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1 gennaio 2004
Gli Avari
Giunti nelle steppe dell'odierna Ucraina, gli Avari stabilirono dei buoni rapporti
con il re degli Alani Sarosios e presero contatto, grazie alla sua mediazione, con
i Romani d'Oriente. Le fonti bizantine ricordano a questo proposito come
un'ambasceria guidata dall'�varo Kandikh si sia presentata al cospetto
dell'imperatore Giustiniano nel 557 e come una delegazione imperiale capeggiata da
un tal Valentinos abbia ottenuto l'alleanza degli Avari nella lotta contro gli
Unnuguri e i Sabiri e contro gli unni Kutriguri e Uturguri.
Vinte le genti slave degli Anti, degli Sloveni e dei Vendi, gli Avari avanzarono
quindi ad occidente fino alla Turingia dove furono fermati da Sigebert re dei
Franchi d'Austrasia. Il loro nuovo khagan, Bayan, alleatosi nel 567 con il re
longobardo Alboin, decim� i Gepidi che erano allora insediati tra Sirmium e
Belgrado. Bayan sconfisse poi i Bulgari, che, unitisi agli unni Kutriguri, si
insediarono nelle attuali Bessarabia e Valacchia. Nel 610, il re �varo saccheggi�
il Friuli; nel 626, accordatosi con il re persiano Khosroe, assedi� senza successo
Costantinopoli. Nonostante lo scacco sub�to sotto le mura di Bisanzio, gli Avari
poterono comunque conservare la propria egemonia sull'Europa orientale fino al 791,
l'anno in cui Carlo Magno penetr� nel loro territorio fino alla confluenza del
Danubio e del Raab.
Fu l'inizio della fine: quattro anni pi� tardi, il figlio di Carlo, Pipino, con
l'appoggio del duca del Friuli Eric, attacc� la loro capitale (il "ring") e razzi�
una parte del loro tesoro. L'anno seguente (796), una nuova spedizione di Pipino si
concluse con la distruzione del ring. La definitiva sottomissione degli Avari,
ribellatisi al dominio franco nel 799, va datata per� all'803, quando l'ultimo
khagan fece atto di dedizione e fu battezzato con il nome di Teodoro.
Gli Slavi
Insediati lungo il corso superiore del fiume Bug, i popoli Slavi delle origini
coltivavano i cereali, pascevano i bovini e allevavano le api. Vivevano in un
regime di propriet� collettiva della terra detto "zadruga" e, bench� cambiassero
frequentemente luogo di residenza in cerca di nuove terre da coltivare, non erano
nomadi. La loro civilt� era piuttosto primitiva, ma non al punto da ignorare le
tecniche di lavorazione dei metalli o i benefici degli scambi commerciali con gli
Sciti e con le colonie greche del mar Nero.
La loro societ� aveva una struttura politica poco rigida e scarsamente articolata:
le parole slave che designarono in seguito le classi sociali dei contadini liberi,
smerdi, o dei guerrieri a cavallo, vitiezi, sono infatti dei termini mutuati dalle
lingue iraniche o dal tedesco. Anche la loro organizzazione militare, fondata sulla
famiglia e sul clan, era molto rudimentale e primitive erano le loro armi:
all'arrivo di nemici particolarmente bellicosi essi preferivano quindi fuggire nel
folto delle foreste o rinchiudersi in fortezze erette in paludi impenetrabili.
Dopo la distruzione (500 a.C.) della civilt� paleo-slava lusaziana ad opera degli
iranici Sciti, gli Slavi furono costretti a lasciare la regione compresa tra
l'Elba, l'Oder, la Vistola e il Bug (ben presto occupata da Celti e Germani) e a
migrare a oriente. Giunti nelle pianure del Dniepr e del Dniestr, essi caddero
dapprima sotto il dominio degli iranici Sarmati Alani, poi dei Goti dei re
Hermanrich e Withimer (350-370 ca.), e, infine, degli Unni (370-453).
Tra il IV e il V secolo, quegli Slavi che non erano riusciti a mettersi al sicuro a
settentrione (nelle odierne "Croazia Bianca", a nord dei Carpazi, e "Serbia
Bianca", tra l'Elba e il Saal) furono dunque costretti a seguire le orde degli Unni
fino alle pianure dell'odierna Ungheria: Prisco, l'ambasciatore bizantino alla
corte di Attila in Pannonia, ricorda difatti il "medos", una bevanda a base di
miele (slav. med), mentre lo storico goto Jordanes definisce con il termine slavo
"strava" la cerimonia funebre celebrata in onore del re degli Unni.
