INTRODUZIONE
Per Rinascimento si intende quel rinnovamento culturale ispirato all’antico che ha origine a Firenze intorno
al 1420 circa. Questo cambiamento avviene dopo le innovazioni culturali e letterarie dell’umanesimo
(ispirato quindi al classicismo). Il concetto base dell’umanesimo era quello dell’uomo al centro
dell’universo. Altro concetto base era che l’arte doveva essere l’imitazione della natura, che a sua volta era
lo specchio del Divino.
Nel Rinascimento c’è l’introduzione della prospettiva (già inventata dai romani, però si chiamava
megalografia, cioè la prospettiva degli edifici lungo una linea).
Il primo a parlare di “rinnovamento” è Vasari nel ‘500, il quale conia il termine “rinascita”. Per Vasari ci
sono quattro maniere o età di disegno: Antica o Classica, Vecchia o Medievale, Nuova (da Cimabue al ‘400)
e Moderna (Massimo esponente Michelangelo).
Gli Architetti, all’epoca, erano ritenuti tecnici in senso stretto, che si occupavano di ingegneria civile,
militare, meccanica e idraulica.
Le Corti erano ritrovi culturali, nascono con Lorenzo il Magnifico a Firenze. Qui si ritrovano i grandi artisti
dell’epoca: Alberti, Masaccio, Donatello, Brunelleschi, ecc..
Il Rinascimento è l’epoca dell’Eutopia (città felice che viene disegnata secondo sistemi geometrici. Il
problema di questa idea è il limite di espansione di questi schemi) e dell’Utopia. Città Ideale.
In architettura, il termine Rinascimento, indica il ritorno alla cultura classica. Il Rinascimento parte con un
concorso del 1401 per la progettazione scultorea della seconda porta bronzea del Battistero di Firenze. Vi
parteciparono grandi artisti e Ghiberti e Brunelleschi. Vinse Ghiberti, perché la sua proposta è ritenuta più
naturale.
Possiamo dire che tra i principali motivi del Rinascimento vi erano la sensibilità per il passato pregotico,
soprattutto per la pianta centrale; e la ripresa dell’arco onorario per le facciate della chiesa.
Il Palazzo dei Medici di Michelozzo a Firenze stabilisce la tipologia del palazzo rinascimentale.
Brunelleschi non chiude definitivamente al passato, ma cerca e crea un collegamento tra i due periodi. Si
arriva alla riduzione di uno schema tipologico con lo studio dei classici. Si riscopre Vitruvio, viene tradotto e
a fine ‘400 viene stampato in latino, mentre nel 1521 è pubblicato in volgare.
Con il completamento della facciata della Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, affidata ad Alberti, si
esprimono i caratteri del rinascimento architettonico.
La cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze di Brunelleschi: in quel tempo non poteva essere realizzata,
quindi doveva essere inventata una nuova tecnologia. Brunelleschi inventa una cupola per strati, ognuno
dei quali si regge da solo. Riprende così una tecnica romana a “spina di pesce” (vedi Pantheon).
Aspetto Esterno: Aumentando il sesto acuto trasforma l’edificio in modo proporzionale, equilibrando
l’edificio.
Aspetto Ideologico: La cupola, così come la chiesa, diventano il punto di riferimento urbanistico per tutto il
territorio toscano.
METODO
Brunelleschi conserva la tradizione gotica, ma cambia il metodo. Ne “Lo Spedale degli Innocenti” la facciata
è progettata con uno schema ripetuto, ciò indica la fine del medioevo e quindi del gotico.
Sistema Spaziale: La pianta centrale è intesa come incontro del microcosmo (uomo) e macrocosmo ( Dio),
quindi come dimora della divinità, mentre quella longitudinale rappresenta il percorso purificatore verso
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Dio. Si usa la centralità per indicare la staticità a differenza della longitudinalità che indica il cammino.
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Come tentativo di mediazione con la longitudinalità (soprattutto nel ‘500) sulle facciate si inseriscono
nicchie che interrompono la facciata e portano alla riflessione.
QUADRO STORICO
L’Italia, nel medioevo, era divisa in Signorie.
Nel ‘400 nascono stati più grandi delle città-
stato, diventando così di tipo regionale. I
Grandi stati erano: Milano (Sforza), Stato
Pontificio, Napoli (Angioini e Aragonesi) e
Firenze (de Medici). Proprio Firenze divenne
il fulcro politico italiano grazie a Lorenzo
de Medici.
Nell’agosto del 1418 viene bandito il concorso pubblico per la cupola di Santa Maria del Fiore. La cupola
doveva essere simbolo di potenza “impresa” che gestiva i lavoro (Arte della Lana). Il concorso fu vinto, nel
1420, da Brunelleschi, Ghiberti e Antonio di Battista. La cupola doveva essere la più grande dopo quella del
Pantheon, benchè gli strumenti tecnici non fossero sufficienti per realizzarla. Solo Brunelleschi inventò la
tecnica del ponteggio sospeso, molto più economica e semplice di quella tradizionale, combinando la
tecnica romana della cupola (che aveva studiato a Roma), con quella del gotico.
La cupola è composta da una doppia calotta (interni ed esterni), spartita da 8 costoloni visibili esterni e 16
interni, completata con archi orizzontali. Le murature, che completano, sono conci di pietra nella parte
bassa e successivamente gli strati sono in muratura a “spina di pesce” (autoportanti). Nel punto più alto
non vi è un “buco”, ma un anello su cui poggia il tamburo ( elemento architettonico di raccordo,
posizionato tra una volta a cupola).
Nel 1425, a circa 2/3 della costruzione, Brunelleschi
chiede di rimanere solo e Ghiberti venne allontanato
per realizzare le porte anteriori, quelle di fronte la
cattedrale e del battistero. Successivamente
Brunelleschi ricevette degli “attacchi” ispirati dal
Ghiberti: viene alzato il sesto, aumentando così il
rischio di caduta.
La cupola era progettata a quinto di sesto acuto, lo
spessore è scalare verso l’alto (da 2,2m a 1,5m),
anche se io realtà questa è una VOLTA A CRESTE E
VELE( (detta anche "a ombrello", è una tipo di volta
composta. Ha la forma di una cupola ma è suddivisa
in spicchi identici da costoloni), è una sorta di volta a
padiglione a sesto acuto.
Secondo quando ci dice Vasari, nel momento più
difficile della costruzione, i maestri, non conoscendo
le tecniche che si stavano utilizzando, abbandonarono
il cantiere e pretesero un salario doppio per
continuare. Brunelleschi li lascia andare e si affida agli
operai lombardi, i quali capiscono il lavoro e
superarono il punto critico. Successivamente i
fiorentini vengono riassunti con una paga minore rispetto alla precedente.
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Nel 1446, un mese prima della morte di Brunelleschi,
iniziavano i lavori per la LANTERNA (costruzione
posta alla sommità della cupola). Il linguaggio gotico
viene eliminato e vengono introdotti elementi
rinascimentali. L’attacco tra la cupola e la lanterna
avviene tramite contrafforti e nelle facciate libere del
tamburo ci sono passaggi morti. Presenta colonne gi-
ganti poligonali, tonde e prive di entasi e di trabeazioni.
Gli indispensabili i contrafforti, sono scavati da nicchie
a conchiglia poco profonde e aperte a deambulatorio.
La trabeazione alta e continua di questa costituisce una
cesura orizzontale e prosegue in un attico. Le otto vele
convesse dello svettante pinnacolo, divise da spigoli
acuti, salgono sopra le nicchie e culminano nella sfera
dorata poligonale, dove convergono tutte le spinte
verticali della cupola.
Era un “brefotrofio”, ossia un ritrovo di bambini abbandonati. In questa struttura, ai bambini, venivano
insegnati dei mestieri, per preparargli ad una “seconda occasione”.
Realizzato da un pretese, Francesco Datini, il quale aveva trasformato la sua casa in un brefotrofio, non
sottomettendosi però alla chiesa, ma affidandosi allo Stato.
Si trova nella Piazza della S.S Annunziata. C’è un portico (poi ripreso simmetricamente nel palazzo opposto)
lungo 71 metri, composto da numerosi moduli, coperti da volte a vela (classico elemento bruneschelliano)
che sostituivano le volte a crociera. All’interno c’erano due chiostri (due giardini, uno per gli uomini, uno
per le donne) ricchi di affreschi. Il portico rappresenta il luogo di mediazione tra l’esterno e l’interno.
Vi erano due moduli (in alzato e in profondità).
L’esterno è in PIETRA SERENA grigia (nei capitelli, colonne, ecc…) il resto è dipinto. Erano inseriti dei tondi
(con dei bimbi) in ceramica per decoro (altro elemento bruneschelliano) e, importante dettaglio
architettonico, le catene sono inserite nelle volte. La facciata è l’unica realmente completata da
Brunelleschi. Presenta marcadavanzale(altezza della finestra) e cornice marcapiano (altezza del piano di
calpestio). Termina i portici ai due lati con delle paraste piene (paraste e muratura) per contenere le spinte
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Piccolo edificio che racchiude l’architettura bruneschelliana: forme semplici (quadrato e cerchi), utilizzati
sono bianco e grigio (poi ci furono aggiunte di Donatello).
Abbiamo tre sistemi di linee: Orizzontali, semicerchi (finestre) e cerchi
Vengono introdotte le PARASTE A “L” sugli angoli (La parasta è un elemento architettonico strutturale
verticale (pilastro) inglobato in una parete, dalla quale sporge solo leggermente. Si differenzia dalla lesena,
che pur avendo apparentemente lo stesso aspetto esterno, ha invece funzioni solo decorative. La parasta è
dotata di capitello e base ed inserita nell'organizzazione propria degli ordini architettonici.)
Dal punto di vista compositivo e strutturale abbiamo due quadrati coperti da cupole tangenti al piano. La
cupola minore è cieca, la luce entra tramite bucature tonde nella cupola.
L'architettura è impostata su valori chiari e limpidi della geometria solida, con uno spazio cubico
sormontato da cupola, schema che si ripete, in dimensioni minori, nella SCARSELLA (è un'abside di piccole
dimensioni a pianta rettangolare o quadrata che sporge all'esterno della struttura principale), movimentata
però da nicchie. L'esterno è estremamente semplice: a forma di parallelepipedo coperto dal cono
rovesciato del tiburio con tegole a squame (con la leggiadra lanterna a colonnine e cupoletta a bulbo
spiraliforme), con uno zoccolo in basso e una semplice trabeazione superiore. Presenta pennacchi sferici.
L’intera composizione è basata su tre misure:
- Lato base quadrato piccolo.
- Lato base quadrato grande.
- Ordine Architettonico.
L’allungamento della pianta porta ad un passaggio coperto da volte a botte. La cupola è uguale a quella
della Sagrestia Vecchia. Il portico è un’alternativa al progetto originale, Brunelleschi era morto, quindi
qualcuno l’avrà alterato.
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BASILICHE BRUNELLESCHIANE
In realtà sono ristrutturazioni e vengono usate come fulcro per la riorganizzazione dei quartieri:
- San Lorenzo: Integrazione tra l’architettura e alti e bassi rilievi.
- Santo Spirito: Chiesa povera, quindi spirito puro dell’architettura.
In entrambe le chiese non sono presenti spazi per affreschi.
Fu consacrata nel 393 ed è una delle chiese che si contendono il titolo di più antica della città.
Nel 1442 intervenne Brunelleschi su finanziamento di Cosimo de Medici. Fu completata da Antonio Manetti.
PALAZZO DAVANZATI
Brunelleschi voleva costruire un grande palazzo, mettendolo in relazione con la Chiesa di San Lorenzo, ciò
comportava l’abbattimento di numerosi edifici, tra cui la chiesa di San Giovannino (molto cara ai fiorentini).
Quindi la costruzione viene affidata a Michelozzo (nel 1444 viene scelto il suo progetto). Nel 1659 viene
venduto alla famiglia Ricciardi.
Pianta centrale, con 10 campate nella facciata lunga e 9 in
quella corta. Al Piano Terra era presenta la banca. La sua
facciata è un capolavoro di sobrietà ed eleganza, sebbene
presenti caratteri "eccezionali": trattamento a BUGNATO
(Lavorazione muraria che consiste nella sovrapposizione di
blocchi di pietra in file sfalsate). L'esterno è quindi diviso in
tre ordini, separati da cornici con dentelli dalla sporgenza
crescente verso i piani superiori. Al contrario il bugnato è
graduato in modo da essere molto sporgente al pianterreno,
più appiattito al primo piano e caratterizzato da lastre lisce
ed appena listate al secondo, mettendo così in rilievo
l'alleggerimento dei volumi verso l'alto e sottolineando un
andamento orizzontale dei volumi. All'ultimo piano esisteva una loggia (oggi murata) e al posto del
cornicione a mensole scolpite erano presenti dei merli che ne accentuavano il carattere militare. Lungo i lati
est e sud corre una panca di via, un alto zoccolo in pietra, che serviva per ragioni pratiche e estetiche. Le
finestre sono bifore (sono quindi medioevali, perché ancora non avevano elaborato la finestra “romana”)
che scandiscono regolarmente la facciata incorniciate da una ghiera a tutto sesto (La fronte di un arco per
lo più ornata da una fascia decorata che segue la curva dell'arco fino alle imposte.) con un medaglione al
centro con l'arme dei Medici e rosoncini. Le finestre sono leggermente differenziate tra piano e piano, con
cornici più larghe in alto in modo da bilanciare la minore altezza del piano. L'effetto è comunque quello di
dare maggior risalto al piano nobile. Gli interni sono interamente decorati.
