGETTO OspitiDONOre
Proposta di realizzazione
Il progetto è stato proposto dal Dipartimento Didattico del museo
e realizzato in collaborazione col Centro EDA (di educazione agli
adulti) di Redona.
L’équipe di progetto
Giovanna Brambilla Ranise, responsabile Servizi Educativi;
Sara Rubbi, educatore museale;
Giuliana Speziali, educatore museale;
Paola Nevola, stagista (Università Cattolica del Sacro Cuore di Mi-
lano, Master "Servizi Educativi del patrimonio artistico, dei musei di
storia e di arti visive");
Giusi Berardi, docente della classe del Centro EDA di Redona;
177
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Pubblico adulto (ma erano presenti anche due ragazzi che frequen-
tavano le scuole superiori).
Finalità
Avvicinare il pubblico adulto di origine immigrata alla GAMeC.
Obiettivi
- Avvicinare gli adulti migranti al museo (nel quale non erano mai
stati);
- trovare nel concetto di “dono” (visto che tutte le collezioni del
museo sono frutto di donazioni di cittadini) una piattaforma di dialo-
go a partire dalla quale riflettere sul senso del museo;
- utilizzare l’incontro con il museo come luogo di integrazione, di
conoscenza e di arricchimento linguistico;
- mettere in gioco i partecipanti chiedendo loro di diventare prota-
gonisti del processo creativo: questo obiettivo è stato raggiunto co-
struendo insieme a loro un “nuovo museo”; i partecipanti sono stati
invitati a scegliere degli oggetti che rappresentassero il loro rapporto
(di appartenenza/distacco, inclusione/esclusione, amore/disamore)
con la città. Questi oggetti sono stati fotografati da Alfonso Modonesi,
corredati da una didascalia che ne raccontasse il senso, scritta nella
lingua madre di ciascuno (e tradotti in tutte le lingue dei corsisti), ed
esposti in una mostra presso la GAMeC.
178
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Metodologia
- Interventi in museo come sostituzione di lezioni di italiano per
creare un maggior vincolo alla presenza e una maggiore motivazione
(sono persone che difficilmente seguono tutti gli interventi);
- incontri nelle sale espositive del museo;
- compresenza degli educatori museali e dell’insegnante di italia-
no;
- interventi basati sul dialogo e non sulla lectio frontalis.
Le fasi di lavoro
- Analisi della situazione dei migranti sul territorio, grazie anche
alle rilevazioni del Provveditorato e della Provincia.
- Contatti con il Centro EDA per valutare la fattibilità del coinvol-
gimento di una classe, il quale ha dato la disponibilità a sostituire una
delle due lezioni settimanali con la frequenza agli incontri del museo.
- Condivisione con l’insegnante Berardi, con gli educatori e con la
tirocinante della individuazione delle fasi di articolazione del proget-
to.
- Allestimento dello spazio museale con sedie in una sala espositi-
va per entrare nel vivo delle collezioni.
- Attivazione del percorso: il progetto si è articolato in cinque in-
contri di due ore e mezza ciascuno, che si sono svolti con cadenza set-
timanale all’interno della GAMeC. Durante il primo incontro, gli edu-
catori hanno spiegato l’origine delle collezioni Stucchi, Spajani e
Manzù, tutte e tre donate da privati alla città di Bergamo, come patri-
monio per la collettività; si è insistito molto sul concetto di dono, alla
ricerca di un significato condiviso del termine e delle sue diverse de-
clinazioni. Nella seconda e terza lezione sono state analizzate e inter-
pretate insieme ai partecipanti le opere delle collezioni, riflettendo
anche sulle diverse interpretazioni relative alle culture dei paesi di
provenienza. Negli ultimi incontri gli educatori hanno richiesto alla
classe un apporto più attivo, invitando i partecipanti a individuare un
oggetto che esprimesse il loro rapporto con la città di Bergamo e fa-
cendone dono simbolico.
- Condivisione con i partecipanti dell’idea e del significato della
mostra e scelta degli oggetti da fotografare ed esporre in museo.