Gli studiosi hanno a lungo dibattuto sull'origine del popolo Avaro: per alcuni, gli
Avari devono essere identificati con i mongoli Jou-jan; altri studiosi li
identificano invece con gli Unni (Hsiung-nu) rifugiatisi presso il lago Balkash
dopo la conquista del loro regno da parte degli Hsien-pi, in una regione nota dalle
fonti cinesi come Yue-pan: questi Unni, detti Eftaliti, sarebbero stati costretti a
fuggire verso occidente per sottrarsi al dominio dei Turchi Tu-chu"e. Gli storici
che propendono per quest'ultima interpretazione, fondano la loro ipotesi sulla base
delle cronache cinesi in cui sono menzionati i Wu-huan (pronuncia *ahwar =Avari) e
i Hsien-pi (pronuncia *sa"bir=Sabiri) e sulla scorta di un passo del bizantino
Teofilatto Simocatte relativo agli Avari e agli pseudo-Avari: gli Unni Eftaliti, �
gli"pseudo-Avari" di Teofilatto- avrebbero quindi imitato gli Avari (Wu-huan)
assumendone anche il loro nome per acquisire la fama e il prestigio di cui questi
godevano tra i popoli delle steppe.
Comunque stiano le cose, risulta che gli Avari, assoggettati gli Unni Onoguri e i
Sabiri (Hsien-pi), si stanziarono dapprima nel Caucaso settentrionale e in seguito
(558), in qualit� di federati di Bisanzio, nell'odierna Dobrugia. Di qui espansero
il loro dominio nel bacino danubiano-carpatico, sottomisero i popoli Slavi e
annientarono i G�pidi della Pannonia con l'aiuto dei Longobardi, da loro costretti
a migrare alla volta dell'Italia (568). Gli Slavi, che gi� agli inizi del VI secolo
avevano perpetrato per proprio conto delle scorrerie ai danni delle citt� dalmate,
macedoni ed epirote, intensificarono dunque i loro saccheggi sotto la guida dei
khagan avari: tra gli esiti di di queste violente incursioni, � delle quali va
ricordata almeno quella effettuata tra il 592 e il 600 in Istria e in Friuli dagli
Sloveni della Carinzia (Carantania) -, si annoverano il completo sradicamento del
cristianesimo dalle regioni dell'antica Illiria e l'interruzione delle
comunicazioni terrestri tra l'Occidente e Bisanzio.
Anche gli Sloveni, insediatisi al principio del VII secolo in prossimit� delle
sponde orientali dell'Adriatico, erano dunque sottoposti al dominio esercitato
dagli Avari attraverso una serie di pres�di, detti rinch, dislocati lungo le vie
che dalla Pannonia portavano alle Alpi Orientali. In cambio della loro
sottomissione, essi poterono per� avvalersi del supporto avaro nelle guerre da loro
sostenute contro i Longobardi e contro i Bavari: sappiamo ad es. che quando gli
Sloveni furono battuti nei pressi di Lienz dal duca bavaro Tassilone il khagan
avaro intervenne al loro fianco.
Dopo aver esteso il loro dominio su vasta parte dell'Europa centro-orientale, gli
Avari, fermati sull'Elba tra il 561 e il 567 dal re franco Chlodwig (Clodoveo),
furono sconfitti dall'imperatore bizantino alle porte di Costantinopoli (626). Dopo
una tale disfatta, la loro egemonia fu insidiata da una serie di ribellioni di cui
furono protagonisti gli Slavi Moravi guidati da Samo (623-659), i Serbi e i Croati,
ai quali l'imperatore d'Oriente Eraclio concesse di stanziarsi nelle loro attuali
sedi in cambio dell'alleanza anti-avarica con Bisanzio. Dal canto loro, sappiamo
che gli Sloveni, guidati dal duca carantano Borut, si ribellarono agli Avari nel
743: la Carantania, riconosciuto il protettorato franco-bavaro, divenne allora il
primo tra gli stati slavi a cristianizzarsi (750 circa). Alla fine gli Avari furono
annientati da Carlo Magno (796), il quale aveva stabilito, nel frattempo, la
propria egemonia in Baviera (788), conquistato il regno longobardo (774) e
annientato i Sassoni (772-804).
