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Marina Pugliese

Tecnica mista
Materiali e procedimenti nell'arte del XX
secolo

Sintesi
Bruno Mondadori
Sommario
Frontespizio
Presentazione
Dedica
Premessa
Storia breve delle tecniche e delle pratiche artistiche nel XX secolo
Verso Parte contemporanea: la tecnica degli impressionisti
Collage e assemblaggio nell'arte dei cubisti la modernit: il
Futurismo
e procedimenti
Dadaismo, __ Surrealismo __ e il__ genio _ creativo __ di _Marcel
Duchamp
Espressionismo Astratto e Spazialismo: iconologia della materia e
dello spazio
Pop e _ Fluxus: _ la realt come
Art, _______ Nouveau_ Ralisme
medium
Minimal e Antiform: _____ dalla rigidit airindeterminazione della
materia
Tra opera e traccia: Land Art e Body Art
tradizione e nuove tecnologie

Materiali e pratiche Collage


Mario Sironi - Venere dei porti. 1919. Tempera e collage su carta
riportata su tela, cm 98 x 73.5. Milano, Civiche Raccolte d'Arte.
Collezione Boschi-Di Stefano Assemblaggio
Jannis Kounellis - Senza titolo, 1988. Acciaio, juta. travertino. cm
250 x 180 x 28. Milano, Civiche Raccolte d'Arte Fotomontaggio e
uso della fotografia in arte Ugo Rondinone - Once Upon a Time.
2003. Stampa lambda montata su alluminio, ed. 1/5. 160 x 200
cm. Milano. Civiche Raccolte d'Arte
Uso innovativo di tecniche tradizionali
Ardengo Soffici - Una contadina (Donna recante un piatto)r 1932.
Affresco strappato su tela, cm 153 x 170. Milano, Civiche
Raccolte d'Arte Movimento
Dadamaino - Oggetto ottico dinamico. 1963. Alluminio fresato
montato su nylon in nove sezioni quadrangolari, cm 96 x 96 x 20.5.
Milano. Civiche Raccolte d'Arte

Mario Merz - Zebra (Fibonacci). 1973. Animale impagliato e cifre al


neon, misure variabili. Milano. Civiche Raccolte d'Arte Performance
e uso del corpo in arte
John Bock - MienGribbohmWien. 1998. Legno e stoffa, h. m 5.
Milano, Civiche Raccolte d'Arte
Video
Grazia foderi - San Siro. ______ 2000. Videoproiezione. DVD da
Betacam digitale, colore, suono stereo, dimensioni variabili, ed.
1/4. Milano. Civiche Raccolte d'Arte
Acrilico
Valerio Adami - La vasca, 1969. Acrilico su tela, cm 198 x 147.
Milano, Civiche Raccolte d'Arte

Enrico B^j - Montagna con sole. 1957. Olio, pece e smalto su tela, cm
79 x 89. Milano. Civiche Raccolte d'Arte. Collezione Boschi-Di
Stefano Supporti modificati
Enrico Castellani - Superfcie bianca. 1971. Olio su tela, cm 120 x
100. Milano, Civiche Raccolte d'Arte Materiali plastici
Loris Cecchini - Stage evidence (Fotocopiatrice), 2002. Gomma
uretanica e ferro, dimensioni variabili. Milano.
Civiche Raccolte d'Arte
- Cementarmato. I960. Cemento e ferro, cm
Milano, Civiche Raccolte d'Arte
Civiche Raccolte- d'Arte. Collezione Boschi-Di Stefano
Piero Manzoni
bambagia e legno. Uovo con impronta. 1960. Uovo, inchiostro. cm
5.6 x 6.8 x 8.2: esemplare n. 34. Milano.
Luce
Lucio Fontana - Concetto spaziale _____ (Crociflssione-Golgotha)
1956. Tecnica mista e vetri su truciolato, cm 176 x 125. Milano
Civiche Raccolte d'Arte. Collezione Boschi-Di Stefano
Vuoto
Arturo Martini - Torso di giovanetto. 1928. Bronzo, cm 77.3 x
36.5 x 21. Milano. Civiche Raccolte d'Arte
Suono
Roberto Cuoghi - Mbube. 2005. Installazione sonora. Milano,
Civiche Raccolte d'Arte. Donazione Halevim Il punto di vista degli
artisti Valerio Adami Stefano Alienti

Alighiero Boetti Agostino Bonalumi


Roberto Cuoghi
Piero Dorazio Jannis Kounellis

Concetto Pozzati Mimmo Rotella Giuseppe Spagnulo Mauro


Staccioli

Gilberto Zorio Bibliografia Generale Bibliografia Materiali e


pratiche
Referenze fotografiche
Pagina di Copyright
Presentazione
Chi lavora in un museo ha con l'opera d'arte un rapporto
speciale. Non ne coglie, infatti, solo gli aspetti storico-artistici, la
testimonianza di una cultura o di un gusto, la sollecitazione al
confronto e alla contestualizzazione. Non la considera solo un
frammento di storia ma la vede anche come un documento
materiale che ha il privilegio di poter analizzare e osservare da
vicino. L'impegno alla conservazione, che funzione prioritaria
per chi agisce all'interno di una struttura museale, determina la
necessit di comprendere l'opera a fondo, nella fisicit dei
materiali che la compongono. Ma se l'arte antica per secoli
rimasta legata a procedimenti esecutivi tradizionali e consolidati,
la libert con cui invece l'artista contemporaneo si espresso,
utilizzando nel corso del processo creativo i materiali pi
disparati, rivoluziona anche i tradizionali modi di "leggere"
l'opera. Una conoscenza dell'opera in quanto oggetto, nelle sue
componenti fisiche, un complemento irrinunciabile per la
comprensione del suo significato.
Da queste premesse prende avvio la ricerca che questo libro ci
propone: non una storia dell'arte vista attraverso le emozioni e i
pensieri dei protagonisti, ma una storia che prende l'avvio dal
farsi stesso dell'opera d'arte. dunque uno sguardo diverso,
rivolto ad aspetti che sono solo apparentemente esteriori: perch,
specie nell'arte pi vicina a noi, sono a volte i materiali stessi a
suggerire soluzioni nuove, a indurre spericolate sperimentazioni,
a tradurre in poesia oggetti d'uso attraverso lo straniamento dalle
loro funzioni abituali. In alcuni casi infatti - e sono fra i pi alti - la
materia al tempo stesso espressione, linguaggio; ed un
linguaggio che non ha pi una funzione referenziale rispetto a un
contenuto, ma autonomo, e gi esso "creazione".
Il libro ha una rigorosa struttura tripartita: la storia, l'esperienza
diretta sul campo, il pensiero degli artisti. Dalla storia si parte per
analizzare le tappe del cambiamento, dapprima volto
semplicemente all'uso di colori e di strumenti nuovi che
influenzano comunque il modo di dipingere; si assiste poi
all'irrompere nella prassi artistica dei componenti pi vari, che
diventano via via protagonisti assumendo valenza espressiva.
Annullate le gerarchie tra i materiali, aboliti i confini tra pittura e
scultura, superata la materia stessa alla scoperta del valore del
vuoto o dell'immaterialit della luce, fino airaffermazione deirarte
come esperienza collettiva che coinvolge lo spettatore, la
sperimentazione domina il fare artistico.
Attraverso le trasformazioni e le proposte pi innovative Marina
Pugliese, conservatore responsabile del patrimonio di arte
contemporanea del Comune di Milano, ci conduce cos fino alle
esperienze pi recenti, in un percorso sintetico ma esauriente che
fornisce un lucido quadro d'insieme. E in tal modo la storia delle
avanguardie si trasforma in ricerca sui materiali.
Ma ci che rende il libro pi attuale e intrigante sono gli
interrogativi che esso suscita. Uno domina su tutti: come
conservare e trasmettere alle generazioni future opere che, per la
stessa ammissione dei loro creatori, hanno un'esistenza limitata?
Se i materiali utilizzati sono fragilissimi e l'opera d'arte dotata di
una vita che esaurisce il suo ciclo esattamente come quella di
tutte le creature, quale deve essere l'atteggiamento di chi ha il
compito di preservarla e di intervenire su di essa? E ancora: siamo
autorizzati a farlo, se il concetto stesso di durata messo in
discussione?
Solo la comprensione reale del valore degli aspetti materiali
dell'opera permette un approccio corretto al restauro. Il mestiere
del conservatore si intreccia qui al punto di vista del restauratore,
illustrando e analizzando dal punto di vista esecutivo una
campionatura di opere delle Civiche Raccolte d'Arte milanesi.
Infine, ma di non inferiore interesse, sono le interviste agli artisti
che raccontano in prima persona il valore di materia e tecnica
nella loro opera. Un libro che ha il grande pregio della
concretezza e dell'utilit: utile per il museo nel serbare memoria e
divulgare le esperienze maturate nel campo della conservazione;
utile per il lettore e soprattutto per i giovani che nel mondo
affascinante della storia dell'arte - soprattutto quella "vissuta" del
museo - si preparano a entrare.

Maria Teresa Fiorio


Direttore delle Civiche Raccolte d'Arte di Milano
Az miei fantastici figli Angie Liliana, Alexis Julian e
Deivi Dayan, l'esperienza pi psichedelica della mia
vita. E a tutti i nonni, rete di protezione e di
arricchimento.
Premessa
La mia opinione che nuovi bisogni implicano nuove
tecniche. E gli artisti moderni hanno trovato nuove
maniere e nuovi metodi per raggiungere i loro
obbiettivi. Mi sembra che il pittore moderno non possa
esprimere questa epoca, l'aereo, la bomba atomica, la
radio, nelle antiche forme del Rinascimento o di
qualunque altra cultura del passato. Ogni epoca trova la
sua tecnica.1
Jackson Pollock
La comprensione dei processi materiali d'attuazione esecutiva
rappresenta un passaggio necessario per approfondire la storia
dell'arte, particolarmente l'arte del XX secolo. La violenta rottura
operata a partire dalle Avanguardie passa anche attraverso una
profonda rivoluzione tecnica che, pur non consistendo nel
completo abbandono dei mezzi tradizionali, introduce in arte una
pluralit di frammenti di vita, di materiali e di oggetti di uso
comune o, sul versante opposto, la libera dai vincoli della materia.
Come sempre succede nei momenti di svolta culturale, le
motivazioni sono molteplici e vanno dalla consapevolezza teorica,
grazie alla quale gli artisti cercano e inventano nuove soluzioni
formali e tecniche, a fattori pi prosaici come l'economicit di
alcuni materiali o l'introduzione in mercato di altri.
La tradizionale distanza mantenuta sull'argomento da storici e
critici ha contribuito a creare una lacuna nella letteratura
specifica, soprattutto in lingua italiana, che ha relegato le
questioni tecniche a vaghi accenni all'interno di discorsi di altro
carattere o a studi diagnostici funzionali a interventi di restauro.
Da questo deriva la difficolt a reperire le fonti, rare e spesso
datate. In particolare dalle Neoavanguardie in poi, gli studi
specifici sono sostanzialmente incentrati su questioni
conservative. Del resto, la variet pressoch illimitata di materiali
e la rapidit di passaggio, da parte degli artisti, tra pi materiali e
pratiche rendono ardua una trattazione analitica a livello storico e
le fonti proprie della letteratura tecnica - ricettari, manuali, trattati
di chimica e merceologia - sono di fatto per l'arte degli ultimi
trent'anni uno strumento necessario ma limitato. Influenzati da
questa reticenza nei confronti degli aspetti esecutivi, anche gli
artisti sono spesso refrattari ad affrontare l'argomento, qualora
non esplicitamente sollecitati. La mancanza di determinazione
nella definizione tecnica delle opere evidente anche nell'uso
improprio del termine "tecnica mista", che non indica nulla se non
l'utilizzo di pi media.
Senza pretendere di colmare tutte le lacune, con questo volume
si cercato dunque di proporre l'accesso a una sorta di backstage
dell'arte contemporanea, teso a sottolineare l'uso problematico
dei procedimenti artistici da punti di vista complementari.
Una sintetica rilettura in successione cronologica dell'arte del XX
secolo mette in relazione i punti nodali a livello esecutivo.
Ovviamente, sono stati privilegiati movimenti e correnti centrali in
termini di sperimentalismo e originalit esecutiva, a discapito di
situazioni significative formalmente ma pi tradizionali a livello
tecnico.2 Piuttosto che a una storia delle sole tecniche, si
preferito dunque considerare anche performance, installazione e
happening, ovvero tutte le situazioni che non prevedono
unicamente la realizzazione di un'opera, bens la costruzione di
relazioni con il pubblico o con lo spazio espositivo. La seconda
parte articolata per monografie e dedicata alle pratiche e ai
materiali innovativi, con schede specifiche e analisi di opere
emblematiche delle collezioni delle Civiche Raccolte d'Arte di
Milano, condotte da noti restauratori e collaboratori del museo.
Conclude il volume una serie di interviste su questioni tecniche e
conservative a importanti artisti italiani le cui opere sono presenti
nelle collezioni civiche.-
Lavorare all'interno di un museo vuole dire attingere a un
osservatorio privilegiato: le opere si possono guardare da vicino,
toccare, analizzare, e questo il motivo per cui le ricerche sulle
tecniche sono frequentemente editate dai musei. Questa
pubblicazione stata ideata e promossa da Maria Teresa Fiorio,
Direttore delle Civiche Raccolte d'Arte. Oltre a spronarmi ad
affrontare quest'impresa, il mio Direttore ha cercato di lasciarmi
pi tempo, sostituendomi in pi di un'occasione come
conservatore. A lei va tutta la mia riconoscenza.
Marina Pugliese
Pre i preziosi suggerimenti, un ringraziamento particolare ad
Annalisa Angelini, Raffaella Besta, Silvia Bignami, Sonia
Campagnola, Francesco Denini, Barbara Ferriani, Danka Giacon,
Andrea Lissoni, Antonella Quaglia e alla preziosa Iolanda Ratti,
aiuto e sostegno insostituibile.
Desidero infine ringraziare Mariella Carabelli, Gaia Colombo,
Giorgio Dirodi, Flavio Fergonzi, Costantino Ferrane, Roberto Galli,
Primo Guerrini, David Moretti, Nicoletta Rivolta, Diego Russo
(Fondazione Mario Novaro), Silvia Bianca Tosatti, Roberta
Vaitorta, Livia Velani, Valentina Visigalli, Emma Zanella, la
Fondazione Fontana, tutti gli artisti che hanno concesso le
interviste e gli studenti che le hanno effettuate.

1
J. Pollock, My Painting, 1947-48, in P. Karmel (a c. di), Jackson
Pollock. Interviews, Articles, Reviews, The Museum of Modera Art,
New York 1999, p. 20.
2
La prima parte frutto di una ricerca bibliografica sul tema
condotta dall'autrice alla fine degli anni novanta, grazie a una
borsa di studio dell'Accademia dei Lincei, e di varie ricerche
specifiche realizzate negli ultimi anni e riportate in sintesi
all'interno del testo, nonch di un ciclo di lezioni tenute per il
corso di formazione postuniversitario "La catalogazione dei
beni mobili di arte contemporanea", a cura della Regione
Lombardia e della Civica
Galleria d'Arte Moderna di Gallarate, maggio-giugno 2003.
Le interviste sono in parte tratte da tesi di laurea seguite in
collaborazione tra la cattedra di Storia delle Tecniche Artistiche
dell'Universit Statale (prof.ssa Silvia Bianca Tosatti) e le Civiche
Raccolte d'Arte di Milano, in conformit con l'impostazione data
al progetto dallTstituto Centrale di Restauro di Roma (prof.
Basile); altre sono state realizzate in occasione di questa
pubblicazione oppure derivano da una ricerca pubblicata nel
2000 dall'Accademia dei Lincei di Roma che gentilmente concede
la riproduzione parziale dei testi.
Cfr. M. Pugliese, Le tecniche e i materiali nell'arte contemporanea, Atti
dall7 Accademia Nazionale dei Lincei, anno CCCXCVII, Memorie,
serie IX, voi. XII, Fascicolo 2, Roma 2000.
Storia breve delle tecniche e delle pratiche artistiche nel XX secolo
Verso Parte contemporanea: la tecnica
degli impressionisti
La grande rivoluzione tecnica e formale deir arte del Novecento
nasce dai cambiamenti portati in pittura e scultura dagli artisti
impressionisti alla fine del XIX secolo.-
Neir Ottocento vigeva un approccio accademico alle tecniche
artistiche: gli studenti si avvicinavano alla pittura attraverso una
serie di passaggi che andavano dal disegno all7applicazione del
chiaroscuro, dalla riproduzione dei gessi al ritratto del modello
dal vero. Era un iter dettagliatamente costruito che prevedeva
passaggi graduali. Le novit introdotte nel mercato dei materiali
per Belle Arti contribuirono in maniera sostanziale all'
affrancamento
dall'accademismo, che coincise con lo sviluppo della pittura en
plein airA Gi dalla fine del XVIII secolo la gamma cromatica era
stata ampliata con la sintetizzazione del blu di Prussia, seguita a
ruota nell'arco del secolo successivo da quella del verde e del
blu cobalto, dei violetti, del cremisi alizarina, del verde ossido di
cromo e del bianco di zinco industriale.- La macinatura
meccanica dei colori, realizzata per la prima volta in Inghilterra
all'inizio del XIX secolo, inizialmente non era differenziata in base
ai diversi tipi di pigmenti, rendendo spesso problematica la
stesura di velature che richiedevano granulometrie pi fini.
Questo determinava giocoforza un uso pi frequente di stesure
a corpo del colore.2
Una novit significativa consistette nella diffusione a met secolo
dei tubetti in stagno, che sostituirono le vesciche di maiale usate
fino a quel momento per conservare i colori. Nello stesso
periodo Polio di lino venne talvolta sostituito o miscelato con
quello di papavero, che essicca pi lentamente ma ha una
consistenza pi materica e impedisce di fare pennellate troppo
sottili: la pasta del colore differente e deve essere trattata con
pennelli larghi e piatti, non pi a punta tonda. Oltre che di
pennelli a punta piatta Claude Monet, Paul Czanne e Camille
Pissarro si servivano talvolta della spatola per stendere e incidere
il colore sulla superficie.- Dalla seconda met delLOttocento
furono inoltre disponibili tele di cotone preparate
industrialmente, con formati standard tra cui quello quadrato, e
tele preparate con fondo giallo chiaro, azzurro e viola, che fino
ad allora non avevano fatto parte della tradizione artistica.
Migliorarono poi i tipi di cavalletto disponibili: si iniziarono a
usare anche quelli pieghevoli, agevoli per il trasporto.
In genere gli impressionisti eliminarono dalla loro tavolozza le
terre, usate in Accademia nella fase di studio sulla composizione
e sulle ombre dell'opera, per contrapporvi il tonalismo
luministico favorito dalla scelta di una tela preparata con colori
chiari che amplificassero la luminosit della scena. Altri elementi
che concorsero nella svolta formale e tecnica degli impressionisti
furono i progressi della fotografia e lo studio delle stampe
giapponesi di recente importazione.
Se da un lato il mezzo fotografico, riproducendo fedelmente le
immagini, innest il superamento in pittura della raffigurazione
mimetica del reale, dall'altro gli accentuati contrasti di luce delle
prime stampe fotografiche focalizzarono l'attenzione degli artisti
su una concezione sintetica dei valori chiaroscurali, resa
attraverso la contrapposizione di campiture nette e non
modulate gradualmente secondo la concezione accademica del
chiaroscuro. L'influenza delle stampe giapponesi riguard invece
le zone di brillanti colori a stesura piatta e un'impaginazione
delle scene asimmetrica e decentrata. Tra i primi ad assimilare le
novit fu Edouard Manet, che con l'uso della tacine, la pennellata
dal tocco riconoscibile, ottenuta grazie ai nuovi pennelli a punta
piatta, sintetizz il chiaroscuro attraverso la contrapposizione di
campiture chiare - il cappello e i pantaloni di Monsieur Arnaud a
cavallo (Fig. l - e scure - lo sfondo e la giacca.- Nelle opere degli
impressionisti l'uso di colori puri e di complementari
contrapposti stato sicuramente amplificato dalla critica.
Sebbene in molti dipinti di Claude Monet si possa osservare
come blu e arancione o rosso e verde siano accostati, uno studio
e un'applicazione meditata di queste teorie si devono in maniera
pi specifica ai postimpressionisti, poich in realt gli
impressionisti studiarono pi precisamente gli effetti della luce
nell'atmosfera, sugli oggetti e nelle ombre, lavorando con
macchie di colori puri mescolati spesso tra loro o con biacca.
La famosa rapidit e spontaneit esecutiva degli impressionisti
un mito da sfatare. Lo studio delle opere evidenzia come queste
fossero costruite per sovrapposizione di successive stesure,
anche sul colore gi asciutto. Dipingere all'aperto significa, del
resto, cogliere gli effetti della luce nel breve arco di tempo in cui
questi restano invariati, lavorando quindi in pi sedute. Monet,
per esempio, portava avanti in contemporanea pi lavori e
l'effetto di spontaneit delle sue opere in realt il frutto di uno
studio assiduo delle variazioni cromatiche e luministiche
dell'atmosfera.
V