179
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
Concetto di dono e idea delle collezioni museali come patrimonio
per la collettività.
180
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Verifiche
- Momenti di riflessione in itinere sull’andamento del percorso;
- somministrazione di un questionario di valutazione;
- riunione del gruppo di lavoro per riflettere sull’iniziativa quando
questa si è conclusa;
- stesura di relazioni di documentazione a cura della tirocinante al
termine di ogni incontro.
Proposta di realizzazione
Ente promotore del progetto: Galleria d’Arte Moderna e Contem-
poranea, in collegamento con una serie di iniziative promosse dal
Teatro Donizetti di Bergamo in occasione della stagione di prosa “Al-
tri percorsi”, dedicata al tema “Tracce straniere”.
L’équipe di progetto
Giovanna Brambilla Ranise, Responsabile Servizi Educativi;
Sem Galimberti, Educatore Museale;
Giuliana Speziali, Educatore Museale;
Sabrina Tomasoni, Tirocinante (Università Cattolica del Sacro
Cuore di Brescia).
Destinatari
Pubblico adulto residente in modo stabile a Bergamo e Provincia,
con regolare permesso di lavoro/soggiorno/studio e una buona cono-
scenza della lingua italiana.
Finalità
Formare mediatori museali in grado di farsi portavoce del museo
presso le rispettive comunità e trovare nell’arte, intesa come conven-
zione, una piattaforma culturale di scambio e condivisione.
181
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Obiettivi
- Portare avanti un percorso che sostiene il diritto al patrimonio
culturale;
- avvicinare gli adulti migranti al museo;
- trovare nella condizione di “migrante” una ricchezza da mettere
al servizio del museo per coinvolgere connazionali nelle visite alle col-
lezioni e alle mostre; tali visite sono condotte nella lingua madre;
- utilizzare l’incontro con il museo come luogo di integrazione, di
conoscenza e di arricchimento culturale reciproco;
- sostenere la cittadinanza culturale delle persone rendendole pro-
tagoniste del processo di apertura e di accessibilità del museo.
Metodologia
- Interventi nello Spazio ParolaImmagine della GAMeC accompa-
gnati a interventi nelle sale (mostra di Soto, collezioni permanenti,
visite alla città);
- interventi basati sul dialogo e non sulla lectio frontalis; alcune le-
zioni hanno avuto una struttura laboratoriale;
- utilizzo di immagini, diapositive e videoproiezioni;
- distribuzione di materiali di studio (dispense, fotocopie, suggeri-
menti bibliografici, informazioni sulle biblioteche rionali in cui repe-
rire testi);
- promozione di interscambio tra i corsisti (attraverso la diffusione
delle e-mail dei partecipanti, dietro loro richiesta).
Le fasi di lavoro
- Analisi della situazione dei migranti sul territorio, grazie anche
alle rilevazioni del Provveditorato e della Provincia.
- Colloqui con mediatori culturali e agenzie per l’integrazione pre-
senti sul territorio per valutare la fattibilità dell’iniziativa, ritenuta
molto valida da questi interlocutori, senza nascondere le riserve sulla
effettiva adesione da parte dei migranti.
- Scelta degli educatori museali da coinvolgere e verifica della loro
disponibilità e del loro interesse.
- Stesura del bando e della domanda di iscrizione.
182
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
Museologia, storia dell’arte, italiano.
183
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
184
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Verifiche
Durante il corso di formazione:
185
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
MAMbo (BOLOGNA)
Proposta di realizzazione
Il progetto è nato su iniziativa del Museo, nell’ambito del progetto
europeo MAP for ID- Museums as Places for Intercultural Dialogue
ed è uno dei sette progetti pilota selezionati in Emilia Romagna.
L’équipe di progetto
L’équipe di progetto è stata composta da:
186
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Giovani italiani e migranti tra i 14 e i 25 anni appartenenti ai grup-
pi giovanili Katun e Katun Party del Quartiere San Donato di Bologna
per un totale di circa 15 partecipanti.