Al dominio degli Avari nell'Europa centrale successe quindi quello dei Franchi i
quali inglobarono nella "Marca" del Friuli tanto gli antichi domini bizantini
dell'Istria quanto, � una volta soffocata dall'imperatore Ludwig (Ludovico il Pio)
la rivolta del principe croato Ljudevit (819-822) -, i territori degli Sloveni e
dei Croati. Per il loro appoggio a Ljudevit, gli Sloveni furono puniti in modo
esemplare: i duchi carantani non furono pi� prescelti nella cerchia dei nobili
sloveni e la Carantania fu ben presto assimilata ai ducati tedeschi. Il tentativo
franco di estendere a oriente la propria egemonia conquistando la Dalmazia croata
termin� invece con il grave scacco subito nell'assedio di Tarsatica (Fiume) dalle
truppe del margravio del Friuli Erich. La frantumazione dell'impero franco e la
partizione in quattro della Marca del Friuli consentirono infine ai Bulgari del
khagan Krum, che aveva sconfitto e ucciso l'imperatore bizantino Niceforo (811) (ed
era solito bere nel cranio di questi trasformato in coppa) di dilagare nella
Slavonia.
L'Impero d'Oriente
"Struttura statale romana, cultura greca e religione cristiana sono le fonti
culturali principali dello sviluppo dell'impero bizantino. Se si prescinde da uno
di questi tre elementi, ci si preclude la comprensione della cultura bizantina"
(Ostrogorski, p.25). Bisanzio rappresenta dunque il risultato della vittoria del
cristianesimo, del virtuale trasferimento del centro politico dell'impero romano
nell'Oriente ellenistico e della progressiva simbiosi tra lo Stato e la Chiesa in
un unico organismo politico-religioso.
Dal caos in cui si dibatteva l'Impero d'Occidente emerse quindi come potenza la
Chiesa romana che con papa Leone Magno (440-461) riafferm� il primato spirituale
dell'antica capitale sull'ecumene. Ad Oriente, il dissidio teologico sull'unit� o
la duplicit� della natura di Cristo legittimava il conflitto meramente egemonico
tra la scuola antiochiena del patriarca Nestorio e quella mistica alessandrina del
patriarca Cirillo. L'alleanza tra Roma e Costantinopoli, prima ancora che la
condanna dell'eresia monofisita al concilio di Calcedonia (451), valse dunque ad
eliminare la pericolosa concorrenza di Alessandria e a riconoscere al patriarca di
Bisanzio il primato nella gerarchia ecclesiastica dopo il papa. Una conseguenza
immediata e politicamente nefasta di tale concilio fu l'approfondimento della
frattura tra il centro bizantino e le province orientali (l'Egitto e la Siria) che
rimasero sempre fedeli al monofisismo.
Il capo degli Isauri, Tarasicodissa, alla morte di Leone II, sal� dunque al trono
imperiale con il nome di Zenone (476-491) proprio nell'anno in cui a occidente
l'Impero aveva cessato di esistere e il barbaro Odoacre aveva assunto il potere in
Italia, nominalmente come plenipotenziario dell'imperatore di Bisanzio. Un
ulteriore passo per la definitiva liberazione della parte orientale dell'impero
dalle infiltrazioni germaniche fu compiuto nel 488 quando gli Ostrogoti di Alarico
l'amalo, stanziati nei Balcani, furono convinti a dirigersi verso Occidente per
abbattere Odoacre con cui Bisanzio si era inimicata. La lotta tra Germani termin�
con la vittoria di Teodorico il quale diede vita al regno ostrogoto in Italia
(493).
Nel frattempo, si era ultimata anche l'annessione della parte meridionale della
penisola iberica, sottratta ai Visigoti (554). Le guerre di conquista di
Giustiniano ebbero tuttavia delle conseguenze nefaste nei Balcani e in Oriente: il
re persiano Kushraw I pot� assicurarsi il controllo delle province microasiatiche,
mentre nella penisola balcanica i Bulgari e i loro alleati slavi si spinsero con i
loro saccheggi fino al golfo di Corinto e al mare Egeo. Ai pericoli esterni si
aggiunsero gravi disordini interni: la rivolta di azzurri e verdi coalizzati contro
le misure repressive dell'imperatore, che aveva cercato invano di liberarsi della
loro influenza, fu sfiancata con abili negoziati da Narsete e repressa manu
militari da Belisario.
