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FRANCESCO PALL

MARINO BARLEZIO
UNO STORICO UMANISTA

E S T R A T T O D A I, V O LU M E
M ÉIyAN G E S D ’H IS T O IR E GÉNÌ)RAI<E
II, C 3.U J , 1938

M ON ITO RUL O FICIAL §1 ¡MPRIMERITLE STA TU LU I


IM P R I M E R I A N A Z I O N A L A , B U C U R E $ T I 1938
fy K ' iti S tu d * ’

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FRANCESCO PALL ~^Y. fóM-----


MARINO BARLEZIO 6 8 ^ ( &>»<**•«'* ) ,^
Uno s to r ic o u m a n is t a ¡2 6 ^* $ 9 .-

V IT A D E L B A R L E Z IO

Intorno alla vita di Marino Barlezio o Barletius, per usare


la forma latinizzata del nome, non sappiamo quasi nulla. In fatti,
oltre qualche piccola allusione nei suoi scritti, non ci è rim asto
nessun cenno biografico, per quanto la conoscenza anche som­
maria della v ita di quest’umanista, diventato così noto per il
suo libro su Scanderbeg, sia di grande interesse per noi.
Cominciamo intanto con l’esaminare le scarse notizie di carattere
biografico che si trovano proprio nelle opere del Barlezio.
Il nostro autore è nato a Scutari (Shkodér) nell’Albania,
poiché ne fa menzione come della sua patria 1. Sembra d ’origine
italiana. Infatti, il suo nome si può mettere in relazione con la
città di Barletta in Puglia. E ’ lecito supporre che la sua famiglia
si trasferisse di là, un certo tempo fà, a Scutari, già dalla fine
del X I V sec. (1396) sotto il dominio veneziano 2. Che Barlezio fosse
un Italiano, ci mostrano la sua cultura, i suoi sentimenti, così
come essi appaiono dagli scritti, specialmente da un passo della
Storia di Scanderbeg, dicendo, sebbene per bocca del condot­
tiero Jacopo Piccinino, che i Francesi sono superbi e hanno un

1 B a r l e z i o , De obsidione Scodrensi, ed. di Venezia, prefazione: ut


qui eius patriae [se. Seodrae] fueram iam membrum ; Idem, Historia de
vita et gestis Scanderbegi, 1. II, f. 17 v., V I, 70 v., 74 v.
2 T h a u ,ó c z y - J ir e C e k - S o ff i,a y , Acta et diplom., II, 148— 149 (doc,
del 14 aprilie 1396, circa la donazione di Scutari ed altre città, fa tta alla.
Serenissima da Giorgio Stracim ir Baisela).
2 FRANCESCO PAI,!,

odio innato per gli Italiani, dei quali vogliono rendersi padroni
per servirsene di giumento 1. Difatti, nei tempi del nostro autore
hanno luogo le spedizioni italiane di Carlo V i l i (1483— x49®) e
di Luigi X II (1498—-1515). Sebbene la coscienza nazionale non
avesse la forma odierna, così ben delineata, con tutto ciò si può
già constatare la sua esistenza in quell’ep o ca 2. Dunque, non è
improbabile che i cenni del Barlezio rispetto ai Francesi riflet­
tano la sua origine italiana. Ma insieme a quelli che lo considerano
Italiano 3, vi sono alcuni che lo dicono Dalm ata 4, mentre altri
lo ritengono Albanese 5. E ’ vero che il Panegirista spesso chiama,
nella Storia di Scanderbeg, i soldati del glorioso condottiero (e
in generale gli abitanti dell’Albania) « i nostri » 6, quasi fosse anche
egli uno di loro ; anzi, in un luogo dice se stesso « domesticus
veteris fortunae spectator » 7 (intendendosi qui per « vetus

1 BARLEZIO, Historia, X , f. 127: si . . .G alli, qui et natura insolentes


superbique erant et odio nativo in Italos ferebantur [l'umanista, come
si vede, considera i Francesi simili ai Galli dell’antichità], Ap(p)ulia
potirentur, non tantum ea contenti essent, veruni etiam totius Italiae
imperium sibi vendicare vellent, cuius homines ac servos u t iumenta
haberent. Cf. la prefazione, f. 1: Gallicus furor; v. pure 1. X , 129 v.
- Anzi, il compianto Hermann Hefele considerava la coscienza n a­
zionale italiana addirittura un principale caratteristico del R inasci­
mento. (Zum Begriff, 45 ° — 453 )-
3 Du Cangi:, Illyricum, 137; Nouvelle Biographie Univ., XV, col.
51S ; I.a Grande Encyclopédie, V, 430; Io r g a , Gesch. d. osm. Reiches, I,
454, 11. 1 ; II, 84. Qui lo Iorga, certamente tenendo conto anch’egli del
nome, afferma che il Barlezio era dell’Italia meridionale.
4 G iovio, Elogia vir. Ut., 214; V o s siu s , De historicis Latinis, II I,
574 ; cf. C z w i t t i n g e r , Specimen, 29 ; F a b r i c i u s , Bibliotheca, I, 164.
5 ZENO, Dissertazioni, 404 ; FALLM ERA V E R , Das alb. Element, V II I,
427: war von G e b u r t... ein Gege’scher Albanier aus Skodra; cf. p.
736, IX , 10; J i r e Ce k , Das christliche Element, 49.
6 B a r le z io , 0. c., prefazione, 1 v., V I, 66, IX , 113, 118 ; X I, 134, ecc.
■Ibid., 1. Vedremo però ch’egli non era un testimone diretto di
•quei tempi, come sembrerebbe dalla menzionata citazione. D ’altro
■canto, forse allude qui all’epoca antecedente all’annessione di Scutari
ai possessi turchi, avvenimento che lo costrinse a lasciare la patria in­
sieme con i suoi concittadini. In questo caso, l’accennata affermazione
corrisponde a verità.
137 VITA DEI. BARI.EZIO 3

