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Il territorio degli Istri

La penisola istriana deve il suo nome proprio agli Istri, che la abitarono nell'et del ferro. Ci sono
pervenuti diversi frammenti scritti da autori antichi ( i primi risalgono al VI sec. a. C.) in cui si parla
del popolo degli Istri e dell'Istria. In merito la notizia pi remota viene tramandata da Ecateo di
Mileto che nella sua Periegesi cita gli Istri come abitanti nel Golfo Ionico, com'era all'epoca
chiamato l'Adriatico.
Geograficamente parlando la penisola istriana chiusa a est dall'insenatura di Preluca, a nord dal
massiccio della Cicceria e a ovest dalla baia di Muggia. Tuttavia lo spazio etnico degli Istri non si
estendeva su tutta la penisola. In base alle nostre attuali conoscenze il loro territorio era delimitato a
occidente dal fiume Risano, a nord e a nord-est dal massiccio della Cicceria e dai versanti del
Monte Maggiore e a oriente dal fiume Arsa, che rappresentava anche il confine etnico con i
Liburni . possibile, naturalmente, che i confini venissero spostati a seconda delle conquiste e delle
spedizioni istriche all'esterno dello spazio etnico cos designato. Il confine che abbiamo indicato
come etnico coincide con quello dell'Istria tolemaica, ovvero con il confine amministrativo
dell'Istria imperiale romana, che tra il 18 e il 12 a. C. venne incorporata nella X regio italica assieme
al Veneto.

Gli Istri in Istria


La comparsa degli Istri in quest'area si fa risalire ai grandi cambiamenti succedutisi durante il XII
sec. a. C. Secondo quanto ne sappiamo, in quell'epoca gli abitanti autoctoni dell'Istria, fondatori dei
castellieri, gli insediamenti fortificati dell'et del bronzo, improvvisamente scomparvero. Se in
parecchi castellieri la vita si spense completamente, in molti altri persistette; e si suppone inoltre
che nuovi insediamenti dello stesso tipo sorgessero. Il cambiamento pi grande, e il pi conclamato,
che invest la maggior parte della penisola, fu un nuovo modo di seppellire i defunti.
Infatti, alle inumazioni dell'et del bronzo subentr ad un tratto il rito dell'incinerazione -la

cremazione - dei defunti-, rito divenuto esclusivo durante tutto il millennio avanti Cristo, tant' che
il tratto che distingue gli abitati a castelliere degli Istri - quelli che conosciamo al momento - sono
proprio le necropoli a incinerazione. Di regola si trovano nelle immediate vicinanze dei castellieri ,
o perfino all'interno delle mura di pietra che li cingono. Per ora conosciamo le ubicazioni di sole 29
necropoli a incinerazione dell'et del ferro, delle quali solamente una minima parte stata
dissotterrata.
La genesi della cultura istrica
Nel periodo del bronzo recente (XIII-XII sec. a C.) la maggior parte dell'Europa centrale venne
interessata dalla cultura dei campi di urne (Fig. 4): l'area suddetta si trov unita, oltre che dal rito
della cremazione dei defunti, dagli stessi modi di esprimersi, foggiare e decorare le ceramiche e in
genere gli oggetti d'uso, diffusi tramite i contatti commerciali anche a grandi distanze. I portatori
della cultura dei campi di urne, la cui appartenenza etnica rimane imprecisata, penetrarono nello
spazio istriano dal territorio dell'odierna Croazia nord-occidentale e da quello a nord delle Alpi,
durante il XII sec. a C., contemporaneamente alla cessazione della vita nei castellieri del Bronzo e
alla comparsa delle prime sepolture in urne nelle necropoli pi importanti, quali Nesazio,
Castelliere di Leme, Pizzughi, Pola. Nelle aree dianzi dette questo tipo di sepoltura si pu seguire
ininterrottamente fino ai primi scontri con i Romani. Ci significa che i portatori della cultura dei
campi di urne furono anche coloro che determinarono in maniera decisiva la cultura che poi si
svilupp durante tutto il primo millennio avanti Cristo e che possiamo identificare con gli Istri.
Certamente, nel contesto, un ruolo significativo spett pure all'ingrediente autoctono dell'et del
bronzo, che si riconosce in alcune forme ceramiche e nei dettagli delle architetture tombali.
Dunque, la maggior parte dei dati che conosciamo sugli Istri, la loro cultura, i contatti che
mantenevano con le regioni contermini o pi distanti, l'ordinamento sociale, la religione e via
dicendo, ci sono stati forniti dagli oggetti scoperti nelle loro necropoli.
Gli insediamenti e la vita quotidiana

