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2.

L’architettura medievale: romanica e gotica

- L’architettura romanica
L’ architettura romanica rappresenta quel periodo dell’architettura compreso tra XI e XII sec. ca., perché gli
esempi variano in base al territorio geografico, e l’architettura gotica dal XII sec. con i primi esempi in
Francia al XIV sec. con architetture che verranno edificate con lo stesso stile in Italia, però due secoli dopo.
La data d'inizio del Medioevo si pone convenzionalmente al 476 d.C. in corrispondenza con la caduta
dell’Impero Romano d'Occidente.
Il linguaggio classico dell'Architettura ormai si disgrega, anche se di tanto in tanto, almeno per alcuni suoi
aspetti, tende a riemergere in luoghi come Roma e Firenze. Roma è caratterizzata dalla presenza dei ruderi
dell'antichità, che offrono spunto per una rivalutazione del linguaggio classico, mentre Firenze vanta una
pretesa discendenza da Roma e dunque a quel linguaggio tende a richiamarsi, tanto che il Battistero è
considerato un edificio tardo-antico.
Vi sono poi circostanze politiche che favoriscono una rivalutazione dell'antichità classica: gli Ottoni. Carlo
Magno si considera eredi dell’Impero Romano e cerca di attuare un programmatico ritorno all'antichità,
senza sentirsene però veramente distanziato, come sarà invece per l'Umanesimo, che, registrando e
sentendo tutto il peso e il valore della distanza temporale e culturale dall'Antico, cercherà di comprendere
e ricostruire, per riappropriarsene, il linguaggio dell'Impero, cioè, secondo l'ottica umanistica, il linguaggio
classico dell'Architettura.
Costantino è una figura chiave per il passaggio all'Età del medioevo. Pur essendo di Roma, egli non ama
questa città e sposta la sua capitale a Costantinopoli. La classe dirigente dell'Impero è legata alla cultura
pagana e al classicismo; a questo ambito va ricondotta la realizzazione di opere come l'Arco di Costantino;
ma una nuova classe, che si riconosce nel culto cristiano, va emergendo e Costantino vi si allea,
riconoscendo tale culto ed anzi rendendolo ufficiale e adottandolo egli stesso. Le prime chiese a Roma sono
costruite sui suoi terreni, come il Laterano, e sono disposte fuori città; le prime basiliche cristiane adottano
un linguaggio classico, anche se già è in evidente trasformazione.

Caratteri generali dell’architettura paleocristiana


La basilica paleocristiana ha generalmente un andamento longitudinale. È in
genere preceduta da un quadriportico, cioè da uno spazio di forma
pressoché rettangolare, con un porticato posto su tutti e quattro i lati.

La porzione di porticato che corrisponde alla facciata della basilica è detta


nartece. Internamente la basilica era divisa in navate, in genere tre e più
raramente cinque, separate da colonne allineate. La navata centrale è
solitamente più ampia e più alta delle laterali, per consentire l’inserimento
delle finestre. Le navate, utilizzate dai fedeli, sono separate con la parte
destinata al culto, da un corpo trasversale detto transetto. La basilica
termina con uno spazio chiamato
abside di norma orientata a Est, -
orior- il sole che nasce. L’abside è composta da un semicilindro,
innestato sulla parete di fondo.
Per i primi tre secoli dell’era cristiana non esiste un’architettura
sacra cristiana ben definita. Man mano che però la comunità dei
fedeli cresceva fu necessario poter disporre di spazi adeguati. Fu
solo con Costantino, dopo la vittoria su Massenzio del 312 che dopo qualche anno si cominciarono a
costruire grandi edifici anche a spese dello Stato. Al contrario dei riti pagani, che venivano celebrati
all’esterno dei templi, quelli cristiani, consistevano nella preghiera collettiva e nella celebrazione
dell’Eucarestia (offerta del pane e del vino dell’Ultima cena), si svolgevano al chiuso e alla presenza di tutta
la comunità dei fedeli. Non essendo possibile prendere in prestito la forma del tempio classico cioè quello
pagano, poiché non sarebbe stato funzionale, i primi esempi di edifici adibiti al culto cristiano venne
costruito sull’esempio delle basiliche romane. Ovviamente accanto agli edifici di forma basilicale si
svilupparono anche quelli a pianta circolare o poligonale.
La copertura in genere è lignea e composta da un assemblaggio formato da una serie di cavalletti portanti
costituiti da due puntoni obliqui irrigiditi da un tirante alla base. Spesso la carpenteria lignea veniva
rivestita da cassettoni sempre in legno.

La Basilica cristiana e il Battistero

Nascono due diversi tipi di edifici uno a pianta basilicale e uno a


pianta centrale.

-Se i due bracci del transetto sono più corti delle navate, la basilica
si dice a croce latina, tipologia diffusa soprattutto in Occidente,
-Se sono uguali e si innestano al centro delle navate, si parla di
edificio a croce greca, secondo una consuetudine diffusa
soprattutto nell’Oriente cristiano.
-Se nella croce, il transetto è posto a circa 2/3 del corpo
longitudinale, si parla di croce immissa (dal latino immittere, cioè
inserita all’interno)
-Se è in fondo, di croce commissa (dal latino committere, mettere
insieme) o di pianta a «T».

Ricostruzione grafica della Basilica di San Pietro in Vaticano, 324-329

La Basilica di San Pietro fu edificata sul luogo della sepoltura dell’Apostolo Pietro. La costruzione, voluta
dall’imperatore Costantino attorno al 324, fu completata nel 329, anno della consacrazione.
La basilica di S. Pietro, nonostante la diversa forma, fu fondata, come abbiamo detto da Costantino,
principalmente come cimitero coperto e aula funeraria, destinata soprattutto alle sepolture, ai banchetti
commemorativi e al culto del martire e apostolo Pietro. I banchetti funebri erano abituali in quel periodo,
ne parla ancora S. Agostino nel 400; la basilica aveva il pavimento cosparso di tombe e intorno alle sue
mura sorgevano numerosi mausolei, uno dei quali, più antico della basilica stessa, è sopravvissuto fino al
Settecento col nome di S. Maria della febbre.

La grande chiesa fu eretta in una tenuta imperiale fuori città, dove la pendice del colle Vaticano declinava
verso gli orti di Nerone; è probabile che, come la cattedrale Lateranense e le aule funerarie di S. Lorenzo e
di S. Agnese, fosse circondata da piantagioni e vigneti.

L’edificio, iniziato fra il 319 e il 322 e terminato nel 329, fu fondato su un grande terrapieno ottenuto con la
colmata della necropoli pagana e del piccolo centro cultuale cristiano in essa esistente; solo la parte
superiore dell’edicola che indicava la tomba di S. Pietro rimase sopra il livello del pavimento della basilica
costantiniana.
In sintesi si trattava di un edificio preceduto da un quadriportico, al quale si accedeva dopo aver
oltrepassato una costruzione con tre portali posta alla sommità di un’ampia scalinata. L’interno era diviso in
cinque navate, una centrale più ampia e quattro laterali più piccole e di uguale dimensione. Un transetto,
collocato trasversalmente le navate, precedeva l’ampia abside semicilindrica. Le dimensioni dell’edificio era
grandissime: largo 63 metri, lungo 119 (abside compresa) e alto 37 metri.
Nel transetto è ospitata la tomba di San Pietro protetta da un baldacchino formato da quattro colonne
tortili e oggetto di venerazione da parte di innumerevoli fedeli e pellegrini.
Le colonne trabeate della navata centrale erano tutte di spoglio, con capitelli corinzi o compositi e con fusti
di diametro variabile e di diverse specie di marmi dai differenti colori. Sulle colonne separatrici delle navate
laterali, più basse delle precedenti, invece, si impostavano archi a tutto sesto.

Della Basilica di San Pietro vista nella ricostruzione grafica nella sua versione costantiniana non si conserva
praticamente nulla poiché distrutta nel XVI secolo. Il disegno è stato possibile grazie ad una ricostruzione
che si basa soprattutto su documenti grafici e pittorici del Cinquecento.

Come è possibile osservare nell’immagine, il sacrario (memoria) dell’apostolo non sorgeva però in una
catacomba nei pressi, come a S. Lorenzo e a S. Agnese, ma costituiva il centro stesso della basilica, e ciò
obbligò gli architetti imperiali ad adottare una disposizione diversa. Nonostante le trasformazioni che
hanno portato nei secoli alla grandiosa chiesa odierna, l’edificio del IV secolo è noto quasi in ogni
particolare sin dai risultati degli scavi, sia da descrizioni, dipinti e disegni eseguiti prima e durante la sua
demolizione. Un disegno di Heemskerck, eseguito quando gran parte dell’antica fabbrica aveva già ceduto il
posto alla nuova, può darci un’idea sia pure approssimativa delle dimensioni dell’edificio originario. Come
la basilica lateranense, esso aveva una navata centrale e doppie navate laterali, tutte con colonnati
provenienti da costruzioni antiche; ma, a differenza della cattedrale fra la navata e l’abside era interposto
un lungo transetto, un po’ meno alto della navata stessa. Al confine fra il confine tra il transetto e l’abside
era situato il sacrario dell’apostolo, sormontato a un ciborio con due passaggi laterali trabeati, il tutto su
colonne laterali di marmo decorate a viticci; queste colonne erano state donate dall’imperatore e alcune di
esse sopravvivono nell’attuale chiesa, dove le guide continuano ad indicarle come provenienti dal tempio di
Salomone. La basilica era preceduta da un atrio con al centro un’enorme pigna di bronzo antica, sotto
un’edicola anch’essa composta da materiali di spoglio. Nell’alta facciata, leggermente modificata nel
Duecento, che si ergeva sull’atrio e nelle pareti della navata centrale, in cui si aprivano numerose e grandi
finestre, si rinnovava il contrasto tipico delle chiese costantiniane fra la semplicità delle superfici esterne e
la fastosità dell’interno. L’immensità dell’edificio, più grande di ogni altra aula funeraria e della stessa
cattedrale lateranense, dimostra che era previsto all’afflusso di grandi masse di romani e di pellegrini.

Caratteri generali dell’architettura romanica

Tra l’anno Mille e la fine del XII secolo le


architetture religiose sono definite
appartenenti al periodo romanico, di rimando
al periodo romano dal quale questo stile
architettonico aveva attinto parecchio per il
fascino che l’architettura romana ancora
esercitava sugli architetti e capomastri del
tempo.
La straordinaria passione nel costruire che
colpì la gran parte delle gerarchie religiose del
tempo diede vita a migliaia e migliaia di esempi tra
loro diversi tanto che quando si parla di
architettura romanica si tende a parlare di scuole
regionali.
Le tipologie degli edifici seguono gli schemi tra i
più diversi: si passa dalla planimetria a sviluppo
longitudinale delle chiese a croce latina a quelle a
croce greca, con transetto sporgente oppure
appena emergente o addirittura senza transetto,
con absidi semplici ad andamento semicircolare, a
quelli complessi come le chiese a cappelle radiali munite di deambulatorio, eccetera.

A tali elementi si aggiunge poi un presbiterio rialzato dovuto al fatto che spesso la cripta con le ossa del
santo si trova immediatamente sotto l’area absidale.
Degno di nota è poi il matroneo che abbiamo visto impiegato
anche in altri edifici paleocristiani, bizantini e altomedievali.
Esso consiste in una galleria coperta spesso a botte collocata
sopra le volte delle navate laterali che si affaccia sulle navate
centrali mediante archi a tutto sesto o con aperture a bifora,
trifora o quadrifora.
Il termine matroneo venne scelto poiché tale spazio era al
principio riservati alle sole donne (matrona in latina significa
infatti signora). Oltre a ad essere uno spazio ad uso esclusivo
delle donne il matroneo divenne in seguito un elemento
autonomo con la funzione di innalzare la navata centrale e di
contribuire ad irrigidire l’intero edificio.

La pianta
La pianta longitudinale, in genere, è a forma di croce latina con tre navate: una centrale più alta, due
laterali più strette, intersecate dal transetto.
La pianta si compone di cinque spazi fondamentali:
• Le navate: tre o cinque destinate ai fedeli, di cui quella principale lunga ed ampia.

Le navate laterali sostengono delle gallerie affacciate sulla navata centrale: spazi anticamente destinati alle
donne e per questo detti matronei.
• Il transetto: una parte intermedia tra le navate e la zona riservata all’altare ed al coro.

All’incrocio tra la navata principale ed il transetto si imposta la cupola.


• Il matroneo: galleria riservata alle donne.
• La cripta: una sala seminterrata che custodiva le reliquie del santo a cui la chiesa era dedicata, un luogo
sacro situato sotto al presbiterio.
• Il presbiterio: lo spazio attorno all’altare destinato ai sacerdoti alle funzioni liturgiche.

La pianta si articola in alzato su quattro livelli: quello delle navate con il presbiterio (che si presenta rialzato
su gradini), quello dei matronei che sovrastano le navate, le aperture nel livello superiore (cleristorio) e
quello della cripta, (che si trova sotto il presbiterio).
La luce proviene da poche finestre “strmbate” e provoca sulle superfici murarie un netto contrasto tra luce
e ombra.
Fra le innovazioni tecniche e le caratteristiche architettoniche più significative del Romanico ricordiamo
comunque:
- le campate (scomposizione della navata in una successione di unità spaziali)
- la volta a crociera, che sostituisce le capriate in legno e le pesanti volte a botte in muratura;
- Il pilastro, che sostituisce o si affianca alla colonna;
- il contrafforte esterno, che contrasta le spinte provenienti dalle volte a crociera;
- Il grande spessore delle murature perimetrali, che conferisce alle costruzioni la necessaria solidità.

Caratteristiche architettoniche
Gli elementi innovativi dell’architettura romanica sono:
•le campate (scomposizione della navata in una successione di unità spaziali)
•i pilastri compositi che supportano archi a tutto sesto
•la volta a crociera composta dai quattro spicchi supportati dalle costolature
•i contrafforti
•un solido spessore delle murature

I pilastri: sono elementi architettonici


che, alternandosi alle colonne, si
dispongono lungo le navate. Questa
distribuzione è stata molte volte
utilizzata negli edifici romanici e
definita a “pilastri alternati”. La loro
caratteristica è di essere robusti e
massicci. Spesso sono monolitici e di
reimpiego o costituiti da rocchi
abbastanza imponenti. I quattro vertici della volta a crociera poggiano su altrettanti pilastri, i quali ne
sostengono il peso. Per questo motivo i pilastri devono essere molto robusti e si presentano in varie forme:
quadrato, cruciforme, composito, a fascio.

La volta a crociera: il sistema voltato romanico prende spunto da quella che era l’architettura antica, ma
cambia i principi sostanziali alla base della edificazione di queste volte. In effetti è il sistema di copertura
formato da due volte a botte uguali che si intersecano perpendicolarmente è rialzato in chiave per scaricare
meglio le proprie forze, rispetto a quella che era l’antica volta romana che invece era realizzata senza
questo rialzo in chiave della volta. Oltre a questo piccolo artifizio vengono introdotti poi gli scheletri in
pietra che supportano le volte, cioè le nervature e i costoloni. Lo spazio coperto da ciascuna crociera
prende il nome di campata ed è delimitata ai quattro vertici da quattro robusti pilastri in muratura. Le
quattro porzioni di volta risultanti dall’intersezione delle due volte a botte sono dette vele.
La differenza sostanziale tra una volta a botte e una volta a crociera è che mentre nella volta a botte le
forze agiscono lungo le due pareti continue che sorreggono i due muri e quindi non si possono aprire
finestre molto ampie. Con la volta a crociera il problema viene evitato convogliando le forze che agiscono
nella volta lungo le due direttrici diagonali permettendo così di scaricare le forze sui quattro pilastri della
campata, permettendo l’inserimento di finestre molte ampie che danno maggior luce. Alcune volte per
ovviare alle spinte delle volte delle navate minori che esercitano verso l’esterno si costruiscono i
contrafforti esterni, specie di setti murari addossati alle pareti esterne in corrispondenza dei pilastri interni
cioè nei punti dove le spinte generate dalle volte a crociera sono maggiori.
Il lavoro degli operai medievali a mano a mano si fa sempre più articolato e complesso e verrà diretto
sempre più dall’architetto definito nelle fonti con diversi vocaboli: architectus e architectarius, oppure
cementarius o latomus.

