Nel momento del trapasso il parente pi prossimo dava l'ultimo bacio al
moribondo per raccogliere l'ultimo respiro con il quale l'anima abbandonava il corpo e poi gli chiudeva gli occhi. Da questo istante il nome del defunto veniva ripetuto a gran voce ad intervalli (conclamatio) fino al momento della sepoltura. Alle lamentazioni partecipavano le donne della famiglia, ma anche estranee (praeficae) pagate per questa prestazione; oltre ad esternare il dolore per la perdita della persona cara, questo rituale aveva lo scopo di accertare il decesso e scongiurare il pericolo di una morte apparente (Serv., Aen., VI, 218). Il corpo, quindi, era sollevato dal letto e deposto in terra (depositio), di seguito lavato, trattato con unguenti per ritardarne la decomposizione (unctura) e preparato per l'esposizione sul letto funebre (prothesis). In questa fase veniva posta nella bocca del cadavere una moneta che sarebbe servita per pagare al traghettatore Caronte il passaggio nell'aldil. Numerose testimonianze confermano questa usanza, conservatasi fino in et tardoantica e altomedievale, in tutto il bacino del Mediterraneo, ma anche nelle province occidentali dell'Impero. Il trasporto del defunto avveniva con il feretrum portato a spalla da quattro fino ad otto portatori, scelti tra gli amici e i parenti maschi del defunto; seguivano i partecipanti vestiti con abiti neri, detti lugubria, suonatori e praeficae. Le descrizioni di Polibio (VI, 53) e Plinio il Vecchio (Nat. hist., XXXV, 6), entrambe relative a personaggi appartenenti a classi sociali elevate, informano sull'usanza di esporre durante il funerale i ritratti degli antenati, secondo le norme dello ius imaginum; dopo il funerale le immagini, realizzate in cera (expressi cera vultus), venivano riposte all'interno di armadi nell'atrio della casa. Lo svolgimento delle esequie, a seconda della disponibilit finanziaria della famiglia, era affidato a professionisti, libitinarii (da Libitina, la divinit dei funerali nel cui tempio erano conservati i registri mortuari) e pollinctores; nel caso di funerali particolarmente sfarzosi i dissignatores, quali maestri del cerimoniale, provvedevano all'organizzazione. La scelta dell'inumazione o della cremazione non influiva sulle fasi fin qui descritte del rituale. Giunto sul luogo dell'inumazione, prima di procedere al seppellimento, veniva gettato sul cadavere un pugno di terra; questo gesto garantiva il contatto tra il defunto e la terra anche nel caso in cui il corpo non venisse deposto direttamente al suolo, ma collocato nella cassa di un sarcofago che poteva essere di marmo, pietra, terracotta, legno o piombo. Il contatto con la terra, anche se solo simbolico, era fondamentale per la sua funzione purificatrice. Per questo motivo, se il defunto doveva essere cremato, almeno una parte del corpo, quasi sempre un dito, veniva tagliata (os resectum) e coperta di terra; alla fine del rogo la parte asportata era riunita alle ceneri ed alle altre ossa combuste. Con la pratica di questo rituale si pu spiegare la presenza nelle urne di una falange che non mostra segni di combustione. Il rituale, dettagliatamente descritto da Cicerone (Leg., II, 22, 55), Varrone (Ling., V, 23) e Festo, trova riscontro nel cinerario di M. Nonio Balbo ad Ercolano e in molte altre sepolture pi umili, quali un gruppo di olle rinvenuto a San Cesareo, due casi dalla necropoli Esquilina e altre tombe trovate recentemente a Roma e ad Ostia. La cremazione del cadavere avveniva insieme con il letto funebre sul