fortuna » la vittoriosa epoca, purtroppo tram ontata, dell’eroe alba­


nese). Questo non ci dimostra però ch ’egli fosse proprio A lba­
nese. P oteva benissimo usare gli epiteti « i nostri » oppure « testi­
mone domestico » in quanto era nato veram ente nel paese dove
aveva vissuto Scanderbeg e considerava Scutari sua patria, anche
se non era proprio d ’origine albanese. Del resto, « i nostri » vuol
dire, di solito, le schiere dell’Eroe, cioè del Castriota, rispetto
a quelle dei Turchi, come antitesi, e così non corrisponde unica­
mente alla nozione di « Albanesi », ma ha l ’estensione più larga
di « Cristiani ». Non si dimentichi poi che il Barlezio usa fre­
quentem ente certe forme o locuzioni piuttosto per l'armonia dello
stile e dietro l ’imitazione dei classici, che non per un rigoroso
senso di precisione. Pensiamo dunque che il nostro umanista
era Italiano d ’origine e, per essere più esatti aggiungiamo che
era Veneziano riguardo ai sentimenti e all’educazione.
Non sappiamo nè l ’anno della nascita, nè quello della morte
del Barlezio. Però dalle sue opere risulta senz’altro che sia vis­
suto nella seconda metà del X V sec. e almeno nella prima decina
del seguente. Ciò è sicuro.
L a prima data che si può stabilire con certezza nella sua
vita, è l'anna 1474, quando i Turchi tentarono, ma senza riu­
scita, il primo assedio di Scutari. Egli si trovava allora nella città,
testimone degli a vven im en ti1. Quattro anni dopo, nel 1478, du­
rante il secondo e ultimo assedio, Marino stava ancora lì, non
solo osservatore attento delle cose che succedevano, ma parte­
cipe anzi personalmente dell’eroica difesa opposta dai concit­
tadini 2. D a ciò appare evidente che in quei tempi egli era già
uomo maturo. Quindi si può affacciare l ’ipotesi (vedremo presto
qualche altra prova a questo riguardo) che il Barlezio nascesse
1 B a r l e z i o , De Scodrensi obsidione, ed. del 1578, X, 235 v. ; Idem,
Historia, IV , 46.
2 A proposito dell’assedio di Croia del 1450, il Barlezio, parlando
della miserabile condizione dei Cristiani che si trovavan o nell’esercito
nemico, dice : « V idi m ulta huiuscemodi ipse, quum infoelici fato ad
patriam defendandam infoelicia arma tenerem, cuius nunc memoria
ic u t inirifice recreor, ita recensere sine lachrym is non possum » (Idem,
H ist., V I, 74 v.).
4 FRANCESCO PALI,

circa nel 1450 o pochi anni più tardi. Ad ogni modo, la sua in­
fanzia e l ’adolescenza coincidono con una notevole parte della
vita di Scanderbeg, cioè corrispondono al periodo che v a dal
1450 circa, sino al principio del 1468, quando questi morì. Inol­
tre, l ’Umanista, ci dice egli stesso di aver personalmente cono­
sciuto molti Scutarini, i quali avevano com battuto nelle schiere
del grande Albanese 1. Per lui, le vittorie riportate da Giovanni
Hunyadi (morto nell’agosto 1456) erano « tam recentia et quae
pene vidimus »2. Naturalmente, le imprese di Giorgio Castriota
erano per il Barlezio ancor più vicine 3. Tali affermazioni ven­
gono anch’esse a rinforzare l ’ipotesi a proposito della data di
nascita di Marino. Che egli fosse già adulto, allorché Scutari, dietro
la pace del 25 gennaio 1479 4 fu ceduta ai Turchi, mostra anche
il fatto, ricavato dalle sue opere, e cioè che egli conosceva bene
le varie contrade e città dell’Albania. Così egli ci descrive la
Dibra Inferiore 6 e quella Superiore 6, ie pianure di Oronish 7 e
di T ira n a 8, le città di X h a b lja k 9, A n tiv a r i10, D a g n o u , Dri-
vasto 12, A lessio13, Croia 14, Pietrabianca (Pietra Alba) 15,
Stelusio 18, Petrella 17, Sfetigrad 18, Presa 19, Durazzo 20, le rovine

* Ibid., V I, 70 v.
J Ibid., II, 20 v .; cf. II, 31 v. (riguardo a Murad II).
3 Ibid., prefazione, f. 1 : « nuper vivente Scanderbego ».
4 K r e t s c h m a y r , Gesch. v. Venedig, II, 382.
5 B a r l e z i o , Hist. V , 6 1 v .
6 Ibid., I, 7 v., II, 15 v., V , 61 v.
7 Ibid., V I, 71.
* Ibid., IV , 42.
* Idem, De Scodr. obs., I l i , 267.
10 Idem, Hist. I l i , 40.
11 Ibid., II, 17.
u Ibid., III, 39 v., 40.
13 Idem, De Scodr. obs., I l i , 267 v. ; Hist., II, 17.
14 Idem, De Scodr. obs., II, 242; Hist., I, 6, v., X II, 154.
15 Idem, Hist., I, 11 v.
16 Ibid.
17 Ibid., I, 11.
18 Ibid., IV , 51, V, 61 v.
19 Ibid., V I, 71 v.
30 Ibid., X III , 156— 156 v.
139 VITA DEL BARLEZIO 5

di Balesio *. Marino conobbe tu tti questi luoghi « dum res nostra


loco staret » 2, secondo il suo dire, cioè prima del 1478. Quindi
è chiaro ch’egli ha viaggiato spesse volte nell’Albania, certo
non da fanciullo, ma in un’età assai più avanzata. Del resto,
egli conosceva pure la costa dalm atica, dal momento che viene
a descriverci Ragusa 3.
Il Barlezio era prete cattolico a Scutari, naturalmente prima
dell’annessione turca. Nei suoi scritti egli s’intitola « Scodrensis
sacerdos » 4. Il fatto che egli sia già stato prima del 1479 sacer­
dote a Scutari, è una prova di più che sia nato verso il 1450.
N ulla sappiamo intorno al luogo dove studiò la teologia. A vrebbe
anche potuto farla proprio a Scutari, residenza vescovile. Dopo
il 1478 recandosi a Venezia e poi a Roma, come vedremo, ebbe
la possibilità di perfezionare le sue cognizioni, in ispecie quelle
profane, per uniformarsi alla piena cultura del tempo, fondata
sulla lettura e l ’ammirazione per i classici.
L a descrizione del secondo assedio di Scutari (1478), che è
oggetto di una delle opere del nostro sacerdote, è im portante
per noi anche dal punto di vista biografico. In verità, possiamo
in quest’opuscolo seguire da vicino le impressioni che Marino
viene raccogliendo in mezzo alle drammatiche vicende della difesa
contro i Turchi. Mercè lo stile colorito ed impetuoso del Barlezio
si svolge innanzi ai nostri occhi plasticamente quest’assedio.

1 Ibid., I l i , 38.
2 Ibid., V, 66 v.
3 Ibid., X , 123 v.
4 Ma nulla ci perm ette di credere che egli fosse « sacerdote di rito
greco ed albanese », come afferm a il R o d o t à D ell’origine, II I , 24 n. a.
Cf. GEGAJ, L'Albanie et l ’invasion turque, p. V i l i n. 3 (però il Rodotà
non erra quanto al numero delle opere del Barlezio!). L ’asserzione
del D u p o n c e t , secondo la quale il Barlezio prima di diventare prete
avrebbe com battuto nell’esercito del Castriota, « cornine il l ’asseure luy-
mème au sixième livre de son Histoire » (Hist.de Scanderbeg, prefazione),
si spiega con l ’errata interpretazione di un passo dell’opera del Barlezio
(v. sopra, p. 67 n. 2), dove l’Um anista si riferisce alla sua partecipazione
alla difesa di Scutari e non a quella di Croia, come credeva malamente
il Gesuita francese.
Fran cesco p a i .i . 140