Durante l'et del bronzo sorsero in Istria numerosi abitati a castelliere, protetti da mura a secco.
Oggi conosciamo l'ubicazione di circa 330. Di 29 castellieri, accanto ai quali sono state
documentate necropoli a incinerazione, sappiamo con certezza che furono abitati durante l'et del
ferro; a questi vanno aggiunti alcuni altri dove sono stati trovati in superficie frammenti di ceramica
del Ferro importata. A causare la fine della vita in molti dei castellieri dell'et del bronzo fu la

penetrazione dei portatori della cultura dei campi di urne, che identifichiamo con gli Istri; in altri
per la vita prosegu e altri ancora, come si suppone, furono fondati in seguito. I castellieri del
Bronzo, e quelli in cui la vita continu durante l'et del ferro, venivano organizzati in posizioni
strategiche scelte, protette da massicce mura a secco, a loro volta adattate alle condizioni naturali
del terreno. Erano situati in cima a colli conici cinti da corone circolari di mura (Fig. 6), su spianate
aggettanti sulle valli o nei pressi della costa marina, dove le mura venivano innalzate solo nei punti
pi facilmente accessibili. Nelle zone pianeggianti venivano scelte posizioni circondate da doline,
che cos entravano a far parte del sistema difensivo.
Le pietre per la costruzione delle mura si ottenevano sul posto con le operazioni di appianamento
delle cime dei colli, che servivano per costruirvi le abitazioni, e di terrazzamento delle pendici. Le
case dell'et del bronzo avevano fondamenta rettangolari di pietra, mentre il resto era probabilmente
fatto di arbusti impastati a terra. I tetti potevano essere ricoperti da canne, assicelle o da sottili lastre
litiche. Sono dettagli appresi grazie alle esplorazioni effettuate nelle abitazioni del castelliere di
Moncodogno nel Rovignese, risalente all'et del bronzo, dove la vita si spense nel XII sec. a. C.,
proprio all'epoca della penetrazione dei portatori della cultura dei campi di urne. Le case del Ferro
in Istria sono rimaste sconosciute fino ai recenti scavi in territorio polese: nel 2007 lungo le
fondamenta dell'edificio del Museo archeologico dell'Istria e nel 2009 nella zona del rione di S.
Teodoro. Accanto alle fondamenta del Museo stata esplorata parte di un'abitazione costruita su
roccia madre spianata col scalpello, il cui pavimento era ricoperto da uno strato di terra battuta e
livellata. Nel suo muro di pietra era stata murata una piccola fornace, fabbricata con argilla
contenente diversi ingredienti organici, in cui si cucinava e attorno alla quale sono stati raccolti una
moltitudine di resti di cibo (di animali domestici, pi raramente di selvaggina, tanti pesci,
conchiglie e chiocciole). Nella cenere all'interno della fornace c'erano una ventina di minuscoli
recipienti di terracotta, con due sottopentole. A quanto sembra gli inquilini di quell'abitazione si
occupavano di ceramica, di tessitura, fabbricavano reti da pesca, cacciavano e pescavano e
lavoravano la terra, perch accanto alle varie forme ceramiche usate per la preparazione e la
conservazione del cibo (pentole, vassoi, campane, e simili), sono stati trovati arnesi e l'occorrente
per le suddette attivit. La casa, che stata datata al IX/VIII sec. a. C., venne distrutta dalle fiamme,
ma subito dopo ne venne costruita un'altra sopra, di cui sono state esplorate in parte due mura
fondanti, con un alto pithos al posto della precedente fornace. Di solito nelle abitazioni dell'et del
ferro c'erano focolari con fuochi aperti simili a quello trovato nel rione di S. Teodoro (IV sec. a. C.),
accessoriati con varie forme di alari e tripodi, per conservarvi le braci e poggiarvi i recipienti o gli
spiedi durante la cottura del cibo. Gli alari erano talvolta decorati con teste di montone apotropaiche
per proteggere la casa e la salute dei suoi abitanti.
L'attivit principale degli Istri era l'allevamento del bestiame, seguito da agricoltura, caccia e pesca.
Ma praticavano pure diversi mestieri.
Da Nesazio proviene una fornace ricostruita, usata per la cottura delle ceramiche.
Gli ossi e i corni servivano per fabbricare strumenti e parti di monili.
Era praticata la tessitura, come dimostrano i corredi funebri nelle tombe femminili, nei quali
figurano fusarole per conocchie, rocchetti per avvolgervi i fili, pesi per i telai, pettini per compattare
i fili del tessuto e via dicendo.
Gli Istri lavoravano anche il metallo: fabbricavano nuovi oggetti fondendo il metallo in appositi
stampi (matrici) e poi battendolo e assai spesso riparavano il prezioso vasellame di bronzo
racconciandolo con latta e ribattini. Nella zona di Tivoli, a nord di Pola, stato scoperto un
ripostiglio di armi danneggiate che poteva appartenere ad un artigiano ambulante. Conteneva alcune
lance di bronzo rovinate, parte di un'ascia e numerose lance di ferro, un pezzo di machaira e simili,
che si potevano riusare per ricavarne nuovi attrezzi o armi. Veniva racconciata anche la lussuosa
ceramica dipinta e per farlo si usavano grappe di stagno o di piombo come pure sottili fettucce di
bronzo.
Gli Istri erano molto abili nella lavorazione della pietra, che veniva usata per la costruzione di
villaggi e necropoli, e i cui esiti pi alti sono attestati dalle sculture e dai rilievi geometrici sulle
lapidi e are di Nesazio.