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- Edouard Manet, Monsieur Arnaud a cavallo, 1875 circa, olio su tela,


Fig. 1
cm 221 x 153. Milano, Civiche Raccolte d'Arte, Donazione Grassi.
Un'ulteriore novit dal punto di vista tecnico, rilevata in Gare
Saint- Lazare (1877) di Monet, la scelta di non sovrapporre le
campiture tra loro, lasciando una zona di "riserva", una sorta di
contorno privo di colore che segue tutti i profili delle figure e
conferisce maggiore luminosit al dipinto. L'uso di una tecnica
analoga leggibile in varie opere di Paul Czanne e
successivamente di Henri Matisse. Dato l'uso di colori puri e
brillanti, dall'Impressionismo in poi la verniciatura finale,
operazione di prassi in ambito accademico, divenne
generalmente obsoleta. Purtroppo le preoccupazioni di mercanti
e restauratori hanno spesso fatto s che questa scelta non sia
stata rispettata e numerosi sono i casi noti di verniciature non
originali.12
Edgard Degas fu, tra gli impressionisti, uno dei maggiori
sperimentatori dal punto di vista tecnico. La sua ricerca pittorica
verteva tecnicamente sull'ottenimento di superfici gessose
tramite una serie di tentativi di innovazione nell'uso del pastello.
Lo sperimentalismo di Degas, gi noto grazie alla pubblicazione
nel 1945 del testo di Denis Rouart Degas: la recherche de sa
technique, stato verificato da una campagna di analisi tecniche
condotte su una serie di opere realizzate tra il 1870 e la fine del
secolo. Dalle analisi emerge che Degas speriment varie
V

procedure nell'esecuzione delle sue opere su carta, tra cui l'uso


di pastello bagnato steso
mescolandolo a tempera o di pastelli polverizzati e diluiti in un
medium acquoso per poi essere applicati a pennello; dalle analisi
emerge che il legante era caseina, una proteina del latte adesiva
e flessibile. L'artista utilizzava poi la caseina anche come fissativo.
Rouart nota che Degas, per ottenere l'effetto di una superficie
gessosa, dipingeva anche con la tecnica detta "pittura
all'essenza", ovvero mettendo i colori a olio su carta assorbente
perch Folio in eccesso fosse assorbito e quindi diluendo molto il
colore in trementina. Negli anni settanta, il pastello divent il
medium preferito dall'artista, che inizi a usarlo anche su tela.
Mentre i suoi colleghi sperimentavano le possibilit offerte dai
tubetti di colore recentemente entrati in commercio, Degas
dipingeva su tela polverizzando i pastelli e legandoli con caseina;
gli strati di colore sovrapposti erano a volte rimossi abradendo la
superficie per far emergere le tonalit sottostanti; l'artista
utilizzava inoltre la tempera all'uovo, sebbene in modo pi
sporadico.
L'opera plastica di Degas altrettanto innovativa e problematica.
Sebbene l'artista fosse considerato da Auguste Renoir il
maggiore scultore dell'epoca e modellasse sculture fin dal 1865,
in tutta la sua carriera ne espose solo una, la Ballerinetta di
quattordici anni (Fig. 2), in occasione della "Mostra Impressionista"
del 1881. Si tratta di un'opera in scala leggermente ridotta
rispetto al reale, in cera policroma, con capelli e vestiti veri, in
netto distacco rispetto alla canonica statuaria ottocentesca nel
suo ricollegarsi alla tradizione polimaterica e realistica delle sacre
rappresentazioni e della scultura barocca. Lo scrittore Joris-Karl
Huysmans defin l'opera il primo vero tentativo moderno che io
conosca in scultura, paragonandola al Cristo della cattedrale di
Burgos in Spagna con capelli e vestiti. L'opera suscit stupore nei
visitatori della mostra per il realismo della fisionomia della
giovane adolescente. Sulle colonne di "Le Temps" il critico Jules
Claretie ne defin il naturalismo disturbante e ricolleg l'opera
al realismo della scultura policroma spagnola, specificando che si
trattava di un misto tra un obitorio, il Muse du Luxembourg, un
Salon e la mostra di cere di Madame Tussaud. Degas
modellava le sue sculture in cera, creta e plastilina (una pasta da
modellazione oleosa che non secca, gi in commercio all'epoca)
con armature interne ed esterne in metallo e non ne fece mai
tradurre (ovvero riprodurre in bronzo o marmo) nessuna,
sostenendo che lo inquietava il fatto che le sculture potessero
sopravvivergli.15 Dopo la morte dell'artista nel 1917, il suo
mercante Joseph Durand- Ruel, d'accordo con gli eredi, fece un
inventario delle sculture rinvenute nel suo studio, circa
centocinquanta, per poi farle riprodurre in bronzo. Di queste,
una parte in buone condizioni fu trasferita nel magazzino della
fonderia Hbrand a Parigi, dove rimase fino al 1921, quando
iniziarono i lavori di traduzione. Da allora, per molto tempo si
credette che gli originali fossero stati distrutti nella traduzione o
dispersi, fino a quando, nel 1954, sessantanove sculture originali
furono ritrovate nella cantina della fonderia. La National Gallery
of Art di Washington ne possiede diciassette, studiate e
analizzate in pi occasioni da Daphne Barbour e Shelley
Sturman.1^ Secondo le due studiose l'uso della cera o di
combinazioni di cera e creta corrispondeva alla facilit di
modellare a pi riprese le opere; altri leggono in questa
possibilit di manipolare e modificare la posizione delle sculture
un legame con l'opera pittorica di cui quella plastica potrebbe
costituire il modello. I soggetti delle sculture di Degas sono
infatti analoghi a quelli dei dipinti e dei pastelli su carta, ma nelle
opere bidimensionali lo stesso soggetto a volte ripreso da
punti di vista differenti. L'artista usava cera pigmentata e in varie
sculture accostava materiali diversi, anticipando in questo senso
il polimaterismo della scultura di inizio Novecento. A volte la
base costituita da plastilina, pi economica, poi ricoperta da
cera. In alcuni casi materiali anomali, quali tappi di sughero o
pezzi di legno, erano incorporati nell'armatura in metallo per
risparmiare sul quantitativo di cera. L'originale della Ballerinetta
ha i capelli, le scarpe, un nastro e vestiti veri, dettagli questi
ultimi mantenuti nelle traduzioni in bronzo.
Fig. 2 - Edgard Degas, Ballerinetta di quattordici anni, 1879-81, bronzo
patinato e tessuto, cm 98 x 55,2 x 24,5. Parigi, Muse d'Orsay.

Sempre in ambito impressionista, anche Medardo Rosso


lavorava la cera per arrivare a un'interpretazione della superficie
scultorea come fosse una sorta di pelle, attraverso la quale
rendere il rapporto tra materia e luce. Rosso, ossessionato
dall'idea che nella scultura si dovesse arrivare al superamento
della materia, in uno scritto pubblicato nel 1902 su "La Nouvelle
Revue" definisce l'Impressionismo in scultura e pone le basi per
le nuove concezioni spaziali di Umberto Boccioni e dei futuristi:
Ci che importa per me nell'arte, di fare dimenticare la
materia. Lo scultore deve, per via di un riassunto delle
impressioni ricevute, comunicare tutto ci che ha colpito la sua
propria sensibilit, affinch guardando la sua opera, si possa
provare interamente l'emozione che egli ha sentito quando ha
osservato la natura. [...] Quando io faccio un ritratto, non posso
limitarlo alle linee della testa, perch questa testa appartiene a
un corpo, si trova in un ambiente che esercita un'influenza su di
lei, fa parte di un tutto che non posso sopprimere. Rosso
privilegiava la cera per rendere gli effetti che la luce ha sulla
materia, al punto da usarla anche come materiale per traduzioni.
Anche la cera, come il bronzo, pu infatti essere usata per
effettuare traduzioni, una volta eseguita una forma deir originale.
Dei pochi soggetti delle opere di Medardo Rosso esistono pi
versioni in diversi materiali (cera, gesso e bronzo): questa
"serialit" dell'artista stata numericamente aumentata dalle
molte traduzioni post mortem non autorizzate. La cera di Effetto
d'uomo che legge (Fig. 31 una traduzione della fine degli anni
dieci da una forma ricavata dall'originale del 1895. L'opera
realizzata colando la cera nella forma e quindi applicando
all'interno, sempre mediante colatura, un nucleo in gesso come
sostegno. Un altro aspetto indice di grande modernit
nell'opera di Rosso consiste nell'aver condotto la lettura del
rapporto tra scultura e spazio tramite la fotografia. L'artista
fotografava le sue opere scegliendo con attenzione quello che
riteneva essere il punto di vista privilegiato, ed era riluttante a
permettere che fossero riprese e pubblicate in altro modo. In
un'opera di cui esiste solo la documentazione fotografica,
Impressions d'omnibus (1883-84), Rosso modella una serie di
personaggi seduti uno di fianco all'altro su un vecchio tram
milanese. L'opera inedita dal punto di vista della relazione tra
materia e spazio: la scultura una sorta di blocco unico in cui le
figure sono rappresentate con continuit. Secondo Jole De
Sanna, nella volont di superare la materia Rosso ha eliminato le
tradizionali gerarchie tra pieni e vuoti: Tra un corpo e l'altro
l'argilla copre gli intervalli che dovrebbero essere vuoti, mentre i
corpi presentano fosse e buchi nelle parti che dovrebbero essere
a tutto tondo. [...] Il lavoro procede senza soluzione di continuit
e con gli stessi gesti delle mani tra il vuoto e il pieno, tra lo
spazio e i suoi ospiti; il carattere psicologico dello spazio
capovolto nella misura in cui il luogo fisicizzato. Ogni figura
perde il suo contorno nella necessaria connessione con il resto;
l'opera intera esente da un contorno, galleggia nell'ambiente
come un frammento. La rivoluzione formale e tecnica degli
impressionisti quindi gravida di elementi da cui trassero spunto
le generazioni successive. La liberazione dalle regole
accademiche, un'inedita libert esecutiva amplificata
dall'adozione dei nuovi prodotti del mercato, il polimaterismo,
l'uso disinvolto di pi tecniche scultoree e il rapporto tra
fotografia e scultura sono il retroterra delle innovazioni tecniche
delle Avanguardie.
Fig. 3 - Medardo Rosso,
Effetto d'uomo che legge,
1895, cera, cm 36 x 31,6 x
31,5. Milano, Civiche
Raccolte d'Arte.
Collage e assemblaggio neirarte dei
cubisti
Se con l'Impressionismo, nonostante le grandi innovazioni
apportate, si parla ancora di pittura a olio su tela e di scultura
intesa in senso tradizionale, con le Avanguardie nei primi tre
decenni del Novecento il linguaggio artistico viene stravolto,
grazie anche all'introduzione di tecniche inedite e materiali
estranei al dominio delle Belle Arti ma maggiormente affini a una
sensibilit che vuole chiudere definitivamente con ogni forma di
accademismo. La mimesi non pi un territorio di ricerca
sufficiente e al realismo si preferisce il reale. Nel 1912 Pablo
Picasso e Georges Braque realizzarono i primi collage. Questa
tecnica esisteva gi nell'arte orientale e in decorazione, ma i
cubisti se ne appropriarono con l'intento di introdurre la realt
nell'opera e di liberarsi dai limiti della pittura a olio su tela. Si ha
dunque a livello intellettuale uno scarto tra la rappresentazione e
la presentazione. Natura morta con sedia impagliata (Fig. 41r
realizzato da Picasso nella primavera del 1912, considerato il
primo collage nella storia dell'arte e venne realizzato incollando
su una tela ovale un pezzo di tela cerata con stampato il motivo
del cannet di una sedia e ponendo intorno alla tela una corda
come cornice. Secondo Christine Poggi l'uso di questi materiali,
che mantengono la loro originaria identit all'interno del nuovo
contesto pittorico, sfidava alcuni dei pi saldi postulati ereditati
dagli artisti occidentali a partire dal Rinascimento. L'invenzione
del collage mette in discussione le nozioni prevalenti di come e
cosa rappresenti un'opera d'arte, di quali materiali un artista
possa usare; apre anche il dibattito sulla pi recente definizione
romantica di cosa costituisca originalit e autenticit in un'opera
d'arte.
All'epoca, Picasso e Braque lavoravano insieme nel sud della
Francia e sperimentavano l'uso di varie tecniche, tra cui
l'imitazione pittorica delle marezzature del legno tramite l'utilizzo
di una speciale spatola dentata da decoratori. Nel settembre del
1912 Braque trov in un negozio un rotolo di carta stampata a
finto legno e con questo realizz il suo primo collage, Piatto di
frutta e bicchiere, incollando su un foglio di carta ritagli del rotolo e
intervenendo con il carboncino su questi e sul supporto. Il
confronto tra questo collage e l'immediatamente precedente II
piatto di frutta, dipinto a olio con l'ausilio della spatola dentata per
imitare il legno, evidenzia il potere linguistico del materiale extra-
artistico: il dipinto imita, il collage mostra. Dal punto di vista
esecutivo venivano utilizzate colle di origine animale o vegetale,
mentre la carta pi usata, oltre a quella da parati e da
decorazione, era la carta di giornale preparata meccanicamente e
di poco pregio. A livello tecnico, mentre Braque, che aveva una
formazione da artigiano, poneva una maggiore precisione e cura
nel ritagliare e incollare la carta, Picasso lavorava in modo pi
diretto e i frammenti di carta dei suoi collage sono spesso
strappati e attaccati sul supporto con spilli, con l'effetto di
enfatizzare ancor pi il dispositivo della presentazione a dispetto
di ogni ricerca illusionistica.

Fig. 4 - Pablo Picasso, Natura morta con sedia impagliata, 1912, collage,
olio, tela cerata, carta e corda su tela, cm 27 x 35. Parigi, Muse
Picasso.
Un tentativo di liberarsi daU'illusionismo pittorico rappresentato
anche dall'opera di Juan Gris, che in uno dei suoi primi collage, Il
lavabo del 1912, applic al supporto un pezzo di specchio anzich
dipingerlo. Mentre Braque e Gris sceglievano in genere i materiali
da incollare in relazione al loro significato - lo specchio in quanto
specchio, il giornale in quanto giornale e cos via - i collage di
Picasso sembrano non seguire regole n nella tecnica esecutiva
n nella scelta dei frammenti. La scomposizione della forma per
piani torna, in modo nuovamente inscindibile dalle ricerche in
pittura, negli assemblaggi. Attorno agli anni dieci Braque e
Picasso realizzavano bassorilievi in cartoncino che, secondo le
dichiarazioni di Braque, furono la premessa ai papiers colls, come
venivano chiamati i collage nel primo periodo.
Secondo Daniel-Henry Kahnweiler (mercante all'epoca di
entrambi gli artisti), i rilievi perduti eseguiti durante questo
periodo sono anche il riferimento principale per l'impostazione
cubista dei dipinti, sezionati per piani sovrapposti secondo un
principio imitativo dei bassorilievi.M
L'assemblaggio, ovvero incollare, avvitare, usare bulloni, unire fra
loro materiali tramite l'intervento di un sistema che li tenga
insieme, una delle tecniche pi rappresentative del nuovo
modo di realizzare scultura.
Con la prima versione della Chitarra, del 1912 (Fig. 51r Picasso
affront la costruzione per piani di cartone, elaborando un
soggetto attraverso i suoi contorni, sostituendo al rapporto
invertito tra concavo e convesso, gi elaborato nella Testa di
donna (Fernanda) del 1909, quello ribaltato tra rappresentazione
dell'oggetto e assenza della materia. questa una sostanziale
rivoluzione formale e tecnica: si apre il campo della
sperimentazione tecnica nella tridimensionalit e al contempo la
scultura diventa segno nello spazio perdendo il suo attributo
fondamentale: la matericit. In questo senso, si pu sostenere che
la Chitarra in cartone e gli altri rilievi polimaterici eseguiti
successivamente sul tema degli strumenti musicali (ispirati a
Picasso da una maschera africana Grebo in legno dipinto, piume
e fibra) rappresentino l'utilizzo di un linguaggio nuovo, quello
della costruzione, in cui l'opera ricalca le linee e i rapporti
geometrici fra i piani dello spazio. Robert Rosenblum individua
infatti una continuit tra le costruzioni di inizio secolo di Picasso e
le opere dei costruttivisti russi.
Al contempo, l'uso in scultura di materiali anomali facilmente
deperibili (quali cartone, latta e filo di ferro) scardina un postulato
fondamentale della scultura tradizionale: la durata. Tra la scultura
ottocentesca in bronzo e in marmo, monumentale e celebrativa, e
gli assemblaggi, polimaterici, fragili e privi di piedistallo, lo iato
enorme. Gli strumenti musicali di Picasso, infatti, concepiti per
essere apposti al muro, risultavano essere un ibrido tra scultura e
pittura evitando l'utilizzo del piedistallo, dispositivo simbolico per
eccellenza della scultura tradizionale. Se per la serie dei singoli
strumenti forse sostenibile che la collocazione a muro del pezzo
testimoni ancora una sorta di ibridazione tra il linguaggio
pittorico e quello scultoreo, resistenza, documentata da una
fotografia del 1913, di una composizione a muro in cui sono
rappresentati una parete, la spalliera di una sedia e un tavolino
circolare in aggetto, su cui "poggiano" una chitarra e una
bottiglia, appare leggibile come una ben pi complessa indagine
dello spazio.

Fig. 5 - Pablo Picasso, Chitarra, 1912, cartoncino, spago e filo


metallico, cm 65,1 x 33 x 19. New York, MOMA.

Il polimaterismo divent quindi territorio comune delle ricerche


degli scultori cubisti da Henry Laurens ad Alexander Archipenko.
Laurens attribuiva grande valore alla diversa densit dei volumi
data da materiali differenti e alla necessit di realizzare sculture
con quattro punti di vista ben determinati. noto un
documentario di attualit della Gaumont nel quale Laurens
mostra alla cinepresa una sua scultura plurimaterica del 1916-17,
Figura (Donna con cane), facendola roteare di 360 su un piedistallo
girevole. Peraltro il documentario, airinsaputa di Laurens,
intendeva mettere in ridicolo davanti al pubblico francese l'arte
contemporanea e il cubismo.
Lo scultore russo Alexander Archipenko, che si era trasferito a
Parigi nel 1908, a partire dal 1912 abbandon le ricerche plastiche
precedenti per realizzare assemblaggi dipinti con materiali insoliti,
che chiam sculto-pittura. Nello stesso periodo inizi anche
una ricerca parallela, quella sul vuoto. Secondo una discussa
datazione, l'artista esegu nel 1912 il gesso di Donna che cammina
(Fig. 6)r opera destinata a rivoluzionare la ricerca del rapporto tra
vuoto e pieno in scultura. La figura femminile infatti costruita
nella delimitazione materiale dei suoi contorni, mentre il corpo
un buco. Nel 1963, Archipenko affronta l'argomento in modo
organico definendo i termini della sua ricerca sul vuoto: Ho
meditato a lungo per capire come fosse concepito lo spazio
prima delle mie sculture del 1912. Ho trovato che in pittura si
definiva "spazio" la profondit, espressa con la prospettiva o col
colore. Altre volte il termine indicava la distanza tra oggetti dipinti
o scolpiti. Il significato della forma dello spazio e della forma del
materiale non era preso in considerazione. Si credeva che la
scultura iniziasse dove la materia tocca lo spazio. Lo spazio era
dunque considerato una cornice intorno alla massa. Si pu
modificare la forma dei volumi solidi ma si avr sempre un
contorno delle forme, oltre il quale inizia lo spazio. Non
attenendomi a questa tradizione ho sperimentato l'idea opposta,
concludendo che la scultura inizia dove lo spazio circondato
dalla materia. Allora la materia a far da cornice allo spazio, che
ha un proprio significato.
Fig. 6 - Alexander Archipenko, Donna che cammina, 1912, bronzo, h.
cm 68,6. Denver, Denver Art Museum.