I contrafforti: elementi architettonici collocati all’esterno delle pareti.


I contrafforti servono da rinforzo ai pilastri interni, in modo da
contenerne le spinte delle volte a crociera. Esternamente la cattedrale
romanica presenta muri di pietra o di mattoni, rinforzati da
contrafforti, sui quali si aprono strette finestre, e talvolta anche
loggiati sorretti da colonnine e archetti «ciechi»,
Le loggette possono, anche, allinearsi in orizzontale e in più fasce,
sulla facciata.

Le facciate e i portali
In epoca romanica possiamo individuare due importanti tipologie di facciate:
• La facciata a salienti si ha quando la facciata si sviluppa a diverse altezze, secondo le differenti altezze
della navata centrale e di quelle laterali.
• La facciata a capanna è invece concepita come uno schermo indipendente dalla struttura spaziale della
chiesa; la sua forma è autonoma e non rispetta i contorni dell’edificio, impedendoci di vedere come sono
articolate le altezze delle navate retrostanti. Non si riesce a concepire la definizione dello spazio interno.
• Facciata turrita: delimitata da due torri simmetriche, che segnano la grandezza di questo edificio.

Il portale centrale delle cattedrali romaniche è molto decorato, soprattutto nella lunetta, e può essere a
strombo o con un protiro – una struttura costituita da un arco poggiante su due colonne rette dai leoni
stilofori. In quest’ultimo caso la copertura è un piccolo tetto a doppio spiovente.
Sia per i portali che per le facciate gli elementi architettonici e decorativi, non si dispongono mai in modo
simile, e ciò determina quelle differenti modulazioni luminose e quei diversi valori chiaroscurali che
contribuiscono a dare a ogni chiesa un particolare senso di leggerezza, di compattezza o di equilibrio.

Piazza dei Miracoli a Pisa


La Piazza dei Miracoli, detta anche ‘Prato dei Miracoli’ o ‘Piazza del Duomo’, costituisce uno dei più alti
episodi di urbanistica medievale in senso assoluto e non soltanto per il suo incredibile stato di
conservazione. Il complesso monumentale pisano si colloca in una zona periferica rispetto al più antico
nucleo cittadino, cioè della città vecchia compresa tra Arno e Auser, presso l’angolo nord-occidentale delle
mura del 1155, ove si apre la Porta del leone. È la stessa zona che fin da epoca altomedievale aveva visto
sorgere la chiesa battesimale di Pisa e la dimora vescovile, forse in corrispondenza di una villa suburbana.
Gli scavi condotti tra il 1939 e il 1951 tra l’attuale Cattedrale e il Camposanto hanno infatti riportato alla
luce resti delle fondazioni di edifici, tra cui quelle relative ad un battistero a pianta ottagonale con abside
semicircolare. La formazione della Piazza occupa un arco temporale che va dalla metà dell’XI secolo alla
metà del XIV secolo, quando si concluse la costruzione del Campanile, sebbene interventi su di essa si
debbano registrare fin dopo la metà del secolo scorso.
Vari architetti hanno continuato l’originale concezione architettonica di Buscheto Diversi furono gli
architetti che continuarono la geniale opera di Buscheto per la cattedrale: Rainaldo che prolungò la
cattedrale, Diotisalvi che impostò il battistero e Nicola Pisano che lo concluse, Bonanno che molto
probabilmente fondò il campanile e Giovanni di Simone che lo ultimò alla sommità e che definì i lati lunghi
della Piazza col Camposanto e l’Ospedale, quest’ultimo iniziato nel 1263. Nonostante l’avvicendarsi di
personalità di spicco, tra le maggiori che possa vantare il mondo romanico, il complesso monumentale e
urbanistico di Pisa ha mantenuto una straordinaria unità. Testimonianza ad un tempo, dell’alto grado
raggiunto dalla potenza cittadina nel Medioevo. Sebbene la Piazza abbia avuto verso est limiti precisi in
epoca abbastanza recente, nel Medioevo vi dovevano essere ancora notevoli resti romani, la sua forma non
è causale. Tutto è articolato attorno alla Cattedrale e in funzione di essa, non secondo simmetria, ma con
riferimento a punti di vista tali da comporre gruppi armonici disposti in una condizione di assoluto rapporto
tra le parti. Le varie architetture, oltre a presentare tra loro una fondamentale unità, si fondono alla
perfezione con lo spazio esterno, quasi a creare con questo una sostanziale continuità. I percorsi interni
degli edifici confluiscono con quelli della Piazza, scanditi nel verde del prato che contribuisce ad accrescere
la suggestione dell’insieme, cui non reca disturbo sul lato meridionale la più modesta e alterata Quinta
dell’ex Ospedale di Alessandro IV.
In realtà, per ultimare l’impresa costruttiva di Piazza dei Miracoli i costruttori impiegarono due secoli:
cattedrale (1164), battistero (1152), campanile (1173), ospedale (1263), camposanto (1278).
Tutta la composizione architettonica del complesso pisano è regolata dal motivo delle colonnette
composite sormontate da arcatelle cieche a tutto sesto visibile intorno alla cattedrale. La decorazione,
infatti, verrà mantenuta con successo dal maestro Diotisalvi, che nel 1153 inizierà a costruire il battistero a
pianta circolare, ultimato in forme gotiche alla fine del Duecento.
Analogamente, intorno al 1174 Bonanno Pisano sarà chiamato a erigere l’imponente torre campanaria, la
celebre ‘Torre Pendente’, che dal 2001 è stata resa nuovamente sicura e agibile, dopo lunghi e impegnativi
lavori di restauro architettonico e consolidamento strutturale. La forma cilindrica, pressoché sconosciuta in
ambito toscano, rimanda alle esperienze bizantine di Ravenna e alle torri arabe, segno del forte
internazionalismo dei modelli culturali pisani.
Il motivo della decorazione esterna con arcatelle cieche a tutto sesto, infine, sarà applicato nel XIII anche
dal capomagistro Giovanni di Simone nella costruzione del Camposanto monumentale, l’ultimo dei quattro
grandiosi edifici che si affacciano sulla vasta piazza erbosa del Prato dei Miracoli.
Il perdurare, almeno fino alla sconfitta navale della Meloria (1284) a opera dei Genovesi, della potenza
politica ed economica di Pisa favorirà anche il diffondersi dei nuovi modelli architettonici. Le esperienze
romaniche di Buscheto e di Rainaldo furono così esportate, pur se con diversi accenti, non solo
nell’entroterra pisano, ma anche in altre aree dii influenza più o meno diretta quali la Maremma, la Puglia,
la Sardegna e la Corsica Nord-orientale.

Duomo di Pisa
È noto che l’occasione che determinò la costruzione della Cattedrale di Pisa fu la vittoria riportata sugli
Arabi a Palermo nel 1064 con il conseguente arricchimento della città ormai diventata potenza marittima di
prim’ordine. A ciò si deve aggiungere anche la presenza sulla cattedra pisana di un vescovo dalla forte
personalità come il Pavese Guido, ricordato in una lapide della
facciata curiosamente incastrata in quella più alta che reca le
imprese marinare della città, ma soprattutto l’opera di un
architetto come Buscheto, la cui fama raggiunse un livello tale
da essere paragonato al mitico Dedalo. A Buscheto si deve la
progettazione di un edificio di Niveo marmo che trova
paragone in nessun altro esempio e possiamo aggiungere
anche la creazione del romanico pisano. Certo è che nessuna
costruzione dell’epoca era paragonabile al Duomo di Pisa per
grandiosità di impianto, non solo per dimensioni di pianta ma
anche per alzato e per lo sviluppo della cupola che raggiungeva i 48 m di altezza. La costruzione della nuova
cattedrale si pone sostanzialmente nella seconda metà del XI sec., in un periodo di forte espansione di Pisa
nel Mediterraneo. L’impegno delle energie cittadine dovette essere notevole ed è significativo l’episodio
della scomunica del 1095: l’arcivescovo lanciò contro coloro che distoglievano i fabbri dai lavori della
maggiore chiesa cittadina. Questa doveva essere appena terminata o almeno a buon punto nel 1118
quando fu benedetta da Papa Gelasio II, inoltre sappiamo che nel 1136 vi fu tenuto un concilio, onde da
ritenere essere già terminato con l’attuale facciata. In un primo tempo la chiesa ebbe la fronte più arretrata
rispetto a quella che vediamo oggi e non è da escludere che ciò fosse stato condizionato dalla preesistenza
di un edificio, forse l’antica dimora vescovile. Gli scavi, infatti, non hanno riportato alla luce strutture
riferibili alla precedente Santa Maria che con ogni probabilità doveva essere collocata sotto la nuova
costruzione. Il prolungamento della cattedrale verso la facciata, con l’aggiunta di tre campate, è stato
determinato da una preesistenza molto probabilmente alto medievale in un primo tempo non demolita
oppure consigliato da motivi di proporzione nella lunghezza della navata, dovette avvenire nei primi
decenni del XII secolo. L’operazione si concluse con la facciata attuale ad opera di Rainaldo, ma non è da
escludere che l’edificio nelle sue proporzioni definitive fosse già stato previsto da Buscheto la cui figura è
del resto celebrata proprio nella facciata. Il ricordato incendio della fine del XVI sec. all’interno della
cattedrale che si propagò verso la facciata produsse danni più consistenti di quanto possa sembrare, infatti,
oltre alle ante dei portali, andò distrutta la copertura lignea originale che fu sostituita da un soffitto a
cassettoni seguito dagli atticciati di Firenze, ma anche molti marmi rimasero ‘cotti’, fu necessario il
rifacimento di capitelli, cornici, architravi che seppur riprodotti fedelmente hanno compromesso la lettura
dei caratteri originari della facciata. Ancora intorno alla metà del secolo scorso si provvedeva al restauro
delle decorazioni, naturalmente con criteri integrativi quali
imponeva l’epoca il modo di vedere certe operazioni di restauro.
La pianta della cattedrale prevede cinque navate come nelle più
grandiose basiliche paleocristiane di Roma, vedi San Pietro, ma con
transetto sporgente a tre navate, matronei corrono sopra tutte le
navate minori ed una cupola ottagonale sormonta l’intersezione tra
i due corpi della chiesa. Una grande abside conclude la navata
centrale ed analoga terminazione absidata presentano i due bracci
del transetto. La copertura originale distrutta nell’incendio nel 1595
doveva quasi certamente presentare le capriate in vista. Le alte
colonne della navata centrale si susseguono con perfetta simmetria
interrotte soltanto dai quattro robusti pilastri, due per parte, che
sorreggono il tamburo della cupola, che mediante pennacchi
angolari, assume la forma ottagona su cui quest’ultima si imposta. I
matronei si aprono nella navata con aperture a forma di ampie
bifore di ricordo bizantino, soluzione che dà vita ad una ritmica alternanza di colonnette e di pilastri. I
transetti non determinano un effetto spaziale in quanto le pareti della navata centrale proseguono sotto la
cupola mascherando quasi l’accesso e la presenza dei bracci laterali. Per minore altezza e per diversa
impostazione spaziale (tre navate al posto di cinque), i transetti assumono l’aspetto di chiese assestanti
anche perché i loro matronei sono separati dallo spazio della cupola. Luminosa è la parte interna, resa viva
oltre che dai giochi chiaroscurali generati dalla complessa articolazione spaziale, dalla vivace decorazione
policroma sia a bande alterne orizzontali sia in incrostazioni presenti nelle pareti come nel pavimento.
Classica è la decorazione dei capitelli all’epoca di Buscheto che si rifà a moduli corinzi e compositi e si ripete
nei capitelli delle navate minori sormontati da archi su alti piedritti. Si diversifica, invece, la decorazione dei
capitelli relativi al prolungamento all’inizio del XII sec. con la decisa comparsa di figurazioni più complesse
nella parte alta della facciata. Il Duomo di Pisa si pone chiaramente come massima espressione del
romanico pisano, ove per merito di Buscheto si fondono elementi della tradizione classica permeate
attraverso le esperienze paleocristiane con motivi lombardi e bizantini, ma soprattutto con quanto poteva
essere pervenuto a Pisa dai suoi contatti con il mondo arabo e normanno. Archeggiature a sesto rialzato o a
sesto acuto, archi impostati su alti piedritti, il vivace cromatismo ci riconducono all’oriente, sì che la città si
colloca in quel periodo come uno dei punti più privilegiati dell’incontro tra le varie civiltà del Mediterraneo.
I materiali usati per questa grandissima costruzione erano tra i più vari: marmo pisano e calcare della
Verruca per le grandi superfici e per le poche sculture, granito dell’Elba, del Giglio e della Sardegna per le
colonne grandi e piccole eccetto che per quelle di spoglio, il tufo di Livorno per i riempimenti, nel marmo
bianco si inseriscono i vari marmi colorati delle tarsie sia nelle pareti che nel pavimento. Ma occorre
mettere in evidenza come Niveo, marmore templum, si riveste di un materiale da secoli non più usato sulle
rive del Mediterraneo dal tempo dei grandi monumenti romani. A Pisa, come ha fatto notare un grande
studioso, ritorna il marmo: matrice della più grande architettura antica.

Battistero, Pisa (1152)


Un’iscrizione, nel pilastro a sinistra di chi entra, ricorda che il
Battistero di Pisa fu iniziato nel 1152 da Diotisalvi, quando
ancora doveva essere funzionante quello ottagonale
ricordato fin dall’alto medioevo e le cui fondazioni furono
rinvenute durante gli scavi del Camposanto. Anche il cronista
Marangoni ci dice che nel 1153 il Battistero fu costruito e ci
dice anche che l’anno successivo fu
fondato il giro di sostegno interno e
nel 1155 Guglielmo, figlio del re
Ruggero di Sicilia, ne incoraggiava la
costruzione. Nel 1164 ci informa ancora il Marangoni che furono messi in soli 15 gg
le colonne, alcune delle quali portate alcuni anni prima dall’Elba e dalla Sardegna.
Nei decenni successivi si proseguì nella realizzazione dell’edificio tanto che i
capitelli denunciano una pratica scultorea della fine del XII sec., epoca alla quale
sembrano risalire anche le sculture bizantineggianti dei portali. Vi fu poi
un’interruzione dei lavori, ripresi con certezza verso la metà del XIII sec., ma
appare ragionevole pensare che nel 1221 quando vi si riunirono l’arcivescovo e il
capitolo Pisano per definire l’investitura dell’operaio, l’interno del battistero
doveva essere concluso. Nel 1260 sovrintendeva i lavori il noto Nicola Pisano,
architetto che con le sue maestranze attuò la galleria delle colonnette. A lui si deve
il progetto del rivestimento gotico del battistero che corona il cerchio del
battistero. Assai operoso fu l’ultimo quarto del 1200, nel 1278 un’iscrizione informa della chiusura delle
finestre e dell’inizio dei lavori alla galleria interna. Nel 1284 attendeva alle decorazioni esterne anche
Giovanni Pisano. Intorno alla metà del 1200, l’interno del battistero si abbelliva anche dei suoi principali
arredi. Intorno al 1246 risale il bellissimo fonte battesimale di Guido da Como, mentre del 1260 è il famoso
Pergamo di Nicola Pisano. Soltanto dopo la metà del 1300 iniziò la fase conclusiva della costruzione del
battistero pisano. Redatto un modello definitivo del monumento nel 1358, si pensò di coprire l’edificio con
una cupola, per costruire il tamburo necessario all’imposta di questa fu necessario intervenire sulla
preesistente copertura del matroneo. Furono così rialzate le volte fino ad includere le finestre aperte sulla
fascia del tamburo, una per ognuno dei venti spicchi. Il battistero di Pisa è costituito da una grandiosa mole
a pianta circolare, all’interno della quale si sviluppa una navata anulare a copertura a volte sorretta da
colonne intercalate simmetricamente da quattro pilastri, sopra i quali si impostano gli archi con alti
piedritti. Al di sopra della navata si sviluppa un matroneo aperto verso l’interno da alte archeggiature
sorretto da pilastri, soluzione questa esteticamente non troppo felice. Sul vano centrale si innalza altissima
la piramide di copertura, in origine completamente visibile all’esterno. All’esterno il battistero riprende i
motivi decorativi attuati nel duomo e nel campanile soltanto nella parte basamentale. Il primo ordine
costituito infatti da un giro di ampie arcate cieche, sorrette da semi-colonne, ove si inseriscono
perfettamente centrate monofore dall’archivolto scorniciato su due assi ortogonali si aprono, occupando il
vano, le altrettante arcate e i quattro portali.