quale era stato trasportato e poteva aver luogo nel sito del seppellimento (bustum sepulcrum) oppure in luoghi approntati per lo svolgimento di questa pratica funeraria, detti ustrina. Nella necropoli orientale di Augusta Praetoria (Aosta) stato individuato, nel 1973, il sito di una sepoltura contenente i resti del rogo funebre, tra i quali centinaia di frammenti di osso lavorato pertinenti al rivestimento del letto funerario; altri frammenti sono stati ritrovati nell'urna di bardiglio che conteneva le ossa combuste. Il letto, risalente ai primi decenni del I sec. d.C., appartiene al tipo degli esemplari rinvenuti nelle necropoli dell'Esquilino, di Ostia, di Pompei, di Vindonissa, di Colonia; era decorato da figure del repertorio dionisiaco e da elementi vegetali finemente intagliati. Prima della cremazione venivano aperti gli occhi al defunto, si collocava il corpo sulla pira costruita in legno insieme con doni ed oggetti personali, quindi gli astanti gridavano ancora una volta il suo nome e con le torce veniva appiccato il fuoco. Spento il rogo, i resti combusti erano raccolti nelle urne cinerarie; anche per questi contenitori esisteva un'ampia variet di materiali e forme, dai pi umili contenitori di terracotta ai preziosi esemplari di marmo decorati a rilievo. Il termine funus definiva quanto avveniva tra la morte e il compimento delle esequie. Naturalmente lo svolgimento del rituale presentava variazioni rispetto al funerale tradizionale ( funus translaticum) nel caso di personaggi pubblici ( funus publicum), di militari ( funus militare), dell'imperatore o di membri della famiglia imperiale ( funus imperatorium). I funerali pubblici erano riservati a personaggi di alto rango meritevoli di onori particolari, quali la lettura di un panegirico, l'intonazione di canti e la partecipazione al corteo di membri della magistratura e di grandi folle di soldati e cittadini comuni. Cos avvenne per la morte di Silla secondo il racconto di Appiano (Bell. civ., I, 105-6). In et imperiale a Roma i funerali pubblici furono piuttosto rari, se si eccettuano le esequie degli imperatori, ma nelle citt italiche e nelle province era pi frequente il conferimento di questo onore a personaggi che si erano distinti in vita per meriti verso la cittadinanza, alla quale in occasione del funerale venivano offerti spettacoli gladiatori o teatrali. Il funerale dei soldati era pagato dai commilitoni con un contributo detratto dalla loro paga; per i caduti in battaglia, invece, era prevista la cremazione o la sepoltura collettiva; onori militari, cavalcate o marce intorno alla pira erano riservati ai gradi pi alti della gerarchia militare (Liv., V, 17, 5; Tac., Ann., II, 7). Dettagliate descrizioni di esequie imperiali sono fornite dalle fonti letterarie e molte monete coniate nella media et imperiale riproducono le pire a pi piani degli imperatori con la legenda CONSECRATIO. Lo stesso tema svolto in scala monumentale sul rilievo capitolino raffigurante Sabina che ascende dalla pira al cielo e sulla base della Colonna Antonina con l'apoteosi della coppia imperiale Antonino Pio e Faustina Maggiore. Tra i monumenti che illustrano i momenti del rituale funerario il rilievo di Amiternum (met I sec. a.C.) e i rilievi del sepolcro degli Haterii (fine I - inizi II sec. d.C.) sono i pi esemplificativi rispettivamente per l'esposizione del defunto e per il corteo funebre. A questi due esempi si aggiunge un gruppo di sarcofagi della media et antonina decorati sulla fronte da scene di conclamatio.
