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LE CATACOMBE

Alice Secchiati

Archeologia della tarda antichità

Uno degli aspetti più curiosi e affascinanti del periodo paleocristiano pervenuti fino a noi
sono le catacombe, cimiteri sotterranei molto usati e frequentati per svariati secoli.
Il seguente lavoro si propone di offrire un quadro generale su questa pratica sepolcrale,
seguendone la storia dalle origini, al decadimento per arrivare alla riscoperta in epoca
cristiana. Il focus su alcuni monumenti ci consentirà di vedere più da vicino le caratteristiche
peculiari di queste strutture, la cui riscoperta risale all'epoca moderna e vede il merito in
particolare dell’equipe degli archeologi del Pontificio Sacro.
Il nostro percorso prende avvio dall'etimologia stessa della parola 'catacomba', che deriva
dal greco ‘kata kymbas’ col significato di ‘presso le cavità’, dovuto al fatto che queste
costruzioni erano poste al di fuori della città urbana vicino al terreno di una cava.
L’uso del termine è stato attestato per la prima volta nel X secolo nel Lazio, ma già nel IX
secolo veniva usato a Napoli per indicare l’ambiente entro il quale era stato seppellito uno
dei vescovi della città.
La storia di questo luogo ha origine nel periodo paleocristiano (dal I al IV secolo d.c.),
quando il cristianesimo prende piede e si diffonde nell’impero romano.
La scelta adottata di deporre i defunti presso questi luoghi ricade sulla mancanza di spazio e
l’elevato costo della terra.
Questi ambienti erano caratteristici per essere sotterranei: non potendo depositare le spoglie
dei morti in città come da usanza romana, per motivi religiosi e di igiene vennero costruiti
questi ambienti, che nel corso dei secoli poi arriveranno ad avere altre funzioni.
La particolarità di questi ambienti sta nel fatto che erano caratterizzati da cunicoli e gallerie
che collegavano un ambiente all’altro.
A Roma si hanno gli esempi più eclatanti di catacombe più di 50 che si snodano per 150 km
ma ve ne sono anche di fenicio e pagane, mentre ebrei ed etruschi avevano già consolidato
questa usanza.
In Italia le catacombe si sviluppano specialmente nel meridione dove la terra è più tenace e
al tempo stesso più duttile allo scavo.
Testimoniano come il cristianesimo da religione di nicchia e perseguitata per molti anni, sia
diventato un collante di quella civiltà che diverrà poi medievale.
La sua diffusione avviene in un clima di crisi al termine della dinastia dei Severi e l’ascesa al
potere di Diocleziano, con quella che viene definita la crisi del III secolo.
Con l’editto di tolleranza emanato da Galerio, gli atti di persecuzione andarono man mano a
ridursi per poi culminare nell’atto finale con l’Editto di Milano nel 313 ponendo fine alle
persecuzioni in quanto stabiliva la libertà di culto. In seguito a questi provvedimenti il
cristianesimo si andò sempre più consolidando fino a diventare la religione ufficiale dello
stato.
I cristiani ripresero questa pratica funebre, abbandonando però la tecnica dell’inumazione.
I luoghi dove si ergevano queste strutture sotterranee appartenevano a privati o a collegi
funerari.
I cimiteri venivano articolati con una parte esterna detta sub divo coelo, con mausolei e
singole inumazioni e una parte inferiore, scavata dai fossori. Era accessibile dall’esterno con
l’utilizzo di una o più scale. La scelta del materiale ricadeva sul tufo essendo facile da
lavorare.
Le catacombe si articolavano su più livelli fino ad una profondità di trenta metri, ed erano
caratterizzate da gallerie lunghe e strette, definite ambulacri, e comunicanti tra loro tramite
dei ripidi scalini.
In queste pareti venivano scavate le tombe, dette loculi, entro i quali venivano deposti i
defunti, avvolti in lenzuoli di lino oppure dentro sarcofagi di pietra, all'interno dei quali i corpi
erano solitamente orientati verso est.
Ad intervallo tra un ambulacro e l’altro potevano trovarsi i cosiddetti cubicoli, destinati ad
ospitare tombe di famiglia o gruppi più facoltosi, i quali non di rado erano decorati da
affreschi. Alcune gallerie erano dipinte di bianco, questo per aumentare l’effetto della luce
dato dalle torce che venivano poste all’interno di nicchie o poste su delle mensole.
Vi erano due tipi regolari di sepolcro: il loculo ovvero una cavità rettangolare con il lato lungo
a vista e la tomba a forno, con il lato corto a vista.
Per quanto riguarda il riciclo d’aria e il passaggio della luce, questi avvenivano tramite dei
pozzi verticali quadrati chiamati lucernari.
La tomba veniva poi chiusa da uno strato di malta e una lastra di marmo o tegole di
terracotta su cui venivano incisi il nome del defunto, l’età e la data di morte; spesso accanto