La Torre di Pisa (1174)


Miracolo dell’equilibrio. Pendenza di 5,5° con un’altezza di 56 m e
uno strapiombo di 4 m ca., 14000 tonnellate di peso, 8 piani e
ordini, 807 colonne, diametro di 15 m, due cilindri concentrici con
una scala elicoidale che vi si avvolge lungo il cilindro interno fino in
cima passando all’interno dello spessore del muro. Sulla sommità,
il registro dedicato alle campane, in tutto 7, ovvero una campana
ogni nota musicale. Non conosciamo con precisione il nome
dell’architetto, forse Bonanno. Per avere percezione della
pendenza basta scendere nel catino, che sprofonda letteralmente
nel suolo. Il problema della sua pendenza è dovuto alle
caratteristiche morfologiche del terreno che presenta molte falde d’acqua sotterranee e strati di argilla e
sabbia. Il rischio del crollo di questo singolare monumento fu avvertito dalle autorità negli anni ’80. La Torre
fu chiusa e iniziarono gli studi per il recupero. Fu istituito un comitato internazionale di storici, restauratori,
progettisti, chimici e fisici. Dopo dieci anni, la Torre riaprì i battenti ovviamente dopo essere stata messa in
sicurezza. Solidi elementi di cemento e robusti tiranti di acciaio scongiuravano il ribaltamento, ma non era
stata ancora stata trovata la soluzione definitiva che invece fu trovata verso il 1997 quando si incominciò a
studiare il suolo, era lì che andava cercata la soluzione. Con alcune trivelle retrostanti furono creati dei fori
proprio nel lato della torre dove c’era meno pendenza, il carico soprastante con il proprio peso fece il resto
e per questo la torre iniziò a raddrizzarsi. Il processo molto semplice prevedeva che la terra estratta al di
sotto delle fondamenta, quasi un metro cubo, sul lato Nord avrebbe indotto la struttura a tornare a poco a
poco indietro verso la perpendicolare e così fu. Con il tempo sono state estratte 60 tonnellate di terra e
recuperato quasi 0,5° di pendenza. Le fasi costruttive della Torre di Pisa sono tre: l’inizio dei lavori dal 1163
al 1185 fino alla terza cornice, cioè fino all’insorgere dei primi problemi; si fermano poi i lavori, che
vengono ripresi dopo circa un secolo e la torre viene costruita fino alla settima cornice nel 1272 con
Giovanni Pisano; la terza e ultima fase è relativa alla costruzione della cella campanaria nel 1360 e recupero
di circa 45 cm di dislivello con l’architetto Tommaso Pisano. Il diametro della cella era molto ridotto rispetto
ai 15 m delle altre cornici.

Camposanto, Pisa (1278)


Rappresenta la conclusione urbanistica
della Piazza dei Miracoli sul lato
prospicente le mura verso Nord. La sua
realizzazione avviene dopo circa due
secoli dell’inizio della costruzione del
complesso di Piazza dei Miracoli in linea
gotica anche se perfettamente
armonizzato con gli altri monumenti. La
costruzione del Camposanto fu iniziata
nel 1278 su progetto di Giovanni de
Simone che in precedenza nel 1263 aveva costruito l’ospedale proprio sul lato opposto della piazza. È
probabile che la costruzione del Camposanto sia stata decisa quando fu possibile eliminare il vecchio
battistero, evidentemente quando si era reso funzionante quello attuale. Si vuole che la decisione di
edificare un Camposanto a Pisa sia stata presa all’ inizio del XIII sec. allo scopo di ospitare le spoglie mortali
illustri della città, nella stessa epoca la tradizione vorrebbe che l’arcivescovo Ubaldo dei Lanfranchi abbia
fatto trasportare a questo scopo una grande quantità di terra dal Golgota per rendere il monumento
ancora più spiritualmente interessante. Realizzato in marmo con delicata dicromia, la struttura si articola su
una galleria rettangolare con il lato lungo meridionale che si svolge a delimitare la piazza che circonda il
prato interno dell’antico cimitero. All’esterno la galleria è chiusa su arcate cieche impostate su lesene, sulla
sommità delle quali, in corrispondenza dell’imposta degli archi, sono collocate teste scolpite spesso
classicheggianti. All’interno i quattro lati del rettangolo sono aperti da un porticato, le cui archeggiature
sostenute da pilastri contengono nel loro vano delle esili quadrifore da archetti intrecciati di gotica
leggerezza. Il pavimento del braccio orientale è rialzato rispetto agli altri, costituendo questo settore del
loggiato una sorta di santuario riservato agli altari per le funzioni. Nella parete esterna di questo braccio
come pure in quello settentrionale sono state aggiunte delle cappelle. La copertura è semplicemente
attuata con legno in vista che sostiene il tetto a lastre di piombo, questo fu purtroppo distrutto un incendio
causato dagli eventi bellici del 1944, da una bomba che cadde proprio all’interno dell’edificio che distrusse
gran parte dell’arte visibile all’interno. A più riprese all’inizio del XVIII sec. e nel corso del secolo scorso vi fu
trasportato quasi un centinaio di sarcofagi antichi. Oggi è divenuto uno dei più importanti musei cittadini.

La cattedrale di Salerno
I lavori della cattedrale dedicata a San Matteo protettore della
città, iniziarono nel 1080, quando era arcivescovo Alfano.
A volere l’edificio fu Roberto il Guiscardo, della famiglia
normanna di Hauteville che conquistò la città liberandola dai
Longobardi. La chiesa fu inaugurata nel 1084 da papa Gregorio
VII e i lavori terminarono nel 1085. L’edificazione della
struttura fu velocissima, già nel 1081 era pronto il primo nucleo
con la Cripta dove vennero sistemate le spoglie del Santo
evangelista e dei Santi Martiri salernitani.
Purtroppo a causa di alcuni terremoti ai quali fu soggetta la
zona della cattedrale, e forse anche a causa della fretta nel realizzarla, subì alcune necessarie
ristrutturazioni nel tempo.

• Il duomo è preceduto da un quadriportico con una facciata barocca e dalla


scalinata annessa. Dell'antico prospetto resta il portale, detto Porta dei
Leoni a causa di due statue ai lati degli stipiti raffiguranti un leone (simbolo
della forza). L'atrio è circondato da un colonnato (che era un'ideale
continuazione verso l'esterno delle navate interne) le cui colonne
provengono dal vicino Foro Romano di piazza Conforti, sormontate da archi
a tutto sesto decorati con intarsi di pietra vulcanica sulle lesene e ai
pennacchi. Splendido è il loggiato soprastante a bifore e pentafore,
considerato il punto d'inizio della cosiddetta Architettura mediterranea.
• La chiesa è un edificio massiccio, a tre navate (ma probabilmente in
origine erano cinque) di cui quella centrale è sormontata da una volta a
botte ad incannucciata, mentre il transetto presenta delle capriate in legno
(rifatte negli anni cinquanta).
• Sebbene all'interno domini uno stile seicentesco, sono state rinvenute
tracce dei trascorsi medioevali ed in una delle navate laterali è possibile ammirare affreschi di scuola
giottesca che emergono dalla più recente muratura.
• Il quadriportico, alla cui erezione concorse il principe normanno Giordano di Caprio, è concepito su tutti i
lati da un ambulacro con archi a tutto sesto rialzati sorretti da 28 colonne in granito e da 4 pilastri angolari
omogenei. Al di sopra, ad eccezione del nartece la cui altezza è segnata dalle bifore con archi intrecciati,
scorre una galleria con pentafore e bifore anch’esse ad archi tondi e rialzati. Intramezzano i due ordini una
serie di rosoni con motivi stellari a tarsie policrome. Il quadriportico fu iniziato verosimilmente dal nartece
di cui individuata tuttavia una fase posteriore di rimaneggiamento, in connessione con il rifacimento del
portale di facciata. I pilastri di facciata su cui scaricano le volte centrali continuano maldestramente, infatti
la riquadratura del portale maggiore i cui stipiti sono resecati e i medaglioni a tarsie sui pennacchi esterni
delle arcate appaiono stilisticamente diversi rispetto a quelli dei lati meridionali e settentrionali. Il termine
ante quem per la realizzazione dei quattro lati del quadriportico comprese le logge superiori viene indicato
negli anni di costruzione del campanile, vale a dire tra il 1137 e 1145, ciò perché la prima bifora sul loggiato
esterno della facciata meridionale in prossimità della chiesa risulta chiusa e occultata dal tiburio del
campanile.
• Addossato al lato meridionale del
quadriportico è collocato il
monumentale campanile arabo-
normanno, che si eleva per quasi 52
metri con una base di circa dieci metri
per lato. Da una lapide murata sulla
fronte meridionale si legge che
committente fu Guglielmo da
Ravenna, arcivescovo di Salerno dal
1137 al 1152. Il campanile è composto
di quattro cubi e termina con un
tiburio a cupola. La cella campanaria
presenta un tamburo anulare su vano
quadrato e cupoletta, qui si snoda un motivo ad archi intrecciati in tufo e mattoni sorretti da colonnini di
marmo e conclusi da una fascia in tarsie clorate in tufo grigio, giallo con stelle a sei punte (propria dell’area
salernitano-amalfitana).La sua composizione risponde ad una precisa esigenza statica in quanto i primi due
piani, indubbiamente più pesanti, sono in travertino e costituiscono una solida base di sostegno. Gli altri
due piani sono in blocchetti di laterizio, certamente più leggeri. Tutti i piani sono alleggeriti da ampie bifore
che scaricano i pesi lateralmente sugli angoli.

La cattedrale di Trani
Dopo San Nicola di Bari, la cattedrale eretta a Trani in onore di San
Nicola Pellegrino è senz’altro la più celebrata costruzione romanica
della Puglia. Iniziata nel 1099, la chiesa fu edificata su un altro edificio
più vecchio dedicato a Santa Maria della Scala risalente al IV secolo,
come evidenziato da recenti scavi archeologici. In seguito venne
costruita la chiesa di Santa Maria, all'interno della quale venne
scavato un sacello per ospitare le
reliquie di San Leucio. Le reliquie
di San Nicola sarebbero state
sistemate nella parte inferiore
della chiesa. La cattedrale fu poi
consacrata prima ancora del
completamento.
La fase decisiva della costruzione
si ebbe presumibilmente tra il 1159 e il 1186, mentre verso il 1200 il
completamento era da considerarsi raggiunto, eccezione fatta per il
campanile.
La costruzione, importante dal punto di vista urbanistico, vanta una
posizione relativamente isolata rispetto agli edifici circostanti e si trova
nelle immediate vicinanze della costa, con l'effetto di creare un chiaro
punto di riferimento sia a chi la guardi dalla città sia a chi la guardi dal mare.

• Vi si accede tramite una doppia rampa di scale che conduce al portale, dato che il pianterreno si trova in
posizione leggermente rialzata, a 5 metri dall'attuale livello stradale.
• Tramite la doppia rampa si accede a un ballatoio situato davanti alla facciata, dove al centro di un’arcata
cieca si trova un portale romanico accuratamente ornato. La porta centrale di bronzo è opera di Barisano di
Bari e fu realizzata nel 1175: si tratta peraltro di uno dei più interessanti esempi del genere nell'Italia
meridionale.
• Entrando all’interno della cattedrale notiamo subito a vasta aula divisa in tre navate suddivise da un
doppio filare di 6 colonne abbinate ciascuna, collegate tra loro da archi lunati a doppia ghiera sormontati
con scansione regolare e perfetta dalle trifore dei matronei sovrastate da un piano di monofore. I matronei
sono sorretti da volte a crociera delimitate da arcate trasverse a
sesto lievemente rialzato che scaricano sui filari di colonne rivolte
verso le navatelle e su semicolonne addossate alle pareti delle
stesse. Il perfetto allineamento delle colonne binate e delle
semicolonne laterali rende fortemente regolare l’andamento delle
crociere e il profilo degli archi trasversi con indubbia stabilità sulla
struttura.
• Interno della cripta con la tipica impostazione romanica «a selva
di pilastri». La cripta è collocata sotto il livello di calpestio delle navate della cattedrale che per questo
motivo si trova rialzata.
• Tre finestre e un piccolo rosone sulla navata centrale decorano la facciata, con le loro aperture ornate da
figure zoomorfe, che le conferiscono una certa plasticità. Come suggerisce la forma della facciata, la chiesa
segue lo schema architettonico della basilica a tre navate. Inoltre, il fatto che l'entrata sia rialzata
suggerisce l'idea della presenza di una cripta di una certa importanza. Dalla parte posteriore, l'edificio è
invece delimitato da un massiccio transetto rivolto verso il mare e dotato di tre absidi. È questo senz'altro
uno dei maggiori elementi di originalità della chiesa. Anche questa parte della costruzione è decorata da
arcate cieche in stile romanico. Al di sopra di queste, le facciate laterali sono decorate, a sud da due bifore
e da un rosone, e a nord da due bifore e una quadrifora.
• L'elegante torre campanaria accanto alla facciata fu eretta soltanto in seguito, essenzialmente tra il 1230
e il 1239, ma il completamento, con la costruzione dei piani superiori al secondo, si ebbe poco dopo la metà
del Trecento. Tipicamente romanico è l'alleggerirsi della massa procedendo verso l'alto, ottenuto con
l'accorgimento architettonico delle aperture che diventano sempre più ampie salendo in alto: dalla finestra
bifora si passa a quella trifora, ecc.
• Sotto il campanile, un ampio arco a sesto acuto crea un effetto architettonico piuttosto insolito, dato che
dematerializza sensibilmente la base su cui si scarica la massa sovrastante della torre. La torre (alta 59 m)
finì del resto per diventare pericolante e fu interessata da un intervento di anastilosi (tutti i conci di pietra
furono smontati e numerati, quindi rimontati pezzo per pezzo) a cura di un restauro degli anni Cinquanta
del XX secolo.