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Il basamento presenta delle panchine che si chiamavano
“Paracarro”, per proteggere dai mozzi delle ruote dei
carri e serve anche da panchina.
Un notevole studio sull'armonia e la varietà decorativa
si ritrova anche nel cortile, impostato in modo da
suggerire un effetto di simmetria che di fatto non esiste.
Il primo ordine è composto da un portico con colonne
monolitiche e capitelli corinzi ed è concluso da un alto
fregio con medaglioni che contengono stemmi medicei
e scene mitologiche. Il secondo ordine, a muratura
piena, è caratterizzato dalle bifore in asse con gli archi
del portico, che riprendono la foggia di quelle esterne,
con in alto un fregio graffito, mentre l'ultimo piano presenta una loggetta trabeata che non è in asse col
portico.Il palazzo riprende lo schema brunelleschiano.
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ALTRI PALAZZI FIORENTINI
GIULIANO DA MAIANO (1442 – 1497)– PALAZZO STROZZI
Gli Strozzi erano una famiglia nemica dei Medici, poi diventarono parenti.
l palazzo rappresenta l'esempio più perfetto dell'ideale di dimora signorile del Rinascimento.
Fu volontariamente costruito di grandezza superiore del Palazzo Medici, dal quale copiò la forma cubica
sviluppata su tre piani attorno ad un cortile centrale. Anche la facciata si presenta pressoché identica, fatta
eccezione per l'uso uniforme del bugnato Blocco chiuso in se stesso, con un solo accesso. Stessa cornice.
Interno molto simile. Al pian terreno si aprono delle finestre rettangolari, mentre ai piani superiori sono
presenti due ordini di eleganti bifore. Il palazzo è completato da Simone del Pollaiolo detto “Il Cronaca”, il
quale realizza l’ultimo piano. Inserisce una fascia d’attico che da forza alla cornice.
Bugnato a cuscino (arrotondamento verso l’esterno). IMPORTANTE: Si ha il modello in legno, perché
Giuliano da Maiano era un “Legnaiolo”.
Non è un’innovazione. E’ un esempio di edilizia perché imita quello medici (vedere le differenze). Dal punto
di vista artistico non ha nulla d’innovativo, mentre da quello storico si. Il palazzo Medici è Architettura,
quello Stronzi è edilizia.
Sigismondo Malatesta voleva trasformare la chiesa di Sant’Andrea nel tempio della propria famiglia e, nel
1450, incaricò Alberti di progettare l’architettura esterna della chiesa, e procura di svincolarsi il più
possibile dall’organismo interno.
Alberti modifica le navate della chiesa di San Francesco. Ispirato ad
edifici romani. Alberti decide di rivestire l’edificio con una cassa muraria,
che sui fianchi è staccata dalla muratura originale, per svincolare il ritmo
delle arcate da quello delle finestre retrostanti. Sul fronte il motivo delle
arcate continua e si trasforma: in fornici (Il termine fornice può indicare
sia ogni costruzione arcuata, a volta formata da archi, sia gli stessi am-
-bienti coperti da esso),o nicchie laterali (che dovevano accogliere i sarcofaghi di Sigismondo e di Isotta)
ricordano quelli delle fiancate per la forma e per la funzione;
invece il fornice centrale è più ampio, più profondo e intacca il
basamento continuo per consentire l’accesso.
Il motivo delle tre arcate è inquadrato da un ordine di semicolonne,
su cui è impostato un secondo ordine di paraste, incompiuto.
Per l'abside era prevista una grande rotonda coperta da cupola emisfe-
-rica simile a quella del Pantheon. La cupola doveva essere sorretta da
arconi, che si incrociano. Le navate sono coperte da strutture in legno,
perché non si fidava della struttura
muraria precedente.
L’organismo immaginato da Alberti è
una sintesi di numerosi modelli antichi:
l’idea del tempio sollevato su un basa-
-mento, le strutture romane ad arcate
continue, le rotonde coperte a cupola.
Nell’utilizzare questi modelli il metodo
di Alberti è quasi l’opposto di quello di
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Commissionata da Ludicovico Gonzaga, detto il Turco, Signore di Mantova e grande conoscitore di arti
umanitarie. Primo intervento mantovano.
Nel 1459 si tenne a Mantova un concilio, dove parteciparono Papa Pio II
e Alberti. Il Papa tolse operai da altre opere per concentrarli su questa.
L'edificio fece da fondamento per le riflessioni rinascimentali sugli
edifici a croce greca: è infatti diviso in due piani, uno dei quali interrato,
con tre bracci absidati attorno ad un corpo cubico con volta a crociera;
il braccio anteriore è preceduto da un portico, oggi con cinque aperture.
La parte superiore della facciata, spartita da lesene di ordine gigante, è
originale del progetto albertiano e ricorda un'elaborazione del tempio
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Il prospetto interno della navata è dunque scandito da due ordini gerarchizzati di cui in minore sostiene gli
archi ed è inquadrato sotto la trabeazione di quello maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di
un interasse largo tra due stretti, è chiamato TRAVATA RITIMICA e trova un parallelo con il disegno della
facciata. La crociera tra navata e transetto è coperta con una cupola, su pilastri raccordati con quattro
pennacchi, che si è dubitato facesse parte del progetto albertiano. La facciata è concepita sullo schema di
un arco trionfale romano a un solo fornice tra setti murari, ispirato a modelli antichi. L'ampio arco centrale
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è inquadrato da paraste corinzie che estendendosi per tutta l'altezza della facciata, che costituisce uno dei
primi monumenti rinascimentali per cui venne adottata questa soluzione che sarà denominata ordine
Pag.
gigante. Sui setti murari si trovano archetti sovrapposti tra lesene (è un elemento di un ordine
architettonico addossato a parete, consistente in un fusto, a pianta rettangolare, appena sporgente dalla
parete stessa, con i relativi capitello e base. A differenza della parasta ha solo funzione decorativa.)
corinzie sopra i due portali laterali. La facciata è inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia
in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico. Gli ordini della facciata corrispondono
approssimativamente ai due dell’interno. La volte a botte centrale scarica su pilastri e archi (oltre ai
contrafforti). Nelle cappelle scavate nei pilastri ci sono cupolette, in tutte le altre sono volte a botte.
Proporzioni: rapporto di 3/2 (sesquialtera nella musica, come in Santa Maria Novella.) tra archi e mura.
Stesso rapporto tra altezza e cupola. Riferimento storico: sui lati ci sono le cappelle aperte (tribunal) e
chiuse(celle). La grande volta della navata e quelle del transetto e degli atri d'ingresso si ispiravano a
modelli romani, come la Basilica di Massenzio. Ispirazione al tempio etrusco descritto da Vitruvio.
A Firenze si usava la pietra per le costruzioni e le decorazioni, a Mantova il mattone per le costruzioni e la
terracotta per le decorazioni. La chiesa viene completata da Giulio Romano e la cupola venne costruita da
Filippo Juvarra. Il campanile è in gotico lombardo, mentre tutte le aggiunte agli edifici adiacenti (alcune
case addossate) sono in stile.
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PIENZA
Papa Pio II vuole ricostruire Pienza
(vicino Siena) e chiama Bernardo
Rossellino. La cattedrale occupa la
posizione più vistosa e volge l’abside
alla vallata. L’abside della chiesa ha
richiesto forti lavori di fondamenta,
quindi il terreno non è forte. Visto
dalla vallata il volume della cattedrale
forma un saliente che emerge dall’al-
-lineamento delle altre fabbriche, e
spicca come elemento dominante
senza superare in altezza gli edifici
vicini. Arrivando nella piazza, la fac-
-ciata si presenta in forte controluce,
ed è inquadrata fra i muri dei due
palazzi che accorciano visualmente
il sagrato e aumentano la scala monumentale dell’edificio sacro; ai
fianchi della facciata restano due ampie aperture, che fanno intra-
-vedere il vuoto circostante e mettono in comunicazione lo spazio
chiuso della piazza col grande spazio aperto della vallata. Avendo
la chiesa alla spalle si avrà una visione totale della piazza. All’inter-
-no la chiesa è divisa in tre navate di uguale altezza, ma la centrale
è più ampia; questo modello di chiesa è stato chiesto da Pio II, che
aveva visto questo tipo di chiesa presso i tedeschi in Austria, in
quanto rende il tempio più luminoso. Infatti le finestre ogivali si
aprono sullo spazio libero “e quando splende il sole fanno passare
tanta luce che sembra di trovarsi in una casa di vetro” *cit. Rossellino+.
Per motivi territoriali la chiesa è in direzione Nord- Sud. Facciata in tiburtino, nicchie, colonne e arcate
cieche (come a Rimini). Ci sono 3 portali (quello centrale il maggiore). All’interno è completamente visibile,
sia altari che absidi. Tre navate a stessa altezza, ma la centrale è più larga. 8 pilastri a quadrifoglio (pilastro
+ 4 semicolonne) di uguale altezza, ci sono altre colonne sopra queste altre per aumentare l’altezza della
chiesa, perché il papa la voleva goticizzante. Sui pilastri ci sono 2 pulvini. Il papa voleva un interno gotico e
una facciata classica.
Il palazzo Piccolomini è un blocco quadrangolare a tre
piani con cortile interno, come i palazzi fiorentini. Questo,
come il palazzo vescovile che occupa l’altro lato della
piazza, è sempre visto di spigolo da chi percorre la strada
principale, in quanto i due bracci della strada arrivano
obliquamente nella piazza (soluzione che consiglia Alberti
nel suo trattato). La facciata è decorata con un motivo di
ordini sovrapposti, chiaro il riferimento allo schema del
Palazzo Rucellai (completata da Rossellino, solo cambiano
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Poggio a Caiano (Prato), qui vi voleva costruire la famiglia Rucellai, che però cedette il luogo a Lorenzo de
Medici, il quale affidò il progetto a Giuliano da Sangallo. Tra le innovazioni originali per l'epoca, si
registrarono il porticato al pian terreno (quasi una zona di inter confine tra il paesaggio circostanze e la
villa), il portico e il frontone classicheggiante al piano nobile e la mancanza di un cortile centrale.
Al primo piano presenta una balaustrata per proteggere. Finestre a croce vanno semplificandosi salendo di
piano. Particolare è l’ingresso con frontone di un tempio, su una casa privata!! Gli scaloni curvi sono stati
aggiunti nel 700.Vi è un’importante novità: non è scavata all’interno, ma vi è un pieno, trasferendo il vuoto
ai lati. La villa è disposta su più livelli. Coperta con volti a botte con incavi, forte richiamo all’architettura
romana. (2) salotto
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Pag.
PALAZZO GONDI, Firenze (1488-1489)
Commissionatagli da un mercante fiorentino. Traduce la tipologia del Palazzo Medici in un linguaggio più
regolare e classicheggiante. Si ripresenta il bugnato a cuscino (quindi lavorato). Interno con una scala che
riduce il cortile. Mette le colonne per garantire più luce ai portici. Balaustrata della scala. Il balaustro (primo
pezzo isolato della Balaustrata) con del fogliame (vedi Frommel pag102), sembrano due fiaschi rigirati e
sovrapposti. La decorazione si concentra sulla balaustrata.
Frommel 97-99
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Pag.
FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI (1403-1501)
La sua città ideale presenta uno schema a scacchiera, con mura fortificate.
Nella seconda metà del 400 scrive il trattato di architettura civile e militare, che contiene molte esperienze
personali. Nel trattato spiega le molte forme possibili del sistema radiale. Dedica spazio alla progettazione
di strutture difensive. Si ispira agli accampamenti romani. Importantissima figura del Rinascimento italiano.
Pittore, scultore e soprattutto Architetto e Teorico dell’architettura. Scrisse “Il Trattato di Architettura,
Ingegneria e Arte Militare”. Si usavano gli schemi antropomorfici.
URBINO
Urbino al tempo era governata da Federico da Montefeltro, il quale voleva per sé non un palazzo, ma una
città a forma di palazzo. Chiamò molti architetti per la progettazione del palazzo. I Montefeltro avevano già
un palazzo ed castellare. Dal 1447-1455 la trasformazione acquista il terreno tra i due palazzi e realizza un
unico edificio, che inglobano quelli esistenti.
Il lungo corpo di fabbrica uniforme è incorporato in un organismo complesso, che affaccia a valle, che si
svolge intorno ad un grande cortile porticato e acquista una funziona urbanistica determinante nei
confronti dell’intera città. Verso il centro della città, il palazzo avvolge la piazza già esistente con una solette
parete architettonica, riccamente ornata, che fronteggia il fianco del duomo, ricostruito più tardi da
Francesco di Giorgio. Ma verso valle è prevista una seconda facciata, del tutto eccezionale per la forma e la
funzione; in questa zona si trovano l’appartamento di Federico e gli ambienti più privati del palazzo, che
affacciano sulla campagna mediante una serie di logge sovrapposte; le logge sono inquadrate dai due
torroncini, che contengono le scale e permettono una comunicazione diretta con la pendice della valle,
dove è previsto una nuovo ingresso esterno alle mura cittadine. La facciata dei torroncini vale inoltre come
prospetto paesaggistico del palazzo e dell’intera città dalla strada che porta a Roma.
Federico riesce ad avere, per la decorazione del suo palazzo, quasi tutti gli artisti più importanti del
momento. Tra gli artisti che hanno partecipato alla ricostruzione troviamo Luciano Laurana e Francesco di
Giorgio. La facciata principale (le tre loggie) fu affidata a Francesco Laurana (no parentela con Luciano). La
facciata di F. Laurana è molto simile all’arco del Maschio Angioino a Napoli. L’ultima loggia, la più alta,
forse è di Francesco di Giorgio Martini. Buche pontaie in vista. Il cortile è di Francesco di Giorgio Martini:
numero di colonne diverse, non come quasi tutti i palazzi fiorentini. Pilastri ad L. Si ispira allo Spedale degli
Innocenti, modificandolo. Finestre rettangolari e lesene al primo livello. L’attico è del 500, quindi non è di
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Francesco di Giorgio.
