archetipo della comprensione della religione celtica da parte di un greco.
Prendendo in esame questi due frammenti di strabone, sui galli e il significato
delle loro parole.
1) Strabone, Geographica IV, 4, 197,4
"Tra le genti galliche, ci sono tre categorie di persone che vengono onorate in modo particolare: i bardi, i vati e i druidi. I bardi sono cantori e poeti; i vati sono divinatori e filosofi della natura; mentre i druidi studiano contemporaneamente la filosofia della natura e quella morale. I druidi sono considerati i pi� giusti fra gli uomini e per questa ragione si ricorre a loro sia per dispute private, sia per problemi della comunit�. Anticamente, arbitravano persino i casi di guerra, e facevano fermare i contendenti quando gi� stavano per ingaggiare battaglia. Si occupavano in particolar caso di omicidio, che venivano portati di fronte a loro per essere giudicati. Inoltre, quando vi � abbondanza di questi casi [di criminali da offrire in sacrificio] pensano vi sar� anche abbondanza della terra. Comunque non solo i druidi, ma anche altri, ritengono che le anime degli uomini, e l�universo, siano incorruttibili, sebbene il fuoco e l�acqua prevarranno prima o poi su di loro."
(STRAB, VII, 3, 8).
"Dice Tolomeo Lagide che in questa spedizione si unirono ad Alessandro i Celti della zona di Adria, per rapporti di amicizia e ospitalit�. Il re li accolse benevolmente e durante una bevuta gli chiese dui cosa avessero particolarmente timore, pensando che avrebbero detto di lui. Ma quelli risposero che non avevano timore di nulla, se non che il cielo gli cadesse addosso�
Ora, posso rispondere.Punto primo : � bene ricordare che la fonte da te riportata �
un Greco. il suo sguardo, come la sua mentalit�, non compenetreranno mai veramente, la mistica "quotidiana" di un Celta. Ne' ci tengono veramente a comprenderla. E quando ci provano, non fanno altro che applicare un contorto protagorico..filtr: o "il Greco � la misura della realt� conosciuta, e di quella non conosciuta" Per cui, � sempre da prendere con le pinze, e soppesare quanto egli dice degli "xenoi barbaroi".Cio' che � "altero", verr� settato nelle categorie conosciute del Greco. Lo stesso, in parte, si puo' dire del Romano. Ora, tenendo a mente questo: 1) Per un Greco, la dottrina dell'immortalit� dell'anima, e della mistica ad esso correlata,doveva apparire come una pitagorica metempsicosi. Diodoro Siculo, (Historiae V, 28, 6) menziona tale principio come proveniente da studi pitagorici. Come Cesare (De bello gallico VI,14). Idem fara' Ammiano Marcellino (Rerum Gestarum XV, 9, 8).Se non crediamo poi che Zalmoxis fosse servo di Pitagora, ed avesse lui per primo diffuso tra triballi, traci e celti, le dottrine del suo padrone (IPPOLITO, Philosophumena I, XXV) o che anacronisticamente, Pitagora stesso le avesse apprese dai Galati ( CLEMENTE ALESSANDRINO, Stremata I, XV, 70, 1).La dottrina pitagorica, in ogni caso,era strutturata sul concetto di relazione tra "armonia e disarmonia" nell'essere umano. Un binomio dicotomico, che metteva a confronto la disarmonia del micro-cosmo umano, con l'ordine dell'armonia delle sfere celesti: ovvero, il macro-cosmo. Tale armonia, era raggiungibile dall'uomo mediante disciplina (anche fisica) e conoscenza. In quest'ottica, la dottrina diveniva fondamento di una casta, esoterica. ed elitaria. In tale prospettiva, si possono trovare enormi parallelismi con il passo, da Strabone, sulla casta sacerdotale/giudiziaria/culturale celtica. (Geographia, IV, 4, 5)Oltre che da quanto sootteso nelle parole di Cesare .(De bello gallico VI,14). Ma anche sul principio dei due opposti, che si confrontano, in cui uno prevale sull'altro. disarmonia umana, armonia celeste L'ordine prevale attraverso l'armonia; il disordine prolifera invece,nella disarmonia. Valutando inoltre, che per la dotrtina pitagorica, il centro di tale ordine cosmico, � una sfera infuocata, formata dalla stessa materia, da cui tutte le anime sono costituite. Ed a cui l'anima tende, a voler ritornare.Lucano ne fa' menzione, quando definisce che secondo i Celti lo spirito governa il corpo da un altro mondo, e le anime, dopo la morte, non discendono negli inferi ( LUCANO, Farsalia I, 450-58)., l'anima, spirito armonioso,riflesso e parte del fuoco cosmico, � imprigionata , e costretta a traslare, da corpo a corpo, da elemento ad elemento, fino a