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I Celti sono un popolo europeo meridionale di origine indo-ariana che

emigrò dalla foce del Danubio, nelle fasce dei Balcani e dei Carpazi, verso
ovest alla ricerca di nuove terre da colonizzare.
Fonti sia classiche sia locali hanno tramandato magistrali descrizioni dei
Celti, i quali spiccavano sia per la peculiarità dell'aspetto sia del
comportamento.
In generale sono unanimi nel descriverli alti (come dice Cesare anche più
alti di una testa), robusti, con occhi grigio-azzurri e capelli biondo-rossicci
con spesso presenza di efelidi sulla pelle chiarissima (da qui il nome
Galatoi - chiari come il latte).

Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, V, 28-30


"Alti di statura, con i muscoli guizzanti sotto la pelle chiara; i loro capelli
sono biondi e non solo di natura, perché se li schiariscono anche
artificialmente lavandoli con acqua di gesso e pettinandoli poi all'indietro
sulla fronte e verso l'alto. Taluni si radono la barba, altri ostentano sulle
guance rasate dei grandi baffi che coprono l'intera bocca e fungono da
setaccio durante in pasto, per cui vi restano imprigionati pezzi di cibo e
quando bevono, la bevanda passa attraverso una specie di filtro. Quando
prendono il pasto, sono tutti seduti non su sedie,
ma sulla terra, usando per cuscini le pelli di volpe e di cane .
Si vestono con abiti stravaganti, delle tuniche colorate dove si
manifestano tutti i colori e dei pantaloni che chiamano braghe. Vi
agganciano sopra dei sai rigati di stoffa, a pelo lungo di inverno, e lisci
d’estate, a fitti quadrettini colorati di tutte le gradazioni."
1-c murry hope pg 15/16 ...

L'"incarnato umido e pallido" di Strabone sottolinea la differenza dagli altri


popoli mediterranei. Archeologicamente parlando erano dolicocefali cioè
avevano il cranio allungato eil sangue di gruppo zero.
Li descrivono come bellicosi, biliosi, fortemente emotivi, con
temperamento franco e intraprendente. Fortemente vanitosi e
infantilmente innamorati degli addobbi.

Strabone, Geografia, IV, 4, 5


"Alla franchezza, alla foga si uniscono presso queste genti il difetto di
senso comune, la fanfaronata,il gusto smodato per gli ornamenti: portano
dei gioielli d’oro, catene attorno al collo, anelli attorno
alle braccia e ai polsi e quelli che godono di prerogative onorifiche,
portano abiti di stoffe colorate e ricamate d’oro."

Strabone, Geografia, IV, 14, 2


"Tutta la razza chiamata oggi gallica o galata ha la passione della guerra;
è irascibile, pronta alla battaglia, per il resto semplice e senza malizia…
quando vengono eccitati, quando si vuole, per il primo pretesto venuto, li
si trova pronti a bramare il pericolo, senza avere, per gettarsi nella lotta,
altra cosa che la loro forza e la loro audacia. Se li si prende per la
persuasione, si dedicano facilmente a lavori utili, fino ad applicarsi nella
scienza e nelle lettere. Le loro forze dipendono in parte dalla loro statura
che è grande, in parte dalla loro moltitudine. Se si riuniscono in gran
numero con tanta facilità, questo viene dalla loro semplicità e dalla loro
fierezza personale; per queste qualità si associano sempre
all’indignazione di chiunque sembri loro vittima di un’ingiustizia."

Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, V, 3


"Nella conversazione la parola dei Galli è breve, enigmatica e procede per
allusioni o sottintesi, spesso iperbolici quando si tratta di esaltare se
stesso o sminuire gli altri. Hanno un tono minaccioso, altezzoso, tragico, e
nonostante ciò lo spirito penetrante e non privo di attitudine per le
scienze."