Pag.
PROBLEMA DELL’ANGOLO: Agli angoli del cortile ci sono pilastri ad L. Sui lati corti vengono appostate
semicolonne. Sistema colonne: colonne – Architrave – Cornice (elementi tutti in proporzione).
Federico di Montefeltro fa costruire da Francesco di Giorgio, più o meno nello stesso periodo del Palazzo,
un convento di clarisse con una cappella funeraria per la moglie. Il convento sorge all’estremità nord-ovest
della città, su un terreno che termina in una ripida scarpata ed è anch’esso realizzato in laterizio. Il
convento presenta non solo la parte centrale, ma tutte le quattordici arcate delle tre ali affacciate sul
paesaggio e aperte su un giardino pensile sorretto da sei massicci archi di sostegno. L’introduzione di
trabeazione tripartite trasforma i robusti pilastri dei due piani, come nelle opere precedenti, in una serie di
archi ridotti. Foto frommel pag 117
Il Rinascimento lombardo riguarda Milano e i territori a essa sottomessi. Con il passaggio di potere tra
i Visconti e gli Sforza a metà del XV secolo si compì anche la transizione tra la splendida stagione del gotico
internazionale lombardo e l'apertura verso il nuovo mondo umanistico. Nella seconda metà del XV secolo la
vicenda artistica lombarda si sviluppò infatti senza strappi, con influenze via via legate ai modi fiorentini,
ferraresi e padovani, nonché riferimenti alla ricchissima cultura precedente. Con l'arrivo di Bramante (1479)
e di Leonardo da Vinci (1482) Milano raggiunse vertici artistici assoluti nel panorama italiano ed europeo,
dimostrando comunque le possibilità di coabitazione tra le avanguardia artistiche, il substrato gotico e gli
influssi nordici. Come detto in precedenza vi furono due importanti successioni al potere Visconti e Sforza,
per questo motivo si può parlare di due fasi del Rinascimento in Lombardia: la prima, con Filippo Maria
Visconti, presenta un’architettura medievale; la seconda con Francesco Sforza presenta principi umanistici.
La prima fase è caratterizzata da due architetti: Giovanni e Guiniforte Solari (padre e figlio), che avevano
forte attaccamento all’architettura lombarda locale. Proprio dei Solari possiamo ricordare la Certosa di
Pavia.
La seconda fase, invece, è improntata “sull’alleanza” Milano-Firenze, ovvero molti artisti fiorentini si
trasferirono alla corte Viscontea prima e Sforzesca dopo per operare a Milano (Michelozzo, Filarete e
Leonardo). Questi operano comunque restando legati alla loro tradizione. Sono da ricordare alcune opere a
pianta centrale restaurate nel ‘400, che rappresentavano un punto di riferimento: la basilica di San Lorenzo
(particolare per gli absidi con doppio deambulatorio) e la Cappella di San Satiro.
FILARETE (1400-1469)
Impiegato dagli Sforza su raccomandazione di Pietro de Medici. Lo ricordiamo per il suo trattato di
Architettura e per alcune sue importanti opere: Castello Sforzesco (di cui impianto rettangolare, quasi un
quadrato, con torri angolari. Realizza un’imponente torre) e L’Ospedale Maggiore
Baccio Pontelli era l’architetto del pontificato. Come Architetto della Santa Sede Pontelli deve rispondere al
cardinale camerlengo responsabile dell’edilizia e delle fortificazioni, Raffaele Riario, nipote di Giuliano della
Rovere. Nell’estate del 1485 Raffaele vince una grossa somma giocando contro il nipote di Innocenzo VIII, e
sembra che sia dovuta anche a questo colpo di fortuna la sua decisione di farsi costruire una residenza
nuova a Roma. Pontelli è probabilmente il progettista principale, ma pare che Riario abbia consultato anche
altri maestri come Giuliano da Sangallo e il Cronaca. Appassionato di antichità romane, Riario aveva
contribuito decisamente a far rinascere il teatro antico. Poco prima di avviare la costruzione del Palazzo egli
aveva patrocinato la prima edizione a stampa di Vitruvio.
La prima fase di costruzione comprende l’ala di ingresso, completata nel 1495, come ricorda la grande
iscrizione, tre anni dopo la partenza di Pontelli da Roma in circostanze misteriose.
Con le sue quattro torri angolari, la Cancelleria corrisponde alla definizione albertiana di castello urbano, gli
avancorpi della lunga facciata aggettano solo con la profondità di un fusto di parasta. Il linguaggio tuttavia è
molto vicino a quello del Palazzo Ducale di Urbino e a Giliano da Sangallo. Travata ritmica le paraste in
facciata. Come a Palazzo Cocchi, il pianterreno è rivestito da bugne e solo il piano nobile, residenza del
cardinale, e quello superiore, dove abitava la sua corte, sono contrassegnati da ordini che seguono un ritmo
di archi trionfali semplificati. Similmente alla tavola di Baltimora, anche le paraste delle campate interne
sono raddoppiate, ma gli archi risultano sostituiti da finestre ad arco. Per la prima volta i piedistalli e i
parapetti delle finestre sono sistematicamente collegati. L’avancorpo sudorientale, la cui importanza è
sottolineata dallo stemma cardinalizio e dal balcone, si presenta con un angolo retto. Questo perché il lato
che si affaccia sulla via del Pellegrino (con le botteghe degli orefici), è piegato due volte in angoli ottusi.
Sulla facciata destra gli avancorpi hanno una sporgenza più accentuata, così da assicurare una migliore
illuminazione nelle sale collocate tra essi. Su tutte le tre facciate secondarie del complesso, il ritmo degli
ordini e il dettaglio appaiono semplificati: in un nessun palazzo precedente si trovano indicate con
altrettanta evidenza le differenze gerarchiche e funzionali tra le varie ali. La pianta è organizzata su un asse
longitudinale: da una strada di nuova costruzione, attraverso il vestibolo d’ingresso, si arriva alla loggia
d’entrata del cortile. A sinistra parte lo scalone, le cui due rampe conducono al portico superiore e quindi
alle sale. Le analogie con il tipo fissato a Palazzo Rucellai appiano immediatamente evidenti. Innanzitutto
la suddivisione orizzontale in tre parti è resa più semplice e lineare di quella di palazzo Rucellai grazie
all’omissione delle lesene al pianterreno. Il bugnato e le finestre relativamente piccole del piano terra
formano così un imponente basamento, su cui poggiano i due piani, anch’essi bugnati ma in modo diverso.
Il ritmo delle campate è più complesso del palazzo Rucellai, per l’alternarsi di una campata stretta priva di
finestre racchiusa fra lesene binate e di una campata più ampia con finestra, ritmo ABABAB.
31
Pag.
I lavori del cortile iniziano soltanto nel 1496.
Con le sue logge replicate su due piani e
cinque per otto campate, il cortile della
Cancelleria supera ancora quello del Palazzo
Ducale di Urbino. L’arco centrale della loggia
d’ingresso è più ampio e il granito rosato e
le sue basi più complesse si distinguono dalle
altre colonne. Il loggiato del piano nobile è
invece nobilitato da basi ioniche, capitelli
dorici a doppio collarino e una decorazione
più ricca nelle fasce marmoree che collegano i blocchi delle colonne angolari. I pilastri sono a L, come per
Palazzo Venezia. Le trabeazioni corrispondono a quelle della facciata, ma soltanto quella del secondo piano
è sorretta da un ordine di paraste e da mensole, come nel Colosseo. Quando iniziano i lavori per il cortile,
Pontelli aveva già lasciato Roma, forse i lavori passarono al fratello di Giuliano, Antonio da Sangallo il
vecchio.
32
Pag.
DONATO BRAMANTE (1444-1514)
Donato di Angelo di Pascuccio detto il Bramante è stato un architetto e pittore italiano, nonché uno dei
maggiori artisti del Rinascimento. Formatosi a Urbino, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo
sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a Roma, dove progettò la Basilica di San Pietro. In qualità di
architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il XVI secolo e nel maturare del
classicismo cinquecentesco, tanto che la sua opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle
vestigia romane. Suscitatore della nuova architettura. Artefice dell’Incisione Previdari (VEDI FROMMEL))
OPERE MILANESI
Lavorò per molti anni a Milano nella corte di Ludovico Sforza detto il Moro.
L'incisione Prevedari è un'incisione su lastra di ottone, realizzata nel 1481, a Milano, da Bernardo Prevedari
su disegno di Donato Bramante il cui nome è riportato sull'incisione stessa in caratteri lapidari. Si tratta di
una visione architettonica rappresentante il grandioso interno di edificio all'antica, quasi in rovina, con
membrature possenti. L'incisione rappresenta, quasi in una sorta di manifesto, le ampie conoscenze
architettoniche di Bramante, quasi un compendio delle tematiche che svilupperà nelle successive opere
lombarde. L’incisione mostra per quanto basta un edificio centralizzato con cappelle angolari, la cosiddetta
quincunx.
grande e anche al piccolo ordine sono assegnati capitelli albertiani, in modo che i due ordini si
Pag.
compenetrano. La cappella di San Satiro ottagonale segue una tipologia protocristiana, ma nel verticalismo
del suo scheletro portante si avvicina più al gotico.
La caduta del governo sforzesco nel 1499 produce la dispersione degli artisti impiegati alla corte. Bramante
è chiamato a Roma e si trova inserito nella febbrile attività edilizia per la preparazione dell’anno santo. In
questi anni Bramante cambiò il metodo di progettare, adattandosi all’architettura romana (combinando gli
ordini con i suoi progetti).
Il Chiostro (sorta di giardino interno) è forse la prima opera romana. L'architettura presenta un linguaggio
severo e privo di decorazione; in questo
Bramante si distacca dal periodo
milanese, durante il quale, forse per
influenza delle maestranze locali,
realizzava opere con un ricco repertorio
decorativo. Il chiostro è realizzato
utilizzando elementi architettonici e
compositivi ripresi dall'architettura
romana. Il primo ordine presenta archi
a tutto sesto poggianti su pilastri ed
inquadrati da paraste; l'ordine
superiore è costituito da pilastrini e
colonne alternati che sostengono la
trabeazione. Lo schema del chiostro
mostra la sovrapposizione degli ordini classici, (ionico, al basamento, e composito nel loggiato superiore)
ripresa dall'osservazione di monumenti classici come il Colosseo. E’ impostato su un reticolo rigido di due
livelli aperti (vuoto su vuoto). Nel chiostro Bramante ancora non imita direttamente l’antico ma, come nelle
ultime opere milanesi, lo interpreta con gli occhi dei Sangalli. Simile a quello del Palazzo Cocchi. Pilastri
quadrangolari.
dell'ordine ed un piano sottotetto di servizio le cui finestrelle si aprivano nel fregio dorico della trabeazione.
Riferimento alla insula romana (una sorta di condominio). Da questo palazzo derivano tutti gli altri palazzi
Pag.
Il Tempietto si San Pietro in Montorio, costrito per i reali di Spagna, è quasi il manifesto del nuovo
classicismo, apparentemente semplice, ma ricco di molteplici indicazioni. E’ una specie di reliquario in scala
edilizia, costruito in un piccolo cortile sul luogo presunta della crocifissione di San Pietro, e nasconde
l’accesso ad una camera sotterranea, dove è custodico il foro lasciato dalla croce nel terreno.
Il tempietto ha un corpo cilindrico, che costituisce la cella del tempio, la cui muratura è scavata da nicchie
insolitamente profonde, decorate con conchiglie, e scandita da paraste come proiezione geometrica delle
colonne del colonnato. La costruzione è infatti circondata da un colonnato dorico sopraelevato su gradini;
sulle 16 colonne corre una trabeazione conforme alle indicazioni che Vitruvio ha dato per l'ordine dorico,
con un fregio decorato con triglifi e metope. Le colonne sono di granito grigio; le altre membrature
di travertino. Il soffitto dell'ambulacro è decorato a cassettoni. La forma cilindrica è in qualche modo
trasformata da alte e profonde nicchie, quattro delle quali ospitano piccole statue degli evangelisti. Lo
spazio è coperto con una cupola, progettata in conglomerato cementizio (alla maniera degli antichi) e posta
su di un tamburo ornato da lesene che continuano quelle inferiori, ma prive degli attributi dell'ordine
architettonico.
Secondo i progetti iniziali, il tempietto avrebbe dovuto
inserirsi al centro di un cortile circolare non realizzato
(l'attuale è di forma quadrangolare), così da evidenziare la
perfetta simmetria dell'impianto e sottolineare la centralità
del tempio la cui struttura si irradiava nel cortile,
proiettando le 16 colonne in altre 16 a formare un portico
circolare, come possiamo vedere in una ricostruzione
del Serlio.
