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Mélanges de l'École française

de Rome. Antiquité

Ara Maxima Herculis : storia di un monumento


Mario Torelli

Riassunto
Il culto dell’Ara Maxima, come quello dedicato a Fortuna da Servio Tullio, esprime chiaramente la vocazione mercantile
del luogo in cui sorge, in stretta relazione con la posizione cruciale del Portus Tiberinus, punto di arrivo di tutti i percorsi
preistorici diretti alla bassa valle del Tevere. Dell’altare, in età repubblicana al centro di programmi monumentali carichi di
implicazioni ideologiche, vengono analizzate le importanti testimonianze scoperte presso la chiesa di S. Maria in
Cosmedin, proponendo una ricostruzione del monumento di età tardorepubblicana e dei suoi rifacimenti di età imperiale.
In particolare ci si sofferma sulla forma e la funzione del portico posto a NO della platea dell’altare, di cui si ricostruisce
una fase già in età tardo-antonina, caratterizzata da un colonnato perimetrale, sovrastato da un attico decorato da una
sfilata di cariatidi, rintracciandone gli archetipi architettonici ed i messaggi ideologici veicolati.

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Torelli Mario. Ara Maxima Herculis : storia di un monumento. In: Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, tome
118, n°2. 2006. Antiquité. pp. 573-620;

doi : https://doi.org/10.3406/mefr.2006.10258

https://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5102_2006_num_118_2_10258

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MEFRA – 118/2 – 2006, p. 573-620.

Ara Maxima Herculis


Storia di un monumento

Mario T ORELLI

A Xavier Dupré Raventos

in memoriam

PREMESSA colossale platea costruita a blocchi di tufo del-


l’Aniene disposti su numerose assise e ancor oggi
Pochi luoghi come l’Ara Maxima Herculis al in parte visibile nella cripta di S. Maria in Cosme-
Foro Boario esprimono, con la collocazione, la for- din si deve ad una nota del grande archeologo cri-
ma, il culto, la storia, i miti e le tradizioni antiqua- stiano G. B. De Rossi 3 ; la sua identificazione è sta-
rie, la vocazione cosmopolita della città di Roma e ta rifiutata quasi quarant’anni più tardi da un al-
la profondità dell’interferenza tra la cultura latina trettanto grande topografo di Roma, C. Hülsen 4, il
e romana e quella di elementi stranieri interessati quale, malgrado l’analisi compiuta delle fonti, a
alle frequentazioni delle coste tirreniche, primi fra torto vedeva nella platea nella cripta della chiesa la
tutti quelli greci, un’interferenza questa tra mon- fondazione dell’aedes Pompeiana Herculis 5, sicura-
do greco e mondo romano che, contrariamente ad mente connessa all’altare, ma con altrettanta sicu-
una cattiva vulgata voluta dalla stessa tradizione rezza collocata nello spazio tra i carceres del Circo
antica e tenacemente viva tra storici e filologi, si è Massimo e la platea stessa 6. Dalla scoperta di De
prodotta sin dalla più alta antichità. Malgrado ciò Rossi in poi, quei resti vengono indicati nella lette-
l’Ara Maxima Herculis non ha riscosso l’attenzione ratura corrente come la celebre Ara Maxima Hercu-
che merita. E, infatti, se la letteratura relativa agli lis ad Forum Boarium, di cui udiamo parlare più
aspetti storici e storico-religiosi è abbastanza va- volte nella letteratura antica e nella documenta-
sta1, la bibliografia archeologica rilevante è lungi zione epigrafica 7. Dopo questa identificazione, l’al-
dall’essere sterminata : come vedremo, parados- tro lavoro fondamentale sul monumento è costi-
salmente le novità più significative sull’aspetto di tuito dalla presentazione in forma di libro pubbli-
questo grande monumento si debbono a specialisti cato nel 1927 dei discutibili restauri della chiesa di
di archeologia cristiana e ad architetti piuttosto S. Maria in Cosmedin, eseguiti alla fine del secolo
che ad archeologi classici o a topografi. XIX da A. Giovenale 8 : in effetti, il solo merito di
Lasciando da parte l’opinione, isolata e senz’al- questi restauri, che hanno riprovevolmente can-
tro destituita di fondamento, di H. Lyngby 2, il qua- cellato l’aspetto settecentesco della chiesa, è pro-
le riteneva che l’ara non fosse collocata nel Foro prio quello di aver documentato e in parte messo
Boario, l’identificazione dell’antico altare con la in luce, anche se in maniera confusa e sommaria,

1. Il punto di vista degli storici delle religioni è ben riassunto da 5. Hülsen 1896, p. 245.
Latte 1960, 213-221; più di recente, v. Sabbatucci 1992, 6. Sul tempio di Pompeo e sulle sue connessioni con gli altri
p. 353-356, e Levi 1997; più in generale, sul piano iconogra- edifici di culto di Ercole nella zona, v. Coarelli 1988, p. 77-
fico, Ritter 1995. 84; la vulgata anteriore all’individuazione dell’aedes Aemilia-
2. Lyngby 1954, p. 2-7, p. 19-24; la confutazione più chiara na Herculis fatta dallo stesso Coarelli è in Cressedi 1984.
delle opinioni dello studioso svedese è di Coarelli 1988, 7. Fonti e discussione più recente in F. Coarelli, in LTUR, III,
p. 61-77. 1996, p. 15-17.
3. De Rossi 1854. 8. Giovenale 1927.
4. Hülsen 1896, p. 231-275.

Mario Torelli, Università degli studi di Perugia, Dipartimento Uomo e territorio, Sez. Studi comparati sulle società antiche, Via Armonica 3, I 06123 Perugia.
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le fasi dell’edificio medioevale, ivi compresa quella priva una rampa basolata posta sotto la piazza di
relativa alla grande platea di tufo di epoca classica S. Maria in Cosmedin; secondo la Vincenti l’intero
e di quel singolare recinto colonnato, anch’esso di recinto colonnato sarebbe frutto di un restauro del
epoca antica, che, attaccato alla platea, della quale 414 d.C., del praefectus urbi Caecina Decius Alcina-
ha la medesima larghezza, è stato inglobato nella tus Albinus, menzionato da un’iscrizione13 che si
parte anteriore della chiesa. Sempre lo stesso De ritiene sia stata trovata nell’area, assieme ad un’al-
Rossi 9, forse anche suggestionato dalla funzione tra commemorante un ulteriore risarcimento di
«annonaria» di diaconia, nata nel VII sec. d.C., ha questo o di altro monumento ancora, datata al 425
identificato quel recinto colonnato con la Statio an- d.C.14. L’intervento finale è il transunto della tesi
nonae nota dalle fonti nella zona, un’identificazio- dottorale in Storia dell’Architettura di G. Fusciel-
ne di certo erronea, ma che è durata a lungo nella lo15, che ha diversi meriti, primo fra tutto quello di
lettaratura. Di quei resti monumentali romani, aver reso noti, purtroppo in maniera molto som-
platea e recinto colonnato, Giovenale ci offre un maria, alcuni sondaggi inediti condotti nelle chiesa
primo moderno rilievo, che, se vorremmo corre- dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici nel
dato da più esauriente e corposa documentazione 1960, che hanno fornito dettagli interessanti so-
grafica e fotografica, pur sempre ancora oggi resta prattutto per le quote del monumento tardoanti-
la presentazione più completa dei dati a nostra di- co; a lei si debbono alcune ipotesi sul complesso di
sposizione : su questo rilievo e su alcuni suoi altare e edifici circostanti, che saranno discusse più
aspetti, particolarmente fededegni perchè chiara- avanti.
mente dal Giovenale non compresi (come ad es. la
presenza di blocchi di travertino nella platea di L’ARA, I SANTUARI E IL BACINO
blocchi di tufo), mi baserò più avanti per la rico- DEL PORTUS TIBERINUS
struzione del complesso. La nostra conoscenza del
recinto è notevolmente migliorata grazie alle ricer- Un discorso di carattere archeologico sull’Ara
che di un altro grande archeologo cristiano, Maxima non può che prendere le mosse dal luogo
R. Krautheimer, confluite nella magistrale edizio- dove essa sorse (fig. 1). Posto al termine della Vallis
ne della chiesa contenuta nel volume II del Corpus Murcia, sede di feste antichissime destinata ad es-
basilicarum Christianarum Romae10 : come vedremo sere trasformata dalla dinastia dei Tarquini nel Cir-
più avanti, grazie a questa edizione e alla sua do- cus Maximus, l’altare sorgeva non lontano dalla ri-
cumentazione grafica fotografica, è possibile pro- va sinistra del Tevere, là dove il fiume formava
porre soluzioni architettoniche nuove per alcune una vasta ansa, allo sbocco di un corso d’acqua
parti controverse del complesso monumentale ro- non trascurabile, che attraversava per tutta la lun-
mano. Ancora un altro intervento più recente ri- ghezza la Vallis Murcia : in quel punto, per l’incon-
guarda la fase tardoantica e si deve a V. Vincenti11, tro tra le correnti e l’ingombro dell’Isola Tiberina,
la quale ha ricordato che il recinto colonnato, più si è venuto a formare il bacino paludoso del Portus
tardo del grande altare di tufo, cui chiaramente si Tiberinus16, con il suo prolungamento verso Sud-
appoggiava, era posato sulla piazza pavimentata a Ovest costituito dal Velabro17, anch’esso una palu-
lastre del Foro Boario12 e che ulteriormente rico- de, i cui margini di epoca storica verso la Vallis

9. De Rossi 1885. 17. Sul Velabro v. ora Filippi 2005. Non ritengo fondata la rico-
10. Krautheimer-Frankl-Corbett 1959, p. 281-310; cfr. anche struzione del Velabro come un’area invasa dalle acque solo
Krautheimer 1964. in caso di inondazione del Tevere, proposta da Ammermann
11. Vincenti 2002. 1998 (analoghi concetti dello stesso, in LTUR, V, 1999, p. 101-
12. Cressedi 1984, p. 288, n. 22. 102). La ricostruzione non tiene conto dell’insistente tradi-
13. CIL VI, 1659 : Salvis dd. nn. / Honorio et Theodosio / p. ff. semp. zione antica sull’aspetto palustre della zona, ripetuta da Var-
Augg. / Caecina Decius / Alcinatus Albinus / v.c. praef. urbi / facto rone (l. L. V, 156) in poi, difficilmente da rigettare come au-
a se adiecit / ornatui. Il tono dell’iscrizione non si addice però toschediastica in rapporto all’ambiente naturale presupposto
ad un restauro. dalla vicenda mitica del Lupercal : i carotaggi eseguiti da Am-
14. CIL VI, 1677 : D. n. Valentiniano florentissimo Caesari / Anicius mermann tra la Basilica Giulia e la Chiesa di S. Giorgio al
Acilius [G]la[brio] Faustus v.c. iterum praefectus urbi repara[vit]. Velabro toccano, infatti, una zona che è comunque al margi-
15. Fusciello 2001. ne, se non addirittura esterna al cuore del Velabro antico e
16. Si veda l’ottima sintesi di F. Guidobaldi e C. Angelelli, in all’area del Portus Tiberinus.
LTUR, V, 1999, p. 102-108.
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Fig. 1 – Roma, il Portus Tiberinus : in grigio il bacino paludoso; n. 12, il tempio di Portunus; n. 8, il tempio di Giano (da Coarelli 1988, fig. 1).

Murcia sono vistosamente segnati dal percorso ir- rata dalla straordinaria fama di alcuni grandi baci-
regolare della Cloaca Maxima18. È possibile ancora ni portuali greci, da quelli di Atene, di Corinto, di
leggere sul terreno le estremità di quel bacino gra- Siracusa, di Taranto 21, che ci hanno fatto dimenti-
zie alla presenza di due santuari dedicati a divinità care che, prima della nascita in epoca tardo-
destinate a contrassegnare l’ingresso al portus, a repubblicana dei porti artificiali, le foci dei fiumi e
Sud il tempio di Portunus, da tempo identificato la loro risalita, realizzata facendo ricorso all’alaggio
con il tempio detto dalla tradizione popolare «del- e a comode chiatte, sono state l’anima dei traffici
la Fortuna Virile»19, e a Nord il tempio di Ianus, il tanto fenici che greci, particolarmente orientati
più orientale dei quattro templi repubblicani del verso la penisola italiana, la cui rilevanza per i
Foro Olitorio. Non sappiamo se il bacino si esten- mercati antichi non è un mistero per nessuno 22.
desse oltre, forse anche a settentrione del Pala- Un bell’esempio, a me ben noto per un’attività
tium, dove si situava lo sbocco dell’Argiletum, l’al- quasi quarantennale di scavo, quello del porto di
tro corso d’acqua così significativo nella topografia Gravisca 23, è sicuramente offerto dall’unico appro-
più antica di Roma, sì da formare la parte mediana do possibile lungo gli importuosa litora dell’Etruria
della valle del Foro Romano 20 ; tuttavia è nell’area Meridionale, in origine costituito dalla grande pa-
centrale del bacino paludoso, a stretto contatto lude (fig. 2), il cui relitto (forse di estensione non
con il corso del fiume e del giuoco delle sue cor- troppo lontana da quella antica) si è conservato fi-
renti, che si collocava il portus vero e proprio. La no a noi, essendo divenuta sede delle settecente-
natura fluviale di una parte cospicua dei porti del sche Saline pontificie 24. Se nulla possiamo dire sul-
Mediterraneo di epoca arcaica è stata spesso oscu- la presenza di edifici lungo lati sud ed est 25, sulla

18. Bauer 1989 (con bibl. prec.). 23. Non sono attendibili le letture di Frau 1982, tesi ripetute in
19. Sul tempio v. da ultimo Coarelli 1988, p. 113-119 (con bibl. Frau 1985; v. ora Torelli 2006.
prec.); v. anche LTUR, III, 1996, p. 22-23. 24. Su Gravisca in generale v. M. Torelli, in BTCGI, VIII, 1990,
20. Ammermann 1990. p. 172-176, s.v. Gravisca.
21. V. Schmiedt 1975; più di recente, v. l’esemplificazione offerta 25. Ma anche il lato meridionale della palude doveva essere oc-
in Porti 1998. cupato da uno stanziamento arcaico, sviluppatosi nell’area
22. Per il mondo greco la latteratura è praticamente sterminata; dove sono note presenze villanoviane, e dove forse si è svi-
per quello fenicio si veda l’esauriente presentazione che del luppato il primitivo impianto dell’abitato etrusco di Gravisca
problema ci ha offerto nelle sue due sintesi Gras 1985 e Gras (altra sembra essere lo sviluppo dal IV sec. a.C. in poi nell’a-
1995; v. anche Gras 2000. rea dove sarebbe poi sorta la colonia romana) : v. ora i dati
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Fig. 2 – La laguna e il porto di Gravisca arcaica con la localizzazione dei santuari (da Torelli 2006).

sua spiagga settentrionale si sono andati uno dopo Santa Severa. I destini dei santuari degli epineia
l’altro disponendo, sin dagli inizi del VI sec. a.C., i delle due metropoli in questione ci appaiono sen-
santuari «etnici» dei Greci interessati allo scambio z’altro diversi : la grande attenzione riservata al
con Tarquinia : il primo è quello degli Ioni e poi complesso sacro del porto di Caere, oggetto di
degli Egineti, ossia il grande luogo di culto che con grandi investimenti pubblici e di interventi speciali
la mia équipe ho scavato per quasi quattro decenni della classe dominante, come ci insegna la celebre
e la cui storia monumentale è stata recentissima- dedica bilingue di Thefarie Velianas, contrasta con
mente pubblicata in via definitiva da L. Fiorini 26, e la totale assenza di interesse collettivo della polis
il secondo è quello ora in corso di esplorazione, tarquiniese per il complesso dei santuari del porto
frequentato dai Sicelioti 27. Il caso di Gravisca non è di Tarquinia, frequentati dalle classi subalterne e
unico : il grosso canale, che separa il santuario pertanto rimasti per tutta la loro lunghissima vita
principale di Pyrgi dall’Area Sacra Meridionale 28 sede di architetture modestissime. Questa macro-
(fig. 3), è probabilmente l’approdo di riferimento scopica diversità non è che il prodotto di profonde
dei due luoghi di culto, situato in un tratto di costa differenze strutturali tra le società di Caere e di
particolarmente aperta, com’era ed è il litorale di Tarquinia e del conseguente diverso ruolo attribui-

sulle testimonianze archeologiche in loc. Saline, diligente- 27. Boitani-Torelli 1999; Torelli 2004.
mente raccolti da Perego 2005, p. 169-172. 28. Colonna 2000; Baglione 2000.
26. Fiorini 2005.
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Ancora un terzo caso, sia pur con le sue diver-


sità, è quello delle coste della palude divenuta poi
portus Tiberinus, anch’esse marcate dalla presenza
di santuari, il cui ruolo, come è accaduto per quelli
di Pyrgi, ebbe grande risonanza a livello collettivo,
ma le cui origini, come vedremo più avanti, ap-
paiono ancorate ad una dimensione, che, a quanto
ci è dato di sapere, è ignota ai due precedenti com-
plessi di culti emporici, e cioè quella gentilizia.
Dobbiamo immaginarci il bacino allungato in sen-
so Est-Ovest, con una lieve declinazione in dire-
zione Sud-Est per via dell’effetto dell’erosione e
del corrispondente deposito di detriti provocato
del corso del Tevere : da un’epoca che non è possi-
bile precisare per via archeologica, ma cha va cer-
tamente collocata in tempi abbastanza remoti, il
lato meridionale del bacino era dominato dall’Ara
Maxima Herculis; agli inizi del VI secolo a.C., sul la-
to opposto, settentrionale, del portus sorse invece il
grande santuario con almeno un tempio dedicato
a Fortuna e legato alla figura di Servio Tullio, non
sappiamo se già affiancato da un secondo, aggiun-
to forse da Furio Camillo 29 e dedicato a Mater Ma-
tuta. Come ancora una volta insegnano i casi di
Naukratis e di Gravisca 30, il centro del culto appar-
teneva ad una dea dai connotati trionfali e al tem-
po stesso funerari, Fortuna, che introduceva a Ro-
ma un’Afrodite di squisito sapore orientale, cen-
trale nei rituali della regalità, protagonista com’era
della ierogamia con il rex e del cerimoniale delle
partenze e del ritorno di questi dalla guerra. Afro-
dite-Fortuna, la dea degli aromi, era la grande di-
vinità dell’emporía greco-orientale e per tutta l’età
regia il suo santuario e l’Ara Maxima Herculis han-
no costituito i principali edifici sacri dell’area por-
Fig. 3 – Il santuario di Pyrgi con l’area sacra settentrionale tuale, esprimendo in maniera palese la vocazione
e quella meridionale (da Colonna 2000). mercantile del luogo, elemento fondamentale per
comprendere la natura e i destini del grande altare
di Ercole, dio, vedremo fra breve, dispensatore del
sale 31.
to nelle due città ai processi di scambio, che, a dif- La valenza emporica del luogo è ulteriormente
ferenza di quanto possiamo ricostruire per la classe esaltata dal fatto che proprio lì, sulle sponde del
dominante della vicina Tarquinia, erano evidente- portus, vanno a convergere tutti i percorsi preisto-
mente al centro dell’attenzione dall’aristocrazia rici diretti alla bassa valle del Tevere (fig. 4) 32, e
ceretana per le sue strette relazioni con il mondo sempre lì si incontra non soltanto un possibile
greco. guado del fiume, quello dell’Isola Tiberina, ed un