Cattedrale di Cefalù in Sicilia


Uno dei monumenti più interessanti dell’architettura medievale siciliana.
Fu fondato, come risulta dal diploma dell’arcivescovo di Messina Ugone che
intervenne nella posa della prima pietra, il giorno di Pentecoste del 1131 da
Ruggero II a testimonianza della grande colonizzazione della Sicilia
intrapresa dai conquistatori latini. Ruggero aveva infatti approfittato dello
scisma del 1130 per barattare il suo aiuto all’antipapa Anacleto con la
promessa di ottenere la corona di Sicilia ed il permesso di riorganizzare le
diocesi siciliane. Il Duomo di Cefalù doveva essere il mausoleo della dinastia
Altavilla ed a prova di questo proposito rimangono i due sarcofagi di
Porfido che Ruggero aveva destinato alla sua famiglia e che, collocate
originariamente nel duomo, vennero in seguito trasferiti da Federico II nella Cattedrale di Palermo. È alla
luce di questo desiderio di Ruggero che bisogna guardare questo monumento dove confluiscono tutte le
esperienze artistiche europee più antiche e più mature e che rimane come documento indiscusso
dell’altezza e della forza espressiva della cultura
medievale siciliana. La fusione dei vari stili riflette la vera
natura della costruzione. Cefalù doveva rappresentare
l’autorità reale riferendosi a tutte le componenti del
Regno: quella latino-occidentale, quella greco-ortodossa
e quella arabo-islamica. Quando nel 1154 Ruggero morì,
la salma non fu portata a Cefalù poiché a quell’epoca la
Cattedrale non fu né compiuta né consacrata.
Entrando nel duomo dalla parte del portale principale, attraversando il piccolo
nartece, ci si trova nella parte centrale della basilica, che è divisa in tre navate da
otto colonne di granito eccetto la prima che è di marmo cipollino, con capitelli
classici e bizantini, su cui si impostano alti piedritti con arco a sesto acuto. In
particolare bisogna osservare il quarto e il sesto capitello a sinistra e il quarto a
destra che appaiono riccamente decorati. Se osserviamo la sezione, notiamo che
da un lato all’altro della navata centrale al di sopra degli archi si eleva la liscia
parete superiore che le finestre, ciascuna in asse con le arcate sottostanti, si
ripropongono una dopo l’altra. Sia la navata centrale che quelle laterali hanno una
copertura a tetto con travature a vista. Lo spazio longitudinale delle navate è
scompartito da otto colonne di granito per lato, con capitelli corinzi di spoglio del II
secolo che sorreggono archi a sesto acuto molto rialzati, tale soluzione conferisce
alla navata una verticalità maggiore rispetto a quella che i fitti intercolumni
avrebbero consentito in caso di utilizzo di semplici archi romanici a tutto sesto. Sulle grandi arcate una serie
di finestre alte chiude la parte in sommità. Per quanto riguarda invece la planimetria, possiamo dire che
sono caratteristiche oltre alle due torri in facciata, la parte absidale con la tipica impostazione delle absidi
gradonate che si riferiscono alla chiesa di Cluny, che verrà poi replicata in altre costruzioni.
Il duomo occupa una posizione isolata ed ha per sfondo il Massiccio roccioso e il mare. La chiesa è
preceduta da un ampio sacrato che si eleva sul piano della piazza e al quale si accede per mezzo di una
scalinata. La facciata della cattedrale è rinserrata da due alti campanili, che la inquadrano lateralmente
chiudendo al centro un portico con tre aperture. I campanili sono costituiti da un alto blocco
parallelepipedo a base quadrata senza cornici intermedie che continua con un blocco terminale più piccolo,
posto in rientranza e coronato da una cuspide. La zona inferiore è totalmente chiusa fino a metà altezza,
mentre la zona sovrastante è forata su ogni faccia da tre finestre a sesto acuto sovrapposte: monofore le
inferiori, bifore le superiori divise da una colonnina centrale. Il portico centrale ha l’arco posto in posizione
centrale a tutto sesto, mentre gli archi laterali a sesto acuto sorretti da
quattro colonne di granito con i capitelli ornati con lo stemma vescovile.
Al centro sotto il portico si apre la porta Regum con un bellissimo
portale a cinque ghiere concentriche riccamente scolpite. Il paramento
murario esterno mostra ai lati della porta una struttura costituita da
grossi blocchi ben squadrati. La fronte sopra il portico invece è decorata
da due serie sovrapposte di arcate cieche a sesto acuto poggianti su
colonnine addossanti il muro. Le arcate inferiori si intrecciano tra loro e
si collegano al centro con una grande finestra con archivolto a sesto
acuto dalla ghiera modellata con motivi a cordoni. Sui fianchi, la navata
centrale si manifesta all’esterno con le semplici finestre incorniciate da
un leggero incasso sul muro liscio a conci di tufo nitidamente suddivisi.
All’esterno le navate laterali differiscono notevolmente l’una dall’altra,
infatti in quella di destra le finestre sono limitate da una cornice
sagomata che prosegue orizzontalmente da una finestra e l’altra,
creando un legame continuo tra vuoti e pieni, mentre in quella di sinistra si alternano tra le finestre una
serie di lesene sulle quali si impostano arcature a sesto acuto. In alto fa da coronamento uno pseudo
loggiato continuo ad archi intrecciati con ghiere sagomate ricadente su colonnine appoggiate al muro. Per
quanto riguarda il prospetto absidale del duomo, esso evidenzia l’interruzione, le riprese e i mutamenti
subiti dal progetto.
L’abside inizia in basso con un motivo a lesene su un’alta zoccolatura e si trasforma poi all’altezza della
finestra centrale in un motivo di colonnine binate che avrebbe dovuto concludersi come nelle vicine absidi
con una serie di archi intrecciati, mentre si conclude con una serie di archetti pensili a tutto sesto.
All’interno sono presenti anche dipinti che mostrano animali ibridi, la tonalità e cromatura è variegata:
blu,bianco, rosso, giallo.

- L’architettura gotica
Uno stile architettonico va circa dal 1130, con l’esempio di Saint-Denis, all’inizio del XV secolo, uno spazio
temporale abbastanza grande che varia a seconda dei Paesi origine dell’affermazione del gotico. Con il
termine Gotico ci riferiamo allo stile artistico e architettonico dalla metà del XII secolo fino agli inizi del XV
secolo.

I secoli che vedono l’affermazione del Gotico sono caratterizzati da eventi storici che contribuirono a
formare lo scenario che caratterizzerà l’età moderna. In Europa assistiamo al consolidamento delle
monarchie nazionali in particolare in Francia e Inghilterra. Più difficile e variegata è invece la situazione
italiana: al Nord e al Centro i liberi comuni, una volta conquistata la loro autonomia, accentrano il potere
nelle mani di un “signore” e di un’intera casata.

Dal Comune quindi si passerà alla Signoria, ovviamente non senza ripercussioni in termini di lotte interne e
guerre per espandere o definire i propri confini. Al Sud invece di notevole importanza anche e soprattutto
per lo sviluppo delle arti e per la gestione della sua corte, è la presenza di Federico II di Svevia, lungimirante
sovrano.

Un ruolo fondamentale in questo periodo storico è da attribuire alla nascita e allo sviluppo degli ordini
monastici mendicanti in particolare ai Francescani e ai Domenicani in Italia che, sull’esempio dei Cistercensi
(dall’abbazia di Citeaux in Francia) nati nell’ambito del rinnovamento dettato dalla regola Cluniacense
(dall’abbazia francese di Cluny da dove prese avvio il movimento), si fecero portavoce di rinnovamento
religioso ma anche culturale.

Le tecniche costruttive

L’architettura gotica rispetto a quella romanica è molto


più slanciata, traforata, agile e leggera. Una delle
caratteristiche principali è il suo verticalismo, cioè lo
sviluppo in altezza, quasi a voler sfidare il cielo.

Nel Medioevo rappresentavano la forza e l’importanza


del centro urbano nel quale venivano costruite. L’altezza
raggiunta dalle torri (anche fino a 90 m) oltre a sfidare le
forze della statica diventavano anche un sicuro punto di
riferimento per il viandante.

Le chiese gotiche, solitamente a tre navate, sono spesso


precedute da un portico e dotate di un profondo e corto
transetto. Nella parte terminale presentano un lungo
coro, in genere circondato da uno o più deambulatori
che danno anche l’accesso alle cappelle disposte in senso radiale attorno all’abside.

Le innovazioni tecniche e le caratteristiche architettoniche che meglio individuano il gotico, sono:


- l’arco a sesto acuto (anche detto ad ogiva), che
sostituisce quello a tutto sesto. Esso è formato da due
archi di cerchio che si intersecano in modo da formare un
vertice in sommità;
- la volta a sesto acuto o a ogive costolonata, che
sostituisce la semplice volta a crociera. I costoloni o
nervature sono a vista e sporgenti dalla muratura e
costituiscono gli archi perimetrali e quelli diagonali di una
campata e possono assumere diversi profili modanati;
- l’arco rampante, che si aggiunge al contrafforte molto sporgente e che assume quasi indipendenza
strutturale e visiva. Ha la funzione di assorbire le spinte oblique trasmesse dalle volte delle navate, in specie
di quella centrale, scaricandole su un contrafforte che le assorbe. L’arco rampante viene posizionato in
corrispondenza dei punti di raccolta delle spinte delle volte delle navate, là dove più forti si concentrano le
forze;
- il pinnacolo, che è l’elemento estetico e allo stesso tempo contribuisce alla statica degli edifici;
- l’esiguo spessore dei muri, i quali, inoltre, per ampi tratti, sono sostituiti da grandi vetrate colorate.
- L’arco viene detto a sesto acuto o a ogive quando la curva dell’intradosso è composta da due archi di
cerchio che si intersecano in modo da formare un vertice alla sommità. Tale arco è più resistente di quello a
tutto sesto ed esercita un’azione spingente inferiore. L’arco a sesto acuto permette di scaricare il peso sui
piedritti generando minori spinte laterali rispetto ad un arco a tutto sesto. Gli archi possono essere
composti da varie modanature.
- La volta ogivale costolonata è una particolare volta a crociera. I costoloni (o
nervature) a vista, quindi di sporgente dalla muratura, costituiscono gli archi
perimetrali e quelli diagonali (e anche intermedi, se la composizione della volta lo
richiede) di una campata e possono assumere diversi profili. Essi, che nella volta
a ogive (o anche ogivale) sono tutti a sesto acuto, si costruiscono prima e
indipendentemente dalle vele e sono costruite da blocchi di pietra (conci)
appositamente sagomati.
Tutte le nervature, dai punti di raccolta agli angoli delle campate, proseguono
verticalmente lungo le pareti delle navate concorrendo poi a formare, con tante
colonnine addossate a un corpo centrale, i pilastri detti, per questo motivo, a
fascio o polistili (dal greco polys, molto, e stylos, colonne).
Le vele sono gli scomparti triangolari (spicchi) della volta delimitati dai costoloni e sono così chiamate per la
loro somiglianza con le vele delle navi.
In generale i costoloni sono portanti, ma potrebbero anche non esserlo,
poiché la concezione della volta prevede l’unicità e la compattezza
dell’elemento che si autoporta.
- L’arco rampante è un elemento esterno all’edificio e ha la funzione di
assorbire le spinte oblique trasmesse dalle volte delle navate, in specie di
quella centrale, scaricandole su un contrafforte che le assorbe. L’arco
rampante è costituito da un arco zoppo (cioè con estremità che
appoggiano su piani differenti) che viene posizionato delle volte delle
navate, là dove più forti si concentrano le forze.
L'estremo più alto infatti è appoggiato contro le pareti della navata o
dell'abside da sorreggere, mentre quello più basso appoggia contro un
pilastro massiccio (o contrafforte) che gli fa da spalla. Esso può assumere
forme diverse, inoltre è possibile che più archi rampanti siano uno sopra
l’altro (o su più registri) o che raggiungono il punto di appoggio contro i muri
dell’edificio in più volate (cioè in più campate), quando la distanza da coprire
è troppo elevata. Questo vuol dire che ci sono più sostegni verticali e almeno
due archi rampanti che agiscono lungo la stessa direzione. (caratterizzante
l’architettura gotica).
- Il pinnacolo Contribuisce alla statica
dell’edificio perché, aggiungendo peso,
raddrizza la spinta obliqua, che proviene
dagli archi e dagli archi rampanti
rispettivamente ai piloni e ai contrafforti sui
quali solitamente è posto. In particolare si riduce la componente
orizzontale della spinta, quella che tende a compromettere l’equilibrio
delle murature. Il pinnacolo, realizzato in pietra, è talvolta sormontato
anche da una o più statue e si compone di un elemento piramidale
svettante, arricchito da sculture e membrature architettoniche, sempre
per aggiungere peso e poter raddrizzare ancor di più la spinta proveniente
dall’arco rampante.

Le vetrate
La volta a crociera ha consentito ai costruttori gotici di aprire ampie aperture chiuse da vetrate, che
lasciano passare la luce, filtrandola attraverso la pasta di vetro densa e colorata delle vetrate; vi sono
disegnate immagini divine di santi, profeti, simboli e storie delle Sacre Scritture. Le vetrate istoriate
avevano la funzione di illustrare alla gente semplice e analfabete testi sacri. Le vetrate colorate creavano
all’interno un’atmosfera calda e radiosa, resa ancora più preziosa dalle decorazioni pittoriche. L’impatto
emotivo prodotto dalla cattedrale sul pellegrino era notevole: la prima cosa che i visitatori percepivano
prima di comprendere la struttura della chiesa era sicuramente la sensazione di trovarsi davanti ad una
manifestazione del divino.
La presenza di tutte queste strutture capaci di dare sostegno all’intera costruzione rende superflua
l’esigenza di spesse mura, ed è per questo motivo che le cattedrali gotiche hanno pareti di spessore non
eccessivo, che sono anche forate, per vaste estensioni, da vetrate.
La porzione di parete occupata dalle vetrate generalmente coincide con quell’unica parte della navata
centrale che, superando in altezza le coperture delle navate laterali, può accogliere ampie finestre, per
quanto alla luminosità dell’ambiente concorrano in modo non secondario anche le aperture nelle pareti del
coro, nei muri perimetrali, nelle testate dei transetti e nelle facciate.

Come si fabbrica una vetrata


Durante il Medioevo, la presenza di superfici vetrate sempre più estese, suggerì fin dall'inizio la necessità di
una loro specifica decorazione. Dato che le tecnologie medioevali della lavorazione del vetro non
consentivano di ottenere lastre di grandi dimensioni, ogni finestra doveva necessariamente essere
composta da più pezzi messi insieme. È per questo motivo che si pensò di utilizzare dei vetri colorati uniti
tra loro mediante delle cornici (dette legature) formate da listelli di piombo a forma di «H».

• Preparazione del cartone e delle sagome: Innanzitutto si preparava un cartone (disegno


preparatorio) della stessa grandezza della vetrata, con le sagome dei tasselli che la dovevano
comporre. Sopra il cartone era poi posto un foglio, su cui venivano ricalcate le varie sagome dei
tasselli; ciascuna di queste era poi riportata su carta robusta, numerata e ritagliata, e costituiva il
modello per tagliare i pezzi di vetro nella forma desiderata. Veniva previsto anche un bordo che
consentisse poi di unire i pezzi di vetro con il piombo.
• Realizzazione e taglio del vetro: La pasta di vetro era colorata con ossidi metallici, come quelli di
ferro (che dà il colore rosso), di rame (che dà il colore verde), di manganese (che dà il colore bruno
o nero), oppure con minerali contenenti cobalto (che dà il colore blu). La pasta veniva quindi
soffiata ottenendo lastre di vetro colorato, che erano poi tagliate con l'aiuto delle sagome: per
tagliare il vetro nel Medioevo si usava un ferro sottile incandescente, mentre oggi si usa la punta di
diamante.
• Pittura dei tasselli di vetro: Sui tasselli potevano poi essere dipinti particolari (dettagli del viso,
ombre, pieghe dei vestiti...) con la grisaglia, sostanza ottenuta da un miscuglio di polveri di vetro e
di vari ossidi (di ferro o di rame) finemente macinati e impastati con acqua, aceto e resine vegetali.
I colori erano infine fissati con una cottura a circa 600 °C.
• Piombatura e fissaggio: A questo punto i vari pezzi erano incastrati a forza tra le due ali del listello
di piombo che, grazie alla sua malleabilità, poteva essere facilmente adattato alla sagomatura del
vetro stesso. Ogni listello, poi, veniva via via saldato a quello contiguo in modo da ricomporre il
disegno previsto dal cartone. Il tutto veniva infine inserito in un robusto telaio di ferro e murato
davanti all'apertura per la quale era stato predisposto.