Polibio, Storie
“Direi che non solitamente ma piuttosto sempre, in tutto ciò che
intraprendono, sono spinti a testa bassa dalle passioni e non si
sottomettono mai alle leggi della ragione”

Strabone, Biblioteca Storica, Geografia, libro IV: citando


Artemidoro:
“La seguente è un'altra caratteristica peculiare: si danno da fare per non
diventare pingui e panciuti, e ogni giovane uomo il cui cinto superi la
lunghezza prescritta, è multato”

Cesare, De bello Gallico, IV, 5


"I Galli hanno l’abitudine di fermare i viandanti, anche quando questi non
ne hanno voglia, e di chiedere loro cosa abbiano sentito dire o abbiano
saputo su qualunque argomento; i mercanti vengono circondati sulle
piazze dalla folla e devono raccontare da quali regioni vengono e quali
notizie riportano. Secondo questi racconti essi poi riprendono le loro
decisioni anche per affari importanti ed è inevitabile che prima o poi
abbiano a pentirsene, giacché danno ascolto a incerte
dicerie o risposte falsate per assecondare la loro volontà."

Strabone, Geografia, IV, 4, 5


"Alla franchezza, alla foga si uniscono presso queste genti il difetto di
senso comune, la fanfaronata, il gusto smodato per gli ornamenti: portano
dei gioielli d’oro, catene attorno al collo, anelli attorno
alle braccia e ai polsi e quelli che godono di prerogative onorifiche,
portano abiti di stoffe colorate e ricamate d’oro."

Posidonio, Storie, XXIII


"I Celti talvolta organizzano durante i loro banchetti dei veri duelli.
Sempre armati nelle loro riunioni, si dedicano a dei simulacri di
combattimento e lottano tra di loro a mani nude; arrivano
tuttavia talvolta fino alle ferite, si irritano allora e se qualcuno non li
separa, arrivano ad uccidersi.
Nei tempi antichi quando era servito un cosciotto o un prosciutto, il più
valoroso se ne attribuiva la parte superiore; se un altro desiderava
prenderlo, avveniva tra i due contendenti un combattimento a
morte… Quando i convitati sono numerosi si seggono in circolo mentre il
posto nel mezzo è riservato al personaggio più importante… colui che si
distingue tra tutti per la sua abilità in guerra, per la sua nascita o per le
sue ricchezze. Presso di lui siede il suo ospite e, alternativamente sulle
due ali, tutti gli altri secondo il loro rango. Dietro si tengono i valletti
d’armi che portano lo scudo e di fronte i portatori di lance: seduti in
cerchio come i loro padroni, fanno festa nello stesso tempo. I
servi fanno circolare le bevande in vasi di terracotta o d’argento… i piatti
su cui sono disposte le vettovaglie sono dello stesso genere, talvolta in
bronzo, altre volte in legno e in vimini intrecciato.
La bevanda servita dai ricchi è il vino d’Italia o della regione massaliota: lo
devono puro, o , più raramente, mescolato con un po’ d’acqua; presso
coloro che sono meno abbienti, si usa una bevanda fermentata a base di
frumento e miele; presso il popolo la birra che chiamano korma. Bevono
nella stessa coppa, a sorsi piccoli… ma frequenti."

Diodoro Siculo, Biblioteca, V, 29


Ai nemici caduti, tagliano la testa che attaccano al collo dei loro cavalli;
poi, rimettono ai loro servi le spoglie insanguinate, e portano questi trofei,
lodando gli dei e cantando un inno di vittoria, poi inchiodano alle loro case
queste primizie del bottino, come se avessero abbattuto degli animali
feroci in qualche caccia. Quanto alle teste dei loro nemici più illustri,
impregnate di olio di cedro, le conservano in un cofano e le mostrano agli
stranieri, mentre ciascuno si glorifica per l’importante
somma d’argento che, per tale o tal’altra testa, uno dei suoi avi, suo
padre o lui stesso, non avevano voluto ricevere ricompensa. SI dice che
qualcuno tra loro si vanti di non aver accettato per una di queste teste il
suo peso in oro, mostrando così una grandezza d’animo ammirevole per
dei barbari, poiché non è nobile vendere i trofei del valore…