Influenze di Giuliano da Sangallo e Francesco di Giorgio,
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MANIERISMO
Il manierismo è una corrente artistica italiana del XVI secolo. E’ un periodo che comprende molti fenomeni
artistici dal 1520 circa fino all'avvento dell'arte controriformata e del barocco. Il termine "maniera" è
presente già nella letteratura artistica quattrocentesca ed era sostanzialmente sinonimo di stile. Con tale
accezione venne ripreso da Vasari, nella cui monumentale opera (Le Vite) inizia ad assumere un significato
più specifico e, per certi versi, fondamentale nell'interpretazione dei fenomeni artistici. Nella terza parte
della Vite lo storico inizia a parlare della "Maniera moderna" o "gran maniera" dei suoi tempi, indicando in
artisti come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello i fautori di un culmine della progressione artistica,
iniziata come una parabola ascendente alla fine del Duecento, con Cimabue e Giotto. A tali artisti
attribuisce infatti il merito di essere arrivati a una perfezione formale e a un ideale di bello in grado di
superare gli "antichi. Vasari si raccomandò dunque, ai nuovi artisti, di riferirsi a questi modelli per acquisire
la "bella maniera”. Il significato di "maniera", dunque positivo nell'opera vasariana, venne poi trasformato
in "manierismo" nei secoli XVII e XVIII, assumendo una connotazione negativo: i "manieristi" erano infatti
quegli artisti che avevano smesso di prendere a modello la natura, secondo l'ideale rinascimentale,
ispirandosi esclusivamente alla "maniera" dei tre grandi maestri: la loro opera venne così banalizzata come
una sterile ripetizione delle forme altrui, veicolata spesso da un'alterazione del dato naturale, fortemente
biasimata. Per assistere a un cambiamento di rotta sul giudizio di questa fase si dovette attendere il primo
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Novecento, quando si iniziò a guardare al "manierismo" (termine ormai consolidato) con un'altra luce, che
evidenziava le componenti anticlassiche di tale movimento e la loro straordinaria modernità.
Pag.
RAFFAELLO SANZIO (1483-1520)
Nato a Urbino, Raffaelle si forma nell’ambiente della corte ducale, dove il padre Giovanni Santi svolge i ruoli
di pittore, poeta e cronista. Fin da bambino ha dunque familiarità dirette con Luciano Laurana, Francesco di
Giorgio Martini e Piero della Francesca. Era un pittore, formato dal Perugino. Diventa primo architetto di
Roma. Considera l’antico come mezzo da riutilizzare. Nel quadro “Lo Sposalizio della Vergine” esprime
l’importanza, per Raffaello, per l’architettura. Parte dall’antico per poi ispirarsi a Bramante.
Edificio a pianta centrale. Edificato per la tomba di Agostino Chigi. Le tombe laterali rappresentano la forma
elementare ben nota della piramide a base quadrata. I Marmi ricordano il Pantheon.
La cupola e il tiburio, seguendo il modello bramantesco, ricordano San Pietro in Montorio. Il tamburo
appoggia sui tipici pilastri smussati e, sotto i tre archi ciechi, un lieve arretramento dei muri allude ai
quattro bracci di una sorta di organismo a croce.
Possiamo dividere
in tre livelli la
cappella:
- Cripta:
Regno dei morti.
- Cappella:
Regno umano.
- Cupola:
Regno Divino.
Architettura, pit-
tura e scultura
sono di un unico
artista.
di Palazzo Alberini è inoltre enfatizzata dall’angolo acuto che , sporgendo vigorosamente sulla strada è
visibile in lontananza e assume il profilo di un massiccio pilastro. Alberini spera di coprire, almeno in parte
Pag.
le spese grazie alle rendite e affitta il palazzo nel 1515. Sembra che Raffaello verso il 1516 abbia modificato
il sistema dei piani superiori e assimilato al suo stile
maturo e abbia lasciato la progettazione al giovanis-
simo Giulio Romano, il quale doveva però seguire le
indicazioni del suo maestro. Dopo la morte di Raffaello,
Alberini incarica Giulio Romano di ridimensionare dras-
ticamente il progetto: l’ingresso viene spostato nella
quarta bottega; la loggia d’entrata e lo scalone passano
alla relativa ala orientale. Prima del sacco di Roma
viene conclusa solo la prima fase dei lavori, comprendete quattro campate. Nel secondo progetto, Raffaello
si serve di un’articolazione simile a quella dell’attico di Palazzo Jacopo da Brescia e, pur rendendo la parte
residenziale quella dominante e utilizzando gli stessi materiali preziosi del pianterreno, egli rinuncia a
finestre con balcone o parapetto autonomo. Nel piano nobile egli riprende di nuovo da Francesco di Giorgio
e da Bramante l’ordine ridotto con basi, ma senza capitelli. Le lesene sono puramente decorative. A
palazzo Alberini la trabeazione aggetta solo sotto il gocciolatoio, come a Palazzo Jacopo.
Nel piano superiore le lesene si sciolgono addirittura in campi neutri senza alcuna pretesa tettonica.
VILLA MADAMA (1517-1518)
Costruita per il cardinale Giulio de Medici,
cugino di Leone X, che contribuisce alla
costruzione. A causa del terreno argilloso
un primo progetto venne scartato.
Lo sviluppo della villa ha particolare impor-
tanza nell’architettura italiana del 500,
poiché da una parte si ispira alle ville romane
come le descrisse Plinio (architettura con
loggia centrale, vista sul panorama, giardini
terrazzati, ninfei, grotte, piscina, terme,
teatro, torri di vedetta e ippodromi), e
dall’altra anticipa tutta una categoria di edifici che deriva direttamente dai principi che saranno fissati da
Palladio. Villa Madama è una di queste prime ville. Non fu mai terminata, se non per metà. Costruita sulle
pendici di Monte Mario appena fuori Roma. Non vi è dubbio che l’intenzione originaria fosse quella di
ricreare una villa classica con un enorme cortile circolare al centro e con un immenso giardino. DI fatto fu
eretta solo metà. La grande loggia consta di tre campate: quella alle estremità sono coperte da volte e
quella centrale da una volta a cupola. A un’estremità la parete forma una rientranza nella collina creando
una profonda concavità simile ad un abside sormontato da una mazza cupola. Il progetto presenta due
assi: ASSE BREVE (con teatro e ambiente circolare centrale) e ASSE LONGITUDINALE (piscine e giardini), che
collega il vestibulum del pianterreno con Ponte Milvio (Raffello scriverà che il ponte sembra fatto apposta
per la villa). Questa villa vuole imporre la vita dei suoi abitanti. Sembra progetto antico. Questa
progettazione si bloccò con la morte di Raffaello e di Leone X, ma ripresero sotto il Papa Clemente VII (ex
cardinale de Medici) e vi lavorarono architetti come Giulio Romano Baldassarre Peruzzi. [VD FROMMEL]
PALAZZO PANDOLFINI, Firenze (1519-1530)
Committente Vescovo Pandolfini, amico di Raffaello. Si tratta di un
palazzo suburbano con vestibulum, studio e cappella al pianterreno
e con salone principale al piano nobile. La pianta e la maggior parte dei
dettagli dell’esterno asimmetrico presentano poche affinità con le opere
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di Raffaello: il bugnato d’angolo e del portale ricordano Palazzo Farnese, anche il cornicione e le finestre ad edicola
Pag.
non sembrano sue. Forse disegnate da Gianfrancesco da Sangallo (succedutogli dopo la morte).
GIULIO ROMANO (1499-1546)
Giulio Romano, come dice il suo nome, era nato a Roma e fu il primo grande artista di quella città dopo
molti secoli. Discepolo di Raffello e suo esecutore artistico. All’inizio aveva un’unita decorativa e pittorica.
Con Peruzzi condivideva i contrasti tra classicismo e anticlassicismo (conoscono l’ordine ma lo usano a loro
modo), utilizza la tecnica della “sprezzatura”. L’equilibrio tra forma e concetto è ormai perso; il linguaggio
cinquecentesco viene contagiato da caratteri personali, come l’ORDINE RUSTICO o la CORNICE
MARCAPIANO tra il basamento e il piano. In questo momento l’architettura e l’arte sono mezzi decorativi,
come espressione del signore committente. Giulio Romano era anche un grandissimo pittore. Nel 1524
lascia Roma. GIULIO ROMANO CERCA SEMPRE DI STUPIRE.
Nel 1546 Giulio Romano viene nominato capo della Fabbrica di San
Pietro, quindi torna a Roma. Però è trattenuto a Mantova. Muore
durante questa contesa poco prima di lasciare Mantova.
Nel periodo romano l’opera più importante è il PALAZZO STATI-MACCARANI
il quale è costituito da bugnato più sporgente nella parte inferiore, una
cornice che divide la parte inferiore (quindi la parte inferiore ha una sorta
di funzione di basamento), poi mezzanino. Nella parte superiore presenta
l’ordine architettonico e c’è un alleggerimento del bugnato. Riferimenti a
Raffaello e Palazzo Caprini
Nel 1524 si recò a Mantova a lavorare per Federigo Gonzaga, al cui servizio
rimase fino alla morte. Il suo capolavoro è indubbiamente il Palazzo Te’.
In questo edificio, come a Villa Madama, si riflette il tentativo di ricreare una
villa suburbana classica. Il palazzo di città, a Mantova, è un edificio
grandissimo, ma, possedendo Federigo una famosa scuderia, decise di farsi
costruire poco fuori dalla città una villa in cui avrebbe sistemato i quartieri
generali del suo allevamento di cavalli e che allo stesso tempo avrebbe
avuto un bel giardino in cui trascorrere la giornata durante la calura estiva.
La villa non ha camere da letto. E’ ricco di affreschi di Giulio Romano.
La pianta riprende la villa romana (ossia quattro corpi lunghi e bassi, che
racchiudono una corte centrale. Ha un affaccio verso Mantova e uno
verso il giardino con ingresso a 90°. Ogni facciata è trattata in modo diverso.
L’ingresso principale non (forse) è in asse con Mantova, ma ad angolo retto e
presenta un tre archi al centro e quattro campate ai lati, in cui si aprono
finestre disposte in apparente simmetria. Il alcune parti vengono usate
le lesene tuscaniche con delle nicchiette tra le due. Presenta bugnato rustico
superiore e un fregio classico. A circa ¾ dell’altezza delle lesene c’è un
marcapiano piatto che funge da davanzale per le finestre del piano superiore,
ed è attaccato alla chiave dell’arco delle finestre del piano principale. In
altri termini, mentre Bramante si era preoccupato di mantenere ogni elemento sperato e distinto, qui essi
sembrano fondersi deliberatamente per formare un disegno della superfice. Un ulteriore sguardo rivelerà
bizzarrie maggiori, poiché lo spazio fra le lesene non è affatto uguale. A destra degli archi d’ingresso c’è
un’ampia campata; la campata corrispondente a sinistra non soltanto è più stretta, ma presenta anche una
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finestra decentrata.
Pag.
Notiamo poi che le tre campate dell’ingresso sono fiancheggiate da tre campate con finestre binate cui fa
seguito una cesura nella forma di due lesene binate che racchiudono una piccola nicchia scata nella
superficie muraria liscia. Segue una campata normale con finestra e, finite, la facciata è chiusa da lesene
binate. Quindi abbiamo una lettura, partendo dall’arco centrale, AABBBCB, dove quest’ultima si differenzia
dalle altre per le lesene binate.
Il fronte laterale adotta un’articolazione simile, seppure
non identica, con piccole campate con nicchia che incor-
-niciano l’arco unico d’ingresso.
Un accorgimento ancor più sottile è da ravvisarsi nel fatto
che lo spettatore è tenuto a ricordare la disposizione base
delle fonti sterne quando giunge davanti alla facciata sul
giardino, che di nuovo si articola intorno ai tre vasti
archi centrali. Qui però il tessuto murario è completa-
mente diverso poiché è rivestito da bugnato soltanto
fino all’altezza del ponte sul fossato. Il piano principale
ha pareti lisce e non ha attico, ma la sua trama produce
un effetto completamente diverso ottenuto da
SERLIANE. Le serliane centrali sono ulteriormente
messe in rilievo dal frontone triangolare che li sovrasta.
Paragonando la fronte dell’ingresso con la fronte sul giardino vediamo che hanno in comune la triplice
arcata centrale, seguita da tre campate con finestre sui due lati, che a loro volta sono seguite da una strana
piccola campata con una nicchia che separa le finestre principali dalla campata terminale, in cui è ripetuta
la forma delle tre originarie. Pertanto quelle che a prima vista sembrano due fronti totalmente diversi
hanno gli stessi motivi basilari e non vi è dubbio che l’architetto abbia inteso in tal modo creare nella mente
dello spettatore un piacere simile a quello procurato dalle variazione su un tema in musica.
Lo schema partendo da sinistra AABBCDC (fino all’ultima serliana centrale). Gli archi poggiano su 4 colonne
per snellire. Le caratteristiche simili ad altre facciate sono l’utilizzo del dorico e del bugnato (tranne per
quella sul giardino che lo ha solo nel fossato) e l’uso del CONCIO CADENTE nel fregio. Palazzo fatto
interamente di mattoni e le bugne sono d’intonaco. Le finestre sembrano tutte uguali, ma non lo sono, non
sono tutte centrate perché vi era un edificio preesistente prima. Nelle metope a volte ci sono dei finestrini
(come Bramante a Palazzo Caprini). Le facciate 1: le finestre dentro hanno i frontoni triangolari, le esterne
non lo hanno. 3* “Variazione a Tema” (come nella musica), cioè dopo l’angolo non si ripete la finestra, ma
mette la nicchia. 4* le colonne non sono finite (perché??) Qui senza la piattabanda non potrebbe reggersi la
volta e botte. 6* PESCHIERA: Allevava i pesci i sono le tane dei pesci
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Pag.
“LA RUSTICA” nel Cortile della Cavallerizza nel PALAZZO DUCALE, Mantova (1538)
Nipote dei due Sangallo. Importante architetto che opera soprattutto a Roma. Lavorò nel cantiere di San
Pietro, prima insieme a Bramante e successivamente come direttore. Antonio da Sangallo è il primo a poter
vantare sin dalla sua infanzia una formazione solida e approfondita di architetto.