29. Sul santuario, v. ancora Coarelli 1988, p. 205-437. 31. Cfr. la discussione che ho proposto dell’argomento (Torelli
30. V. le considerazioni da me fatte (Torelli 1977) già molto tem- 1993).
po fa. 32. Gros-Torelli 19912, p. 63, fig 35.
Ara Maxima Herculis
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Fig. 4 – I percorsi preistorici nell’area di Roma (da Gros-Torelli 19912).

ponte ligneo antichissimo, il ponte Sublicio, ambe- l’abitato, in una sequenza che dai più antichi e più
due strumenti fondamentali per raggiungere la vicini alle sponde settentrionali della laguna va ai
sponda tiberina opposta 33. Come accade a Gravi- più recenti e da quelle sponde più lontani, così a
sca, dove i santuari emporici si allineano sulla stra- Roma al nucleo dei grandi santuari arcaici di For-
da costiera diretta dalla palude-porto al centro del- tuna e di Ercole, tra il tardo VI e l’iniziale V sec.

33. Cfr. Le Gall 1953, p. 80-86.


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a.C. si aggiungono altri due importanti culti greci : Alba Fucens (fig. 5) e dal particolare radicamento
sul lato del santuario di Fortuna sorge l’Apollinar 34, del culto di Ercole tra le genti sannitiche, così lega-
un santuario di Apollo medicus, privo di edificio di te all’allevamento e alla transumanza 39. Come ho
culto sorto probabilmente in relazione alla pesti- appena detto il dato di Roma è ben illustrato dalla
lenza che sappiamo si è verificata a Roma all’epoca collocazione strategica del Portus Tiberinus in rela-
dell’ultimo dei Tarquinii 35 e destinato a diventare zione alle grandi vie preistoriche di comunicazio-
vera e propria aedes Apollinis nel 431 a.C., il futuro ne, uno dei cui assi diretto verso l’area italico-
tempio di Apollo Sosiano, costruito come il prece- orientale sabina e prolungato verso le saline alla
dente Apollinar in occasione della tremenda peste
che colpì Atene nel 430 a.C.; a poca distanza a Sud
dell’Ara Maxima nel 484 a.C. viene costruito un al-
tro santuario «greco», il tempio di Cerere, Libero e
Libera 36, che esprime bene tutti i valori degli ampi
strati di plebe, che, nati in relazione al portus Tibe-
rinus, vivevano dello scambio, nutrendo però
grandi aspettative così bene espresse dalla dea del
santuario, attorno al quale si erano formati, legate
com’erano al bene che loro più mancava, la terra.

FENICI E GRECI NEL PORTUS TIBERINUS

Attorno al prestigioso culto di Ercole dell’Ara


Maxima sono fiorite numerose leggende, che oc-
corre analizzare da vicino per comprenderne me-
glio la natura. Cominciamo da quella che appariva
agli antichi una curiosità, collegata alle pratiche
sacrali svolte all’altare. Sull’autorità di Varrone, le
fonti ripetono più volte, il concetto che divinitus
neque muscis illo neque canibus ingressus est, per dirla
con le parole di Solino 37. Il leggendario prodigio è
in realtà il frutto del nesso strettissimo tra il san-
tuario e la pratica delle salagioni sia di carni che di
formaggi, per le quali la profilassi dall’aggressione
di cani e di mosche era condizione imperativa : di
questo ho trattato già anni addietro analizzando il
tema dell’emporía del sale e il richiamo a mosche e
cani in relazione alla putrefazione delle carni, un
topos per un Eracle che a Roma avrebbe pregato un
dio sconosciuto dal nome parlante di Myagros e a
Olimpia nel celebrare il sacrificio inaugurale
avrebbe invocato Zeus «cacciatore delle mo-
sche» 38. La migliore dimostrazione dell’esistenza di
un rapporto stretto e antichissimo tra il culto di Er-
cole e il controllo e lo scambio del sale può essere Fig. 5 – Il santuario di Hercules Salarius di Alba Fucens
offerta dal grande santuario di Hercules Salarius di (da De Vos 1982, p. 85).

34. Liv. III, 63, 7. 37. Solin. I, 13 : non ha fondamento l’ipotesi di McDonough
35. V. Coarelli 1993. 1999.
36. Sulla collocazione del tempio, v. F. Coarelli, in LTUR, I, 1993, 38. Cfr. Torelli 1993.
p. 260 s. 39. Torelli 1993.
Ara Maxima Herculis
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foce del Tevere, prendeva non a caso il nome di


Via Salaria (fig. 4) : ma è soprattutto rilevante a
questi fini la presenza, ai piedi dell’Aventino, della
località detta Salinae, qui Cacus habitavit locum 40, il
luogo stesso cioè dove era localizzato l’eroe vinto
da Ercole e protagonista del mito fondante del cul-
to del Foro Boario.
Nel culto, notoriamente tutto maschile, per es-
sere esplicitamente vietato alle donne 41, un parti-
colare significato era attribuito ad uno specifico
vaso, lo scyphus, che ha sicura origine dalla Grecia,
dove era noto come skyphos di Herakles 42. Un’insi-
stita tradizione antiquaria, la stessa che fa dire a
Macrobio che scyphus Heraclis poculum est 43, mette
quel recipiente nella mano del praetor urbanus per
la rituale libagione all’altare : scypho praetor in anno
semel vino libabat, ricorda il Servio Danielino 44.
Tanto era importante lo scyphus che vasi di questo
genere erano oggetto di dediche votive ad Ercole,
di cui abbiamo anche precisi ricordi epigrafici 45.
Come attesta la replica colossale proveniente non
a caso proprio dal santuario di Alba Fucens 46
(fig. 6), la statua di culto del dio dell’Ara Maxima,
iconograficamente dipendente dal tipo dello Hercu-
les bibax, brandiva uno scyphus : sappiamo che il
recipiente recato dal simulacro era ricavato in una
materia, il legno, usato universalmente e dall’alta
antichità per contenere il sale 47, mentre l’icono-
grafia dello Hercules salarius derivava dall’immagi- Fig. 6 – Chieti, Museo nazionale. Statua di culto di Ercole dal santuario
ne greca di Herakles in atto di brandire il suo ca- di Alba Fucens (da Martin, 1987).
ratteristico skyphos per le sue proverbiali bevute,
ma non nell’atteggiamento del simposiasta, bensì
in quello seduto di commensale, proprio dei parte-
cipanti al rito e come tale significativo per la costi- bovini. Il dato può forse contribuire a interpretare
tuzione dell’iconografia medesima 48. come H(erculis) la diffusissima sigla H, dipinta sul
La leggenda relativa alla speciale protezione fondo sulle tipiche coppette a vernice nera della
della carne dalla contaminazione di parassiti ed nota forma Lamboglia 27 (fig. 7), destinata a con-
animali, essenziale per un sacrificio che aveva luo- tenere cibi : poichè coppette di questo tipo con la
go il 13 di Agosto 49, ci parla anche della distribu- sigla H sono venute in luce in gran numero pro-
zione di significative quantità di carne in occasione prio nell’area del «Museo di Roma», adiacente al-
delle grandi feste del dio celebrate ad Aram Maxi- l’Ara Maxima, è facile immaginarne l’impiego pre-
mam, che prevedevano notoriamente sacrifici di cipuo proprio nel corso dei sacrifici del colossale

40. Solin. I, 8; Coarelli 1988, p. 109-113. una base detta provenire dall’area dell’Ara Maxima (Coarelli
41. Serv. Aen. III, 407; VIII, 288; Macrob. Sat. III, 6, 16-17. 1988, 64, nota 8). Sul rapporto tra il sale e il legno, v. anche
42. Athen. XI, 782 B; Plut. Alex. 75. Torelli 1993.
43. Macrob. Sat. V, 21, 11. 48. Macrob. Sat. III, 6, 16 : . . . nam propria observatio est in Herculis
44. Serv. Dan. Aen. VIII, 278. sacris epulare sedentes. Et Cornelius Balbus, Hjhghtiko¥n, libro
45. CIL V, 6952. octavo decimo, ait apud Aram Maximam observatum ne lectister-
46. Martin 1987, p. 162-171 e p. 225-227. nium fiat.
47. Serv. Aen. VIII, 278; cfr, anche lo scyphus raffigurato su di 49. Latte 1960, p. 217 s.
581

Fig. 7 – Patera a vernice nera con lettera H sovradipinta dall’area dell’Ara Maxima (da BCom 1941).

altare 50. Accanto alla tradizione relativa alle mo- più avanti, poste nella zona da praetores urbani, e
sche e ai cani tenuti lontani dall’Ara Maxima, le dal ruolo del portus e degli horrea frumentaria, posti
fonti, da Festo 51, che afferma che nel sacrificio om- sempre in prossimità del grande santuario. La fun-
nia esculenta poculenta, a Varrone 52, secondo il quale zione dell’intera zona in relazione alle frumentatio-
fano consumebatur omne quod profanum erat, parlano nes è certificata dal modo in cui il luogo della di-
del consumo integrale delle carni nel rito, una tra- stribuzione eccezionale di frumento, successiva ad
dizione che giunge fino alla tarda antiquaria di ogni solenne adventus imperiale 60, viene simbolica-
Servio e di Macrobio 53 e che giustamente K. Latte mente indicato nel pannello centrale del pilone di
mette in rapporto con la tradizione greca del divie- sinistra della pars civilis dell’arco di Traiano di Be-
to religioso espresso con la formula « oyßk aßpofo- nevento : per alludere all’intero contesto topogra-
ra¥ » 54. fico, sullo sfondo del rilievo vengono rappresenta-
Come ci informano un’iscrizione funeraria 55 e te le statue di Portunus, di Ercole e dell’Apollo
un collare di schiavo 56 e come suggerisce la pre- Caelispex (di cui diremo più avanti) 61, così come
senza di un mitreo nell’area 57, poco lontano dal- nello stesso rilievo un anziano e due giovani, pre-
l’Ara presso il tempio di Flora, notoriamente collo- senti al manifestarsi dell’imperatore, rispettiva-
cato presso i carceres del Circo Massimo e accanto mente allusione ai seniores e agli iuniores delle tribù
al tempio di Cerere, Libero e Libera 58, sorgeva, fin cittadine 62, simboleggiano la plebs urbana, benifi-
dall’epoca di Augusto, la Statio Annonae, sede della ciaria della distribuzione.
Praefectura Annonae 59 ; il luogo era certo suggerito Possiamo perciò concludere che la nascita del
dalla presenza del grande santuario plebeo della grande altare dell’eroe-dio greco risale ad alta anti-
dea delle messi, ma anche dalla tradizione delle fe- chità, in relazione con la posizione di controllo del
ste dell’Ara Maxima, feste ben documentate da una guado e del porto sul Tevere posseduta dal nucleo
serie di dediche epigrafiche di cui ci occuperemo di abitato del Palatino sin dalle sue prime frequen-

50. C. Pietrangeli, in BCom, LXVIII, 1940, p. 144. perto nel 1931 : v. Pietrangeli 1940. Sul tema della localizza-
51. Fest. 358 L. zione dei mitrei romani, v. Coarelli 1979.
52. Varro, l. L. VI, 54. 58. V. E. Papi, in LTUR, II, 1995, p. 253 s.
53. Serv. Aen. VIII, 183 : de hoc bove immolato Herculi carnes carius 59. F. Coarelli, in LTUR, IV, 1999, p. 345 s.
vendebantur causa religionis; Serv. Dan. Aen. VIII, 183 : ad 60. Sulla topografia delle liberalitates, v. Torelli 2004b.
aram maximam aliquid servari de tauro nefas est; nam et corium 61. La sequenza offerta dalle statue (e cioè dei culti) nel rilievo è
illius mandunt; cfr. Macrob. Sat. II, 2, 4. in parte certificata anche dai Cataloghi Regionarii dell’XI Re-
54. Latte 1960, 217 nota 2. gio, dove abbiamo la sequenza XII portas. Portam Trigeminam.
55. CIL VI 9626 = ILS 7267. Apollinem Caelispicem. Herculem Olivarium.
56. CIL XV, 7172. 62. Torelli 1997.
57. È il mitreo scoperto sotto il palazzo dei Musei di Roma, sco-
Ara Maxima Herculis
582 Mario TORELLI

tazioni tra l’età del Bronzo Finale e gli inizi dell’età


del Ferro, e dunque all’inizio stesso del processo
formativo urbano della città di Roma : il dato era
ben presente all’antiquaria, che ha fatto dell’Ara
Maxima uno degli angoli del pomerio «romu-
leo» 63. Denis Van Berchem, grande conoscitore sia
delle pratiche collegate con le frumentazioni che
delle culture del Vicino Oriente, in due successivi
articoli pubblicati nel 1960 e nel 1967 64, ha avan-
zato molti argomenti per attribuire l’origine del
culto alle frequentazioni fenicie che lo avrebbero
introdotto sotto il nome del dio Melqart, noto nel-
la interpretatio graeca appunto come Herakles. I dati
religiosi e storico-culturali addotti da Van Berchem
non sono di poco conto. A questi se ne può ag-
giungere anche un altro, di natura iconografica,
quell’epoca non valorizzato : in età arcaica sia a
Roma che in Etruria, Eracle viene presentato ve-
stito di un caratteristico giubbetto allacciato in vi-
ta, quale ce lo fa conoscere proprio l’ormai celebre
acroterio con l’ingresso di Eracle nell’Olimpo dal
vicino santuario di Fortuna a Sant’Omobono 65,
abito di origine cipriota 66 (fig. 8). Tuttavia le tappe
dei rapporti mercantili tra emporoi del Mediterra-
neo Orientale e genti etrusche e latine, le sole del-
Fig. 8 – Roma, Musei capitolini. Ercole dal gruppo fittile arcaico
l’Italia antica che, tra la protostoria e la piena for- da S. Omobono (da Coarelli 1988, fig. 46).
mazione delle poleis indigene, siano in palese pos-
sesso di livelli di sviluppo sufficientemente elevati
da consentire forme di scambio più complesse di
quelle del chieftain’s trade, che attraggono flussi di lo appare caratteristico invece della fase compresa
frequentazione appoggiati a santuari, inducono a tra la seconda metà del VII e la fine del VI secolo
proporre una lettura più articolata di quelle conso- a.C. e coincide con la dissoluzione della monarchia
nanze tra il culto del Foro Boario e quello della di- preistorica e con la sua mutazione in forme deriva-
vinità fenicia. L’epoca in cui sono da ipotizzare te dalle tirannidi greche – nel caso di Roma la mo-
flussi di frequentazione fenici coincide con la fase narchia dei Tarquinii. D’altro canto, le prime testi-
più antica del rapporto di scambio nell’area cen- monianze leggibili e sicure di culti collettivi di Ro-
trale tirrenica, tra il Bronzo Finale e la primissima ma con resti monumentali o comunque durevoli si
età del Ferro (XI-IX secolo a.C.) 67 : lo scambio di collocano appunto a partire dagli ultimi decenni
questo periodo si iscrive nel modello di organizza- del VII secolo a.C. 68, un momento nel quale è pra-
zione dello scambio, ben documentato a livello an- ticamente impossibile parlare di frequentazioni fe-
tropologico del chieftain’s trade, mediato diretta- nicie, ma solo di intensissimi flussi mercantili con-
mente dai vertici della società indigena attraverso trollati da Greci dell’Est. A costoro si debbono i
le forme classiche del dono, indagate da Marcel netti ed inequivocabili caratteri greci del culto del
Mauss e non ammantato ancora delle tipiche vesti Foro Boario 69, che vanno dal sacrificio Graeco more,
religiose dei culti emporici. Questo diverso model- alla maniera greca, con il capo scoperto e coronato