Arriano, L’Anabasi, I, 4
"I Celti sono di taglia grande e hanno di se stessi una grande opinione…
[Alessandro] domandò ai Celti che cosa temessero di più, nella speranza
che la sua fama si fosse estesa fino nel paese dei Celti o più lontano
ancora e che gli dicessero che era lui che temevano di più al mondo.
Invece la risposta dei Celti fu tutt’altra di quanto sperava. Lontani da
Alessandro, giacché abitavano delle regioni di difficile accesso e vedevano
che Alessandro si indirizzava verso altre mete, essi gli dissero, non
avevano nessun altro timore se non che il cielo cadesse loro sulla testa.
Allora egli li chiamò suoi amici e se li fece alleati, poi li congedò
aggiungendo soltanto che i Celti erano dei gran fanfaroni."

Ammiano Marcellino – da "Storie"


"La maggior parte di loro ha una voce terribile e minacciosa, tanto quando
sono calmi che quando sono adirati. Ma tutti, scrupolosamente, si
mantengono puliti e ben curati, e in quelle zone, soprattutto in Aquitania,
non si vedrà mai un uomo o una donna, anche dei più poveri, vestiti di
stracci o trasandati, come succede altrove."
Sull'abbigliamento abbiamo poche testimonianze dirette poichè
l'ambiente non è favorevole alla conservazione dei materiali deperibili
come la stoffa.

Polibio, Storie, Polibio , Storie, II, 28, 7-8 "Gli Insubri ed i Boi
indossavano dei pantaloni e dei lucenti mantelli, mentre i Gesati avevano
evitato di indossare questi indumenti per orgoglio e fiducia in se stessi,
tanto da rimanere nudi di fronte all'esercito [romano], con indosso
nient'altro che le armi, pensando che così sarebbero risultati più efficienti,
visto che il terreno era coperto di rovi che potevano impigliarsi nei loro
vestiti e impedire l'uso delle loro armi.
Molto terrificanti erano anche l'aspetto e i gesti dei guerrieri celti, nudi
davanti ai Romani, tutti nel vigore fisico della vita, dove i loro capi
apparivano riccamente ornati con torques e bracciali d'oro.
La loro vista lasciò davvero sgomenti i Romani, ma al tempo stesso la
prospettiva di ottenere questi oggetti come bottino, li rese due volte più
forti nella lotta. E quando gli hastati avanzarono, come è consuetudine, e
dai ranghi delle legioni romane cominciarono a lanciare i loro giavellotti in
modo adeguato, i Celti delle retroguardie risultavano ben protetti dai loro
pantaloni e mantelli, ma il fatto che cadessero lontano non era stato
previsto dalle loro prime file, dove erano presenti i guerrieri nudi, i quali si
trovavano così in una situazione molto difficile e indifesa. E poiché gli
scudi dei Galli non proteggevano l'intero corpo, ciò si trasformò in uno
svantaggio, e più erano grossi e più rischiavano di essere colpiti."

Strabone – da "Geografia"
"I Galli indossano il sagus (mantello), si fanno crescere i capelli, e portano
pantaloni stretti; invece del chitone usano tuniche con le maniche,
spaccate ai lati e lunghe fino al pube e al sedere. La lana
con cui intessono i loro pelosi mantelli è ruvida e bioccolosa."

Diodoro Siculo – da "Biblioteca storica"


"Le vesti che indossano sono sgargianti, tuniche tinte e ricamate di diversi
colori e calzoni che chiamano bracae nella loro lingua; e portano un
mantello a strisce, legato da una fibbia alla spalla, pesante per l’inverno e
leggero per l’estate, intessuto di fitti tasselli policromi."

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