Un esempio emblematico di vetrata gotica è rappresentato dalla vetrata della Sainte Chapelle di Parigi,
ovviamente costruita per volere dei re di Francia verso la metà del XIII secolo, nella quale il tessuto murario
è quasi del tutto assente e sostituito da ampi vetrate separate solo da piccoli pilastri. Il risultato è
incredibilmente suggestivo anche per il fatto che dimostra la capacità dell’architetto gotico nel gestire le
forze e i pesi delle strutture murarie.

Il disegno tecnico d’architettura e Villard de Honnecourt


Il disegno è il modo in cui si esprime un architetto
per materializzare su un foglio le sue idee.
Nel cantiere gotico questi comunicava le
operazioni da eseguire alle varie maestranze
servendosi di disegni e qualche volta anche di
modelli. Spesso i disegni venivano tracciati a
grandezza naturale sulle pareti delle cattedrali in
costruzione o venivano incisi sui muri o sulle pietre
dei muri e dei pavimenti degli stessi edifici o in ben
determinati luoghi della cattedrale o a essi vicini
destinati proprio a questa operazione. Si trattava
soprattutto del tracciamento della conformazione
in pianta dei pilastri, delle curvature degli archi acuti e delle modanature dei rosoni, perché rimanessero
come modello a cui riferirsi sia per la forma sia per le dimensioni.
Le novità continuamente sperimentate sui diversi cantieri medievali si trasformavano progressivamente in
modelli disegnati sugli album dagli architetti e dai capimastri: gli album trasmettevano così ai loro
possessori, o a coloro che ne avevano delle copie, le conoscenze accumulate. Verso la metà del XIII secolo,
la redazione e la pubblicazione del taccuino dell'architetto Villard de Honnecourt, architetto gotico nativo
della Piccardia (regione del Nord della Francia), viene a colmare il vuoto d'informazioni pratiche e di nozioni
specifiche relativo al disegno e alla geometria applicate alla costruzione. Il taccuino di Villard, conservato
attualmente nella Biblioteca Nazionale di Parigi, è costituito da 33 fogli recto e verso pieni di schizzi e di
annotazioni scritte che molto probabilmente dovevano essere anche il doppio. Villard aveva avuto, infatti,
la possibilità di studiare i testi arabi e greci che gli scienziati orientali avevano tradotto ed infuso della
propria scienza. È noto che il XII secolo è l'epoca in cui le grandi opere arabe e greche vengono tradotte in
latino, lingua per antonomasia delle persone colte, veicolo laico del sapere, il cui impiego amplia gli
orizzonti e facilita gli scambi culturali. Gli architetti gotici attingono sicuramente, e a piene mani, dalle
opere dell'antichità: da Vitruvio , i cui manoscritti sono stati ricopiati più volte, anche se non integralmente,
nell'alto medioevo; dalla Mappae clavicula de efficiendo auro dell'VIII secolo che, in due brevi capitoli,
espone la tecnica di posa delle fondazioni secondo il dettato vitruviano ; da testi dei secoli XI-XII, quali quelli
di Ugo di San Vittore (Practica geometria), di Gerberto di Reims (Geometria Gerberti), di Leonardo
Fibonacci detto il Pisano (Practica geometriae), eccetera.
Nella progettazione, gli architetti gotici disegnavano secondo il metodo che oggi definiamo proiezioni
ortogonali, un metodo non del tutto intuitivo e spesso complesso, dal momento che il disegnatore deve
fare astrazione dal modo in cui avviene realmente la visione (cioè in prospettiva). Tuttavia gli architetti
riuscivano, con abilità, a disegnare edifici in proiezioni ortogonali se si trattava di rappresentare una parete
piana o una sezione, ma trovavano grande difficoltà quando il soggetto era costituito da una superficie
curvilinea (ad esempio un’abside). In molti disegni di Villard sono disegnati in proiezione ortogonale gli
alzati (o prospetti) e porzioni di interni del muro perimetrale della cattedrale di Reims. Con lo stesso
metodo poi sono disegnati sezioni di muro, gli alzati interni e esterni e le cappelle radiali con accesso al
deambulatorio. Stante alle cognizioni tecniche del periodo, cioè al 1250 circa, l’architetto piccardo avrà
sicuramente trovato non molte difficoltà nel rappresentare le volte sezionate, riuscendo però a suggerire
convenzionalmente la presenza con opportune linee ondulate (tra le finestre e sopra di esse). Interessante
è anche sottolineare la buona condizione sociale e l’autorevolezza del ruolo e della figura dell’architetto
che rivestiva in quel tempo. Nota è la lastra tombale dell’architetto Ugo di Libergier eseguita intorno al
1263, anno della morte, custodita un tempo all’interno della chiesa di Saint-Nicaise a Reims, progettata
dallo stesso Libergier, ora invece si trova nella cattedrale della stessa città.
Sulla lastra tombale è inciso il ritratto dell’architetto Ugo di Libergier accompagnato dai simboli
emblematici che identificano la sua professione: una regula (tenuta in mano dall’architetto), cioè un’asta
sulla quale erano riportate le misure locali; una squadra in basso a sinistra e un compasso in basso a destra
oltre a un modello della chiesa tenuto con la mano destra all’altezza del busto. Anche in questo caso il
modellino è disegnato in proiezione ortogonale con bifore archiacute, tetto fortemente spiovente, una
grande bifora inquadrata da una ghimberga e da alti pinnacoli su contrafforti. La figura dell’architetto è
tenuta all’interno di un arco acuto quadrilatero trilobato con una ghimberga sovrastante e sostenuto da
due colonnine con capitelli a crochet.

Carpenterie disegnate da Villard de Honnecourt- Sono presenti capriate


composte da più elementi assemblati. Nelle capriate di luce 2-2.5 m
solitamente in legno sono presenti arcarecci che reggono i travicelli separati
tra loro circa di 30 cm, su cui viene posata la copertura.
Sistema molto usato in età gotica. Il fine era cercare di coprire luci grandi
senza l’utilizzo della pietra. Gli architetti del tempo, a causa della pecunia
del legno, utilizzano travi con sezioni più piccole ma sono costretti in tal
modo ad inclinare maggiormente le falde e quindi i puntoni.
La carpenteria in alto a sinistra è la soluzione per coprire una cappella,
mentre quella di destra rappresenta una soluzione di capriata leggera, infine
la capriata più grande è quella che riesce a coprire la navata laterale.
Altri disegni- Nella pagina di sinistra sono annotati disegni riguardanti ponti, basati su schemi reticolari con
molteplici soluzioni. I ponti erano costituiti
dall’assemblaggio di elementi, il problema era la
risoluzione dei nodi e delle unioni. Al fine di aumentare la
portata della struttura, era necessario triangolare i vari
assemblaggi in modo da irrigidire la struttura e coprire luci
sempre più grandi.
Per le grandi aperture erano necessarie strutture ancora
più complesse.
Nella pagina di destra, è possibile osservare l’utilizzo di una
corda per segnare i tracciati, per permettere agli scalpellini
di tagliare in modo esatto i conci per l’archivolto.

L’architettura gotica in Francia

Poche epoche della storia dell’architettura hanno dato origine a tante interpretazioni di uno stile quanto il
gotico. Questa singolare fioritura di genialità poetica e costruttiva apparentemente lontana dagli elementi
classicheggianti della tradizione romanica a cui pose fine viene interpretata come l’espressione del
cattolicesimo, della filosofia scolastica e così via. Per quanto nelle singole interpretazioni siano contenute
intuizioni valide, esse prese insieme non si annullano necessariamente l’un l’altra. Oggi è ampiamente
accettato che lo stile gotico nacque nella regione di Parigi, l’Ile de France, nel quarto decennio del XII secolo
e che, pur essendo alcuni elementi caratteristici come la volta a costoloni e l’arco acuto, già presenti sia
nell’architettura islamica che in quella romanica dell’ultima fase, il gotico rappresentò una rottura con il
passato. L’aspetto determinante questa rottura è caratterizzato in termini estetici dall’eliminazione della
massiccia struttura muraria e della frontalità delle chiese romaniche in favore di una struttura più leggera e
diafana che valorizza maggiormente le linee e le vedute diagonali. A questo nuovo senso dello spazio si
unisce la suddivisione degli interni in una successione di celle nervate, così che gli edifici gotici, grandi o
piccoli, religiosi o civili, risultano articolati in modo analogo, uguali nello scheletro. Quest’articolazione è
senza precedenti nell’architettura antica o nell’ Alto Medioevo. Nuovo è anche l’accentuato verticalismo in
cui le orizzontali risultano annullate, mentre tutte le linee svettano verso il cielo, sfidando apparentemente
la legge di gravità. A questo senso dell’ultraterreno contribuisce la luce che, suffusa in ricchi colori delle
vetrate splendenti nell’oscurità, sembra emanare da una fonte soprannaturale. Anche se tutti gli edifici
gotici hanno in comune per tutto il Medioevo almeno alcune di queste caratteristiche, il gotico si sviluppò
cronologicamente dal primo stile francese del XII in una versione più elaborata nota come gotico
Rayonnant (radiante, raggiante) nel secolo successivo, cioè a partire dal XIII secolo. A essa seguì in Francia
una variante più ricca detto gotico Flamboyant (fiammeggiante) diffusosi in molte parti d’Europa, ma non in
Inghilterra dove la progressione dal semplice stile archiacuto del XII secolo al più elaborato decorated style
(stile ornato) si concluse nel perpendicular style (stile perpendicolare) che perdurando fino al XVI secolo è
rimasto privo di riscontri nell’Europa continentale. Questa nuova architettura si sviluppò mentre la stessa
Europa entrava dopo il 1100 in una nuova fase di stabilità e di prosperità, esprimendo la propria sicurezza
nelle crociate rivolte a strappare la Terra Santa all’Islam. Ai monasteri, ai castelli, ai villaggi isolati del
mondo romanico subentrarono a poco a poco come centri di sviluppo economico e culturale le grandi e le
piccole città. Pur essendo ancora unita dall’internazionalità del cristianesimo, l’Europa vide in questo
periodo la nascita di idea di stato-nazionale in Inghilterra, in Francia e in Spagna.

Cattedrale di Chartres
(Il 5 settembre 1134) Il 10 giugno 1194 un incendio distrusse il portico e la torre antistante la cattedrale
romanica dell’XI secolo fatta costruire dal vescovo Fulberto. Poco dopo, sul lato Nord, in posizione avanzata
rispetto alla precedente si dette inizio alla costruzione di una nuova torre intorno al 1150, ne fu aggiunta
una seconda a Sud e tra le due venne eretta una fronte con tre portali collegata alla chiesa di Fulberto da
un nartece. Nella notte tra il 10 e l’11 giugno del 1194 un nuovo incendio devastò la vecchia cattedrale
coperta a capriate lignee, risparmiando solo la cripta, le due torri e la facciata protetta dalle volte del
nartece. La ricostruzione iniziata subito dopo sulle fondazioni esistenti fu piuttosto
rapida consentendo la ripresa del culto nella navata nel 1210. I canonici presero
possesso del coro nel 1221, la consacrazione avvenne il 24 ottobre 1260. Nel 1316
si resero necessari restauri alla volta, quella posta all’incrocio del transetto, ma
dopo questa data la cattedrale ha subito soltanto poche ricostruzioni e rifacimenti,
tra il 1324 e il 1349 fu aggiunta la sala capitolare con la soprastante cappella di
Saint Piat. Nel 1417 venne aperta sul lato Sud della navata la cappella de Vendome
su disegno del maestro dell’opera Jouffroy Sevestre. La guglia della torre Nord già
accresciuta di un piano nel XIII secolo fu eretta tra il 1507 e il 1513, dallo stesso
costruttore che realizzò anche la recinzione del coro. Infine nel 1836 un nuovo
incendio distrusse la carpenteria delle coperture che venne sostituita con l’attuale
struttura metallica, ma senza compromettere la stabilità delle volte sottostanti.
Lo sviluppo della costruzione in senso longitudinale fu condizionato dalla necessità
di adeguarsi alle preesistenti strutture della cripta e della facciata. Il corpo della fabbrica fino al transetto,
sette campate, delle quali le prime più strette più altre due corrispondenti al nartece tra le torri, è a tre
navate. Il coro di tre campate è a cinque navate e un doppio ambulacro con cappelle. Perciò allo scopo di
raccordare i due corpi con ampiezza diversa fu previsto il grande transetto sporgente di sette campate per
tre navate, concluso a Nord e a Sud da due fronti con portico e torri laterali rimaste però incompiute.
Poiché altre due torri vennero impostate all’inizio del deambulatorio ed una era prevista sull’incrocio, la
cattedrale avrebbe avuto sette torri più le due di facciata.

Opinioni discordanti riguardo alle discontinuità visibili facilmente nella struttura muraria: forse la fabbrica è
stata condotta da diversi gruppi itineranti senza la soprintendenza di un
vero e proprio architetto.

La diversa profondità delle cappelle dell’ambulacro dove quelle ai lati


della cappella centrale si riducono semplicemente ad una flessione nella
parete di fondo si motiva con la necessità di adeguare il perimetro alla
sottostante struttura della cripta di Fulberto, ma si è osservato che aldilà
di tale esigenza, la diversa ampiezza tra gli interassi delle colonne
intermedie del deambulatorio contribuisce creando direttrici e visuali
preferenziali all’effetto di dilatazione dello spazio in questa parte
dell’edificio. Le facciate dei bracci del transetto, che forse in origine erano
previste con un solo portale, sarebbero state iniziate dopo il 1204 e
completate on i portici antistanti intorno al 1225, mentre le parti alte e le
decorazioni scultorea opera di maestranze diverse verso il 1235-1240. Il
programma iconografico si sviluppa in vari temi che diverranno consueti
nelle facciate gotiche.

Essa conteneva un’importante reliquia, La Tunica della vergine, donata alla Chiesa da Carlo il Calvo nel IX
secolo. La tradizione voleva che la reliquia fosse l’abito indossato da Maria al momento della nascita di
Gesù e a essa si attribuivano numerosissimi. Per tale ragione la cattedrale di Chartres era meta di grandi
pellegrinaggi: la sua ricostruzione per questo motivo si imponeva in modo pressante.

