Di:
Massimiliano
Visalberghi
Wieselberger
Un brevissimo
saggio che
riporta
l’importanza
della lancia
non solo come
I vera arma
del
combattente
antico, ma
anche come
simbolo rituale
legato
allimperium ed
offcium
attraverso
testimonianze
e fonti antiche
e medievali.
La lancia risulta forse uno tra gli strumenti piu' antichi utilizzati dall'uomo.
Ad uso venatorio, attraverso l'iniziazione della caccia, come prova di coraggio e
"trofeizzazione", giungendo "spontaneamente" all'ambito bellico.
Arma del guerriero antico per antonomasia; attributo delle divinità guerriere:
il pantheon indoeuropeo è ricco di divinità "marziali" armate di lancia: simbolo della
caratteristica bellica ma anche del loro comando, quasi un "imperium".
Da Indra a Lugh; da Marte a Wotan..
Ma la lancia, in mano umana, puo' anche essere rappresentativa del potere divino,
invocandolo, facendosi allo stesso tempo medium e portatrice della volontà di un
popolo..
In questa valenza si puo' ritrovare un rito antico, nato forse assieme all'idea di
"spatium" e possesso.
Legato alla difesa dei propri beni; come al "giusto" depredare di quelli altrui..
Vediamo come:
.
"ge doríktetos":
cosi' viene definito in ambito greco: per il mondo ellenico era il "rito della lancia
scagliata. Un esempio proviene dalla vita di Alessandro Magno:
Il principe macedone, per dar via alla guerra contro la Persia prima di attraversare
l'Ellesponto, scaglia una lancia. Un gesto da intendersi come bellicoso certamente. ma
la guerra, in questo caso, è un'invasione di terre straniere.
E la lancia ne esemplifica il messaggio implicito.
Alexandro III, 211-235 d.C., ritrovato ad Abukir, in Egitto nel 1902. Museo Bode,
Berlino, Germania
Un simile rito lo si trova descritto tra i compiti dei "Fetiales", un collegio sacro di
sacerdoti, nella Roma antica, sin dai tempi di Numa Pompilio, incaricati di
amministrare le "res bellicae" in quello che potremmo definire un proto-diritto
internazionale.
(Livio, I.32.5-14; Dionigi di Alicarnasso II.72.4-9).
Il rito della lancia avveniva in prossimità dii una guerra o per aprirne lo scenario: i
Fetiales scagliano una lancia in territorio nemico per iniziare una conquista.
Colui che la scaglia è il "Pater Patratus" ovvero il
Quindi, nuovamente siamo testimoni del rito della lancia: invocazione ed azione del
lancio.
Da quanto riportato dalle fonti storiche, si deve pero' ad Anco Marzio l'adozione della
“formula della lancia”, tratta dalle tradizioni latine; il rito era appunto una formula
atta a chiedere il risarcimento dei danni, causati da vicini o popoli limitrofi.
Secondo tale usanza il pater patratus si recava presso il confine dell'altro popolo con
un' "hasta sanguinea" e dopo aver recitato la formula di dichiarazione bellica, la
scagliava nel territorio nemico.
( "hasta sanguine infecta" Ammiano Marcellino, XIX, 1; "doro aimatodès" Dione
Cassio, LXXI, 33)
Affresco proveniente dalla cosiddetta Tomba dei Fabii – Musei Capitolini, Centrale
Montemartini
Nell'Urbe Condita, invece T. Livio fa menzione della lancia usata come
Il rito pero' poteva essere anche espletato da un capo; o tramite di lui; cosi'
nell'Eneide, Turno, re dei Rutuli, da' inizio alla guerra (Servio Aeneide, IX.52).
statuetta di capo o
sacerdote; bronzetto
dal santuario di Este,
Padova, V-IV a.C
Ma abbiamo anche
esempio di un dux
(Varrone, Logistorici
fr. 2 Semi).
Statere
(aureo del
giuramento)D Testa laureata gianiforme dei Dioscuri. R Scena del giuramento Au Ø
14-15 g. 3,35-3,88 225-212 a.C
In questo rito, si puo' ben vedere non solo un gesto preventivo originario, atto cioè, a
prevenire un conflitto, cercando soluzione attraverso una risposta da parte dei
colpevoli; ma anche un gesto propiziatorio: verso un bene altrui che si è legittimati a
prendere.
Al cospetto degli Dei. La lancia diviene "metafora mediatica": la lancia vista come
"simulacrum divinum".
In esso possiamo leggervi una "giustificazione dell'atto", attraverso l'invocazione e
benedizione divina.
Di un simile rito ne troviamo traccia anche presso altri rami della cultura indoeuropea.
Come testimoniato dal "Lebar Gabala Erenn", il Libro delle Invasioni di Irlanda.
Lo scenario qui presentato fa riferimento all'invasione del popolo di Mìl, i cosiddetti
Milesiani.
Amergin mac Míled, figlio di Míl Espáine ricopriva il ruolo di druido, bardo e giudice
dei Milesiani.
Guidati dagli otto figli di Míl, dall'Hiberia, loro terra natìa, giungono in Irlanda per
vendicare l'assassinio di Ith, ucciso a tradimento dai tre re dei Túatha Dé Danann.