Vediamo l ’esercito nemico comparire quasi all’improvviso. La


città è in preda allo spavento; si prendono febbrili provve­
dimenti per fortificarla, mentre villaggi in fiamme indicano dal
Settentrione l ’avvicinarsi dei Turchi. E t ecco ch’in un tratto
si cominciò a metter sozzopra ogni cosa, a fuggire, a tremare,
e i contadini, abbandonando i campi, a ritirarsi parte con tu tta
la roba loro ai luoghi marini e sicuri, e parte a correre alla città,
portando la nuova che i Turchi erano già vicini, che liavevano
dato il guasto a tutto il paese, abbracciato le case et presi molti
armenti insieme con gli liuomini, percioch’essi in due dì have-
vano messo ogni cosa a ferro e a fuoco » J. Il 14 maggio già tro­
viamo il nemico nei suburbi di Scutari circon d ata2. Si inizia
un violento bombardamento 3. Seguono poi assalti che costano
ai Turchi migliaia di caduti 4. L ’esercito nemico però è troppo
numeroso : i dintorni della città biancheggiano per l ’infinita copia
dei padiglioni, come se fossero coperti dalla neve 5. Bisognava
trovarsi sulle mura ad osservare i nemici per dipingere scene
così plastiche come fece il Sacerdote in questo lavoro. A pro­
posito dei preparativi per un assalto generale, che ha luogo
il 22 luglio 1478, egli descrive l’agitazione in cui è il campo turco :
si vedono militi che corrono qua e là, offrendo lo spettacolo d ’un
formicaio ; d ’altra parte, « i capitani usciti dal padiglione del
signore [ = sultano] salirono sul Monte Bassà, a considerare il
sito della terra, proponendo tra loro il modo, che si dovesse te­
nere per espugnarla »8. In altro luogo, nella Storia di Scan-
derbeg, l ’autore ricorda, pieno di commozione, quei tempi, in
cui egli e i suoi compatrioti sentirono, stando sopra le mura, i

1 B a ri.E zio , De Scodr. obs., II, 238; traduzione del Sansovir.o,


¡Ustoria univ., ed. del 1573, £. 306.
a B a r le z io , Ibid., 238 V.
3 Ibid., 243.
* Ibid., II, 249, 253— 254, 260— 262 v.
4 Ibid., II, 243 y. Cf. S a b e lu c o , Historiae, d. I l i , l.X ,
972. I, edizione principe di quest’opera venne pubblicata nel m aggio
1487 a Venezia (S a b e lU c o , Decades, alla fine).
b B a r le z io , ibid., II, 252— 252 v. ; trad. del Sansovino, 316.
J4 I V ITA DEI, BARL.EZIO 7

pianti di alcuni disgraziati Cristiani, viventi sotto il giogo degli


Infedeli e costretti da questi ad intervenire alla spedizione; gli
sfortunati im ploravano i difensori di avere compassione di loro,
poiché partecipavano all’assedio non volentieri, ma spinti dai
Turchi 1. A proposito dell’assalto avvenuto il 27 luglio, egli
dipinge con vivissimi colori l ’eroismo dei concittadini. Scutari
resistè con accanimento. Gli assalti non ottennero nessun risul­
tato. Il conquistatore di Costantinopli dovette ritirarsi. Infatti,
Mohamed II partì il 7 settembre per la sua capitale. Con tutto
ciò, Achmed beg rimase per continuare il blocco fino alla pace,
conclusa il 25 gennaio 1479 2, allorché la Signoria di Venezia si
vide costretta a cedere la fedele città al Sultano. Agli abitanti
fu data libertà di scegliere tra il rimanere nel luogo o partire con
i propri beni. Ma essi preferirono tu tti, nel loro amore per la
Serenissima, abbandonare il nido difeso con tanto eroismo,
piuttosto che vivere sotto il dominio turco 3. Il 4 aprilie 1479
Scutari fu consegnata. Gli abitanti, tutti quanti rimasero, pre­
cisamente 700 uomini (tra i quali certo anche il Barlezio), 300
donne ed altrettanti bambini, s’imbarcarono sulla flotta vene­
ziana. L a Signoria si mostrò molto riconoscente: agli Scutarini
stabilitisi nella Città delle Lagune (fra loro, senza dubbio, si
tro vava pure Marino) furono concesse pensioni vitalizie. Gli altri,
che si erano recati altrove, furono parimenti ricompensati 4.
Così il Sacerdote divenne abitante della città di S. Marco.
Gli elogi che fa nei suoi scritti alla Repubblica ce lo mostrano
come un cittadino non solo pieno di affetto e di fede, ma anche
riconoscente 5. Nel gennaio 1504 pubblicò a Venezia la soprac­
cennata operetta intorno all’assedio di Scutari. Nella prefazione,

1 V . sopta, p. 137, n. 2.
2 K r e t s c h m a y r , II, 382.
3 B a r i e z i ò , De Scodr., III, 268 v. ; S a b e i .i .i c o , H ist., d. III, 1. X ,
977 -
4 B e c i c h e m i , Panegyricus, [f. 21 v.] ; S a b e i .i . i c o , ibid.) parla sol­
tan to di 450 uomini e 150 donne (ci. p. 972). Secondo il nostro avviso,
il primo autore, nella sua qualità di Scutarino, merita più tede.
8 B a r i . e z i o , De Scodr., III, 266, 270 v -2 7 1 ; Idem . II, 16, 17 v ,
18 v „ V I, 70, X I, 136, X I I I , 158-158 v.
8 FRANCESCO PAI.L 142

dedicata al doge Leonardo Loredano, egli esprime il desiderio


di far servire l ’eroica difesa quale un esempio per gli altri popoli
e città in quel che riguarda la fede e l ’amore verso i C a p ix. Qui
conobbe il Barlezio certamente Pietro Angelo, fratello dell’arci­
vescovo Paolo di Durazzo e uno degli ufficiali più notevoli di
Scanderbeg. Egli fece parte d ’una nobile fam iglia drivastina.
Dopo l ’occupazione turca, quando fu presa anche Drivasto (set­
tembre 1478) Pietro con i suoi figli si ritirò « sotto l ’ombra »
protettrice di Venezia, di cui per i suoi vari servizi nel passato
era benemerito e « provisionato ». L a sorte comune e non meno
la questione che lo preoccupò, spinsero lo Scutarino a crearsi
rapporti stretti con il suo compatriota, testimone oculare e par­
tecipe all’epopea di Giorgio Castriota. Essi si erano incontrati
spesso e l ’argomento dei loro colloqui era, di solito, la vita del
gran capitano. L ’ Angelo diede al nostro umanista l ’impulso di
scrivere un libro su questo soggetto, circa il quale egli poteva
fornirgli tante notizie 2.
Qualche anno dopo, il Barlezio si trovò a Roma, dove fece
stampare un lavoro molto più ampio ed importante: la Stona
di Scanderbeg. Non conosciamo la data esatta della pubblica­
zione di quest’opera. T u ttavia essa vide la luce tra il 1508 e
il 1510, come si dimostrerà più innanzi.
Non sappiamo nemmeno quando morì il Nostro. Possiamo
dire soltanto che nella ricordata Storia allude ad un avvenimento
del gennaio 1508 3 e che il Compendio delle vite dei papi e degli
imperatori, il suo terzo lavoro, giunge fino al pontificato di Giu­
lio II, essendo composto tra il 1510 e il 1512 4. Dunque, nel
migliore dei casi, possiamo seguire la vita del Barlezio fino al 1512.
Il biografo di Scanderbeg fu vittim a d ’una confusione fatta
per la prima volta dal Giovio e seguita poi da tu tta una serie
di autori. Infatti, il vescovo di Nocera 5, attribuì la Storia del

1 B a r l e z i o , De obs. Scodr., ed. di Venezia, prefazione.


2 Idem, Compendium, prefazione dedicata a Pietro Angelo.
3 V. più basso, p. 147.
1 V. più basso, p. 150.
5 Elogia vir. lit., 214.
M3 VITA DEI, BARI,EZIO 9

Castriota ad un altro Marinus Scodrensis, precisamente al Beci-


chemi, contemporaneo del Barlezio, e professore di rettorica
prima a Brescia, poi a Padova, dove morì nel 1526. E ’ autore
di parecchi trattati di argomento rettorico, di commentari
intorno alle opere classiche J. In base a quest’errore si è detto
che il Barlezio sarebbe stato professore a B rescia 2. Tale
affermazione fu poi com battuta dal Reines 3 e più tardi, nella
prima m età del X V I I I sec., da Apostolo Zeno *.