Finalità
Sottesa al progetto City Telling vi è la convinzione che, seguendo
l’affermazione di Galimberti234 “abitare il mondo significa umanizza-
re le cose, rendersele familiari, avere nei loro confronti quella sorta
di consuetudine che sta alla base delle nostre quotidiane abitudini e
delle nostre consumate abilità”235. Il territorio diventa uno spazio
condiviso da cui partire per realizzare elaborati che ne raccontino l’i-
dentità percepita e vissuta, mappe geo-emotive che indagano il rap-
234
U. Galimberti, Il Corpo, Feltrinelli, Milano, 1983
235
Sito Patrimonio e Intercultura,
http://www.ismu.org/patrimonioeintercultura/index.php?page=esperienze-
show.php&id=52 ( 18/01/10)
187
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
porto tra soggetto e luogo, tra identità privata e spazio pubblico. L’in-
tento è stato quello di fornire ai partecipanti nuovi strumenti per co-
noscere il territorio in cui vivono, offrendo loro la possibilità di ritrar-
si “in loco”, costruendo un terreno comune, uno “spazio terzo” di con-
divisione culturale, linguistica ed estetica.
Obiettivi
- Favorire l’accesso ai luoghi della cultura e alle attività culturali;
- utilizzare l’incontro con l’arte e i suoi mezzi espressivi per poten-
ziare le capacità dei giovani di orientarsi in maniera critica e persona-
le nel mondo delle comunicazioni e nel mondo che ci circonda;
- sviluppare le potenzialità del museo come luogo di dialogo e pro-
muovere un impegno più attivo nei confronti di tutti i cittadini, utiliz-
zando il patrimonio come fonte di scambio interculturale;
- creare un progetto inter-museale, fondato sulla condivisione di
valori, metodi e buone pratiche.
Metodologia
La metodologia è stata oggetto di confronto e scambio dapprima
con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (per la stesura di un
progetto educativo condiviso) e in seguito con le istituzioni della città
di Bologna coinvolte.
Il progetto si è basato sul metodo autobiografico, attraverso la nar-
razione orale, scritta e per immagini (video e foto), l’espressione cor-
porea e vocale.
Sono state inoltre sperimentate varie modalità relazionali all’inter-
no del gruppo partecipante.
Il vissuto dei giovani, le loro reazioni agli stimoli ricevuti, l’ascolto
delle loro esperienze e vicende personali hanno sempre costituito il
nucleo centrale intorno al quale lavorare e riflettere.
188
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Le fasi di lavoro
Il progetto è durato da novembre 2008 a ottobre 2009.
Le principali fasi di lavoro sono state:
- comunicazione sul territorio del progetto, attraverso diversi in-
contri con i responsabili del territorio, con gli educatori dei gruppi
giovanili Katun e Katun Party e con i potenziali partecipanti;
- visite e laboratori all’interno del Museo con i giovani interessati
per favorire l’approccio ai linguaggi dell’arte contemporanea, consi-
derati come pretesto iniziale per un percorso in cui lo sguardo rinno-
vato e la creatività personale sono fondamentali;
- incontri dedicati a “passeggiate” nel quartiere. Utilizzando la
mappa del Quartiere Pilastro, i partecipanti hanno individuato i luo-
ghi per loro significativi (scuole, biblioteche, giardini, installazioni
urbane, punti d’incontro...), mettendo in comune suggestioni e storie
personali e raccogliendole in un diario di viaggio, fatto di contributi
fotografici, sonori e video;
- progettazione di un supporto multimediale in collaborazione con
il Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re Rebauden-
go e il Museo Nazionale del Cinema. La piattaforma, che conterrà i
contributi raccolti nel corso del progetto, è stata progettata tramite
Google Earth; l’interfaccia visualizza i luoghi mappati, sarà accessibi-
le a tutti i partecipanti al progetto, e può essere utilizzata per presen-
tare i risultati del percorso e condividere buone pratiche con altri
gruppi di lavoro e istituzioni culturali. Le caratteristiche grafiche
sono state progettate da un gruppo di studenti del Primo Liceo Arti-
stico (Curvatura Cinema e Arti Visive) di Torino, guidati dai Diparti-
menti Educativi della Fondazione Sandretto e del Museo del Cinema;
la realizzazione della piattaforma informatica è a cura di Ars Media.