raggiungere una micro- armonia, catartica, che la ponga in sintonia con l'armonia macrocosmica. In tutto questo, si puo' comprendere come il fuoco abbia una predominante figura. Anche come elemento purificatore, nella morte, cosi' da permettere all'anima di distaccarsi. Se ha vissuto in armonia, ritorner� al fuoco primigeno, altrimenti continuer� il suo percorso ciclico. E che tale carattere abbia anche la sua controparte: l'acqua.Vista come il mutevole e sconosciuto divenire, principio presocratico, "arch�" (Talete) assimilato dai Pitagorici, In questo, la frase citata da Strabone, assume una connotazione, non di fine "drastica", ek-pirotica, bensi' di raggiungimento, o di continuit�. Sebbene, non sia provato che la reincarnazione attribuita alle credenze druidiche, fosse equivalente alla metempsicosi pitagorica. Inoltre, la conoscenza dell'equilibrio, avviene attraverso la comprensione della sfera celeste. mediante calcoli del movimento stellare, mediante la previsione dei suoi mutamenti, ed attraverso la preveggenza. Non � un mistero, che i pitagorici facessero uso di pratiche vaticinatorie, e dessero importanza agli oracoli. Altri elementi riscontrabili nella religione celtica, e detenuti dalla "settaria" casta sacerdotale. La divinazione, come lo studio astronomico del cielo.Vari autori classici le menzionano entrambe , riferendole alle conoscenze druidiche (Cesare,De bello gallico VI,14; Diodoro Siculo, Historiae V, 31, 2-5; Cicerone ne parla, citando Diviziaco: De Divinatione I, XLI, 90). Per i Pitagorici tra l'altro vi erano dei precetti dogmatici, quasi superstiziosi, da seguire. Quasi dei "geasa" citati nei testi irlandesi. Popper li defini' dei "caratteri tribali", quasi a considerarne la valenza funzionale sciamanica, simile alla funzionalit� della superstizione magica, nelle comunit� a carattere tribale.( K.Popper, 1945, La societ� aperta e i suoi nemici). Di importanza fondaemntale per l'ordine interno sociale (Frazer, 1909 ,l'avvocato del diavol)o. Ironico che il significato invece, di tribalismo, possa essere inteso come chiusura culturale di stampo etnocentrico, propria di civilt� e pensieri quali quella greca e romana, nei confronti del "barbaro" Diverso, imperfetto, quasi il "non-essere" parmenideo.. 2) Avendo illustrato l'importanza del cielo quale fonte cosmica , si puo' osservare, in quest'ottica, anche il mistero che il celta (non il sacerdote istruito), provava nei confronti del cielo. Una dimensione sconosciuta, che lo sovrastava. Che inviava segni e portenti da comprendere. Che impregnava la sua vita quoridiana.. la sua fine avrebbe significato il termine della sua anima. E' un fatto che i giuramenti venivano rivolti al cielo,(Bres e Lugh, nella seconda battaglia di Mag Tuireadhd, Lebor Gabala Ereinnh), come le maledizioni (Tacito, Annales XIV, 30).Ora, giurare al cielo, come ad altri elementi naturali, aveva il compito di suggellare e concretizzare il significatto delle parole, chiamando a testimonianza l'elemento stesso. Nel caso del famoso incontro tra la delegazione gallica, proveniente dall'Adriatico, o da Adria (M.Sasel Kos, 1997) o dalle coste del mare Jonio (come riferisce Arriano), questo attribuiva un valore quasi legale all'amicizia stipulata con Alessandro Magno ( STRAB, VII, 3, 8, citando Teopompo; Arriano, I, 4,8). A meno che beffardamente, I galli non volessero sminuire la arrogante aspettativa del macedone nel dare per scontata la propria grandezza, come l'oggetto della maggiore paura di quei "barbari". Se non entrambe... In tutto questo confronto, comunque, tendo a mantenenre una tentata oggettivit�. Ovvero, vedo molti parallelismi, ma non uguaglianze. una dottrina religiosa e filosofica puo' avere molte affinit�, con un'altra, magari per trasmissione diretta od indiretta. ma la funzionalit� degli elementi assimilati, non deve per forza essere la stessa. In quanto la plausibilit� e la custodia di un filologico sapere, che si evolve e si arricchisce, non presume la distruzione completa dell' habitus/religio pre-esistente.Questo vale sia per le catatteristiche della dottrina pitagorica nei confronti della religione druidica; sia per possibili e/o eventuali contaminazioni/compenetrazioni di credenze e patrimonio mitologico di stampo germanico. ma che appunto varranno in base alla funzione e ruolo a loro attribuiti dadella cultura che li assimila.