63. Tac. Ann. XII, 24. 67. Sul commercio fenicio mediterraneo v. Gras-Rouillard-Teixi-
64. Van Berchem 1959-60; Van Berchem 1967. dor 1989.
65. Sull’argomento, v. Coarelli 1988, 230-234. 68. Se ne veda la rassegna in Cristofani 1990.
66. V. S. J. Schwarz, in LIMC, V, 1990, p. 200-203, con A. Her- 69. Giustamente categorico Latte 1960, 215; cfr. anche Scheid
mary, in LIMC, V, 1990, p. 192-196. 1995.
583

di alloro 70, all’insistita tradizione dell’offerta della mi saranno stati certo assai lieti di accoglierne gli
decima, che, com’è noto, costituisce una caratteri- eredi, i naviganti greco-orientali, i quali come no-
stica pratica ellenica, collegata fra l’altro con i bot- velli Fenici si venivano appunto presentando.
tini di guerra; sempre a mercanti ionici va attribui- Siamo dunque in presenza di un culto portato
to l’uso di affidare, ancora sul modello orientale 71, da Greci, ma ricco di quelle consonanze con le tra-
il concreto svolgimento del culto a personaggi di dizioni fenicio-cipriote notate dallo studioso sviz-
condizione servile, un fatto di cui diremo fra bre- zero nel contesto dell’Ara Maxima Herculis. Nel fa-
ve. È dunque possibile che i tratti di sapore fenicio, num romano il mito fondativo che aveva come
rintracciati da van Berchem in quello che può ap- protagonista Ercole era mutuato da quello ellenico
parire come lo «strato più profondo» del culto del- di Gerione, largamente diffuso nell’Italia delle co-
l’Ara Maxima, non siano per così dire originarii, lonie greche 75, ma latinizzato attraverso la figura
bensì rappresentino la probabile, immediata con- «nazionale», etrusca e latina, di Caco, e come tale
seguenza del fortissimo influsso degli usi e dei co- si proponeva nelle vesti dell’eroe al governo di
stumi fenici subìto dagli emporoi greci, soprattutto grandi e prodigiosi armenti. Il prestigioso eroe pro-
quelli greco-orientali (ma presente anche nelle al- tettore di questa particolare mercatura presto ven-
tre poleis greche toccate dai grandi flussi commer- ne affiancato, all’altro capo del portus, da Fortuna,
ciali, come Corinto) 72, un influsso che deve aver l’Afrodite arcaica dei Latini, che nella mentalità
indotto i mercanti greci ad una vera propria mi- consolidata dell’emporía aveva il compito di pro-
mesi sociale messa in atto per adeguarsi all’insupe- teggere ancor un altro specifico tipo di mercanzia,
rato modello fenicio. Sappiamo che mercanti della gli aromi, instaurando un ben preciso rapporto di
Ionia e loro associati, come gli Egineti, modellaro- scambio con tutto un seguito di ulteriori forme di
no molti dei proprii comportamenti su quelli a lo- natura economico-sociale al mondo degli aromi
ro noti da secoli di frequentazione delle coste della connesse. In altre parole, i due poli dell’emporio,
Siria e della Fenicia e soprattutto da Cipro, la terra pur nella specializzazione della mercatura, erano
classica dell’interferenza tra i due mondi, quello fra loro strettamente collegati.
greco e quello fenicio, notoriamente responsabile
di una parte non secondaria delle esperienze che ACCA LARENTIA E LA PUBLICATIO DEL CULTO
stanno alla base dell’orientalizzante ellenico : di
qui la straordinaria diffusione del culto di Afrodite La vicenda mitica relativa ad Acca Larentia, la
nelle aree interessate dal contatto emporico, a par- figura attorno alla quale si articola la festa anti-
tire dalla stessa Naucrati, la cui Afrodite aveva ori- chissima della parentatio di fine anno, del 23 di-
gini dichiaratamente cipriote 73. D’altro canto, te- cembre 76, nota come Larentalia e guidata dal fla-
nuto conto della scarsa considerazione sociale go- men Quirinalis, il flamen addetto ai culti funerarii e
duta dagli intermediari dell’emporía 74, è solo ctonii, è il prodotto di una tradizione molto antica,
naturale che da parte di quanti si volevano atteg- giunta a noi distorta nelle forme del racconto di
giare a successori dei Fenici, come dovevano certo sapore popolare, che comunque si intreccia con la
fare i Greci diretti verso i mercati tirrenici, si ten- presenza del grande culto di Ercole 77. Secondo la
desse a celare tutto il meccanismo dello scambio tradizione, Ercole avrebbe vinto in una partita a
sotto forme derivate da modelli consolidati, ap- dadi con l’aedituus del tempio una cena e una pro-
pannaggio sin dagli albori del I millennio dei mer- stituta, Acca Larentia, un nobilissimum scortum se-
canti per eccellenza, appunto i Fenici : poichè pe- condo Macrobio 78 ; Acca, ottenuta la libertà dopo
raltro diversi elementi parlano di un’influenza essersi giaciuta con il dio, si sarebbe sposata con
esercitata sempre dai Fenici su Etruschi e Latini un tal Tarutius, il cui nome gentilizio è apparente-
nelle fasi più antiche dell’età del Ferro, questi ulti- mente etrusco, e sarebbe infine morta lasciando il

70. Macrob. Sat. III, 12, 1-9. 74. Cfr. Torelli 2000.
71. Per propoloi ed amphipoloi attendenti di culti in Oriente, v. la 75. Su tutti i problemi legati alla figura di Gerione, v. Giangiulio
testimonianza di Erodoto II, 58; 63. 1983; Blasquez 1983; D’Agostino 1995.
72. Cfr. il c.d. «Trader’s Complex» di Corinto, che va a mio av- 76. Varro l. L. VI, 23. 24; Cic. fam. I, 15, 8; Plut. Rom. 5; Ovid.
viso identificato con un piccolo santuario emporico greco- Fast : III, 55-58; Fest. Paul. 106 L.
orientale dedicato ad Afrodite : v. Torelli 1997b. 77. V. Sabbatucci 1987; Beard 1989; Coarelli 2003.
73. V. da ultimo, Torelli 1996. 78. Macrob. Sat. I 10, 13.
Ara Maxima Herculis
584 Mario TORELLI

popolo romano erede dei suoi beni, ossia l’ager Ta- dell’etera Lais 84, un intreccio di culti e pratiche ri-
rutius. La leggenda è la trasposizione in chiave mi- tuali che giungono fino alle soglie dell’acropoli di
tica di un concentrato delle forme connesse con la Atene 85. Ma ancora un altro dato nella direzione
prostituzione sacra di origine orientale 79. La nobili- del legame arcaico tra Ara Maxima e ierodulia è co-
tas dell’eroina è il preciso ricordo della ierodulia stituito dal sacellum Pudicitiae Patriciae con il relati-
orientale e dell’originario carattere di eccezionalità vo signum, che concordemente le fonti 86 collocano
dell’istituto, consistente nel consacrare nei santua- presso l’aedes Herculis Aemiliana, ovvero il tempio
ri, per periodi variabili da un giorno a lunghi anni, rotondo distrutto all’epoca di Sisto IV : la tutela
donne appartenenti alle classi dominanti, come della Pudicitia delle matronae là dove si esercita la
accadeva in varie situazioni mesopotamiche 80 ; do- prostituzione nelle forme arcaiche della ierodulia
po essersi giaciute con stranieri e dopo aver versa- non solo è un topos di quei luoghi, ma è sufficien-
to al santuario i proventi del servitium, le donne temente ben illustrato dalla contrapposizione tra
venivano liberate e potevano tornare alla vita nor- «amor sacro» e «amor profano» di un celebre mo-
male, accedendo anche al matrimonio. Al tempo numento collegato ad Afrodite Ericina, ossia il c.d.
stesso, nei regimi delle offerte, documentati per Trono Ludovisi 87. La profondità e il significato del
via sia letteraria che epigrafica 81 largamente in Ita- modello, che per le feste della dea associa nello
lia fin nel cuore del Sannio preromano 82, e nella stesso santuario honestiores e humiliores, ma con ri-
stratificazione di leggende formatasi attorno al dio gorosa separazione tra le classi sociali, è un fatto
del Foro Boario, ben analizzata da Coarelli 83, risul- ancora da esplorare fino in fondo, dalle feste del 1
tano perfettamente adombrati tutti gli elementi es- aprile per Fortuna Virilis-Venus Verticordia a
senziali per capire i meccanismi dell’economia ar- quanto avviene nel santuario di Posidonia-Pae-
caica dell’Italia antica (e non solo di quella), a par- stum di S. Venera dedicato ad Afrodite-Venere,
tire dall’altrimenti incomprensibile mito di Acca dove è possibile ricostruire, accanto ad un ben do-
Larentia per finire alla coincidenza tra primitivo cumentato servitium di schiavi e schiave del san-
prelievo fiscale e decime, offerta caratteristica per tuario, anche una frequentazione dell’aristocrazia
il dio dell’Ara Maxima, nonché alla sostanziale locale, sia pur in una visibile distinzione dei luoghi
identità tra bona templorum e bona publica. Nel mito deputati al culto delle une e delle altre 88.
di Acca Larentia e nel parallelo rito dei Larentalia Ma anche le altre notizie sia storiche che anti-
leggiamo, infatti, una molteplicità di cose : lo sta- quarie aleggianti attorno all’Ara Maxima provano
tuto di scortum di Acca è il riflesso diretto della ori- come questo antichissimo polo mercantile abbia
ginaria dipendenza delle ierodule dal tempio; die- fatto sedimentare su di sé tutte quelle pratiche di
tro il ricordo del trasferimento dell’ager Tarutius antica origine orientale, più o meno organicamen-
dalla proprietà dell’antica ierodula a quella del po- te diffuse nei principali emporii del Mediterraneo
pulus Romanus si celano i meccanismi primitivi di a frequentazione prima fenicia e poi greca, i cui di-
accumulazione realizzati attorno al tempio attra- siecta membra si colgono in quanto è noto per i san-
verso il servitium templare degli scorta e non solo di tuari di Cipro, di Naukratis, di Corinto, di Citera, di
quelli e le relative forme di prelievo dai bona tem- Locri, di Pyrgi : tali notizie contribuiscono a defini-
plorum; il carattere di parentatio della festa si com- re le modalità dello scambio arcaico, travolto, a
prende infine solo se si collega la presenza della partire dal V secolo a.C., dalle progressive trasfor-
tomba di Acca nella zona liminale del Velabro a mazioni dei sistemi politico-economici delle città
parallele realtà fossili di area greca. Penso qui al coloniali greche, etrusche e latine e dal controllo
santuario di Afrodite Melaina, l’Afrodite «nera», diretto statuale del rapporto mercantile, che nel
dea funeraria per eccellenza, nel sobborgo del Kra- caso dell’emporion di Gravisca sembra aver luogo
neion di Corinto, all’interno del quale era la tomba immediatamente prima o immediatamente dopo il

79. Fauth 1988; Lambert 1992; Washbourne 1999. 84. Paus. II, 2, 4.
80. Westerholz 1989. 85. Come spero di dimostrare in un mio lavoro in preparazione.
81. Sintesi della documentazione di V. Lambrinoudakis et al., in 86. Fonti raccolte da F. Coarelli, in LTUR IV, 1999, p. 168.
ThesCRA, III, 2005, p. 334 s. 87. Sul trono Ludovisi, v. da ultimo il volume collettivo Trono
82. Per l’Italia in generale, Peruzzi 1976; per il Sannio, v. La Re- Ludovisi 1997.
gina 1997, ripreso da Glinister 2000. 88. Torelli 1999, p. 120-130.
83. Coarelli 1988, p. 127-139.
585

grande rifacimento del santuario degli anni 480- ne di ministri nella gestione del culto, circostanza
470 a.C. Nel caso di Roma mi riferisco in particola- quest’ultima che bene spiega l’introduzione di ser-
re a quella tradizione più volte ripetuta a proposito vi publici come ministri del culto. In altre parole, la
della publicatio del culto dell’Ara Maxima da parte publicatio del santuario ha fatto sovrapporre dun-
di Appio Claudio nella sua memorabile censura que i vari fatti, il ruolo originario di titolari del cul-
del 312 a.C., publicatio che avrebbe esautorato fun- to rivestito dai membri della gens Pinaria e di mini-
zioni cultuali prima attribuite in forma esclusiva ai stri degli schiavi del santuario, l’estinzione dei Pi-
Pinarii e ai Potitii. Questo ha fatto giustamente narii e l’arbitraria sostituzione come titolari dei
concludere che il culto fino ad Appio Claudio do- potit(i)i, formale motivo dell’intervento di Appio
vesse essere di natura gentilizia : tuttavia, malgra- Claudio, con la conseguente obliterazione del vero
do molti tentativi di aitia di questa doppia presen- ruolo di ministri dei potit(i)i-Potitii.
za di Pinarii e di Potitii, aitia più o meno infarciti di Anche se è forse più coerente con le circostan-
autoschediasmi e di erudizione 89, che giungono fi- ze proprie di un servitium templare pensare a frui-
no ad attribuire i sacrifici mattutini agli uni e quel- tori di asylía, o a persone in stato di schiavitù con-
li serali agli altri 90, l’antiquaria antica non riesce a segnate come decima al santuario, intermediarie e
spiegarsi in maniera coerente sia questa doppia at- al tempo stesso oggetto del processo di scambio,
tribuzione del culto a due gentes sia il ruolo avuto come insegna il caso del doulos autore della dedica
nella fase finale dai Potitii. In un articolo di qua- di una coppa nel santuario di Gravisca per conto
rant’anni or sono, R. E. A. Palmer ha offerto una del suo padrone Pat[ – – – ] 95, quello che conta è
spiegazione ragionevole di questo singolare «gen- che i veri titolari del controllo gentilizio del san-
tilizio» derivato dal verbo potiri : se i Pinarii sono tuario sarebbero i Pinarii, mentre i potitii sarebbero
una gens patrizia bene attestata tra V e IV sec. a.C., gli incaricati materiali del culto, persone per inten-
basta scorrere la documentazione onomastica ro- derci del tipo dell’aedituus del mito di Acca Laren-
mana per accertarsi che il gentilizio potit(i)us non è tia. Quanto ai Pinarii i dati in nostro possesso sulla
mai esistito, costituendo piuttosto un termine da famiglia confermano che la gens era ai vertici dello
intendere come designazione arcaica degli schiavi stato patrizio della prima età repubblicana : cono-
di guerra, potiti nel senso di «catturati, resi schia- sciamo, infatti, fin dalle prime coppie consolari
vi» 91. Qua e là nelle fonti serpeggia il ricordo del- una serrata discendenza di Pinarii Mamercini, un
l’originario carattere servile di questi potit(i)i e del P. Pinarius cos. 489 a.C., un fratello (?) di questi
ruolo dominante dei Pinarii : nella particolarissima L. Pinarius cos. 472 a.C., un L. Pinarius tr. mil. cons.
versione di origine annalistica della fondazione del pot. 432 a.C. forse figlio del precedente e identico
culto offertaci da Diodoro si parla solo di Caco e al L. Pinarius cens. 430 a.C., ai quali succede con
dei Pinarii, ma non dei Potitii 92 ; altrove invece, un certo intervallo un L. Pinarius Natta mag. eq.
con evidente rovesciamento della realtà, viene en- 363 a.C. e pr. 349 a.C., probabilmente appartenen-
fatizzato un preteso ruolo dominante dei Potitii ri- te ad altro ramo della gens come sembra denuncia-
spetto ai Pinarii, «condannati» ad essere ministri re il diverso cognomen, Alla morte di costui la gens
di questi 93 ; in altri luoghi ancora, si scambia l’e- patrizia si estingue, un evento che possiamo collo-
stinzione dei Pinarii (evidente origine lontana del- care a ridosso dell’anno 312 a.C. e che ha fornito
l’intervento dei censori nel 312-310 a.C.) con quel- così ad Appio Claudio l’occasione per porre fine ad
la dei Potitii e si insiste sulla sostituzione di que- un’anomalia religiosa, istituzionale ed economica
st’ultimi con dei servi publici 94, come se nella fuori del tempo. A tal riguardo un certo interesse
memoria collettiva si fosse ingenerata una confu- può avere la biografia dell’ultimo esponente della
sione tra l’effettiva fine della gens patrizia dei Pina- gens, L. Pinarius Natta mag. eq. 363 a.C. e pr. 349
rii e il subentro degli ieroduli, i Potitii, con funzio- a.C., ricordato dall’annalistica 96 per una spedizione