La posizione geografica dell'Istria, situata allo sbocco di una delle vie commerciali marittime, o al
suo inizio, o viceversa, tra il continente e il Mediterraneo, ha predestinato la vocazione marittima e
commerciale intermediaria degli Istri. L'Istria era toccata dalle vie dell'ambra e dello stagno, da cui
gli appellativi di Isole dell'Ambra e dello Stagno agli arcipelaghi nelle sue vicinanze. Gli scrittori
antichi, e Plinio il Vecchio in particolare, apprezzavano le sue ostriche, la grezza lana di pecora e il
legno di acero, che probabilmente venivano scambiati anche nelle epoche precedenti. Gli stessi
scrittori attestano l'abilit istrica nella costruzione di barche cucite (le serillae o seriliae) e le loro
imprese piratesche, assieme ai Liburni, lungo l'Adriatico. Ne sono prova i tanti oggetti provenienti
da oltremare di cui erano dotate le tombe degli Istri pi facoltosi. Durante l'et del ferro la pirateria
era un'attivit del tutto legittima, legata ai commerci, e probabilmente anche al controllo del settore
adriatico circostante le sponde istriane. In questo senso assume un particolare valore la
raffigurazione di una battaglia navale su una situla di Nesazio, in cui un avvenimento successo in
mare, importante per il proprietario della situla, illustrato in maniera realistica. Forse egli stesso
aveva partecipato a quello scontro o addirittura era l'armatore della nave raffigurata.

Le necropoli degli Istri

Le necropoli a incinerazione erano ubicate lungo le principali vie d'accesso o presso le entrate negli
insediamenti (Pizzughi, Castelvenere presso Buie), spesso anche all'interno delle mura (Nesazio, S.
Martino presso Torre, S. Martino sopra Leme, Pola). La cremazione dei defunti avveniva in luoghi
appositi, negli ustrini (Castelliere di Leme, Nesazio, Vermo), situati nei pressi delle tombe o perfino
sul luogo stesso della sepoltura (Pola, Nesazio). Una volta arsi, i resti mortali venivano
accuratamente raccolti fra la cenere e, assieme a pezzi di monili o di indumenti, depositati nelle
urne funerarie. Dipendentemente dallo status sociale del defunto, spesso venivano dotati di
particolari accessori, di solito appositamente rotti o deformati.
Un'informazione di notevole importanza scaturita dall'analisi osteologica dei resti trovati nella
necropoli di Castelvenere presso Buie, dove stato appurato per la prima volta che una stessa urna
era stata usata per la sepoltura di pi persone. Non sappiamo ancora se si tratt di sepolture
contemporanee o successive.
Le architettture tombali si ripetono e di regola dipendono dalle condizioni del terreno. Cos , per
quel che riguarda le urne o semplicemente le ossa bruciate, i casi possono essere i seguenti:
1) possono essere depositate direttamente nella terra e ricoperte di pietre;
2) vengono deposte in una semplice buca scavata nella terra o scavata nella roccia, e le urne
vengono immobilizzate e ricoperte da lastre litiche;
3) vengono messe in una piccola cassettina formata da lastre di calcare: questa una delle strutture
tombali pi frequenti;
4) sono calate in tombe di dimensioni maggiori, formate da lastre di pietra pi grandi, circondate da
muri e ricoperte da lapidi pi grandi; sono rare ma particolarmente significative, e i loro eccezionali
corredi funerari di solito servono a enfatizzare lo status del defunto.
Le suddette strutture tombali spesso contenevano pi urne e rappresentavano quindi delle tombe
familiari.
stato osservato che tombe e sepolcri erano alle volte disposti in raggruppamenti, come pure che le
necropoli venivano lottizzate in parcelle minori, associabili a particolari a comunit, stirpi o
famiglie.
Molto rari risultano invece i ritrovamenti in superficie di segnacoli indicanti singole tombe.
Per quanto attiene alla fisionomia delle necropoli a incinerazione del Ferro viene perpetuata la
tradizione precedente, quella dell'et del bronzo. Ad esempio, anche le necropoli del Bronzo, come
Monte Ursino o Castellier ( Gradina) a Brioni Maggiore, erano situate accanto alle mura del
castelliere o alla sua entrata, ed erano suddivise in piccoli lotti sepolcrali separati da muri; nelle
tombe a cassettina, formate da lastre, compaiono spesso pi sepolture successive. Inoltre, le tombe
del Bronzo hanno il fondo cosparso da uno strato di minuscola ghiaia oppure sono riempite di

pietrisco, cosa che si riscontra spesso anche nelle tombe dell'et del ferro.
Nelle aree delle necropoli avvenivano particolari riti o cerimonie sacrificali. Ne rimangono tracce
significative negli strati di bruciaticcio che contengono in gran numero resti di ossi animali spezzati
e arsi e frammenti in quantit di recipienti ceramici di varie forme. Ai rituali funebri di solito si
associano i ritrovamenti di lastre di pietra in cui sono scavate delle coppelle, che venivano forse
usate per le libagioni ossia per l'offerta sacrificale di liquidi.