Costui diede vita, con i resti dei possedimenti bizantini in Occidente, ai due
esarcati di Ravenna e di Cartagine: il sistema delle luogotenenze militari nei
territori imperiali "a rischio" prefigur� per molti versi l'organizzazione
eracliana dei temi. Maurizio fu per� incapace di fronteggiare le incursioni degli
Avari e dei popoli slavi nella penisola balcanica e, in conseguenza dei suoi
insuccessi, fu destituito dai militari e sostituito al potere da un sottufficiale
semibarbaro, Foca (602-610).
Osannato a Roma da Bonifacio III � soprattutto per l'editto con cui riconosceva la
chiesa apostolica di S.Pietro come capo di tutte le chiese-, Foca port� con la sua
politica di terrore (uccisione in massa degli aristocratici, persecuzione dei
monofisiti e dei giudei) l'impero sull'orlo del crollo: cos� mentre i Persiani
avanzavano in oriente fino a Calcedonia (605) e le orde avaro-slave dilagavano nei
Balcani, il figlio dell'esarca di Cartagine, Eraclio, giunto a Bisanzio con una
grande flotta e accolto entusiasticamente dalla popolazione, depose e uccise il
tiranno. "Dalla crisi usc� un'altra Bisanzio, liberata ormai dall'eredit� del
decadente stato tardo-romano, e alimentata da nuove forze. A questo punto ha inizio
la storia bizantina propriamente detta, cio� la storia dell'impero greco
medievale."
Fu dunque compito di Eraclio (610-641) fronteggiare, a nord, le immense orde di
Avari e Slavi e contrastare, ad oriente, le velleit� espansionistiche dei Persiani.
A tale scopo l'imperatore procedette ad una riforma -l'organizzazione dei "temi"-
che rappresent� il fondamento indispensabile per la formazione di un forte esercito
e per la nascita di un assetto amministrativo svincolato dall'eredit� del Tardo
impero romano. Il fulcro della riforma eracliana consisteva nella creazione di
circoscrizioni militari e nel dislocamento dei vari corpi d'armata (temi) in
ciascuna di queste regioni. In cambio dell'obbligo a prestare servizio in forma
permanente ed ereditaria, ai soldati fu attribuit� la propriet� ereditaria di fondi
da cui potevano trarre i mezzi per il proprio sostentamento. Questi fondi furono
conferiti in seguito anche ad una parte dei contadini bizantini -che furono cos�
obbligati al servizio militare- e ad un gran numero di Slavi trapiantati in Asia
Minore sotto i successori di Eraclio.
La riforma comport� quindi una straordinaria riduzione delle spese militari (la
voce pi� rilevante del bilancio passivo dello stato) e incentiv�, al tempo stesso,
lo sviluppo della piccola propriet� contadina a scapito del latifondo. Sul piano
militare, su Costantinopoli incombevano da una parte gli Avari e gli Slavi che,
distrutta Salona (614), la capitale romano-bizantina della Dalmazia, avevano
ridotto in loro potere l'intera penisola balcanica, ad eccezione delle citt� di
Zara, Tra�, Scutari e Lisso; dall'altra i Persiani, che, occupate Damasco, Tarso e
l'Armenia e saccheggiata Gerusalemme (incendio della chiesa del Santo Sepolcro
edificata da Costantino il Grande, furto della pi� preziosa delle reliquie, la
Santa Croce), erano sul punto di conquistare la pi� ricca provincia dell'Impero,
l'Egitto.
