Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
11
Capitolo
l’oculista mi ha detto che posso lavorare solo un po’...
lo faccio con molta difficoltà e con una grande tristezza”
(Edgard Degas )
Disturbi neurologici
221
Q UANDO L’ARTISTA SI AMMALA
Figura 3
Giorgio de Chirico.
Il ritorno al castello (1969).
Tecnica mista su cartone telato,
60 x 49 cm.
Fondazione Giorgio e Isa
de Chirico, Roma.
222
CAPITOLO 11
traversando un ponte. Sotto un cielo grigio e illuminato
da una falce di luna un imponente castello si alza sullo
sfondo. Ci troviamo di fronte ad una evidente raffigura-
zione di uno scotoma, rappresentato da una figura nera
cancellata alla percezione visiva e delimitata da linee a
zigzag [4,9] (Fig. 3).
In un altro famoso dipinto dello stesso anno, “Il rimorso
di Oreste”, si apprezza una figura umana nuda ritratta di
spalle ed attorniata da numerose figure geometriche, da-
vanti alla quale come un’ombra si staglia una silhouette
nera delimitata da bordi a zigzag che rassomiglia ad un
uomo con le braccia tese.
Anche in questo caso la figura nera di foggia umana po-
trebbe evocare uno scotoma. Gli elementi geometrici
presenti nel dipinto, insistentemente riproposti soprat-
tutto durante i periodi metafisico e neometafisico, potrebbero essere Figura 4
collegabili anch’essi alla sintomatologia auratica. Giorgio de Chirico.
Il rimorso di Oreste (1969).
Una coppia di nastri arricciati posti a delimitare la scena riconduce Olio su tela, 90 x 70 cm.
infine a motivi peculiari già rammentati della fenomenologia auratica Fondazione Giorgio e Isa
de Chirico, Roma.
[4,12] (Fig. 4).
Ci sono tanti altri dipinti del maestro nei quali si possono riconoscere
motivi pittorici che fanno parte della iconografia dell’arte emicranica.
Quello da sottolineare tuttavia è che in tutta la sua produzione arti-
stica non si debba riconoscere unicamente una base neuropatologica.
A differenza dei pittori d’arte emicranica che si limitano a fornire
una documentazione grafica dei propri sintomi, de Chirico prendeva
spunto dai fenomeni auratici per rielaborare, integrare, ampliare le
proprie esperienze sensoriali con contenuti storici, mitologici, cultu-
rali, filosofici che hanno permesso alla sua pittura di essere unica ed
assolutamente originale ed a lui stesso di diventare uno dei maggiori
interpreti dell’arte del XX secolo [4,11].
Disturbi psichiatrici
225
Q UANDO L’ARTISTA SI AMMALA
Disturbi reumatologici
228
CAPITOLO 11
Figura 11
Paul Klee.
Giardino di rose (1920).
Olio su cartone, 49 x 42.5 cm.
Städtische Galerie im
Lenbachhaus, Monaco.
Nel dipinto “Rose eroiche” del 1938 che si avvicina al tema dell’ope-
ra precedente, si percepiscono le trasformazioni stilistiche avvenute
dopo la comparsa della sclerodermia.
Il tratto appare spesso e marcato, le tonalità cromatiche meno in-
tense e brillanti ma la composizione si presenta tuttavia di grande
originalità (Fig. 12).
L’“Angelo richiedente” del 1939 appartiene ai temi preferiti dell’ul-
timo Klee. In quello stesso anno l’artista compose 29 opere del
medesimo soggetto, che negli anni precedenti era stato scelto solo
sporadicamente.
A ben guardarlo quello del dipinto è un angelo anomalo, dall’aspetto
poco rassicurante, che non ha niente di celestiale: quelli di questo
periodo sono come angeli caduti, coi difetti delle creature terrene, e
sono la spia del disincanto o della rassegnazione dell’artista.
Il tratto scarno e nervoso e la sobrietà cromatica che si avvicina ad
una pittura monocolore, sono in linea con l’evoluzione stilistica degli
ultimi anni di vita del maestro.