La consapevolezza, di matrice orientale, dell'importanza del ruolo


attivo del vuoto diventa in Donna che cammina un dato acquisito
per le numerose interpretazioni successive di Archipenko sul tema
del nudo femminile (Donna che si pettina del 1916, Donna seduta e
Donna in piedi del 1920) e un riferimento per le ricerche plastiche
di Ossip Zadkine e Jacques Lipchitz volte all'affrancamento della
scultura dalla massa. Le figure aperte di Archipenko furono il
riferimento principale di Lipchitz nell'ideazione dei Trasparenti,
una serie di opere realizzate a partire dal 1925 secondo una
tecnica innovativa che permise allo scultore di tradurre in bronzo
a tiratura unica sottili rilievi di cera e resina. Curiosamente,
Lipchitz arriv ai Trasparenti nella ricerca di una via di
superamento del Cubismo e delle sue limitazioni proprio in
termini di vuoto e di rapporti tra concavit e convessit. L'artista
nel 1925 costru una scultura in cartoncino, Pierrot (Fig. 7),
realizzandone il modello in cera indurita con resina e poi
fondendolo a tiratura unica in bronzo grazie all'abilit e ai
numerosi tentativi del fonditore Valsuani. La novit consiste
nell'esecuzione di sculture in metallo aeree e leggere,
trasparenti, come Lipchitz amava chiamarle in contrapposizione
alla pesantezza dei volumi in metallo, e volte al superamento
della caducit degli assemblaggi polimaterici. In un'opera del
1926, Acrobata in ballo, la forma si riduce fino a divenire mero
contorno lineare, secondo una concezione che sembra precorrere
i disegni nello spazio realizzati in ferro da Picasso nei primi anni
trenta.
La ricerca di una scultura leggera territorio comune con l'opera
di Costantin Brancusi, scultore rumeno attivo a Parigi dall'inizio
del Novecento agli anni trenta. L'artista, che formalmente si
rifaceva all'arte popolare rumena e alla scultura primitiva, dal
punto di vista tecnico lavorava sui contrasti tra sculture in metallo
polito e basi in legno o in pietra, scolpite in modo volutamente
grezzo e approssimativo. Dopo la fusione, la lucentezza dei
bronzi era ottenuta tramite sabbiatura e lucidatura con prodotti
per l'ottone; inoltre, grazie a basi girevoli, l'artista enfatizzava gli
effetti di luce. La dematerializzazione nelle opere di Brancusi,
seppure ricercata attraverso materiali decisamente lontani da
quelli "aerei" e trasparenti fino a ora menzionati, si basava quindi
sull'interazione dello spazio con la scultura attraverso l'uso di
superfici riflettenti e lucide.M interessante inoltre notare che
Brancusi documentava fotograficamente le sue sculture provando
vari effetti di luce e sostituendo pi basi per ogni opera.
Fig. 7 - Jacques Lipchitz, Pierrot, 1925, bronzo (tiratura unica), h. cm
19,7. New York, Marlborough Gallery.
Teorizzare la modernit: il Futurismo
La volont dei futuristi di scardinare gli accademismi e le
tradizioni del passato, evidente sin dal Manifesto futurista di Filippo
Tommaso Marinetti pubblicato su "Le Figaro" nel 1909, faticava
per, per quanto concerne i modi esecutivi, a trovare in arte una
via pratica al rinnovamento. Dal punto di vista tecnico le prime
opere dei futuristi mostrano un'evidente matrice divisionista.
Umberto Boccioni considerava Gaetano Previati, che aveva scritto
nel 1910 I principi scientifici del divisionismo e La tecnica della pittura,
un maestro a livello tecnico. Un ulteriore riferimento era
costitituito dalla pittura impressionista e postimpressionista, tanto
che in una recensione del 1916 per la rubrica Le arti plastiche di
"Avvenimenti" - in cui l'artista analizza e apprezza tecnicamente la
saturazione cromatica raggiunta da Previati nella Caduta degli
Angeli - cita come esempio l'uso del colore puro nell'opera di Paul
Gauguin.M
La vera svolta arriva grazie al confronto con le ricerche cubiste
dell'epoca. Nel 1912 Boccioni si rec almeno due volte a Parigi,
nel febbraio in occasione della mostra "I Pittori Futuristi Italiani"
alla galleria Bernheim-Jeune, e a novembre ospite di Gino
Severini per visitare il Salon d'Automne.
Lo studio di Braque si trovava nello stesso edificio di quello di
Severini, al n. 5 di Impasse de Guelma. quindi possibile
ipotizzare che Boccioni avesse visto in quell'occasione le sculture
dell'artista francese. Proprio a Parigi Boccioni inizi a elaborare il
Manifesto tecnico della scultura futurista e scrisse a un amico: In
questi giorni sono ossessionato dalla scultura! Credo di avere
visto un completo rinnovamento in questa arte mummificata. Il
rinnovamento, che consiste nella concezione del polimaterismo e
della compenetrazione, viene specificato nel Manifesto in alcuni
punti saldi:
3. Negare alla scultura qualsiasi scopo di ricostruzione episodica
veristica, ma affermare la necessit assoluta di servirsi di tutte le
realt per tornare agli elementi essenziali della sensibilit plastica.
Quindi percependo i corpi e le loro parti come zone plastiche,
avremo in una composizione scultoria futurista, piani di legno o di
metallo, immobili o meccanicamente mobili, per un oggetto,
forme sferiche pelose per i capelli, semicerchi di vetro per un
vaso, filo di ferro e reticolati per un piano atmosferico, ecc. ecc.
4. Distruggere la nobilt, tutta letteraria e tradizionale, del marmo
e del bronzo. Negare l'esclusivit di una materia per Finter
costruzione di un insieme scultorio. Affermare che anche venti
materie diverse possono concorrere in una sola opera allo scopo
dell'emozione plastica.
Ne enumeriamo alcune: vetro, legno, cartone, ferro, cemento,
crine, cuoio, stoffa, specchi, luce elettrica ecc. ecc.
Accanto alla necessit di abbandonare i materiali tradizionali in
favore di quelli nuovi vengono evidenziate le nozioni astratte di
movimento e ritmo e quella di compenetrazione tra gli oggetti e
lo spazio circostante, tema gi caro in passato a Medardo Rosso.
L'idea di compenetrazione alla base della ricerca di Boccioni
che, cercando di superare la concezione classica di spazio, arriva
a sostenere a livello percettivo l'assenza di distanza tra gli oggetti.
In Testa + casa-\- luce l'artista aveva aggiunto a una figura in
gesso elementi presi dalla realt, ovvero una balaustra in ferro e
in legno. Grazie a una recensione pubblicata su "Le Figaro" in
occasione della "Prima Esposizione di Scultura Futurista del
Pittore e Scultore Futurista Boccioni" tenurasi nel giugno-luglio
1913 alla galleria La Botie di Parigi, esiste una descrizione
dettagliata dell'opera e dei materiali di cui era composta:
[Boccioni] mostra al pubblico una mezza testa di donna
sovrastata da un muro, costituito da pezzi di legno che vogliono
indicare che, oltre quel muro, ci sono un tetto, un cielo, delle
nuvole, dei pianeti, delle stelle, ecc. Il raggio di luce
rappresentato da una patina di giallo d'uovo che ricopre l'altra
met della figura. Sul busto una vera rampa di scala, autentica,
con del ferro forgiato e un corrimano, definisce 'Tambientazione".
Poi i muri riprendono, diventano strade su cui sono poste delle
bamboline raffiguranti i passanti. In omaggio ai profani, lo
scultore ha incollato delle etichette sulla sua scultura, su cui si
possono leggere delle utili informazioni: muri, via, ecc..
Il polimaterismo ancor pi enfatizzato in Fusione di una testa e
una finestra, del 1913, in cui il telaio in legno con vetro di una
finestra inserito nella testa della madre di Boccioni, realizzata in
gesso con un occhio di vetro e una treccia di capelli. La fragilit
delle opere polimateriche ha comportato la perdita delle suddette
sculture di Boccioni e la difficile storia conservativa dell'unico
esemplare sopravvissuto al tempo, Dinamismo di un cavallo in corsa
+ case (1914-15) della Collezione Peggy Guggenheim (Fig. 81.
L'opera - in legno, cartone, ferro e rame assemblati con chiodi -
raffigura un cavallo al galoppo compenetrato nelle case alle sue
spalle. Purtroppo, a causa della complessit compositiva e della
delicatezza dei materiali, il pannello restrostante, probabilmente
realizzato in cartone, andato perduto e l'opera, gi oggetto di
un restauro negli anni cinquanta, stata successivamente studiata
e restaurata in modo filologico negli anni novanta.
Per quanto riguarda la composizione bidimensionale, il collage
una tecnica che i futuristi mutuano ancora dai cubisti, pur con una
diversa attenzione al materiale e al suo significato. Gino Severini,
che vivendo a Parigi e frequentando Picasso e Braque aggiornava
gli italiani sulle tendenze pi recenti, riferisce nelle memorie del
1946 di essere stato spronato da Guillaume Apollinaire a inserire
elementi di realt nei suoi dipinti: La mia amicizia con Apollinaire
era divenuta intima. Fin dal 1912 veniva spesso da me mentre
lavoravo. Fu verso la fine di quell7anno, non ricordo pi se
all'Hermitage o al Lapin o al mio studio, che mi parl di alcuni
primitivi italiani che avevano messo nei quadri degli elementi di
vera realt; osservando che tale presenza, e il contrasto da essa
provocato, aumentavano la vita delle pitture e tutto il loro
dinamismo. Mi port l'esempio di un San Pietro esposto
all7Accademia di Brera di Milano, che ha in mano delle chiavi
vere, e di altri santi con altri oggetti, senza contare le aureole fatte
con vere pietre preziose e vere perle.
Lo stesso anno Severini dipinse Ballerina blu incollando sul vestito
del personaggio dei lustrini, per restituire con realismo assoluto
il senso del movimento e deirilluminazione artificiale del locale
notturno. Ad Ardengo Soffici si deve l'utilizzo nei collage di
mascherine di zinco usate per stampare immagini in modo
meccanico. Lo stesso bicchiere viene riprodotto in vari collage
(Piccola velocit, 1914, Civiche Raccolte d'Arte, collezione Jucker;
Composizione con fiammiferi, 1914, Civiche Raccolte d'Arte,
collezione Jucker; Natura morta con uovo rosso, 1914, collezione
privata) con l'intento di realizzare l'industrializzazione del
dipinto. Nel 1914, l'utilizzo di materiali extra-artistici divent
oggetto di dibattito tra Giovanni Papini e Boccioni sulle pagine di
"Lacerba"; a partire dallo stesso anno la tecnica venne usata in
modo diffuso nelle opere dei futuristi, che generalmente
sceglievano ritagli di giornale attinenti al soggetto deir opera e
spesso con contenuto politico.M La causa interventista, sposata
con entusiasmo dagli artisti italiani, ricorre in modo pi o meno
diretto nei collage del periodo incentrati sul tema bellico. Peraltro
il Futurismo si accosta al collage su un doppio binario, artistico e
letterario. Le teorizzazioni di Marinetti sull'uso delle Parole in
libert e l'abbandono della sintassi trovano infatti un medium
d'elezione nel collage, che dal punto di vista tecnico richiama i
modi compositivi della letteratura futurista basata sulla scelta e la
disposizione di caratteri tipografici diversi nella
pagina.

- Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case,


Fig. 8
1914-15,
gouache, olio, legno, cartone, rame e ferro dipinto, cm 112,9 x 115.
Venezia,
Collezione Peggy Guggenheim.
interessante notare infine come talvolta ranalisi dei ritagli
utilizzati fornisca informazioni utili circa l'inquadramento
cronologico dei collage. Mario Sironi utilizz frammenti di una
stessa pubblicazione merceologica spagnola, La pasta alimenticia,
in tre collage: la Venere dei porti, la Ballerina della collezione Jucker
e Composizione con elica della collezione Mattioli. Grazie anche
all'analisi incrociata dei frammenti utilizzati stato possibile
spostare verosimilmente la datazione della Composizione dal 1915
al 1919, data d'esecuzione della Venere e della Ballerina.
Mentre Boccioni dopo il 1915 abbandon il polimaterismo, Enrico
Prampolini ne divenne l'alfiere e dal 1914 realizz diverse opere in
tale direzione, tra cui il noto Bguinage fatto con piume, merletti,
rete e filamenti. Nel 1934 Prampolini, rifacendosi alle esperienze
precedenti in ambito cubista, dadaista e futurista, sostenne l'uso
di materiali eterogenei caricati di valenze emotive ed evocative e
firm il manifesto Al di l della pittura verso i polimaterici.
Costruttivismo: materiali e
procedimenti
Cubismo e Futurismo furono i riferimenti diretti degli artisti
d'avanguardia in Russia. Nel dicembre del 1915, a San Pietroburgo
in uno spazio commerciale vicino al Palazzo d'inverno, l'artista
Ivan Puni e la sua compagna organizzarono 1'"Ultima mostra
Futurista 0,10" invitando tra gli altri, oltre a Michil Larionov, Marc
Chagall e Vasilij Kandinskij, anche Kazimir Malevic e il suo allievo
nonch futuro ideologo del Costruttivismo, Vladimir Tatlin.
Mentre Malevic - che durante quello stesso anno aveva
pubblicato il manifesto Dal cubismo e dal futurismo al suprematismo.
Il nuovo realismo della pittura - riduceva e semplificava le forme
arrivando alla sintesi del Quadrato nero su fondo bianco (1913),
Tatlin, pur condividendo con il maestro i riferimenti al Cubismo,
prendeva le distanze dalla pittura fine a se stessa considerando
l'estetica della costruzione la vera frontiera del presente. A
causa della polemica tra i due artisti, gli spazi all'interno
dell'esposizione furono divisi in modo netto e Tatlin appose
all'ingresso della sezione del suo gruppo la scritta Mostra
professionale insinuando che le altre opere fossero di natura
amatoriale. interessante notare che, pur nell'evidente differenza
dei risultati formali, entrambi gli artisti scelsero l'angolo per
esporre le loro opere, ovvero la porzione di spazio occupata dalle
icone nella tradizione ortodossa. Malevic appese il Quadrato nero
su fondo bianco, appoggiando i lati del dipinto sulle pareti in modo
da chiuderne l'angolo, mentre Tatlin sospese il Controrilievo
all'altezza dello spettatore, tendendo gli elementi metallici
dell'opera tra le pareti convergenti.
Quest'ultimo, che dal 1900 al 1910 aveva lavorato in un atelier di
icone apprendendone la complessa tecnica esecutiva, nel 1913
and a Parigi dove pot vedere i collage e gli assemblaggi di
Picasso. Nel 1914 inizi a produrre i Rilievi e quindi, a sancire il
superamento dell'altorilievo, i Contro-rilievi e i Rilievi angolari (Fig.
9). Rispetto agli assemblaggi di Picasso, i Rilievi di Tatlin
abbandonavano ogni riferimento figurativo e la materia dunque
non presentava altro che se stessa.
La struttura diventava l'opera e ferro, zinco e acciaio assumevano
la
funzione linguistica di rappresentarne la natura tecnologica. Se
con
gli strumenti musicali affissi al muro Picasso aveva eliminato il
piedistallo creando un ibrido tra pittura e scultura, con i Rilievi
Tatlin inaugur una nuova relazione: lo spazio che circonda
l'opera diviene per la stessa un elemento significativo e
vincolante.
Dopo la Rivoluzione d'Ottobre, la ricerca dei costruttivisti assunse
un valore politico in senso antiborghese e anche le tecniche e i
materiali vennero scelti secondo una precisa impostazione
ideologica. Il fotomontaggio, che consiste nell'estrapolazione e
nell'accostamento di frammenti di immagini fotografiche e
dunque tecnicamente simile al collage, si rivel un mezzo molto
efficace. Le opere di Aleksandr Rodchenko, E1 Lissitskij e Gustav
Klutsis, a differenza dei fotomontaggi coevi dei dadaisti, sono un
mezzo di propaganda e non di satira, e pertanto associano
spesso parole e immagini per enfatizzare e chiarire il messaggio.
Il rifiuto dell'arte fine a se stessa port quindi i costruttivisti a
esplorare campi pi apertamente funzionali, dalla grafica
all'architettura e al design. In questo tipo di ricerca centrale
l'attenzione ai materiali e ai modi di produzione: alla staticit e
alla matericit della scultura tradizionale i costruttivisti
contrapposero costruzioni leggere in materiali innovativi e
cercarono effetti di luce e movimento. Nel 1917 Rodchenko inizi
a progettare una serie di sculture dette Costruzioni spaziali.
L'artista elabor un metodo di lavoro nel quale su una superficie
piana di forma geometrica in materiale leggero (compensato o
latta) tracciava e incideva alcune figure concentriche, che
venivano poi scomposte nello spazio per creare sculture aeree da
appendere a un filo.
La prima scultura in reale movimento opera di Naum Gabo, che
nel 1919-20 realizz la Costruzione cinetica, una bacchetta di
metallo che vibra grazie a un motorino descrivendo un volume
virtuale. Anche il progetto pi ambizioso di Tatlin, il Monumento
alla Terza Internazionale (1919-20), era un'opera cinetica. Realizzato
solo quale modello e in pi versioni, il Monumento prevedeva una
struttura composta da due enormi spirali in metallo all'interno
delle quali erano posti un cubo, una piramide, un cilindro e una
semisfera in vetro che dovevano girare intorno al proprio asse
con velocit differenti. Un momento estremamente innovativo per
quanto concerne il rapporto tra opera e spazio circostante
riguarda gli ambienti espositivi progettati da E1 Lissitskij negli anni
venti. L'artista aveva iniziato nel 1919, influenzato da Malevic, a
dipingere quadri astratti e assemblaggi intitolati Proun ovvero
Progetto per la fondazione di nuove forme artistiche. Nel 1923
il progetto venne ampliato in un'opera "da percorrere", lo Spazio
Proun, realizzato per 1'"Esposizione cTArte" di Berlino del 1923, e
ricostruito poi nel 1965 al Van Abbemuseum di Eindhoven. I Proun
seguivano il perimetro dello spazio creando un'opera ambientale
nella quale lo spettatore si poteva muovere cambiando punti di
vista ma rimanendo all'interno di essa. Nel 1926 E1 Lissitskij
progett un altro spazio per l'"Esposizione Internazionale d'Arte"
di Dresda e fu poi incaricato da Alexandre Domer, conservatore
del museo di Hannover, di creare un ambiente di venti metri
quadrati, posto in conclusione del percorso espositivo, per le
opere astratte. L'artista realizz quindi lo Spazio degli Astrattisti:
sulle pareti erano posti pannelli scorrevoli che lo spettatore
poteva muovere per coprire e scoprire le opere intervenendo
attivamente nella determinazione dell'allestimento. Le sculture
inoltre andavano poste davanti a uno specchio che permettesse
di farle vedere anche sul retro. E1 Lissitskij aveva anche previsto
un'illuminazione variabile, mai realizzata per motivi tecnici. Lo
Spazio degli Astrattisti, con il Merzbau di Kurt Schwitters (artista che
peraltro collabor con E1 Lissitskij e Dorner), si pu considerare
un'installazione ante litteram, grazie al coinvolgimento fisico dello
spettatore e alla relazione complessa tra le varie componenti
dell'opera.