Tematica
È stato sviluppato il tema della ri-scoperta della città e del territo-
rio.
189
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
190
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
191
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
192
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Proposta di realizzazione
Il progetto è stato realizzato su iniziativa del museo.
L’équipe di progetto
Il Dipartimento Didattico del museo, coordinato da Riccardo Fari-
nelli, responsabile dei servizi didattici, con la collaborazione dell’arti-
sta e calligrafo Tso Chung Kuen e dell’artista Gilberto Zorio.
193
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Destinatari
Le conferenze erano rivolte al pubblico adulto, la parte laborato-
riale riguardava la scuola secondaria di primo grado "Ser Lapo Maz-
zei".
Finalità
Il progetto si è articolato in laboratori e conferenze sulla cultura
orientale, in particolare cinese, per favorire, attraverso la conoscenza
e la riflessione, il rispetto e l'integrazione fra popoli e culture diverse.
Obiettivi
Per quanto riguarda il laboratorio Lo spazio e le sue regole l’obiet-
tivo era considerare l’immagine quale potente possibilità comunicati-
va, ovvero come linguaggio che, nei suoi tratti caratterizzanti, può es-
sere compreso universalmente, qualunque sia la cultura di chi ne
usufruisce.
Per quanto riguarda il laboratorio Dal pittogramma al segno l’o-
biettivo era la conoscenza della scrittura cinese e la scoperta di come
nella cultura cinese non ci sia stacco concettuale tra scrittura, disegno
e pittura, ma vengono utilizzati lo stesso strumento e le stesse proce-
dure logiche.
Per quanto riguarda invece il laboratorio Energia e segno l’obietti-
vo era evidenziare come il segno sia energia e come questa sia il se-
gnale visibile di una memoria e di una volontà.
Metodologia
Conferenze e laboratori.
Le fasi di lavoro
Lo spazio e le sue regole
Il lavoro di laboratorio inizia con stimolazioni tendenti a chiarire
ed evidenziare l'importanza del formato del supporto, che diventa il
campo visivo nel quale si rende intellegibile la figurazione. La propor-
zione delle figure rispetto al formato e la loro collocazione nello spa-
zio/foglio assumono significati comunicativi diversi. Si è trattato
194
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
195
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Energia e segno
Sono state analizzate le caratteristiche dell’argilla: poiché è un ma-
teriale elastico, può essere formato; ciò significa che è capace di regi-
strare i gesti e l'energia occorsa nell'azione, mantenendone poi la me-
moria.
Ciò che si compone con l'argilla è qualcosa di concreto, sia nel sen-
so manipolativo che in quello del risultato finale (i primi oggetti in ar-
gilla sono ciotole d'uso, oppure figure d'animali).
Insieme alla concretezza, l'argilla ci ricorda la mutevolezza (impli-
cita nel concetto di storia) ; la dimostrazione di questo è sia nel fatto
che una forma in argilla può essere modificata, sia nell'immersione di
196
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
Lo spazio e le sue regole
Sono stati presi in considerazione alcuni degli elementi propri del
linguaggio iconico, attinti prevalentemente dai grandi capitoli della
composizione e della percezione, introducendo, per esempio, la no-
zione di spazio inteso come campo visivo, sia nella sua estensione in
piano che in profondità. Il piano di lavoro dei due incontri può dun-
que essere schematizzato nel modo seguente:
- lo spazio: elementi compositivi e percettivi;
- il formato: estensione in piano;
- l'orizzonte: variabili, sue collocazioni nel formato;
- uso adeguato di strumenti, forme, segni: estensione in profondi-
tà.
197
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Energia e segno
L’argilla intesa come materiale “primario”, cioè frutto di una lunga
sedimentazione, che è la risultante di azioni ripetute nel tempo ( terre
che si uniscono e impastano ad altri elementi organici, quali legno,
foglie e altro che subiscono la compressione degli strati superiori e
l'azione “infiltrativa” delle acque) utilizzare per stimolare una rifles-
sione su quanto si definisce "atto creativo".
