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LE CATACOMBE

I cimiteri romani si dividevano in sotterranei e subdialis. Questi ultimi erano i cimiteri sopra terra, recintati e
con un unico custode e fossore (scavatore di fossi), visto le modeste dimensioni. I corpi, come i templi, erano
orientati ad est. Il sarcofago era una tomba più lussuosa, realizzata in pietra, in marmo, in terracotta, e
raramente in piombo. Molto diffuso invece, di origini puniche, era un sepolcro realizzato con delle anfore,
oppure delle tombe a pozzo chiamate "forma". Le tombe più semplici erano a cappuccina se in muratura,
oppure a mensa, con una lastra piana semicircolare.

Le catacombe sono antiche aree cimiteriali sotterranee solitamente ricavate nel tufo essendo questa roccia
facile da scavare, e possono avere anche più livelli, con profondità che arrivano fino a trenta m.
Contrariamente ad alcune credenze, le catacombe erano pagane, alcune ebraiche e col diffondersi del
cristianesimo, anche cristiane. Successivamente con la proibizione violenta della religione pagana, le
catacombe rimasero solo cristiane. Infatti, le tombe pagane vennero vuotate e il loro contenuto gettato via e
sostituito dai defunti cristiani. Il termine catacomba proviene dal greco, "kata kymbas", vale a dire "presso le
cavità".

Mentre i pagani in parte inumavano e in parte incineravano, I cristiani preferirono l'inumazione, si dice, per la
fede nella resurrezione dei corpi, abbandonando l'uso della cremazione pagana. 

I cimiteri, pubblici o privati, si trovavano sempre fuori città, tranne in rarissimi casi trattandosi di un onore
eccezionale, dato che le Leggi delle XII tavole prescrivevano che "hominem mortuum in urbe neve sepelito
neve urito" ("Non si seppellisca né si cremi alcun morto in città"). Infatti si svilupparono principalmente ai lati
delle vie extraurbane.

DESCRIZIONE

I terreni sulle quali le catacombe venivano edificate appartenevano a privati o a collegi funerari. Tuttavia le
gallerie delle cave per l'estrazione di tufo e pozzolana vennero spesso sfruttate per farne cimiteri sotterranei,
piuttosto estesi, con una planimetria articolata a gallerie più o meno parallele e dei cubicoli, una specie di
cappella dove si accoglievano più sepolture.

Generalmente le gallerie, dette ambulacri, erano strette e basse, dai sette a trenta metri sotto la superficie, di
circa 2,5 m di altezza e di larghezza. e intercomunicanti ai vari livelli tramite ripidi scalini.

I vari loculi venivano scavati sulle pareti degli ambulacri, con un'altezza di 40–60 cm ed una lunghezza dai
120 ai 150 cm; formando a volte dei cubicoli che accoglievano i corpi avvolti in lenzuoli di lino oppure posti in
sarcofagi di pietra. Alcuni cubicoli ospitavano le tombe di una famiglia o di un'associazione, con delle cripte,
o con tombe sormontate da archi, dette arcosoli e destinate a personaggi importanti, magari nobili, oppure
martiri cristiani.

Dei pozzi di areazione procuravano un modico ricambio dell'aria per i visitatori, che tuttavia non potevano
restare molto a costo di morire asfissiati. Naturalmente è falso che i cristiani abbiano usato le catacombe per
fuggire le persecuzioni, sia perchè sarebbero morti asfissiati, sia perchè era sufficiente riconoscere la divinità
dell'imperatore per aver salva la vita. Cortesia non ricambiata dai cristiani nelle persecuzioni ai pagani.

LE DECORAZIONI

Per la decorazione delle catacombe si adoperavano procedimenti, già noti, della pittura sia ellenistica, sia
romana; prima di tutto era preparata la superfice da decorare con l’arriccio, un impasto di calce spenta,
pozzolana e sabbia, dopo di che, una volta asciugato il supporto, veniva steso l’intonaco o lo stucco, alcune
tombe non sono dipinte ma presentano degli stucchi di eccezionale fattezza, dopo la pittura, quest’ultimo
strato, detto tectorium, riceveva un’accurata levigatura che lo rendeva lucido e simile al marmo.