- Vladimir Tatlin, Rilievo angolare , 1915 (ricostruzione),


Fig. 9
legno, metallo, filo di ferro, cm 67 x 83,4 x 79. Londra, Fisher
Fine Arts Ldt.
Sempre in ambito costruttivista vengono impostate le prime
ricerche sull'utilizzo in arte dei materiali plastici. A partire dal 1915
Naum Gabo inizi a elaborare una serie di Teste costruite, avendo
presumibilmente come riferimento la Testa in bronzo suddivisa in
piani (1913) di Archipenko. Gabo cercava per di creare un
volume in cui alla leggerezza della costruzione corrispondesse
quella della materia. L'artista ne realizz una prima versione in
compensato, una seconda in ferro galvanizzato e quindi nella
Testa costruita n. 3 (Testa di donna) del 1917-20 (Fig. 101 prov a
utilizzare la celluloide, uno dei primi materiali plastici in
commercio, che alleggeriva in parte la massa della scultura e
permetteva di costruire per piani, ma non essendo
completamente trasparente rispondeva solo parzialmente alle
esigenze dell'artista. Sia Gabo sia il fratello Antoine Pevsner,
seppure secondo una linea di ricerca diversa, cercavano di
superare il problema della materia in scultura, aprire i volumi per
ottenere la trasparenza e l'inclusione del vuoto nell'opera. Nel
1920 Gabo scrisse il Manifesto Realista, firmato da entrambi i
fratelli, per sancire la presa di distanza definitiva dal
Costruttivismo di Tatlin, troppo incentrato su istanze politiche. Il
Manifesto si apre con una polemica contro Tarte del passato e in
particolare contro Cubismo e Futurismo. I futuristi vengono
accusati di avere esternato teorie pi rivoluzionarie delle proprie
opere e di non avere davvero superato la questione della velocit
in arte:

- Naum Gabo, Testa costruita n. 3 (Testa di donna), 1917-20 (da


Fig. 10
un lavoro del 1916), celluloide e metallo, cm 62,2 x 48,9 x 35,4.
New York,
MOMA.

Lo slogan magniloquente della velocit era il maggiore atout dei


futuristi. Ammettiamo appieno lo smalto di questo slogan e
comprendiamo che abbia potuto impressionare i sempliciotti di
provincia. Ma basta chiedere al primo futurista venuto come
s'immagina la velocit perch entri in scena l'arsenale completo
delle automobili in corsa, delle stazioni rombanti, del fil di ferro
aggrovigliato, dei ticchetti, dei colpi, del baccano, delle suonerie,
delle strade turbinanti: c' mai bisogno di convincerli che niente
di tutto ci necessario alla velocit e ai suoi ritmi?.M da
notare come lo stesso anno del Manifesto Tatlin realizz la
Costruzione cinetica, mettendo in pratica le sue teorie su velocit e
ritmo.
Dopo la pars destruens e la presa di distanza dai movimenti di
riferimento, il Manifesto spiega le nuove ricerche costruttiviste su
spazio e volume:
3. Noi rinneghiamo il volume in quanto forma plastica dello
spazio. Non si pu misurare lo spazio in volumi pi di quanto non
si possa misurare un liquido in metri. Pensate al nostro spazio
reale: cos' se non una profondit continua? Noi proclamiamo la
profondit unica forma plastica dello spazio.
4. Noi rinneghiamo, nella scultura, la massa in quanto elemento
scultoreo. Ma voi, scultori di ogni tendenza e d'ogni sfumatura,
voi restate abbarbicati al secolare pregiudizio che ritiene
impossibile affrancare il volume dalla massa. La soluzione a
questo problema arriv con l'introduzione sul mercato di un
nuovo materiale plastico.
Il polimetilmetacrilato, detto plexiglas, un materiale acrilico
solido venduto in forma di lastre che riflette la luce con indici
superiori a quelli del vetro e pu essere lavorato in molti modi: a
caldo oppure a freddo, attraverso l'intervento di solventi come
l'acetone o mediante sabbiatura e incisione. Gabo, Pevsner,
Lszl Moholy-Nagy e George Vantongerloo si servirono
ampiamente del plexiglas per la creazione di sculture leggere,
luminose e soprattutto dematerializzate, prive cio di pesantezza
e volumi dati dall'utilizzo di materiali tradizionali come marmo e
bronzo.
Per l'artista ungherese Lszl Moholy-Nagy, che ader al
Costruttivismo a partire dal 1922, l'uso del plexiglas si inser in un
percorso complesso, che prevedeva l'esplorazione della relazione
tra arte e tecnologia attraverso l'uso incrociato di vari media, in
particolare scultura, fotografia e cinema. Tra il 1922 e il 1930
l'artista, coadiuvato da un tecnico, mise a punto la sua opera pi
nota, il Modulatore Spazio-Luce (Fig. lll r una struttura cinetica
finalizzata a coniugare movimento ed effetti di luce. Su un blocco
centrale, nel quale sono contenuti un motore e lampadine
elettriche, sono montati elementi mobili di varie forme in acciaio,
plexiglas e vetro, che hanno la funzione di interagire con la luce
attivata a intermittenza proiettando sulle pareti circostanti un
gioco variabile di luci e ombre.
Nel 1930 Moholy-Nagy riprese con una cinepresa i movimenti
ipnotici e i giochi di luci e ombre prodotti dal Modulatore per
realizzare un
breve film astratto, Lichtspiel: Schwarz-Weiss-Grau (Gioco di luce:
nero, bianco e grigio). Lo stesso anno Alexandre Dorner gli aveva
commissionato per il museo di Hannover uno "spazio
contemporaneo". L'artista progett quindi una stanza con
apparecchi di proiezione, macchine luminose e superfici per la
fotografia, ovvero una sorta di ambiente multimediale ante
litteram che per non fu mai realizzato per mancanza di denaro.
Nel 1931 Moholy-Nagy ader al movimento Abstraction-cration
Art non-figuratif, fondato a Parigi da Georges Vantongerloo,
Theo van Doesburg e Michel Seuphor; supportato dall'omonima
rivista, proponeva un'arte astratta lirica e meno vincolata del
Costruttivismo ai principi della geometria. Luce e movimento
erano al centro delle ricerche scultoree del gruppo. Vi aderirono
artisti di rilievo internazionale tra cui Piet Mondrian, Gabo e
Pevsner, Max Bill e Alexander Calder. A quest'ultimo si deve, con i
suoi Mobiles (Fig. 121r realizzati a partire dai primi anni trenta,
l'idea di usare il movimento in modo naturale. Le sue sculture,
realizzate in materiali leggeri - quali alluminio dipinto e filo di
ferro su una struttura di acciaio -, erano costruite con uno
studiato sistema di pesi e contrappesi in modo da muoversi
dolcemente grazie all'effetto delle correnti d'aria ambientali. Il
movimento chiamato in causa dalle opere di Calder quindi, a
differenza delle precedenti esperienze di Gabo, Tatlin e Moholy-
Nagy, naturale e fluido, e non determinato dall'utilizzo di apparati
elettrici.
V

Fig. 11 - Lszl Moholy-


Nagy, Modulatore Spazio-
Luce, 1922-30 (replica
1970), metallo, plastica e
motore elettrico, cm 151 x
70 x 70. Cambridge (Mass.),
Busch Reisinger Museum,
Harvard University.
Fig. 12 - Alexander
Calder, Lobster trap and Fish Tail, 1939, filo
d'acciaio
dipinto e foglia d'alluminio, cm 260 x 290. New York, MOMA.
Dadaismo, Surrealismo e il genio
creativo di Marcel Duchamp
Nel 1916 a Zurigo un gruppo di intellettuali e artisti, tra cui Tristan
Tzara, Richard Huenselbeck, Hans Arp e Hanna Hoch, propose un
rinnovamento del linguaggio artistico secondo criteri
antigerarchici e liberi da schemi. Nacque cos il movimento Dada,
caratterizzato dalla mancanza di programmi definiti e dalla
celebrazione della casualit, che contagi in pochi anni Parigi e
alcune citt tedesche: Berlino con George Grosz e John Heartfield,
Colonia con Arp e Max Ernst, Hannover con Kurt Schwitters.
I processi creativi anomali messi in campo dal movimento Dada e
da Marcel Duchamp in particolare - opere aperte all'ambiente,
allestimenti autoriali, ready-made - risultano fortemente innovativi e
si riveleranno ricchi di conseguenze per Parte delle
Neoavanguardie. Dada aspirava a una libert radicale che si
esprimesse attraverso lo smantellamento dei sistemi logici
tradizionali e di ogni genere di convenzione linguistica,
smantellamento ottenuto tramite un uso spregiudicato della
frammentazione, dell'inversione e della dissociazione. In questo
senso, assemblaggio e fotomontaggio sono le tecniche che meglio
corrisposero a questa esigenza di decostruzione della realt.
II fotomontaggio, adottato a partire dalla fine degli anni dieci in
ambito dadaista, si rivel, grazie all'utilizzo di frammenti fotografici,
una tecnica perfetta per evidenziare i paradossi politici e sociali. I
dadaisti, da Hanna Hoch a Raoul Hausmann e Richard
Huenselbeck, usarono il fotomontaggio come strumento critico e
satirico. In questo senso Tartista pi significativo John Heartfield,
noto per i suoi durissimi fotomontaggi contro il regime nazista in
Germania (Fig. 13). Heartfield, fondatore con Grosz del Club Dada
berlinese, creava fotomontaggi partendo da un archivio
d'immagini ordinato per temi e si avvaleva di fotografi che
riprendevano per lui i soggetti necessari, nonch di un assistente
personale che incollava i frammenti. Talvolta i fotomontaggi di
Heartfield erano completati usando il pennello o l'aerografo
direttamente sulle foto.
Fig. 13 - John Heartfield, Hitler mangia soldi e sputa spazzatura, 1932,
fotomontaggio, cm 70,5 x 59. Berlino, Akademie der Kunste.

Kurt Schwitters fu un altro dadaista fortemente innovatore a


livello tecnico. L'artista, che dalla fine degli anni dieci realizzava
assemblaggi con materiali di scarto intitolati Merz, parola senza
significato ricavata ritagliando casualmente da una rivista una
parte della parola kommerzbank, allarg il progetto in termini
architettonici e nel 1923 inizi a costruire il Merzbau (Fig. 141. In un
ambiente della sua casa a Hannover, Tartista inseriva e collegava
progressivamente, partendo da una colonna centrale, collage e
assemblaggi realizzati con oggetti rappresentativi della sua
identit e dei suoi rapporti personali e professionali: una sorta di
foresta percorribile in gesso e legno, assemblata con corde e filo
di ferro, in cui erano inseriti ricordi bislacchi fra cui un ciuffo di
capelli di Hans Richter, un reggiseno di Sophie Tauber, dei calzini
di Moholy-Nagy. Il Merzbau, definito da Max Ernst un'enorme
grotta astratta, comprendeva complessivamente quaranta
diverse ambientazioni.
Nel 1937, dopo che le sue opere furono incluse nella mostra
censoria nazista "Arte degenerata", Schwitters si trasfer con il
figlio a Oslo. Nel 1943 il Merzbau fu distrutto dai bombardamenti e
l'artista inizi a ricostruirne a Oslo una nuova versione, anch'essa
distrutta da un incendio nel 1951. Infine nel 1947, trasferitosi in
Inghilterra, inizi nuovamente l'opera grazie a un finanziamento
del MOMA di New York, ma mor avendo completato solo un
bassorilievo. Il Merzbau considerato un'opera di primaria
importanza perch introduce le questioni ambientali e di
relazione tra opera e fruitore che saranno proprie
deirinstallazione. Nel 1983, in occasione della mostra "Der Hang
zum Gesamkunstwerk" ("la tendenza all'opera d'arte totale") alla
Kunsthaus di Zurigo, Harald Szeeman, in considerazione
dell'insostituibile valore dell'opera, ne commission una
ricostruzione a partire dalle immagini fotografiche. La copia del
Merzbau conservata allo Sprengel Museum di Hannover.^
La rivoluzione Dada approd a New York durante la Prima guerra
mondiale, grazie a Man Ray e alla forte personalit di Marcel
Duchamp, che propose di trasformare il movimento in una
societ segreta. Ray fece un uso sperimentale della fotografia
realizzando doppie impressioni, solarizzazioni e fotomontaggi.
Negli anni venti perfezion la tecnica del Rayogramma,
producendo senza la macchina fotografica immagini astratte
ottenute appoggiando oggetti sulla carta fotosensibile in modo
che le parti non coperte si impressionassero e creassero immagini
al negativo. Impost quindi con Duchamp un gioco di
collaborazione reciproca, creando opere di fotografia a partire dai
lavori duchampiani (come Elevage de poussire, 1920, una
suggestiva foto di II grande vetro ricoperto di polvere).
Fig. 14 - Kurt Schwitters, Merzbau in Hannover, 1933 circa. Opera
distrutta.
Nell'opera di Duchamp il rapporto con la tecnica duplice: da
una parte, con i ready-made, oggetti di produzione industriale
firmati ed elevati al rango di opera d'arte, egli ironizza sugli
aspetti esecutivi e libera l'artista dalla produzione, dall'altra, nei
vetri e nei calchi, investe la materia e la tecnica di notevoli aspetti
simbolici.
Nei vetri la scelta del supporto dovuta all'abitudine dell'artista
francese a usare quando dipingeva una lastra di vetro come
tavolozza, in relazione alla purezza che i pigmenti mantengono
grazie alla trasparenza del materiale di base. All'idea di dare ai
colori un valore cromatico non mediato dalla consistenza del
supporto si aggiunge la volont di Duchamp di conferire all'opera
una durata ottimale, proteggendo la pittura a olio dalle
ossidazioni tramite l'apposizione di un'ulteriore lastra di vetro su
quella dipinta. Infine il vetro trasparente, ovvero interagisce in
modo attivo con l'ambiente nel quale posto e consente una
duplice lettura, verso e recto, deH'immagine. L'artista si avvale
dunque del concetto fisico di trasparenza, caricandolo di
molteplici significati. Le opere su vetro sono quattro: Slitta
contenente un mulino ad acqua in metalli affini del 1913-15, Nove
stampi maschi del 1914-15, Da guardare (dall'altra parte del vetro) con
un occhio da vicino per circa un'ora del 1918, tutti lavori preparatori
per La sposa messa a nudo dai suoi celibatari, anche, detta II grande
vetro (Fig. 151r realizzata tra il 1915 e il 1923.
Tale opera occup Duchamp nella ricerca di soluzioni
compositive e tecniche lungo l'arco di otto anni, pur rimanendo a
detta dell'artista mai conclusa. La sposa messa a nudo costituita
da due pannelli di vetro di grandi dimensioni, sovrapposti, divisi
orizzontalmente in due parti e dipinti all'interno con stesure di
olio e vernice delimitate da filo di piombo. Sul colore Duchamp
applicava poi una sottile lamina in piombo. L'opera dotata di
un enigmatico apparato informativo, ovvero un'opera ulteriore,
annessa in un secondo tempo: la Scatola verde, del 1934, entro cui
sono conservati scritti, appunti e schizzi che l'artista ha buttato
gi nel corso della realizzazione.
Duchamp aveva pensato i suoi dipinti su vetro come quadri
disposti perpendicolarmente alla parete e attaccati a essa tramite
una cerniera, in modo da enfatizzare la possibilit di mutare la
loro posizione nello spazio e di interagire con l'ambiente. Anche II
grande vetro avrebbe dovuto essere realizzato in questo modo,
come di fatto Slitta contenente un mulino ad acqua in metalli affini,
la prima opera su vetro.

Fig. 15. Marcel Duchamp, La sposa messa a nudo dai suoi celibatari, anche
(Il grande vetro), 1915-23, pittura a olio e piombo su vetro, cm 2 7 2 x
175,8.
Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