Rispetto a quella di Antonio da Sangallo, la carriera di Baldassare Peruzzi è più variegata e in un certo senso
più tragica. Nato vicino Siena. Allievo di Francesco di Giorgio Martini e del Pinturicchio. Giunto a Roma,
Peruzzi si ritrovò nel grande fermento artistico che caratterizzò la città nel primo Cinquecento locale,
dominato da figure come il Bramante e Raffaello Sanzio, che lo influenzarono profondamente. Sebbene
esistano centinaia di suoi disegni conservati soprattutto nei musei di Firenze e di Siena, la sua personalità
rimane al quanto misteriosa. Fu, a sua volta, maestro del Serlio.
VILLA LE VOLTE, Siena E VILLA DELLA FARNESINA ALLA LUNGARA, Roma (1509-1511)
Come tanti artisti, da giovane Peruzzi si trasferisce a Roma per dedicarsi allo studio dell’Antichità. Nei suoi
primi disegni si riconosce l’influenza diretta del Cronaca, al quale infatti sono stati per lungo tempo
attribuiti. L’influsso del Cronaca, di Giuliano da Sangallo e della Cancelleria spiega anche la notevole
diversità fra villa a Le Volte e la Farnesina. Peruzzi, a Roma, mantiene contatti e committenze anche a Siena nei cui
pressi probabilmente progetta tra il 1502 ed il 1505 una villa nei dintorni della città, per Sigismondo Chigi, un altro
esponente della potente famiglia. Il ruolo di progettista di Peruzzi non è completamente documentato e tuttavia
generalmente accettato, anche se si ipotizza un ruolo anche di Francesco
di Giorgio Martini che aveva, nei propri scritti, elaborato un modello di
palazzo sub-urbano con due ali sporgenti. Peruzzi, utilizzò infatti un im-
pianto planimetrico con una pianta ad U, con due corpi laterali (dissim-
metrici a causa di preesistenze) che racchiudono quello centrale occupato
da due logge sovrapposte, aperte sul paesaggio circostante. Quindi, pro-
babilmente questo edificio è la prima sperimentazione dello schema poi
utilizzato per la villa romana alla Farnesina per il banchiere Agostino Chigi.
Nel 1505 Agostino Chigi, fratello di Sigismondo e banchiere ancor
più ricco, inizia un palazzo suburbano presso la riva del Tevere, su
via la Lungara. L’edificio è separato dalla strada e il suo vestibulum appariva su un basso cortiletto formato
solo da una recinzione che lo sperava dalla zona delle scuderie. Le ali laterali di villa a Le Volte sono qui
trasformati in avancorpi turriformi che fiancheggiano una piattaforma, sfruttata anche come palcoscenico
per rappresentazioni teatrali. Di dimensioni relativamente piccole, è perché importante perché è fra i primi
esempi di villa a blocco centrale con due ali che si avanzano sulla fronte principale. Il committente fu il
banchiere Agostino Chigi. L’aspetto esterno è stato molto modificato dalla chiusura con vetrate delle
quattro campate al pianterreno della facciata con l’ingresso, in seguito alla quale è andato completamente
perduto l’effetto ottenuto dal contrasto tra pieni e vuoti. Ma queste vetrate furono rese necessarie dalla
stupenda serie di affreschi di Raffello. L’architettura è di una semplicità che richiama Francesco di Giorgio e
il senso di disagio creato dalla lesena centrale che divide la parate terminale delle ali. I capitelli possono
essere considerati tuscanici.
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PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE, Roma (1532)
PORTE DI VERONA
Palazzo Carpini. Entrambi i piani hanno quasi la stessa altezza e si aprono in arcate: il pianterreno si apre in
una grande porta e finestre relativamente piccole con davanzali su mensole. Le arcate del piano nobile
sono alte e snelle e le loro chiavi sono decorate con grandi maschere classicheggiante. Le colonne
dell’ordine dorico sono scanalate e si innalzano sui pilastrini che scandiscono la balaustrata, in modo simile
a Palazzo Caprini. Le colonne angolari sono rafforzate da colonne quadrangolari con entasi. Come nessuno
prima di lui, egli riscopre il fascino della pietra e può rinunciare alle strutture artificiali della superfice e al
decoro sovrabbondante. Grazie alla bellezza del tufo nummolitico e delle colonne, al semplice zoccolo
bugnato, alla trabeazione a triglifi e all’assenza di un attico o di un terzo piano, egli accosta la facciata al
peristilio di un tempio classico. Mentre Peruzzi conferisce al quasi contemporaneo portico di Palazzo
Massimo l’incanto del decorativismo augusteo, Sanmicheli si avvicina all’Antico Greco.
Jacopi Tatti, come molti dei più grandi architetti rinascimentali, esordisce come un artista figurativo
(scultore) Nato a Firenze, svolge l’apprendistato presso l’architetto Andrea Contucci, detto Sansovino, dal
quale assume addirittura il soprannome. Verso il 1518, Sansovino si trasferisce a Roma. Nel 1527, a causa
del sacco di Roma, lascia la Capitale e si trasferisce a Venezia, dove giunge presto a occupare il primo posto
fra gli scultori e architetti della città, diventando amico del Tiziano e suo pari.Quando arriva a Venezia era in
buoni rapporti con il cardinale Grimaldi. Nel 1529 fu nominato architetto capo della città di Venezia.
Alla fine del 1542 i fratelli Thiene incaricarono Giulio Romano del progetto
per il palazzo e Andrea Palladio come direttore dei lavori. Sembra che nel
1546, alla morte di Giulio Romano, fosse stato realizzato solo un frammen-
to della parte inferiore del pianterreno e Palladio sia riuscito a convincere
i Thiene a cambiare il progetto per il piano nobile. Palladio parla di questo
palazzo anche nei suoi libri. Il finto bugnato con mattoni resi ruvidi e rives-
titi di stucco del pianterreno, le lunghe chiavi radiali delle sue aperture, il
bugnato delle colonne dell’atrio tetrastilo e della loggia del pianterreno del
cortile e forse anche gli ambienti multiformi, a imitazione di quelli nelle
terme imperiali, risalgono ancora al progetto di Giulio Romano (secondo
alcuni, secondo il prof è di Palladio), mentre la volta unificate dell’atrio e
tutto il piano nobile rivelano la mano di Palladio, qui Palladio rialza
le paraste, le libera dal bugnato e aumenta la loro distanza dalle
edicole, le quali diventano più simili a quelle della casa di Giulio
Romano. Sugli avancorpi sostituisce gli archi trionfali con paraste
binate. Le arcate larghe, snelle e spoglie del piano nobile del cortile
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Anche il primo progetto per il Palazzo del patrizio Iseppo da Porto sembra attribuibile a Giulio Romano.
Palladio riprende ancora la tipologia dei Palazzi Caprini e Pompei e al linguaggio di Giulio Romano, Sangallo
e Peruzzi. Nel progetto finale si avvicina molto allo stile maturo del Sanmicheli.
E’ un edificio a due piani con soprastante attico. E’ diviso in due
blocchi, uno verso “Contrada porti” e l’altro verso “Via degli
Stadi”. Il piano terra, configurato a bugnato gentile, presenta ai
due lati del portale tre finestre rettangolari sotto lunette, con
mascheroni nelle chiavi; il piano nobile è scandito da
semicolonne ioniche in sette campate, con altrettante finestre
a edicola dai timpani alternati, che si affacciano su balconcini
poco sporgenti chiusi da balaustre. Sul piano attico si aprono
finestre quadrate comprese tra pilastri; sui due centrali e su
quelli d’estremità sorgono statue onorarie della famiglia Porto.
Nel 1565 Palladio è chiamato a Vicenza per progettare un palazzo destinato alla vedova del Conte
Valmarana. Qui l’architetto può disporre di un lotto di terreno molto più esteso in profondità , ma con una
larghezza poco superiore alla metà rispetto a quello su cui sorge
Palazzo Chiericati. Egli compensa questa limitazione ricorrendo sulla
facciata a un ordine gigante, così come già proposto da Raffaello per
la propria abitazione. Il prospetto è scandito da un ordine gigante di
lesene composite che inquadrano i due livelli principali e presenta, al
di sopra della sporgente trabeazione, un piano attico su cui si aprono
finestre quadrate tra paraste.
I cinque partiti architettonici centrali includono finestre
rettangolari su entrambi i livelli; quello mediano ospita nella parte
inferiore il portale d'ingresso ad arco, ornato da sculture sulla centina,
ai cui lati le quattro finestre dello stesso livello sono coronate da
altrettanti pannelli in bassorilievo con vicende della storia romana.
Nei due partiti di estremità si aprono finestrelle quadrate in
corrispondenza del mezzanino e ulteriori vani sull'architrave della
trabeazione. Le sette finestre del livello superiore sono tutte
configurate a edicola con timpano triangolare.
Forse per mancanza di spazio, agli angoli le paraste di ordine gigante
sono sostituite da quelle di un ordine minore, la cui trabeazione con-
tinua in cariatidi che sostengono la grande trabeazione.
E’ presente un ordine minore che affianca le paraste giganti???
57
Pag.
LOGGE DELLA RAGIONE o BASILICA PALLADIANA, Vicenza (1549)
del pianterreno un ordine ionico e apre la parete in larghe arcate, nelle quali inserisce le serliane doppie
Pag.
che, come nella Libreria Marciana, occupano l’interno spessore della parete.
LE VILLE
Palladio divenne l’architetto più importante del Nord Italia. In uno dei suoi libri compaiono le sue ville
realizzate. In questo il periodo avviene il fenomeno della “Villeggiatura”, ossia delle costruzione di
numerose ville.
E’ opinione comune che la villa Malcontenta derivi il suo nome da una donna scontenta che vi avrebbe
abitato. La villa sorge su un alto basamento (per evitare gli allagamenti), che separa il piano nobile dal suolo
umido e conferisce magnificenza all’edificio, sollevato su un podio come un tempio antico, con due
maestose rampe d’accesso, questa composizione rappresenta il motivo centrale della Villa. La villa è una
dimostrazione particolarmente efficace della maestria palladiana nell’ottenere effetti monumentali
utilizzando materiali poveri, essenzialmente mattoni e intonaco. Sita vicino l’acqua, si può arrivare anche
con la barca. Assomiglia al Tempio di Cliturno (anch’esso vicino all’acqua). Pittabanda (è un elemento
architettonico analogo visivamente all'architrave, ma legato da un punto di vista statico-edilizio all'arco) di
mattoni, capitelli in pietra. La facciata posteriore presenta tante finestre per un salone salone
con volte a crociera.
San Sebastiano, quindi richiamo all’Arco di Orange). A Villa Maser è proprio l’asse longitudinale a guidare il
visitatore verso l’ingresso e attraverso il salone cruciforme (presente anche a Vencimuglio) fino al Ninfeo
Pag.
concavo sul retro dell’edificio, sormontato da un frontone che si estende per l’intera ampiezza.
VILLA CAPRA “LA ROTONDA”, Vicenza (1567-1569)
+ =
Nella Loggia del Capitanio, iniziata come sede dell’autorità veneziana a Vicenza,
Palladio riunisce tutti i mezzi con cui può esprimere il potere secolare. L’edificio
doveva comprendere inizialmente cinque o settecampate; la loggia a pianter-
reno serviva per le pubbliche transazioni, mentre nel piano nobile più basso
e distinto dalle alte finestre e balcone si trovava la sala del consiglio. Sul lato
lungo entrambi i pianisono collegati da un ordine gigante e quindi paragonabili
al Palazzo dei Conservatori di Michelangelo. La loggia si apre però in arcate
che mostrano lo spessore massiccio del muro e le semicolonne dell’ordine
composito proseguono trionfalmente negli aggetti della trabeazione, nella
balaustrata e nell’attico (che forse doveva terminare in statute).
L’arco trionfale del fronte laterale serviva probabilmente come ingresso
e la serliana del suo piano nobile come tribuna dalla quale il capitanio si
mostrava al popolo. La cornice d’imposta continua nell’arco trionfale.
I mattoni a vista delle colonne e dei pilastri contrastavano
63
Nasce a Caprese in provincia di Arezzo. Durante la sua lunghissima vita si affermò come l’artista
incomparabilmente più grande di tutti i tempi in pittura, scultura e architettura. Scrisse, inoltre, alcuni fra i
più elevanti componimenti poetici della lingua italiana. Sebbene egli dichiarasse sempre di non essere altro
che uno scultore, si trovò presto costretto ad affrescare la Cappella Sistina (1508 – Esempio di Architettura
Dipinta secondo il Prof.) su commissione di Giulio II e i suoi disegni per il monumento funebre di Giulio II lo
coinvolsero nell’attività di architetto. Al constante rinvio dei lavori per la tomba di Giulio II fu costretto dai
successori di quel papa che gli affidarono incarichi più urgenti, cui egli dovette dare la precedenza. Fra
questi, quelli concernenti opere per la famiglia Medici a Firenze, dal progetto alla facciata della chiesa di
San Lorenzo del Brunelleschi, ecc… Nel 1514/1515 esegue in Caste Sant’Angelo un’edicola tripartita che
incornicia una finestra a croce di tipo quattrocentesco. Il suo schema trionfale si ispira
al linguaggio scultore di Giuliano da Sangallo. La campata centrale sovrastata dal fron-
tone, sporge lievemente all’esterno rispetto alle campate laterali con le nicchie a con-
chiglia. Aggiunge una balaustrata bronzea, dividendola al centro con un pilastrino di
marmo con mezzi balaustri, al quale corrispondono lateralmente due mezzi pilastrini.