In un processo progressivo di semplificazione grafica e di astrazione
di contenuti, il linguaggio pittorico si fa elementare nelle forme e
nei colori ma estremamente innovativo, ed acquista il valore di un
toccante testamento artistico (Fig. 13).
Figura 12
Paul Klee.
Rose eroiche (1938).
Olio su tela, 68 x 52 cm.
Kunstsammlung Nordrhein-
Westfalen, Dusseldorf.
230
CAPITOLO 11
Disturbi oculistici
232
CAPITOLO 11
del ponte giapponese che viene presentata: la trasformazione grafica
e cromatica risulta impressionante. I contorni delle figure appaiono
indefiniti, i toni più cupi, estranei al delicato e luminoso cromatismo
che era la peculiarità del primo Monet. Si registra in particolare una
spiccata prevalenza del rosso scuro, del bruno, del giallo che tendono
a sostituire il bianco, il verde, il blu e nell’insieme il dipinto sembra
rimandare ad una voluta elaborazione astratta del tema quando invece
non è altro che lo specchio della distorsione visiva del pittore (Fig. 15).
Dopo due interventi chirurgici all’occhio destro, Monet sviluppò i
sintomi dell’afachia: la discromatopsia, vale a dire l’anomalia per-
cettiva dei colori, si aggravò portando ad una cianopsia, cioè una
visione con prevalenza marcata dei toni blu-azzurri.
Risale a questo periodo una successiva versione del ponte giappo-
nese, datata 1926, che mette in luce l’ulteriore deterioramento della
percezione visiva dell’artista.
In quest’opera il ponte giapponese non è più riconoscibile, rappre-
sentato da una colata caotica di colori in cui, per effetto della cianop-
sia, ricompaiono le tinte blu e azzurre [37] (Fig. 16).
Le retinopatie sono malattie che interessano la membrana più inter-
na dell’occhio, possono portare anche alla cecità e sono suddivise in
congenite ed acquisite. Comprendono svariati quadri morbosi, dalla
grave retinite pigmentosa, ereditaria, alla degenerazione maculare,
alle forme infiammatorie, vascolari, metaboliche.
Edgar Degas (1834-1917), francese, è stato uno dei più raffinati
protagonisti del movimento impressionista.
A 36 anni circa iniziarono i primi problemi visivi, dovuti ad una re-
tinopatia progressiva con danno maculare. È stato accertato che una
cugina, Estelle Musson Degas, era affetta anch’essa da una patologia
retinica che la colpì all’età di 25 anni e che la rese cieca, un dato che
potrebbe far pensare che l’artista fosse stato colpito da una forma
familiare a trasmissione ereditaria [40-43].
Figura 16
Claude Monet.
Il ponte giapponese a Giverny
(1926).
Olio su tela, 89 x 100 cm.
Musée Marmottan, Parigi.
233
Q UANDO L’ARTISTA SI AMMALA
234
CAPITOLO 11
Figura 18
Edgar Degas.
Donna che si asciuga i capelli
(1905).
Pastello su carta, 71.4 x 62.9 cm.
Norton Simon Art Museum,
Pasadena, CA.
238
CAPITOLO 11
quelle aureole luminose che circondano i corpi celesti del dipinto
[50] (Fig. 21).
L’ultimo lavoro eseguito da Van Gogh prima del suicidio è il famoso
“Campo di grano con corvi” del 1890.
Sotto un cielo cupo e minaccioso un campo di grano sembra ondeg-
giare come un mare agitato; un nero volo di corvi si profila funereo
sopra le messi, presagio di un dramma incombente.
I colori si contrappongono violentemente, ed anche in questo caso
sono il giallo ed il blu ad essere rappresentati in modo preminente.
La pennellata convulsa e scomposta conferisce un’ulteriore tensione
drammatica all’opera.
Il dipinto nella sua tormentata stesura compositiva è un estremo
grido di angoscia e di disperazione che prelude ad un tragico addio
alla vita*.
Il “giallo Van Gogh” continua ancora a far discutere critici e ricerca-
tori e ad appassionare il pubblico.
Non è stato ancora del tutto accertato se l’artista amasse questa tona-
lità cromatica perché visceralmente attratto da questo colore, forse in
relazione alla sua malattia mentale, o se alla base di tutto ci sia stata
una xantopsia da intossicazione digitalica.