198
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
199
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Proposta di realizzazione
Il progetto A Brera anch’io nasce nel novembre 2002, promosso
dalla Soprintendenza per il Patrimonio Artistico ed Etnoantropologi-
co di Milano e dall’Associazione Amici di Brera.
L’idea del progetto nasce da tre assunti fondamentali:
L’importanza del ruolo sociale del museo, legato alla sua “autorità
culturale”236 (cioè il suo potere di creare significato e influenzare la
percezione dei visitatori) che fa sì che esso sia fondamentale in quei
processi che determinano l’integrazione di individui e gruppi nella
società. Il museo viene visto come “veicolo di coesione sociale”237,
mentre spesso le più importanti istituzioni pubbliche hanno funzio-
nato come “dispositivi di differenziazione”, collocando le diverse cul-
ture in gerarchie secondo criteri etnici. Il museo quindi non è mai
neutro: o lavora esplicitamente per l’integrazione, o lavora contro.
L’importanza di rivedere il concetto di patrimonio. Non più da
identificare con la storia, ma come una “costruzione culturale che
(…)coincide (…) con il passato cui individui e gruppi decidono di at-
tribuire un valore al fine di soddisfare e/o legittimare esigenze at-
tuali”.238 Occorre anche abbandonare la concezione del patrimonio
come un dato precostituito, determinato dalla nascita, che non si può
acquisire. Queste due concezioni trasformano il patrimonio in un
pretesto di esclusione e segregazione. Occorre invece viverlo in modo
“mobile”, interrogandolo e rileggendolo alla luce del tempo presente
e dei vissuti quotidiani.
Il valore interculturale del patrimonio artistico, “…in quanto abi-
tua e sensibilizza al riconoscimento delle molteplici diversità di cui
esso è portatore”.239 Molte opere infatti sono l’espressione dell’incon-
236
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura
di), op. cit., p. 11.
237
Ibidem.
238
Ibidem, p. 12.
239
L. Branchesi, La Pedagogia del Patrimonio in Europa, in M. Costantino (a cura di,)
Mnemosyne a scuola. Per una didattica dei beni culturali, Franco Angeli, Milano 2001,
200
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
L’équipe di progetto
Il progetto è stato ideato e sviluppato da un gruppo comprendente
figure professionali diverse:
Emanuela Daffra (Responsabile Servizi Educativi, Pinacoteca di
Brera);
Rosa Giorgi, Alessandra Montalbetti (storiche dell’arte, esperte in
educazione museale);
Simona Bodo, Silvia Mascheroni (esperte in pedagogia del patri-
monio e problematiche di diversità culturale e inclusione sociale nei
musei);
Anna Laysa Di Lernia, Giovanna Mochi, Milena Sozzi, Luigia Ver-
solatti (insegnanti).
A questo nucleo operativo si sono di volta in volta affiancati con
compiti specifici (formazione, verifica, confronto) esperti di singole
tematiche, mediatori culturali, pedagogisti.
Destinatari
Si tratta di un progetto di educazione al patrimonio in chiave inter-
culturale, rivolto alle classi quarte e quinte della scuola Primaria e
alle classi prime e seconde della scuola secondaria di primo grado.
Il progetto A Brera anch’io, non si rivolge solamente agli alunni
immigrati o di origine immigrata. Questo perché occorre che tutti,
italiani e stranieri, sviluppino un’effettiva comunicazione intercultu-
rale. Si tratta perciò di far acquisire agli alunni una sensibilità mag-
p. 115.
240
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura
di), op. cit., p. 14.
201
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Finalità
Le finalità di questo progetto sono:
Educare i cittadini in formazione alla conoscenza e all’uso consa-
pevole del patrimonio culturale;
esplorare il museo e il patrimonio quali possibili terreni di dialogo
e confronto interculturale.