Stipulata la pace con gli Arabi, omaggiato dalle ambascerie dei popoli avari e
slavi insediati nei Balcani, Costantino IV si accinse dunque a marciare contro i
Bulgari. Sotto la pressione dei Kazari, questo popolo di stirpe turca minacciava
infatti il confine danubiano. La spedizione di Costantino non solo fu infruttuosa,
ma fin� con aprire la strada ai nemici che penetrarono nell'antica Mesia. I Bulgari
del khan Asparuch sottomisero quindi le genti slave che da tempo si erano insediate
in quell'area e con "grande onta per il popolo romano" imposero a Bisanzio il
pagamento di tributi annui. Nel frattempo gli sviluppi della situazione in Oriente
costrinsero l'imperatore a rivedere la sua politica ecclesiastica: essendo ormai
inutile ogni concessione agli orientali caduti in mano agli Arabi, Costantino IV
rinunci� al monotelismo e convoc� un concilio che elev� di nuovo a dogma la
dottrina delle due energie e delle due volont�.
Il nuovo imperatore dovette intraprendere una difficile guerra con i Bulgari del
khan Tervel, che, con il pretesto di vendicare il loro antico alleato Giustiniano
II, avanzarono fino a Costantinopoli e ne saccheggiarono i sobborghi. Le truppe
bizantine richiamate dall'Asia Minore e dispiegate contro i Bulgari si ribellarono
e Filippico fu deposto e accecato (713).
Il nuovo imperatore, Anastasio II (713-715), ebbe solo il tempo di riorganizzare le
difese di Costantinopoli: i soldati Gotogreci (Ostrogoti grecizzati che abitavano
dal tempo delle invasioni in Asia Minore) imposero sul trono imperiale Teodosio III
il quale fu a sua volta spodestato da Leone III (717-741), l'ex governatore
(stratego) del tema anatolico.
Sotto Leone, la citt� di Costantinopoli resistette ad un nuovo lungo assedio arabo
(717-718): sconfitti dal fuoco greco della flotta bizantina, gli Arabi furono
attaccati anche dai Bulgari e, nel Caucaso e in Armenia, dai Kazari, tradizionali
amici di Bisanzio. Oltre che per le sue doti di capo militare, Leone III si segnal�
anche come amministratore: perfezion� il sistema amministrativo dei temi e pubblic�
nel 726 un libro di diritto, l'Ekloge, in cui erano riportate le pi� importanti
norme in materia di diritto civile e penale e in cui il diritto classico, che pur
sta a fondamento del manuale, viene rivisto e attualizzato.
Sotto il suo regno ebbe inizio la grande controversia sul culto delle immagini, una
polemica in un certo senso preannunciata gi� al tempo di Filippico Bardane il
quale, convinto monotelita, aveva fatto distruggere un dipinto nel palazzo
imperiale rappresentante il concilio che aveva condannato il monoteletismo. Per
comprendere il significato della crisi iconoclastica si deve considerare che nella
Chiesa greca il culto delle immagini aveva raggiunto, nell'et� post-giustinianea,
una tal diffusione da diventare una delle forme principali della religiosit�
bizantina. L'opposizione a questa forma di culto era particolarmente forte nelle
regioni orientali dove non solo continuava ad esistere il monofisismo ma anche
erano pi� sentite le influenze delle religioni ebraica ed araba (nelle quali, com'�
noto, vige il rigoroso divieto delle immagini). Da queste regioni proveniva anche
Leone III, che, come stratego dell'Anatolia, aveva inoltre trascorso molti anni
nell'oriente bizantino. Un forte terremoto che egli consider� come un segno
dell'ira divina contro l'idolatria pagana e la pressione dei vescovi iconoclasti
dell'Asia minore indussero quindi l'imperatore (726) a pronunciarsi pubblicamente
contro il culto delle icone. Dopo una fase di trattative infruttuose con il
patriarca di Costantinopoli e con papa Gregorio II, -che cerc� comunque di evitare
una rottura con l'imperatore, Leone impose nel 730 la distruzione delle immagini di
culto. L'editto iconoclasta segn� la tanto a lungo ritardata rottura tra Roma e
Costantinopoli ed ebbe come conseguenza il sensibile indebolimento delle posizioni
bizantine in Italia.
La fase pi� acuta dell'iconoclastia corrispose al regno del figlio di Leone III,
Costantino V (741-775): la controversia tra gli anticonoclasti (che legittimavano
la rappresentazione di Cristo con il fatto che il figlio di Dio si era incarnato) e
gli iconoclasti -tra i quali l'imperatore- (che sostenevano invece che Cristo, a
causa della sua natura divina, non poteva essere raffigurato) fin� con collegarsi
alla vecchia disputa cristologica sull'unit� o sulla duplicit� della natura del
figlio di Dio. Un sinodo riunitosi a Hieria nel 754 viet� le immagini di culto e le
icone furono dappertutto distrutte e sostituite da dipinti di argomento profano o
raffiguranti l'imperatore. La fiera opposizione del mondo monastico bizantino a
tale risoluzione fu duramente repressa: i monasteri vennero chiusi o trasformati in
caserme, in terme e le loro immense propriet� terriere furono confiscate dalla
corona.