Come a Santa Maria presso san Satiro questi pilastrini proseguono oltre la cornice
d’imposta in volute a “S” che dividono i finestrini superiori. Sue sono anche le nuove finestre di Palazzo
Medici a Firenze: dotate di timpano triangolare e di un ripiano d'appoggio posto su mensole inginocchiate.
Pantheon). L’ordine architettonico è fortemente accentuato. C’è un contrasto cromatico, grazie alla pietra
serena e al marmo bianco. Ordine corinzio. Cupola stile Pantheon (cassettoni)
Il significato della cappella è estremamente ambiguo. E’ un sacrario
religioso, ma anche un sacrario profano; la rappresentazione dei personaggi
medicei è assunta nella rappresentazione del destino umano, che va dai valori
transitori della vita terrestre a quelli eterni della vita celeste; il tema ricorrente
in tutta la composizione è quello della morte, concepita come passaggio da
una vita all’atra. la composizione della cappella è tutta bidimensionale ed
esige semplificazione dell’impianto tridimensionale , che risalta subito
confrontandola con la sagrestia di Brunelleschi; in questa l’apparato degli
elementi plastici individua tutti e solo gli snodi dell’organismo murario;
in quella michelangiolesca l’organismo è ridotto ad un prisma con quattro
facce uguali e gli elementi plastici distribuiti
sulle facce sono sistematicamente svincolati
dagli snodi: infatti la presenza del vano minore
è ridotta ad un episodio secondario, mediante
la ripetizione dell’arco sulle altre parteti e il lie-
ve arretramento dei pannelli murari inscritti;
inoltre lo spigolo dove il muro piega non corris-
ponde alla parasta, ma ad una spalla in pietra
serena riportata sul fianco della parasta. Così
Michelangelo salvaguarda la presentazione
frontale dell’ordine di paraste, che non interfe-
risce con le mostre degli archi e che distanzia la
cupola terminale. Michelangelo ripete il siste-
ma di Brunelleschi su tutte le pareti, aggiunge
un piano intermedio con finestre e apre le
lunette in grandi finestre che incanalano la luce diagonalmente sulle
tombe. Le porte sono finte (Michelangelo dà meno importanza alle
porte e più valore alle nicchie). Le nicchie presentano timpano.
1 – 2 – Anche qui dà meno importanza alla nicchia con la statua (1)
che all’altra (2) come per la porta. 3 La nicchia non contiene una
nicchia, anche se sembra contenere un’altra nicchia. Il frontone
esce un po fuori (senza motivazioni apparenti). Bramante si sforzava
ad avvicinarsi all’architettura antica. Quelli dopo Bramante (Giulio
Romano e Raffaello) cercavano cose rare dell’antichità. Michelange
lo stravolge l’antichità: utilizza elementi antichi, composti diversa-
mente. 4 – Finestre trapoizoidali per dare luce alla cupola (per prospettiva sono trapezoidali). LEGGERE
FROMMEL.
66
Pag.
BIBLIOTECA LAURENZIANA, Firenze (1525-1571)
Quando nel 1538 la statua di Marc’Aurielio viene trasferita dal Laterano al Campidoglio, Michelangelo ne
progetta il piedistallo, forse sta già pensando di collocarla al centro di una piazza simmetrica.
Tra i più importanti lavori di architettura civile cui Michelangelo attese negli ultimi anni della sua vita va
ricordato la risistemazione del Campidoglio. Il Campidoglio è sempre stato il centro del governo dell’Urbe,
cui all’epoca della Repubblica romana e dell’Impero si era soliti riferirsi come al centro del mondo.
La piazza è a forma di
trapezio e su di essa
affacciano:
Palazzo Senatorio (1),
Palazzo dei Conservatori(2)
e il Palazzo Nuovo (3),
costruito da Michelangelo.
Michelangelo pensò
di costruire il Palazzo
Nuovo, per chiudere la
prospettiva verso la Chiesa
di Santa Maria in Ara Coeli
(4)e di pavimentare la piazza
così ottenuta eliminando lo
sterrato esistente. Il compito più difficile di Michelangelo è riuscire a integrare il tardomedievale Palazzo dei
Conservatori, in cui i patrizi tenevano le loro assemblee, e il Palazzo del Senatore. Il suo progetto prevede
di conservare le antiche sale cerimoniali, ma di distinguerle con prospetti nuovi. Ridisegnò Palazzo dei
Conservatori eliminando tutte le strutture precedenti e ammortizzandolo con il Palazzo Senatorio, a cui
aggiunse una doppia scalinata che serviva per accedere al nuovo ingresso, non più rivolto verso i fori ma
verso la piazza. Introdusse per PN e PC un nuovo ORDINE GIGANTE dove le paraste individuano anche gli
spazi interni. Il Buonarroti progettò anche la scalinata della Cordonata(5) e la balaustrata da cui ci si
affaccia alla sottostante piazza d'Ara Coeli. La statua equestre di Marco Aurelio
venneposizionata al centro da Michelangelo. Lo schema trapezoidale della
piazza è messo in risalto dal disegno ovale della pavimentazione nello
spazio centrale, che, a sua volta, gravita intorno alla statua di Marco
Aurelio. Per la piazza realizza uno schema ellittico, rispetto alla statua,
che fa si che la piazza sembri regolare.
69
Pag.
CAPPELLA SFORZA IN SANTA MARIA MAGGIORE, Roma (1560-1573)
Fino al 1520, Michelangelo si serve del linguaggio di Giuliano da Sangallo, Bramante, Raffaello. Successivamente sono
l’ultimo Raffaello, Giulio Romano, Antonio da Sangallo e Peruzzi a ispirarlo a cambiare il suo approccio al lessico antico
e in maniera tale da sopravvivere a tutte le mode effimere. Egli riesce a concepire un linguaggio nuovo che si
concretizza nella pregnanza e la novità della forma, piuttosto che la logica e le coerenze vitruviane. Ma dal 1547,
diventato Architetto pontificio diventa sempre più cosciente della tradizione romana; in nessuna impresa mette
indubbio “il buon modo antico” con cui intende Bramante e i suoi allievi. E’ un fatto stupefacente che Michelangelo
abbia creato le sue architetture più perfette quando aveva superato gli 80 anni. Alla sua morte la scena architettonica
era completamente trasformata, e non solo nell’Italia centrale. Nonostante si sia dedicato a più campi egli è diventato
opera dopo opera sempre più vero architetto. Si ricordano altre opere a Roma tra cui Porta Pia (postuma). Inoltre
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Michelangelo inventò una tecnica scultorea, cioè quella del “Non finito”, in quanto un’opera assume una veridicità e
Pag.
una forza prima della conclusione. Un chiaro esempio di Non finito è la “Pietà Rondanini” VEDI FROMMEL
JACOPO BAROZZI DA VIGNOLA (1507-1573)
Jacopo Barozzi da Vignola, detto comunemente Il Vignola, è stato un architetto, teorico dell'architettura e
trattatista italiano. Fu uno degli esponenti più importanti del Manierismo, in un'epoca di importanti
cambiamenti di cui fu protagonista. La sua importanza storica è dovuta sia alla realizzazione di edifici
innovativi, sia all’opera di trattatista dell'architettura soprattutto per la teorizzazione degli ordini che
rappresentò un momento importante nella definizione del canone classicista. Si forma a contatto con il
classicismo romano. Si trasferisce in Francia, dove per commissione copia statue romane. Torna a Bologna e
poi a Roma grazie al cardinale Farnese. Nel 1552 pubblica la “Regola delli cinque ordini dell’architettura”,
superando l’opera di Serlio.
La progettazione della chiesa madre romana dei Gesuiti, risale agli anni della fondazione
(1540) di quest’ordine militante da parte di sant’Ignazio di Loyola, ma
solo nel 1562 Alessandro Farnese, colpito da una grave malattia, promette
di finanziarne la costruzione e luogo della sua sepoltura.
L’accanita controversia sulla forma da dare alla chiesa, se a soffitto ligneo o
a volta, se ovale o rettangolare, se a navata unica o a tre navate, si concluse
nel 1568, quando il cardinale fa prevalere una sua proposta di una pianta
a croce latina, con navata unica, cappelle laterali e cupola emisferica.
Adattandosi al volere del cardinale, Vignola avvicina l’interno al
progetto bramantesco per San Pietro: come è evidente dai tre brevi
bracci che si irradiano dalla crociera, dalla navata a tre campate, dalla
ritmica alternanza di arcate e coppie di paraste di ordine corinzio,
dalla cupola sorretta su pilastri strombati che non distingue più la
cappella maggiore e dalla volte a botte. La facciata disegnata da
Vignola mostra un crescendo dinamico ispirato a Raffaello e Sangallo.
Come Giulio III, il quale aveva sostituito Vignola con Ammannati, così il cardinale Farnese decide
nel 1570 di escludere Vignola affidando la progettazione della Chiesa a Giacomo della Porta.
Quest’ultimo aumenta l’altezza del tamburo e inserendo un attico al di sotto della volte a botte
della navata deve aumentare anche l’altezza della facciata. Della Porta raggruppa le colonne in
coppie, le fa dinamicamente proseguire negli aggetti della trabeazione
e nell’ordine del piano superiore e adotta dettagli michelangioleschi.
Il Gesù di Vignola rappresenta la fine del Rinascimento e solo grazie
alle alterazioni introdotte da della Porta può diventare il prototipo
di molte chiese barocche. L’impianto planimetrico deriva in manie-
ra ovvia dal tipo fissato dall’Alberti in Sant’Andrea a Mantova, seb-
bene nel Gesù la navata sia molto più ampia e molto più breve e il
transetto sia appena accennato. La facciata non è quindi del Vignola,
ma di Giacomo della Porta. La facciata del Vignola rispecchiava l’interno, con doppio ordine, timpano
curvilineo, volute di raccordo. Nel Disegno la facciata del Vignola, in foto quella di Della
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Porta. Gli interni in marmo sono dell’800. Le facciate riprendono Santa Maria Novella.
Pag.
SEBASTIANO SERLIO (1475-1554)
Sebastiano Serlio era un pittore bolognese, contemporaneo di Michelangelo e quindi più vecchio di Peruzzi,
che sembra, però, sia stato suo maestro. Esordì come pittore a Roma, successivamente si trasferì a Venezia
e infine in Francia, dove morì. Serlio non fece nulla di veramente importante fino all’età di settantadue
anni, quando scrisse il “Trattato di Serlio” (Serliano), ovvero è un trattato pratico, formato da 7 libri
pubblicati senza un ordine preciso, per i lavorati ed è il primo trattato che teorizza i cinque ordini
dell’architettura, diffondendo il linguaggio di Bramante e di Raffaello. Coniuga il Classicismo e il Moderno. Il
trattato ebbe un successo notevole soprattutto in Francia ed in Inghilterra, dove i maggiori architetti
presero spunto. Diffuse il linguaggio di Bramante e Raffaello in tutta Europa, tentando di unificare gli
schemi della tradizione classica con gli elementi della moderna architettura e offrendo un vasto repertorio
di motivi, tra cui l'apertura, formata da un arco centrale e da due aperture architravate laterali, che prende
il nome di SERLIANA perché nota e diffusa attraverso le illustrazioni del suo trattato.
L’unica opera importante francese è il CHATEAU di ANCY-LE-FRANC,
presso Tonnerre (1547), Palazzo nel quale si fondono elementi
francesi e linguaggi colti; porta così in Francia il linguaggio italiano.
IL MANIERISMO IN TOSCANA
GIORGIO VASARI (1511-1574)
Giorgio Vasari è stato un pittore, architetto e storico dell'arte italiano. Fu fortemente influenzato da
Michelangelo e da Andrea del Sarto. La sua formazione artistica fu composita, basata sul primo
manierismo, su Michelangelo, su Raffaello e sulla cultura veneta. Come architetto fu la figura chiave delle
iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, contribuendo, a grandi cantieri a Firenze e in Toscana. Vasari
scrive sulle vite dei personaggi del tempo, con una certa serietà.
Ammannati si recò da giovane a Venezia, dove lavorò sotto la guida del Sansovino e, come lui, fu
contemporaneamente scultore e architetto. Dopo il periodo veneziano si trasferisce a Roma, dove lavorò
accanto al Vignola per Villa Giulia. Rientrato a Firenze cominciò a lavorare per Cosimo I, spesso in
collaborazione con Vasari, qui realizza la fontana del Nettuno in Piazza della Signoria.
Bernardo Buontalenti fu il maggiore architetto di Firenze negli ultimi anni del ‘500, ma era anche un ottimo
pittore, scultore ed esperto in fuochi d’artificio.
NEL QUATTROCENTO
Raffaello non soddisfatto del suo primo progetto sviluppa la croce greca di Bramante con un braccio lungo
stile longitudinale. Il secondo progetto è la versione rivista e riproposta del primo, ripreso il progetto di
Bramante con innesto corpo longitudinale. Maggiore coerenza ed unità perché permettessero un esterno
semplificato. Progetto classico con colonne e cupole.
Antonio da Sangallo critica il progetto di Raffaello, in special modo le navate, la luminosità e la forma.
Dopo la morte di Raffaello nel 1520, subentrarono Antonio da Sangallo, come primo architetto, e
Baldassarre Peruzzi. La maggior parte delle soluzioni proposte per il completamento dell'edificio, compresa
quella di Raffaello prevedevano il ritorno ad un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a tre
navate, mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione a pianta centrale.