Obiettivi
- Conoscere un museo e alcune delle opere in esso custodite, per
imparare a comprenderli;
- educare all’ascolto e al dialogo come occasione non solo per co-
noscere gli altri, ma anche per avvicinarsi, o ritornare, ad alcuni tratti
connotativi della cultura di appartenenza;
- far apprendere conoscenze, competenze e comportamenti trasfe-
ribili anche in altri contesti e in altri musei;
- offrire agli insegnanti uno stimolo a rileggere la prassi didattica.
Metodologia
A Brera anch’io segue due direzioni: da un lato l’esplorazione del
museo e del patrimonio quali possibili terreni di dialogo e confronto
interculturale, dall’altro la sperimentazione del metodo autobiografi-
co nell’incontro con l’opera.
202
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Le fasi di lavoro
Questo progetto si sviluppa in cinque fasi, oltre ai tre incontri che
coinvolgono solo le insegnanti e i responsabili del progetto (all’inizio,
a metà progetto, al termine).
- a scuola: acquisizione di prerequisiti attraverso attività progettate
e realizzate dalle insegnanti, a partire da argomenti e temi definiti dai
responsabili di progetto;
- prima visita in Pinacoteca: presentazione di due opere con ani-
mazione e attività su schede;
- a scuola: rielaborazione di ciò che è stato fatto in Pinacoteca e
consolidamento di ciò che è stato appreso. Preparazione alla seconda
visita.
- seconda visita in Pinacoteca: presentazione di altre due opere,
sempre attraverso l’animazione e le attività su schede;
241
Ibidem, p. 24.
242
P. Canova, Narrarsi e narrare con le immagini, in R. Spadaro (a cura di), op. cit.
203
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Tematica
Viene sviluppato il tema del cibo, inteso come valore e come sim-
bolo, non solo come prodotto. Questo permette di “entrare in riso-
nanza col vissuto personale e affettivo degli alunni”.243
Si parte dal cibo presente in alcune opere della Pinacoteca, per far
riflettere i bambini su che ruolo e importanza abbia esso nella loro
vita.
Osservando i personaggi, le loro azioni, gli utensili che utilizzando,
i bambini, guidati dalle domande dell’operatore didattico, parlano
delle proprie abitudini familiari, dei piccoli riti quotidiani legati al
cibo, dei propri gusti.
Qui viene messa in risalto la differenza tra la cultura attuale e quel-
la passata: una differenza che è maggiore rispetto a quella con i nostri
contemporanei appartenenti a culture a noi estranee. Il passato di-
venta quindi “terra straniera” davanti al quale siamo tutti allo stesso
livello.
204
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
244
Ibidem, p. 45 .
205
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Conclusioni e commenti
Dalla partecipazione diretta al percorso sono emerse alcune discre-
panze tra i propositi teorici e la pratica reale di questo progetto, so-
prattutto per quanto riguarda i punti di forza individuati dall’équipe
di progetto. Per esempio, l’organicità del progetto rispetto al curricu-
lum scolastico, se da un lato è apprezzata dagli insegnanti, dall’altro a
volte finisce col trasformarsi in un punto critico, in quanto il lavoro in
classe legato al progetto, risulta “rubare” un po’ troppo tempo alle
classiche attività didattiche.
Un secondo aspetto critico riguarda l’intenzione, a livello teorico,
di utilizzare modelli di apprendimento informale e non legati esclusi-
vamente alle abilità di lettura/scrittura. In realtà, però, buona parte
dell’attività, soprattutto in Pinacoteca, consiste nella compilazione di
schede, che inevitabilmente richiedono la capacità di leggere e scrive-
re in italiano. All’interno della classe con la quale è stato seguito il
206
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
207
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
ECCOM
Il Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management Culturale
è stato costituito nel 1995 da un gruppo di professionisti con l’intento
di “promuovere un approccio interdisciplinare alla gestione delle
imprese e delle organizzazioni che operano nel settore culturale”.245
Nel 2003, Eccom ha realizzato un progetto di ricerca intitolato “Il
patrimonio culturale come strumento di integrazione sociale”. Tra le
numerose iniziative censite in tre regioni campione (Piemonte, Lazio,
Campania) rientrano diversi progetti di didattica museale e di educa-
zione al patrimonio in chiave interculturale. Il rapporto di ricerca è
stato pubblicato nel 2006 a cura di C. Da Milano e M. De Luca: At-
traverso i confini. il patrimonio culturale come strumento di inte-
grazione sociale.