La cultura degli Istri attraverso il tempo

I fondamenti della cultura spirituale dell'et del ferro istriana sono le propaggini della cultura dei
campi di urne. Per datare l'inizio della comparsa delle tombe a incinerazione stata determinante la
modesta tomba n.ro 19 di Castelliere di Leme, nella cui piccola urna dal caratteristico decoro c'era
uno spillone di bronzo del tipo Fontanella Mantovana che nell'area del nord Italia, dove si incontra
pi spesso, si fa risalire al periodo compreso tra il XIII-XII e l'XI sec. a. C.
Sul substrato figurativo risalente alla media et del bronzo si svilupp dal XII al X sec. a. C. in poi
un nuovo modo di decorare la ceramica. I motivi noti in precedenza, come le bugnette, e adesso
anche scanalature concentriche, trattini incisi e puntini impressi, compaiono su recipienti a forma di
tazza con alta ansa, usati come urne funerarie. Ben presto fa la sua apparizione anche la
caratteristica scanalatura leggermente obliqua su recipienti della stessa forma.
Le pi diffuse forme di monili in quel periodo in Istria compaiono anche in un'area assai pi vasta,
che va dalla Polonia a nord fino ai territori meridionali della costa occidentale adriatica. Sono i
tipici braccialetti a sezione C o V, quelli spiraliformi a sezione triangolare, bracciali a costolature
orizzontali, torques multiple, minuscole perline ossee, pendagli spiraliformi a occhiali, bottoni
decorativi di bronzo, le prime perle di pasta vitrea e simili.
Di armi o attrezzi se ne conoscono pochi. Nelle tombe di Nesazio, Pola e Vermo sono state
rinvenute delle spade corte a base triangolare in cui veniva incassata l'impugnatura. Alcune asce di
bronzo ad alette sono state scoperte in un ripostiglio a Monte Maest; in questo contesto un
ritrovamento significativo l'ascia di ferro con manette scoperta a Peina presso Gradina a
Promontore, che rappresenta il manufatto di ferro pi antico dell'Istria. Pu essere datato al
passaggio dall'XI al X sec. a. C.
Forme completamente nuove di urne funerarie e nuovi metodi decorativi compaiono durante il IX e
VIII sec. a C. Tra i decori geometrici continui, che sono prevalenti e che, secondo il gusto
protogeometrico e geometrico greco, coprono la maggior parte dei corpi e delle imboccature delle
urne a forma di boccale panciuto, si inseriscono sequenze di uccelli palustri stilizzati. La
decorazione viene eseguita a falsa cordicella a impresso, a incisione e con incrostazioni di colore
bianco, ma anche con lamine zincate; oppure pu essere dipinta. Le forme dei contenitori e i motivi
ornamentali arrivano adesso in Istria come un'onda di ritorno della cultura dei campi di urne
formatasi in seno alla cultura villanoviana della Penisola appenninica.
Accanto agli uccelli, su un vaso di Pizzughi appare una teoria di cervi, mentre una figura umana
stilizzata risulta solamente su un frammento di Nesazio. La stessa, fitta sintassi decorativa viene
applicata per incisione su vari oggetti di bronzo: i larghi bracciali di lamina sottile, i braccialetti
nastriformi rastremati, i coltelli e le capocchie a placca degli spilloni. E i medesimi motivi
geometrici, ma scolpiti nella pietra, appaiono sui monumenti nesaziani.