Quello che è invece certo è che questo giallo magico, vitale, irri-
petibile, appartiene solo a Van Gogh ed esprime una componente
peculiare ed unica della sua straordinaria tavolozza.
* Le opere “La casa gialla” e “Campo di grano con corvi” non hanno
potuto essere inserite nel testo perché il Museo Van Gogh di Amsterdam,
unico fra le numerose istituzioni museali contattate, non ne ha consentito
il permesso di riproduzione.
239
Q UANDO L’ARTISTA SI AMMALA
BIBLIOGRAFIA
1. Emery Alan EH, Emery Marcia LH. (2003) Medicine and Art, Royal
Society of Medicine Press, London.
2. Annoni JM, Devuyst G, Carota A. et al. (2005) Changes in artistic
style after minor posterior stroke. J Neurol Neurosurg Psychiatry; 76:
797-803.
3. Miller BL, Hou CE. (2004) Emergence of Visual Creativity in Demen-
tia. Arch Neurol; 61: 842-4.
4. Nicola U, Podoll K. (2003) L’aura di Giorgio de Chirico. Arte emicra-
nica e pittura metafisica. Mimesis ed., Milano.
5. Bradford DT. (2006) Neuropathography: origins and methodology.
Percept Mot Skills; 103: 471-85.
6. Podoll K. (2006) Migraine art in the internet: a study of 450 contem-
porary artists. Int Rev Neurobiol; 74: 89-107.
7. Schott GD. (2007) Exploring the visual hallucinations of migraine
aura: the tacit contribution of illustration. Brain; 130: 1690-703.
8. Wilkinson M, Robinson D. (1985) Migraine art. Cephalalgia; 5:
151-7.
9. Fuller GN, Gale MV. (1988) Migraine aura as artistic inspiration. BMJ;
297: 1670-2.
10. De Chirico G. (1999) Ebdòmero. Fondazione Giorgio ed Isa de Chi-
rico, Milano.
11. Sterpellone L. (2005) Famosi e malati. Quando sono i Grandi a star
male. SEI, Torino.
12. Breton A. (1978) Genesis and perspective of surrealism in the plastic
arts. In: Rosemont F. (a cura di). What is surrealism? Selected writings
of André Breton, Pluto Press, London.
13. Bergolt K. (1995) The mentally ill artist-a historical retrospect. Fort-
schr Neurol Psychiatr; 63: 255-63.
14. Beveridge A. (2001) A disquieting feeling of strangeness?: the art of
the mentally ill. J R Soc Med; 94: 595-9.
15. Rao A, Keshavan MS. (2006) Can Psychiatrists Recognize Mental Ill-
ness in Paintings? Am J Psychiatry; 163: 4.
16. Schildkraut JJ, Hirshfeld AJ, Murphy JM. (1994) Mind and mood in
modern art, II: Depressive disorders, spirituality and early deaths in
the abstract expressionist artists of the New York School. Am J Psy-
chiatry; 151: 482-8.
17. Amos S. (1982) The diagnostic, prognostic and therapeutic implica-
tions of schizophrenic art. Arts Psycother; 9: 131-43.
18. Hacking S, Foreman D. (2000) The Descriptive Assessment for Psy-
chiatric Art (DAPA): Update and Further Research. J Nerv Ment Dis;
188: 525-9.
19. Dale R. (2008) Louis Wain - The Man Who Drew Cats. Chris Beetles
Ed., London.
20. Casey LL. (2006) Goya: in sickness and in health. Int J Surg; 4: 66-72.
240
CAPITOLO 11
21. Janka Z. (2004) Artistic creativity and bipolar mood disorder. Orv
Hetil; 145: 1709-18.
22. Rothenberg A. (2001) Bipolar illness, creativity and treatment. Psy-
chiatr Q; 72: 131-47.
23. Wolf PL. (2005) The effects of diseases, drugs and chemicals on the
creativity and productivity of famous sculptors, classic painters, clas-
sic music composers and others. Arch Pathol Lab Med; 129: 1457-64.
24. Rosenberg J. (1948) Rembrandt: Life and Work. Harvard University
Press, Cambridge.