I lavori iniziarono subito e dettero vita alla più nota delle chiese gotiche di Francia. Quello di Chartres,
infatti, viene definito Gotico classico perché vi sono presenti, e portati all’estremo grado di perfezione, tutti
i caratteri specifici dell’architettura gotica.
L’edificio è a tre navate, quella maggiore ha dimensioni maggiori delle laterali con transetto anch’esso a tre
navate terminante sulle testate con due enormi pareti vetrate. Il presbiterio, ampio e profondo, introduce
al coro caratterizzato da un doppio ambulacro, che si dilata a sua volta in cinque cappelle radiali. L’interno
mostra un forte verticalismo. La navata centrale, alta 36,50 metri e coperta da crociere a sesto acuto ha le
pareti divise orizzontalmente in tre fasce. Quella inferiore comprende le arcate sorrette da pilastri polistili
(si alternano pilastri cilindrici con addossate colonnine a sezione ottagonale a pilastri ottagonali con
addossate colonnine cilindriche); quella mediana è occupata dal triforio, mentre quella superiore
costituisce il claristorio. L’altezza delle arcate è pari a quella delle finestre, che poterono essere molto
grandi perché, contrariamente a quanto avveniva nella cattedrale di Parigi, a Chartres si eliminò dalla
progettazione il matroneo. I fianchi della cattedrale e l’abside si caratterizzano per la fitta serie di spessi
contrafforti a gradoni e di archi rampanti. In tal modo l’aspetto dell’edificio, nonostante l’altezza esprime
una grande potenza e un deciso senso di stabilità. Delle nove torri previste dal progetto, solo due furono
realizzate, e precisamente quelle che serrano anteriormente la facciata. Di questa, la parte inferiore, che
ospita il Portale dei Re dalle triplici aperture, appartiene alla primitiva cattedrale e fu realizzata nel 1134-
1150 circa. A essa, in seguito alla ricostruzione iniziata nel 1194, furono sovrapposti un grande rosone e un
coronamento a logge che ospita diverse sculture.

L’edificio è lungo 130 metri e largo 64 m in corrispondenza del transetto e l’altezza delle volte raggiunge i
37 metri.

Larghezza facciata: 32m


Nave: altezza 37m; larghezza 16,4m
Superficie coperta: 7000m2
Altezza torre sud-ovest: 103m
Altezza torre nord-ovest: 115m
Altezza interna delle volte: 37,50m
176 vetrate per un totale di 2600m2
Recinzione Coro: 200 statue in 41 scene
Cattedrale di Notre-Dame a Reims
La cronologia dell’edificio, iniziato certamente dal coro e dal transetto,
non trova ancora perfettamente concordi gli
studiosi. I lavori di ricostruzione, a seguito
dell’incendio del 1210, furono dapprima condotti
con celerità, ma nel 1233, quando doveva essere
già molto avanzati, una rivolta dei cittadini contro
l’arcivescovo, portò per qualche anno alla chiusura
del cantiere; nel 1241 il capitolo prende possesso
del recinto del coro ormai completato (esteso alle
prime campate del corpo longitudinale); solo nel
1252, o più tardi, essendosi assicurata la
disponibilità del terreno, si sarebbe dato inizio alla
facciata occidentale, per la quale però un
precedente progetto era già stato approntato nel
1230. I lavori furono conclusi intorno al 1275.
L'immagine raffigura l'interno della Cattedrale di
Notre Dame a Reims e la sua articolazione in alzato dei tre registri
costituiti dalle grandi arcate a sesto acuto, matronei e finestre alte. Ma nella cattedrale di Reims insieme al
modello dell'alzato si adotta una correzione: le 4 colonnette del primo ordine hanno un capitello alto
quanto quello del nucleo centrale, per cui allo spiccato delle arcate e delle soprastanti colonnine troviamo
una fascia continua scolpita con ricche forme naturalistiche e sormontata da un unico abaco assimilabile a
un quadrato posto in diagonale con gli angoli arrotondati. Nella sua ricchezza chiaroscurale la soluzione è
quasi all'opposto della severità del modello e favorisce una lettura unitaria del pilastro incantonato. Inoltre
a Reims sparisce l'alternanza di forme rotonde e poligonali mantenute invece dal maestro di Chartres.
Anche nell'impianto planimetrico che riprende ugualmente riprende il modello chartriano, il corpo
longitudinale è più lungo, il transetto meno sporgente ed il coro con un solo ambulacro presenta cinque
cappelle serrate l'una all'altra delle quali quella assiale è più profonda. Ma le variazioni maggiormente
significative riguardano la struttura della parete delle cappelle e delle navate laterali, aperte in un passaggio
murario all'altezza delle finestre che le mette in evidenza il formidabile spessore e soprattutto il disegno
delle aperture che va sempre oltre lo schema di Chartres, unificando le due monofore e l’oculo soprastante
insieme ai quattro residui triangoli curvilinei ugualmente forati in un'unica finestra archiacuta aperta da
montante a montante. La luce in questo modo si diffonde con regolarità e la navata rafforza la sensazione
di sereno equilibrio. La novità è che questo tipo di finestra traforo si avverte sia dall'interno che dall'esterno
dell'edificio, dove grazie alla sua ripetizione costante nel cristorio delle navate
laterali, il motivo contribuisce a creare un effetto di unità della struttura cui
concorrono anche gli altri contrafforti verticali con pinnacoli fortemente acuti
e i loro vertici che raggiungono la stessa altezza delle aperture superiori. Come
Chartres, anche Reims è caratterizzata dall’assoluto equilibrio tra slancio
verticale e solidità materica. Ma a Reims tutto è più teso e acuto e le linee
verticali prevalgono rispetto a quello orizzontali. Alcune articolazioni
orizzontali che marcano i principali livelli della costruzione sono corrette dalla
presenza di alte balaustre realizzate con una serrata sequenza di segmenti
verticali. Inoltre mai come a Reims, l'architettura gotica ha cercato una
rigorosa corrispondenza tra proiezione esterna e spazio interno e nello stesso
tempo la massima unità e chiarezza espressiva mediante la ripetizione di
elementi riassuntivi a grande scala, i contrafforti sono ritmicamente disposti
lungo tutto il perimetro a ribadire la divisione interna delle campate e le facciate del transetto dibattono
con la loro divisione in piani la tripartizione dell’alzato in arcate, triforio e finestre. Sotto questo aspetto
l'architetto di Reims raccoglie la lezione di Charters, ma interpreta selettivamente accentuando la
compattezza dei volumi e rinunciando a sviluppare il suggerimento di un'articolazione planimetrica più
libera che poteva essere dedotto dalla conformazione delle cappelle del deambulatorio chartriano.
Osserviamo bene la planimetria con questo corpo longitudinale, transetto non molto sporgente, le 5
cappelle radiali del coro. L’analisi architettonica ha individuato alcune distinte campagne costruttive, che
sembrano confermare l’opera di diversi architetti (probabilmente sei); ma più che delle singole personalità,
il progetto risente della forte influenza esercitata dalle concezioni conservatrici del capitolo, e l’impianto di
insieme dovrebbe essere rimasto quello già stabilito nel 1210 circa: lungo corpo longitudinale, transetto
appena sporgente di tre navate per cinque campate, che proseguono nel breve coro rettilineo, abside ed
unico ambulacro, con cinque cappelle. L’alzato riprende la formula chartriana, ma con proporzioni diverse,
che poi furono ancora modificate in corso d’opera, aumentando l’altezza delle volte; altro pentimento è
testimoniato dalle diverse misure dei pilastri incantonati, a est e a ovest della campata d’incrocio. Al
momento della realizzazione delle parti alte, già nel coro rettilineo, venne abbandonato il partito del
poligono absidale, con triforio collegato alla soprastante finestra da una colonnina in prosecuzione del
montante centrale, presente nelle abbaziali di Saint-Remi e di Orbais; ma le variazioni più evidenti sono
relative alle ultime quattro campate del corpo longitudinale, nelle quali cambiano la tecnica costruttiva e i
dettagli della decorazione. Sotto l’aspetto della tecnica costruttiva il
Nel labirinto, esistente fino al XVIII secolo sul pavimento della navata, erano riportati i nomi di quattro
architetti: Jean d’Orbais, Jean Le Loup, Gaucher de Reims e Bernard de Soissons, senza specificare tuttavia
la precisa successione nel cantiere e il contributo alla costruzione, che pertanto rimane ipotetico (salvo per
l’ultimo che certamente realizzò il rosone). L'immagine raffigura la cattedrale di Reims calata all'interno del
tessuto della città e ancora oggi è possibile notare la sproporzione esistente tra volumi costruiti e il
rapporto con l'abitato molto più piccolo e ridimensionato rispetto a quello che è il corpo massiccio della
cattedrale, ma sotto l'aspetto della tecnica costruttiva il cantiere di Reims appare innovativo con un ampio
impiego di elementi predisposti fuori opera che legittimano l'ipotesi di un sistema basato sul lavoro
infernale dei tagliatori di pietra della loggia a vantaggio della rapidità dell'esecuzione. Nelle pareti
perimetrali appaiono realizzati da prima gli elementi verticali, semipilastri incastrati e quindi i tratti di
collegamento orizzontale. Ma i numerosi errori riscontrabili nell'assemblaggio dei pezzi prefabbricati
denunciano un'organizzazione ancora sperimentale che verrà in seguito perfezionata. Il coordinamento
risulta invece ottimale nelle fasi più tardi del cantiere che riguardano le strutture di contraffortamento e le
campate occidentali della navata. In questa sede è impossibile anche solo accennare ai problemi della
scultura, nella quale il cantiere di Reims raggiunse risultati eccezionali sia per la qualità artistica che per la
varietà delle forme (in singolare contrasto con la standardizzazione razionalizzatrice delle soluzioni
costruttive). La decorazione scolpita si diffonde ovunque, sui portali e nelle parti alte dell’esterno, come
pure all’interno della controfacciata. Intorno al 1230 furono compiuti i due portali del transetto
settentrionale, dissimmetrici (il transetto sud, verso il palazzo vescovile, è privo di ingressi), che svolgono il
tema del Giudizio e la celebrazione dei santi locali, forse originariamente previsti per un primo progetto
della facciata occidentale; agli stessi anni è attribuito anche il famoso gruppo della Visitazione, impiegato
nel portale centrale della facciata, il disegno della quale fu probabilmente rielaborato negli anni Cinquanta,
a partire da quello della facciata di Saint-Nicaise, ma forse anche in base al modello stabilito nei transetti di
Notre-Dame a Parigi, con i quali si riscontrano evidenti affinità nel disegno dei rosoni; in tali ipotesi la
dotazione tradizionale della facciata di Reims risulterebbe posticipata di qualche anno. Certamente i
costruttori vollero attribuire un maggiore slancio verticale alla facciata, accrescendo l’altezza dei
tabernacoli e dei pinnacoli sui contrafforti, rispetto a quelli delle fiancate, e agendo su ogni altro elemento
della composizione. Il completamento delle pareti alte venne condotto molto lentamente nel corso del XIV
e di tutto il XV secolo, alla fine del quale furono realizzate le sculture nei timpani dei due transetti; la rosa
del transetto meridionale venne rifatta nel 1580.

Cattedrale di Notre-Dame di Parigi


Nel cuore di Parigi, sull’Ile-de-la-Cité, l’isola maggiore della Senna, attorno al
1160 si cominciò a ricostruire la Cattedrale di Notre-Dame. La prima pietra
del coro fu posata dal papa Alessandro III nel 1163. Intorno alla metà del XII
secolo esistevano sul luogo dell'attuale cattedrale di Notre-Dame due
vecchie chiese: Saint Etienne e Notre-Dame e il battistero di San Jean Leroy.
La modestia di questi impianti spinsero e anche la fatiscenza spinsero il
vescovo Maurice de Sully a promuovere la ricostruzione di un unico grande
edificio più imponente di ogni altra cattedrale esistente. Probabilmente su
diretta sollecitazione del Re Luigi VII in conformità a ruolo assunto da Parigi,
capitale della monarchia capetingia in rapida ascesa. La ristrutturazione
comportò anche importanti interventi urbanistici con la realizzazione di un
ampio sagrato e di un accesso assiale alla chiesa.
Nel 1177 lavori del coro erano a buon punto l'altare principale fu consacrato nel
1183 e nel 1198 veniva poi realizzata la copertura del transetto grazie
all'impegno del nuovo vescovo de Sully. Nel 1218 terminata la costruzione
interna si lavorava alla facciata e intorno a 1245 la fabbrica risultava compiuta.
Il vescovo Guillaume d’Auvergne fa dono di una campana per la torre
meridionale, ma quasi contemporaneamente iniziano i lavori di trasformazione.
L’edificio si compone di un ampio corpo longitudinale a cinque navate, di un
transetto appena sporgente e di un coro concluso da un doppio deambulatorio.
Cappelle tutt’attorno all’edificio furono costruite, in tempi successivi, entro lo
spessore dei contrafforti sui quali si impostano gli archi rampanti. Prima delle
aggiunte, pertanto, l’edificio aveva l’aspetto di una struttura continua senza
interruzioni. Stante le dimensioni, le volte dei deambulatori, che si dispongono
a ventaglio, furono sostenute da pilastri cilindrici di numero crescente: dai 6 più
interni agli 11 della semicirconferenza mediana, ai 14 perimetrali. La navata centrale, alta 35 metri, rinuncia
al triforio e si organizza in tre soli piani comprendenti le arcate, il matroneo (che determina la scarsa luce
dell’interno) e il claristorio. Su ciascun abaco dei pilastri cilindrici convergono sempre tre colonnine che non
corrispondono regolarmente alle nervature della volta esapartita. La facciata è di un grande equilibrio
formale, tripartita orizzontalmente e risulta egualmente divisa in tre parti in senso verticale da 4
contrafforti a gradoni, mentre la fascia mediana accoglie il rosone centrale affiancato da due bifore
sormontate da un arco a sesto acuto, nella Lunetta dell'arco è presente un piccolo rosone cieco. La
Cattedrale Notre-dame misura 130 metri di lunghezza x 48 metri di larghezza in corrispondenza del
transetto, 35 m e l'altezza all'interno della costruzione. La pianta dell'edificio è caratterizzata dalla presenza
di doppie navate collaterali che proseguono nel doppio ambulacro. Per quest'ultimo aspetto Parigi è la
prima Cattedrale Gotica a riprendere il modello stabilito a San Denis. Il transetto non sporge dal filo delle
navate ed è privo di torri, da queste scelte risultano una volumetria molto compatta e la grande fusione
dello spazio centrale interno. Tuttavia è necessario tenere presente che la forma originaria dell'edificio non
è del tutto chiarita, Viollet-le-Duc supponeva l'esistenza di tre piccole cappelle sporgenti dal deambulatorio,
l'alzato a quattro piani presentava la particolarità delle aperture tonde e oscure perché aperte verso Il
sottotetto, poi abolite per l'ampliamento delle finestre agli inizi del XIII secolo. Viollet-le-Duc ne ripristinò
alcune ma luminose. Le volte della navata maggiore della cattedrale sono esapartite, ma i sostegni
principali invece sono tutti uguali, meno quelli della prima campata ad ovest. Una tendenziale uniformità e
cercata anche nella dimensione delle arcate, a questo fine nel doppio ambulacro il numero dei pilastri della
fine mediana si raddoppia rispetto al poligono più interno e le relative campate sono coperte con volte
triangolare. Malgrado l'impressione di unità che se ne ricava, un esame attento rivela alcune variazioni tra il
coro e la navata, iniziata intorno al 1178, che riflettono due diverse campagne costruttive ma anche un
radicale mutamento della concezione progettuale espressa nella riduzione del risalto delle colonnette dal
piano fondale e nella tecnica costruttiva: quelle della navata sono realizzate in controvena anziché in conci.
Altra novità l'Impiego di archi rampanti a vista, previsti in questa parte dell'edificio fin dall'origine, che
giustifica l'alternanza dei sostegni delle navate laterali, quelli rinforzati da una corona di colonnette
corrispondevano ai supporti intermedi degli archi rampanti, e che insieme agli altri miglioramenti tecnici
permette un ridotto spessore degli elementi portanti. La facciata organizzata secondo ricorsi orizzontali
fortemente marcati ribadisce il gusto per le superfici poco rilevate e per un moderato effetto di chiaroscuro
che distinguono questa soluzione da quella di Laon. La cattedrale presenta due torri di facciata compatte, la
facciata del transetto con rosone e la parte absidale dove si inseriscono tutti i contrafforti che assorbono la
spinta delle volte del coro. Notevoli trasformazioni hanno interessato l'edificio dal terzo decennio del XIII
secolo: furono ingrandite le finestre alte per migliorare l'illuminazione e si modificarono le aperture delle
tribune, anche come conseguenza dell'inserimento di Cappelle tra i contrafforti. Queste ultime offrono
soluzioni differenti che sono state messe in relazione con l'opera di diversi architetti attivi
contemporaneamente, per quanto riguarda il disegno delle volte dei trafori quelle relative al collo e
all’abside, ultime ad essere costruite, i lavori si estendono sino al terzo decennio del quattordicesimo
secolo, sono arricchite da ghimberghe la cui realizzazione pose l'esigenza di avanzare le facciate dei
transetti al filo del nuovo allineamento. La nuova fronte settentrionale costruita dalla Jean de Chelles tra il
1248 e il 1259 propone l'obiettivo di evidenziare la zona di ingresso, simulando una fascia di portale, perciò
antepone alla parete inferiore un secondo muro e lo articolo con ghimberghe molto sottili collocate sui
piani appena sfalsati. Al di sopra la relazione tra le parti triforie e rosone è governata da leggi diverse
riconducibili a rapporti proporzionali semplici. La facciata meridionale compiuta da Pierre de Montreuil e
dopo la morte di Jean de Chelles ripete lo stesso schema con piccole ma significative varianti: le
corrispondenze verticali tra gli elementi della fascia inferiore e delle parti alte sono ricercate con più
attenzione, i contrasti formali ridotti o annullati, il disegno diventa sempre più aguzzo, più sottile, privo di
spessore, le residue superfici piane si riducono ancora, le forme si rinnovano sostituendo all'impiego della
circonferenza il triangolo a lati curvi in sintonia con la formazione del nuovo gusto rayonnant.
L’architettura gotica in Inghilterra