Il motivo degli uccelli palustri al seguito della Barca del Sole realizzato con una serie di puntini a
sbalzo su una situla di tipo Hajdbszrmeny trovata a Pizzughi. Gli uccelli palustri rappresentano
uno dei simboli della cultura dei campi di urne, sono il simbolo del sole, ma possono essere
interpretati anche come una rappresentazione semplificata della dea Pothniae Theron signora degli
animali, accanto alla quale in genere i volatili suddetti figurano come suoi attributi.
Contemporaneamente alle urne a forma di boccale panciuto, compaiono quelle a forma di pentola
panciuta con imboccatura rientrante e senza collo. Sono per lo pi decorate a rilievo con spirali ,
meandri, onde e simili.
Da rilevare un contenitore della stessa forma, trovato a Castellier presso Villanova del Quieto, la cui
spalla decorata da una sequenza di cavallini. Hanno la criniera a raggiera e sono raffigurati in un
modo che affine a quello degli scudi rotondi e delle borracce di bronzo etruschi.
Gi a partire dal IX sec. a. C. si stabiliscono infatti intensi contatti con il mondo venetico dell'Italia
nord-orientale (coltelli di bronzo, spilloni) e con il Piceno (spilloni, vasi di tipo kothon). Alla fine
dell'VIII sec. a. C. si affacciano i vasi ceramici situliformi e quelli di tipo Timavo dell'area venetica.
Sono per la maggior parte importati, ma si riscontrano pure imitazioni locali.
Nel corso dell'VIII sec. a. C. appare la ceramica importata dall'area dell'Etruria meridionale come
pure la pi numerosa ceramica daunia dipinta di tipo geometrico medio o quella, sempre
geometrica, japygia. Da allora e fino agli ultimi secoli della vecchia era si pu seguire il perdurare
di contatti ininterrotti dell'Istria con la Daunia, ma anche con le altre zone della costa occidentale
adriatica.
La presenza degli Istri sul mare nonch la posizione stessa della penisola istriana hanno contribuito
al costituirsi di una sorta di corridoio di scambio tra il territorio italico e quello prealpino sudorientale (l'odierna Dolenjska-Bassa Carniola) lungo il quale viaggiava la ceramica daunia, mentre
in direzione opposta venivano spediti, con tutta probabilit, minerali ferrosi.
Simboli del potere, come il piccolo scettro trovato a Nesazio e i ventagli di bronzo di Nesazio,
Pizzughi e Vermo (fine VIII sec.- VII sec. a. C.), testimoniano contatti con il mondo villanoviano e
etrusco.
Nello stesso tempo in Istria i guerrieri usano un tipo di elmo conico, noto sia nell'area della
Dolenjska-Bassa Carniola che nel Piceno e a Verrucchio. In Istria, nelle necropoli di Pizzughi e di
Vermo, gli elmi suddetti vengono trasformati in urne funerarie.

Gli oggetti stranieri importati erano merci di prestigio riservati alle lites, che se li procuravano con
il commercio-scambio o ricevendoli in dono, ma anche con la pirateria, per la quale gli Istri sono
citati, assieme ai Liburni, nelle fonti scritte. Da quelle stesse fonti si apprende che essi costruivano
barche cucite, dette serillae o seriliae, conosciute in parecchie regioni del Mediterraneo. Una di
queste barche preistoriche cucite, scoperta nell'insenatura di Zambrattia nell'Umaghese, si sta
studiando gi da alcuni anni.
La presenza degli Istri sul mare testimoniata inoltre dalla realistica rappresentazione di una
battaglia navale, compresi la nave con i rematori e i guerrieri, su una situla trovata nella tomba
esplorata nel 1981 a Nesazio, dove appare accanto ad altre scene ricorrenti (raffigurazioni di battute
di caccia, di aratura dei campi, di cortei solenni). una scena forse eseguita su commissione dai
maestri artigiani ambulanti che giravano per i vari centri gentilizi.
Dal VII sec. a. C. in poi diventa pi arduo distinguere i manufatti tipicamente istrici. Nelle
necropoli ci si imbatte in urne eseguite assai sbrigativamente e poco cotte, molto probabilmente di
fattura locale, accanto a ceramiche di qualit prodotte dalle officine venetiche e da quelle di S.
Lucia: si tratta di vasi situliformi conici e di altri pi recenti a forma di calice. Tra i monili una
particolarit rappresentata dagli spilloni con la capocchia formata da pi globetti. Sono frequenti
pure i monili confezionati con semplice filo di bronzo: braccialetti spiraliformi, collane, braccialetti
e orecchini conclusi da occhielli e gancetti. Una coppia di orecchini del genere, rinvenuti a
Castelvenere nel Buiese, esibiscono anche una perla di ambra. Gli sono coeve le collane e i
braccialetti tubolari ottenuti arrotolando sottili lamine di bronzo.