Amergin, prima di iniziare la conquista dell'isola di Erin/Irlanda, intona un canto,
un'invocazione di guerra; e scaglia una lancia:
Viene spontaneo un nesso con la figura di Olìndikos, capo celtibero a capo della
rivolta del 143 a.C., e la sua famosa lancia d'argento, di cui Floro ci parla:
«Fuiste et cum ómnibus celtiberis, nisi dux illius motus initio belli vi oppresus
esset, summus vir asta et audacia, si processisset, Olyndicus, qui hastam argenteam
quatiens quasi caelo misma vaticinanti similis omnium in se mentes converterat"
(Floro, Epitomae, I. 33. 3)
Olindikos, o Olonikos, anche in questo caso, non è solo un capo: ma assume appunto
delle sfumature profetiche, avvicinabili ad una figura di capo-sacerdote, cosi' caro
all'arcaica tradizione indoeuropea.
Inoltre la " hasta argentea" nella sua valenza di oggetto sacro, ci riporta a due figure:
Nell'epica al re/dio Nuada/Nodens, "Airgetlám" ovvero: braccio d'argento.
Secondo alcune tradizioni, la lancia impugnata da Lugh venne da lui donata al nuovo
re dei Tuatha de Danaan.
il "purus" fu interpretato come una prova che originariamente la punta di lancia non
aveva ferro e solo in seguito venne usato questo metallo.
Per poi passare ad uso decorativo; ma anche donativo: l'hasta pura era data come dona
militaria in caso di azioni valorose.
le antiche fonti letterarie menzionano hasta pura argentea e hastae aureate come
decorazioni assegnate secondo i ranghi militari. Altri studiosi
suggeriscono di guardare all'aspetto rituale della lancia come un'arma simbolica e non
uno strumento di combattimento.
Od invece, per aver salvato un concittadino, ome nel caso del miles Rufus Helvius
( Tacito, Annales III, 3).
esempi di cuspidi di hastae per beneficiarius, ritrovati a Carnuntum, Austria, I-II d.C
Una sacralità che ricompare nelle tradizioni nordiche, dove nuovamente si puo'
ritrovare l'hasta infiammata, come messggio di guerra.
Dettaglio da laminata
lavorata a sbalzo da
elmo scandinavo;
Periodo Vendel, VII d.C
Un altro riferimento lo abbiamo in Saxo Gramático nel capitolo X della sua Gesta
Danorum, riferito all'imperatore Ottone:
"quando non ebbe successo nell' invadere la Scandinavia, scagliò la sua lancia
contro il Mare del Nord, in quello che sembrava essere un tentativo di sollecita
maledizione contro i suoi nemici"
«Otho Caesar Jutiam, utptoe regio ductu vacuam nullo resistente permensus, cum
Lymici sinus objetu, tunc temporis Wendalam aquis claudentis, ulterius excurrere
vetaretur, conjecta in undas lancea non solum iter ad Eydoram
reflexit, verum et simillimum fugae reditum habuit, siquidem
hastam, cujus usum habebat, maritimos in fluctus, relinquendi
monumenti gratia jacultatus, suum freto vocabulum indidit»
(Saxo Grammmaticus, X. 128).
Il rito della lancia scagliata si ritrova ancora, come prassi che ricorda molto da vicino
la sua funzione originaria:
Una versione di questo rito trasmessa da Olaus Magnus nella sua storia sulle Genti del
Nord, illustra un'altra variante del rituale:
Da ricordare che l’asta della lancia si puo’ mettere in relazione ai sacri bastoni runici
“run-stafir” che divengno intermediari del verbo divino.
Detta
glio
dell’asta di lancia con iscrizioni runiche da Kragehul sud di Fyn, periodo sassone-
scandinavo
Cuspide di lancia di periodo Vendel, da Vendel XII, Svezia, VII d.C
E similmente in Scozia:
Quando un nobile scozzese era stato leso nei suoi beni da un altro o che sarebbe stato
vittima di un'invasione del suo territorio, agiva come quanto segue: prendeva una
specie di lancia e poneva la punta nel fuoco per qualche istante, immediatamente
spegnendone la fiamma nel sangue di un animale, di solito un ariete, che era stato
sacrificato prima a tale scopo.
Quindi consegnava questa lancia, chiamata "cramtàir" o "cranntàraidh", ad un
messaggero; questi doveva consegnarla nel primo villaggio che trovava, come segno
che la guerra era stata dichiarata; chi riceveva questa lancia messaggera, a sua volta
doveva portarla in un'altra città: cosi' le notizie vengono successivamente trasmesse su
tutto il territorio.
(D.R.A. I 226-227)
Bibliografia:
Bayet, J, 1935: “Le rite du fécial et cornuiller magique” Mélanges de l'école française
de Rome Année 1935, n. 52 pp. 29-76
Cary, M., Nock, A. D, 1927: “Magic Spears” Class. Quar. 21, 3/4 1927, 122-127
García Teijeiro, M. 1999. El hombre de la lanza de plata. In M.A. Alonso Ávila and A.
Montenegro Duque (eds), Homenaje al profesor Montenegro. Estudios de Historia
Antigua. Universidad de Valladolid.
Maxfield, V., 1981: The military decorations of the Roman Army (Berkeley:
University of California Press)