a queste veniva messa un’epigrafe religiosa o simbolica. Lo studio di tali epigrafi riveste
un’importanza capitale. Le più antiche sono quelle della catacomba di Priscilla a Roma, altre
sono nel cimitero di San Callisto; tra tutte, quelle dettate da papa Damaso in onore dei
martiri sono quelle con più originali conservati.
Con la diffusione del cristianesimo le epigrafi si moltiplicarono in maniera notevole.
Le prime sepolture avvennero in aree già in uso, dunque in aree extraurbane della città. Una
delle motivazioni che aveva spinto i cristiani a creare questo tipo di spazi per i defunti era di
natura solidaristica, ovvero quella di garantire anche ai più poveri la possibilità di seppellire i
propri cari.
Le catacombe seguono l’espandersi del cristianesimo, che arriverà al suo vertice massimo
dopo Costantino, quando diverranno delle vere e proprie città sotterranee.
Questo incremento fu dato anche dal fatto che i cittadini desideravano essere sepolti vicino
ai martiri, perché avevano la credenza che avrebbero favorito la loro intercessione al
momento di ricevere il giudizio divino dopo la morte.
Questi cimiteri sotterranei sono stati costruiti nel suburbio di Roma, presso le vie consolari
come la via Appia, la via Ostiense, la via Labicana, la via Tiburtina e la via Nomentana.
Lungo la via Salaria vi è una nota catacomba, quella denominata di Priscilla, il cui nome
deriva probabilmente dalla donna, ritenuta santa, che donò il terreno per la realizzazione.
Costei era imparentata con la ricca famiglia senatoria degli Acillii.
In questa catacomba trovarono sepoltura molti pontefici e martiri, i quali furono uccisi
durante le persecuzioni di Diocleziano, tanto che fu soprannominata la “regina delle
catacombe”.
La struttura deriva da ambienti ipogei preesistenti risalenti all’età flavia.
Essa si articola su due piani, è collegata da varie gallerie irregolari, questo perché sono stati
collegati più nuclei in tempi diversi. Ai vari settori della catacomba appartengono i seguenti
nomi: Arenario, Regione del criptoportico, l'ipogeo di Eva e quello degli Acillii. Accedendo
alla parte superiore da un'antica porta ci si ritrova in una sorta di vestibolo costruito in
mattoni e rivestito di intonaco dipinto. Sul fondo dell’ambiente vi è la scala che fa giungere
agli altri; in questa camera sono ricavati tre ambienti, detti arcosoli, dove sono rappresentate
scene dell’antico testamento nelle lunette.
Una scala che poi si divide dà accesso ad altri due ambienti ipogei sottostanti.
Nel primo ambiente, a sinistra, vi è ancora la pavimentazione a mosaico con i nomi di chi lo
fece eseguire. Le pareti sono affrescate e raffigurano una serie di dodici personaggi quasi a
grandezza naturale, uno dei quali poi venne distrutto per l’apertura di un varco. Nelle lunette
degli arcosoli sono dipinti soggetti maschili e soggetti femminili velati.
Il cubicolo della Velata possiede un affresco molto ben conservato che raffigura una donna
con capo velato, nell’atteggiamento orante. La donna è poi rappresentata in altri momenti di
vita, come quello del matrimonio e la nascita di un figlio. Nelle altre volte sono rappresentati
episodi dell’antico testamento. Nella zona del criptoportico si trova l’immagine più antica
della Vergine Maria. Da questo ambiente si articola la cappella greca, il cui nome trae
origine da due iscrizioni elleniche dipinte su una nicchia. La decorazione di questo spazio è
singolare, poiché presenta pitture in stile pompeiano con finto marmo e stucchi che
rappresentano episodi dell’antico e nuovo testamento.
Una delle immagini più rilevanti è la cosiddetta fractio panis, dipinta sopra la nicchia
centrale: su fondo rosso sono raffigurati sette personaggi tra cui una donna con capo velato,
attorno alla tavola. La scena allude forse al banchetto celeste simboleggiante il rito della
comunione.
Nel fondale della cappella si trovano tre nicchie per sarcofagi, mentre sul lato sinistro si
individua un bancone in muratura utilizzato per il rito del refrigerio: un banchetto celebrato
dai parenti in onore del defunto.
Ubicato alla destra della cappella greca, il ninfeo, un ambiente ottagonale con nicchie,
ospitava le tombe di importanti personaggi.
Dirigendosi verso l’ipogeo degli Acilii, si attraversa l'ipogeo di Eva, galleria così denominata
per la figura femminile che viene interpretata come la progenitrice. Salendo in superficie si
può identificare l’area in cui papa Silvestro fece edificare una chiesa cimiteriale in
corrispondenza delle tombe di Felice e Filippo che fu in seguito soggetta ad interventi da
parte di papa Damaso.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo vennero trovati i resti della basilica e vennero elevate le
pareti e il soffitto a protezione del sito, rimodellandola su quella precedente.

