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Il Neoclassicismo

 
La stagione del Neoclassicismo conosce i suoi esordi nella seconda metà del secolo XVIII e trova le
proprie motivazioni in aspetti sia d’ordine culturale che di natura politica, investendo di sé l’intero
continente europeo. È una corrente che conobbe, in seguito, una fase di involuzione stilistica che si
radicò nelle Accademie di Belle Arti, con esiti di natura vagamente retorica e di configurazione
teatrale, perdendo quelle caratteristiche di rinnovamento culturale che avevano contrassegnato la
sua stagione eroica durante gli ultimi anni del Settecento e il primissimo periodo del secolo
successivo.
 
Le motivazioni culturali trovano le proprie fonti nella coincidenza storica dell’affermarsi del
pensiero illuminista, con la vigorosa proposta dei valori della razionalità e con il conseguente
recupero delle fonti del pensiero classico, che offriva alla ragione i presupposti teorici per
l’affermazione del proprio primato nella spiegazione del mondo. A questa forte stagione culturale si
saldarono gli argomenti del pensiero politico che accompagnò la stagione della rivoluzione
francese, con la prepotente proposta dei diritti dell’uomo che avevano nei valori dell’antica Roma
repubblicana il loro riferimento storico, e che nell’arte si erano preannunciati in quel “manifesto
politico” che fu l’opera de «Il giuramento degli Orazi» di Jacques-Louis David. Questi avvenimenti
d’ordine culturale e politico trovarono una persuasiva cornice in quell’entusiasmante stagione delle
campagne di scavi archeologici (Ercolano 1738, Pompei 1748 e Paestum 1764, oltre ad altri luoghi
della Grecia e del Medio Oriente), con l’esaltante emersione dei capolavori dell’arte classica. Si
ebbe così il tramonto delle suggestioni barocche e rococò per inaugurare quella stagione di recupero
dei valori, non solo estetici, della classicità, riassunti dal massimo teorico del neoclassicismo, J.J.
Winckelmann, nella definizione della loro caratterizzazione stilistica dalla «nobile semplicità e
quieta grandezza».
 
È un indirizzo estetico che in Italia verrà raccolto nella sua più autentica espressione nell’opera
scultorea di Antonio Canova, che ne rappresentò l’indirizzo non solo nella sua qualità stilistica, ma
anche nei temi e nei soggetti della classicità. Nella pittura italiana, rispetto alla stagione europea del
neoclassicismo, si ebbero conseguenze un poco più “accademiche” e forse meno clamorose, con
una resa d’immagine più incline ad una delicata eleganza dei gesti o ad un’esibita spettacolarità
delle pose, che non riuscirono mai ad assurgere alla severa eloquenza di David o all’eroica nobiltà
delle configurazioni di Canova.
 
Gli esponenti più significativi del neoclassicismo pittorico italiano furono a Roma Vincenzo
Camuccini, Felice Giani, Antonio Cavallucci, Luigi Sabatelli, Pietro Benvenuti, Gaspare Landi; a
Milano Andrea Appiani e Giuseppe Bossi; in Toscana Luigi Ademollo, Luigi Sabatelli e Pietro
Benvenuti per citare solo i più significativi esponenti di alcune zone tra le più artisticamente
rappresentative del paese. Sono queste indicazioni geografiche dell’origine o del prevalente ambito
dell’attività degli artisti, operanti ciascuno, peraltro, anche in altri luoghi d’Italia, contribuendo
all’affermazione del neoclassicismo in tutto il territorio italiano. Felice Giani fu anche l’animatore
più convinto del nuovo pensiero estetico (fondò l’«Accademia dei Pensieri», una sorta di cenacolo
di artisti), frutto anche degli entusiasmi che le campagne di scavo promosse da Pio VI, che
contagiarono un nutrito numero di pittori e intellettuali italiani e che culminò con l’elezione di
Vincenzo Camuccini a principe dell’Accademia di San Luca, a Roma.
 
Ma la speranza che i valori civili sottesi allo stile neoclassico, fossero di natura universale, conobbe
la stagione del tramonto con il crollo della Francia e dell’Europa napoleonica. La stagione politica
della Restaurazione, produsse una riconsiderazione dei riferimenti culturali attorno all’individuo,
ripensando le ragioni profonde in ordine alla sua identità, alla sua libertà e alla sua più autentica
possibilità espressiva. Si inaugura così quella appassionante stagione del Romanticismo che
rimetteva l’individuo al centro della considerazione poetica, con il protagonismo delle proprie
emozioni, dei propri sentimenti, delle proprie speranze e frustrazioni: tutto quanto quindi poteva
rappresentare l’universo della sensibilità di ciascuno. Anche la poesia espressa mediante la pittura
manifestò con impeto convinto queste istanze, abbandonando le forme del neoclassicismo per
liberare quegli stilemi che meglio mostravano le profondità emotive dell’individuo.
 
 (Tratto da una conferenza di Carlo Adelio Galimberti -  www.carloadeliogalimberti.it)
                

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