I diversi tipi di fibule di bronzo, che mutarono con l'andare del tempo e con le mode, corrispondono
alle fogge che compaiono nelle aree circostanti, e soprattutto in quelle prealpina sud-orientale,
venetica e a S. Lucia.
Dal VI sec. in poi si fanno pi ricorrenti le realizzazioni figurate in forma di pendagli e fibule e
nell'ornamentazione delle situle di bronzo, delle quali ultime in Istria sono stati trovati degli
esemplari solo a Nesazio e solamente in due delle tombe pi ricche.
Alla fine del VI sec. nell'Alto Adriatico penetrano i Greci, cosicch la loro raffinata ceramica a
figure nere e poi a figure rosse fa la sua apparizione, accanto a quella daunia ormai usuale, anche in
territorio istriano.
Sempre alla fine del VI sec. e durante il V sec. a. C. nell'area dell'Alto Adriatico, e quindi anche in
Istria, si avverte il pericolo celtico, motivo per cui viene a crearsi il cosiddetto orizzonte delle tombe
dei guerrieri. Nella tomba nesaziana esplorata nel 1981 furono depositate lunghe lance di ferro, pili
ed elmi Negova di tipo sloveno e di tipo Sanzeno, che appaiono un po' pi tardi. Si arricchisce
intanto il repertorio dei recipienti usati per banchetti e simposi. Assieme alla ceramica dipinta
daunia e greca, figurano vasi etruschi di bronzo (stamnoi, ciste con ornati incisi), e poi di
produzione magnogreca e greca (situle campaniformi), che fanno parte degli sfarzosi servizi
riservati al consumo del vino.
Nel corso del IV sec. a. C. compaiono le ultime situle decorate con un fregio figurativo (teorie di
animali quadrupedi, di uccelli e di uomini). Tra i monili spiccano orecchini d'argento conclusi a S,
che sono un prodotto di influenza venetica. E dall'area venetica continua l'importazione di
ceramiche, adesso contraddistinte dalla ceramica grigia, specie ciotole e mortai. Si diffondono nel
contempo i monili prodotti dalle officine liburniche ed ellenistiche dell'area liburnica: fibule a
placca e certosoidi d'argento, orecchini e braccialetti a ferro di cavallo, pendagli antropomorfi e
simili. Prosegue pure l'importazione di svariate forme di ceramica a figure rosse dalle officine
attiche, sud-italiche e nord-adriatiche. Per il vino, al posto dei precedenti crateri dauni globosi,
entrano in uso nuovi crateri campaniformi in cui veniva mescolato ad acqua e spezie.
Durante l'epoca ellenistica si inizia il predominio della ceramica di tipo Gnathia proveniente dalle
officine sud-italiche ma anche da quelle di Lissa: si tratta di crateri, skyphos, olpae e simili.
Abbondanti i reperti di ceramica a rilievo, soprattutto crateri e bicchieri, che si produceva lungo la
costa orientale adriatica.
In Istria i reperti celtici sono rarissimi. Finora consistono solamente nel braccialetto ondulato di
bronzo trovato a Monte Ursino e in uno di vetro di Castelliere presso Villanova del Quieto.
Comunque vi arriva indirettamente il gusto della cultura La Tne, testimoniato da un frammento di
torque con nodo. Ne derivano pure le fibule degli schemi La Tne medio, di tipo Castua, e La Tne
tardo, di tipo Pizzughi. In seguito, e fino al termine delle vecchia era, compaiono una serie di tipi di
fibule che rappresentano gi forme internazionali diffuse dai commerci aquileiesi.
Recentemente stata scoperta la pi recente tomba istrica a incinerazione, datata al III sec. a. C. e
situata ai piedi del Castelvecchio di Lupogliano, presso Marikii. Era danneggiata, ma siamo
tuttavia riusciti ad appurare che conteneva i resti di due defunti in urne di fattura assai
approssimativa, mentre il corredo era rappresentato da un'olpe di tipo Gnathia. Vi sono stati
rinvenuti pure parti di abbigliamento e perline di vetro danneggiate dal fuoco. Importante il
reperimento di un bottone di tipo Vinica, in quanto raro in territorio istriano.

Feste e solennit dell'lite dominante.


Con il rafforzamento della loro aristocrazia e la sua ascesa al rango dei ceti al potere nella aree
adriatiche, nel sud-est delle Alpi e nelle regioni nord-italiche e centro-europee, gli Istri adottarono
nuovi modi di esprimersi e ragionare, adattandoli per al loro mondo. Nelle tombe dei pi ricchi
sono stati trovati numerosi manufatti di origine italica e greca, soprattutto ceramiche. Facevano
parte di lussuosi servizi per mescere e bere vino durante particolari solennit o simposi. Il
ritrovamento di pezzi di armi (machaire, lance, elmi) rivela il dominio di un'aristocrazia militare,
allo stesso modo che gli scettri e i ventagli sono il simbolo del potere sociale e religioso. Sono tutti
oggetti che si possono riconoscere sulle situle figurate rappresentanti celebrazioni, gare sportive,
battute di caccia, lavori di aratura, cortei solenni, riti sacrificali o symplegma.
Erano occasioni nelle quali venivano usati crateri dauni in cui il vino veniva mescolato all'acqua e a
spezie, boccali e askoi per servire il vino, e poi situle di bronzo, ciste, tazzine e lebeti. Col
trascorrere del tempo i servizi per la mescita e la consumazione del vino cambiavano, come si pu
osservare dai contenuti dei corredi funebri trovati nella tomba esplorata nel 1981 a Nesazio, che era
stata dotata di forme di recipienti dauni pi recenti, gi fabbricati sulle ruote dei vasai, boccali
imitanti i buccheri etruschi, servizi di oinochoe, skyphos e kylix greci e sud-italici, nonch gruppi di
vasi di tipo Alto Adriatico, fabbricati dalle officine etrusche nord-adriatiche. Oltre alle solite situle
coniche e alle ciste si sono trovate anche situle campaniformi, probabilmente di produzione
tarantina, e stamnoi di produzione etrusca.
Nella stessa tomba c'erano inoltre gruppi di piccoli astragali e falangi di pecore/capre con tracce di
usura, alcuni anche forati. Dobbiamo limitarci a supporre che venissero usati in determinate
cerimonie a scopi ludici o divinatori.