Dopo una ripresa del ritmo dei lavori nel 1525, che permise di terminare la tribuna e portare avanti
decisivamente il braccio, il Sacco di Roma (1527) fermò il concretizzarsi di
questi progetti. Che ripresero nel 1534 con Paolo III Farnese.
Il progetto del Peruzzi era quindi a pianta centrale, a croce greca,
con torri, absidi deambulate e un ingresso avanzato con innesto di
un corpo colonnato d’ingresso. Il progetto di Peruzzi rimase “su carta”,
anche a causa della sua morte nel 1536. VEDERE FROMMEL PER SANGALLO
77
Pag.
Dopo la lunga pausa dei lavori, Antonio da Sangallo iniziò a
ristrutturare i danni causati dall’abbandono del cantiere.
La distribuzione centrale dello spazio era fissata da piloti
bramanteschi già esistenti, ma Sangallo li ingrandì enormemente e
allo stesso tempo disegnò una cupola di forma nuova, alquanto
simile ad un alveare, molto più facile da costruire. Del progetto si
conservano i disegni del Serlio e il plastico il legno eseguito negli
ultimi anni di vita da Antonio da Sangallo. Presentava una volta a
botte lunettata (per far entrare luce). Pilastri a 45° come quelli
della cupola. Presentava torri laterali. La cupola aveva nervature,
un doppio tamburo e una lanterna a sé (in foto secondo progetto).
Alla morte di Antonio da Sangallo, nel 1546, per il cantiere iniziò
l’ennesima crisi, fino al 1547, quando fu chiamato Michelangelo
Buonarroti, all’epoca ormai settantenne.
Michelangelo tornò alla pianta centrale del progetto originario,
così da sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, ma annullando la perfetta simmetria studiata da
Bramante con la previsione di un pronao. Questa scelta portò allo scarto dell'idea di Antonio da Sangallo e
del suo costosissimo progetto che Michelangelo considerava troppo poco luminoso e stilisticamente
scadente. Non mancarono le critiche, sostenute con forza dai sostenitori del modello di Sangallo, secondo
le quali Michelangelo avrebbe speso più in demolizioni che in costruzioni. Al fine di prevenire il rischio che
dopo la sua morte qualcuno alterasse il suo disegno, Michelangelo avviò il cantiere in diversi punti della
basilica (ad esclusione della facciata, dove sorgevano ancora i resti della basilica paleocristiana), così da
obbligare i suoi successori a continuare la costruzione secondo la sua concezione. Quindi, nonostante i
rapporti tra Michelangelo e Bramante non fossero stati amichevoli, Michelangelo espresse l’intenzione di
ritornare alla forma sostanzialmente bramantesca e l’attuò col ridurre in maniera estremamente complessa
e ingegnosa la pianta del Bramante a una combinazione della pianta centrale con croce latina espressa in
un linguaggio manieristico. Ciò significa innanzitutto che, mentre Bramante aveva concepito la sua pianta
centrale come una forma quadrata con l’ingresso su uno qualsiasi dei quattro lati piani, Michelangelo fece
ruotare il quadrato e pose uno degli spigoli in corrispondenza dell’ingresso principale, ottenendo in tal
modo la sagoma di un diamante. Adoperò, inoltre, lo spigolo come facciata principale dandogli risalto
smussandone la punta e aggiungendovi un ampio porticato. Confronti fra le due piante mostrano che
Michelangelo operò anche una contrazione dimensionale complessiva,
aumentò le dimensioni del piloni principali e ridusse gli spazio aperti tra
i piloni stessi e le pareti esterne. Mediante questa drastica riduzione e
compressione garantì la stabilità dell’edificio e procurò un adeguato
sostegno alla cupola, sebbene avesse abbandonato l’idea di costruire la
cupola bramantesca e avesse modificato ripetutamente i propri
progetti e modelli. Il progetto in pianta presentava una croce greca
inscritta all’interno di un quadrato, un altro quadrato ruotato di 45°
corrisponde alle absidi (forma di diamante). Colonnato interno.
Alla pianta di Bramante, con una croce maggiore affiancata da quattro
croci minori, Michelangelo sostituì una croce centrata su un ambulacro
quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno.
In questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola,
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Il barocco è il termine utilizzato per indicare un movimento culturale nato in Italia, costituito dalla letteratura, dalla
filosofia, dall'arte e dalla musica barocca, caratteristiche del XVII secolo e dei primi decenni del XVIII secolo. Per
estensione, si indica quindi col nome «barocco» il gusto legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo, in
particolare quelle più legate all'estrosità e alla fantasia. Tuttavia, da un punto di vista artistico, questa epoca è
percorsa anche da una corrente classicista e in generale il linguaggio classico rimane il punto di riferimento comune
degli artisti di ogni tendenza. L'uso del termine, da parte di critici e storici dell'arte, risale alla seconda metà del
Settecento, riferito in un primo tempo alle arti figurative e successivamente anche alla letteratura. Inizialmente il
termine ha assunto un senso negativo e solo verso la fine dell'Ottocento è iniziata una rivalutazione del barocco grazie
ad un contesto culturale europeo, dall'impressionismo al simbolismo, che evidenziava agganci con l'epoca barocca.
Forse deriva dal termine portoghese “Pelle irregolare”. Il termine barocco, originariamente dispregiativo, indicava la
mancanza di regolarità e di ordine, che i fautori del neoclassicismo, influenzati dal razionalismo illuminista,
consideravano indice di cattivo gusto. Infatti, le caratteristiche fondamentali dell'architettura barocca sono le linee
curve, dagli andamenti sinuosi, come ellissi, spirali o curve a costruzione policentrica, talvolta con motivi che si
intrecciano tra di loro, tanto da risultare quasi indecifrabili. Tutto doveva destare meraviglia ed il forte senso della
teatralità spinse l'artista all'esuberanza decorativa, unendo pittura, scultura e stucco nella composizione spaziale e
sottolineando il tutto mediante suggestivi giochi di luce ed ombre. Si sviluppò in tutta Europa ( ovviamente con
variazioni). L’architetto Barocco vuole meravigliare. LINEE GUIDA
Dopo il Concilio di Trento, si arriva alla conclusione che per le grandi chiese si deve adoperare la pianta longitudinale,
mentre per le piccole la pianta centrale. Le piante longitudinali contenevano però un centro catalizzatore, che prova
un centro ottimo percettivo (sotto la cupola); viceversa nelle piccole strutture dovevano contenere un asse
longitudinale con la funzione di creare un “percorso principale”
Esempio delle due tipologie =>
L’architettura deve essere l’involucro dello spazio. Lo spazio nelle chiese barocche
guadagna una nuova importanza costruttiva. Lo spazio non include l’architettura,
ma si fenomenizza nelle sue forme.
scopo dell'edificio era la cupola: essa fu celata! La cupola aveva un rapporto coerente con le absidi: sono
state celate".
Pag.
PALAZZO BARBERINI, Roma (1625-1633)
Il genio di Pietro Berrettini, chiamato di solito Pietro da Cortona, fu secondo solo a Bernini.
Pittore più importante del suo tempo. Si definisce principalmente come pittore, ma
è anche un architetto. Nel 1612 arriva a Roma. WITTKOVER
dei Santi Martina e Luca. Ma nello schema di Santa Maria della Pace questo piano rappresenta solamente una zona
mediana fra il portico semicircolare arditamente sporgente e le grandi ali concave che circondano come braccia la
Pag.
facciata i un’area molto più lontano dello spettatore. Il portico è una delle più fertili invenzioni del Cortona. Facendolo
sporgere molto nella piccola piazza. Bernini lo incorporò in Sant’Adrea al Quirinale. E la sua scelta finale di un ordine
dorico con trabeazione ionica, fu quindi anticipata dal Cortona. L’elemento terminale di
Santa Maria è un frontone triangolare che ne contiene uno segmentato. Questi espedienti
erano in uno dalla Biblioteca Laurenziana in poi.
Doppio loggiato, con riferimento classico. Si scava nella facciata dove non si può andare
verso l’esterno. I contrafforti mediano tra la faccia e i palazzi vicini. La parte principale,
che si apre sotto in un portico e sopra in una loggia (doppio loggiato), è unita da un grande
frontone triangolare nel quale è stato inserito un elemento segmentato, come per l’altra
chiesa.
La prima soluzione presentava una pianta ad ellisse con due spazi (uno
circolare=abside e uno ellittico=ingresso); le navate laterali non ci sono, e
sono sostituite da cappelle rettilinee e curvilinee. Questo schema però non
funzionava. Si rimodella la pianta, perché bisognava avere un percorso
e un punto focale finale, dove è posto il quadro della Madonna. La
pianta finale presenta una navate longitudinale, la quale si apre al
centro in ampie cappelle collocate fra quelle più piccole. Restano, però,
le cappelle. Vengono introdotti assi trasversali, che modificano la
spazialità, dilatandola in maniera diversi dei vari punti. L’utilizzo della
colonna complica il discorso. E’ la prima volta che si usa la colonna libera
in facciata. Doppia edicola che avanza nella parte inferiore, così come la cornice. C’è un in-
casso laterale, che crea movimento. Le volute ormai hanno carattere decorativo. La cupola
non è centrale, ma posta indietro.
Bernini aveva già iniziato la ristrutturazione della piazza. Rainaldi la completa. Il compito di
Rainaldi consisteva nel creare una piazza grandiosa che avrebbe accolto il viaggiatore
quando entrava a Roma dalla Porta del Popolo. Dalla Piazza, tre strade principali si irradiano, ognuna
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di esse conduce nel cuore della città. Nel punto in cui queste convergono egli posiziona una fontana
di Giacomo della Porta. In due punti decisivi per la piazza, Rainaldi progetta due chiese simmetriche,
Pag.
con grandi e solenni cupole come punti che avrebbero accentrato l’attenzione venendo da Porta del
Popolo. Le due chiese sono: Santa Maria del Monte Santo (1) e Santa Maria
dei Miracoli (2). La chiesa 1 è più grande di 2, le chiesa 1 ha la cupola ovale,
la 2 è circolare. Molto più importanti degli interni di queste chiese
sono gli esterni. Le facciate con i propri portici classicamente equili-
brati, sembrano contraddire per molti aspetti le peculiarità dello
stile del Rainaldi. I portici non sono di Rainaldi, ma di Bernini e Fon-
tana, che completarono la costruzione.
Il periodo di vita del Longhena corrisponde quasi esattamente a quello del Berini
e senza dubbio è l’unico architetto veneziano del XVII secolo che si avvicini per
statura ai grandi romani.
Pochi dati sono necessari per delineare la biografia di un genio del Barocco italiano. Bernini nacque a
Napoli, si trasferì poi a Roma, dove lavorò in diverse opere. Bernini inizia come scultore, iniziò addirittura
già a 17 anni. Le sue statue sono caratterizzate dal movimento dei corpo e dei vestiti. “Apollo e Dafne”
rappresenta il mutamento di Dafne da umana ad un albero. Restaura anche altre opere, aggiungendone
altre. Celebri sono anche i ritratti scultorei, lavorandoci su tutta la carriera.
Solo Michelangelo, prima di lui, fu tenuto in tale considerazione dai papi, dai
grandi artisti del suo tempo. Ma a differenza di Michelangelo egli fu un uomo di
grande fascino, un parlatore brillante e spiritoso, socievole e aristocratico, buon
marito e buon padre. L’attività di suo padre (Pietro, grande scultore) nella cap-
pella di Paolo V in Santa Maria Maggiore fissò l’inizio della sua carriera.
Qui è posta la famosa statua “L’estasi di Santa Teresa”. Composizione barocca. C’è il senso del-
l’unità. Colonne binate sui lati della cappella, fonte di luce superiore con raggi illuminati. Bernini
raffigura la “sensualità” della Santa. Dispone statue della famiglia Cornaro, che si affacciano per
celebrarsi (si ha così uno spettacolo senza azione).
Vasca ovale (nel 500 avevano angoli), abbassa il livello della vasca per far vedere l’acqua (prima vi erano
86
muretti anche alti 1,30 metri). Bernini fonde elementi diversi (fontana, obelischi, ecc..), creando un forte
riferimento al passato. La fontana sorge al centro di Piazza Navona. Ottiene la commissione grazie ad un
Pag.
modello in argento, regalato a Donna Olimpia, cognata del Papa, che abitava in un Palazzo che affacciava
sulla piazza. L’acqua deve diventare parte integrande dell’opera. Tutto è in movimento. Si compone di una
base formata da una grande vasca ellittica a livello della pavimentazione stradale, sormontata da un grande
gruppo marmoreo, sulla cui sommità si eleva un obelisco egizio imitazione di epoca romana. Non inserisce
l’ordine, ma una finta scogliera in travertino. Bernini cerca di emozionare. Vuole rappresentare il Mondo. Le
statue in marmo bianco, rappresentano le allegorie dei quattro principali fiumi della Terra: il Nilo (Africa), il
Gange (Asia), Il Danubio (Europa) e il Rio de la Plata (America).
Fino all’inizio del 1667 Bernini aveva intenzione di chiudere la piazza all’estremità opposta alla basilica con
un corto braccio che continuasse esattamente l’architettura delle braccia lunghe. Ciò prova in modo
Pag.
conclusivo che per lui la piazza era una specie di avancortile della
chiesa. Il terzo braccio non fumai costruito, avrebbe messo in rilievo
un problema che non può sfuggire ai visitatori della piazza: Da un punto
di vista vicino il tamburo della cupola di Michelangelo, disegnata per una
costruzione a pianta centrale, sparisce dietro la lunga navata del Maderno
e anche la visibilità della cupola viene sciupata. Questo terzo braccio
rimase però su carta.