Sempre pensando a una nuova concezione della relazione tra


oggetto e spazio fisico, Duchamp si concentr sull'intervento del
caso. Tre rammendi tipo, realizzata tra il 1913 e il 1914, muove dalla
volont di sostituire alla razionalit delle unit di misura l'influenza
della chance sull'opera. Tre fili della lunghezza di un metro
vengono fatti cadere nel vuoto. La forma ottenuta dalla collisione
dei fili su una sottostante tela orizzontale fissata tramite delle
gocce di vernice ed ripetuta su righe da disegno
opportunamente sagomate.
Pieghevole da viaggio, del 1916, un'opera costituita da una fodera
per macchina da scrivere priva del suo contenuto. Scrive
Duchamp: Ho pensato che sarebbe stata una buona idea
introdurre della morbidezza nel ready-made. Altrimenti detto, al
posto della durezza - la porcellana, il ferro o cose cos - perch
non utilizzare qualche cosa di flessibile come una nuova forma -
una forma mutevole, per questo che la fodera della macchina
da scrivere venuta alla luce. L'uso da parte di Duchamp di
materiali molli introduce T "indeterminazione", categoria che sar
approfondita dalle Neoavanguardie (le Soft Machines di
Oldenburg, i feltri di Robert Morris) dove all'affermazione della
rigidit e della concretezza dei materiali tradizionali si
sostituiscono la mancanza di definizione e la mutevolezza del
morbido.M
L'importanza della flessibilit dell'oggetto evidente anche in
Scultura da viaggio del 1918, un'installazione realizzata nello studio
dell'artista a New York, composta da un groviglio di strisce di
cuffie da bagno in caucci annodate a corde e legate agli angoli
della stanza. La scultura "da viaggio" proprio in quanto
smontabile e adattabile a ogni ambiente, ma il senso
dell'installazione consiste nella deformazione dell'ambiente
operata dai fili. L'operazione venne ripetuta con intento
eminentemente scenografico in Sedici miglia di spago,
l'allestimento che Duchamp realizz a New York nel 1942 per la
mostra "First Papers of Surrealism". Lo spazio espositivo,
letteralmente invaso da sedici miglia di spago, divent l'opera di
Duchamp che "ospitava" le opere dei surrealisti.
Secondo un principio di inversione tra pieni e vuoti, Duchamp
indag anche la tecnica del calco, giocando sull'idea di impronta
e sull'antinomia e l'analogia tra originale, calco dell'originale e
copia. Incontriamo il motivo del calco, sebbene trasposto nella
bidimensione, nella parte inferiore de II grande vetro, dove le
figure dei celibi sono rappresentate dai calchi delle loro uniformi.
Anche i giochi di parole di Duchamp e il suo amore per
l'omofonia dei termini possono essere letti come calchi letterari e
concettuali, basti pensare al doppio femminile dell'artista, Rrose
Slavy ovvero Eros c'est la vie. Ancora, la serie di opere erotiche
degli anni cinquanta, Foglia di vite femmina, Not a shoe, Cuneo di
castit e Oggetto dardo, giocano sul rapporto invertito tra vuoto e
pieno. Duchamp effettu calchi di parti intime femminili per
presentarne il negativo come opera. Al valore di ribaltamento
percettivo del reale e del suo significato si aggiunge, in Foglia di
vite femmina (1950), un gioco di parole basato sul duplice
significato in francese del sostantivo moule, ovvero "calco" e
"vagina". Nel 1954, per la copertina del periodico "Le Surralisme
mme", Duchamp fotograf l'immagine del positivo di Foglia di
vite femmina, alludendo ancora all'inversione tra positivo e
negativo. Oggetto dardo (1951) gioca sulla somiglianza tra la figura
fallica dell'oggetto e l'impronta di una cavit uterina. Il calco
produce un negativo del reale nel quale a ogni convessit
corrisponde una concavit e viceversa. L'artista si concentrato
sulla possibilit di rendere visibile il vuoto, invertendo i rapporti
tra materia e assenza di materia.
Nei testi di teoria e storia dell'arte, Duchamp viene posto come
l'inizio di un nuovo modo di intendere e fare arte. Insieme alla
sperimentazione di tecniche e materiali, l'artista ha praticato un
distacco metodico nei confronti dell'esecuzione e dell'originalit
dell'opera, sottolineando quindi, in qualunque aspetto della sua
produzione, da quella di matrice industriale dei ready-made a
quella artigianale dei vetri o dei calchi, la priorit del valore
concettuale dell'opera.M
Duchamp pu essere considerato un elemento di continuit tra
Dadaismo e Surrealismo. Nel 1924 Andr Breton, Paul Eluard e
Louis Aragon fondarono il Surrealismo Intemazionale, mentre
Tristan Tzara dichiar la discendenza del movimento dal
Dadaismo. Nel Manifesto del Surrealismo Breton defin il
movimento quale Automatismo psichico puro mediante il quale
ci si propone di esprimere, sia verbalmente sia per iscritto o in
altre maniere, il funzionamento reale del pensiero; il dettato del
pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al
di l di ogni preoccupazione estetica e morale.
La poetica surrealista, legata airinconscio e alla psicoanalisi
freudiana, si esprime tecnicamente attraverso la creazione di
modi operativi "automatici" che enfatizzano la libera espressione
della creativit dell'artista non mediata dalla ragione.
Fotomontaggio, collage e assemblaggio, grazie alla possibilit di
creare accostamenti stranianti, sono le tecniche utilizzate
maggiormente da Breton, Arp, Ernst e compagni. Dal punto di
vista visivo invece uno dei principali riferimenti Giorgio de
Chirico (Fig. 16)r artista che considerava se stesso erede dei
classici anche in senso tecnico e che nel 1919, sulla rivista "Valori
plastici", si era scagliato contro la facilit d'esecuzione di collage e
assemblaggi. Paradossalmente, Max Ernst riferendosi a Mistero e
malinconia di una strada (1914) di de Chirico realizz cinque anni
dopo un assemblaggio polimaterico, Due bambini minacciati da un
usignolo, in cui la figura femminile una citazione del dipinto
dechirichiano.
Max Ernst, che dal 1919 realizzava complessi collage con
accostamenti stranianti, cercando nuove modalit volte a
evidenziare l'automatismo e a far emergere l'inconscio, inizi a
met degli anni venti a utilizzare il frottage, una tecnica che
consiste nell'appoggiare un foglio di carta su una superficie con
rilievi, per esempio il legno, per poi passarvi sopra la mina della
matita o i pastelli (Fig. 17). L'artista adatt questa tecnica anche ai
dipinti, applicando il colore a olio con una spatola e poi
raschiando la superficie. Al frottage Ernst spesso associ il grattage,
altra tecnica di sua concezione, consistente nel raschiare la
"pelle", ovvero la parte pi esterna della pellicola pittorica, in
maniera da movimentare la superficie. Infine Ernst, precorrendo i
dripping di Pollock, invent la tecnica dell'oscillazione, ovvero
l'utilizzo di una sorta di tubo contenente colore liquido che,
attaccato a un filo, veniva fatto penzolare sul dipinto lasciando
colare macchie di colore.
Sempre in ambito surrealista, lo spagnolo Oscar Dominguez
introdusse in arte un'altra tecnica mutuata dalla creativit
infantile: la decalcomania. Per ottenere decalcomanie si
pongono uno o pi colori in pasta su una superficie e quindi vi si
pressa sopra un foglio sul quale resta un'impronta.
La decalcomania, usata anche da Max Ernst, lascia prevalere,
come il frottage e l'oscillazione, gli aspetti casuali nell'ottenimento
del risultato.
Quindi le tecniche artistiche messe a punto dai surrealisti fanno
riferimento, pi che al mondo delle Belle Arti, a quello della
creativit infantile, e si pu leggere tale recupero di esperienze
tattili e materiali come un tentativo di rifarsi, anche a livello
pratico, a una qualche creativit vergine e non mediata
dall'esperienza.
Fig. 16 - Giorgio de Chirico, Figliol Prodigo, 1922, olio e tempera
grassa su tela, cm 87 x 59. Milano, Civiche Raccolte d'Arte.
Fig. 17 - Max Ernst, Foresta
(particolare), 1927, frottage
e olio su tela, cm 114 x 146.
Karlsruhe, Staatliche
Kunsthalle.
Espressionismo Astratto e Spazialismo:
iconologia della materia e dello spazio
Oltre airintroduzione di tecniche inedite, anche l'utilizzo di nuovi
media pittorici contribu in larga parte a modificare il linguaggio
degli artisti. Nel 1921, dopo un viaggio in Italia nel quale vide i cicli
di affreschi medievali e rinascimentali, David Alfaro Siqueiros
pubblic a Barcellona, sul numero unico della rivista "Vida
Americana", i Tre appelli d'orientamento attuale ai pittori e agli scultori
della nuova generazione americana in cui dichiarava guerra alla
pittura da cavalletto per esaltare Parte monumentale. L'anno
dopo, insieme a Diego Rivera, Jos Clemente Orozco e Fermin
Revueltas, inizi i dipinti murali della Scuola Nazionale
Preparatoria a Citt del Messico, in cui la pittura concepita
come negazione della cultura borghese e mezzo di diffusione
degli ideali politici. Le nuove costruzioni in cemento non erano
superfici adatte alla tecnica tradizionale dell'affresco. Mentre
Rivera e Orozco rimasero per lo pi legati alla tradizione
"classica", sperimentando la pittura a encausto e dipingendo in
massima parte ad affresco, ma su pannelli assemblati alle
strutture murarie, Siqueiros si sforz di trovare una tecnica
alternativa per operare direttamente sul cemento.
La svolta arriv a met degli anni trenta, quando inizi a
dipingere su muro con i silicati di etile (derivati dei siliconi) e con
gli smalti alla pirossilina (nitrocellulosa) utilizzati in genere per
verniciare le auto. Nella primavera del 1936, Siqueiros apr uno
studio a New York sulla 14a strada, un vero laboratorio
sperimentale dove venivano provati nuovi materiali e nuovi
strumenti quali il proiettore, la pistola a spruzzo e l'aerografo. Il
vantaggio degli smalti consisteva nei prezzi contenuti e nella
possibilit di avere superfici lucide e brillanti con tempi di
essiccazione molto ridotti rispetto alla pittura a olio.
Nel gruppo di Siqueiros c'era anche il giovane Jackson Pollock,
destinato a cambiare radicalmente il modo di esprimersi in arte
negli anni cinquanta, grazie anche ai nuovi colori conosciuti
nell'atelier dell'artista messicano.
Gli smalti, poco viscosi e facilmente diluibili, erano
particolarmente adatti al dripping, la tecnica pittorica di Pollock,
che consisteva nel far gocciolare il colore su grandi tele stese a
terra tramite pennelli, bastoncini o siringhe. L'artista, che usava gli
smalti alla pirossilina, gli acrilici in soluzione diluiti con trementina,
ma anche i colori a olio mescolando i vari media, chiese alla
DuPont, la ditta produttrice del Duco (uno smalto per interni alla
nitrocellulosa ma con aggiunta di canfora come plasticizzante), di
mettere a punto per lui un particolare tipo di smalto, pi liquido
di quello in commercio.
Per definire il modo pittorico di Pollock stato coniato il termine
action painting, pittura d'azione, a sottolineare il movimento
corporeo sullo spazio fisico della tela, una sorta d'arena all'interno
della quale l'artista interveniva facendo sgocciolare il colore con
movimenti simili a una danza rituale (Fig. 18). La gestualit
leggibile nei fili del colore, usato estremamente liquido e sparso
sulla tela come fosse una grafia. Circa la sua tecnica Pollock
dichiar: La mia pittura non deriva dal cavalletto. Difficilmente
tendo la tela sul telaio prima di dipingere. Preferisco attaccare la
tela non tensionata sulla parete o sul pavimento. Ho bisogno
della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento sono pi a
mio agio. Mi sento pi vicino, pi parte del dipinto, perch in
questo modo posso camminarci intorno, lavorare dai quattro lati
ed essere letteralmente nel dipinto. Questo simile al metodo dei
pittori di sabbia indiani dell'Ovest. Mi tengo lontano dagli
strumenti tipici del pittore come il cavalletto, la tavolozza, i
pennelli ecc. Preferisco bastoncini, spatole, coltelli e pittura fluida
gocciolante o un impasto materico con sabbia, vetri rotti e altra
materia estranea aggiunta.
L'artista americano utilizz talvolta il vetro quale supporto, come
documentato nelle foto che gli fece Hans Namuth nel 1950
mentre dipingeva. Secondo la pittrice Lee Krasner, moglie
dell'artista, l'uso del vetro poteva essere un riferimento a
Duchamp. Altre peculiarit tecniche riguardano il fatto che tra i
colori usati da Pollock ci fosse anche lo smalto d'argento e che
l'artista, sempre secondo le testimonianze della moglie,
comprasse rotoli di tela di cotone commerciale non preparata
(usata per navi e rivestimenti), li stendesse a terra impregnandoli
con due stesure di colla, dipingesse e solo alla fine decidesse
dove tagliare la tela definendone le dimensioni.^
Oltre agli smalti sintetici, alla fine degli anni quaranta entr in
commercio l'acrilico in soluzione, diluito in trementina. Il colore,
dal nome commerciale Magna, era prodotto dalla Rohm and
Haas secondo le formulazioni messe a punto da Sam Golden e
Lonard Bocour, un pittore che divent in campo tecnico il
riferimento della scena astratta americana del dopoguerra.
Bocour definiva per gli artisti, a seconda delle esigenze, la
percentuale di pigmento, legante e solvente relativa al tipo di
effetto che volevano ottenere. I colori
Magna, che sul tubetto riportavano la scritta Bocour's Magna,
erano pubblicizzati negli anni cinquanta su riviste specializzate
come Il primo nuovo medium pittorico in 500 anni.^ In effetti
la rivoluzione dei colori sintetici ebbe suirarte contemporanea
una portata simile a quella deirintroduzione della pittura a olio
nel XV secolo: un nuovo mezzo, o meglio una nuova categoria di
mezzi (smalti, acrilici, alchidici), che permise agli artisti di ottenere
effetti inediti e apr la via a nuovi modi di fare arte.

Fig. 18 - Jackson Pollock che esegue un dripping, 1950 circa.

Anche Morris Louis, frequentando l'atelier di Siqueiros, aveva


scoperto i colori sintetici, che utilizz per raggiungere l'effetto
"morbido" delle sue colate di colore. Nel 1953 Tartista aveva
inoltre visitato lo studio della pittrice Helen Frankenthaler, delle
cui opere aveva apprezzato il colore "intriso" nelle tele (olio molto
diluito). Per ottenere al meglio un effetto simile, Louis si rivolse a
Bocour, alla fine degli anni cinquanta, in cerca di un medium pi
liquido dei colori Magna venduti in tubetto; mise quindi a punto
una tecnica di colatura del colore acrilico in soluzione molto
diluita su tele di cotone non preparate, in modo che la tela si
imbibisse al punto da sembrare tinta (Fig. 19). L'artista versava il
colore sulla tela non preparata posta orizzontalmente e poi la
inclinava manualmente orientando il percorso del colore liquido
sulla superficie, che era quindi indirizzato a seguire un percorso
predefinito; in caso di eccesso, il colore veniva tamponato con
uno stecco con la punta avvolta in mussolina; la superficie veniva
poi fatta asciugare con ventilatori.^
Un tipo di pittura che a prima vista pu sembrare pi tradizionale
quello di un altro artista del gruppo degli "Irascibili", Mark
Rothko, che dipingeva a pennello su tela.
In realt la sua opera, basata suirinvenzione di nuove formule e
suirassociazione di pi tecniche a volte non compatibili tra loro,
da considerarsi altamente sperimentale. Dopo un periodo
surrealista, tra il 1946 e il 1948, nel quale utilizzava una serie di
tecniche derivate da Max Ernst, graffiando, rimuovendo o
abradendo il colore, Rothko inizi a utilizzare il medium acrilico
grazie ai consigli di Lonard Bocour. Per ottenere suggestive
superfici di colore vibrante e vellutato, in cui per un effetto ottico
la luce sembrasse uscire direttamente dal dipinto, Tartista
preparava la tela con una stesura molto liquida di colla di coniglio
e pigmento, su cui interveniva a pennello con acrilico e pigmenti
in acqua, quindi con colore a olio diluito in trementina, ponendo
infine un'ultima stesura a base di olio, trementina e uovo intero
(Fig. 201. Il quantitativo di legante era minimo e l'artista si illudeva
che, sovrapponendone diversi tipi, il pigmento reggesse lo
spessore. Viceversa, a causa dell'utilizzo dell'uovo, le superfici
delle sue opere tendono a sbiancare e sono facilmente aggredite
da muffe. Negli ultimi anni di vita Rothko realizz opere di
enormi dimensioni, con le quali copriva grandi spazi, come le
cinque tele dipinte nel 1962 per l'Holyoke Center dell'Universit di
Harvard.

Fig. 19- Morris Louis, Aleph series VII, 1960, acrilico su tela, cm 264 x
361.
Collezione privata.

L'Espressionismo Astratto stato infatti tecnicamente innovativo


non solo circa l'uso di smalti e colori acrilici ma anche per quanto
concerne il formato dei supporti. Mentre le Avanguardie
mantennero sostanzialmente i formati tradizionali, gli
espressionisti astratti espansero in modo inedito le dimensioni
delle opere.M Osserva William Rubin: I grandi tardo Monet
costituiscono l'unico genuino precedente nella tradizione
moderna per la pittura di dimensioni a parete iniziata
pioneristicamente da Pollock, Rothko, Newman e Stili agli inizi
degli anni cinquanta. Questi dipinti panoramici che spesso
superavano venti e a volte raggiungevano quaranta piedi in
larghezza, erano concepiti da Monet in quanto costitutivi di un
mondo in se stessi (come si pu esperire airOrangerie) piuttosto
che in quanto "finestra sul mondo", come la tradizionale pittura
da cavalletto.
La novit nei dipinti di formato extra-large di Pollock e compagni
consisteva inoltre nel tipo di fruizione prevista che doveva essere
ravvicinata perch si trattava di opere in genere a destinazione
privata, dipinte per essere lette da vicino in modo immersivo.
Mark Rothko dichiarava di dipingere in grande per essere intimo,
mentre secondo Barnett Newman i suoi dipinti di grandi
dimensioni, composti da forme molto semplici divise
geometricamente, restituivano allo spettatore il senso della
propria scala.
In Europa, i colori acrilici arrivarono alla fine degli anni cinquanta
in pieno clima Informale e le sperimentazioni degli artisti
riguardarono soprattutto l'uso di smalti sintetici e di texture
arricchite da materiali eterogenei. In un articolo del 1947, il
critico americano Clement Greenberg paragon l'astrazione di
Pollock a quella dell'artista francese Jean Dubuffet, per
sottolineare come il primo avesse portato a un superamento della
pittura da cavalletto mentre il secondo avesse salvato la pittura
da cavalletto per la generazione dei pittori post- Picasso.M In
Europa, infatti, le varie declinazioni della pittura informale del
dopoguerra non si allontanarono molto, nella maggior parte dei
casi, dalle tecniche artistiche tradizionali. Fanno eccezione le
ricerche condotte sulla materia da parte di alcuni artisti come il
gi citato Jean Dubuffet, Jean Fautrier, Antoni Tpies, Alberto
Burri e, su un versante di tipo segnico-gestuale, Lucio Fontana.
r

- Mark Rothko, Senza titolo, 1953, acrilico e olio su tela, cm


Fig. 20
269 x 129. New York, Whitney Museum.

Il tentativo comune era quello di evidenziare Tistinto e


l'automatismo creativo attraverso opere aniconiche nelle quali si
delegava alla materia e al gesto il ruolo di significante dell'opera.
Gli artisti francesi vengono detti Tachistes a sottolineare la
pregnanza del gesto e del tocco pittorico. Le Hautes ptes di Jean
Fautrier, miscele spesse di tempera e colla, cos come le
Texturologies e le Matriologies di Jean Dubuffet, lasciano parlare,
anche nella denominazione, la materia. Agli impasti tradizionali gli
artisti ne sostituirono di densi e granulosi, mentre venivano
preparate superfici mosse ottenute creando premature
craquelures (le crepe del colore tipiche della pittura antica) tramite
Fuso di oli siccativi o stesure di collanti sulla superficie del dipinto.
Pannelli di truciolato, terra, ali di farfalle e foglie di agave sono
alcuni tra gli elementi costitutivi delle opere degli anni quaranta e
cinquanta di Dubuffet. L'artista, che coni il termine
"assemblaggio" per differenziare le sue opere polimateriche dai
collage delle Avanguardie, a partire dal 1966 realizz le opere del
ciclo Hourloupe in polistirolo espanso. Nella ricerca di una forma
espressiva alternativa al sistema di referenza tradizionale,
Dubuffet scopr appunto il polistirolo, un prodotto artificiale che
rispondeva all'esigenza di un netto taglio con il peso della storia
offrendo al contempo notevoli pregi da un punto di vista tecnico.
Il polistirolo infatti si pu tagliare, assemblare, dipingere, molto
leggero e poco costoso. Per il ciclo dell'Hourloupe l'artista si serv
di altri media anomali, tra cui la penna a sfera e i pennarelli,
comparsi sul mercato negli anni quaranta e inizialmente costituiti
da una punta porosa in feltro collegata a un serbatoio nel quale
era inserito l'inchiostro.
In Italia, l'opera di Alberto Burri particolarmente interessante per
la ricerca continua che l'artista condusse su tecniche e materiali.
Nel 1948 realizz alcune serie di opere intitolate Neri, Catrami e
Muffe, in cui, come per i contemporanei francesi, si sottolinea il
ruolo primario della materia. In una serie di opere iniziata nel
1950, i Gobbi, Burri anticip i supporti modificati degli anni
sessanta, inserendo sul retro della tela un ramo d'albero per
muoverne in modo anomalo la superficie. Lo stesso anno realizz
il primo Sacco, mettendo in primo piano la materia "povera" che
solitamente funge da supporto del dipinto, la tela grezza di juta,
con cuciture e lacerazioni. Attraverso le Combustioni, i Legni e i
Ferri, arriv quindi nel 1958 a utilizzare la plastica, che dal 1961 in
poi divenne il fulcro della sua ricerca. Burri tendeva sul telaio
diversi strati di film sottile di polivinilcloruro o di polietilene su cui
successivamente interveniva con la fiamma ossidrica. La plastica, a
contatto con la fiamma, brucia istantaneamente creando, attorno
alla zona combusta, raggrinzimenti, rigonfiamenti e cambiamenti
di colore (Fig. 21). Il rapporto tra "campiture" di film plastico e
parti bruciate era il risultato di un'attenta impaginazione
dell'opera, secondo un processo di studio che, contrariamente
all'estemporaneit diffusa nelle opere gestuali, non lasciava
spazio alcuno all'emozione immediata. L'artista continu a
sperimentare tecniche e materiali: negli anni settanta, con i Cretti,
grazie a un voluto eccesso di legante (Vinavil e caolino) rispetto al
pigmento, otteneva una contrazione del colore con fessurazioni
simili a quelle della pittura antica; mentre, negli anni ottanta,
incideva e dipingeva in modo sperimentale il Cellotex, un
supporto di colla e polvere di segatura.
Sempre in ambito italiano, un momento di svolta e precorrimento
del concetto di scultura "nell'area allargata" tipico degli anni
sessanta rappresentato dall'opera di Lucio Fontana. Gi negli
anni trenta l'artista italo-argentino aveva cercato di scardinare la
monumentalit della scultura sperimentando in modo
estremamente libero materiali quali ceramica, bronzo dipinto e
cemento graffito. Nel 1947, Fontana pubblic il Manifesto del
Movimento Spaziale e realizz la prima Scultura Spaziale: un anello
di gesso nero in blocchi irregolari a contornare uno spazio
circolare vuoto. Al centro della ricerca di Fontana la volont di
svincolare l'arte dalla materia per cercare lo spazio reale oltre la
bidimensionalit della tela e il volume della scultura. Lo scopo
viene raggiunto nelle tele, con i primi "buchi" del 1949, ottenuti
lacerando il supporto con un punteruolo, e quindi con i "tagli",
effettuati con il taglierino, a cercare una relazione tra superficie
dipinta e spazio retrostante (Fig. 221.^
Un ulteriore passo venne fatto con Ambiente spaziale con forme
spaziali a luce nera, realizzato nel 1949, alla Galleria del Naviglio di
Milano: Fattivit artistica si svincola dalla concezione tradizionale
di scultura in direzione di un'apertura delle forme allo spazio. In
quest'opera Fontana copr il soffitto di una stanza con forme
sinuose realizzate in cartapesta e dipinte con colori fluorescenti,
entrati in commercio alla fine degli anni quaranta e composti da
molecole organiche in grado di assorbire ed emettere le
radiazioni ultraviolette aumentando notevolmente la propria
luminosit. Il tutto era illuminato con una lampada di Wood.
Fig. 21 - Alberto Burri, Grande plastica 1, 1962, plastica e
combustione su telaio di alluminio, cm 200 x 150. Collezione
privata.