A partire dal V-VI secolo l’uso delle catacombe continuò solo sporadicamente nei pressi
delle tombe venerate, ovvero quelle dei martiri.
Nell’arco di questo periodo le invasioni barbariche furono una delle prime cause che
portarono in disuso le catacombe come luoghi funerari, in quanto l’arrivo di questa
popolazione portò notevoli cambiamenti in ambito sociale, politico e culturale.
Anche l’avvento della guerra greco gotica arrecò considerevoli danni alle catacombe,
nonostante l’intervento di restauro dei papi Vigilio e Giovanni III.
Di conseguenza a questi eventi i luoghi di sepoltura furono spostati in superficie all’interno
delle città, in contrapposizione ad una prassi consolidata da secoli.
Il colpo di grazia fu dato dalle incursioni dei Longobardi e dei Saraceni tra l’ VIII e IX secolo;
in particolare la devastazione di Astolfo re dei longobardi, del 756 d.C., ridusse alcuni
santuari sotterranei a stalle per gli animali.
I papi Adriano I e Leone III tentarono di porre nuovamente rimedio ai danni fatti dai
Longobardi, ma i tentativi risultarono inefficaci tanto da adottare una soluzione alternativa
ovvero quella di trasportare i corpi venerati all’interno delle chiese urbane.
La traslazione dei corpi dei martiri divenne sistematica sotto Paolo I e i papi della prima metà
del IX secolo e in particolare Leone IV.
Privati dell’oggetto delle loro frequentazioni, ovvero i defunti, i santuari delle catacombe
caddero in oblio.
Restarono accessibili per tutto il Medioevo unicamente quei settori delle catacombe
connessi con alcune basiliche martiriali, dove ancora sono conservate le spoglie dei martiri.

Dunque l’abbandono si concretizzò in maniera irreversibile fino alla loro “rinascita” quando
vennero scoperte accidentalmente nel 1578 da alcuni operai intenti nello scavo della
pozzolana sulla via Salaria. Il groviglio di gallerie che emersero diedero luce alle catacombe
cristiane, le quali non ebbero vita facile in quanto furono soggette a frane e inghiottite
nuovamente.
Nella Roma della controriforma le catacombe romane vennero ritrovate e nuovamente
frequentate.
Tra i personaggi noti del tempo che si cimentarono negli studi dei cimiteri sotterranei
spiccano le personalità di Antonio Bosio e Raffaele Fabretti; quest’ultimo scopri la
catacomba di San Castulo nel 1672.