SCALA REGIA
l'eleento che vi è collocato). Egli così conservò l’omogeneità della forma ovale e,
Pag.
Bernini era ormai un artista di fama internazionale, e nel 1664 il re Luigi XIV convinse il Papa a concedergli il
suo artista prediletto e così nel 1665 l'artista partì per la Francia, con l'intento tra l'altro di progettare la
ristrutturazione del palazzo del Louvre.
Il Louvre, per Bernini, doveva rappresentare una grande
impresa, ma si trasformò in una grande delusione. Luigi XIV
lo invitò ad andare a Parigi e suggerire sul luogo come
completare il grande <carré> del Louvre, di cui le ali sud e
ovest e metà di quella nord erano già state erette. Sebbene il Bernini
avesse sempre lavorato su tutta l’area del carré, il centro del suo
disegno era, però, la facciata est. Il primo progetto è eccezionale in
confronto a qualsiasi modello (prima foto). Egli creò un rettangolo
aperto con due ali aggettanti di quattro sezioni ciascuna, e tra l’una e
l’altra collocò un lungo colonnato (colonne non paraste eh) costituito
da un centro convesso fra due braccia concave. La parte convessa del
colonnato segue la forma del vestibolo ovale, sopra al quale c’è un
grande salone vale che tiene due piani. Il secondo piano, articolato
da doppi pilastri e decorato con figli di Francia, si eleva sopra il corni-
cione uniforme di tutta la facciata. In questa facciata il Bernini seguì il
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tema di Palazzo Barberini, un centro con due archi contornato da ali semplici e vi applicò il tema delle
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facciate della chiesa romana, con un centro convesso fra le braccia concave (Santa Maria della Pace e
Sant’Andrea al Quirinale). Ma per i dettagli del colonnato egli si rivolse alla festosa architettura dell’Italia
settentrionale e combinò l’ordine colossale della Loggia del Capitanio del Palladio, con il portico a due piani
della Biblioteca del Sansovino. Il risultato fu un progetto di palazzo che aveva uno stile leggero,
assolutamente non romano, e sebbene rimanesse sulla carta sembra abbia avuto una notevole influenza
sullo sviluppo delle strutture del settecento. A questo progetto susseguirono altri 3 progetti, ma nessuno venne
realizzato (Anche se la prima pietra venne posta). Purtroppo l’interesse del re si spostò a Versailles.
Con questa decisione, Parigi fu salvata dal dubbio onore di avere fra le sue mura il più monumentale palazzo romano
mai progettato. Per quanto splendido fosse il progetto di Bernini, quell’enorme, austera mole sarebbe rimasta per
sempre come un prodotto estraneo alla serena atmosfera di Parigi. A Parigi, lo schiacciante Louvre del Bernini non
avrebbe avuto alcuna risonanza: avrebbe gettato quasi un triste presagio sulla gaiezza della città.
La Galleria Spada è ospitata nell'omonimo palazzo è famosa per la falsa prospettiva del Borromini. La finta
prospettiva è creata sull'illusione che la galleria sia lunga circa 35 metri, ma in realtà è lunga 8,82 metri.
L'illusione è dovuta al fatto che i piani convergono in un unico punto di fuga, così mentre il soffitto scende
dall'alto verso il basso, il pavimento mosaicato sale. Anticamente, sulla parete di fondo, era disegnato un
finto motivo vegetale che accentuava il senso prospettico
Da qui inizia lo “scontro” tra Bernini e Borromini. Borromini si aspettava di essere nominato capomastro,
ma fu nominato Bernini, che però scelse Borromini come primo assistente. Borromini progetta le scale
ellittiche e le finestre angolari.
Borromini costruì lo stupendo campanile a due ordini e la cupola rinforzata da contrafforti diagonali che
fanno assumere all'architettura l'immagine della croce di Sant'Andrea. Singolare è il contrasto tra il tiburio,
rimasto privo del rivestimento e ancora in mattone grezzo, e il campanile, bianco e curatissimo. Pur
essendo incompiuto, il complesso fu da sempre uno dei più studiati all'interno dell'opera di Borromini.
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GUARINO GUARINI (1624-1683)
La sua architettura rappresenta la nuova “apertura” nel ‘600. Nel trattato “Architettura Civile”, parla di Simbolismo
profondo e Complessità esterna delle sue creazioni. La sua opera può essere caratterizzata dal termine
“sistematizzazione”. L’idea del Borromini, dello spazio è ripresa dal Guarini, che impiega cellule organizzate secondo
principi della “giustapposizione (affiancare) pulsante”. Più che mirare alla sintesi, Guarini combina le cellule in un
insieme coerente per mezzo di interpretazione e giustapposizione pulsante. Il metodo di Guarini ha un carattere
“meccanico”, risultando una specie di “art combinatoria”. E’ un religioso dell’ordine dei “Teatini”. Lavora in tutta
Europa. Delle sue opere ne sono rimaste poche. Scrisse molte cose, anche a carattere matematico. Il suo pensiero è di
unire cellule che comunicano tra loro. Nacque a Modena. WITTKOVER
Carlo Emanuele II di Savoia lo chiamò a Torino. Guarini fu nominato architetto della Cappella
della Santissima Sindone, che aveva di per sé le dimensioni di una chiesa. La casa Savoia posse-
deva una delle più sante reliquie, il Sacro Sudario. Costruita nel Duomo e strettamente congiun-
ta al Palazzo reale. Nel 1655 Carlo Emanuele II diede l’incarino ad Amedeo di Castellamonte e
l’opera fu iniziata nel 1657. Quando subentrò Guarini dieci anni dopo, la costruzione arrivava
al cornicione del pino più basso. Il progetto del Castellamonte prevedeva un corpi cilindro che
terminava in una cupola sferica. Guarini stravolse questo progetto. Introdusse l’inserimento
convesso di tre vestiboli circolari nello spazio principale, cambiò interamente il significato della
regolare articolazione creando sopra al cilindro una zona con pennacchi, e congiunse i vani a
due a due con un grande arco, tre in tutto, e questi vani “racchiusi” si alternano con quelli
aperti nei quali si trovano le sporgenze segmentate degli ingressi. Tre arconi sorreggono la
cupola creando pennacchi triangolari. I tre pennacchi si aprono in grandi finestre circolari,
corrispondenti a quelle inserite negli archi. Spesso il nome di Guarini è affiancato
a quello di Borromini, anche se forse l’architetto romano l’abbia influenzato, le loro mete resta-
no comunque differenti. Il Borromini lottava per creare strutture omogenee che possano essere lette
lungo i muri senza difficoltà. Guarini lavorava con incongruenze volute.
La zona successiva sopra i pennacchi consiste di un alto tamburo
dove sei grandi aperture ad arco alternate con pilastri che
contengono convesse nicchie stile borrominiano. Dopo
questo elemento dovremmo aspettarci una
cupola sferica invece Guarini sorprende
ancora. Costoloni segmentati
sono tesi da un
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centro all’altro dei sei archi e ne risulta un esagono. Tendendo altri costoloni dal centro della prima serie e ripetendo
questo sistema sei volte in tutto, si crea una confusione di 36 archi, di cui tre sono sempre sullo stesso asse verticale.
Possiamo dire quindi che la cupola è composta di esagoni ruotati tra loro, per arrivare così’ al cerchio dove si imposta
la lanterna. Il tutto è coperto con marmo scuro lucido. La luce entra tra la traslazione degli elementi della cupola.
Cupola decorata con stelle a rilievo. Si può notare che una concezione trinitaria pervade l’intera costruzione; ne è
testimone la triangolare geometria della pianta, l’inserimento delle tre strutture satelliti nello spazio principale, con le
loro colonne sistemate a triadi, i multipli di tre nel tamburo, nella cupola e nella lanterna.
Il Barocco napoletano si sviluppa più nel ‘700. Si sviluppa e si differenzia da quello romano. Si cerca la velocità nelle
costruzioni, diventando così l’architettura come scrittura di ciò che avveniva (peste, eruzione Vesuvio). Il fuoco viene
visto come portatore di morte e conservatore di vita. Questo concetto viene riportato nelle guglie. Analogo discorso
vale per l’acqua, che purifica, quindi vengono costruite fontane. Cosimo Fanzago, nato vicino Bergamo, fu attivo
soprattutto a Napoli, dove creò una originalissima versione locale del barocco, fatta di ricchissimi intarsi di marmi
colorati che ornano strutture ancora permeate di rigore manierista. Nel 1630 , divenne direttore dei lavori presso la
Certosa di San Martino, e nel frattempo progettò a Pescocostanzo la chiesa del Gesù e Maria, i cui lavori terminarono
nel 1636.
Uno dei più celebri palazzi di Napoli. E’ tutta opera di Cosimo da Fanzago. Doveva
essere raggiunto via mare, infatti aveva canali d’ingresso e di smistamento.
Costruito sotto un teatro con le spalle al mare (tre archi creano lo scenario), gli spettatori potevano affacciarsi e
godere del canale. Palazzo mai completato. Si rifà al palazzo veneziano (ha anche un ingresso sul mare)
Nato a Messina si trasferì a Torino come architetto nel 1714. Già nel 5 Juvarra era Primo Architetto di Vittorio Amedeo
II di Savoia, che per un breve periodo aveva ottenuto anche la corona del re di Sicilia e che lo richiamò a Messina per
progetti non eseguiti. Scambiata la corona di Sicilia con quella di Sardegna, il re si stabilì nuovamente a Torino e
impiegò Juvarra in un grandioso progetto di riqualificazione urbana per la capitale del nuovo regno (I viali sono una
caratteristica di Torino: essi rappresentano un prototipo che precede persino i grandi boulevard parigini). Importante
ma non studiata la CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE (sta su altri appunti), importante perché riprende e
comunica col Gotico. Per vita vedere WITTKOVER
L’edificio costruito sul colle di Superga dal Juvarra è un vero capolavoro di archi-
tettura barocca del ‘700. Parte della chiesa è chiusa dal monastero.
I principali rapporti usati sono in estrema semplicità: il portico quadrato
di fronte alla chiesa ha i lati che corrispondono alla lunghezza esatta-
mente alle mura diritte adiacenti alla chiesa, misura che è metà del
diametro della chiesa; il corpo della chiesa, il tamburo e la cupola sono
di eguale altezza. Lo schema planimetrico deriva dalla combinazione di uno spazio
principale ottagonale, con espansioni assiali e cappelle disposte diagonalmente,
che si completa con il coro rettangolare absidato. All’interno colonne
libere addossate ai pilastri delimitano lo spazio principale coperto
da cupola. Juvarra ha unito in un solo edificio i due tipi principali
di struttura a cupola: il tipo Pantheon, dove la cupola si innalza
dal corpo cilindrico, e il tipo a croce greca; e questi due differenti
sistemi centralizzati rimangono chiaramente visibili. Mentre Guarini
usava i pennacchi, Juvarra non li utilizza. La chiesa è preceduta da un
pronao sorretto da otto colonne corinzie di ispirazione classica
(sempre Pantheon). Ai lati del corpo centrale si elevano due campanili, nei quali è possibile riscontrare l'influenza del
Borromini. Il tamburo è tramezzato da otto finestroni ritmati da colonne rudentate a due a due.
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PALAZZINA STUPINIGI, Torino (1729-1733)
allargato la finestra centrale fiancheggiandola con due colonnine che sostengono l'arco, secondo lo schema della familiare finestra
Palladiana. Portando la parte centrale un po' in avanti e ricoprendola con un frontone che si rompe nella balaustra del tetto, Galilei
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fornisce una porta d'entrata su una scala più che colossale, incorniciata da colossali pilastri di ordine composito accoppiati, che lega
la facciata in modo michelangiolesco.
FILIPPO RAGUZZINI (1680-1771)
giore, il cui ricco gioco di luci e ombre è prodotto da sistema “doppio” di colonne
sovrapposte. L’ordine interno forma, insieme con archi e tratti di trabeazione, una
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La principale costruzione ecclesiastica del periodo napoletano di Vanvitelli è sicuramente la Basilica dell’Annunziata. La
chiesa fu però quasi completamente distrutta da un grande incendio nel 1757 ed i lavori di ristrutturazione vennero
affidati a Luigi Vanvitelli. L'artista seppe riutilizzare gli ambienti cinquecenteschi, incorporandoli nell'attuale struttura,
ma non riuscì a portare a termine i lavori che vennero proseguiti sotto la direzione del figlio Carlo. Di Luigi Vanvitelli
(per interno) è il SUCCORPO .Per consentire le celebrazioni religiose anche durante i lavori di ricostruzione, il Vanvitelli
realizzò una chiesa sotterranea, indipendente da quella superiore, anche se posta in corrispondenza della cupola.
Si tratta di un ambiente particolarissimo e assai suggestivo: seminterrato, rispetto al livello del cortile, a pianta
circolare e a volta ribassata, con sei nicchie-altare. La particolarità dello spazio interno è sottolineata da un ulteriore
cerchio interno costituito da otto coppie di colonne tuscaniche.
Piazza Dante assunse l'attuale struttura nella seconda metà del Settecento, con l'intervento dell'architetto Luigi
Vanvitelli; il "Foro Carolino" commissionatogli doveva costi-
tuire un monumento celebrativo del sovrano Carlo III di Bor-
bone. I lavori durarono dal 1757 al 1765, e il risultato fu un
grande emiciclo, tangente le mura aragonesi. L'edificio, con le
due caratteristiche ali ricurve, vede in alto la presenza di
ventisei statue rappresentanti le virtù di Carlo e al centro
una nicchia che avrebbe dovuto ospitare una statua equestre del
sovrano oltre a un torrino d'orologio, di epoca successiva.
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