Il soggetto dell'Ambiente era quindi la luce: L'Ambiente il segno


del vuoto, la fine di fare le Gallerie col quadro appeso, la piccola
scultura, la grande scultura da vendere, Parte che entrata in un
fatto sociale generale, che fosse un pensiero pi che un'opera
d'arte in vendita. Ecco: la sala tutta nera, la luce di Wood, col
colore fluorescente che dava questo senso di vuoto, un senso,
una materia completamente nuova per il pubblico....
L'artista fu inoltre un precursore a livello teorico dell'utilizzo dei
nuovi media: nel 1952 firm, insieme ad altri tra cui Burri, Roberto
Crippa, Gianni Dova e Tancredi, ancora legati a espressioni
materiche informali, il Manifesto del Movimento Spaziale per la
Televisione.
Fontana fu un riferimento fondamentale e stimolante per gli artisti
della nuova generazione milanese, da Piero Manzoni al Gruppo T
(Luciano Anceschi, Gianni Colombo, Davide Boriani e Gabriele De
Vecchi), che, con un atteggiamento ironico nei confronti del
sistema dell'arte o fiducioso nell'ordine logico della scienza,
privilegiarono il superamento del concetto tradizionale di opera e
l'utilizzo di materiali industriali. La tecnologia era infatti al centro
delle ricerche iniziate alla fine degli anni cinquanta da alcuni artisti
costituiti in gruppi, quali appunto il Gruppo T a Milano, il Gruppo
N a Padova, Grav a Parigi, Zero a Dusseldorf, il cui proposito,
traendo le fila dalle ricerche visive e ottiche dei costruttivisti e del
Bauhaus, era di lavorare sul rapporto spazio-tempo e analizzare i
nuovi sistemi di comunicazione. Le ricerche di questi anni, definite
anche come Arte Programmata e Cinetica, si proponevano infatti,
studiando i fenomeni percettivi, di intraprendere una "scienza"
dell'arte che evidenziasse i rapporti tra questa e le diverse
manifestazioni della realt fenomenica nello spazio e nel tempo.M
Data la centralit della comunicazione e della percezione visiva, i
materiali impiegati furono, per ragioni funzionali, differenti da
quelli tradizionali; motori, materiali plastici, acciaio, proiezioni,
caiamite: le opere cinetiche ruppero radicalmente con la
tradizione materica e gestuale della generazione precedente per
riferirsi sostanzialmente a un universo di tipo tecnologico.
Fig. 22 - Lucio Fontana
mentre esegue un Concetto
spaziale, 1964.
Pop Art, Nouveau Ralisme e Fluxus: la
realt come medium
Nel 1961 il MOMA di New York inaugur un'importante mostra
intitolata "The Art of Assemblage" nella quale, oltre a esporre
opere di maestri come Pablo Picasso e Kurt Schwitters, si
evidenziava come negli Stati Uniti le pratiche artistiche pi recenti
segnassero una decisa apertura allo spazio tridimensionale. Le
opere di Robert Rauschenberg, considerato il fondamentale
anello di passaggio tra l'Espressionismo Astratto e la Pop Art,
univano la pratica dell'assemblaggio alla gestualit pittorica.
Inizialmente l'artista realizzava quadri monocromi dipinti a rullo
con diversi media, fra cui una serie realizzata con smalto nero su
tele ricoperte di giornali. La lucidit della superficie era talmente
importante che l'artista ne autorizzava la ridipintura se necessario;
egli stesso aveva l'abitudine di reintervenire e modificare le sue
opere, molte delle quali sono state infatti ridipinte negli anni
ottanta.
Tra il 1953 e il 1954 Rauschenberg produsse una serie di piccole
opere nelle quali la monocromia pittorica era data dalla scelta di
un unico materiale costitutivo, come la polvere, l'argilla o la foglia
d'oro. Per l'artista i Dirt Paintings, realizzati con polvere e terra,
avevano lo stesso valore di quelli in oro. Il pi grande dei dipinti
di questa serie, Growing Painting, realizzato con polvere, terra e
semi, veniva innaffiato quotidianamente da Rauschenberg
quando lo espose alla Stable Gallery di New York nel 1954.
evidente in queste opere una matericit di tipo informale, mentre
in quelle della serie seguente, i Combine Paintings la cui icona il
Letto del 1955 (Fig. 23)r si associano oggetti d'uso comune e
interventi di colore di matrice espressionista astratta.^ L'artista,
influenzato dalle scatole surrealiste di Joseph Cornell e dalle
prime suggestioni provenienti dalle performing arts, utilizzava gli
oggetti pi vari, tra cui una capra imbalsamata, una scopa, un
ombrello. Rauschenberg usava anche la serigrafia, tecnica
impiegata fino ad allora in pubblicit e segnaletica e che con i
Combine entr nel dominio delle Belle Arti. L'artista spesso
sceglieva immagini fotografiche che serigrafava su supporti quali
tela o plexiglas, usati poi anche come basi su cui intervenire a
pennello o a collage. La fotoserigrafia permette di ottenere da
una fotografia una matrice per riprodurre la stessa immagine un
numero pressoch infinito di volte.
Rauschenberg si serv anche di un altro procedimento di stampa
di tipo artigianale detto transfer drawing, ovvero la trasposizione
di immagini da giornali ad altro supporto tramite l'uso di trielina
sfregata con un tampone.
Secondo il critico Edward Lucie-Smith, Tartista era uno
Schwitters passato attraverso l'esperienza dell'Espressionismo
Astratto; analogia confermata anche dall'uso dei materiali, se si
considera la dichiarazione dell'artista americano secondo cui un
paio di calzini non meno adatto di legno, chiodi, trementina,
olio e tela per fare un quadro (si ricordi che Schwitters nel
Merzbau inser un paio di calzini appartenuti a Moholy-Nagy...).
La relazione aperta che Rauschenberg aveva con materiali e
procedimenti inoltre testimoniata dal fatto che l'artista
collabor per anni con la compagnia di danza d'avanguardia di
Merce Cunningham, partecipando ad alcune performance e
realizzando le scenografie degli spettacoli.
Nello stesso ambito interessante analizzare l'opera di Jasper
Johns, che per marcare uno stacco dalla pittura astratta della
generazione precedente reintrodusse la figurazione, sia in pittura
sia in scultura, realizzando per duplicati del reale con tecniche e
materiali tipici della tradizione storico-artistica. Le lattine di birra
Ballantine (Senza titolo, 1960) sono calchi dal reale, in bronzo,
dipinti per riprodurre, sebbene non in modo letteralmente
mimetico, l'oggetto di partenza. In senso analogo, nel 1955
dipinse a encausto la Bandiera degli Stati Uniti servendosi di una
tecnica di origine romana che consiste nell'utilizzare la cera a
caldo come legante dei pigmenti. La cera venne usata per
dipingere, ma anche per imbibire ritagli di carta e di tessuto
applicati a caldo sulla superficie. Il riferimento ovviamente il
ready-made, ma la concezione duchampiana non qui intesa
come appropriazione di un oggetto reale elevato a opera d'arte,
bens come riproduzione dello stesso attraverso i codici esecutivi
delle Belle Arti.
Il ritorno alla figurazione, e in particolare l'attenzione ai prodotti
di consumo, il denominatore comune della ricerca di un gruppo
di artisti e designer che nel 1956 partecipa alla mostra "This is
Tomorrow" alla Whitechapel Art Gallery di Londra, inaugurando la
stagione della Pop Art inglese. L'immagine icona del movimento,
Just What is it that Makes our Today's Homes so Different, so
Appealing? (1956) di Richard Hamilton, un piccolo collage (cm 26
x 25), il che sottolinea come anche a livello tecnico la fonte
dell'attenzione al reale fosse l'opera di inizio secolo di Picasso e
Braque.

Fig. 23 - Robert Rauschenberg, Letto , 1955, legno e colori a olio su


stoffa, cm 185 x 77. New York, MOMA.

Diffusasi presto anche negli Stati Uniti, la Pop Art trov un terreno
molto fertile in termini di riferimento alla pubblicit e alla cultura
di massa. Nelle prime opere di Claes Oldenburg era ancora
evidente la matrice dell'Action Painting. I suoi grandi oggetti di
cartapesta, cibo, vestiti, scarpe, pioneristicamente esposti nel 1961,
in occasione della mostra "Shop", in un negozio appositamente
affittato a New York, erano realizzati con tessuto immerso in
gesso posto su armature di filo di ferro e poi dipinti con smalti
sintetici in modo volutamente approssimativo a ricordare la
gestualit espressionista. Successivamente Oldenburg realizz
le Soft Machines, enormi oggetti di uso comune in tessuto vinilico
imbottito di kapk, una fibra vegetale simile al cotone. Le opere
di Oldenburg riprendono le grandi dimensioni tipiche della
scultura monumentale, ma a questa contrappongono
rindeterminazione resa da una consistenza materiale soffice e
quindi antiretorica. I soggetti, dal sandwich al telefono, airuovo
fritto, alla fetta di torta, sono paradossali anche in relazione al
tipo di materiale con cui sono realizzati, la plastica, icona per
eccellenza della civilt dei consumi.
La cultura di massa centrale anche nell'opera di Andy Warhol,
che utilizz la serigrafia per sottolineare una nuova concezione di
opera d'arte: seriale e prodotta meccanicamente. interessante
notare, in analogia con il Duchamp dei readymade, come questa
distanza nei confronti della figura dell'artista faber sia pi un mito
che una realt. Warhol, pur sostenendo che chiunque avrebbe
potuto fare i quadri al posto suo, era in realt molto attento alla
parte esecutiva, che seguiva personalmente sebbene coadiuvato
da assistenti.
L'artista aveva una formazione da grafico pubblicitario e nei primi
anni di attivit continu questa professione insieme al lavoro
artistico, sfruttando la conoscenza di tecniche pi vicine al mondo
della grafica che a quello della pittura. Tra queste il blotted line,
che consiste nel ripassare i contorni di un disegno con inchiostro
molto liquido e poi imprimerlo su un foglio di carta assorbente
per ottenere una copia stampata in modo volutamente
approssimativo. Questa tecnica venne spesso usata da Warhol
negli anni cinquanta per la realizzazione di immagini pubblicitarie,
volantini e opuscoli, colorati talvolta da amici durante coloring
parties appositamente organizzati. Il blotted line veniva usato
anche ricalcando e inchiostrando i contorni di fotografie. Nella
seconda met degli anni cinquanta l'artista utilizzava una gomma
molto morbida, l'Art gum, ritagliandola per realizzare stampini e
riprodurre in serie immagini molto semplici e lineari come stelline
e farfalle. Nei dipinti dei primi anni sessanta Warhol, senza
conoscere il lavoro di Roy Lichtenstein, incoll delle vignette di
Superman su tela, intervenendovi sopra con il colore in modo
gestuale. A queste opere, ancora legate agli stilemi
deU'Espressionismo Astratto, l'artista prefer poi tecniche
esecutive pi fredde. Le prime versioni delle Campbell's Soup Cans
erano realizzate ricalcando l'immagine ingrandita con l'episcopio
(uno strumento che permette di proiettare un disegno su tela o
su muro secondo le dimensioni desiderate e quindi di riprenderne
i contorni). Nel 1962 l'artista si rivolse a una ditta di serigrafie per
riprodurre le prime versioni dei celebri dipinti con i dollari. A
proposito della scoperta della serigrafia l'artista dichiar:
Nell'agosto del '62 ho cominciato a eseguire serigrafie. Il
metodo del timbro di gomma, di cui mi ero servito in precedenza
per replicare immagini, alTimprowiso mi era apparso troppo
casalingo; volevo qualcosa di pi forte, che desse un pi preciso
effetto di catena di montaggio. Con la serigrafia si prende una
fotografia, la si ingrandisce, la si trasferisce in gomma sul filtro di
seta, e quindi ci si spalma sopra inchiostro in modo che questo
penetri attraverso la seta ma non attraverso la colla. In tal modo si
ottiene la stessa immagine, ogni volta con qualche lieve
differenza. Era tutto cos semplice, rapido e casuale. Ne ero
entusiasta. Per essere trasferite sul telaio serigrafico le foto
devono essere stampate su acetato. La colla o gomma di cui
parla Warhol una gelatina fotosensibile che a contatto con
l'acetato, se esposta alla luce, impressiona l'immagine sul telaio
(filtro di seta) che funge poi da matrice. In fase di stampa le aree
non coperte dalla colla lasciano passare il colore steso, con una
speciale spatola, dal telaio alla tela sottostante. Quando le
immagini da serigrafare erano pi di una, come nel caso di
Marilyn Diptych del 1962, Warhol segnava a matita una sorta di
griglia per definirne le posizioni.
Il colore usato era uno speciale inchiostro alchidico opaco per
serigrafie della ditta americana Naz Dar. Dopo avere trasferito
Timmagine, l'artista o il suo assistente intervenivano sulla tela con
colori acrilici a emulsione Liquitex.1^ Warhol si serv sempre di
assistenti, il pi noto dei quali fu Gerard Malanga, grazie al quale
ci sono giunte la maggior parte delle informazioni sulla tecnica e i
procedimenti usati dall'artista.
Per realizzare le serigrafie, Warhol e Malanga lavoravano
ponendo la tela e il telaio serigrafico direttamente a terra (Fig. 24.
Spesso la tela proveniva da un rotolo e veniva tagliata
successivamente. Il colore di fondo era generalmente acrilico
steso a pennello; l'immagine veniva collocata nella giusta
posizione e, per fare s che i colori non si sovrapponessero, le
campiture erano delimitate ai bordi con nastro adesivo; i contorni
erano infine ripresi con colore nero. Negli anni settanta, con i
Vanity Portraits, Warhol riport in auge il ritratto su commissione,
fotografando i soggetti con la Polaroid e quindi scegliendo
insieme a loro i colori e gli effetti dell'opera. Allo scopo di lisciare
le rughe e appiattire i contrasti, i committenti venivano truccati
con cerone bianco e fotografati con 1'aggiunta del flash.
Warhol fece quindi delle tecniche indirette la sua poetica centrale
e utilizz la serigrafia per creare immagini il pi possibile pulite e
lineari, ma senza mascherare gli errori e i piccoli difetti che
rendevano le varie tirature leggermente differenti tra loro. Solo
alla fine degli anni settanta e negli ottanta arricch le serigrafie
con l'uso di collage o di ritocchi successivi.
L'artista aveva aperto nel 1963 a New York uno studio chiamato
"Factory", nel quale gli scambi e le contaminazioni erano ampi e
di vario tipo, e nessuna sperimentazione a livello artistico era
esclusa - si pensi per esempio alla collaborazione quale
produttore con il gruppo musicale Velvet Underground o alle
ricerche nel campo del cinema sperimentale, altro ambito in cui
l'artista si dimostr geniale innovatore.
Alla fine degli anni settanta, da buon dissacratore qual era,
Warhol "torn" alla pittura realizzando una serie di dipinti, gli
Oxidations, con l'urina. La tela, dipinta con colore acrilico e polvere
metallica, veniva posta a terra e ancora umida veniva bagnata
con urina per fare reagire i pigmenti metallici che, in questo
modo, viravano al verde.
Quando Warhol nel 1962 vide i quadri sui fumetti di Roy
Lichtenstein nella galleria di Leo Castelli a New York, rimase
colpito dalla tecnica della retinatura tipo stampa e decise di
smettere di usare soggetti analoghi. La tecnica di Lichtenstein,
che aveva iniziato nel 1961 a dipingere soggetti tratti dai comics,
consisteva nell'imitare i colori e gli effetti delle tecniche di stampa
servendosi di maschere con parti forate tonde, che riproducevano
il retino tipografico ma che venivano riempite con colore a
pennello. L'intento di imitare tecnicamente gli effetti della stampa
derivava dalla volont, tipica della scena Pop, di segnare il
distacco completo dalla gestualit espressionista. Per evitare il pi
possibile qualunque effetto illusionistico nella realizzazione
dell'opera, l'artista girava spesso il dipinto in modo da perdere i
riferimenti figurativi; allo scopo aveva progettato uno speciale
cavalletto girevole. Le prime stesure di colore erano quelle
effettuate con le maschere forate usando il colore a olio (l'acrilico
infatti asciuga troppo in fretta e si incrosta in modo permanente
sul metallo). Viceversa, per le altre parti Lichtenstein usava i colori
Magna (acrilico in soluzione), preferendoli ai Liquitex (acrilico in
sospensione) perch meno lattiginosi. La tecnica di Lichtenstein
rimase sostanzialmente invariata nell'arco di tutta la sua carriera
se si esclude la sostituzione dei retini metallici con mascherine in
cartoncino, pi pratiche e maneggevoli, e la definizione di una
particolare procedura di preparazione della tela di cotone con
due stesure di gesso in emulsione acrilica e due di colore Magna
bianco.
Fig. 24 - Andy Warhol che esegue con Gerard Malanga una
serigrafia della Campbell Soup Cari, 1964.

Sempre in ambito Pop, sono interessanti per la relazione tra


opera e spazio i lavori di Edward Kienholz e George Segai, che
per certi versi riprendono l'apertura proposta da Rauschenberg
tra bidimensionalit e tridimensionalit, pittura espansa e spazio
scultoreo. Il primo, rievocando la tradizione dei tableaux vzvuns
(Fuso settecentesco di ricreare a teatro o in rappresentazioni
private dipinti famosi con scenografie e attori immobili in
costume), ricostruiva interni di case o di locali con vari oggetti da
mercato delle pulci e inquietanti personaggi antropomorfi,
caricature di una realt stravolta. Se Kienholz caratterizzava
volutamente i suoi personaggi, George Segai al contrario
enfatizzava l'anonimato, costruendo ambienti con oggetti veri
abitati da calchi di figure umane realizzati in gesso e non dipinti. Il
contrasto tra la fisicit del calco e la mancanza di dettagli e colori
rendeva i personaggi una sorta di spettri, inseriti per in un
contesto assolutamente reale. La realt che diventa oggetto,
soggetto e materiale delle opere d'arte anche al centro delle
ricerche del movimento francese fondato nel 1960 dal critico
Pierre Restany, il Nouveau Ralisme. Il maggiore esponente del
movimento, Yves Klein, condusse un complesso lavoro in bilico
tra ricerca sui materiali e dematerializzazione, come testimonia il
titolo di una conferenza tenuta dall'artista nel 1959 alla Sorbona,
"L'evoluzione dell'arte verso l'immateriale".
Klein, che dipingeva da anni quadri monocromi in rosa, oro e blu,
cercando una profondit assoluta nella materia pittorica, nel 1957
trov la soluzione tecnica per avere un colore assolutamente
puro che rappresentasse il suo agire artistico. Nel 1960 brevett
l'IKB (International Klein Blue), realizzato legando il blu oltremare
artificiale con una precisa quantit di Rodophas M60A, un acetato
polivinilico diluito in alcool di etile prodotto dalla Rhne-
Poulenc. Le vernici a base di PVA (polivinilacetato) entrarono in
commercio all'inizio degli anni cinquanta come pittura da interni
e nei primi anni sessanta un'emulsione di PVA trasparente fu
introdotta come medium artistico cui aggiungere i pigmenti. Data
la laboriosit del processo e i ridottissimi tempi di essiccazione,
non adatti a ripensamenti, questo medium non venne mai
adottato in modo diffuso in campo artistico. Sempre con l'IKB
Klein realizz, dal 1960, le Antropometrie, utilizzando delle modelle
nude come "pennello". Dopo averne cosparso il corpo di colore,
l'artista invitava la donna durante performance pubbliche in
galleria a sdraiarsi sulla tela posta a muro o su un rullo, in modo
da lasciarvi l'impronta (Fig. 25. Un'evoluzione dell 'Antropometria si
ebbe nel 1961 con la Pittura fuoco. Secondo un procedimento che
ricordava l'alchimia - peraltro Klein era un amante dell'esoterismo
-, l'artista spruzzava acqua con una pompa sulla tela, talvolta
usando il corpo di una modella come schermo, e interveniva poi
rapidamente con la fiamma ossidrica in modo che la combustione
nelle zone bagnate facesse rimanere il segno della fiammata.
Un'altra tecnica particolare di Klein consisteva nel dipingere con il
vento: l'artista stendeva delle macchie di colore fresco sulla tela,
quindi legava il quadro al portapacchi della macchina e partiva a
tutta velocit. Il colore steso in modo materico si spandeva e
prendeva forma a seconda della velocit e della direzione
deh'automobile.
Su un altro versante della sua ricerca, raggiunta la
consapevolezza che fosse necessario creare, stabilire e
presentare al pubblico uno stato di sensibilit pittorica, Klein
decise di esporre il vuoto. Presso la galleria Iris Clert di Parigi,
Klein inaugur il 28 aprile 1958 l'"Exposition du vide". Dipinte le
pareti della galleria con smalto bianco e le porte a vetri di blu
oltremare, dispose che fossero serviti dei cocktail blu. I visitatori, a
gruppi di dieci, entravano nella galleria vuota e contemplavano, in
un'atmosfera tra lo Zen e il Dada, la sensibilit pittorica
dell'artista. Il 12 gennaio 1960, in una performance rimasta mitica,
Klein si lanci nel celebre Salto nel vuoto dal secondo piano della
casa della gallerista Colette Allendy a Parigi e fu raccolto con un
telone dai suoi amici.
Fig. 25 - Yves Klein che esegue un 'Antropometria, 1960.