Il culto dei defunti - La frattura rappresentata dalla morte all'interno della
famiglia e del corpo sociale doveva essere sanata attraverso un rituale volto a purificare la famiglia del defunto dalla contaminazione della morte. La suffitio, alla quale erano sottoposti i parenti al ritorno dal funerale, era solo la prima di una serie di cerimonie di purificazione che aveva luogo nella casa del defunto ( feriae denicales). Sempre nello stesso giorno del funerale si consumava il primo banchetto funebre (silicernium). Il periodo di lutto durava nove giorni e terminava con un secondo banchetto, la cena novendialis, durante la quale veniva offerta una libagione ai Manes e lasciate offerte alimentari. Cerimonie funebri con banchetti presso la tomba venivano celebrate in occasione del dies natalis del defunto e nei Parentalia, periodo dal 13 al 21 febbraio, destinato alla commemorazione dei morti; nell'ultimo giorno, detto dei Feralia, venivano portati doni e offerte floreali. Il giorno successivo, il 22 febbraio, presso il sepolcro veniva consumato un solenne banchetto riservato ai parenti pi stretti (caristia o cara cognatio; Ovid., Fast., II, 617 ss.; Val. Max., I, 1, 8). Un'altra ricorrenza dedicata ai defunti era quella dei Lemuria: durante i giorni 9, 11 e 13 di maggio i templi erano chiusi e non venivano celebrati matrimoni. Anche in occasione dei Rosalia, festivit legata alla fioritura delle rose e non esclusivamente funeraria, i sepolcri erano cosparsi di fiori. Nel rito funerario l'omaggio vegetale associa il defunto alla rinascita della natura e all'eterna primavera della vita ultraterrena; a questa simbologia riportano gli encarpi che ornano cos frequentemente le tombe e i loro arredi. Come anticipazione terrena dei Campi Elisi devono essere interpretati i giardini che talvolta circondavano il sepolcro (cepotaphia), horti lussureggianti con fiori e frutteti (pomaria), proprio come desiderava Trimalcione per la sua tomba. Alcuni edifici sepolcrali erano dotati di spazi dedicati all'espletamento del rituale; forni e pozzi, costruiti presso le tombe, erano utilizzati per apprestare i banchetti funebri. A tale scopo erano destinati letti, sedili e mense che nel caso della necropoli di Porto nell'Isola Sacra sono realizzati in muratura davanti alla tomba e proprio presso queste strutture stata rinvenuta una grande concentrazione di suppellettile ceramica. Triclini in muratura sono riconoscibili anche a Pompei, nella necropoli fuori Porta Ercolano, costruiti presso la tomba di C. Vibio Saturnino. Durante i banchetti ai defunti era riservata una parte del cibo e delle bevande che venivano introdotti nei fori praticati nella sepoltura e dovevano raggiungere le ossa o le ceneri; questo rituale, descritto anche da Virgilio (Aen., V, 76- 77), era molto diffuso e trova numerose attestazioni in tutto il mondo romano. In Italia tra il I e il II sec. d.C. tombe attrezzate con tubuli per le profusiones sono state rinvenute particolarmente numerose nelle necropoli di Albintimilium, Ostia, Isola Sacra e Pompei. Nelle sepolture individuali il condotto era costituito da un tubo di terracotta, ottenuto dall'unione di due coppi o semplicemente da un'anfora spezzata; in caso di sepolture collettive, invece, nelle tombe a camera, il condotto per le libagioni era ricavato nel pavimento per raggiungere simbolicamente tutti i defunti. La centralit del banchetto nel rituale funerario confermata da un'ampia documentazione iconografica fornita da pitture e rilievi che descrivono scene conviviali. Il banchetto, svolto all'aperto con i convitati disposti intorno ad una mensa a forma di sigma (stibadium), torna frequentemente a decorare i coperchi dei sarcofagi, in particolare tra il III e il IV sec. d.C., e con lo stesso schema compositivo viene adottato dall'iconografia conviviale cristiana. In alcuni casi, in occasione del funerale o della commemorazione del defunto, poteva essere celebrato un banchetto pubblico, offerto per volont testamentaria del defunto stesso o per iniziativa dei familiari. Si tratta di una forma di evergetismo nota in Grecia e ampiamente praticata a Roma nella tarda et repubblicana, non dissimile dalle distribuzioni alimentari o dall'organizzazione di spettacoli scenici o gladiatori; banchetti