Le divinit istriche nei monumenti romani

d'uopo sottolineare il persistere delle credenze religiose istriche anche nell'epoca del predominio

romano, di cui offrono testimonianza i monumenti epigrafici romani che ce le tramandano assieme
ai nomi delle divinit preromane istriche. Sono preponderanti le divinit femminili: risulta infatti un
unico nome di un nume maschile.
Il nome di Eia appare nelle dediche, cui viene aggiunto l'epiteto Augusta in tre epigrafi trovate a
Pola, in due di Nesazio (dove si ricollega all'italica Bona dea) e su un'iscrizione di Duecastelli.
A Pola stata rinvenuta un'ara dedicata alla dea Ika Aug(usta), in un'altra di Fianona chiamata Ica
(Aug)usta . Quest'ultima ara era posta su una sorgente: da qui la supposizione che si tratti della
protettrice delle acque.
Di tradizione parzialmente locale viene ritenuta anche Iria, che nella versione romana figura come
Iria Venere.
Boria viene identificata con l'impetuoso vento di bora, mentre Nebres considerata una ninfa
locale.

Su un monumento scoperto presso Caroiba (Villa di Rovigno) menzionata Seixomnia Leucitica,


probabilmente una divinit istrica locale, come lo stesso nome starebbe ad indicare.
Anche Sentona e Trita Augusta risultano in territorio istriano, ma pi spesso nell'area liburnica:
sono nomi illirici, motivo per cui si tratta di dee probabilmente della stessa origine.
L'unica divinit maschile di origine preromana Melosocus (numi Melosoco Augusto), il cui nome
appare in diverse iscrizioni. Due furono trovate presso la chiesa di S. Teodoro non lungi da
Castelnuovo (Rakalj) o Carnizza. Recentemente un'altra ara con epigrafe greca dedicata a
Melosocus stata estratta dalla foiba Golubinina, sempre in quel di Castelnuovo, e a quanto
sembra nello stesso posto ci sarebbe anche un frammento con dedica allo stesso dio. In Istria, dove
la desinenza in ocus presente in molti nomi di persona, Melosocus trova conferma anche come
nome personale.
I nomi istrici sui monumenti romani
A parte gli appellativi delle divinit istriche, i monumenti epigrafici romani, specie quelli trovati
nell'Istria centrale e settentrionale, ci tramandano anche i nomi personali degli Istri. Sono ad es.
Voltimesis, Polla, Opla, Balbica, Petale, Pletor, Hostila, Melosocus, Megaplinus, ecc. A nomi istrici
gentilizi vengono assegnati Cornuinus, Flaemica, Lauricius, Mariarius, Tocerinus, mentre tra quelli
di persona troviamo ancora Bito, Cofius, Menda, Omuncio, Orfo, Querqui, Suefia, Tommus, Turrus,
Velsonis e Voltiomna.

Feste e solennit dell'lite dominante


Con il rafforzamento della loro aristocrazia e la sua ascesa al rango dei ceti al potere nella aree
adriatiche, nel sud-est delle Alpi e nelle regioni nord-italiche e centro-europee, gli Istri adottarono
nuovi modi di esprimersi e ragionare, adattandoli per al loro mondo. Nelle tombe dei pi ricchi
sono stati trovati numerosi manufatti di origine italica e greca, soprattutto ceramiche. Facevano
parte di lussuosi servizi per mescere e bere vino durante particolari solennit o simposi. Il
ritrovamento di pezzi di armi (machaire, lance, elmi) rivela il dominio di un'aristocrazia militare,
allo stesso modo che gli scettri e i ventagli sono il simbolo del potere sociale e religioso. Sono tutti
oggetti che si possono riconoscere sulle situle figurate rappresentanti celebrazioni, gare sportive,
battute di caccia, lavori di aratura, cortei solenni, riti sacrificali o symplegma.
Erano occasioni nelle quali venivano usati crateri dauni in cui il vino veniva mescolato all'acqua e a
spezie, boccali e askoi per servire il vino, e poi situle di bronzo, ciste, tazzine e lebeti. Col
trascorrere del tempo i servizi per la mescita e la consumazione del vino cambiavano, come si pu
osservare dai contenuti dei corredi funebri trovati nella tomba esplorata nel 1981 a Nesazio, che era
stata dotata di forme di recipienti dauni pi recenti, gi fabbricati sulle ruote dei vasai, boccali
imitanti i buccheri etruschi, servizi di oinochoe, skyphos e kylix greci e sud-italici, nonch gruppi di
vasi di tipo Alto Adriatico, fabbricati dalle officine etrusche nord-adriatiche. Oltre alle solite situle
coniche e alle ciste si sono trovate anche situle campaniformi, probabilmente di produzione
tarantina, e stamnoi di produzione etrusca.
Nella stessa tomba c'erano inoltre gruppi di piccoli astragali e falangi di pecore/capre con tracce di
usura, alcuni anche forati. Dobbiamo limitarci a supporre che venissero usati in determinate
cerimonie a scopi ludici o divinatori.