La Cattedrale di Saint Andrew a Wells


La Cattedrale di Saint Andrew a Wells presenta una facciata a
schermo autonoma rispetto al corpo di fabbrica retrostante tipico
delle architetture gotiche inglesi che si estende oltre l'ampiezza
della navata. In
successione si
distinguono tre
fasce
orizzontali,
partendo dal
basso: un basso zoccolo continuo, un piano di arcate
cieche alternate a finestre e l'altissima zona successiva.
Il gioco ripetuto di arcate, ghimberghe e quadrilobi,
snelle finestre a lancetta e la presenza di numerosissime
statue fa di questa facciata il prototipo per le successive
cattedrali inglesi. I lavori subiscono un brusco arresto in seguito al terremoto del 1248, la posa in opera
della decorazione scultorea fu compiuta entro il 1280 ma successivamente la struttura venne completata
secondo un programma diverso da quello originario. Tra il 1285 e il 1293 si ebbe un nuovo impulso per i
lavori della chapter house interrotti dopo la costruzione della cripta, la volta in cui fittissime nervature a
palma si diramano dal supporto centrale presenta nervature di identico profilo e il raggio di curvatura non
differenziate secondo una specifica funzione strutturale. Intorno al 1290 fu intrapresa la seconda fase dei
lavori con la demolizione in avviamento dell'intero braccio orientale. Nella nuova sistemazione planimetrica
si susseguono: la zona centrale del Santuario, il retro coro, l’atrio vestibolo alla Lady Chapel e quest'ultima
che chiude la composizione in posizione assiale. Unica in Inghilterra la cappella della Vergine, costruita
intorno all'inizio del quattordicesimo secolo, adotta una pianta di ottagono irregolare i cui tre lati
occidentali allungati invadono la zona retrostante il santuario. Sugli spicchi della volta a stella delle
nervature incrociate individuano motivi geometrici che non hanno più alcun rapporto con la funzione
strutturale. Nel retro coro, nel 1320 1345 l'assenza di limiti spaziali definiti e la moltiplicazione dei punti
prospettici produce una sensazione di disorientamento e di sorpresa acuita dalla compenetrazione dei
volumi e dal cambio di scala tra questo ambiente basso e frazionato e la cappella vasta e unitaria. Alla
realizzazione che presenta forme già definibili, come detto anche come perpendicolare, partecipò
l'architetto Joy, architetto del cantiere 1329 1345. La copertura omogenea impostata su gli esili supporti tra
le campate chiude lo spazio superiore e si configura quale esempio di volta nella quale l'introduzione di
nervature diagonali e longitudinali, interrotta da figure quadrate e ottagonali, tende ad annullare la
frammentazione dello spazio interno in campate, restituendo altrimenti l’ininterrotta continuità di un
tunnel. Immensi archi a forbice nella crociera (1338) furono inseriti tra i pilastri per contenere la spinta
della torre sul transetto attribuita a Thomas di Whitney. Al complesso si aggiunsero i due Chiostri Est ed
Ovest realizzate rispettivamente nel 1420-1424 e nel 1460-1480. Il chiostro annesso alla Lady Chapel è
stato demolito. Negli ultimi decenni del XII secolo ebbe inizio la costruzione della chiesa sul luogo di una più
antica cattedrale, fondata nel 909 ed abbandonata nel 1090. I lavori si svolsero in due principali fasi quella
relativa all'impianto originario, conclusa intorno al 1260, vide la realizzazione di una chiesa a croce latina a
tre navate con transetto pronunciato, coro di due campate e cappella assiale a pianta rettangolare.
L'ingresso principale era costituito dal portico sul fianco settentrionale costruito tra il 1210 1215.
L'immagine rappresenta l'interno della cattedrale di Wells, anche il trattamento delle pareti interne fiera di
un'originalità sorprendente, come del resto la facciata, in quanto l'importante fascia compresa tra l'arcata e
le finestre del cleristorio era riempita con una griglia in pietra, definita da alti montanti che poggiano
direttamente sugli archi. Si tratta di uno sviluppo portato alle estreme conseguenze dei trafori osservati su
scala più modesta nello stile cortese della Francia del XIII secolo, come nei cori di San Denis, nei transetti di
Notre-dame. Per ritornare alla architettura dell'interno di Wells possiamo dire che la novità interessante è
costituita dagli straordinari archi di rinforzo, introdotte nel quarto decennio del quattordicesimo secolo,
all'intersezione fra la navata e il transetto per contribuire a sostenere il peso della torre, simili a due curve
inflesse intersecatisi o a un arco a cui se ne è sovrapposto un altro capovolto. Rispecchiano in modo
sorprendente la diagonalità del gotico ornato, ripetendo su scala maggiore ciò che era stato già tentato in
modi diversi nei sedili e negli archi rampanti di Bristol.
La cattedrale di Gloucester
gli elementi perpendicolari della prima cattedrale di
San Paolo furono applicati per la prima volta a una
chiesa di grandi dimensioni, quando il transetto
meridionale e il coro della chiesa abbaziale
Benedettina, ora cattedrale di Gloucester, furono
ristrutturati rispettivamente nel 1131-1137 e verso i
1130-1350. Il coro era forse destinato al sacrario per
le spoglie di Edoardo II assassinato nel 1327, che si
sperava venisse canonizzato come Edoardo il
Confessore, in modo da richiamare XVII Pellegrini.
L’intervento fu probabilmente sottoposto alla
supervisione degli architetti reali di Londra, forse
William Ramsay o Tommaso di Canterbury, che era
architetto capo del sovrano quando fu iniziato e
transetto meridionale di Gloucester, mentre il finestrone che vi si apre ricorda molto quello di Ramsay nella
sala capitolare di San Paolo. L'aspetto più sorprendente di Gloucester è che le pareti del coro, del XI secolo,
furono lasciate quasi intatte sotto l'impiallacciatura di una griglia di montanti e di pannelli cuspidati, si
tratta di un vero e proprio tour de force di falegnameria in pietra, di cesello in pietra, in altri termini è
l'apice di quella fantasiosa riformulazione in pietra delle tecniche originate dalla carpenteria, tema a cui era
stata data precoce espressione nella cappella di Santo Stefano. Siamo quindi di fronte a un importante
evoluzione rispetto alla Saint Chapelle di Parigi, che era stato uno dei modelli per Santo Stefano, dove
sembrano avere svolto un ruolo estetico determinante le forme proprie e i lavori di oreficeria. L'estremità
del coro di Gloucester è una parete di vetro, articolata con trafori composto dagli stessi pannelli cuspidati
che ornano le pareti. La chiesa abbaziale, elevata al rango di
cattedrale da Enrico VIII nel 1541, si compone prevalentemente di
due sistemi architettonici ben distinti tra loro: la prima costruzione
Normanna del XI secolo e le più tardi strutture gotiche a questa
sovrapposte dei secoli tredicesimo, quattordicesimo e
quindicesimo. Nell'ultimo quarto del XI secolo, dopo la conquista
inglese della dovuta la battaglia di Hastings, l’abate Serlo fondò il
primitivo complesso monastico i cui resti furono parzialmente
reimpiegati nella nuova fondazione. L’incendio divampato nel 1089
e le conseguenti distruzioni permisero a Serlo di ricostruire
l'edificio religioso dedicato a San Paolo nel 1100 e completato dopo
la sua morte nel 1126. Alle due fasi iniziali dei lavori, la prima 1089-
1100 e poi 1100-1126, corrisponde l'elevazione della chiesa
Normanna unita al coro e alla bassa cripta sottostante il
presbiterio. Nel 1242 venne realizzata la copertura con volte della
navata maggiore. I problemi statici relativi la sovrapposizione di
una copertura di pietra sulle precedenti strutture Normanne
furono risolti con la costruzione di una volta a costoloni con
nervature diagonali e trasversali su ciascuna campata, la
demolizione e la ricostruzione del territorio con la medesima
altezza del precedente e la creazione dei contrafforti esterni. Dopo L'assassinio di Edoardo II nel 1827,
l’abate John Thokey decise di costruirne il corpo in una tomba collocata sul lato nord dell'altare. L'abbazia
divenne immediatamente un centro di pellegrinaggio, la moltiplicazione delle offerte e l'interessamento
Dio tardi Edoardo terzo figlio del re assassinato diedero un nuovo impulso alla ripresa dei lavori avviati con
la sistemazione del braccio Sud del transetto tra il 1331 e 1336. Quest’ultimo (Saint Andrew Aisle) venne
interamente ridefinito mediante la sovrapposizione di pannelli rettangolari, che compongono un disegno a
rilievo sulle murature cieche e uno schermo trasparente in corrispondenza delle arcate e aperture. Il piatto
muro terminale del transetto normanno venne in gran parte abbattuto e ricostruito per ospitare la grande
finestra sud, che rappresenta il primo esempio del suo genere. Grandi e liberi contrafforti rampanti a vista
intersecano le murature e le aperture lungo le pareti laterali, bilanciando il peso della torre centrale. Dai
fasci di colonnine agli angoli e al centro del transetto si sprigionano i costoloni della volta, connessi tra loro
sull’intradosso da corte nervature sussidiarie, che chiudono le maglie della rete. Non estraneo alla
decisione di ristrutturare completamente il coro (1337-1367) fu il violento contrasto tra l’oscurità del
presbiterio normanno e la luminosità del braccio meridionale del transetto appena compiuto, inondato
dalla luce policroma filtrata dalla grande finestra sud. I lavori iniziarono con la trasformazione delle parti
orientali e della corrispondente galleria superiore; risale a questa campagna di lavori, o alla successiva
realizzazione della Lady Chapel (1462-1482) sul retro della zona absidale, l’abbattimento della cappella
assiale. Un’enorme finestra a tre ante, scompartita all’interno da pannelli verticali, sostituì interamente la
parete sul fondo della navata. Analoghe pannellature rivestono le 10 superfici e le aperture interne,
proseguendo superiormente nelle finestre dell’alto matroneo nuovamente rialzato. I costoloni delle volte si
aprono a ventaglio al di sopra dei fasci di colonnine addossate ai supporti e si intrecciano con nervature
secondarie con le quali compongono un disegno a rete. Tra il 1369 e il 1374 una nuova campagna di lavori
interessò anche il braccio nord del transetto. Conformemente alla volontà di ricomporre secondo un
disegno unitario l’intera parte orientale della fabbrica, le superfici interne vennero ricoperte da
pannellature continue e lo spazio del transetto venne concluso superiormente da una volta, analoga ma più
elaborata della simmetrica sul braccio sud. Nel grande chiostro settentrionale, elevato sulle fondazioni del
precedente di epoca normanna, è introdotto per la prima volta il sistema delle volte a ventaglio, già
pienamente elaborato. All’insieme, chiuso all’esterno e permeato della quiete propria dei chiostri
monastici, è conferito uno straordinario carattere di uniformità e armonia, dalle caratteristiche proprie a
questo tipo di volte. Sebbene i lavori potrebbero essere iniziati prima del 1364, gran parte della costruzione
fu completata tra il 1381 e il 1412. I successivi interventi del XV secolo conclusero la sistemazione della
chiesa gotica vennero realizzati Portico Sud nel 1430 l'alta Torre nel 1450-1457 costruita dopo il 1104, il
fronte principale nel 1460 e la Lady Chapel 1462-1482. Il rifacimento del fronte e delle due campate
occidentali, seguito alla precedente demolizione delle più antiche strutture, fu probabilmente conseguente
al collasso della facciata normanna, la cui forma originaria è sconosciuta. Una grande finestra e due laterali
di minori dimensioni occupano gran parte della facciata. Ampie finestre e pannellature rettangolari
schermano anche le superfici cieche e le aperture della Lady Chapel, che costituisce una libera versione a
scala minore del coro. La cattedrale di Gloucester con il proprio stile esercitò la propria influenza anche
sulla Cattedrale di York, dove il presbiterio e il coro, anche se realizzati nell'ultimo quarantennio del
quattordicesimo secolo in uno stile simile a quello rayonnant della navata, erano ornati con archi ciechi e
culminava alle estremità in una vasta finestra ispirata a Gloucester. Nell'ala orientale della cattedrale di
York, come in quella di Strasburgo e altre cattedrali, molte sono le finestre sia all'esterno sia all'interno che
corrono come diaframmi di montanti isolati.
L’architettura gotica in Italia