1 T o m m a SINI, Gymn. Pat., 340. E gli insegnò per qualche tem po a


R agusa; Vedasi J i r e Ce k , Der rag. Dichter S . Mencetic, 36, 78, 79;
Idem, Beiträge, 447 e segg.
2 V o s s iu s , II I, 574; C z w i t t i n g e r , 29; ZED LER, Grosses vollst. Lex.,
I l i , col. 474; H o r ä n y i , Memoria, I, 117. Il Vossio malgrado richiami
la nostra attenzione sulla già indicata confusione, pure ammette
anch’egli tal errore.
3 Epistolae, 166.
1 II I, 404.
II

L ’O P E R A

i. Scritti

I lavori del Barlezio sono tre:


a) De obsidione Scodrensi ad serenissimum Leonardum Lau-
retanurn, aristocratiae Venetae principem, conciones variae a Meu-
methe Turcarum principe et ab aliis militiae praefectis artificiose
compositae. (Alla fine): Impressimi Venetiis per Bernardinum
Venetum de Vitalibus. Anno Domini 1504, die 10 mensis Januarii,
in 40 (piccolo), 72 ff. non num. 1 ;
b) Historia de vita et gestis Scanderbegi, Epirotarum principis.
(Alla fine): Impressum Romae per B . V., in folio, 159 ff. e 8
pp. (al principio) non num. 2 ;

1 L a descrizione di quest’edizione, in L e g r a n d -G Ù y s Bibl. alb.,


I, n° 2— 3.
1 Questo libro contiene un bel ritratto di Scanderbeg. V. Prince
D ’E s s u n g , Les livres à fig. II, 526— 527, il quale descrive l ’incisione
in legno che orna il foglio del titolo. Essa rappresenta fa tti della storia
romana. Una scena è dal D ’Essling identificata col « suicidio di Lucrezia ».
Ma chiunque guarda la figura può vedere che si tra tta dell’uccisione
e non del suicidio di una donna. In fatti la scena illustra la morte di
Virginia. Sebbene il libro sia stam pato a Rom a, pure tan to la ricor­
data incisione quanto il ritratto e le iniziali che lo fregiano, sono di fa t ­
tu ra veneziana ( K r i s t f .i j .ER, La xilografia veti., 1 1 8 ).
145 DATA DE LLA COMPOSIZIONE

c) Compendimi! vitarum sutnmorum pontificum usque ad Mar-


cellum I I imperatorumque Romanorum ac icones eorum Constan-
tinopolitanorumque omnium usque ad Carolum V nec non regum
illustriumque consulum Romanorum nuper in lucem aeditum.
Romae apud Valerium et Aloisium Doricos fratres Brixien[ses],
1555, in 8° (piccolo), 6 pp. non num., 108 pp. num. 1.

2. Data della loro composizione

Prim a prendiamo in esame l’opuscolo sull’Assedio di Scutari.


Qui il Barlezio ci dà numerosi particolari. Così ci fa una statistica
al giorno dei colpi d’artiglieria contro le mura. Ciò non è, certo,
troppo importante per noi, quantunque sia interessante che
l’autore la registri. Se le cifre sono esatte e furono raccolte da lui
stesso, allora questo lavoro fu scritto in base alle note prese du­
rante l ’assedio, sotto forma di diario, poiché non potrebbe dar
tan ti numeri affidandosi solo alla m em oria2. Che l’Umanista
raccogliesse le informazioni che leggiamo ne\\’ Assedio sotto forma
di diario, abitudine non ignorata al suo tempo, ci risulta da
parecchi luoghi e dalla maniera di far l ’esposizione, narrando
gli avvenim enti giorno per giorno 3. Il lavoro però fu redatto

1 A lla fine di questo libretto si trova lo stemma della casa Angela


con la leggenda ; « Deus totius operis ac mundi Praesul, Dominusque
regit me e[t] nichil michi deerit ». U n’altra copia di questo libro esam inata
da noi, porta alla fine, invece dei nomi dei surricordati fratelli : « Rom ae
apud Vicentinum Lucrinum 1555 », e la sua marca.
2 A un dato momento egli ce ne fa il totale : « Si quis diligenter omnes
torm entorum ictus, qui hactenus [il 21 luglio 1478, come può dedursi
dalla narrazione] urbis moenia concusserunt, supputare velit, duo millia
quingentos et triginta novem esse deprehendet, praeter centum et novem
torm enti, quod vulgo m ortarium vocant, igneos globos decein » (De
Scodr. obs., IX, d. 251 v.). Senonchè, con nostra gran m eraviglia, facendo
la somma delle cifre offerteci fino a questa data, otteniam o un risultato
assai inferiore, appena 1859. Ciò ed altre cose, che vedremo più innanzi,
sono caratteristiche dell’imprecisione e della superficialità di Marino.
3 De Scodr. obs., II, 250: « Idibus J u l l i .. . d e c im o ... septimo K a -
lendas Sextiles. . . A ltera die. Fol. 250 v. : Sequen ti. . . luce. . . altera luce,
12 FRANCESCO PAI.L 146

solo nel 1503, certamente dopo la pubblicazione del Panegyricus


che Marino Becichemi indirizzò a quella stessa Signoria, cui
anche il Barlezio dedicò il suo opuscolo. L a prima edizione degli
scritti del Becichemi fu stampata in due volum i a Brescia, senza
data, da Angelo Britannico. Il Panegirico fa parte del primo
volume, pubblicato probabilmente nel 150 31. Si è d e tto 2 che
l’anno in cui fu stampata quest ’editto princeps fosse il 1504.
Ciò però è possibile soltanto per il secondo volum e 3, ma in nessun
caso per il primo. Infatti, ci sono dei prestiti testuali tolti dal
Panegirico da parte del Barlezio per la sua operetta. Questo
significa che la sua fonte sarebbe stata pubblicata nel 1503 il
più tardi, salvo il caso che il Sacerdote abbia utilizzato come
manoscritto l ’indicato trattato del Becichemi. Però un fatto è
sicuro: il Panegirico è stato indirizzato alla Signoria prima del
29 luglio 1503, allorché il compatriota del Barlezio tenne davanti
al senato di Brescia un’oratio, dove si ritrova testualmente qualche
passo di questo trattato 4. Per poter fare ciò, il Becichemi doveva,
a questa data, avere il Panegirico almeno pronto per la
stampa.
Vediamo ora la Storia di Scanderbeg. Apparsa a Roma senza
data, essa fu redatta nel 1508, e poi pubblicata tra il 1508 e il
1510. Le prove sono le seguenti:

id est decimo quarto Kalendas Sextiles. . . , altera luce». Qualche volta


precisa la data anche più da vicino: « pridie Idus M a ia s .. . secunda
noctis vigilia (ibid., II, 238 v.); nocte s e q u e n ti... mane circiter horam
tertiam (ibid., II, 239 v.).
1 C i c o g n a - S o r a n z o , Bibi, vßn., n° 3324.
3 E b e r t , Allg. Bibi. Lex., I , n° 18 2 5 .
3 Cf. La data della prefazione di Paolo Suardo alle « Em endazioni *
che aggiunse a questo volume dell’Opera : « Brixiae, nonis Augusti 150 4 »;
B e c i c h e m i , Opera, [f. 3 4 0 '.
4 Natale solum in quo natus q u is q u e ... fortunas omnes penitus
reliquerunt (Paneg. [f. 2 1 ] ; Oratio [f. 16 6 ]. Nemo inquam unus inventus
e s t . . . patriae quoquo modo violare (Paneg., ibid.; Oratio, ibid., un
p o ’cam biato). Agmen m igrantium . . . a lacrim o tem perare non potue-
runt. (Paneg., ibid.-, Oratio, ibid., in parte testualmente).
147 DATA DE LLA COMPOSIZIONE 13

Prima di tutto, il Barlezio stesso parla in questa biografia


dell'Assedio di Sentori1, come d ’un lavoro già stampato (abbiamo
visto che lo fu nel gennaio 1504). In secondo luogo, sempre nella
Vita del Castriota, si fa cenno, a proposito delle lotte recenti
tra gli Ungheresi e i Turchi, di Baiased II (1481— 1512), come
del sultano imperante quando scriveva l ’a u to re 2. Queste due
prove ci mostrano solo che il panegirico di Scanderbeg apparve
nel periodo di tempo tra il 1504 e il 1512. Ma ce n’è un’altra che
precisa più da vicino l’epoca in cui l ’Umanista lavorava a que­
st’opera. Infatti, parlando di Cimarra e dei suoi abitanti,
egli ci dice : « Insolentiam Turcarum . . . semper foeliciter
contempsere et egregia quadam liberiate naturae ignari alieni
imperii usque ad haec tempora vixere. Nunc (ut audio) ultro
accersitis ex Ap(p)ulia Hispanorum praesidiis signisque, et du-
cem norunt et politiorem formulam vivendi accepere » 3. Questo
riconoscimento spontaneo della sovranità spagnuola da parte
dei Cimarrioti, ebbe luogo, secondo le relazioni dei rettori di
Corfù e di Almorò Pisani, nel gennaio 1508 4. D i qui risulta che
la Storia del Castriota non poteva essere stata pubblicata prima
di questa data. Poi, considerando che il Barlezio viene a dire che
l’avvenim ento è successo » nunc (ut audio) », ne consegue ch ’egli
dovette scrivere le indicate righe presto dopo tal fatto, cioè
poco tempo dopo il gennaio 1508, se non addirittura in questo
mese medesimo. Quindi l ’opera si veniva scrivendo allora, cioè
nel 1508. L a sua estensione (159 fogli stam pati fitti) ci fa pensare
che l ’autore v i lavorasse intorno molto a lungo, forse anche pa­
recchi anni. Non è escluso, peraltro, che al principio del 1508
essa fosse già stata composta e che il Barlezio avesse poi inserito
nel manoscritto la notizia recente nei riguardi dei Cimarrioti.
D 'altro canto, pure le contradizioni in cui cade il Nostro in m a­
teria di cronologia, troppo salienti, ci fanno credere che si tratti

1 B a r l e z i o , Hist., X III , 159 v.


2 Ibid., V i l i , 98 v .: Puiazetes iste.
1 Ibid., II, 16 v. — 17.
1 Santjdo, Diarii, V I I , col. 286, 300.
M "FRANCESCO PAI.I, I48

d ’un lavoro scritto di lunga lena, forse anche con grandi intermezzi.
Tali contradizioni infatti non si possono spiegare se non in questo
modo. E ’ probabile che il lavoro sia stato pubblicato già nel
1508 o forse durante il 1509, ad ogni modo al più tardi nel 1510,
allorché Giovanni Musachi scrisse la sua « Memoria ».
Scanderbeg era sposato con una cugina di questo Musachi,
il quale dopo l’occupazione deU’Albania da parte dei Turchi, si
era rifugiato nella Puglia. Iv i compose nel 1510 il suddetto tra t­
tato per i suoi figli. A quella data egli conosceva senza dubbio
la Storia del Castriota. D ifatti, è già stato rilevato che intorno
alla biografia dell’Eroe fra l ’esule Capo albanese e il Barlezio
ci sono qualche volta delle similitudini palesi, come per es. : la
descrizione della sua fuga dal servizio turco e l’anno 1466, quale
data sbagliata della sua morte. Si pose la questione se il Mu­
sachi avesse conosciuto l ’opera di Marino o se ambedue avessero
attinto dalla medesima tradizione popolare dell’Albania 1. Però
il vescovo Fan S. Noli, nel suo lavoro su Giorgio Castriota -, ha
dimostrato assai chiaramente che il Musachi aveva tolto alcuni dati
dal libro del Barlezio 3 e perciò noi non v i insisteremo più sopra. La
Storia di Scanderbeg doveva dunque essere stata pubblicata prima
del 1510 o proprio in quest’anno, in cui fu scritta la « Memoria » 4.
Forse il Musachi la ricevette come omaggio dell’autore,

1 M a r i n e SCU, Alphonse V, 14 n. 2. T ra questi due- autori, tu ttav ia


non mancano talvo lta notevoli differenze, dalle quali risulta evidente
che il Musachi, cosa ben naturale, è meglio informato del prete di Scu-
tari. Certamente egli, tanto per la sua condizione, quanto per la sua e-
sperienza e le sue relazioni, non aveva gran bisogno di volgersi a quella
tradizione popolare che costituì una notevolissima fonte dell’opera del
Barlezio.
2 Pubblicato in albanese nel 1921 e tradotto, nel 1924, in italiano
da Francesco A r g o n d i z z a (Storia di Scanderbeg, 17— 18).
3 Cf. parimenti il G E G A j (p. X I), il quale però dim entica di fare qui
menzione del Noli, sebbene lo citi più giù nel suo lavoro.
4 Non sappiamo in base a che cosa il P o p o v i C (2ivot-\, prefazione)
e il F r a k n ó i (Huny.-ès Jag., 667, le note) giungano ad ascrivere la pub­
blicazione della Storia all’anno 1493. Qui si tratta senza dubbio d’un
errore.
149 DATA D E LLA COMPOSIZIONE 15

