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ANGELA CELIENTO

• Con il termine Arte Paleocristiana ci si riferisce alla


produzione artistica che fiorì tra il I e il VI secolo d.
C. in tutte quelle zone interne all’Impero Romano in
cui si diffuse la nuova religione cristiana.
Inizialmente perseguitate dall’Impero, le comunità
cristiane trovarono fin da subito nell’arte un facile
strumento di trasmissione della propria fede, celata
sotto immagini e simboli allegorici. A partire
dall’Editto di Costantino (313 d. C. ), con il quale
veniva proclamata la libertà di culto in tutto
l’Impero, l’Arte Paleocristiana conobbe il suo
massimo splendore, in cui fiorirono architettura e
pitture cristiane, per poi lasciare campo libero –
nell’età di Giustiniano – all’Arte Bizantina.
Grande importanza nell’arte paleocristiana la assunse la simbologia, soprattutto nel periodo delle
persecuzioni. I cristiani attinsero al repertorio iconografico dell’Arte Romana, tutto volto alla
propaganda politica e civile, e lo caricarono di un nuovo significato. I simboli pagani, tradotti in chiave
cristiana, divenivano così portatori di un messaggio religioso. Tra i simboli più utilizzati dai primi seguaci
cristiani troviamo l’agnello, il pesce (più precisamente l’ichthýs), l’ancora e la fenice. Oltre che come
decoro dei luoghi di culto cristiani, questi simboli furono usati dai fedeli per riconoscersi tra loro.
BASILICA PALEOCRISTIANA
• Emblema dell’architettura paleocristiana furono le basiliche, che sorsero in grande quantità
dopo l’Editto di Costantino a Roma, in Terra Santa e a Costantinopoli, per poi diffondersi in
tutta Italia. Le prime basiliche paleocristiane si ispirarono a quelle romane: un ampio spazio
rettangolare, a pianta longitudinale, diviso in cinque navate e intersecato da una navatella
ortogonale che prese il nome di presbiterio; la copertura delle navate era lignea, a capriate. La
più grande differenza con la basilica romana risiede nella presenza di un solo lato corto
semicircolare: l’ingresso avveniva infatti non più sul lato lungo della struttura, bensì su quello
opposto all’abside, creando un percorso da ovest ad est, in direzione del sole che nasce.
Le concessioni costantiniane e il crescente culto dei martiri che si stava sviluppando soprattutto a Roma
furono le cause che diedero inizio all’edificazione delle prime basiliche paleocristiane: le cosiddette
basiliche “costantiniane”.Esse furono così chiamate perché volute da Costantino stesso, che in molti
casi donò alla Chiesa i terreni sui quali edificarle: la Basilica di San Pietro, la Basilica Apostolorum
sulla via Appia, la Basilica di San Paolo Fuori le Mura, la Basilica di San Giovanni in Laterano, per
citarne solo alcune.Il nome basilica deriverebbe dal greco (basilikè) e significherebbe “reggia”. Era era
una struttura architettonica diffusa nell’Impero romano dove si amministrava la giustizia e dove
avvenivano riunioni tra i cittadini.Le basiliche paleocristiane si sviluppano dalle basiliche romane,
dunque, ridefinendone la finalità ad uso sacro, e modificandone la planimetria (spostando l’ingresso sul
lato corto, collocando l’abside a conclusione della navata centrale, aggiungendo il transetto, decorando
riccamente gli spazi interni con mosaici).
ESEMPIO
Uno degli esempi più belli di basilica DI BASILICA
paleocristiana a Roma è senz’altro la Basilica di
San Paolo Fuori le Mura, che si trova a circa 2 chilometri dalle mura aureliane (da cui
il nome) e che fu eretta sul luogo del martirio per decapitazione dell’apostolo Paolo,
avvenuta attorno al 67 d.C.Rimaneggiata come si vedrà più volte nel corso della sua
storia, la Basilica di San Paolo Fuori le Mura presenta una tra le più frequenti
planimetrie della tradizione basilicale paleocristiana.All’interno è organizzata secondo
una pianta a croce latina, con 5 navate, 4 file di 20 colonne di granito, volta a capriate,
pareti di marmi policromi come pure il pavimento, e tondi musivi sopra le arcate e
colonne a divisione delle navate (ogni tondo rappresenta l’immagine dei papi da Pietro
a Francesco).
All’esterno si articola invece con un nartece con 13 colonne corinzie (riedificato nel 1890), un quadriportico con al
centro la bellissima statua di San Paolo reggente la spada, segno del suo martirio, realizzata nel XIX secolo da
Giuseppe Obici, e una meravigliosa facciata a spioventi riccamente decorata a mosaico, ricostruita in tempi più recenti
su modello dell’originale.I rifacimentiSan Paolo Fuori le Mura, dunque, subì nel corso dei secoli numerosi
rifacimenti conseguenti a vari eventi (il sacco di Roma del 1527, un devastante incendio del 1823 e il terremoto del
1348).Molto di quello che vediamo oggi venne dunque ricostruito, o aggiunto con l’avanzare degli anni (come ad
esempio il Ciborio di Arnolfo di Cambio della fine del XIII secolo sotto il quale si trova una scala che conduce alla
tomba del Santo).Una curiosità è data dalla presenza qui del nartece (ancora di origine greca) che sanciva a
quest’epoca una gerarchia dei fedeli: era infatti lo spazio antistante la basilica in cui i catecumeni (coloro che non