Grazie a un fotomontaggio venne poi cancellata la parte inferiore


delFimmagine per dare l'impressione che Kartista cadesse senza
protezione.
Due anni prima della nascita del Nouveau Ralisme, Klein aveva
collaborato con un altro dei maggiori esponenti del movimento,
Jean Tinguely. Sempre nella galleria Iris Clert, nel 1958 i due artisti
allestirono la mostra "Velocit pura e stabilit monocroma", dove
esposero dischi blu che giravano a trecento chilometri orari. Le
opere di Tinguely erano "macchine celibi" ovvero, secondo la
celebre definizione che Duchamp coni per II grande vetro, un
complesso di meccanismi di cui non si riesce a capire il
funzionamento e Futilit. Realizzate con ferraglie arrugginite e
associate a motori elettrici, le sculture di Tinguely producevano
movimenti inutili quali parodie della frenesia del mondo
moderno. L'artista riconosceva Duchamp come riferimento e,
invitato nel 1955 a esporre alla galleria Denis Ren in occasione
della mostra "Le Mouvement", che comprendeva opere di Jess
Rafael Soto, Yaacov Agam, Paul Bury, Victor Vasarely e Alexander
Calder, convinse il curatore Pontus Hulten a includere la Semisfera
Rotante del 1925 del maestro dadaista, quale antecedente delle
ricerche recenti sul movimento.
L'opera di Arman, un altro dei protagonisti del Nouveau Ralisme,
era incentrata invece sull'oggetto, in contrapposizione alla pittura
astratta, e sulla poetica della serialit: nelle Accumulazioni l'artista,
riferendosi alla societ dei consumi e imitando una prassi tipica
dei supermercati, raccoglieva serie di oggetti omologhi e le
inglobava con colate di resina poliestere trasparente. Con queste
resine in forma liquida si riescono infatti a realizzare ottimi stampi,
considerati il sostituto trasparente del gesso.
Lo scultore Csar realizzava negli anni sessanta le Compressioni,
ispirato dalle automobili poste sotto pressa dagli sfasciacarrozze,
mentre negli anni settanta scopr i materiali plastici e realizz le
Espansioni, sculture che si creano da s grazie alla reazione del
poliuretano con il freon (un gas, composto del fluoro). La schiuma
si gonfiava davanti al pubblico e, quando solidificava, Tartista la
tagliava in pezzi che regalava al pubblico in un momento
performativo a partecipazione collettiva. Le Espansioni destinate ai
musei venivano invece ricoperte di fibra di vetro e resina acrilica e
quindi verniciate.
Negli stessi anni, in Italia, Piero Manzoni, secondo una ricerca
segnata da varie tangenze con quella di Yves Klein, realizzava
quadri monocromi, detti Achrome, usando come texture delle
superfici materiali d'uso comune, dall'ovatta alle "michette" di
pane dipinte con caolino e pigmento bianco. In assonanza con
Duchamp, Manzoni metteva ironicamente in discussione l'autorit
dell'artista, firmando uova sode, inscatolando e vendendo a peso
d'oro le sue feci (Merda d'artista, 1961) e vendendo come Fiato
d'artista palloncini da lui gonfiati.111
Mentre il Nouveau Ralisme era incentrato sulla realt come
oggetto e soggetto artistico, Fluxus, fondato nel 1961 da George
Maciunas, faceva della vita stessa l'epicentro dell'arte, dando
inedite letture del reale. Movimento internazionale finalizzato a
creare connessioni tra le arti visive, la poesia, la danza, la musica e
il teatro, Fluxus concorse a determinare la nascita di una serie di
esperienze, dall'happening alla performance, all'uso di nuovi
media che furono cruciali nel rinnovamento del linguaggio
artistico degli anni sessanta. L'artista pi rappresentativo della
complessit di aspetti che concorsero a formare il panorama
artistico del movimento fu Joseph Beuys. La sua opera attravers
il territorio della scultura, della performance e dell'arte
concettuale senza per togliere, anzi attribuendo, un enorme
valore all'opera e al materiale. Segnato indelebilmente da un
episodio autobiografico (mentre era in aviazione, nel 1943 ebbe
un incidente aereo in Crimea e fu salvato dall'assideramento da
un gruppo di tartari che lo ricoprirono con grasso e feltro), Beuys
attribu a questi materiali il valore di marca stilistica, come nella
serie degli Angoli grassi del 1964-65, in cui l'artista contrapponeva
la rigidit geometrica dello spazio architettonico alla consistenza
morbida e airindeterminazione del materiale organico. L'opera di
Beuys univa la sua mitologia personale alla critica politica tramite
pi media e pratiche. L'artista insegnava all'Accademia di
Dusseldorf dove era considerato dagli studenti una guida
culturale e politica, e dove inizi a teorizzare che anche il
pensiero fosse scultura. Nel 1972, a Documenta, Joseph Beuys
rinunci a esporre le sue opere per aprire l'Ufficio per la democrazia
diretta, mettendosi a disposizione del pubblico per parlare di
scultura, diventata secondo l'artista un fatto sociale e non pi, o
almeno non solo, materiale (Fig. 26. Pochi anni dopo, in una
celebre azione dal titolo I like America and America likes me (1974),
Beuys convisse per giorni in una galleria di New York con un
coyote, provando a instaurare un rapporto di comunicazione.
L'azione, in s spettacolare nel mostrare e rappresentare la
costruzione di un rapporto possibile fra uomo e animale, ricca
di significati e stratificazioni simboliche: con le componenti di
ritualit che caratterizzavano la performance, l'artista intese
alludere a tematiche politiche e storico-culturali (la storia delle
relazioni Europa-Stati Uniti e in particolare quelle fra Germania e
Stati Uniti).

- Joseph Beuys, Ufficio perla democrazia diretta. Kassel,


Fig. 26
Documenta
V, 1972.

Fluxus quindi fu il movimento che meglio rappresent la vitalit e


lo spirito collettivo e partecipativo delle performance. Nel 1962 a
Wiesbaden, in occasione di "Fluxus Internationale Festpiele
neuester Musik" ("Festival Fluxus di musica nuovissima"), il
coreano Nam June Paik mise la testa in un recipiente pieno
d'inchiostro e di succo di pomodoro per poi asciugarsi, in
riferimento alla gestualit dell'Espressionismo Astratto, su una
lunga striscia di carta. Negli stessi anni e sempre in ambito Fluxus
si verificarono i primi esperimenti sull'uso della televisione in arte.
Protagonisti furono Nam June Paik (Fig. 27 e il tedesco Wolf
Vostell. Se all'inizio era l'oggetto televisione a essere inserito in
installazioni di vario tipo, a met degli anni sessanta, con
l'acquisto da parte dell'artista coreano di uno dei primi
videoregistratori portatili (il Portapak della Sony), si apr la strada
del video, con la possibilit di realizzare immagini in movimento
in modo semplice e autonomo.
Un'altra novit nata in ambito Fluxus, a opera di Alan Kaprow
(uno dei pionieri del movimento), fu l'invenzione di una nuova
tipologia di pratica artistica, l'happening. La derivazione da
collage e assemblaggi evidente in Words, del 1962, uno spazio
tappezzato di parole su fogli di carta appesi ovunque con voci
registrate diffuse da pi altoparlanti. Si tratta di un Action collage,
un'esperienza collettiva in cui, a differenza della performance in
cui l'artista studia la successione degli eventi interpretati da lui
stesso o da attori, prevista la partecipazione spontanea del
pubblico. L'happening lascia quindi aperta la porta della casualit
e le strutture appositamente realizzate dall'artista per ambientare
le situazioni sono volutamente deteriorabili e comunque distrutte
dopo l'azione. A proposito dell'uso dei materiali Kaprow scrisse:
Oggi, nel caso degli ambienti e degli assemblaggi pi avanzati,
l'uso di media chiaramente deperibili come giornale, corda,
nastro adesivo, erba che cresce o cibo segna la chiara decisione
di abbandonare l'abilit manuale e la permanenza (associati
all'arte nel passato), perch nessuno pu negare il fatto che
l'opera finir rapidamente in polvere o nella spazzatura.112
Fig. 27 - Nam June Paik,
Famiglia di Robot: Nonno,
1986, videoscultura con
televisori d'annata, telai di
radio e monitor, cm
2 5 7 x 1 8 5 x 8 2 , Greeville
(Ohio), Robert J. Schiffer
Foundation.
Minimal e Antiform: dalla rigidit
airindeterminazione della materia
Il termine "Minimal" definisce una particolare scena
dell'avanguardia americana degli anni sessanta, caratterizzata da
opere geometriche dalle forme semplici e ripetitive. Nel 1966 la
mostra "Primary Structures" al Jewish Museum di New York
consacr tale tendenza indicando subito quali figure chiave
Donald Judd, Richard Serra, Sol LeWitt e Robert Morris. Le loro
sculture erano generalmente realizzate con materiali e
procedimenti industriali e, grazie alla pulizia delle forme e delle
superfici, eliminavano volutamente qualunque riferimento
emotivo tipico dell'Espressionismo Astratto. Secondo Judd, La
maggior parte delle opere era realizzata con nuovi materiali,
persino di recente invenzione o mai usati prima in arte. [...] Dan
Flavin usando luci fluorescenti si appropriato dei risultati della
produzione industriale. I materiali variano enormemente e sono
semplicemente materiali: formica, alluminio, acciaio laminato,
plexiglas, rame rosso e comune e cos via. Sono specifici. Se sono
usati direttamente sono ancora pi specifici. Hanno anche una
insita aggressivit. C' un'oggettivit legata alla dura identit del
materiale .m
Se si escludono gli Stripe Paintings di Frank Stella, peraltro
realizzati su appositi supporti in rilievo detti shaped canvas, il
Minimalismo fu un fenomeno essenzialmente legato alla scultura
e in particolare a opere di grandi dimensioni.114 Lo spettatore, per
riuscire a esperire l'opera e trarre qualcosa dal dialogo con essa,
doveva necessariamente muoversi nello spazio, cercare diversi
punti di vista e avere comunque una relazione attiva nei confronti
dello spazio: questo aspetto spinse la critica a parlare di
teatralizzazione della scultura.
I poligoni in acciaio e plexiglas di Judd, le composizioni di neon di
Dan Flavin, i cubi in specchio di Morris, i blocchi in legno o i
pavimenti di quadrati metallici di Cari Andre e le strutture
modulari in acciaio o legno di LeWitt mirano a un qualche grado
zero della scultura, che abbandonando ogni forma di illusionismo
o di emotivit anche nel materiale diventa autoreferenziale. Il
materiale in questo contesto lo specchio di un allontanamento
dell'artista che generalmente delega a terzi la realizzazione delle
opere.m
Dan Flavin aveva iniziato nei primi anni sessanta, con la Serie delle
icone, ad associare pannelli geometrici in masonite a lampadine a
incandescenza, considerando il modo in cui la luce influiva sulla
presenza fisica del supporto. Il neon si rivel quindi come il
medium migliore per modificare lo spazio. Dal 1963 in poi, l'artista
inizi a utilizzare tubi al neon colorati per creare opere scultoree,
come il Monumento per V. Tatlin del 1966-69 (Fig. 28)r o ambientali,
come il Varese Corridor del 1976, uno spazio modificato grazie alla
luce. Dal punto di vista tecnico il Minimalismo preconizza quindi
la dematerializzazione dell'opera tipica dell'Arte Concettuale degli
anni settanta, e fondamentali a questo proposito furono le
teorizzazioni di Sol LeWitt che nel 1967 pubblic i Paragraphs on
Conceptual Art. LeWitt, alla fine degli anni sessanta, concep i
Wall Drawings, dipinti parietali fatti eseguire a terzi in base a sue
istruzioni. In questo modo, l'artista trattava indirettamente una
tecnica quale la pittura murale, fino ad allora imprescindibilmente
legata all'esecuzione in prima persona dell'autore (Fig. 29.
Il lavoro di Robert Morris si colloca invece in un territorio di
mezzo tra scultura e performance. L'artista, che all'epoca del
Minimal gi collaborava con il Living Theatre, nelle sue sculture
faceva generalmente riferimento alle dimensioni del proprio
corpo e le concepiva perch fossero usate in ambito
performativo. Untitled (Box for standing) del 1961, per esempio, era
un poligono di legno aperto frontalmente e pensato per
contenere il suo corpo.
Dopo le prime sculture geometriche, Morris inizi a inserire nelle
opere elementi morbidi come la corda, per esplorare forme non
strutturate e materiali deformabili, caratteri tipici dei suoi
successivi lavori, da lui stesso definiti antiform. In un testo
pubblicato nel 1968 su "Artforum", Morris contrappose la rigidit
e le forme geometriche dell'arte tradizionale alle nuove materie
morbide e indeterminate dell'arte processuale: Recentemente
sono apparsi materiali diversi da quelli rigidi e industriali.
Oldenburg stato uno dei primi a usarli. Uno studio diretto di
questi materiali in corso. Questo include la riconsiderazione
dell'uso degli strumenti in relazione al materiale. A volte il
materiale viene lavorato direttamente senza l'uso di alcun
attrezzo. In questi casi considerare il peso di gravit importante
come considerare lo spazio. In qualche caso queste ricerche
passano dalla creazione degli oggetti allo studio del materiale
stesso. L'attenzione su peso e gravit come mezzi si concretizza
in forme non progettate in anticipo. Considerazioni sulla
disposizione non sono necessariamente casuali, imprecise e prive
di significato. Impilare in modo casuale, accatastare liberamente,
appendere, dare forme passive al materiale. La chance accettata
e rindeterminazione implicata perch evitandola si ritroverebbe
in altre configurazioni. L'abbandonare forme preconcepite e
durature un principio positivo. parte del rifiuto di continuare a
esteticizzare forme con un fine precostituito.112 I grovigli in feltro
dell'artista erano realizzati disponendo il materiale sul pavimento
e tagliandolo secondo uno schema preordinato. Il feltro, una
volta appeso al muro, avrebbe poi preso una forma casuale
dettata dal peso e dalle disposizioni dei tagli.

- Dan Flavin, Monumento per V. Tatlin, 1966-69, sette tubi di


Fig. 28
neon.
Londra, Tate Gallery.
- Realizzazione di murales di Sol LeWitt, 1996. Caja de Madrid,
Madrid.

La figura di maggiore rilievo in ambito Antiform fu va Hesse.


Amica dei minimalisti ma lontana dalle loro istanze, Tartista,
Robert Smithson, costruiva modelli psichici. Le sue opere in
cartapesta, corda, latex, caucci e resina negano la semantica
della scultura tradizionale opponendo alla rigidit la morbidezza,
alla verticalit Torizzontalit, alla durata la fragilit. Nel 1968, alla
Fishbach Gallery di New York allest un'esposizione personale dal
titolo "va Hesse: Chain Polymers", in riferimento ai materiali
sintetici rappresentativi delle nuove modalit di fare scultura. Nel
1970 va Hesse mor prematuramente e due anni dopo, grazie
alla stima incondizionata di artisti come Sol LeWitt e Robert
Smithson e della critica Lucy Lippard, le fu dedicata una mostra
retrospettiva al Guggenheim Museum di New York. va Hesse e
Robert Morris furono tra gli artisti che, nel 1969, esposero alla
Kunsthalle di Berna per la mostra rivoluzionaria curata da Harald
Szeeman "When Attitudes Become Form".
L'esposizione consacr il fenomeno dell'Antiform nelle sue varie
declinazioni, dedicando una nuova attenzione alle attitudini,
ovvero all'intenzione e al processo del fare arte piuttosto che al
risultato. Il sottotitolo - "Opere, concetti, avvenimenti, situazioni,
informazioni" - suggeriva le forme di partecipazione possibili. Il
comune denominatore di questa tendenza era l'apparente
opposizione alla forma rigida, che si traduceva in una grande
libert nell'uso dei materiali, morbidi, deformabili, indefiniti. La
mostra riuniva artisti provenienti da vari contesti: tra questi,
Joseph Beuys - che riemp l'angolo di una sala di grasso -, i
poveristi italiani, i land artisti americani (Michael Heizer realizz la
Berne Depression, bucando con un peso il pavimento della
terrazza del museo), il concettuale Daniel Buren e Bruce Nauman.
Richard Serra lanci duecentodieci chili di metallo fuso sul
pavimento della Kunsthalle per realizzare uno Splash Piece.
Serra, che in ambito minimale realizzava sculture/barriera in
acciaio corten volte a destabilizzare la percezione dello
spettatore, su un altro versante della sua ricerca manipolava il
piombo con una gestualit vicina all'Action Painting (Figg. 30-31).
Secondo Rosalind Krauss: Cos quando Serra estende il gesto di
Pollock di lanciare la pittura sulla tela stesa a terra a quello di
lanciare del piombo fuso tra pavimento e parete (in Casting 1969)
ripete le condizioni materiali del medium: l'orizzontalit del
campo con la sua attrazione gravitazionale .
Fra gli artisti che esposero a Berna vi erano inoltre vari esponenti
dell'Arte Povera italiana, movimento teorizzato dal critico
Germano Celant, che rifacendosi idealmente al teatro povero di
Jerzy Grotowski sosteneva una ricerca incentrata
sull'identificazione tra azione-uomo, comportamento-uomo.121
Nella volont di sottolineare la presenza fisica di un oggetto, le
opere dei poveristi, all'interno di notevoli differenze tra le singole
personalit, ponevano in evidenza la materia in quanto tale,
denudata da ogni riferimento simbolico. 1 metro cubo di terra di
Pino Pascali, il Pavimento-tautologia di Luciano Fabro o la Catasta di
Alighiero Boetti (esposti nel 1967 alla prima mostra dell'Arte
Povera presso la galleria Bertesca di Genova) focalizzavano, a
cominciare dai titoli, una sorta di tautologia estetica in cui Il
mare acqua, una stanza un perimetro d'aria, il cotone
cotone, il mondo un insieme impercepibile di nazioni, l'angolo
una convergenza di coordinate, il pavimento una porzione di
mattonelle, la vita una serie di azioni.122
Fig. 30 - Richard Serra
lancia piombo fuso alla
Castelli Warehouse, New
York, 1969.