poiché questi la dedicò al duca Don Ferrante Castriota, nipote


d ell’Eroe, il quale viveva sempre in esilio nel Regno di Napoli,
con tanti altri signori albanesi. Infatti, il libro essendo stam pato
a Roma e trattando un argomento così strettam ente collegato
ad essi, dovettero certo conoscerlo in breve tempo.
Dice il Rodotà 1 che le iniziali B. V ., che si trovano alla fine
di quest’edizione, rispondono al nome di Bernardo Vitali, cioè
Bernardino Venetian di Vitali, tu tt’uno col tipografo dell’ Assedio
di Scutari. Sappiamo che egli nei settembre 1508 stampò un
libro a Roma. Esaminando con attenzione il voi. V I II del Panzer,
appare che il menzionato maestro dovette trasferirsi da V e ­
nezia a Roma tra il giugno e il settembre 1508, poiché dopo aver
finito, il 10 giugno, di stampare nella città di S. Marco il libro
« De virtutibus herbarum » di « Macro Filosofo » 2, lo vediamo
pubblicare a Roma, l ’8 settembre, insieme con altre opere, una
nuova edizione della Geografia di Tolomeo 3. Ma egli tornò presto
a Venezia, dove pubblicò, il 20 ottobre 1510, le « Epistole et
Evangelii », e dove possiamo seguire la sua a ttività fino al 1538 4.
Durante il suo soggiorno romano, cioè tra il 1508 e il 1510, stam pò
l ’edizione principe della Storia, poiché le lettere B. V. sono v e ­
ram ente le sue iniziali s.

1 III, 24 n. a.
2 In 40, 46 ff. non num. ; cf. PANZER, A nn . typogr., V i l i , 389, n° 420.
3 PANZER, V i l i , 248, n°. 26.
4 Prince d ’Essi.iNG, II I, Appendice, 140, 337— 338. E gli lavorò un
p o ’anche con M atteo, suo frattello (Ib id ., 338). Il loro soprannome fu
«li Albanesoti » ( S a b e l e i c o , Enneades, I, 462.).
5 In fatti, egli firm ava qualche vo lta semplicemente Bernardin V e ­
netian (Prince d ’E ssuN G , XI2, p. 183 n° 1683, n° 1946) e usava per sigle
le ricordate lettere (« Im pressum Rom ae per B. V . », alla fine dell’edi­
zione principe della Storia di Scanderbeg; « Venetiis per B. V .» , alla
fine delle « Grammatices Inslitutiones » di Giovanni Scoppa (Prince
•d’ ESSLiNG I I 2, p. 632— 633, n° 2546). D el resto, le medesime iniziali or­
nano la sua m arca (SABEM.ICO, Enneades, t I, frontispizio; OROSIO,
Historiarum libri V II , ibid. L ’identità delle iniziali nei testi di Orosio
« della Storia di Scanderbeg e non meno le caratterische della tecnica
-di Bernardino V itali (per questa tecnica: Proctor, A n Index, I — II,
FRANCESCO PALI, 150

Compendio delle vite dei papi e degli imperatori. Q uest’opu­


scolo arriva fino alla morte del pontefice Marcello II, cioè fino al
I maggio 1555 anno a cui risale la pubblicazione fattane a Roma.
Non avendo visto questo lavoro, il Weiss credeva, nella Bio-
graphie Universelle2, che esso non fosse di mano del Barlezio,
poiché questi avrebbe dovuto essere in età di cento anni e anche
più per averlo potuto ultimare. Senonchè la verità è tu tt’altra.
II Sacerdote dà le serie dei pontefici e degli imperatori soltanto
fino a Giulio II, da un lato, e a Massimiliano I, dall’altro 3. Quindi
segue la « Nova additio pontificum ac imperatorum subsequen-
tium » *, che non è altro se non la continuazione degli elenchi
fino a Marcello II, fatta forse dagli editori stessi, « Valerio Dorico
e Luigi, fratelli Bresciani ». Giulio II, per tornare a lui, morì
il 21 febbraio 1513. Il Barlezio però si è fermato, nello scrivere
il suo opuscoletto, prima di quell’anno, poiché Pietro Angelo,
a cui è diretta la prefazione dell’autore, era morto già nel 1512 5.
Ciò significa ch’egli non poteva lavorare a questo trattato dopo
quell’anno e che neppure le poche parole su Giulio II gli appar­
tengono del tutto. A d ogni modo, le date del suo pontificato
« nove anni e quattro mesi » sono già di pugno del continuatore.
Nell’indicata prefazione il Barlezio accenna che compose questo
suo lavoro secondo il desiderio degli amici, però soltanto dopo aver
finito la Storia 8. Dunque tra il 1508 e il 1512 o, più probabil­
mente, tra il 1510 e il 1512.

363— 364), riconoscibili nell’aspetto dell'editio princeps della Storia


sono parimenti prove di un fatto ormai certissim o: che lo stam patore
ne fu il Vitali.
1 B a r l e z i o , Compendium, 107— 108.
a H I, 384.
3 B a r l e z i o , ibid., 105, d o v e si d ic e a p p u n t o : « F in is C o m p e n d ii
B a r ie t a e ».
4 Ibid., 106— 108.
5 V . il trattato del canonico e « principe » A ndrea Angelo, figlio di
Pietro (1443— 1512), intitolato: Genealogia imperatorum ac regum, ecc.,
Roma, 1555, Giij i. Questo lavoro era pronto per la stam pa già nel
1546 (ibid., A ij 1 v.).
8 B a r l e z i o , Compendium, p r e fa z io n e d e ll’ a u t .
I5I EDIZIONI, TRADUZIONI E RIMANEGGIAMENTI 17

Nel 1555 il Compendio giunse alla seconda edizione. L a


prima doveva essere stata pubblicata anteriormente al 1551»
poiché tra le fonti stam pate della versione italiana della sua
Genealogia (che era pronta in manoscritto nel 1551, come ci
indica la prefazione in data 30 agosto di quell’anno, benché si
pubblicasse solo nel 1553 *), Andrea Angelo accenna anche al « D e
Regi, Pontifici et Imperatori compendio » di Marino « Barletta » 2.
Del pari, i menzionati editori del Compendio, nella loro dedica
ad Andrea, in data 7 maggio 1555, asseriscono che esso era già
stato stam pato tempo addietro 3. Disgraziatam ente, non abbiamo
potuto trovare questa prima edizione, che d ’altra parte non è
ricordata in alcuna raccolta bibliografica. E ’ vero che in uno
studio del Sufflay è detto che il Compendio sarebbe stato pubbli­
cato a Roma nel 1553 4, ma, in realtà, si tratta presso di lui d ’un
errore di stampa.