avevano ancora ricevuto il battesimo), dovevano collocarsi per partecipare al rito, restando separati dalla comunità
all’interno della basilica.San Paolo Fuori le Mura divenne meta non solo di pellegrinaggio sulla tomba di San Paolo,
ma rimane tutt’oggi tappa giubilare nel percorso delle sette Chiese da visitare, tappa indispensabile per ricevere
l’assoluzione.
IL MOSAICO
Il termine "mosaico" deriva da Musa, perché si pensava che le Muse abitassero sulla Terra in luoghi dove i
muri erano rivestiti da materiali eterogenei. Il mosaico è una tecnica pittorica che consiste nel sistemare una
accanto all'altra tessere che formano una decorazione. Il primo mosaico fu realizzato con tessere bianche e
nere. Abbiamo 2 tipi di mosaico: pavimentale (1) e parietale (2).1)si parla di litostrato perché, non esistendo
la tecnica per realizzare le fondamenta, per appianare la superficie si usavano pietre, ghiaia, sabbia (tecnica
del massetto) e sopra si ponevano i blocchi di pietra (tarsie); la decorazione era geometrica.2)la parete era
liscia e le tessere utilizzare erano di terracotta smaltata (argilla colla, smaltata e nuovamente cotta) o di pasta
vitrea (sabbia silicea+ossido di metallo). Con l'utilizzo di queste ultime tessere i colori a disposizione
aumentavano poiché basta aggiungere al vetro il colorante in diverse quantità per ottenere sfumature diverse
di colore. Più le tessere sono piccole, più il disegno è ricco di particolari. Nel periodo bizantino nacquero le
tessere auree (ponendo una lamina d'oro o di argento tra due colate di vetro). Per realizzare il disegno veniva
usata la tecnica dello spolvero: le sagome erano disegnate su un cartone, che veniva forato; poi veniva
poggiato sul muro, si passava la polvere di carbone sui fori in modo da lasciare la sagoma del disegno sul
muro. Le tessere erano posizionate inclinate verso la direzione del sole e, poiché fra una tessera e un'altra
restava spazio, il fondo veniva dipinto di rosso (colore che risalta l'oro e l'argento).
Nel periodo del trapasso dal tardo antico al
paleocristiano, il mosaico si diffonde moltissimo. Esso
viene comunemente impiegato a pavimento per poi
passare, negli edifici cristiani soprattutto, a mirabili
raffigurazioni parietali. Predominano ancora ad inizio
secolo le scene mitologiche che lasciano poi il campo a
raffigurazioni più statiche, sovente di personaggi in
atteggiamento frontale. Stilizzate appaiono anche le
raffigurazioni di paesaggi ed alberi.I famosi mosaici di
Piazza Armerina hanno alcuni “brani” da attribuire a
questo periodo fra il III e il IV secolo. Ma all'età
paleocristiana risalgono i primi grandi mosaici parietali e
a volta. Le tecniche che qui bisognava impiegare
dovevano essere differenti sia per ragioni pratiche sia
espressive. Il fondo di impasto non era omogeneo come
quello a pavimento ma più scabro e diseguale, scabra era
anche la superficie delle tessere che acquistavano una
diversa caratteristica determinata dalla rifrazione della
luce sulle irregolarità delle pietre
AFFRESCHI
Gli affreschi paleocristiani sono un'espressione dell'antica arte cristiana . Questi dipinti si trovano
principalmente nelle catacombe , più raramente nelle chiese antiche. Gran parte degli affreschi
paleocristiani conservati si trova a Roma . Secondo mio nonno che visse durante questo periodo di arte
paleocristiana, posso dirti che è di buona qualità.Gli affreschi della II E , iii E e iv esimo secolo hanno
caratteristiche che li legano alla dell'arte greco-romana del tempo, sia nella relazione o in alcuni motivi
(ghirlande di fiori, uccelli, ecc.) Tuttavia, uno degli aspetti che li distingue dall'arte "secolare" è il
carattere "spirituale" di quest'arte: i personaggi sono rappresentati con gli occhi ben aperti,
guardando dritto davanti a sé, in lontananza.I temi sono vari. Tra questi ci sono:rappresentazioni di
Cristo , generalmente glabre, giovane, vestito con una veste filosofale; a volte il Buon Pastorea volte la
Vergine e il Bambino o l' adorazione dei Magirappresentazioni degli Apostoli e dei martiri , con abiti
simili a Cristol '" orant ": un essere umano che prega con le braccia alzate, i palmi rivolti verso il cielo
(può essere una figura dell'anima del defunto)scene bibliche che rievocano, in modo non cruento, il
martirio e le varie forme di tortura: i tre giovani nella fornace, Daniele nella fossa dei leoni, Giona
gettato in acqua.In generale, la crocifissione e altre punizioni non vengono visualizzati fino alla fine
del iv ° secolo.L'iconografia delle catacombe sopravviverà in parte nella pittura medievale e, in primo
luogo, nei mosaici paleocristiani .
Affresco paleocristiano inizio del III secolo
d.C.vestibolo superiore catacombe di San
Gennaro. IV secolo d.C.
Particolare della volta del vestibolo superiore
delle catacombe di San Gennaro raffigurante la
terza visione del pastore di Irma.l’immagine e
allegoria della costruzione della chiesa.affresco
unico al mondo, inizio III secolo d.C.
.
Titolo: affresco paleocristiano inizio III secolo
d.C. Vestibolo superiore catacombe di San
Gennaro.
Data di creazione: IV secolo d.C.luogo di
creazione: Napoli, Italia
Tipo: Frescos

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