Il materiale usato era spesso il marmo, ma anche la pietra, le tegole, in rari casi mosaici, tavolette lignee,
sono state ritrovate iscrizioni anche su oggetti in avorio, bronzo o persino, su manufatti in oro. Chi incideva i
vari materiali era di solito un artigiano specializzato, il lapicida, anche se a volte la sua cultura non era
sufficiente a scrivere in una lingua corretta, in special modo quando si trattava di usare quella greca, la cui
conoscenza era propria di personaggi di elevata cultura.
A volte sono presenti omissioni di sillabe o di lettere altre volte vi sono delle aggiunte per correggere qualche
errore, in alcuni casi il supporto era girato e inciso nuovamente sulla parte opposta, per risparmiare spazio
erano usate delle abbreviazioni e a volte le scritte erano in latino ma con l’uso delle lettere greche e
viceversa.

In alcuni loculi sono stati ritrovati, in sostituzione delle epigrafi o semplicemente per abbellire la sepoltura, gli
oggetti più strani, come statuette di avorio, giocattoli, monete, vetri, che presumibilmente erano appartenuti
ai defunti. Non mancavano le citazioni, le preghiere, le orazioni, delle brevi composizioni, le invocazioni e i
disegni o le sculture simboliche, infine molti graffiti furono lasciati dai pellegrini e dai visitatori.

Non mancarono peraltro i vari simboli del cristianesimo:

- Il Buon Pastore con la pecora sulle spalle (Cristo che salva I'anima), in realtà un simbolo pagano riadattato
da Hermes e pure Apollo recanti l'animale salvato sulle spalle, che poteva essere una pecora o un vitello.
- L'orante: figura rappresentata a braccia aperte, simbolo dell'anima che vive già nella pace divina, ma era il
gesto degli oranti già al tempo degli antichi greci quando pregavano gli Dei pagani. Qui sotto il primo orante
è del 300 a.c. ellenico e il secondo è cristiano del III secolo d.c..

- Il monogramma di Cristo è formato da due lettere dell'alfabeto greco, la X (chi) e la P (ro), intrecciate, che
sono le prime due lettere della parola greca "Christòs", Cristo. 
- Il pesce. In greco si dice IXTHYC (ichtùs). Disposte verticalmente, le lettere di questa parola formano un
acròstico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr = Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.
- La colomba, con il ramoscello d'olivo nel becco, simbolo dell'anima nella pace divina.
- L'Alfa e l'Omega dell'alfabeto greco. Significano che Cristo è l'inizio e la fine di tutte le cose.
- L'àncora è il simbolo della salvezza cristiana.
- La fenice, mitico uccello d'Arabia, che ogni cento anni risorge dalle sue ceneri, è il simbolo della
risurrezione.

 La cura e la manutenzione delle catacombe era affidata ai Fossores, i quali oltre a tumulare i morti avevano
il compito di scavare le gallerie, gli ambienti, le tombe a volte provvedevano anche alla decorazione delle
sepolture, si trattava ovviamente di operai specializzati che si servivano di vari strumenti di lavoro, tra i tanti
ricordiamo: la dolabra scultorea, l’ascia, lo scalpello con relativo mazzuolo, il compasso, la groma;
nonostante fossero dei professionisti vivevano, perlomeno ufficialmente, di sole donazioni.

Dall'età costantiniana il culto dei martiri portò profonde modificazioni alle catacombe a causa dell'affastellarsi
di sepolture accanto ai santi, come se questa vicinanza concedesse all'anima del defunto un qualche
beneficio, determinando l'apertura di brevi gallerie e nuovi cubiculi appositamente scavati per le inumazioni
"retro sanctos", spesso creando veri ossari, per custodire i resti delle tombe distrutte durante i lavori atti a
creare nuovi spazi funerari.

Con l'ampliarsi del cristianesimo venne a sostituirsi la sepoltura subdiale (priva di tetto) a quella sotterranea
visto che ormai l'attività d'aggregazione dei cristiani avveniva nel titulus, una sorta di area parrocchiale o
nella domus ecclesiae la casa dell'assemblea, messa spesso a disposizione da famiglie abbienti.