89. Sulla tradizione relativa ai Potitii e ai Pinarii, il mito della 91. Palmer 1965.
fondazione è in Diod. Sic. IV, 21, 1-4; Liv. I, 7, 12-14; Dion. 92. Diod. Sic. IV, 21, 2.
Hal. I, 40, 4-5; Fest. 270 L; Mythogr. Vat. I, 69; Verg. Aen. VIII, 93. Serv. Aen. VIII, 269-270.
268-284; Serv. Aen. VIII, 269-270; le vicende connesse con 94. Soprattutto Liv. IX, 29, 9-10; 34, 18-19, ma anche Fest 240 L.
la censura di Appio Claudio sono in Liv. IX, 29, 9-10; 34, 18- 95. Johnston-Pandolfini 2000, p. 22, no. 117.
19; cfr. Fest. 240 L e CIL VI, 313. 96. Liv. VII, 25, 12-13.
90. Serv. Aen. VIII, 269.
Ara Maxima Herculis
586 Mario TORELLI

marittima contro i pirati greci che infestavano le nondum enim templum Herculis fuerat, sed ara tan-
coste laziali : a questo incarico potrebbe non esse- tum103, G. Wissowa104, seguito poi da molti, la col-
re estraneo il controllo da lui ancora esercitato sul loca nel momento in cui Appio Claudio effettuò la
culto di Ercole del Foro Boario, del quale non ho publicatio del culto. La notizia, offertaci da Livio105,
mancato di sottolineare i forti connotati emporici. che nel 188 a.C. i decemviri, per ordine dei Libri
Sibillini, avrebbero collocato una statua di Ercole
DAL FANUM ALLA PLURALITÀ DEI TEMPLI nel suo tempio, non può essere assunta come ter-
minus ante quem della costruzione, dal momento
Mentre il culto di Fortuna con la sua architet- che la notizia può ben riferirsi non a questo tem-
tura riflette molto bene il predominio culturale pio, ma a quello di Hercules Custos, collocato in
etrusco sulla città degli anni centrali del VI secolo Circo Flaminio sul lato opposto del tempio di Apol-
a.C., nulla sappiamo non solo della fondazione, lo, un edificio costruito nel III sec. a.C. e restaurato
ma anche dell’aspetto originario dell’Ara Maxima, da Silla106. Ancora nel 179 a.C. il santuario dell’Ara
per il quale possiamo idealmente rifarci soltanto ai Maxima doveva essere privo di un tempio, perchè
grandi altari monumentali dell’arcaismo greco, co- una porticus, del gruppo di quelle realizzate alla
me la successione di bomói di X-VIII secolo a.C. maniera ellenistica nella zona tra Foro Boario e
dello Heraion di Samos 97, mentre per immaginare Circo Flaminio dal censore di quell’anno M. Ful-
un’eventuale fase di VI secolo a.C. possiamo rivol- vius Nobilior, ancora viene definita come congiun-
gerci a monumenti quali il colossale altare del Tu- gente i Navalia al fanum Herculis : questo fanum
mulo II del Sodo di Cortona 98, lungo m 9,00 e lar- che non può che essere il nostro luogo sacro, pri-
go m 5,00, che a sua volta ripete esempi di grandi ma di tutto perchè chiamato fanum (quello di Her-
dimensioni noti nella Ionia, come l’altare del san- cules Custos è sempre chiamato aedes) e poi perchè
tuario di Poseidon a Capo Monodendri 99. Ad onta quelle porticus costruite da Nobilior guarniscono
delle manipolazioni che la cultura ellenistica di tutta l’area compresa tra i Navalia e la Porta Trige-
Pergamo ha fatto delle saghe di Roma «città arca- mina, non a caso quella posta sulla riva del Tevere
de»100, il collegamento, istituito da epoca abbastan- tra Navalia e portus Tiberinus in via di sistemazione
za antica tra la sua fondazione, la tradizione leg- urbanistica a partire dagli inizi del II sec. a.C.107. Il
gendaria di Evandro e il mito etrusco-latino di Ca- tempio, che conservò a lungo forme tuscaniche,
cus-Cacu101, lascia intravedere un’origine molto arcaiche o arcaizzanti, denunciate dalla pianta
antica del culto, praticato all’interno di ciò che tut- areostila, viene da Vitruvio ricordato come aedes
te le fonti chiamano fanum, ossia un santuario pri- Herculis Pompeiana108, aggettivo dovuto ad un re-
vo di edifici di culto102. In un’epoca successiva, l’A- stauro operato intorno al 70 a.C. da Pompeo Ma-
ra Maxima cessò di essere al centro di un fanum : gno e probabilmente poco esteso, se il suo fronto-
tra Circo Massimo ed Ara Maxima sorse un tempio ne conservò, tuscanico more, signa fictilia e inaura-
dedicato ad Ercole con l’appellattivo di Invictus, lo ta109. Se il restauro ebbe modesta portata, ciò forse
stesso dell’Ara, la cui collocazione in rapporto al- fu per rispettare l’aura di alta antichità posseduta
l’altare doveva veicolare in maniera immediata la dal culto, che l’aedes nelle sue austere forma tusca-
relazione consuetudinaria esistente tra ara ed ae- niche non turbava : in ogni caso Pompeo dovette
des. La data dell’aggiunta è discussa : se Servio, ri- annettere all’intervento un’importanza particola-
ferendosi ad un passato remotissimo, afferma che re, dal momento che egli volle fosse accompagnato

97. V. Yavis 1949, p. 108 s. 105. Liv. XXXVIII, 35, 4.


98. V. da ultimo, P. Zamarchi Grassi, in Fortunelli 2005, p. 164- 106. Fonti e discussione di A. Viscogliosi, in LTUR III, 1996,
169. p. 13 s.
99. Yavis 1949, p. 102. 107. Liv. XL, 51, 6, che attinge a documentazione ufficiale con-
100. Su tutto questo problema e sui suoi precedenti nel tempo, v. temporanea e che dunque usa terminologia molto precisa e
Mavrogiannis 2003. attendibile; per questo motivo risultano inaccettabili gli ar-
101. Small 1982; Briquel 1984, p. 234-235; Massa Pairault 1986, gomenti di Ziolkowski 1992, 50-56, che non dà peso ai sin-
p. 68-81; Coarelli 1988, p. 135-139. goli termini nell’intento di riferire questa porticus al tempio
102. V. M. Torelli, Fanum, in ThesCRA, IV, 2005, p. 239-240. di Hercules Custos, che non è mai stato fanum.
103. Serv. Aen. VIII, 179 : cfr. anche Macr. Sat. III, 6, 18; Plin. 108. Vitr. III 3, 5.
N. H. X, 79; Serv. Dan. Aen. III, 407. 109. Sul tempio, v. Coarelli 1988, 82-84; F. Coarelli, in LTUR III,
104. Wissowa 1904, p. 260-279; Wissowa 19122, p. 271 s. 1996, p. 20 s.
587

dal dono del simulacro di Ercole opera di Mirone, tempio sontuoso di pianta rotonda, dedicato allo
qui est apud Circum Maximum in aede Pompei Ma- stesso Hercules Invictus titolare del grande altare.
gni110, preda non necessariamente bellica111, e so- Edificio forse di marmo e di certo adorno di pitture
prattutto ne effettuò la dedica il 12 di Agosto, gior- eseguite dal pittore e scrittore Pacuvio, parente
no del solenne sacrum del pretore urbano ad Aram dello stesso Emiliano114. Noto come Aedes Aemiliana
Maximam (implicita conferma che quell’aedes face- Herculis, il tempio va riconosciuto nell’edificio ro-
va una cosa sola con l’altare)112, stessa data in cui tondo scoperto al tempo di Sisto IV e subito di-
fu collocato il dies natalis delle altre aedes dedicate strutto (fig. 9), noto grazie ai disegni di Baldassar-
dallo stesso Pompeo nel contesto delle opera Pom- re Peruzzi, secondo la convincente proposta di
peiana e del suo theatrum marmoreum nel Campo F. Coarelli115, cui si deve anche l’importante ipote-
Marzio113. La duplice connotazione, «erculea» dei si116, secondo la quale assieme al tempio sarebbe
dies natales dei vari templi da lui dedicati con il tea- stato realizzato un radicale rifacimento dall’altare :
tro e «venerea» della principale delle opere trion- il principale materiale da costruzione dell’altare, il
fali di Pompeo, l’aedes Veneris Victricis in summa ca- tufo dell’Aniene, rimanda, infatti, ad una data non
vea del suo magnifico teatro, veniva così singolar- troppo lontana dal 144 a.C., epoca della prima ap-
mente a richiamare la polarità antichissima dei parizione databile di quel tufo117. La collocazione
santuari di Fortuna e di Ercole nel portus Tiberinus. del nuovo tempio, sul lato dell’Ara Maxima, ma in
Nel corso della sua censura nel 142 a.C., vicino una posizione a Nord-Est non meglio precisabile,
all’Ara Maxima, non sull’asse, ma sul lato nord- lo faceva apparire altra cosa dall’insieme costituito
orientale di questa, Scipione Emiliano edificò un dall’aedes Herculis Invicti e dall’Ara Maxima, circo

Fig. 9 – Tempio rotondo del Foro Boario distrutto all’epoca di Sisto IV (da Coarelli 1988, fig. 14).

110. Plin. N. H. XXXIV, 57. 113. Inscr. It. XIII, 2, p. 493 s.


111. V. Celani 1998, 87, che segue la ricostruzione di Palagia 114. Plin. N. H. XXXV 4, 19.
1990, p. 59, secondo la quale si tratterebbe della statua rapi- 115. Coarelli 1988, p. 84-92.
nata da Verre al messinese C. Heius (Cic. Verr., II, 4, 4-5). 116. Coarelli 1988, p. 139-155.
112. Coarelli 1988, p. 77-84; cfr. anche F. Coarelli, in LTUR III, 117. Coarelli 1988, p. 164-180.
1996, p. 20 s.
Ara Maxima Herculis
588 Mario TORELLI

stanza questa evidentemente destinata ad enfatiz- essere considerata come la semplice conseguenza
zarne forma e significato. Ma quale significato? di un atto, per quanto sontuoso potesse essere (e
Forse una risposta a questo interrogativo può ve- tale certamente era) : a quell’epoca un tempio ro-
nirci se tentiamo di andare un po’ più a fondo su tondo per Ercole costituiva una novità assoluta
questa importante opera, che acquista particolare non soltanto per Roma, ma per tutta l’Italia anti-
rilievo fra le realizzazioni dell’Emiliano, andandosi ca, difficilmente etichettabile come una delle tan-
ad affiancare ad altre opere eseguite nella zona dal te acquisizioni dell’architettura tardo-ellenistica
censore del 142 a.C. o dalla sua gens di origine, dell’età della luxuria, ma ricca invece di implica-
opere tra le quali si annoverano due altre dediche zioni ideologiche e rituali. Nel santuario del Foro
a sfondo trionfale dello stesso Emiliano, gli Aemi- Boario il tempio rotondo si contrapponeva a quel-
liana, colossali horrea che denunciavano i segni lo di pianta tradizionale con una ben precisa fina-
delle crescenti esigenze annonarie della città, e la lità, quella di riproporre a Roma la caratteristica
statua di Apollo Caelispex118, frutto di evocatio da duplicità del culto, divino ed eroico, il cui model-
Cartagine, la città nemica storica di Roma distrutta lo era documentato in maniera chiarissima in
appunto dall’Emiliano. Come abbiamo visto sopra, Grecia nel principale santuario di Asclepio, quello
sulla scorta della rappresentazione dell’Arco di di Epidauro, dove il dio aveva sia un naos di tipo
Traiano a Benevento e dei Cataloghi Regionarii, tradizionale per il suo culto divino che una tholos
possiamo dire che sia gli Aemiliana che l’Apollo Ce- per il suo culto eroico122. Già Farnell, nella sua ce-
lispex sorgevano nella stessa zona, presso il tempio lebre classificazione dei culti eroici, aveva distinto
di Portunus e presso ancora un altro santuario di un tipo di eroe che era al tempo stesso anche
Ercole, con tutta evidenza quello extra Portam Tri- dio123, un caso per il quale il culto di Eracle, di cui
geminam : sempre grazie allo studio del Coarelli si disputava l’originario ruolo, eroico o divino, ap-
possiamo senz’altro identificare questo edificio con pariva agli occhi greci assolutamente paradig-
il tempio di Hercules Victor, dedicato dal tiburtino matico. La cosa aveva precise conseguenze sul
M. Octavius Hersennus (o Herrenus) e giunto fino modo di officiare sacrifici in suo onore, come è
a noi in buono stato di conservazione con il nome attestato a Sicione124, dove era nota analoga du-
popolare di «Tempio di Vesta»119. Tutte queste plicità di culto.
opere di Scipione Emiliano dovevano senza dub- Il fatto che l’Emiliano proponesse a Roma un
bio costituire un insieme di straordinario rilievo Ercole «eroe», dopo secoli di culto prestato ad un
monumentale e visivo nel panorama urbano, an- Ercole «dio», non era certo privo di implicazioni
cora «arcaico» e sostanzialmente piatto, di quella ideologiche, che a loro volta toccano in maniera
zona. diretta la politica. Costruendo questo edificio
Dal punto di vista cultuale, la dedica del tem- l’Emiliano intendeva sottolineare agli occhi della
pio rotondo appare di enorme interesse. Con l’atto città la dimensione umana del dio, implicitamente
evergetico dell’Emiliano, la città acquistava forse recuperandone una ben più spendibile natura
un altro tempio marmoreo a pochissimi anni di di- trionfale, che sappiamo radicata nel culto del Foro
stanza dai primi costruiti a Roma nel 146 a.C. da Boario sin dalle sue origini con la statua arcaicissi-
Metello Macedonico all’interno della sua porti- ma oggetto di vestizione in occasione dei trionfi,
cus120, di sicuro il secondo edificio di culto a pianta che ci viene così descritta da Plinio125 :
circolare dopo l’aedes Vestae, che tuttavia era con-
nesso ad altre logiche rituali, che giustamente l’an- Fuisse autem statuariam artem familiarem Italiae quoque
tiquaria collegava alle priscae casae della mitica Ro- et vetustam, indicant Hercules ab Evandro sacratus, ut
ma delle origini121. Tuttavia, la costruzione della ae- produnt, in foro Boario, qui triumphalis vocatur atque per
des rotunda da parte di Scipione Emiliano non può triumphos vestitur habitu triumphali.

118. Coarelli 1988, p. 156-164. da Fest. 320 L.


119. Coarelli 1988, p. 92-103. 122. V. da ultimo Torelli c.d.s.
120. Su tutto il problema delle prime architetture marmoree di 123. Farnell 1896, p. 19.
Roma, v. Gros 1996, p. 127-130. 124. Se ne veda la discussione antiquaria in Paus. II, 10, 1.
121. Ovid. Fast. VI, 261-262; cfr. 297; l’aedes è collegata alla più 125. Plin. N. H. XXXVI, 33.
antica fase regia da Dion. Hal. II, 64, 5-66, da Plut. Numa, 2 e
589

Sappiamo dei rapporti assai poco idilliaci con il l’autore del rifacimento del colossale altare quale
suo plebeo collega di trionfo e di censura, ci appare oggi nella cripta di S. Maria in Cosme-
L. Mummio126, del quale è noto l’impegno nella din.
celebrazione del proprio successo su Corinto con Chiunque sia stato il costruttore dell’aedes Her-
realizzazioni divenute talmente proverbiali come culis Invicti e l’autore del restauro dell’Ara Maxima,
aedificia Mummiana, una definizione così popolare non vengono in ogni caso meno le ragioni di un
da essere accolta nel lessico di Festo127. Il conflitto confronto tra Mummio e l’Emiliano anche a pro-
fra i due dovette estendersi anche all’aspetto del- posito del culto di Ercole, tanto più che il trionfa-
l’attività evergetica, resa assai ampia dall’immensi- tore di Corinto ha dedicato il suo tempio non nel-
tà e rilevanza artistica di ambedue i bottini di guer- le vesti di censore, ma di trionfatore nel 146-145
ra. Una ben nota iscrizione su travertino128, trovata a.C., e quindi presumibilmente prima della censu-
reimpiegata in un muro presso S. Giovanni in La- ra del 142 a.C. e dell’aedes Aemiliana Herculis. Con
terano, ci informa che Mummio fu autore della il pensiero rivolto alle sue vaste clientele italiche,
dedica ad Hercules Victor di un tempio e di un si- Mummio avrebbe compiuto una scelta tradiziona-
gnum come opus triumphale129. L’iscrizione suona listica, quella di dedicare il suo tempio nelle for-
così : L. Mummi(us) cos. Duc(tu) / auspicio imperioque me convenzionali ad un Hercules dio e non eroe,
/ eius Achaia capt(a) Corinto / deleto Roman redieit / caro a tutti gli Italici; a lui si contrappone l’aristo-
triumphans. Ob hasce / res bene gestas, quod / in bello cratico, ellenizzante Emiliano, che propone la
voverat / hanc aedem et signu(m) / Herculis Victoris / scelta opposta di celebrare la stessa figura religiosa
imperator dedicat. Purtroppo non sappiamo con cer- con la dedica di un tempio non soltanto caratte-
tezza dove fosse il tempio dedicato da Mummio : rizzato da squisite ed inedite forme greche, ma
piacerebbe identificarlo con l’antecedente del- soprattutto di onorarla con edificio adatto al culto
l’aedes Pompeiana Herculis, ossia con l’edificio che di Ercole come eroe. La scelta merita ancora qual-
veniva a costituire il tempio formale dell’Ara Maxi- che riga di commento. Malgrado l’esiguità delle
ma, ma ostano gravemente tanto l’epiteto di Victor fonti sull’Emiliano133, possiamo affermare che il
attribuito a questo Ercole quanto l’aspetto poco contrasto fra i due censori dovette essere senz’al-
appariscente della dedica. Forse dobbiamo conclu- tro notevole, come ci conferma una delle notizie
dere con Colini130, che il tempio mummiano si do- più chiare al riguardo propostaci da un aneddoto,
vrebbe identificare con un grande podio modanato riferito da Plutarco134, che vede Scipione Emiliano
scoperto nel secolo scorso tra via di S. Stefano Ro- e L. Mummio a duro confronto, proprio a propo-
tondo e l’Ospedale di S. Giovanni131. Se dunque sito della dedica del tempio di Ercole costruito dal
nel 179 a.C. il santuario dell’Ara Maxima era anco- conquistatore di Cartagine : Mummio non sareb-
ra un fanum, si dovrà concludere che la costruzio- be stato invitato da Scipione alla cena di inaugu-
ne del tempio si deve ad uno dei molti trionfatori o razione dell’opera, perchè ritenuto suo nemico.
ad uno dei censori delle censure succedutesi tra il La scelta operata da Scipione di dedicare un luogo
179 e il 142 a.C., forse L. Emilio Paolo, trionfatore di culto ad una personalità assurta al rango divino
di Perseo di Macedonia, censore nel 164 a.C. e pa- per i suoi alti meriti verso l’umanità, come era il
dre naturale dell’Emiliano, visto il formidabile im- caso paradigmatico di Eracle-Ercole, è indissolubi-
pegno degli Emilii in tutta la zona, dal Pons Aemi- le dalla sua posizione politico-filosofica imbevuta
lius agli Aemiliana132, che potrebbe anche essere di stoicismo135, che all’epoca andava a cozzare con