si svolgevano in luoghi pubblici all'aperto, preferibilmente nei fori o nei templi. Anche il banchetto funerario evergetico fu praticato dai cristiani, i quali investirono questa usanza di un contenuto evangelico, inteso come offerta caritatevole ai poveri. L'esagerata ostentazione del lusso nella celebrazione dei funerali e delle ricorrenze in onore dei defunti, nonch la ricchezza dei corredi deposti nella tomba erano condannate dall'opinione pubblica e potevano essere punite dalla legge. L'iscrizione relativa al sepolcro di Gaio Cestio (CIL VI, 1375) costituisce un esempio dell'applicazione della lex Iulia sumptuaria (18 a.C.), la quale proibiva di introdurre nel sepolcro oggetti di valore. Nell'osservanza di questa norma, gli Attalica, i preziosi tessuti nominati nell'iscrizione, vennero venduti e con il ricavato furono realizzate le statue poste presso il sepolcro. Nonostante le limitazioni delle leggi suntuarie non di rado alcune tombe hanno restituito veri e propri tesori. Il rinvenimento nel 1993 di un corredo a Vallerano mostra analogie di rituale e di composizione con i corredi di Crepereia Tryphaena e quello della cosiddetta "mummia di Grottarossa", entrambi di epoca antonina. Oltre alla giovane et delle defunte, le sepolture sono accomunate dalla deposizione dei corpi in sarcofagi di marmo. I tre corredi comprendono tutti oggetti preziosi provenienti dall'area siriana che in questa epoca sembra detenere il monopolio del mercato degli oggetti di lusso a Roma. A questo ambito geografico riporta anche il metodo di mummificazione della fanciulla di Grottarossa, per la quale si deve escludere un procedimento di conservazione di tipo egiziano con l'uso del natron; il corpo, infatti, fu trattato con resine e mirra, sostanza resinosa aromatica proveniente dall'Arabia meridionale e dall'Oman, ampiamente citata da Plinio. Il corredo collocato nella tomba accompagnava il defunto nell'aldil con il conforto di oggetti personali cari al defunto nella vita terrena. Nel periodo arcaico e durante l'et repubblicana le leggi suntuarie limitano l'esibizione del lusso nelle tombe, ma anche nel periodo imperiale difficilmente vengono sacrificati nei corredi gioielli importanti, tranne piccoli oggetti, orecchini e anelli. In questo senso gli esempi citati e pochi altri costituiscono un'eccezione, presentando un corredo completo di monili, bambola d'avorio, oggetti da toeletta d'ambra, unguentari, specchio, pettini, cofanetti portatrucco, fuso e conocchia. Questi ultimi due oggetti, caratteristici del ruolo della donna nella famiglia e molto diffusi nelle sepolture femminili pi antiche, rimasero a lungo assenti dai corredi di et repubblicana ed imperiale. La loro ricomparsa in queste tombe stata messa in rapporto con l'origine orientale delle defunte e con le immagini di matrone palmirene che esibiscono questi attributi sulle loro stele. Per la presenza della bambola nei corredi di bambine o giovani donne in et da marito pu essere presa in considerazione l'interpretazione che vede nell'oggetto un riferimento all'infanzia, ma soprattutto alla mancata maternit: la morte precoce non permise a queste fanciulle di vivere la loro vita come padrone di casa e come madri, attivit simbolicamente rappresentate dal fuso, dalla conocchia e dalla bambola.
Il repertorio decorativo funerario - Cogliere il messaggio simbolico
dell'apparato decorativo della tomba e dei suoi arredi risulta spesso difficoltoso, soprattutto in mancanza di fonti che esplicitino il significato di queste raffigurazioni. La religione romana, pur nella variet delle sue dottrine, non una religione soteriologica; a differenza del cristianesimo, essa non prevede il concetto di salvezza nell'aldil e la vita oltre la morte consiste in una permanenza pi o meno felice nell'oltretomba, consolata dalla memoria aeterna dei posteri. Tra il I sec. a.C. e il I d.C., per, la diffusione del pensiero stoico ed epicureo aveva minato la convinzione della sopravvivenza dell'anima, la quale, mortale al pari del corpo, sarebbe stata riassorbita da un'energia universale e quindi privata di ogni individualit. A queste convinzioni filosofiche pu essere attribuita la presenza negli epitaffi di espressioni come sumus mortales, immortales non sumus (CIL XI, 