Le catacombe furono utilizzate per le sepolture fino al V secolo, dopodiché divennero luoghi di pellegrinaggio
dei fedeli sulle tombe dei martiri. A Roma sono state ritrovate più di sessanta catacombe che si snodano per
svariati km, molte a più livelli, però quelle visitabili sono solo cinque o sei,  ed eccone un elenco suddiviso
per le vie a Roma:

LA DOMUS ECCLESIAE
I cristiani delle primissime comunità avevano l'abitudine di ritrovarsi per pregare e per celebrare i
riti presso delle semplici abitazioni private.
Quando le comunità cristiane ebbero un numero più consistente di fedeli e non fu più possibile
continuare ad usare le semplici abitazioni private per i riti, vi fu l’esigenza di edificare delle case da
destinare specificatamente agli incontri comunitari. Tali furono le case dell'assemblea (o della
comunità). 
La "domus ecclesiae" è l'embrione di ogni successivo edificio di culto della chiesa cristiana.
Dal termine latino domus ecclesiae deriva, per abbreviazione, la parola "chiesa", parola che, pur
significando in sè "assemblea" o "comunità", oggi si riferisce tanto all'istituzione religiosa quanto
alla comunità dei fedeli e all'edificio di culto in cui essa si ritrova.
Va ricordato che le prima comunità cristiane erano di modeste dimensioni ed avevano mezzi anche
più  modesti, e soprattutto che i cristiani dovevano vivere allora ed operare in un clima di
sostanziale clandestinità data la minaccia sempre presente di tremende persecuzioni. 
Per questo i primi cristiani scelsero di riunirsi nelle domus ecclesiae, edifici ben mimetizzati nel
tessuto urbano civile e quasi sempre di modeste dimensioni. Case che dall'esterno sembravano
normali abitazioni private, mentre all’interno disponevano anche di stanze e di aule riservate alle
assemblee e alla celebrazioni dei riti eucaristici e battesimali.
E' un fatto rilevante che la liturgia cristiana nasca, per così dire, "in casa". La prima chiesa, infatti,
è una chiesa domestica, familiare, intima e affettiva.

Non è un caso. Nell'esperienza cristiana più autentica Dio è di casa. Dio entra nella casa degli
uomini, abita la casa degli uomini, pranza e cena con gli uomini, e condivide con gli uomini gli
spazi della quotidianità. Veglia sul loro sonno, sta coi bambini mentre giocano, accompagna i gesti
e i mestieri di ogni giorno, il lavoro, lo studio, il tramestìo e l'odore della cucina. 
Solo un Dio che si è fatto uomo può scegliere di abitare fuori dalle mura del tempio, oltre i luoghi
che da sempre l'uomo consacra e attribuisce alle divinità, e di abitare proprio nella stessa casa
dell'uomo, nella "profana" dimora dei mortali.
Ciò non ha mai smesso di essere, perchè è nella natura stessa del cristianesimo. Tanto che ancor
oggi la prima chiesa è e rimane domestica e familiare.
Nel tempo la dimensione familiare del culto cristiano è stata mantenuta in molteplici forme: dalle
cappelle familiari delle ville e dei castelli, agli altarini domestici dedicati ai soggetti della devozione
privata, ai capitelli e alle chiesuole delle contrade. E pur avendo un accento specifico, anche le
cappelle cimiteriali di famiglia possono essere inscritte nella cornice dei luoghi di culto cristiani con
una forte matice domestica.
Anche la riforma liturgica del Vaticano II ha rivalutato l’esperienza liturgica comunitaria della
chiesa primitiva, e ha restituito, per quanto possibile, alle celebrazioni e ai luoghi del culto una tale
dimensione. Ciò facendo si è diminuito di molto il rischio di perseguire soltanto una vana ed
eccessiva solennità, e di monumentalizzare i luoghi di culto a scapito della loro reale funzione
spirituale e aggregativa.
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Fino al 313 editto di milano di constantino non esistevano delle forme di architettura ben definite
per luoghi di culti cristiani, la prima domus ecclesiae casa della ssemblea. Queste case erano in
realta case private dalla struttura molto seemplice e avevano esenxilmente 3 luoghi dedicati al
culto. Una sale era dedicata ai catecumeni, ovvero chi non aveva ancora ricevuto il battesimo, una
sala per celebrare lla messa e una sala che fungeva da battistero. L’esempio piu interessante si
trova in siria nella citta di dura europos. Struttura semplice e non molto grande perche pochi fedeli
tuttavia servono nuovi luoghi di culto il primo passa fu dalle case private a luoghi comunitari. Esse
venivano donate dal privato alla morte a tutta la comunità. Non si potevano usare templi, ma
adattanno edifici pubblici.

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