126. Sul personaggio, v. Pietilä-Castrén 1978; Ziolkowski 1988; 133. Sul personaggio il lavoro standard è quello di Astin 1967
Graverini 2001; Di Leo 2004; Wohlmayr 2002. (per i temi che qui interessano partic. 115-124); molto acuto,
127. Fest. Paul. 125 L; cfr. Liv. Epit. Oxyrh. 53; Vir. ill. 60; Cic. orat. per il tema qui proposto è il lavoro di E. Rawson (Rawson
70, Verr. II, 3, 9, off. II, 76; Strabo VIII, 381. 1973).
128. Così D. Palombi, in LTUR III, 1996, p. 23; ivi discussione del- 134. Plut. praec. ger. reip. 20, 4 : oΩ goỹn Skipı¥wn h¶koysen eßn Rw¥mq
le tesi di Ziolkowski 1992. kakw̃v, o™ti fı¥loyv eΩstiw̃n eßpıù tq̃ kauierw¥sei toỹ Hrakleı¥oy
129. CIL I2, 626 = ILLRP 122. toùn syna¥rxonta Mo¥mmion oyß pare¥labe . kaıù gaùr, eıß ta¶lla mhù
130. Colini 1944, p. 41 s., 119, 264, 308 n. 25. fı¥loyv eßno¥mizon eΩaytoy¥v, eßn toı̃v ge toioy¥toiv hßjı¥oyn timãn kaıù
131. NotSc 1903, p. 460. filofroneı̃suai diaù thùn aßrxh¥n.
132. Cfr. Coarelli 1988, p. 139-155. 135. Sul tema, v. Erskine 1990.
Ara Maxima Herculis
590 Mario TORELLI

l’immagine assai più tradizionale che si era co- santi restauri, cui negli anni ’20, G. B. Giovenale
struita per sé Mummio. Ad onta del fatto che il ha sottoposto la chiesa di S. Maria in Cosmedin,
conquistatore di Corinto, in occasione del suo tuttavia per nostra fortuna pubblicati. La pianta
trionfo, avrebbe proposto per la prima volta ai da lui proposta (fig. 10), pur nella genericità e nel
romani degli spettacoli teatrali di tipo greco136 e deciso piglio ermeneutico e ricostruttivo, ha una
che suo fratello Sp. Mummius, già legato di Lu- sua utilità, dal momento che consente di fissare
cio nella guerra di Acaia137, non solo era noto sul terreno i principali caposaldi della situazione
come stoico, ma era tanto legato alla cultura topografica di epoca antica che interessano il no-
greca da essere collocato da Cicerone fra i prota- stro discorso, e in particolare i resti più importanti
gonisti del dialogo De republica ambientato nel da mettere in relazione con l’Ara Maxima Herculis
129 e diretto addirittura dallo stesso Emiliano, venuti in luce nell’area della chiesa. Questi capo-
L. Mummio sul piano politico e ideologico era e saldi sono stati tutti già discussi, dal tempio di
voleva essere espressione della cultura propria Portunus alla Cloaca Maxima, dal tempio rotondo
della Roma medio-repubblicana, come conferma- di Hercules Victor di Octavius Hersennus alla ae-
no tra l’altro i noti aneddoti sui comportamenti des Aemiliana Herculis e infine ai carceres del Circo
del conquistratore di Corinto difronte alla cultu- Massimo, in vicinanza dei quali diverse fonti col-
ra e all’arte greca138. Dichiarare al popolo roma- locano l’Ara Maxima. L’altare secondo Servio142
no, come fa Scipione Emiliano, che la popolaris- era «post ianuas Circi Maximi», per lo scoliaste di
sima figura di Ercole, da secoli nota alla città co- Giovenale143 era «iuxta Circum»; anche nel noto
me dio, era in primo luogo un eroe, aveva il mosaico del circo di Piazza Armerina un tempio
sapore di una esplicita dichiarazione di fede tutta con la statua di culto di un Ercole promachos, cer-
stoica per un’immortalità guadagnata, come to la aedes Herculis Pompeiana, figura immediata-
quella di Eracle, grazie all’esercizio della virtus e mente alle spalle dei carceres (fig. 11). All’interno
alle molte opere compiute per il bene degli uo- della pianta complessiva, fallace per più di un
mini139 : esattamente quello che ci attenderem- motivo, come cercherò di spiegare più avanti,
mo da un personaggio, il quale, pur non essen- Giovenale propone la sua ricostruzione del com-
do mai definito formalmente come stoico, appa- plesso di edifici collegati alla chiesa di S. Maria in
re in stretta relazione con il caposcuola Cosmedin e all’Ara Maxima, che comprenderebbe-
Panezio140 ed è il protagonista del celebre fram- ro tre strutture : una da lui definita chalcidicum o
mento del De repubblica passato nella tradizione Loggia dei Mercanti, un edificio ricostruito come
grazie al commento di Macrobio come Somnium tempio tuscanico e identificato senza discussione
Scipionis, dove si espone minutamente il destino con il tempio di Cerere, Libero e Libera (che sap-
di immortalità di quanti si sono, appunto come piamo posizionato più a Sud-Ovest), e infine un
Eracle, dedicati al miglioramento delle condizioni recinto quadrato con altare, che per Giovenale sa-
dell’umanità141. rebbe l’Ara Maxima.
Vediamo ora in dettaglio l’imponente comples-
I RESTI DELL’ARA so di strutture rinvenute nella chiesa e nell’adia-
cente convento. Diversi saggi e puliture di Giove-
Possiamo ora passare ad analizzare i resti mo- nale hanno rivelato che la fase più antica del-
numentali che la ricerca archeologica ha in vario l’altare (da lui erroneamente identificato con il
modo e in varia epoca connesso con l’Ara Maxima tempio di Cerere, Libero e Libera) sorgeva al cen-
Herculis. Come si è detto sopra, dobbiamo la mag- tro o al fondo di un’area pavimentata con lastre di
gior parte delle nostre informazioni archeologiche travertino, vista chiaramente sulla fronte della
sull’intera area dove sorgeva l’Ara Maxima ai pe- chiesa144, ma apparsa, a quanto sembra, anche al-

136. Tac. ann. XIV, 21, 1. 141. Cfr. Wojacek 1985; più in generale, v. Lotito 1981.
137. F. Munzer, in RE XVI, 1935, p. 525-527. 142. Serv. Aen. VIII, 271.
138. Cfr. Pol. XXXIX, 14, 3; 17, 2-4. 143. Schol. in Iuven. VIII 13, 4.
139. Poortman 1994. 144. Giovenale 1927, 298.
140. Astin 1967, p. 296-299.
591

Fig. 10 – Edifici antichi nell’area di S. Maria in Cosmedin, ricostruzione di G. B. Giovenale (da Coarelli 1988, fig. 13).
Ara Maxima Herculis
592 Mario TORELLI

Fig. 11 – Il tempio di Ercole nel Foro Boario nel mosaico del Circo
di Piazza Armerina, particolare (da Carandini-Ricci-de Vos 1982).

trove (fig. 12). La platea è costituita da almeno


sei145 o otto assise146 di blocchi di tufo dell’Aniene,
costantemente di due piedi di altezza147, posti di te-
Fig. 12 – Saggio di G. B. Giovenale con il pavimento di lastre di travertino
sta e di taglio e allineati in ciascuna assisa in un’u- (da Fusciello 2001, fig. 6).
nica direzione, e cioè alternativamente con la testa
e con il taglio perpendicolari al lato lungo del-
l’edificio colonnato; su tutti e quattro i lati la pla- quando sappiamo da Tacito che l’Ara Maxima an-
tea è delimitata da una serie di blocchi di traverti- dò a fuoco assieme ad altri monumenti149. È possi-
no, che, pur se visti da Giovenale in piccoli tratti, bile che il restauro dovette comprendere ancora
dovevano comunque costituire il perimetro o ad- altri abbellimenti dell’altare secondo le mode del-
dirittura una vera e propria fodera148 dell’Ara Maxi- l’età imperiale : nella sezione della chiesa propo-
ma (fig. 13), una soluzione tecnica abituale negli sta da Giovenale, purtroppo non più controllabile,
edifici di epoca tardo-repubblicana, quando cioè si ma in una posizione che coincide con l’abside, fi-
data la fase dell’altare per noi più antica. Dato per gura un lastrone di marmo rientrante verso il
probabile che l’altare originario tardo-repubblica- centro della platea, un dettaglio rilevante ai fini
no avesse un rivestimento in travertino, non sap- della ricostruzione dell’altare stesso, potendo es-
piamo quanto questo rivestimento sia stato dan- sere interpretato come un prezioso indizio per la
neggiato in occasione dell’incendio neroniano, presenza di un elevato marmoreo, verosimilmen-

145. Così in Krautheimer-Frankl-Corbett 1959, 289; di tre o scalinata dell’altare.


quattro parla invece Giovenale 1927, 351; la «cavità inter- 146. Così Fusciello 2001, p. 6.
na» alla platea, che Giovenale pensa dovuta ai costruttori 147. Giovenale 1927, p. 356.
della chiesa dell’VIII sec. (Giovenale 1927, 324) e che invece 148. Questa doveva essere la funzione dei travertini e non, come
Krautheimer, con la Fusciello (2001, p. 7-8) ritiene preesi- pensa Cressedi 1984, 263, di «sostegno delle parti più pesan-
stente all’intervento di Adriano I (Krautheimer-Frankl-Cor- ti di un edificio», che non ha alcun senso in una struttura
bett 1959, p. 301 s.), in nessun modo può essere interpreta- piena, di limitate sovrastrutture, quale è quella di un altare.
ta, come vuole la Fusciello (2001, p. 8) come guancia della 149. Tac. Ann. XV, 41.
593

Fig. 13 – Pianta della chiesa con i saggi di Giovenale e con le presenze di blocchi di travertino (da Fusciello 2001, fig. 4).

te di età imperiale. Se crediamo ai medaglioni di tempio di Aphaia di Egina, di m 28 × 13, a quello


Antonino Pio nei quali figura un’ara circolare150, il del tempio di Ercole di Agrigento, di m 29 × 10. Se
vero e proprio altare delle immolazioni poteva es- consideriamo tuttavia che la cronologia dell’altare
sere un’ara rotonda posta al centro di questo im- romano, come abbiamo visto, va collocata nel II
mane basamento. sec. a.C., diviene legittimo il confronto con gli alta-
Le dimensioni minime dell’Ara Maxima sono ri colossali ellenistici, da quello del tempio di Arte-
state calcolate in m 31 × 21. Persino con queste mide Leukophryene, di m 23 × 15, a quello di Per-
proporzioni più ridotte, l’altare risulterebbe di mi- gamo, di m 34 × 34, fino a quello di Ierone II di Si-
sure paragonabili o addirittura più grandi di quelle racusa, di m 195 × 21151 : ancor più colossale
dei maggiori altari greci di VI sec. a.C., da quello sarebbe l’altare romano se ne facesse parte anche
dell’Heraion di Samo, di m 38 × 19, a quello del la platea posta a NE, oltre le absidi della chiesa. È

150. Gnecchi 1912, II, n. 91. 151. Per le misure di questi altari, v. Yavis 1949.
Ara Maxima Herculis
594 Mario TORELLI

possibile che le misure originarie toccassero i 120 basso da una sorta di scalino o sedile di m 0,60 di
piedi per 80, pari a m 35,50 × 23,70, compatibili altezza e m 0,60 di profondità, il quale, vedremo,
con quelle attuali approssimative di m 31 × 21, con giuoca un suo ruolo nel vasto complesso.
una discrepanza cioè che si può spiegare con la Cercando di proseguire ulteriormente nella ri-
perdita del rivestimento dell’altare. Questo rivesti- costruzione dell’altare, possiamo dire che il senso
mento originario va ipotizzato non soltanto per ra- del suo orientamento è certo, da momento che
gioni di decor (difficilmente l’ara poteva presentar- aveva gli angoli perfettamente coincidenti con i
si, anche in epoca repubblicana, come un basa- punti cardinali. Il carattere ctonio dell’Ara Maxima
mento grezzo senza altri ornati), ma anche perchè è fuori di ogni dubbio : come è noto, gli altari de-
ne abbiamo indiscutibili tracce, non solo nella pre- dicati a divinità uranie, che hanno i lati orientati
senza di blocchi e lastre di travertino viste dal Gio- con i punti cardinali, si contrappongono a quelli
venale su tutti e quattro i lati dell’altare nelle sue per le divinità ctonie, che hanno invece gli angoli
misure minime di m 31 × 21. Oltre a questo rivesti- orientati con i punti cardinali, una disposizione
mento di epoca repubblicana, il lato Nord-Est del- che prende le mosse dalla contrapposizione di
l’altare appare, infatti, guarnito (fig. 14) da un orientamento tra templa in terris e templa sub ter-
prospetto munito di quattro nicchie absidate, lar- ra153. L’impianto ctonio dell’altare è pensato in
ghe m 1,40 ed alte m 2,70, che si aprivano ad funzione di un culto prestato ad Ercole come eroe
un’altezza di m 2,17 dal piano stradale post- e non come dio : vista la scelta di Scipione Emilia-
severiano : il prospetto, realizzato in laterizio no, sopra discussa, di dedicare accanto all’altare un
(fig. 15), con un paramento di 5 ricorsi di mattoni edificio proprio del culto eroico, e cioè una tholos,
per 30 cm, che la Vincenti data giustamente alla la circostanza costituisce un ulteriore argomento
stessa epoca della c.d. loggia, vista l’identità del per considerare la creazione del tempio rotondo e
modulo delle murature152, è visibile all’interno de- il rifacimento dell’Ara Maxima in tufo dell’Aniene
gli annessi medioevali e moderni aggiunti al corpo come frutto di un intervento unitario del conqui-
della chiesa sul lato Nord-Est ed è completato in statore di Cartagine. Accertato l’orientamento,

Fig. 14 – Prospetto antico in laterizio con absidi sul lato Nord-Est dell’altare (da Fusciello 2001, fig. 7).

152. Vincenti 2002, p. 370.


153. V. M. Torelli, Templum, in ThesCRA IV, 2005, p. 340-347.
595

Fig. 15 – Sezione della basilica con la fase della diaconia e la fase della chiesa (da Vincenti 2002, fig. 6).

dobbiamo tentare di vedere da quale parte fosse di una «cavità interna» della platea di cui si è det-
l’accesso all’altare. Possiamo senz’altro escludere to sopra. Un accesso dalla parte restante, quella di
che l’altare fosse accessibile dal lato corto di Nord- Sud-Est, proponendo un sacrificio visibile da
Est, perchè la presenza del prospetto absidato in Nord-Ovest, vieppiù sottolineerebbe la natura in-
laterizio lascia chiaramente intendere che quel la- fera ed eroica del culto dello Hercules invictus ro-
to non era praticabile; ugualmente impossibile era mano.
l’accesso dalla fronte Nord-Ovest. dove il portico È sostenibile una tale ipotesi? Vanno a soste-
colonnato comunque costituiva barriera per l’in- gno di questa soluzione due importanti confronti
gresso delle processioni e delle vittime. Sul piano con luoghi di culto del dio, in particolare quello
teorico non resta dunque la possibiltà che l’accesso dello Hercules Salarius di Alba Fucens, sul quale
avvenisse attraverso uno degli altri due lati. La ri- torneremo per la sua rilevanza per la ricostruzione
costruzione della Fusciello (fig. 16) suggerisce un del santuario di Roma154, e l’heroon dinanzi al tem-
accesso da Sud-Ovest. L’ipotesi ha dalla sua il van- pio dorico del Foro Triangolare di Pompei, attribui-
taggio di presentare l’altare orientato in modo che to di norma ad Ercole155. La grande piazza porticata
il sacrificio fosse compiuto in vista del tempio ro- del santuario di Alba è conclusa a Nord-Ovest dal
tondo e forse anche di quello tuscanico, che risul- piccolo sacello, nel cui fondo era un tetrastylum
terebbero sostanzialmente in asse con quello del- contenente la colossale statua di culto tardo-
l’Ara Maxima : tuttavia, questo orientamento pre- ellenistica del dio seduto nell’iconografia del-
senta ben tre inconvenienti, il primo di lasciare l’epitrapezios, rappresentato cioè con la clava tratte-
inesplicato il prolungamento verso Sud della pla- nuta nella destra e lo skyphos brandito nella sini-
tea, il secondo di mostrare in posizione enfatica il stra : l’altare è pensato in relazione con il sacello
lato corto, e non quello lungo, come ci aspette- posto a Nord-Ovest e presenta un orientamento
remmo, del portico colonnato e il terzo di fondarsi identico a quello dell’Ara Maxima, con gli angoli
su di un assunto indimostrabile, e cioè la presenza cioè coincidenti con i punti cardinali. L’heroon del

154. De Visscher-Mertens-Balty 1963. 155. Sul tempio, v. de Waele-D’Agostino 2001, p. 315-321.


Ara Maxima Herculis
596 Mario TORELLI

Fig. 16 – Ricostruzione di G. Fusciello dell’Ara Maxima con i monumenti circostanti (da Fusciello 2001, fig. 2).