Sul piano politico-militare, Costantino V ottenne delle grandi vittorie sui Bulgari
e sugli Arabi che avevano attaccato l'Impero. Inoltre, la crisi politica che segn�
il passaggio dalla dinastia araba degli Omayyadi a quella degli Abbasidi gli
consent� di passare alla controffensiva in Oriente. Contro i Bulgari, l'imperatore
intraprese invece ben nove spedizioni approfittando dei conflitti tra le masse
slave e la vecchia nobilt� turco-bulgara (Boiari) preoccupata della preservazione
dei propri privilegi.
Intanto, in Italia, Ravenna cadeva in mano dei Longobardi (751): il papa Stefano
II, persa ogni speranza di trovare protezione a Oriente, attravers� dunque le Alpi
e si incontr� a Ponthion con il re dei Franchi Pipino cui chiese aiuto. Come tutta
risposta, l'imperatore sottrasse a Roma l'Illirico e le province grecizzate della
Calabria e della Sicilia e le sottopose al patriarcato di Costantinopoli, sancendo
di fatto la fine dell'universalismo della chiesa cristiana.
Il regno del figlio e successore di Costantino V, Leone IV (775-780), segn� la fine
degli eccessi antimonastici e iconoclasti. La morte precoce dell'imperatore port�
al trono suo figlio Costantino VI, di soli dieci anni. La reggenza fu affidata
ufficialmente alla moglie di Leone IV, Irene, la quale presiedette il concilio
ecumenico di Nicea che condann� nel 786 l'iconoclastia. Gli elementi iconoclasti,
sconfitti ma non domi, si radunarono quindi intorno a Costantino VI, al quale, pur
maggiorenne, Irene non consentiva di regnare. La lunga lotta che oppose madre e
figlio si concluse nel 797, quando l'imperatore fu ucciso a palazzo per ordine
della stessa Irene.
Costei divenne dunque la prima donna che govern� l'impero (797-802) non come
reggente ma come autocrate con il titolo non di basilissa (regina) ma di basileus
(re). L'imperatrice fu a sua volta eliminata da una congiura di palazzo nell'802.
Sulla sua sorte pesarono di certo gli insuccessi militari registrati da Bisanzio
contro Bulgari ed Arabi e la definitiva scissione con Roma conseguente
all'abbattimento e l'annessione del regno longobardo da parte del nuovo re dei
Franchi Carlo Magno. Costui aveva, agli occhi di Roma, adempiuto al compito cui
Bisanzio si era dimostrata incapace. Va ricordato inoltre che il concilio di Nicea,
pur sancendo il ritorno di Bisanzio all'ortodossia, non aveva portato ad una vera
riconciliazione tra le due metropoli. In particolare, le richieste di carattere
politico del papa Adriano I (restituzione dei diritti giurisdizionali del papato
sull'Italia meridionale e sull'Illirico, il diritto di Roma al primato) erano state
ignorate.
Il suo successore papa Leone III ader� quindi senza riserve all'alleanza con i
Franchi e suggell� con una decisione rivoluzionaria la propria condotta politica:
il 25 dicembre dell'800, nella Chiesa di San Pietro a Roma impose a Carlo Magno la
corona imperiale. "La fondazione dell'impero di Carlo Magno ebbe nella sfera
politica la stessa importanza rivoluzionaria che ebbe pi� tardi nella sfera
religiosa lo scisma. Per il mondo di allora era un assioma che potesse esistere un
solo impero, come anche una sola Chiesa cristiana�La divisione tra Oriente e
Occidente che si era andata preparando attraverso un processo secolare, e che era
diventata evidente nell'et� della crisi iconoclastica, si era ormai compiuta anche
nella sfera politica. L'ecumene si divise in due parti diverse dal punto di vista
linguistico, culturale, politico e religioso( Ostrogorski p.168)".