Durante il Settecento, l’affermazione per un nuovo interesse per le immagini di città e l’utilizzo sempre più
diffuso della camera ottica favoriscono la nascita di un vero e proprio genere artistico, denominato
Vedutismo. Al suo successo contribuirono le mode e mergenti e le variazioni di gusto, ma soprattutto la
diffusione del viaggio di formazione per i giovani rampolli delle famiglie aristocratiche. Sviluppatosi appunto
dagli inizi del 1700 e protrattosi fino alla seconda metà del secolo, questo movimento prende il nome
appunto dal temine “veduta”, difatti si assisterà ad un progressivo affrancarsi del paesaggio come genere
autonomo, così che andrà a rimpiazzare quella che era stata la pittura di storia (ovvero la rappresentazione
di scene, eventi importanti o perlomeno personaggi provenienti da fonti storiche, letterarie, mitologiche).
Il principale esponente del vedutismo italiano fu Antonio Canal, detto Canaletto. La formazione del pittore
si colloca nell’ambito della scenografia teatrale: suo padre Bernardo era dedito a questa attività da tutta la
vita e suo figlio ne segui le tracce realizzando allestimenti teatrali per spettacoli importanti sia a Roma che a
Venezia. Analizzando l’opera dell’Ingresso del Canal Grande, notiamo immediatamente l’ampiezza della
prospettiva difatti sappiamo che il pittore non dipingeva le tele sul posto, ma era solito assemblare nel
proprio studio le osservazioni che raccoglieva con lo strumento dell’epoca che era la camera ottica: in
pratica i suoi dipinti sono il risultato di disegni e rilevazioni effettuati dal vero, poi però ricomposto
liberamente e anche con fantasia nell’intimità del suo atelier. La camera ottica può essere considerata il
progenitore della moderna macchina fotografica, costituita da una scatola in legno chiusa dotata di un foro
che permetteva l’ingresso della luce, all’interno di questo poi venivano posizionate delle lenti le quali grazie
ad uno specchio leggermente inclinato, proprio all’interno della scatola, rifletteranno l’immagine dove
l’obiettivo è puntato. Inoltre, sopra alla cassa si trova una lastra di vetro sulla quale appoggiare un foglio di
carta in modo da ricavare uno schizzo piuttosto fedele dell’immagine stessa. La camera ottica dunque
garantisce sicuramente fedeltà del vero ed estrema precisione, e bisogna inoltre aggiungere che Canaletto
era anche un incisore di tavole di legno o ferro e dunque aveva una mano ferma, precisissima e molto
minuziosa. Questo è semplicemente dimostrato nella precedente opera nella qual eseguendo i barcaioli
andiamo pian piano inoltrandoci nell’incavo del canale stesso, proprio in mezzo alle acque le quali
contribuiscono con i loro molteplici riflessi ad aumentare il gioco di luci. La luce chiarissima e tersa, tipica di
ogni veduta di Canaletto, ci dirige nell’esplorare la scena. Infatti, seguendo i colori più esaltati ed illuminati,
vediamo un rosso acceso che colora il berretto del barcaiolo in primo piano, appena più a sinistra troviamo
sempre in rosso acceso i pantaloni rigonfi dei due gondolieri di traverso, successivamente notiamo
distintamente solo il colore azzurro dei pantaloni dell’uomo con la camicia bianca, il quale richiama la veste
azzurra della donna che sta salendo le scale.
Dunque, da questa opera infine notare come la figura umana perda valore e importanza, poiché divenendo
il paesaggio soggetto, l’uomo vien raffigurato sempre più piccolo e in lontananza, si dà molto più valore ai
particolari della città, come gondole, palazzi, edifici e canali.
La differenza principale fra le vedute il capriccio si può riscontrare proprio nel fatto che in queste seconde
opere il pittore combina colonne e vestigia diroccate di pura fantasia, sullo sfondo di un paesaggio
lagunare: nell’opera Rio dei Mendicanti al convento dei Domenicano di Francesco Guardi il tono della
pittura diventa evocativo e vibrante e in qualche modo anticipa gli aspetti del Romanticismo, infatti
l’obiettivo del capriccio è proprio quello di esprimere lo stato d’animo del pittore. Diversamente dalla
pennellata leggera, lineare e nitida di Canaletto, quella di Guardi è una pennellata molto più sporca,
confusa e sfumata in modo che tutti i profili dei palazzi non siano nitidi. La differenza si vede anche nella
luce poiché alla limpidezza del cielo di Canaletto si sostituisce la foschia e il velo di nebbia costante del cielo
di Guardi. Inoltre accanto alla rovine classiche, nei capricci vengono aggiunti anche da Guardi degli
elementi della vita quotidiana, elementi legati alla realtà più povera, come panni bagnati stesi al sole.
Neoclassicismo
L’archeologo ed illustre storico dell’arte Johann Winckelmann fu il massimo teorico del movimento
neoclassico e fu inoltre autore del trattato sull’arte antica (sistemazione storiografica) denominato Storia
dell’arte dell’antichità, nel quale troviamo un suo famoso pensiero: “Per noi, l’unica vera via per diventare
grandi e, se possibile, inimitabili, è l’imitazione degli antichi”. Questo pensiero racchiude con efficacia
quello che è l’obiettivo degli artisti. Il teorico distingue quattro fasi stilistiche e culturali dell’arte greca: il
periodo più antico, quello sublime, quello bello e quello degli imitatori. Inoltre in modo molto particolare lo
studioso affronta il problema stesso dell’arte e della bellezza, infatti tenta di spiegare come debba essere
considerata l’essenza dell’arte. Ne discute affermando che la bellezza deve assolutamente penetrare nella
forma e divenirne un tutt’uno, ma specifica che IL BELLO è COSA DIVERSA DAL PIACERE. Dunque si sofferma
sul fatto che la bellezza e la purezza dell’opera d’arte non debba essere intaccata da sentimenti, passioni ed
imperfezioni. Per questo non è raffigurato il bacio ma il momento appena precedente, poiché si tratterebbe
di un elemento di sensualità eccessivo perla purezza dell’arte. Infine Winckelmann elogia la scultura al
punto di definirla il più alto ideale artistico fra tutte le opere dell’antichità che hanno avuto il privilegio di
sfuggire alla distruzione.