Fig. 31 - Richard Serra,


Casting, 1969, piombo, cm
10 x 762 x 457,
installazione al Whitney
Museum of American Art,
New York. Opera distrutta.
Tra opera e traccia: Land Art e Body
Art
La forte spinta ideologica che attravers in particolare la fine degli
anni sessanta port a percepire come soffocante Tintero sistema
dell'arte, i suoi organismi e luoghi, inducendo gli artisti a
intraprendere esperienze e pratiche alternative. Soprattutto negli
Stati Uniti, grazie ai grandi spazi tipici di stati come lo Utah o il
Nevada, l'ambiente divent l'epicentro di una serie significativa di
interventi artistici. I land artisti cercarono in deserti, laghi e distese
nevose quello stesso supporto che gli impressionisti avevano
trovato nel quadro. All'Universit Cornell di Ithaca (New York)
venne inaugurata nel 1969 la mostra "Earth Art'' alla quale
parteciparono molti dei protagonisti di tale scena. Tra questi Hans
Haacke, Richard Long, Denis Oppenheim, Jan Dibbets e Robert
Smithson, artista e maggiore teorico della Land Art. Quest'ultimo
introdusse le categorie di site e non site, distinguendo tra
l'ambiente in cui interveniva e la galleria, una sorta di non luogo
simbolico entro cui il sistema dell'arte ha bisogno di ricondurre
tutto per autosostenersi. Lo stesso Smithson faceva i suoi
interventi in situ, li documentava e ne esponeva in galleria le
tracce, ovvero progetti, foto e brani di materia tratti dal luogo
d'azione, inseriti in contenitori di forma e matrice ancora minimali.
Il suo progetto pi noto, la Spirai Jetty (Fig. 321r un molo lungo
quattrocentocinquanta metri a forma di spirale realizzato nel 1970
nel Great Salt Lake nello Utah. Con terra e basalto provenienti
dalla riva dello stesso lago (spostati con l'ausilio di due camion, di
un trattore e di una scavatrice), Smithson realizz l'enorme molo
scegliendo una forma, la spirale, che al pari dei materiali utilizzati
rievoca l'arte primitiva.
L'opera in perenne relazione con gli elementi naturali: infatti,
l'altezza delle acque del Great Salt Lake varia e la Spirai Jetty viene
ciclicamente sommersa per poi riaffiorare nel tempo. Anche per la
generazione della Land Art fu forte l'eredit di Pollock, e con
questo riferimento Smithson, in Asphalt Rundown (1969), fece
rovesciare un camion di asfalto nero sul declivio di una cava
abbandonata di ghiaia rossa a Roma, mentre Michael Heizer, in
Black Dye and Powder Dispersal (1968), vers direttamente sul
suolo del deserto Mojave in California, come fosse una tela, i
pigmenti in polvere.
Su un altro versante, ringlese Richard Long effettuava lunghi
percorsi solitari in luoghi naturali durante i quali operava minime
modificazioni dell'ambiente con materiali trovati sul posto, come
la linea di pietre chiare per A line in th Himalayas del 1975. La
natura dell'opera sostanzialmente performativa e la rottura
dell'intervallo che separa l'arte e la vita , insieme alla necessit di
documentare gli interventi, il territorio comune tra Land e Body
Art. Nel 1988, in The great wall walk, Marina Abramovic e il suo
compagno Ulay - tra i maggiori protagonisti della Body Art -
misero fine simbolicamente alla loro relazione professionale e
personale percorrendo a piedi la Muraglia cinese dai due lati
opposti per incontrarsi a met strada. Con la Body Art avviene
dunque un ulteriore salto: il corpo diventa l'oggetto
dell'intervento artistico mentre le tecniche, spostandosi su un
piano antropologico, diventano i modi espressivi di nuovi riti di
passaggio.
Il corpo dell'artista quindi, al pari di pennello e scalpello, un
medium. Le performance degli azionisti viennesi, caratterizzate da
un'eclatante violenza, mettevano in scena il corpo utilizzandone
secrezioni, sangue e sofferenza quali strumenti per scuotere la
passivit del pubblico. Otto Muehl, Hermann Nitsch, Rudolph
Schwarzkogler e Arnulf Rainer furono i protagonisti di questa
avventura che cost loro varie denunce e un certo ostracismo.
Ci che collega questo tipo di esperienze alla tradizione storico-
artistica un'attenzione sostanziale alla componente estetica
unita al riferimento complessivo agli aspetti pi cruenti
dell'iconografia dell'arte sacra: i martri dei santi, la flagellazione e
la crocifissione. Anche l'artista italo-francese Gina Pane associava
l'uso del corpo alla sacralit del rito, contrapponendo al candore
delle vesti indossate le gocce di sangue della sua pelle tagliata e
bucata. Il suo lavoro sottolineava inoltre la sua condizione di
donna "senza patria" (n italiana n francese) e omosessuale.
Parafrasando il titolo del noto testo di Lea Vergine, nell'arte degli
anni settanta il corpo divenne dunque un linguaggio.m Come tale
naturalmente non era ricondotto solo ai codici della violenza e
della carnalit, ma diventava campo operativo con molteplici
possibilit.
Gli stessi anni registrarono un uso pionieristico del dispositivo
video, che da una parte divenne il mezzo con cui le azioni della
Body e Land Art lasciavano traccia venendo registrate e
documentate, dall'altra svilupp un proprio linguaggio
autonomo. Fondamentale fu il lavoro di Bruce Nauman, che
utilizzava la videocamera per esplorarsi ed esplorare lo spazio
intorno a s. In questo senso il corpo diventava il mezzo per
provare i limiti di un medium senza tradizione in arte, giocando
ed entrando in risonanza con la tradizione del "narcisismo" o
dell'autoreferenzialit degli artisti. Le possibilit di intervento
sulle immagini con le prime videocamere - spesso apparecchi
recuperati dai circuiti di controllo - erano limitate per quanto
concerne il montaggio e Yeffettistica, e la durata del video era
quindi generalmente determinata dalla lunghezza del nastro.
L'inizio della storia di questo mezzo legata in parte al circuito
chiuso, ovvero alla ripresa del dato rimandato in tempo reale, che
introdusse la pratica concreta della metarappresentazione. Un
esempio fondamentale a tale riguardo sono i Video Corridors di
Bruce Nauman, in cui lo sguardo dello spettatore sostituito
dallo sguardo meccanico.

Fig. 32- Robert Smithson, Spirai Jetty, 1970, basalto nero, rocce
calcaree, alghe e terra, larghezza m 45 circa. Great Salt Lake,
Utah.

interessante infine notare come, proprio nel momento in cui


veniva di fatto abbattuta ogni separazione tra arte e vita, la
scultura iperrealista mise il corpo al centro della propria ricerca,
basandosi per sul concetto classico di mimesis, per cercare un
realismo che andasse oltre al reale stesso, tanto da avere un
effetto straniante. Gli artisti riproducevano corpi umani in
dimensione naturale, con una fedelt resa possibile dai materiali
plastici, che avevano fatto evolvere la tradizionale tecnica del
calco dal vero al punto da creare quelli che Filiberto Menna
definiva paradossi iconici. Mentre Duane Hanson preferiva
soggetti critici a livello politico, ritraendo i costumi della societ
americana degli anni settanta (dallo shopping alla
tossicodipendenza), John DeAndrea si riferiva al nudo, soggetto
classico della scultura, giocando per sullo shock di una nudit
riprodotta in modo il pi possibile fedele e non semplicemente
allusivo.
Dal punto di vista tecnico le sculture iperrealiste inizialmente
erano realizzate effettuando un calco in gesso del modello, da cui
trarre uno stampo tramite colatura di resina poliestere con fibra di
vetro (fig.
33). Lo stampo veniva poi rifinito con una mola e con carte
abrasive e quindi colorato ad acrilico tramite aerografo e
ritoccato a pennello con colori a olio. I capelli, in fibre sintetiche,
venivano innestati nella "cute" con un ago.122

Fig. 33 - Duane Hanson mentre realizza Jogger, 1984.


Gli anni ottanta: tradizione e nuove
tecnologie
Gli anni ottanta furono caratterizzati dal cosiddetto "riflusso", una
sorta di nuovo rappel l'ordre conseguente all'ondata di forte
rinnovamento politico e sociale che aveva attraversato il decennio
precedente. Dopo la sperimentazione che aveva caratterizzato le
recenti pratiche artistiche e curatoriali, si torn a un'attenzione
alla specificit dei singoli media gi preconizzata dalla
Documenta di Kassel del 1977. In quell'occasione la mostra venne
infatti divisa in sezioni dedicate a pittura, fotografia, film e video.
L'attenzione alle peculiarit dei media coincise con un ritorno,
supportato dal mercato, alle tecniche tradizionali. La Documenta
del 1982 evidenzi una netta prevalenza della pittura attraverso
confronti tra artisti. Tra questi emersero gli esponenti della
Transavanguardia italiana (Enzo Cucchi, Sandro Chia, Francesco
Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria), che fecero di una
libera e consapevole appropriazione di modi e linguaggi pittorici
del passato la propria bandiera, i Nuovi Selvaggi tedeschi (Georg
Baselitz, Markus Lupertz, AR Penk, Jrg Immendorf),
contraddistinti da una pittura vicina aH'Espressionismo di inizio
secolo, e Anselm Kiefer, artista particolarmente interessante e
complesso circa l'attitudine tecnica.122 In dipinti e installazioni di
dimensioni monumentali nei quali propone una nuova versione
della pittura di storia (le sue opere sono generalmente riferite agli
avvenimenti e alla cultura germanica), Kiefer utilizza con valore
simbolico materiali quali semi e fiori secchi di girasole, lastre di
vetro o di piombo rimosse dai tetti di edifici ristrutturati, fogli di
carta e fotografie anneriti e filo spinato, per creare sistemi molto
evocativi ma anche fortemente eterogenei e spesso problematici
dal punto di vista conservativo.122
In ambito nordamericano si diffuse, quale espressione autoctona
della cultura nera, una nuova forma di "pittura" murale, il graffito,
realizzato con i colori spray. Questi, entrati in commercio negli
anni cinquanta per lavori di carrozzeria, permisero alla nuova
generazione di inventarsi uno stile proprio e un modo di
comunicare legato alla rapidit: si tratta di bombolette di smalto
alla nitro e aria compressa con un ugello che spruzza colore
nebulizzato, una sorta di evoluzione semplificata dell'aerografo. 122
Da questa scena emersero nel mondo deirarte Keith Haring e
Jean Michel Basquiat, scoperto da Andy Warhol nel periodo in
cui, insieme airamico Al Diaz, realizzava graffiti a New York
firmandoli con lo pseudonimo di SAMO.121 I dipinti di Basquiat, ad
acrilico su tela con interventi a matita e pastello, mostrano un
riferimento estetico esplicito al muralismo urbano, evidente nella
disposizione non gerarchica delle figure e neiraccostamento di
slogan alle immagini (Fig. 341. Negli Stati Uniti, oltre al diffuso
ritorno alla pittura sancito gi nel 1979 da Barbara Rose che aveva
curato "American Painting: th Eighties" al MOMA di New York, la
riflessione si concentr soprattutto sui mezzi della comunicazione
di massa. Emerse il cosiddetto "Postmodernismo critico", con le
immagini fotografiche di Barbara Kruger e Cindy Sherman che
riprendendo il linguaggio deirinformazione e gli stereotipi dei
media ne sovvertono il significato mettendo l'accento sulla dualit
tra essere artiste ed essere donne.122 Cindy Sherman, attraverso
foto di posa in cui sempre protagonista, si traveste e interpreta i
clich dei ruoli femminili, dalla storia delParte a quella del cinema,
mentre Barbara Kruger, muovendo dalla sua formazione da
grafica, associa immagini e testi che, in antitesi alle logiche
pubblicitarie, sono posti in contrasto con un intento di denuncia
politica e sociale.122
Il linguaggio anche al centro della ricerca di Gary Hill, che ne
analizza i rapporti con il video. In Between Cinema and a Hard Place
(1991) Kartista utilizza ventitr monitor televisivi per condurre
un'analisi delle relazioni tra lo spazio del cinema e quello reale.
Una voce legge La natura del linguaggio di Heidegger dando il
ritmo alle sequenze di immagini sullo schermo. La relazione tra
suono e immagine cambia per durante il lavoro diventando
sempre pi casuale e confusa. Secondo Rosalind Krauss il video
determin la fine della specificit mediale per dare inizio alla
cosiddetta "condizione postmediale", a sottolineare la necessit di
reinventare il medium e le sue convenzioni linguistiche.121 Negli
anni ottanta il medium elettronico si espanse sotto forma
d'installazione, secondo un passaggio che consent di prendere
lo spazio astratto all'interno del monitor televisivo ed estenderlo,
allargarlo dentro l'ambiente.122 A livello tecnico, la disponibilit di
videocamere e di sistemi di montaggio elettronico e di gestione
di segnali audio/video ha permesso infatti la realizzazione delle
prime installazioni complesse, composte da pi schermi e pi
canali di proiezione e diffusione audio.
Fig. 34 - Jean Michel Basquiat, Piano Lesson (for Chiara), 1983, pittura
acrilica a matita su tela, cm 167,5 x 152,5. Collezione privata.

Fig. 35 - Bill Viola, Stations (particolare: 3 di 5 pannelli), installazione


videosonora, 1994.

L'esempio pi eclatante, oltre all'opera di Gary Hill, costituito


dalla ricerca di Bill Viola. L'artista, che aveva lavorato come
tecnico a Firenze per uno dei primi centri di produzione di video
d'arte, Art/Tapes/22, unisce una rara sensibilit estetica a
competenze ineguagliate a livello tecnico. L'apertura dal monitor
all'ambiente evidente in II sonno della ragione (1988): in una
stanza vuota, un monitor posto su un cassettone inquadra una
persona che dorme in primo piano, si spengono improvvisamente
le luci e le pareti vengono "attaccate" a intermittenza da immagini
e suoni di fiamme e animali selvaggi. Il corpo umano, sommerso
in una dimensione sospesa tra il sogno e la morte, il soggetto di
Stations, un'installazione a cinque canali e videoproiezioni del
1994 (Fig. 351. In uno spazio buio, sotto ognuno dei cinque
schermi sospesi al soffitto sono poste altrettante lastre di granito
nero che riflettono, capovolte, le immagini dei corpi proiettate
sugli schermi.122
Rispetto alle sperimentazioni degli anni sessanta e settanta, in cui
il video era uno dei tanti mezzi linguistici utilizzati dagli artisti,
spesso a livello sperimentale o con intento documentario, negli
anni ottanta emerse una maggiore consapevolezza e padronanza
tecnica, determinata anche dal fatto che gli artisti di questa
generazione furono i primi a sceglierlo e utilizzarlo come medium
d'elezione.122
Mixed media
Una delle caratteristiche deir arte degli anni novanta di non
essere contraddistinta da uno stile dominante. Il decennio verr
probabilmente ricordato per una sostanziale rapidit dei
cambiamenti di linguaggi, per l'attenzione alle forme di
performativit, per l'attitudine alla collaborazione fra artisti.
Anche a livello tecnico, si assistito airutilizzo di modi e mezzi
sostanzialmente gi indagati dalle generazioni precedenti,
sebbene con un'inedita agilit da parte degli artisti nel passare da
una tecnica all'altra. Esemplari in questo senso sono i lavori di
artisti quali Tracey Emin, nota per i suoi collage di stoffa cucita,
disegni, performance, video e installazioni incentrati sul suo
vissuto personale, e Ugo Rondinone, la cui opera spazia da
performance e foto, in cui si traveste e compare in prima persona,
a dipinti su tela, a complesse videoinstallazioni, a interventi urbani
con scritte al neon. Ma il simbolo dell'eclettismo tra i media
forse Damien Hirst, che emerse nel 1988 curando a Londra
"Freeze", la mostra che sanc la nascita della Young British Art.
La ricerca dell'artista incentrata su tematiche classiche, quali le
relazioni vita-morte e malattia- decadimento, attraverso media
stranianti: nella serie di opere dei primi anni novanta intitolate
Naturai History, Hirst espose infatti cadaveri di animali mutilati e
sezionati in grandi teche ermetiche riempite di formalina. Si tratta
di installazioni che, richiamando da una parte un'estetica vicina a
quella dei musei scientifici e dall'altra la tradizione cinquecentesca
delle nature morte, evocano moderni e cruenti memento mori.
Morte, cura e malattia sono al centro anche dell'opera pittorica di
Hirst, che realizzava i cosiddetti Spot paintings, serie di tondi dai
colori pastello dipinti su tela con smalti per interni, intitolandoli
con nomi di droghe o medicinali. La morte messa direttamente
in scena nei dipinti con le farfalle, come In and out oflove (1991),
grandi tele monocrome allestite in uno spazio con centinaia di
crisalidi che divenute farfalle andavano a sbattere morendo sul
colore fresco.
Uno scarto rispetto all'eclettismo d'uso di tecniche e mezzi
nell'arte contemporanea si mostra invece nella tendenza di alcuni
artisti a creare forme avanzate di incroci tra media che
convergono su un'unica piattaforma - uno spazio espositivo,
un'installazione, un video oppure un film - restando riconoscibili.
Il medium finale quindi il prodotto di un'elaborazione
complessa la cui novit consiste nella leggibilit delle tracce dei
media che hanno concorso a determinare il risultato. Si pensi per
esempio ai cortometraggi dell'artista sudafricano William
Kentridge, frutto di una lunga e complessa elaborazione. Una
serie di disegni a carboncino vengono prima eseguiti, poi ripresi
da una cinepresa a passo uno e infine cancellati per poter lasciare
ulteriormente spazio a un successivo disegno che si sovrappone
ai precedenti. La proiezione della sequenza di fotogrammi in serie
(poi acquisita in video) restituisce sia il senso del movimento delle
immagini sia la traccia dei vari passaggi fra disegni e cancellature.
Anche l'opera di Pierre Huyghe esemplare quale stratificazione
e traslazione fra pi media. L'artista ha tradotto, doppiato e
rirappresentato film noti facendo di una sorta di metacinema la
sua cifra stilistica, come in Les Incivils (1995), un remake parziale di
Uccellacci e Uccellini (1966) di Pierpaolo Pasolini.
Nel 2001 Huyghe ha vinto il Premio speciale della giuria alla
Biennale di Venezia trasformando il Padiglione Francese in un
ambiente complesso suddiviso in tre sale, in cui erano esposte
varie opere indipendenti, l allestite come un insieme
temporale. Nella prima il soffitto era, di fatto, un enorme
videogioco a disposizione degli spettatori (Atari Light, 1999), la
seconda ospitava la videoproiezione di due grattacieli le cui luci
lentamente si spegnevano e accendevano (Les Grandes Ensembles,
2001), la terza una parete di Priva-lite (un vetro con un film di
cristalli liquidi e polimeri all'interno) che gradualmente cambiava
colore passando dalla visibilit all'invisibilit, come a raccordare in
modo osmotico gli ambienti. All'interno della sala era proiettata
One Million Kingdoms, un episodio dell'animazione video di Ann
Lee (Fig. 361r un personaggio manga femminile senza biografia
n "storia" personale, acquistato da Huyghe e Philippe Parreno
presso una societ giapponese specializzata nella creazione e
nella vendita di personaggi virtuali senza tratti identitari.140
Fig. 36 - Pierre Huyghe, One Million Kingdoms, 2001, film animato, 7\

Il Padiglione Francese di Pierre Huyghe alla Biennale era quindi un singolare racconto
contemporaneo in cui ogni elemento un tempo singolare, mentre l'insieme (dove un
software mette in scena lo spazio) agisce come seguendo una partitura.
Su tutt'altro versante, ma sempre in relazione alla stratificazione complessa di pi media, si
situa l'opera di Matthew Barney. Con la costruzione di un immaginario mitologico, allusivo
ed enigmatico, Tartista statunitense ha unito in Cremaster, un'epopea di cinque film girati
tra il 1994 e il 2002, tutti gli aspetti plastici e performativi della sua opera (Fig. 37L111
I motivi autobiografici sono ricorrenti nell'arte di Barney che, eleggendo una serie di
materiali specifici, attribuisce loro un denso valore simbolico. Ex studente di medicina e
sportivo a livello professionale, l'artista fa spesso riferimento in performance e installazioni
all'universo della chirurgia - da cui l'uso ripetuto di materiali quali vaselina e plastica da
impianti - e a quello della disciplina fisica - dalla forma /icona dello stadio da baseball agli
attrezzi per arrampicare. 142 Del ciclo Cremaster il noto critico Hans Ulrich Obrist scrive: Le
frontiere tra le discipline, considerate ancora recentemente campi separati, stanno
collassando. Cremaster di Matthew Barney divarica pittura, opera, danza, cinema... Il suo
lavoro oscilla anche tra oggetto e processo, questioni geometriche e organiche, astrazione
e figurazione, corpo e protesi, virtualizzazione e attualizzazione, interno ed esterno di s e
del mondo.
"Matthew Barney: The Cremaster Cycle (1994-2002)", l'esposizione di sculture, fotografie e
proiezioni tratte da e utilizzate per i film, stata il capitolo conclusivo dell'opera. Nel
caso di Barney, oltre al film, anche lo spazio espositivo quindi diventato un medium di
sintesi delle molteplici stratificazioni di pratiche, tecniche e materiali. Intitolando questo
libro Tecnica Mista si intendeva deprecare l'impiego del termine per liquidare con una
definizione vaga e spesso generica, l'uso di tecniche e procedimenti esecutivi molteplici,
complessi e poco noti. Ma, quasi a smentirci, l'arte degli ultimi anni utilizza la tecnica mista
come forma complessa di passaggi e incroci tra pi mezzi. Passaggi e incroci realmente
assimilabili, e qui non in senso riduttivo, ad autentici processi mixed media.

Fig. 37 - Matthew Barney mentre interviene su una scultura di tapioca, 1997.

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