Foro Triangolare di Pompei addirittura è orientato due assi stradali ricostruti dalla Fusciello159, uno
a Nord-Ovest, dove presenta l’ingresso, e contene- che correva lungo il lato Nord-Est dell’altare e l’al-
va una precedente struttura interpretata come bo- tro, a questo parallelo e identificato dalla Fusciello
thros, che è stato successivamente recintato a mo’ con la via circa foros160 (figg. 13 e 16). La piazza è
di sepolcro156 : la sua attribuzione ad Ercole, mitico quella del Forum Boarium, sul fondo della quale
fondatore della città è generalmente accolta157. An- spiccava la grande mole dell’altare, percepibile so-
cora due altre circostanze mi inducono a ritenere stanzialmente da Nord-Ovest, vista la presenza di
possibile questa ricostruzione. La prima è costitui- due strade che ne eliminavano, di fatto, la vista da
ta dal giuoco delle prospettive antiche nel quale si Nord-Est e da Sud-Est, ciò che veniva a costituire
collocava l’altare. Come ha potuto dimostrare la un’evidentissima prospettiva da Nord-Ovest, desti-
Fusciello158, l’Ara Maxima si collocava al termine di nata ad essere fruita dalla folla adunata sulla piaz-
un’ampia rampa selciata in lieve salita da Nord- za per il solenne sacrum. L’«aggiunta» del portico
Ovest in direzione Sud-Est, proveniente dalle bas- colonnato si capisce soltanto nella logica di questa
sure che l’arginatura verso l’antico approdo del prospettiva priviliegiata, caratteristica che andrà
portus non aveva eliminato. Verso Nord-Ovest si pienamente valutata quando più avanti analizze-
collocava dunque una grande piazza, delimitata da remo aspetto e funzione del portico. Ma vi è anche

156. Cfr. l’interpretazione, molto ben argomentata, di Studniczka 158. Fusciello 2001, p. 9.
1903, p. 155-159. 159. Fusciello 2001, p. 10.
157. V. De Vos 1982, p. 62. 160. Fusciello 2001, 9 : l’identificazione è lungi dall’essere certa.
597

un’altra considerazione da fare. Quando, sotto tuario di Alba Fucens (fig. 4), ma la presenza, ap-
Adriano I (772-795), la diaconia venne trasforma- pena ricordata, di travertini a marmi al limite tra le
ta in chiesa, il Liber Pontificalis registra una colossa- due platee o parti di una stessa platea costituisce
le opera di demolizione dell’antica Ara Maxima con un argomento non secondario per respingere que-
metodi alquanto primitivi, come la combustione sta ulteriore ipotesi o quanto meno di collocare in
delle pietre, così descritta nel testo : quest’area la scalinata di accesso : solo uno scavo
potrebbe chiarire la questione in maniera definiti-
Diaconia vero sanctae Dei genetricis semperque vir- va.
ginis Mariae quae appellatur Cosmidin, dudum bre- Non è comunque nemmeno da escludere che
ve in edificis existens, sub ruinis posita, maximum questa parte della platea fosse nient’altro che la
monumentum de Tubertinis tufos super ea dependens, grande piazza dell’altare da pensare anche in rap-
per annum circuli plurima multitudo populi congre- porto con l’aedes Pompeiana Herculis, che poteva es-
gans, multorumque lignorum struem incendens, demolivit sere collocata tra l’altare e i carceres del Circo, come
(corsivi miei, N.d.A.)161. pensa il Giovenale : malgrado le visioni semplifica-
te e distorte proprie della cultura figurativa di que-
Vista la conservazione per sei-otto filari di bloc- st’epoca, il mosaico del Circo di Piazza Armeri-
chi della platea per alloggiare la cripta della chiesa, na163, mentre non presenta tracce di qualcosa
questa vasta opera di distruzione non può aver in- identificabile come l’Ara Maxima, ci mostra oltre i
taccato di molto la superficie dell’ara. Da ciò con- carceres tre templi in posizione frontale (fig. 17),
segue che la demolizione dell’Ara Maxima deve che, da destra verso sinistra, possiamo riconoscere
aver interessato tutta quella porzione della platea attraverso i simulacri di culto come quelli di Ercole
che si trova oltre le absidi in direzione dei carceres e (Ercole gradiente con clava), di Cerere, Libero e
che sembra proseguire per altri dieci metri o poco Libera (figura matronale e forse turrita) e di Flora
meno con un’altra distesa di blocchi di tufo dispo- (figura nuda), con un discreto rispetto per la suc-
sti con orientamento perpendicolare a quello con- cessione topografica, pur se appiattita nella rap-
servato sotto la chiesa, venendo a costituire quella presentazione, del ventaglio dei tre templi tra le
che (sempre erroneamente) Giovenale considera- pendici dell’Aventino e il Foro Boario. Il tempio
va la vera propria Ara Maxima162 : la presenza di tuscanico di Ercole va quindi ricercato tra carceres
travertino e di marmi nell’area delle absidi lascia ed Ara Maxima, ma dobbiamo escludere che avesse
intravedere che in questo punto doveva trovarsi un orientamento verso Nord-Ovest, come rico-
anche la parte terminale dell’Ara Maxima. È tutta- struisce Coarelli nella sua pianta164 (fig. 18). Esso
via difficile decidere se questo dislivello fosse frut- doveva aprirsi invece a Sud-Est, come lo mostra il
to di una diversa quota, più bassa, della preceden- mosaico di Piazza Armerina e come è normale nei
te, o se dobbiamo invece considerarlo nient’altro templi formali del dio nel mondo etrusco-italico e
che un’ulteriore estendersi verso Sud-Est della romano. È tuttavia possibile, se il tempio guardava
mole dell’altare stesso, che verrebbe ad avere una verso Sud-Est, che esso non fosse sull’asse dell’al-
dimensione allungata in senso inverso, da Nord- tare : in questo caso, al pari dell’aedes rotunda di
Ovest a Sud-Est, rispetto a quella normalmente Scipione Emiliano, che si colloca sul lato Est del-
ipotizzata, da Sud-Ovest a Nord-Est, e dunque di- l’Ara Maxima, anche l’aedes Pompeiana Herculis do-
mensioni ancora più colossali di quelle immagina- veva disporsi sul fianco del colossale altare, dato
te sinora. Quest’ultima soluzione (fermo restando che potrebbe essere confermato se potessimo
l’accesso all’altare da Sud-Est) appare seducente se prendere alla lettera l’affermazione di Servio165, in-
confrontata con la disposizione dell’altare del san- gens enim est ara Herculis, sicut videmus hodie post ia-

161. Liber Pontificalis, I, p. 509 Duchesne. come il tempio di Hercules Ranus a Campochiaro presso Se-
162. Giovenale 1927, p. 350 s. pino (S. Capini, in Samnium 1991, p. 115 s.), il sacello di Er-
163. Carandini-Ricci-de Vos 1982, p. 338 (con bibl. prec.). cole Curino di Sulmona (van Wontherghem 1984, p. 240 s.),
164. La ricostruzione di Coarelli 1988, 104, fig. 20, immagina il il tempio A (dedicato a Eracle) in loc. S. Antonio a Caere
tempio di Ercole come orientato a Nord-Ovest, un orienta- (Maggiani-Rizzo 2005, p. 177-182); a Sud-Ovest è invece
mento possibile alla luce di quanto abbiamo detto a proposi- orientato il tempio di Ercole Vincitore di Tivoli (Giuliani
to dell’altare, ma che presenta qualche problema per il nor- 1970, p. 164-201).
male orientamento a Sud-Est dei templi dedicati a quel dio, 165. Serv. Aen. VIII, 271
Ara Maxima Herculis
598 Mario TORELLI

Fig. 17 – Piazza Armerina, mosaico del circo : i tre templi oltre i carceres (da Carandini-Ricci-de Vos 1982, fig. 201).

nuas circi Maximi, dalla quale si ricaverebbe che di tre gradi dall’orientamento dell’altare, con il la-
l’Ara Maxima era visibile («videmus») subito do- to corto Sud-Ovest più breve di quello opposto di
po i carceres del Circo, senza che vi si frapponesse il Nord-Est. Il pavimento era certamente all’imposta
tempio di Pompeo. delle colonne e i sondaggi più recenti della Soprin-
tendenza, riferiti dalla Fusciello167, lo collocano a
IL PORTICO COLONNATO E LA SUA FUNZIONE quota 12,28, la stessa dei pavimenti stradali di IV
sec. d.C. Le murature, eseguite in tecnica laterizia
Detto da Giovenale chalcidicum o Loggia dei ben curata di cinque ricorsi per ogni 30 centimetri,
Mercanti, il portico colonnato, posto a NO della daterebbero, secondo alcuni, al terzo venticin-
platea e ad essa adiacente, si presenta con dimen- quennio del IV sec. d.C.168, ma possono ben essere
sioni senz’altro notevoli di m 31 × 17 circa, una su- più antiche; le colonne, alte m 6,90 e sicuramente
perficie che, come abbiamo visto, coincide con l’a- di reimpiego, sono coronate da capitelli composi-
rea in cui nel VII secolo venne istallata la primitiva ti169 di II sec. d.C., sostanzialmente fra loro omoge-
diaconia. L’edificio ha una forma assai peculiare, nei tranne due, uno di ordine ionico goffamente
trapezoidale, come rileva la Fusciello166, dovuta, riusato sul resto di quello composito170 ed un capi-
sembra, alla preesistenza di una strada divergente tello corinzio nettamente più antico, ed erano sor-

166. Fusciello 2001, 10. 169. I capitelli sono stati analizzati dalla Fusciello 2001, p. 10 s.
167. Fusciello 2001, 12. 170. Giovenale 1927, p. 337, fig. 114.
168. V. la discussione che ne ho proposto in Torelli 1992, p. 205 s.
.
Fig. 18 – La ricostruzione di F. Coarelli dell’area tra Portus Tiberinus e Circo Massimo (da Coarelli 1988, fig. 20).
Ara Maxima Herculis
600 Mario TORELLI

montate da archi, in molta parte conservati, che side della chiesa, toccano quota m 14,65, cosa che
misurano da terra al cervello della volta m 9 di al- sembra escludere che vi fosse comunicazione tra
tezza (fig. 19). I lati accertati del portico colonnato portico e altare. Questo è quanto si può argomen-
sono tre, mentre purtroppo ignoriamo come fosse tare dalle confuse descrizioni e dal rilievo dello
il quarto lato lungo adiacente all’altare, distrutto stesso Giovenale, il quale sulla sua pianta di resti-
già nel VII sec. con la costruzione della diaconia, tuzione, sotto la linea corrispondente al lato lungo
lato che Giovenale, senza dati precisi, ricostruisce distrutto della loggia segna l’esistenza di traverti-
come chiuso171 : la conoscenza di questo dettaglio no, pertinente senza dubbio alle parti originarie in
fondamentale dirimerebbe ogni possibile contro- travertino dell’Ara Maxima, di cui abbiamo detto
versia sull’aspetto originario e sulla funzione del- sopra.
l’edificio. In appendice al volume di F. Coarelli sul Foro
Anche il solo aspetto del portico, con i due lati Boario, F. Tolotti174 ricostruisce il complesso sul
corti muniti di quattro archi su tre colonne, ed il modello dell’altare di Pergamo (fig. 21). Fatta salva
lato lungo corrispondente all’ingresso della chiesa, l’improponibilità del confronto tra i due monu-
a sua volta organizzato con otto archi su sette co- menti sul piano funzionale, la ricostruzione ha
lonne, lo denuncia come un indubbio monumento una sua logica e coincide con quanto ho finora ar-
tardoantico : il partito colonnato si presenta, infat- gomentato sull’orientamento e la posizione della
ti, molto regolare, contrapponendo un prospetto scalinata di accesso all’altare, anche se il portico
di 4 arcate ad uno di 8, ossia con le arcate del lato colonnato da lui lasciato scoperto era di sicuro co-
lungo pari al doppio di quelle del lato corto. Gli in- perto, presumibilmente con tetto a capanna, come
tradossi degli archi conservano ancora la decora- provano stucchi e pitture dell’intonaco interno del
zione in stucco con cespi di vegetazione molto portico. Il nesso del portico con l’altare è indiscuti-
schematizzati fatti di viticci e frutti (fig. 20) che bile, poichè il suo lato lungo coincide con uno dei
sorgono da cestini, paragonati più volte nella lette- lati dell’Ara Maxima, sia quest’ultimo il lato corto o
ratura alla decorazione della c.d. Platonia della pri- quello lungo non è dato di sapere con certezza, co-
mitiva chiesa di S. Sebastiano fuori le mura172, edi- me abbiamo veduto. Poichè di tutti gli altri edifici
ficio che, anche senza voler seguire R. Krauthei- dell’area, un altare colossale affiancato da un tem-
mer nella sua datazione all’età di Massenzio173, al pio tuscanico e da un tempio rotondo, si compren-
più tardi va collocato alla prima età costantiniana. de tipologia e funzione, e poichè il nesso struttura-
In più punti si intravedono i resti di una decora- le fra altare e portico colonnato è evidentissimo,
zione pittorica delle pareti con bande rosse che occorre ora affrontare l’identificazione tipologica
marcano i bordi degli archi e seguono i limiti delle di quest’ultimo edificio, per valutarne il ruolo al-
colonne (fig. 19). Del quarto lato possiamo dire l’interno del santuario, essendo inattendibile la
soltanto che si appoggiava alla platea dell’altare o tradizionale identificazione del De Rossi come Sta-
addirittura la sormontava, senza poter però con- tio annonae175, opportunamente discussa e confuta-
cludere in maniera certa che tra la piattaforma so- ta in maniera definitiva da F. Coarelli176. Vedremo
praelevata dell’altare e il pavimento vi fosse o me- più avanti la possibile validità dell’ipotesi di un’i-
no comunicazione. Nei rilievi del Giovenale la dentificazione del portico colonnato proposta dal
quota del pavimento del portico colonnato, segna- Coarelli177 con il consaeptum sacellum del passo di
ta a m 12,74, sembra coincidere con la quota di Solino relativo al racconto della fondazione dell’al-
quello della chiesa (m 12,68), mentre le parti in tare178. La data che Coarelli assegna alla costruzio-
marmo dell’Ara Maxima, certo appartenti all’al- ne del portico, da lui immaginato di V sec. d.C.,
zato, discusse poc’anzi e visibili dietro e sotto l’ab- come pure di una data al V sec. d.C. si mostra con-

171. Giovenale 1927, p. 341 : «Il muro di fondo dell’edificio (scil. 173. R. Krautheimer, in Krautheimer-Frankl-Corbett 1970,
il portico colonnato) dobbiamo ritenere fosse quello stesso p. 136-138 (con bibl. prec.).
contro il quale fu poscia intestata la diaconia del VI secolo e 174. Tolotti 1988.
di cui abbiamo trovato gli avanzi dietro l’ambone dell’episto- 175. V. sopra nota 9.
la», che tuttavia appare essere solo l’attacco del muro origi- 176. Coarelli 1988, p. 75-77.
nario della diaconia, come risulta anche dal rilievo in Krau- 177. Coarelli 1988, p. 75-77.
theimer-Frankl-Corbett 1959, tav. XX. 178. Solin. I, 10 s.
172. Giovenale 1927, p. 337.
Fig. 19 – Il lato lungo del portico colonnato come conservato nella facciata della chiesa : visibili le bande rosse dipinte (da Krautheimer 1964, fig. 224).
601
Ara Maxima Herculis
602 Mario TORELLI

epoca anteriore, come prova la discreta qualità


dell’opera laterizia; «cadute» nella qualità del riu-
so, come i due capitelli estranei alla serie, sembra-
no piuttosto restauri successivi dell’edificio, che
potrebbero anche essere stati realizzati all’epoca
stessa della sua trasformazione in diaconia. Stando
ai rilievi del Giovenale, il portico si imposta a quo-
ta 10,27, che coincide con la quota di m 10,08 da
lui rilevata sul lato opposto alla facciata del porti-
co, al livello dei travertini più profondi dell’Ara
Maxima, ciò che pone in fase i due monumenti,
Ara Maxima e portico.
I pochi altri dati derivati dai ritrovamenti noti
possono consertirci di procedere ulteriormente nel
riconoscimento della funzione di questo singolare
monumento. Dall’area intorno alla chiesa infatti
Fig. 20 – Dettaglio degli stucchi degli intradossi degli archi
provengono diverse iscrizioni, che commemorano
del portico colonnato (da Krautheimer 1964, fig. 223).
i sacrifici fatti dai pretori urbani, titolari del sacrum
del 12 agosto, di cui sarà utile vedere in dettaglio
carriera ed anno probabile delle pretura. La prima
vinta anche V. Vincenti : ambedue si appoggiano dedica in ordine cronologico183 è quella in versi di
per la loro cronologia al ritrovamento nei pressi L. Fabius Cilo, un senatore spagnolo, che in epoca
della chiesa di due iscrizioni che ricordano lavori severiana assurge a grande rilievo, fino ad ottenere
ad un imprecisato monumento del praef. urbi 414 il secondo consolato ordinario e la prefettura ur-
Caecina Decius Alcinatus Albinus179 e un restauro bana nello stesso anno 204184 : la sua pretura si
del praef. urbi 425 Anicius Acilius Glabrio Fau- colloca nei primi anni del regno di Commodo, es-
stus180. Ora il portico colonnato è certamente una sendo lui la persona che, in qualità di consul desi-
struttura tardo-antica, ma non è databile al V se- gnatus per il 193, si incarica di dare sepoltura al-
colo, come sembrano inclini ad ammettere sia l’imperatore ucciso. La seconda dedica registra il
F. Coarelli181 che V. Vincenti182. Anche se costruito sacrum ad Aram Maximam di M. Cassius Hortensius
con colonne di spoglio, l’edificio va collocato in Paulinus185, un senatore appartenente ad una gens

Fig. 21 – Ricostruzione di F. Tolotti del dell’Ara maxima con il portico colonnato (da Coarelli 1988, fig. 104, p. 441).