Il Duomo di Siena
La ghibellina Siena, fin XIII secolo, la maggiore rivale politica ed
economica di Firenze, con la quale si scontrò militarmente più
volte. Dopo la definitiva sconfitta del 1269 nella battaglia di Colle di
Val d’Elsa, però il potere passò alle maggiori famiglie guelfe che lo
esercitarono con pacatezza e competenza attraverso il Consiglio dei
Nove (1287-1355), un organo elettivo molto autorevole che
assicurò alla città un settantennio di prosperità, riforme e buon
governo. La fierezza delle civitas senese e del resto in linea con il
suo stretto legame culturale e artistico con Roma tanto da
adottarne anch’essa come simbolo la lupa e da rappresentarsi
sempre come una città orgogliosamente murata e militarmente
inviolabile. Il duomo di Santa Maria Assunta presenta una facciata che riflette in modo evidente il gusto di
derivazione gotica per la decorazione pittorica e scultorea. La vicenda costruttiva dell’edificio e assai
complessa e tormentata. Il grandioso cantiere, infatti, si aprì intorno alla metà del XII secolo e si protrasse
almeno fino agli ultimi decenni del Trecento. Il primo nucleo della costruzione fu sicuramente di stile
romanico. Esso si articola attorno ad una pianta a croce latina immissa, con tre navate scompartite da
poderosi 11 pilastri polistili sorreggenti arconi a tutto sesto. L’intersezione del corpo longitudinale con il
transetto a due navate è sottolineata da una cupola esagonale retta
da sei grandi pilastri costruita intorno 1264. All’incirca fra il 1285 e il
1297 la direzione dei lavori passò al magister Giovanni Pisano, che si
incaricò di realizzare la parte inferiore della facciata. Sua è infatti
l’idea dei tre portali molto strombati, secondo un uso tipicamente
francese, così come quella della ricca ornamentazione scultorea.
Sempre a Giovanni Pisano e alla sua fiorente bottega viene attribuita
anche buona parte della statua di profeti, filosofi, santi e sibille
inserite originariamente nella facciata e che oggi, sostituite da copie,
sono in massa parte esposte al vicino museo dell’Opera del duomo.
Nel 1339, infine, venne intrapresa la realizzazione del Duomo nuovo
o Grande cattedrale. In esso l’attuale corpo longitudinale avrebbe dovuto costituire il transetto di un
edificio ancora più grandioso, del quale non fu realizzato che parte dei muri perimetrali, oggi ridotti a ruderi
o inglobati in altri edifici circostanti. Si nota molto bene dalla fotografia aerea quello che doveva essere il
primitivo impianto della cattedrale che presentava una navata lunghissima con un transetto altrettanto
grande, come potete vedere solamente la parte del transetto fu completata e inaugurata come cattedrale.
Il progetto, probabilmente commissionato dall’architetto, orafo e scultore senese Lando di Pietro (circa
1280-1340), prevedeva la costruzione di un immenso corpo longitudinale a tre navate (in luogo dell’attuale
piazza laterale), orientato perpendicolarmente alla cattedrale preesistente. La porzione superstite di quella
che avrebbe dovuto essere la nuova facciata svetta ancora sopra i tetti cittadini, e mostra un’alta apertura
terminante con un arco a tutto sesto, il cui intradosso cassettonato rimanda all’architettura romana
imperale. Questo sogno ambizioso si dimostrò comunque irrealizzabile
sia a causa della economica e demografica conseguente alla pestilenza
del 1348 sia per insormontabili difficoltà tecniche sorte nel frattempo.
Nel 1355, dunque, si optò per un definitivo e più fattibile
ammodernamento della cattedrale preesistente. Questi ultimi lavori
compresero il rialzamento delle navate, l’ultima azione della parte
superiore della facciata (1377) e il compimento dell’abside (1382). E
proprio nella grande facciata principale che il nuovo spirito gotico
trova modo di esprimersi ai più alti livelli. Anche se non vi è alcuna
coerenza tra la parte inferiore, dovuta a Giovanni Pisano, e quella
superiore, in parte ispirata al decorativismo del duomo di Orvieto, l’insieme assume una sua convincente
unitarietà, dovuta soprattutto alla ricchezza dell’ornamentazione (statue, modanature, rilievi, cuspidi) e alla
varietà cromatica dei marmi (bianco, rosso di Siena, giallo antico o broccatello, verde di Prato o serpentino).
Ciò fa interpretare la facciata più come una grandiosa opera scultorea che come un semplice elemento
architettonico. Particolarmente singolare, a tale riguardo, è l’incongruenza per cui i due alti pinnacoli che
incorniciano la parte centrale della facciata non giungono, come apparirebbe logico, fino a terra. Essi,
infatti, facendo parte della successiva sopraelevazione trecentesca, seguono logiche costruttive proprie e,
contro ogni regola della statica, assumono come base di appoggio la lunga cornice aggettante che corre in
corrispondenza dei vertici delle tre preesistenti ghimberghe sottostanti.
Il Duomo di Orvieto
Un altro esempio di architettura gotica è rappresentato dal Duomo di Orvieto di Santa Maria Assunta ad
Orvieto.
La potente città umbra, nonostante si fosse costituita in libero comune fin
dal 1137, rimase sempre molto vicina al potere papale, alleandosi anche
alla guelfa Firenze contro la ghibellina Siena. Dal 1250 il governo fu
affidato ad un capitano del popolo, eletto tra le famiglie più in vista e a
sua volta coadiuvato dal Consiglio del popolo, composto dai
rappresentanti delle Sette Arti maggiori. Il massimo sviluppo urbanistico
del Comune si ebbe tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo, con
la costruzione del grandioso duomo di Santa Maria Assunta e l’aggiunta
della torre campanaria al palazzo del popolo. Il gusto per la decorazione
delle facciate conosce il suo massimo splendore nel duomo. La costruzione, inizia nel 1290 secondo i
principi dell’architettura romanica, presenta una severa pianta basilicale a tre navate di cui la mediana con
larghezza più che doppia rispetto alle laterali. In seguito, però, tale struttura venne goticizzata
dall’intervento dell’architetto e scultore senese Lorenzo Maitani, che intorno al 1310 è nominato
universalis caput magister, cioè soprintendente generale dell'Opera, e che, insieme ai propri aiuti,
concentra l’attenzione sul coro e, soprattutto, sulla facciata. In essa i temi dell’architettura gotica europea
non sono ripresi con funzione direttamente strutturale, ma con intenti prevalentemente decorativi. Ecco
allora che pilastri, ghimberghe, guglie, trafori e archi (a tutto sesto nelle
strombature del portale centrale e a sesto acuto in quelle laterali) sono
trattati in modo scultoreo e pittorico più che nella loro effettiva funzione
di veri e propri elementi architettonici. Il Maitani, infatti, vede la facciata
del duomo alla stregua di un’enorme pala di altare e come tale la
realizza, anche se in proporzioni straordinariamente maggiori. Il segno di
questa sua impostazione, del resto, è così forte che permane anche nei
secoli successivi. Decorazioni scultoree, a intarsio e a mosaico, dunque,
continuano ad essere integrate, aggiunte e sovrapposte, almeno fino al
Settecento. Il risultato finale è quello di una grandiosa e raffinata
scultura gotica che sembra appoggiata quasi casualmente alla struttura
preesistente romanica della chiesa, come per mascherarne, almeno nella
facciata, la scarsa slanciatezza. Il nuovo gusto transalpino, dunque, viene
qui accettato qui più per le straordinarie possibilità ornamentali che
offre, e non già come tecnica di costruzione innovativa e autonoma. Le
abili maestranze locali, del resto, sarebbero estremamente restie ad
abbandonare la tradizione e l’affidabilità delle tipologie costruttive
romaniche e tardo antiche per riconvertirsi completamente all’architettura gotica, con tutti i problemi
statici che ciò avrebbe necessariamente comportato.
Chiesa di S.Fortunato a Todi
Passiamo ora a descrivere un altro stile di Gotico italiano,
quello degli ordini mendicanti prendendo come esempio
il San Fortunato a Todi. La chiesa francescana di S.
Fortunato a Todi, con annesso convento e chiostro,
occupa grande rilievo nella città ed è realizzata per
iniziativa del cardinale Matteo d’Acquasparta
(francescano formatosi nel clima cosmopolita
dell’Università di Parigi) sul luogo di una precedente
chiesa, in relazione ad un generale riassetto urbano.
Edificata in più fasi su un progetto unitario, è completata
in circa due secoli. I lavori, iniziati nel 1292, procedono
senza interruzioni fino al 1303 e più lentamente nei due 13 decenni successivi, con la costruzione del corpo
absidale al posto dell’antica chiesa vallombrosana e del coro. Nel 1323 è presente in cantiere il magister
Laurentius e agli anni successivi risalgono la costruzione del campanile (1327-1328) e le prime sistemazioni
esterne (1339); tre anni dopo termina la metà posteriore della chiesa (comprendente due campate e mezzo
e otto cappelle), coperta a tetto su archi e pilastri. Dopo una lunga sospensione, i lavori riprendono all’inizio
del Quattrocento: l’ultimo ampliamento, iniziato nel 1405-1407 per volere del vescovo Guglielmo de’ Calvi,
riguarda l’inizio di costruzione del nuovo muro di facciata e poi di quelli laterali (tra 1405 e 1458 collabora
alla fabbrica Giovanni di Santuccio). Nel 1453 è completata la terza campata, mentre la quarta si può
considerare conclusa al momento della demolizione del muro provvisorio (1461). Alla stessa fase
costruttiva risalgono nuovi lavori alla facciata principale con l’inserimento dei tre
portali (1420- 1436), probabilmente rispettando un progetto precedente, creduto
del Maitani, ma secondo recenti studi non a lui attribuibile, data la sua limitata
presenza in cantiere. Nel 1418 Iacopo della Quercia è consulente per alcune
decisioni riguardanti la facciata. Tra il 1457 e il 1465 (dirige il cantiere Bartolomeo
di Mattiolo da Torgiano) sono realizzati ulteriori lavori alle strutture periferiche e
di sostituzione del tetto con le crociere costolonate, a sesto rialzato e poggiate su
pilastri polistili. Alla facciata si lavora ancora nel XVI secolo (completamente in
stile con uso di materiale di spoglio d’età romanica), quando si portano avanti le
sistemazioni esterne, terminate nel XIX secolo, mentre i progetti per la facciata
proposti nel XX secolo non avranno esito. L’impianto chiesiastico è a sala
(Hallenkirche), unico episodio francescano di questo tipo nell’Italia centrale, con
tre navate (la centrale doppia delle laterali) di quattro campate ciascuna, senza transetto. Le dimensioni
dell’edificio raggiungono i cinquantotto metri di lunghezza, compresa l’abside, e i 25,2 di larghezza per il
corpo delle tre navate, escluse le cappelle (due per ogni campata) poste tra i contrafforti dei fianchi di
quelle laterali. In alcune soluzioni architettoniche è stata vista una affinità con la coeva chiesa francescana
di Gualdo Tadino, mentre analogie nel sistema di coperture sono riscontrabili con la chiesa domenicana il
duomo di Perugia. Un complesso polimorfismo proporzionale sembra legare l’intero sistema architettonico.
La sostanziale identità fra struttura muraria e forma architettonica, tipica dell’edilizia mendicante del
centro-Italia determina chiarezza spaziale e unitarietà dello spazio interno, ottenute con l’uniformità delle
volte a crociera a sesto acuto (tutte di uguale altezza: 22 metri) e la continuità di queste con quella
absidale, ed esaltare sia dal particolare rapporto spazio-luce che si stabilisce all’interno, sia
dall’approfondimento prospettico ottenuto con i diversi accorgimenti visivi. La committenza, legata a
correnti internazionali della cultura europea ed alla corte papale, sembra incidere sulla generale concezione
spaziale, che è stata messa in relazione a modelli architettonici della Francia occidentale, ma che richiama
piuttosto all’edilizia mendicante dell’area Umbra e centro-italiana soprattutto nella particolare ideazione di
uno spazio semplice ma rarefatto, che si dilata in più direzioni, a dare soluzione alle esigenze ed alle
aspirazioni francescane. I tempi lunghi di costruzione sembrano non tradire le istanze dell’originario
progetto due-trecentesco, né nello spazio interno né nella definizione architettonica esterna. Anche se
nell’interrotto impaginato di 14 facciata, che rispecchia l’esterno la spazialità interna, con i tre portali dal
contenuto iconografico complesso di suggestione orvietana, le paraste a duplice specchiatura e l’architrave,
sono riscontrabili nuove declinazioni figurative.
Duomo di S.Ambrogio a Milano
L’attuale edificio sorge al posto della basilica martyrum,
consacrata dal vescovo Ambrogio nel 386, cui
appartengono diversi elementi di reimpiego come le
colonne del ciborio. Nel 784 l’arcivescovo Pietro fondò un
nuovo cenobio benedettino e nel 789 ottenne
l’affidamento della basilica. Il Capitolo, conservò i diritti
sulla chiesa, continuò ad occuparsi della fabbrica:
l’arcivescovo Angilberto (824-859) commissionò all’orafo
Wolvinius la realizzazione dell’altare in argento cesellato,
ancora esistente, e il suo successore Ansperto (868-881)
costruì un atrio ormai scomparso ma testimoniato da
un’epigrafe dell’881. L’ingresso dei benedettini determinò presumibilmente la ricostruzione del presbiterio,
completata nell’VIII-IX secolo con la disposizione dell’altare e la ripresa dei mosaici absidali. Le murature
originarie vennero arretrate e la quota pavimentale fu innalzata per creare una cripta. Le navate
dell’edificio paleocristiano, ancora in uso nel 1067, vennero sostituite probabilmente a partire dal 1080; le
nuove strutture già in parte edificate nel 1093, furono coperte con volte dopo il 1117. Fra l’XI e il XII secolo
si costruì l’atrio (circa 1093-1128) e il campanile dei Canonici (tra il secondo e il terzo quarto del 1100), a
nord della facciata, in posizione simmetrica rispetto al campanile dei monaci del IX secolo. Nel 1196 la volta
dell’ultima campata della navata centrale crollò, danneggiando la zona presbiteriale; seguirono il
consolidamento delle arcate e la ricostruzione di due nuove volte a crociera al posto di quella quadrata
precedente. La chiesa ha tre ampie campate quadrate nella navata centrale e
sei campate nelle navatelle e nelle tribune superiori; di conseguenza, i sostegni
sono alternati. I pilastri maggiori si innalzano fino a congiungersi, alla quota dei
matronei, alle nervature delle volte a crociera della navata centrale, mentre gli
archi di imposta delle volte circoscrivono la duplice arcatura longitudinale delle
navatelle e delle gallerie. Le ampie superfici intonacate delle coperture,
spartite da pesanti nervature in pietra, accentuano il senso di dilatazione
dell’ambiente centrale; tale interpretazione che, per tale aspetto, risente
ancora della matrice paleocristiana condizionerà diversi edifici romanici
dell’Alta Italia come, ad esempio il S. Sigismondo a Rivolta d’Adda. La presenza
di matronei alti quanto la navata ha impedito l’apertura di un cleristorio;
l’illuminazione degli ambienti viene così demandata alle finestre dell’abside,
del tiburio e della facciata. La zona presbiteriale è coperta da una cupola a otto
specchi su pennacchio a tromba; la somiglianza dei pilastri di sostegno con
quelli del resto della navata fa ritenere che il progetto iniziale prevedesse una chiusura con volta a crociera,
sostituita da una copertura lignea durante la costruzione e poi sopraelevata. La compresenza di materiali
diversi, tipicamente lombarda, adempie ad una funzione decorativa assieme ai capitelli e alle basi dei
pilastri, al mosaico absidale e agli intonaci affrescati. Conci di grande dimensione, di un granito denominato
serizzo, di calcare bianco d’Angera e di marmo di recupero appaiono nei fusti dei pilastri 15 maggiori e negli
arconi; le murature e i pilastri delle gallerie superiori sono per lo più in mattoni rossi. La facciata ha un
profilo a capanna, perforato su due livelli da cinque arcate su pilastri, e affiancato alle due estremità dai
due campanili; il suo disegno ha “schermo”, inciso in profondità dalle arcate su pilastri e disegnato in
superficie da semicolonnine su paraste e da cornici ad archetti, è all’origine del tipo lombardo più diffuso
fino al XIV-XV secolo. La partizione dell’ordine inferiore scandisce anche gli altri tre bracci che racchiudono
un atrio rettangolare allungato, d’ispirazione paleocristiana. I fianchi, il tiburio, il presbiterio in mattoni
hanno un coronamento “lombardo” a doppie arcatelle, ripartite in gruppi di tre da lesene verticali
nell’abside.

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