245
ECCOM, home page del sito http://www.eccom.it/it/index.html
208
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
ERICarts
ERICarts - European Institute for Comparative Cultural Research
ha realizzato nel corso del 2007 lo studio “Sharing diversity. Natio-
nal approaches to intercultural dialogue in Europe”. La ricerca ha
messo sotto lente di ingrandimento i diversi approcci dei 27 membri
UE alla promozione del dialogo interculturale come strategia per pro-
muovere la diversità culturale e la coesione sociale in Europa, con
una particolare attenzione ai seguenti ambiti: cultura, educazione,
sport e giovani. Da questo studio è nato il sito web interculturaldialo-
gue.eu dal quale sono consultabili il rapporto finale di ricerca, i
“challenge papers” prodotti dagli esperti coinvolti nel progetto sui di-
versi ambiti presi in esame (patrimonio culturale e musei inclusi),
una selezione di casi esemplari, tavole sinottiche sulle politiche di
promozione del dialogo interculturale nei contesti nazionali, e altri
materiali.
209
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
MAP for ID
“MAP for ID – Museums as Places for Intercultural Dialogue” è
un progetto europeo biennale, nato dal partenariato di apprendimen-
to “Museums Tell Many Stories” (2007-2009) e finanziato dal “Life-
long Learning Programme” dell’Unione Europea.
La sua finalità consiste nello sviluppare le potenzialità dei musei
come luoghi di dialogo interculturale, esplorando e sperimentando
nuove forme di mediazione inclusiva delle collezioni, attraverso la ri-
cerca e la sperimentazione nei seguenti campi:
- l’apprendimento delle lingue nei musei;
- l’interpretazione e l’utilizzo delle collezioni come portatori di di-
versi significati;
- gli approcci pluralistici, che presentino altre prospettive e punti
di vista;
- le narrazioni attraverso la raccolta di storie di vita in quanto pa-
trimonio intangibile;
- lo sviluppo delle competenze e delle professionalità interculturali
dello staff.
Nel suo ambito, trenta progetti pilota sono stati finanziati e realiz-
zati nei musei dei Paesi partner (Italia, Paesi Bassi, Spagna e Unghe-
ria), molti dei quali alle prime armi sul fronte dell’educazione al pa-
trimonio in chiave interculturale.
I musei italiani che hanno partecipato sono:
- MAMbo di Bologna;
- Museo Civico Archeologico di Modena;
- Museo Storia Naturale Università di Parma;
- Musei Civici di Reggio Emilia;
- Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino;
- Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino;
210
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte italiani
Educard
Il progetto “Educard”, partito nel 2001, è un’iniziativa organizzata
dalla Regione del Veneto-Direzione Beni Culturali e l’Ufficio Scolasti-
co Regionale del Veneto, che ha come finalità favorire il rapporto
scuola-museo facendo interagire le rispettive comunità professionali.
Per l’anno scolastico 2008-09 è stato realizzato il progetto “Un pa-
trimonio di culture” avente come obiettivi:
Favorire il rapporto scuola-museo attraverso l’interazione delle
due comunità professionali
Conoscere nuove modalità di lettura delle collezioni museali in
chiave interculturale
Favorire occasioni di progettazione interistituzionale mediante
una consapevolezza interculturale
211
Bibliografia
Bibliografia
Bibliografia generale
212
Bibliografia
Bibliografia specifica
213
Bibliografia
214
Bibliografia
215
Bibliografia
Documenti giuridici
Assemblea generale delle Nazioni Unite, Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo, 1948.
216
Bibliografia
Riviste
Sitografia
www.castellodirivoli.org
www.culture.gov.uk
www.francopizzo.it/freire
www.gamec.it
www.ismu.org/patrimonioeintercultura
www.mambo-bologna.org
www.peacereporter.net
www.pubblica.istruzione.it
www.repubblica.it
www.senato.it
www.undo.net
217
218