179. CIL VI 1659. 183. CIL VI 312.


180. CIL VI 1677. 184. PIR III2, F 27, 97-100.
181. Coarelli 1988, p. 75-77. 185. CIL VI 313.
182. Vincenti 2002, p. 373 s.
603

originaria della Transpadana, ricordata ad Aquileia rector Siciliae tra il 312 e il 324 d.C. 203 o forse con il
e a Brescia186, del quale si conoscono solo la dedica padre di questi, appartenente alla nota, grande fa-
all’Ara Maxima e i bolli laterizi dell’officina Prop miglia di Aeclanum 204.
(aetianas) prodotti nei suoi predii187 : i bolli sono Da questa disamina prosopografica, non sfug-
comunque attribuiti da Bloch all’età di Commo- giranno alcuni fatti molto interessanti. Non si co-
do188. Ancor meno noto è l’autore della terza dedi- noscono dediche anteriori all’età di Commodo :
ca189, C. Iulius Pomponius Pudens Severianus, di l’improvviso apparire di un folto gruppo di dedi-
cui si conosce solo questa epigrafe : la cronologia che di quest’epoca o della prima età severiana co-
generica attribuitagli da L. Petersen nella Prosopo- stituisce un indizio che nella storia del monumen-
graphia Imperii Romani190 è il III sec. d.C. Sempre to sembra marcare un evento significativo anche
nell’orizzonte tra la fine del II e gli inizi del III sec. nella storia monumentale e politico-religiosa del-
d.C., si colloca P. Catius Sabinus, responsabile del- l’Ara Maxima. Non è un caso, infatti, che Commo-
la quarta dedica191 : cos. suff. c. a 207, II ord. 216, de- do si sia notoriamente identificato con Ercole 205 :
ve appunto essere stato pretore tra la fine dell’età del pari il prolungarsi di questo gruppo di dediche
di Commodo e gli inizi dell’età severiana192. Con nella prima età severiana ci ricorda come un pun-
Iunius Veldumnianus, titolare della quinta iscrizio- to fisso nella vicenda dinastica dei Severi fosse
ne193 e cos. ord. del 272 d.C.194, pretore urbano alla proprio la pretesa adozione di Settimio Severo da
fine degli anni ’60 del III sec. d.C., registriamo un parte di Commodo. Ugualmente significativa ap-
notevole scarto cronologico con il gruppo di preto- pare la seconda concentrazione di dediche nell’età
ri urbani finora esaminati, tutti o quasi tutti attivi tetrarchica, con il prolungamento che tocca gli an-
tra gli anni finali del II e quelli iniziali del III sec. ni del regno costantiniano anteriori alla sconfitta
d.C. A questo punto tutti gli altri dedicanti si collo- di Licinio e dunque intende alludere ancora alla
cano tra la fine del III e gli inizi del IV sec. d.C. La finzione di una continuità dell’assetto dinastico
più antica di queste iscrizioni ricorda ben quattro dioclezianeo : addirittura la dedica unica dei quat-
pretori, autori di una stessa dedica195, T. Flavius Iu- tro pretori T. Flavius Iulianus Quadratianus,
lianus Quadratianus196, M. Nummius Ceionius Al- M. Nummius Ceionius Albinus, Iulius Festus e
binus197, Iulius Festus198 e Pompeius Appius Fausti- Pompeius Appius Faustinus è un’evidente allusio-
nus199 : tra tutti il meglio databile risulta essere ne alla quadruplice realtà politico-religiosa della
l’ultimo dei quattro, per aver rivestito la praefectura tetrarchia. Quest’ultimo gruppo di dediche, da
urbi nel 300 d.C., cosa che ne fa datare la pretura porre in relazione con l’identificazione di Massi-
agli ultimi anni del III sec. a.C. Ultimi infine fra miano con Ercole, ci offre molto probabilmente la
tutti i pretori delle dediche a noi conservate sono chiave per la cronologia del portico colonnato, che
senatori della fine dell’età tetrarchica o della prima possiamo dunque fissare all’epoca tetrarchica,
età costantiniana sono M. Iunius Caesonius Nico- quando si realizzò anche un grande restauro del-
machus Anicius Faustus Paulinus 200 dedicante del l’antico monumento, di cui il prospetto ad absidi
321 d.C. 201, e un Perpetuus 202, da identificare, come del lato Nord-Est dell’Ara Maxima è quanto ci ri-
propone K. Wachtel con il Betitius Perpetuus cor- mane.

186. CIL V 1009 (Aquileia) e 4449 (Brixia). dioclezianea CIL VI 37118.


187. PIR IV2, H 211, 99. 199. PIR VI2, P 591, 257.
188. ibid. 200. Cfr. PIR I2, A 691, 99, scheda riferita a suo padre cos. II ord.
189. CIL VI 317 = ILS 3408. 298.
190. PIR IV2, I 478, 252. 201. CIL VI 315 = ILS 3409.
191. CIL VI 318. 202. CIL VI 316.
192. PIR II2, C 571, 130 s. 203. PIR VI2, P 242, 89.
193. CIL VI 319. 204. Come sembra doversi arguire da PLRE I, 88 s.
194. PIR IV2, I 845, 358. 205. La letteratura sul tema è immensa e numerose sono le testi-
195. CIL VI 314. monianze archeologiche e numismatiche di questa autorap-
196. PIR III2, F 294, 156. presentazione di Commodo come Eracle : cfr. Gross 1973;
197. PIR V2, N 231, 400 : la sua famiglia, originaria di Brixia, è Martin 1975; Inan 1977; Vermeule 1977; Gagé 1981; Levi
molto nota lungo tutto il III sec. d.C. 1993; Erkell 1993; Speidel 1993; Giuliano 1995; Hekster
198. PIR IV2, I 307, 212 : a lui si riferisce anche l’iscrizione di età 2001; Dareggi 2002.
Ara Maxima Herculis
604 Mario TORELLI

Se queste osservazioni ci aiutano a collocare


cronologicamente il portico colonnato, per preci-
sare la funzione che l’edificio assolveva nel grande
santuario di Ercole, dobbiamo cercare fra i mate-
riali ritrovati in passato nell’area. Il rinvenimento
più significativo avvenuto nell’area, finora rimasto
inosservato, è costituito da una testa che replica il
tipo delle Cariatidi dell’Eretteo, scoperta nel 1940
nella Piazza della Bocca della Verità e ora al Museo
Nuovo Capitolino con il numero di inventario
2436 206 (fig. 22). Erika Schmidt, editrice per «An-
tike Plastik» della serie di repliche delle korai ate-
niesi, ha accostato questa testa ad un’altra, che,
scoperta a suo dire nel 1910 in «piazza dei Cerchi e
donata lo stesso anno al Museo dall’ing. C. Ceradi-
nis, direttore della R. Scuola d’applicazione per gli
ingegneri», è ora conservata nei magazzini del
Museo delle Terme con il numero di inventario
52575 207 (fig. 23); sempre secondo la Schmidt, le
due teste apparterrebero ad un medesimo gruppo
tra la fine dell’età antonina e gli inizi dell’età seve-
riana e composto da due altre copie di provenien-
za romana, purtroppo non altrimenti definita, già Fig. 23 – Museo nazionale romano (inv. n. 52575) : testa di replica
nella collezione Giustiniani ed ora a Copenhagen di cariatide dell’Eretteo da via del Cardello.

con i numeri di inventario 286 e 301208 (fig. 24 e


25). Il raggruppamento, se sul piano stilistico ap-
pare accettabile, presenta sul piano fattuale più di
un problema. Le dimensioni dell’unica testa con-
servata delle due korai Giustiniani sembrano coin-
cidere quelle della replica da Piazza della Bocca
della Verità, così come vicinissimo è il trattamento
della capigliatura dell’esemplare di Roma (fig. 26)
e della testa di Copenhagen (fig. 27), che, sottopo-
sta a forte lisciatura, ha perso in tal modo molto
della freschezza della replica dei Capitolini, in-
fluenzando persino lo spessore della treccia, molto
maggiore nella testa delle Terme. Andando poi ad
altri dettagli, i problemi si moltiplicano. La testa
capitolina esibisce resti di una stoffa (fig. 28), che
ricadono sulla treccia attorta sopra il capo, un det-
Fig. 22 – Museo nuovo capitolino (inv. n. 2436) : testa di replica taglio che possiamo comprendere grazie alla repli-
di cariatide dell’Eretteo da Piazza di S. Maria in Cosmedin. ca delle Terme (fig. 29), nella quale si conserva per

206. Schmidt 1973, p. 40 s., n. 5; sul trovamento v. H. Fuhr- il 1940 (v. AA 1941 cit.) e non il 1941.
mann, in AA 1941, p. 542, n. 4; v. anche H. von Steuben, in 207. Schmidt 1973, p. 41 s., n. 6.
Helbig4, II, p. 437 s, n. 1645. Anche per questo pezzo il lavo- 208. Schmidt 1973, p. 27-30, K. 1-2.
ro della Schmiedt appare impreciso : la data della scoperta è
605

Fig. 24 – Copenhagen, NyCarlsberg Glyptotek (inv. n. 286) :


replica di cariatide dell’Eretteo dalla Collezione Giustiniani.

Fig. 25 – Copenhagen, NyCarlsberg Glyptotek


(inv. n. 301) : replica di cariatide dell’Eretteo
dalla Collezione Giustiniani.
Ara Maxima Herculis
606 Mario TORELLI

Fig. 26 – Museo nuovo capitolino (inv. n. 2436) : particolare della


replica di cariatide dell’Eretteo da Piazza di S. Maria in Cosmedin.

intero il velo, che, posto a coprire la sommità di un


cesto appoggiato sulla testa, forma un tratto di
panneggio praticamente identico : si aggiunga
inoltre che la replica delle Terme presenta un ele-
mento architettonico che sporge dal cesto e che
denuncia l’inserzione della testa in un partito ar-
chitettonico «a mensola» molto significativo per la
ricostruzione eventuale del monumento di appar-
tenenza. Purtroppo l’indicazione di provenienza
della testa delle Terme data dalla Schmidt è erro-
nea : «Piazza dei Cerchi» non solo non esiste nella
Fig. 27 – Copenhagen, NyCarlsberg Glyptotek (inv. n. 286) : particolare
toponomastica di Roma, che con questo nome co-
della replica di cariatide dell’Eretteo dalla Collezione Giustiniani.
nosce solo una via (e l’indicazione può essersi insi-
nuata nel testo della Schmidt proprio per la sua vi-
cinanza a S. Maria in Cosmedin) e non una piazza,
ma l’inventario del Museo delle Terme, mentre cui notizia è contenuta in un rogito del notaio de
conferma l’affermazione della Schmidt circa il do- Berardis, relativa alla concessione del permesso ad
no della scultura da parte di C. Ceradinis, dichiara una società di scalpellini ed effossores lapidum di
che il pezzo proverrebbe dalle «fondazioni di una scavare «subtus concavitates, seu voltas et fornices
casa in via del Cardello», che è situata sull’Oppio e praefatae ecclesiae S. Marie de scola greca, videli-
dunque in tutt’altra parte della città. Restano co- cet in locum ejusdem ecclesie versus stratam pu-
munque fermi i dati del trovamento della testa blicam, in conspectu mole ejusdem ecclesie id est
dalla fronte della chiesa di S. Maria in Cosmedin. prope portam magnam Cortilis ejusdem ecclesie
Quanto alla provenienza dei pezzi Giustiniani e subtus scalam magnam a sinistra» e di cavarne
forse anche della testa delle Terme, ricordiamo che «marmi, travertini, oro, argento», dividendone il
sappiamo di scavi a scopo di lucro fatti attorno alla ricavato con i canonici della chiesa 209. Poiché la
chiesa in epoca moderna, come quello del 1521, la circolazione di eventuali pezzi emersi dallo scavo

209. Lanciani 19892, a. 1521, p. 263 s.; cfr. Giovenale 1927, 359 s.
607

Fig. 28 – Museo nuovo capitolino (inv. n. 2436) : particolare della


replica di cariatide dell’Eretteo da Piazza di S. Maria in Cosmedin.

Fig. 29 – Museo nazionale romano (inv. n. 52575) : testa di replica


può benissimo aver toccato collezioni grande e
di cariatide dell’Eretteo da via del Cardello.
piccole di Roma, non dobbiamo respingere a priori
l’idea che i pezzi Giustiniani e perfino la stessa te-
sta da via del Cardello possano derivare da questa che delle Cariatidi dell’Eretteo, in quanto veicola-
come da altre consimili spoliazioni. Resta comun- trici di una forte carica semantica, non soltanto so-
que il dato che almeno una di queste sculture è no molto rare, ma appaiono in primis destinate a
stata scoperta in prossimità dell’Ara Maxima e che, monumenti di grande rilievo politico-religioso,
sul piano dell’iconografia (il cesto velato sulla te- quale doveva essere l’edificio nell’area dell’antico
sta) come dello stile, questo gruppo di repliche fanum di Ercole, unito in modo indissolubile al-
delle korai dell’Eretteo si presenta omogeno e che l’Ara Maxima Herculis. Questo ritrovamento viene
potrebbe apprtenere ad uno stesso monumento, di fatto a costituire un elemento di grande impor-
localizzato in antico nell’area di S. Maria in Co- tanza per la ricostruzione dell’aspetto del prede-
smedin. cessore del monumento tetrarchico.
Come per il monumento tardo-antico il nume- Tutte queste considerazioni ci inducono a pen-
ro più alto di dediche costituisce un indizio per la sare che la forma «a loggiato» del monumento
sua datazione ad età tetrarchica, la coincidenza tra nella sua ricostruzione di IV secolo riprendesse in
la cronologia stilistica di questa scultura (e dunque qualche modo l’aspetto di un edificio della prece-
dell’intero gruppo), che Lauter addirittura colloca dente fase tardo-antonina di particolare interesse
al 180 d.C. 210, e le prime attestazioni di dediche di della dinastia : non è necessario, credo, discutere il
pretori urbani dell’età di Commodo non è casuale, carattere conservativo delle scelte tipologiche in
come assai significativo è il trovamento intorno al- fatto di architetture ufficiali e in particolare di
la chiesa di S. Maria in Cosmedin di almeno una quelle a contenuto religioso. È possibile perciò
copia delle Cariatidi dell’Eretteo, se non di tutte o supporre che l’edificio dell’età di Commodo avesse
di parte delle altre testé discusse : i casi del Foro di la forma di un loggiato non troppo dissimile da
Augusto e di Villa Adriana, tutti diligentemente quella tardo-antica, costituito da un colonnato pe-
raccolti dalla Schmiedt 211, ci insegnano che le repli- rimetrale, molto probabilmente architravato e non

210. Lauter 1956, p. 42. 211. Schmidt 1973.


Ara Maxima Herculis
608 Mario TORELLI

coronato da archi, come nella fase tetrarchica, sul il monumento di Sparta aveva tutt’altro significato
quale posava un attico decorato da una sfilata di rispetto al Foro di Augusto e di essa invece si col-
cariatidi, capace di riproporre un prestigioso mo- gono gli echi a Roma ad es. nelle figure in porfido
dello per l’architettura a destinazione politico- di Parti inginocchiati 215. In realtà, le korai del Foro
religiosa, quello del Foro di Augusto (fig. 30), del di Augusto rispondevano in maniera diretta alla
quale si voleva replicare l’aspetto e anche i mes- semantica del modello di Atene, dove le fanciulle,
saggi ideologici più complessi. Molti anni fa Paul forse impersonanti la classe d’età delle kanephóroi,
Zanker 212 ha proposto di vedere nella sfilata delle venivano immaginate nell’atto di recare una pe-
copie delle korai dell’Eretteo sull’attico dei portici renne libagione con le phialai tenute nella mano
del grande complesso augusteo la rievocazione di alla tomba di Cecrope, eroe fondatore dell’Attica
quell’exemplum servitutis e di barbaritas devicta, che che una pia tradizione voleva lì sepolto; nel Foro
un noto passo di Vitruvio 213 attribuisce alle cariati- di Augusto a Roma le stesse kanephóroi portavano
di poste a decorazione della celebre «stoà persia- uguale omaggio ad Enea e a Romolo, fondatori
na» di Sparta 214 : in realtà, con la sua decorazione della gens Iulia e di Roma, onorati come eroi nelle
fatta di tutti i principali protagonisti persiani (e tra absidi dei portici, ove erano le loro statue, vere e
questi le «donne di Caria») della sconfitta di Serse, proprie immagini di culto recate in processione 216 e

Fig. 30 – Roma, Foro di Augusto, Casa dei Cavalieri di Rodi : prospetto ricostruito del portico del Foro.