856), Non fui, non sum, non curo (attestata anche nella formula abbreviata NFNSNC in un'iscrizione di Gemona, CIL V, 1813), nil sumus et fuimus. Mortales, respice, lector, in nihil a nihilo quam cito recidimus (CLE II, 1495) e altre di contenuto simile. Tuttavia la convinzione pi diffusa era quella che gli spiriti dei morti, mantenendo la propria individualit, potessero frequentare le dimore dei viventi e dovessero essere debitamente onorati secondo le regole del rituale. Il desiderio di essere ricordati e, quindi, di comunicare ci che si stati da vivi affidato al programma decorativo del sepolcro o, pi esplicitamente, il compito assolto dalle iscrizioni che narrano la vicenda umana del defunto, sia essa il luminoso cursus honorum di un eminente personaggio, sia che si tratti di una pi modesta esistenza. Talora le decorazioni figurate connesse al sepolcro illustrano in maniera diretta l'attivit del defunto; i rilievi in cotto con scene di mestiere apposti sulle facciate delle tombe nella necropoli dell'Isola Sacra in un linguaggio formale semplice e didascalico narrano la professione del defunto o ne mostrano sinteticamente gli strumenti, analogamente a quanto avviene su stele, altari funerari, sarcofagi. Pi spesso temi figurati o singoli motivi portano un significato traslato o simbolico riferibile al rituale, ma anche l'intenzione di rappresentare le qualit del defunto. Quando assimilato all'eroe mitologico, egli diviene exemplum dei valori fondamentali della societ romana: virtus e concordia per gli uomini, pietas, castitas e pulchritudo per le donne. Nel repertorio funerario il cacciatore costituisce l'exemplum virtutis per eccellenza, sia che si tratti di una caccia mitica, sia che si tratti di una caccia comune. I grandi eroi, quali Meleagro e Fetonte, non sfuggono al destino e trovano la morte nel fiore degli anni, come spesso accade per il defunto, di qui scaturisce il carattere consolatorio della rappresentazione. L'esplicito riferimento al superamento della morte e al ritorno dall'aldil appare evidente nei miti di Alcesti e di Persefone, entrambe simbolo delle virt femminili sopra citate. Un richiamo particolare all'impegno civile e politico era espresso nei monumenti funerari dalla presenza di magistrati. Molto spesso questi concetti sono sintetizzati nella decorazione in pochi elementi, a volte ridotti a motivi isolati o ad attributi delle figure. Nella presenza delle nove Muse, in una scena di lettura con un poeta o un filosofo, ma anche solo nella presenza di una maschera teatrale o di un rotulus come attributo del defunto, si legge un chiaro riferimento alla pratica della cultura, al tema globale della gloria raggiunta in questo mondo e quindi all'immortalit attraverso la fama tra gli uomini, concetto cantato da molti poeti latini, da Ennio a Orazio. Tra le religioni misteriche il ciclo dionisiaco il pi frequente nelle decorazioni sepolcrali e compare con raffigurazioni direttamente collegate alle storie della divinit o con riferimenti simbolici al culto. In una tomba presso Porta Salaria a Roma, stato rinvenuto un gruppo di sarcofagi decorati tutti con temi dionisiaci per i quali si pu riscontrare la volont di manifestare attraverso un preciso programma decorativo del sepolcro le convinzioni filosofico- religiose dei committenti. Al viaggio verso le isole dei beati alluderebbero, secondo alcuni, i motivi marini. Questa iconografia, frequentissima nel repertorio funerario fu accolta anche dalla tradizione cristiana. Resta incerto quanto i contenuti simbolici dei motivi decorativi, nei termini in cui talora sono ricostruiti dai moderni, fossero presenti alla clientela che si rivolgeva ai decoratori o alle officine di scultura, dove sicuramente dovevano essere gi lavorati un certo numero di manufatti. Infatti, se a volte le decorazioni funerarie sembrano rispecchiare precise richieste del committente e certamente furono eseguite su ordinazione, si deve comunque riconoscere una ripetitivit e standardizzazione della decorazione che non sempre era motivata da particolari esigenze religiose o di autorappresentazione.
La FROMBOLA PRESSO I CELTI DALLA FROMBOLA DI CORTAILLOD ai proiettili nei siti lateniani, con comparazione delle fonti storiche. Massimiliano Visalberghi Wieselberger