3. Edizioni, traduzioni e rimaneggiamenti

Gli scritti del Barlezio ebbero parecchie edizioni, e cioè :


VAssedio di Scutari, quattro; la biografia di Scanderbeg, anch’essa,
quattro; il Compendio delle vite dei papi e degli imperatori, due.
Abbiam o già ricordato la prima edizione dell’4 ssedio e della

1 Genealogia d’imperatori, 5.
2 Ibid., 46.
3 Cum enim ad manus nostras, Illustrissime Princeps, de Im pera-
torum vitis Rotnanorum atque Pontificum libellum, a solertissimi in-
genii viro eximio, Marino Barletae Scodrensi, compendiario exaratis,
genitorique tuo (veluti in dedicatoria illa epistola facile legere est) de-
legatis, pervenisset, ac amplius nonnullas Im peratoruin his veluti co-
ronidem ac Romanorum ex illustrissima tua fam ilia originem trahen-
tium quorundam consulum adsutas imagines, suis quidem locis concinne
digestas et collocatas n acti: Hasm et tibi, Illustrissime mi Princeps et
decenter scilicet, quippe earum Patrono progenitorumque tuorum vin ­
dici dicare, quam his quorum interest nihil (cutn praesertim ipse libellus
eodem sub nomine iamdudum praelo fuerit demandatus) in praesentiarum
quoque aequius fore censuimus. Cf., del resto, il titolo stesso del Com­
pendio, dove si dice « nuper aeditum ».
4 Povijest, II, 207, n. 7.
i8 FRANCESCO PALL 152

Storia del Gasinola. Quanto al terzo lavoro, ne possediamo sol­


tanto la seconda edizione.
Vediamo ora le altre edizioni delle prime due opere del Nostro :
a) L'Assedio di Scutari. Si stampò per la seconda volta a
Basilea, nel 1556, nello stesso volume in cui sono la Storia del
Chalkokandyles e una serie di altre cronache riguardanti le guerre
tra i Cristiani e i T u rch ix. L a terza edizione fu stam pata insieme
con la Vita di Scanderbeg nel terzo tomo delle « Cronica Tur-
cica » edite da Lonicero a Francoforte sul Meno, nel 1578. Essa
reca il titolo De Scodrensi obsidione et expugnalione e segue
l ’edizione del 1556, omettendo però la prefazione dell’Umanista
al Doge di Venezia. Le stampe che l’illustrano sono prese dal­
l ’edizione contemporanea alla biografia dell’Albanese. Rispetto
a ll’edizione del 1556, questa del 1578 ha il vantaggio di margi­
nalia e di una divisione in capoversi più minuta, che ne facilita
l ’uso. Questo, così come la più larga diffusione della raccolta
Lonicero, e inoltre il fatto che il lavoro sia stam pato nello stesso
volume che contiene la biografia del Castriota, ci spiegano perchè
se n’è fatto uso quasi esclusivamente nell’edizione del 1578.
L ’Assedio fu pubblicato nel 1596, per la quarta volta, da Celio
Agostino Curione nella « Sarracenica Historia » a Francoforte
sul Meno, insieme con altre cronache. Si tra tta d ’una riprodu­
zione dell’edizione del 1556, con lo stesso titolo.
b) La Storia di Scanderbeg. Essa apparve per la seconda volta
a Strasburgo, nell’ottobre 1537, con il titolo: De vita, moribus
ac rebus praecipue adversus Turcas gestis Georgii Castrioti, cla-
rissimi Epirotarum principis, qui propter celeberrima facinora
Scanderbegus, hoc est Alexander Magnus, cognominatus fuit, libri
Iredecim per Marinum Barletium Scodrensem conscripti ac nunc
pritnum in Germania castigatissime aediti. Argentorati, apud

1 Quest'edizione è priva delle note marginali (che troviam o invece


nell’edizione del 1504 e soprattutto in quella del 1578). Ci sono tra la
seconda e la prima edizione pochissime ed insignificanti differenze, che
riguardano, del resto, anzitutto l’ortografia : « faecundus, caepit, Adria-
nopolis, Boeotia, Bosphor (ed. II), invece di « faecundus, coepit, Adria-
nopolis, Boetia, Bosfor (ed. I) ».
153 EDIZIONI, TRADUZIONI, RIMANEGGIAMENTI 19

Cratonem M yliutn, mense Octobri anno 1537, in folio, 371 pp. num.
e 10 pp. non num. Fu pubblicata a cura di Gaspare Hedio (Heid),
che ebbe una parte notevole nella Riforma. Essa è più utile
della prima edizione (la cui lettura è resa difficile e faticosa
per le abbreviazioni estremamente numerose) non soltanto
per le sue glosse, che dànno spiegazioni riguardo all’argomento,
ma anche per la punteggiatura e per l’indice. Senonchè riproduce
alcuni sbagli dell’edizione rom an a1 e, qualche volta, corrompe
anche il testo. Essa ha poi parecchie differenze, correzioni e,
disgraziatamente, persino delle omissioni in confronto con l ’edi­
zione anteriore. Non si deve infine tralasciare neppure l’inter­
punzione che cambia, qualche volta, il senso prim itivo del testo a.
Nel 1578 si stampò a Francoforte sul Meno, a spese di Sigmund
Feyerabendt, la terza edizione. F a parte della raccolta Eonicero,
voi. I l i , con il titolo: Vita, indoles et adversus Turcas res gestae
Georgii Castrìoti, Epirotarum principis (qui propter egregia fa-
cinora Scanderbegus, hoc est Alexander Magnus, cognominatiis
fuit), in folio, 230 ff. e 8 pp. non num. 3. E ’ una riproduzione
dell’edizione di Strasburgo, ma senza la prefazione fa tta dallo
Heid (sostituita da quella del Feyerabendt) e senza i passi di
Enea Silvio, Volaterrano e Giovio, riguardanti Scanderbeg. P a­
rimenti v i manca la prefazione del Barlezio a Don Ferrante Ca-
striota. Siccome segue l ’edizione del 1537, questa del 1578 natu­
ralmente contiene le modifiche apportate al testo da quella.
Senonchè essa presenta pure altri cambiamenti nella g r a fia 1
1 V . l ’Appendice del presente lavoro.
2 Essendo queste differenze troppo numerose, ne daremo un copioso
elenco nell’Appendice del presente lavoro.
3 PÈTRO VITCH , Scanderbeg, 43— 46. P e r ò il n u m e r o t o t a le d e lle
s t a m p e n o n è 146 ma 148. E s s e si r ip e t o n o p iù v o lt e , c o s ì ch e il lo r o n u ­
mero re a le si rid u c e a 52.
4 A utor (più raro anche «auctor»), benevolentia, cepi, Ferisbassa,
internitio, Itali, laedo, literae, namque, pleraque, poèta, quatuor, scalae,
scelus, Turcica, Valchales, invece di: auctor, benivolentia, coepi, Feri-
bassa, internetio, Italici, ledo, litterae, nanque, plaeraque, poeta, quat-
tuor, schallae, scaelus, T urcaica (cf. la stessa forma presso il Tubero,
Comment., V I I , 169, 175, ecc.), falchales, della I ed. I numeri romani
della I ed. vi sono trascritti con cifre arabe.
20 FRANCESCO PALL 154

0 nel contesto Poi ci dà anche alcune correzioni2. Però, nello


stesso tempo, v i troviamo una grave omissione 3. Q uest’edizione
è stata la più consultata dagli studiosi. E ’ citata press’a poco
da tu tti gli storici che hanno scritto sul Castriota. L a quarta edi­
zione fu pubblicata a Zagabria nel 1743, dal preposto Francesco
Thauszy. Essa porta il titolo: Georgius Castriotus, Epirotarum
princeps, a Turcis olim Scanderbeg cognominatus. Zagabriae,
Typis Joannis Baptistae Weitz, inclyti regni Croatiae typographo,
Anno 1743, in 40 (piccolo), 373 pp. Riproduce il testo del Loni-
cero, con la differenza che lascia da parte la prefazione