25. Schildkraut JJ, Cohn MB, Hawkins K. (2007) Then melancholy, now
depression: a modern interpretation of Rembrand’s mental state in
midlife. J Nerv Ment Dis; 195: 3-9.
26. Tümpel C. (1993) Rembrandt. Fonds Mercator, Antwerp.
27. Levine H. (2002) Art, artists and arthritis. Md Med; 3: 40-1.
28. Boonen A, Van de Rest J, Dequeker J. et al. (1997) How Renoir coped
with rheumatoid arthritis. BMJ; 315: 1704-8.
29. Castillo-Ojugas A. (1992) The effect of rheumatoid arthritis in the life
and work of 3 great painters: Auguste Renoir, Raoul Dufy and Alexis
Jalewlensy. An R Acad Nac Med; 109: 673-83.
30. Ravin JG. (1991) Renoir’s maladies: the medical tribulations of an im-
pressionist. Ohio Med; 87: 552-5.
31. Vinnars E. (2002) Renoir, crippled by rheumatism: “Actually you
don’t need a hand to paint”. Lakartidningen; 99: 4288-90.
32. Louie JS. (1987) Renoir, his art and his arthritis. In: Appelboom T.
(ed). Art, history and antiquity of rheumatic diseases, Elsevier Ed.,
Brussels.
33. Cato S. (2002) Learning your lines. The Lancet; 359: 808.
34. Ostendorf B, Maiburg B, Schneider M. (2004) Sklerodermie und Paul
Klee: Metamorphose von Leben und Kunst? Z Rheumatol; 63: 318-25.
35. Varga J. (2004) Illness and art: the legacy of Paul Klee. Curr Opin
Rheumatol; 16: 714-7.
36. Wolf G. (1999) Endure!: how Paul Klee’s illness influenced his art;
The Lancet; 353: 1516-8.
37. Alvarez-Suárez ML. (2005) Monet’s cataracts. Arch Soc Esp Oftalmol;
80: 555-6.
38. Dan NG. (2003) Visual dysfunction in artists. J Clin Neurosci; 10:
168-70.
39. Marmor MF. (2006) Ophthalmology and art: simulation of Monet’s
cataracts and Degas’ retinal disease. Arch Ophthalmol; 124: 1764-9.
40. Boggs JS. (1988) Degas. Metropolitan Museum of Art, New York.
41. Karcioglu ZA. (2007) Did Edgar Degas have an inherited retinal de-
generation? Ophthalmic Genet; 28: 51-5.
42. McMullen R. (1984) Degas: His Life, Times and Work. Houghton
Mifflin, Boston.
43. Ravin JG, Kenyon CA. (1994) Degas’ loss of vision: evidence for a
diagnosis of retinal disease. Surv Ophthalmol; 39: 57-64.
241
Q UANDO L’ARTISTA SI AMMALA
44. Marmor MF. (2000) A Brief History of Macular Grids. From Tho-
mas Reid to Edvard Munch and Marc Amsler. Surv Ophthalmol; 44:
343-53.
45. Marmor MF. (1997) Munch and visions from within the eye. In: Mar-
mor MF, Ravin JG. (eds). The Eye of the Artist, Mosby, St Louis.
46. Meyer C. (1999) Max Linde, MD, a Luebeck Ophthalmologist and
Patron of Edvard Munch. Surv Ophthalmol; 43: 525-34.
47. Arnold WN. (2004) The illness of Vincent Van Gogh. J Hist Neurosci;
13: 22-43.
48. Blumer D. (2002) The Illness of Vincent Van Gogh. Am J Psychiatry;
159: 519-26.
49. Lee TC. (1981) Van Gogh’s vision. Digitalis intoxication? JAMA, 245.
727-9.
50. Wolf P. (2001) Creativity and chronic disease Vincent Van Gogh
(1853-1890) West J Med; 175: 348.
51. Arnold WN, Loftus LS. (1991) Xanthopsia and Van Gogh’s yellow
palette. Eye; 5: 503-10.
52. Lanthony P. (1991) Dyschromatopsias and pictorial art. J Fr Ophtal-
mol; 14: 510-20.
242