Antonio Bosio fu il principale protagonista di questi studi e compì la sua prima esplorazione
sotterranea a Roma nelle catacombe di Domitilla sulla Aretina.
Al suo studio affiancò anche le indagini sui Padri della Chiesa, sui martirologi e sui
passionari e in maniera più ampia su tutti gli usi funerari dei primi cristiani.
Maturata la preparazione e i dati raccolti, Bosio scrisse l’opera Roma sotterranea, e per
ritrarre le pitture trovate decise di affiancarsi al pittore Santi Avanzino. Nel 1620 l’opera era
corredata di circa duecento tavole alle quali però mancavano le piante delle rispettive
catacombe. L'intenzione iniziale di Bosio era quella di redigere l’opera in latino, ma la
decisione di scriverla in italiano finì col prevalere.
L’articolazione originaria dell’opera era in tre parti, ma a noi ne sono pervenute solamente
due. La prima dedicata ad un trattato generale sui cimiteri e riti funebri, mentre la seconda –
che è l’unica parte propriamente completata – prevede la descrizione delle singole
catacombe. Nella terza parte, infine, doveva esserci lo studio del materiale presentato, ma
non poté essere iniziata per la morte improvvisa dell’autore.
L’opera procede seguendo un ordine topografico: dalla Via Aurelia, passando per la Via
Cornelia si arriva fino alla Via Flaminia; per ogni luogo l'autore si sofferma sull'analisi di
cunicoli, cripte e pitture. L’opera fu pubblicata postuma, cinque anni dopo la morte
dell’autore.
In maniera distinta veniva trattato il complesso della necropoli Vaticana: in particolare l’area
dove oggi sorge la Basilica di San Pietro era largamente usata da schiavi liberti che, avendo
fatto fortuna, avevano comprato il sepolcro per le loro famiglie.
Nerone a seguito dell’incendio del 64 d.c. trasformò il luogo in un palcoscenico per
l’esecuzione di molti cristiani, i quali erano accusati dall’imperatore stesso di aver causato
l’incendio. In quel periodo, il circo che sorgeva in quel luogo divenne una vera e propria area
sepolcrale. Proprio qui trovò sepoltura il più illustre dei cristiani dell’epoca, l’apostolo Pietro.
A seguito dei lavori di livellamento dell’area da parte di Costantino una parte delle sepolture
venne interrata; quest’azione può essere spiegata solamente per la grande importanza che
l’imperatore attribuì alla sepoltura dell’apostolo Pietro che venne riconosciuta come
autentica, in quanto nel IV secolo gli ambienti erano ancora in uso. I lavori per gli scavi di
questa catacomba vennero eseguiti per richiesta di papa Pio XI ma iniziarono sotto il
pontificato di Pio XII, in quanto il predecessore aveva richiesto di essere sepolto il più vicino
possibile a san pietro.
Oltre alla tomba del santo, di rilevante importanza è il mausoleo dei Valerii, il quale si trova
al centro della necropoli. La catacomba ospita undici pontefici, sette dei quali però sono
incerti.
Lo studio delle catacombe venne ripreso nel XIX secolo da Giuseppe Marchi e Giovan
Battista De Rossi , allievo di Marchi.
Nel XIX secolo papa Pio IX istituì la commissione di archeologia sacra per conservare e
studiare i luoghi del cristianesimo primitivo.
Nel secolo odierno furono ulteriormente esplorate catacombe già esistenti, quale quelle di
via Salaria, e scoperte di nuove grazie agli studi di Enrico Josi, il quale penetrò per primo nel
cimitero di San Panfilo trovandolo intatto ancora con i sigilli sui sepolcri.
Inoltre ad Enrico Josi è attribuita la scoperta del cimitero ipogeo denominato di Aproniano –
risalente al 1939/40 nel quale vennero individuati quattro livelli e diverse iscrizioni che
fecero propendere la datazione del sito tra la metà del III secolo e la fine del IV.
Arrivando ai giorni nostri, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra offre un sempre
più valido supporto per la tutela e il restauro di queste preziose testimonianze del passato.
In conclusione si può dire che il lavoro qui redatto ha cercato di approfondire uno dei cimiteri
sotterranei di Roma più antichi ed estesi, soffermandosi inoltre sull’importanza che la tutela
ed il restauro hanno avuto sin dai secoli scorsi nell’ambito dell’arte e di quelli che possiamo
ritenere tesori preziosi. Questi sono giunti sino a noi grazie all’intervento di importanti figure,
che ci hanno reso partecipi di quanto gli antichi fossero ingegnosi e in continua ricerca del
bello, anche in ambienti sotterranei e umidi quali le catacombe.

Bibliografia

Visconti Fabrizio e Brandt Olof, a cura di, Lezioni di Archeologia Cristiana, Città del
Vaticano, 2014, pp. 273-314
Ghiliardi Massimiliano, Augustinianum, le catacombe di roma tra la tarda antichità e l’alto
medioevo, 2002, pp 205-236
AAVV, Enciclopedia treccani, <https://www.treccani.it/vocabolario/catacomba>, Dizionario di
storia 2010, Catacomba
Enciclopedia treccani, <https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-bosio_>(Dizionario-
Biografico),dizionario online, 1971,volume tredici, di Nicolar Parise, Antonio Bosio
Enciclopedia treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/de-rossi-giovanni-
battista/,De Rossi Giovanni Battista

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