212. Zanker 1968, p. 13. Torelli 1991, p. 194 s.


213. Vitruv. I 1, 4. 215. Su queste sculture, v. Schneider 1986.
214. Paus. III 11, 3 : v. il commento che ne ho proposto in Musti- 216. Cfr. Schäfer 2002.
609

duplicate nelle colonie dell’impero come a Meri-


da 217, circondate da una lunga teoria di eroi, i sum-
mi viri della repubblica e i componenti della genea-
logia di Augusto.
La costruzione dei significati simbolici del Foro
di Augusto ci orienta in direzione di una più com-
piuta comprensione del monumento del Foro
Boario. Per potergli perciò attribuire corretti signi-
ficati ideologici, dobbiamo partire senz’altro dalla
loggia delle Cariatidi dell’Acropoli di Atene e dai
suoi significati ideologici. Il modello è stato copiato
(e contaminato) a Roma per veicolare quell’aura
di prestigiosa religiosità che da esso scaturiva e di
pio omaggio rivolto a memorie eroiche venerande.
Se abbiamo già detto delle repliche del Foro di Au-
gusto, non cè dubbio che le quattro repliche dal
Canopo di Villa Adriana (fig. 31) abbiano il compi-
to di rievocare la tomba eroica dell’amasio di
Adriano sulle sponde del Nilo, ovviamente nella
forma più romantica e allusiva possibile, anche se
alcuni studiosi, incapaci di entrare nelle logiche
rievocative e di puro vagheggiamento proprie dei
programmi decorativi concepiti dal gusto romano
per le residenze private, hanno invano eseguito
saggi di scavo alle spalle delle korai per cercarvi la
tomba di Antinoo. Nella mentalità aulica romana
l’exemplum augusteo aveva evidentemente creato
un importante precedente, dal quale il monumen-
Fig. 31 – Tivoli, Villa Adriana : repliche delle cariatidi dell’Eretteo
to del Foro Boario dipende in maniera diretta. Il sulla sponda del Canopo.
loggiato dell’Ara Maxima era qunque concepito co-
me luogo della tangibile e visibile venerazione al
più grande degli eroi del mito classico, greco e ro- me nostre informazioni, hanno di rado ricevuto
mano, che per i suoi meriti viene assunto fra gli attenzione da parte degli studiosi e la cui funzione
dei e ipostasi di colui che alla morte giunge a gua- resta sostanzialmente inesplicata. Se il meglio co-
dagnare l’immortalità, ossia l’imperatore. nosciuto e più studiato di questi monumenti è l’e-
La forma architettonica dell’edificio, che in vir- dificio di tarda età severiana di Salonicco noto co-
tù del precedente augusteo ha assunto come coro- me «Las Incantadas» 218 (fig. 32), l’esemplare più
namento il loggiato ornato da Cariatidi, non è af- compiutamente noto, perchè quasi intatto fino al-
fatto isolata e si inserisce bene in una serie tipolo- l’epoca di Luigi XIV e più volte disegnato prima di
gica, finora a malapena descritta, non senza venire distrutto, era l’edificio di Bordeaux, pure di
imprecisioni e genericità, di fatto non compresa III sec. d.C. conosciuto come «Les piliers de la Tu-
nei suoi valori semantici. Mi riferisco a monumen- telle» 219 (fig. 33), di cui oscuramente la Fusciello,
ti purtroppo in maggioranza distrutti o solo in mi- senza spiegarsene il motivo, intuisce il lontano,
nima parte conservati, che, proprio per le scarsissi- mediato rapporto con l’edificio tardoantico di

217. V. da ultimo, Trillmich 1995 e Trillmich 1996. sei-settecentesche, ma non si è mai tentato seriamente di
218. V. Guerrini 1961; Baldassarre 1976; Mentzos 1997; una pre- analizzarne significato, cronologia e funzione nell’ambito
sentazione sommaria delle ipotesi sulla sua destinazione è in della storia monumentale di Burdigala antica, sulla cui con-
Baldassarre 1976, p. 21 s. sistenza dobbiamo rifarci al vecchio lavoro di Etienne 1962,
219. L’edificio è noto da disegni sia anteriori e da ricostruzioni con le osservazioni più recenti di Barraud-Maurin 1996.
Ara Maxima Herculis
610 Mario TORELLI

Fig. 32 – Salonicco, «Las Incantadas», collocazione originaria, incisione settecentesca (da Baldassarre 1976).

Fig. 33 – Bordeaux, «Les Piliers de la Tutelle», incisione settecentesca.


611

S. Maria in Cosmedin 220. Si tratta di recinti su alto compongono una teoria di inservienti sacri addos-
basamento 221 e organizzati su due piani, dei quali sati a tronchi di palma culminati dalla chioma
il primo era composto da un colonnato e il secon- «spazzata dal vento» : se ne conservano due, dei
do da un partito a pilastri; al partito a pilastri, che quali uno è raffigurato avvolto in una clamide so-
a Salonicco era concluso da un’architrave e a pra una corta tunica (fig. 34) e l’altro è nudo, col-
Bordeaux da archi, aderivano statue ad altissimo to in atto di recare un simpulum appoggiato alla
rilievo volte verso l’interno e verso l’esterno del- spalla sinistra (fig. 35) : venti anni or sono ho
l’edificio, di cui sono note soltanto quelle tratte proposto che i frammenti Hartwig appartengano
dal monumento di Salonicco ed oggi conservate alla decorazione del templum Gentis Flaviae, eretto
al Louvre, raffiguranti divinità che componevano da Domiziano sul luogo della sua casa di nascita,
una theon agorà. Ma di questi monumenti di II-III la domus di suo zio e praefectus urbi T. Flavius Sa-
sec. d.C. esistono forse precedenti della prima età binus, come provano sia la loro provenienza, dal-
imperiale. Mi riferisco ad alcuni frammenti della l’area di Via Torino, che il soggetto di un «rilievo
serie dei rilievi Hartwig, in parte conservata al storico», un sacrificio celebrato alla presenza di
Museo delle Terme di Roma e in parte al Kelsey Vespasiano davanti alla aedes Quirini, posta ap-
Museum di Ann Arbor negli Stati Uniti 222, che punto sul Quirinale 223.

Fig. 34 – Museo nazionale romano (inv. n. 310252) : torso di giovane Fig. 35 – Museo nazionale romano (inv. 310256) : torso virile nudo,
attendente ammantato, dal gruppo dei rilievi Hartwig. dal gruppo dei rilievi Hartwig.

220. Fusciello 2001, p. 13. vista da Cousinéry 1831, p. 33.


221. Quello di Bordeaux era conservato e visibile; che lo avesse 222. Cfr. Paris 1994, p. 48-51.
anche «La Incantadas» è documentato dal fatto che il mo- 223. Torelli 1987, p. 563-582.
numento era accessibile anch’esso grazie ad una gradinata,
Ara Maxima Herculis
612 Mario TORELLI

Lungi dall’essere elaborato a Roma, il tipo mo-


numentale conosce importanti precedenti greci, a
pieno titolo appartenenti alla classe dei Baldachine
e degli Statuenschreine, studiato qualche anno fa da
Marga Weber 224. Questa studiosa ha giustamente
affiancato la Loggia delle korai dell’Acropoli ad un
altro edificio ateniese, il baldacchino sede della
statua di culto del santuario di Herakles Alexika-
kos alle pendici SO dell’Acropoli (fig. 36), che, ri-
prodotto anche da un’importante serie di rilievi
votivi (fig. 37), ha creato un modello replicato
perfino su alcuni vasi con la figura del dio 225. Que-
sto modello di edicola a baldacchino significativa-
mente appare centrato in maniera particolare sul
culto di Herakles, anche se non soltanto su quel-
lo : nella sua accezione romana, possiamo facil-
mente immaginare proprio all’Ara Maxima del Fo-
ro Boario, l’edicola a baldacchino doveva svolgere
un suo ruolo specifico, dal momento che nella già
ricordata replica del santuario romano nella colo-
nia latina di Alba Fucens il sacello dello Hercules sa-
larius, come è chiamato colà il dio, la statua di Er-
Fig. 36 – Atene, santuario di Herakles Alexikakos, pianta
cole era collocata sotto un baldacchino tetrastilo
(da Travlos 1971).
(fig. 5). Da questa specifica forma di copertura di
statue di culto, deriva il romano tetrastylum, a noi
noto da poche, ma importanti fonti 226, sulle quali Herculis (fig. 40) è stato ulteriormente suggerito
torneremo subito, e da un solo esemplare monu- dall’originario rapporto esistente tra i baldacchini
mentale ben conservato, quello contenente le sta- sorretti da colonne e il culto di Ercole, figura ambi-
tue di Castore e Polluce, dedicato nel tardo I sec. guamente partecipe della natura di dio e di eroe.
d.C. da Galeo Tettienus Pardalas nella piazza del Se sono nel giusto con la mia congettura, nella sua
foro di Assisi 227 (fig. 38) : il tetrastylum, in quanto fase tardo-antonina l’edificio del Foro Boario do-
custodia della statua eroica o divina all’interno di veva avere un aspetto molto simile a «Las Incanta-
un lucus privo di aedes, si rivela in ultima analisi af- das» di Salonicco e ai «Piliers de la Tutelle» di Bor-
fine per forma, funzione e significato all’usitatissi- deaux, pur traendo, per la sua decorazione e per i
mo monopteros. Ma le propaggini del modello scen- suoi messaggi ideologici più profondi, ispirazione
dono ancora più in basso : già più di quaranta anni dal modello del Foro di Augusto, di certo più volte
fa Herbert Cüppers aveva individuato in questi riprodotto o riecheggiato anche in altri monumen-
monumenti il prototipo del kloubion imperiale tar- ti, a giudicare dalle serie di repliche delle korai del-
do-antico (fig. 39), a sua volta all’origine del cibo- l’Eretteo pervenute fino a noi, tutte o quasi tutte
rio alto-medioevale 228, un esito questo che tocca di provenienza romana.
da vicino anche la semantica del nostro portico co- Le affinità riscontrate tra questi colossali mo-
lonnato. Tra i baldacchini greci di età arcaica e numenti medio-imperiali e la versione più sempli-
classica e queste grandiose loro propaggini di epo- ce del tetrastylum ci inducono ad esplorare un ulti-
ca imperiale esiste senza dubbio un nesso assai mo documento, gli Acta Fratrum Arvalium, i
stretto, che nel caso del loggiato dell’Ara Maxima processi verbali della confraternita ricreata da

224. Weber 1990. 226. F. Marcattili, Tetrastylum, in ThesCRA IV, 2005, p. 349 s.
225. La bibliografia sulla ricca documentazione dello scavo del 227. L’iscrizione è ILS 3398; sul foro di Assisi, v. Theodorescu-
Dörpfeld, oltre che nel libro della Weber citato alla nota Gros 1987 e Coarelli 1997.
prec., è in Travlos 1971, p. 274-277. 228. Cüppers 1963.
613

Fig. 37 – Rilievo votivo dal santuario di Herakles Alexikakos di Atene, con rappresentazione del tetrastylum del dio (da Travlos 1971).

Fig. 38 – Foro di Assisi, ricostruzione : in primo piano il tetrastylum (da ThesCRA, s.v.).
Ara Maxima Herculis
614 Mario TORELLI

Fig. 39 – Dittico dei Lampadii con raffigurazione di kloubion (da EAA).

Augusto per il culto praticato da tempi antichissi-


mi nel lucus Deae Diae 229. In questi Atti la parola te-
Fig. 40 – Prospetto del loggiato dell’Ara Maxima Herculis.
trastylum ricorre più volte in occasione del sacrum
dell’immolatio per la Dea, che si conclude sempre
con la frase in tetrastylo consederunt et ex sacrificio l’esempio assisiate e come provano i prototipi gre-
epulati sunt 230, o espressioni equivalenti con va- ci, il tetrastylum all’interno del lucus della Dea Dia
rianti più o meno grandi a seconda delle registra- altro non è che il luogo dove era collocata la statua
zioni. La grandezza del tetrastylum è garantita dal di culto, attorno alla quale i membri della confra-
fatto che in esso possono mangiare seduti (più ra- ternita, perlopiù seduti, banchettavano con le car-
ramente sdraiati su triclinii) i membri della confra- ni del sacrum : dobbiamo immaginare il tetrastylum
ternita, in un numero non grande, ma che a volte del lucus come un edificio non piccolo, se doveva
può superare la diecina di presenti. Come insegna accogliere tutti i membri della confraternita, e non

229. Su questo santuario la bibliografia, anche dopo gli scavi del- deinde in t[etr]astylum desciderunt, ibiq(ue) in triclinio discumben-
l’École Française de Rome, è assai vasta : v. Scheid-Broise tes epulati sunt o in tetrastylo consederunt et ex sacrificio epulati
1982; Scheid-Broise 1987; Scheid 1987; Scheid-Broise 1993. sunt; le ultime menzioni del tetrastylum sono del 240 d.C.
230. La prima attestazione del tetrastylum è dell’anno 87 d.C. : (Scheid-Tassini-Rüpke 1998, n. 114, II, 2, 5, 19, 14, 43).
Scheid-Tassini-Rüpke 1998, n. 55, col. II, 33, nella formula :
615

solo costoro, dal momento che nei banchetti inter- come tutti i partecipanti nell’atto di consumare un
vengono spesso anche un numero imprecisato di lauto pasto 234. È proprio nella prospettiva del-
pueri riciniati. Ecco dunque la funzione del loggia- l’impatto di questo monumento tardoantico che si
to, sia nella sua versione di tardo II sec. d.C. che in può recuperare la proposta di F. Coarelli di consi-
quella, più semplificata, dell’età tetrarchica, come derare pertinente la definizione del santuario del-
anche degli edifici di Salonicco e di Bordeaux, da- l’Ara Maxima come consaeptum sacellum di Solino 235,
tabili tra il II e il III secolo d.C. All’origine lontana un passo nel quale, come lui stesso è costretto ad
del monumento doveva essere un antico baldac- ammettere 236, sacellum starebbe per fanum, ossia
chino, nel quale doveva essere conservata la statua santuario privo di aedes, e sarebbe detto consaep-
del dio, forse accompagnata – come ricordano al- tum, perchè, come di norma sono le aree sacre, de-
cune fonti – dalla clava e dallo scyphus ligneo. Nella finito da termini o da maceries, ossia da un muro di
versione tardoantica del Foro Boario, dove forse temenos, che è ben altra cosa dalle pareti del porti-
era una statua del dio epitrapezios prendevano po- co. L’epoca di attività di questo scrittore si situa
sto «a tavola», sedendo su cathedrae (in altro luogo proprio negli anni della ricostruzione tetrarchica
degli Acta Arvalium si dice che gli Arvali nel tatra- dell’edificio : Solino 237, anteriore sia ad Ammiano,
stylum in cathedris consederunt et epulati sunt) 231, l’im- che lo cita, che a Costantino, vista la sua omissione
peratore e i privilegiati dell’ordo senatorius ammessi di Costantinopoli, viene comunemente ritenuto
al rito per consumare le carni del sacrificio officia- attivo nella seconda metà del III sec. d.C., ma nulla
to dal pretore urbano, nello stesso momento in cui esclude che lo sia negli ultimi decenni : non è
il popolo, attorno all’ara, come il costume preve- dunque peregrino pensare che egli sia stato porta-
deva, riceveva le porzioni delle hostiae : ricordiamo to a dare questa definizione, sommamente impre-
al riguardo il gradino che è stato visto lungo il lato cisa sul piano dell’antiquaria tradizionale, ancora
nordorientale dell’altare, che doveva fungere da viva con Servio e con Macrobio alla fine del mon-
sedile perchè la folla dei soli uomini partecipanti al do antico, dalla forte impressione del complesso
rito potesse consumare, come imponeva l’uso ri- composto dall’altare e dalla sua terminazione in
tuale proprio dell’Ara Maxima 232, le carni sacrifica- forma di loggiato.
li, stando seduti e coronati come il dio di rami, in Poche parole ancora a mo’ di conclusione. La
origine di pioppo, poi di alloro. Il portico colonna- grande rilevanza dell’Ara Maxima nella cultura po-
to veniva a rappresentare un altro dei luoghi della polare per il suo ruolo di sede di grande festa desti-
«epifania del potere», non per caso caro ai due nata ad offrire ai cittadini meno abbienti un’occa-
imperatori-Ercole, Commodo e Massimiano, cui sione di importante consumo di carni non è anda-
forse si debbono la costruzione e la ricostruzione ta perduta con la fine del paganesimo. Molto di
del monumento, come potrebbe adombrare anche recente ho potuto mettere in relazione l’incredibi-
la coincidenza tra i cesti recati sulla testa dalla ca- le restauro della statua colossale di Minerva del-
riatidi della fase tardo-antonina e i cesti degli stuc- l’Atrium Minervae portato a termine dal praefectus
chi negli intradossi degli archi del monumento tar- urbi nel 473 d.C. con la necessità, agli occhi del-
doantico : in questo vero e proprio loggiato, in tut- l’aristocrazia senatoria della fine dell’impero, della
to simile a quello del circo 233, riparato dal sole sopravvivenza del costume dei congiaria tanto im-
cocente di mezzo agosto con la sua esposizione a portante per il benessere della plebe di Roma 238.
nord-ovest, ma ben in vista del popolo adunato Del tutto analogamente, molti anni or sono ho
nello spazio del Foro Boario in attesa di ricevere la proposto di riconoscere negli Anaglypha Traiani il
propria razione del sacrificio, si disponevano l’im- sostegno marmoreo dei cancella bronzei eretti a
peratore e gli honestiores seduti su lussuose cathe- protezione della Ficus Ruminalis e della statua del
drae in occasione della grande festa del dio, colto Marsia 239, rispettivamente simboli della continuitas

231. Scheid-Tassini-Rüpke 1998, n. 100a, 8, 10, 12 (218 d.C.); 236. Coarelli 1988, p. 74-77.
n. 114, I, 32, 35 (240 d.C.). 237. Su Solino, cfr. Rabenald 1909 e E. Diehl, in RE X, 1919,
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235. Solin. I, 10 s.
Ara Maxima Herculis
616 Mario TORELLI

imperii e soprattutto della libertas della plebe : spes- per la plebe urbana, aldilà della totale cristianizza-
so si dimentica che gli Anaglypha sono venuti in zione della società. Forse questo spiega perchè nel
luce nel 1872 nel Foro Romano 240 ancora eretti di- corso del VII secolo, forse nella seconda metà, il
fronte alla curia senatus, perchè sopravvissuti nel dux bizantino Eusthatius e di suo fratello Geor-
lungo declino del primo medioevo dell’Urbs per il gius 241, adoperando anche tegole di risulta di Teo-
loro significato intrinseco, per essere abbandonati dorico e di Atalarico, abbia trasformato il portico
solo al momento della trasformazione di quella colonnato accanto all’Ara Maxima in diaconia e al
nella chiesa di S. Adriano ad opera del papa Adria- tempo stesso abbia fornito una quantità di terreni
no I nel 772-795. È perfino possibile che i restauri «pro sustentatione Christi pauperum et omnium
ricordati dalle epigrafi dei praefecti urbi del 414 e hi deservientium diaconitarum» : il luogo eviden-
del 425 si riferiscano a questo edificio, le cui valen- temente esercitava ancora il suo richiamo per le
ze religiose finivano, come per la Minerva del- ormai esiguissime plebi della città, a quasi mille-
l’Atrium Minervae, per essere oscurate dalla reale cinquecento anni dalla nascita dell’Ara Maxima
funzione annonaria che il monumento poteva an- Herculis agli albori stessi dell’Urbs.
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