Le tombe dei nobili nesaziani

Rispetto alle altre necropoli sinora conosciute, quella di Nesazio si distingue per la ricchezza dei
corredi funebri, e in particolare di due tombe, eccezionalmente dotate con accumuli di oggetti
prestigiosi. Una la tomba designata con il numero I/12, l'altra venne esplorata nel 1981 nelle
fondamenta del tempio romano B. Ambedue contenevano, oltre alle urne funerarie, molti vasi di
ceramica di varia provenienza (Veneto, Daunia, Grecia, Italia meridionale-Magna Grecia, nord
Adriatico etrusco e via dicendo), diversi recipienti di bronzo di varia forma (lebeti con attacchi a
croce, tazzine, ciste, situle). Da rilevare, tra i manufatti ceramici, i boccali attici a figure nere e, tra
quelli di bronzo, le situle con motivi figurali.
Che si tratti dei sepolcri di gruppi elitari confermato da altre dotazioni funerarie, come uno scettro
di bronzo, ventagli, manici di spiedi di bronzo. L'urna principale della tomba I/12 era di pietra (non
si conservata), conteneva una statuina di osso raffigurante un cavaliere, una grande fibula con
perle ossee e alcune altre di bronzo. Sopra l'urna litica erano poggiate due machaire di ferro e
attorno erano disposti su tre livelli numerosi altri vasi e urne. La presenza della fibula nell'urna di
pietra indica che la defunta era una donna, la quale doveva godere di uno status privilegiato.

I monumenti litici di Nesazio


Nella sfera spirituale-religiosa degli Istri assumono un particolare significato i rilievi e le sculture di
pietra a tutto tondo trovati a Nesazio.
Sono di calcare granulato - con tutta probabilit proveniente dalla cava di Marzana - le lastre
scolpite a spirale continua in varie combinazioni, con il motivo della svastica che ricopre la
superficie, e poi i motivi a S e a triangoli graffiti, a fettucce zigzaganti, a impronte ornitoformi e
lettere omega.
Nella stessa pietra sono scolpiti il torso di un giovanetto, un cavaliere, una testa muliebre, una testa
equina e delle are sacrificali. La scultura pi grande un imponente blocco rettangolare sul quale
scolpita in altorilievo una donna con un bambino la kourotrophos.
I frammenti in cui sono assemblate decorazioni geometriche in rilievo con rappresentazioni a tutto
tondo rivestono un'importanza particolare in quanto dimostrano la coevit delle due modalit
scultorie.
Tutte le sculture furono rinvenute in posizioni secondarie, per lo pi nel settore meridionale della
necropoli nesaziana, nelle zone I, IV e V, ma anche oltre, il che rende arduo stabilirne la
destinazione d'uso e la datazione.

Di questi monumenti si sono occupati tantissimi studiosi, e la loro conclusione pi ricorrente stata
che le lastre decorate a motivi geometrici potrebbero risalire alla met del VII sec. a. C., mentre per
le sculture propongono una datazione dal VI sec. a. C. in poi. Si ritiene che i monumenti in parola
siano sorti per influenza e stimolo provenienti dalle aree medio-adriatiche ed etrusche.
Alcuni autori sono del parere che si tratti di monumenti funebri, ovvero che le lastre abbiano fatto
parte di tombe a cassetta o che siano stele sepolcrali, mentre le grandi sculture del cavaliere e della
kourotrophos potrebbero rappresentare parte di qualche mausoleo.
possibile che anche a Nesazio venisse adottato l'uso del tempio dedicato al culto dei defunti o dei
morti conosciuto nel sud Italia, un luogo in cui venivano offerti degli ex voto raffiguranti cavalieri,
ovvero defunti eroicizzati.

Per comprendere le opere plastiche nesaziane, ma anche le altre sculture medio-adriatiche, sono
importanti due sculture tirreniche di Casale Marittimo, datate nella seconda met del VII sec. a. C.
Vengono interpretate come raffigurazioni degli avi dei defunti. Da quell'area provengono influssi
che sortiranno le statue-stele sulla costa adriatica dell'Italia centrale. La caratteristica posizione delle
mani sulle sculture tirreniche, come su quelle dell'area adriatica, viene interpretata come segno del
rango del defunto. Lo stesso vale per le sculture itifalliche di Nesazio che, in pi, sono ritenute
intermedie tra quelle dell'Italia centrale e le sculture di Hirschlanden, risalenti alla seconda met del
VI sec. a. C.
Quello che rappresentano pu essere decifrato come una sfera divina in cui a predominare l'uomo
mentre la donna il simbolo ctonio della fertilit e della vita eterna, ovvero una divinit femminile
nel senso della Magna Mater o delle dee greche Gaia e Rheia. Le manifeste somiglianze sia nelle
sculture miniaturali che in quelle monumentali tra Vae, Nesazio, Preneste e il Piceno indicano
come spiega la Teran una base ideologica condivisa di credenze mitologiche, che non pu essere
di natura esclusivamente materiale, ma bens indizio di una ricchezza di credenze e miti comune tra
le due sponde adriatiche e i loro entroterra. E con riferimento all'ambito funerario sono comuni pure
le raffigurazioni religiose eroicizzanti e le apoteosi di guerrieri, nobili e valorosi defunti.

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