1 Predae cupiditas detineas (46, riga 10) in luogo di: p. c. detineat


(I edizione, 33, r. 27) ; non ignotum nec latitat posteritatem (100, r. 13)
sbaglio per: non ign. la tita t posteritati (I ed. 71 v., r. 2— 3); locato iam-
pridem ibi milite per Mahumetem facile voluntarios praesertim, pepulit
in fugam (106, r. 28— 29) invece di: locato. . . milite Mehumetho (nella
1 ed.: Mehumethos errore di stampa).
3 Ne alius prior posceret (18, r. 2), invece di: N e . . . posterei (I ed.,
13 v., r. 14) ; Nunc concedat aliquantulum (22, r. 29) per : H u n c. . . ali­
quant. (I ed. 16, r. 32) ; Nicolaus et Paulus Ducaginus spectatis armis ambo
(23, ultima r.) invece di: spedati. . . ambo (I, 17, r. 10); reliquis quoque
turmis incusserunt pavorem timentibus (51, r. 19— 20) in luogo di:
reliquis. . . tumentibus (X, 37, r. 37) ; Rationein a cuiusvis pectore exte-
nuare potuisset (100 v., r. 31) per: rationem . . . externa re pot. (I, 73 v.,
r. 7) ; Humaniter et honorifice in vitatus (126 v ., r. 23) invece di: humanae
et hon. inv. (I, 89 v ., r. 23) ; ut perniciosum, ita maxime reprehensabile
(129 v., r. 11— 12), nella X ed. (91 v., r. 17) senza ut; facetissime responsum
( i 33 v -. r. 15) invece di: factissime resp. (I, 94 v., r. 16), nani inter flendum
non virtus defuncti (147, r. 14) per: nani interfluendum. . . def. (I, 104,
r. 14); invulnerabile corpus viri (148, r. 30) invece di: innum erabile...
viri (I, 104, v ., r. 23); muceriaquadam (163, r. 1) in luogo di: maceriae
quad. (I, 114 v ., ult. r.); L,iberalitatem sibi devincire (169, r. 1) per:
L i b . . . devincere (I, 119, r. 18).
Però: poenas eius crudelitatis (138, r. 33) è uno sbaglio invece di:
p o e n a s ... credulitatis (I, 98, r. 2).
3 . . . neque ulterius novo suorum quam bellicosior senex pergeret
(47 v., r. 2— 3) invece di: neque ulterius novo suorum sanguine pascere
hostem, sed supersedere eousque a bello, donec promissam sibi nequicquam
gloriam et conceptae inaniter victoriae praemia minacior quam bellicosior
senex pergeret ipse iniquo fato petiturus (I ed. 34, r. 12— 15).
155 EDIZIONI, TRADUZIONI, RIMANEGGIAMENTI 21

interposta tra i libri V I e V II. Del pari, mancano il sommario


e l’indice 1.
Parliamo ora delle traduzioni di questi due lavori del Bar-
lezio :
a) L'Assedio di Scutari. Fu tradotto in italiano da Francesco
Sansovino e pubblicato nella sua raccolta: Dell’Historia univer­
sale dell'origine et imperio de' T u r c h i... libri tre, che ebbe fino
al 1654 tu tta una serie di edizioni. Nella prima, del 1564, però
troviam o assegnato il libro del Barlezio erroneamente a « Marino
Becichemo » 2. Invece, in quella del 1573 figura il vero autore 3.
S i tratta di una versione talvolta anche sbagliata 4. In generale,
il Sansovino scorcia il testo o lo lascia da parte 5. U n teologo,
Cyprian Sieradz, che prese il soprannome B azylik in onore del
.uo protettore, l ’avventuriero Giacomo Basilico Heraklides 6 (il
quale giunse a essere principe di Moldavia), pubblicò nel 1569
a Brest-I,itowsk la traduzione polacca dell’*4ssedio (unitamente
con la Storia di Scanderbeg), dedicandola al palatino Alberto
L a s k i7. Nel 1587 uscì la seconda edizione8. Nel 1576 Jacques
■de Lavardin, signore di Plessis-Bourrot, noto scrittore e traduttore,

1 Edizione ornata col ritratto di Scanderbeg, preso dall'ediz. del


Lonicero.
2 V . s o p ra , p . 143 .
3 F o l. 300 v .
1 Cf., per esempio, il B a r l e z i o , De Scodr. obs., II, 239 v .: « A u-
■dierant enim barbari. . . prius se contulit », con la traduzione del San-
SOVINO, ed. del 1654, f. 307: « E i barbari havevano inteso. . . per con­
siderare la fabrica di quel ponte ».
3 Cosi egli non riproduce il discorso di Florio Yonim a (del II I libro).
Ne fa soltanto menzione (321— 321 v.).
6 W O TSCH K E , Johann Laski, 48.
7 Ne abbiamo esaminato una copia, che si trova in ca ttiv a condi­
zione, nella Bodleiana di Oxford, L it. Polon. E. 123.
8 E s t r e i c h e r , Bibliogr. polska. V i l i , 58, X II, 375; W i e r z b o w s k i ,
Bibl. Poi., II, 124. Il PÉTROVITCH (154) dice che questa traduzione ha
a v u to 3 edizioni, di cui la prima sarebbe stata stam pata nel 1568. Non
abbiam o però trovato altrove m enzionata una tale edizione.
22 FRANCESCO PALI,

diede nel X III libro della Histoire de Georges Castriot, una


versione francese libera dello stesso trattato x.
b) La Storia di Scanderbeg. Questo libro durante il X V I sec.
fu tradotto in parecchie lingue europee. Così nel febbraio 1533,
Johan Pinicianus, un maestro di latino, venne a pubblicare ad
Augusta, nella stamperia di Heinrich Steiner, una versione te­
desca molto precisa: Des allerstreytparsten und theüresten Fürsten
und Herrn Georgen Castrioten, Herzogen zum Epiro und Albanien,
etc., ritterliche Thaten, so er zu erhalten seiner Erbland mit den
Türchischen Kaysern in seinem Leben glücklich begangen, in
Latein beschrieben und jetz durch Ioannem Pinicianum newlich
verteütscht, data sopraccennata, in fol., 11 ff. non num. e 241 ff.
num. Essa contiene un ritratto dell’Eroe, im itato dall’edizione
romana della Storia e altre numerose stampe. Ebbe 7 edizioni2.
Nel 1554 apparve a Venezia la traduzione italiana fatta da Pietro
Rocca, pubblicata però da Francesco, suo fratello, e stam pata
da Giovanni Griffio. Essa porta come titolo: Historia del ma­
gnanimo et valoroso Signor Georgio Castrioto detto Scanderbeg,
dignissimo principe de gli Albani, in 8°, 12 ff. non num. e 403
ff. num. Di questa versione si ebbero 4 ed izion i3. U na tradu­
zione portoghese, secondo l’edizione di Strasburgo, uscì a L i­
sbona presso Marcos Borges dalla penna di Francisco D ’Andrade,
nel 1567: Chronica do vaieroso Principe et invencivel Capitäo
Iorge Castrioto Senhor dos Epirenses ou Albaneses, que por suas
maravilhosas obras foy chamado Scanderbego, que antre os Turcos
quer dixer Alexandre Senhor, esenta em Latini por Marino

1 II Lavardin compose, tra l ’altro, una Storia dei Turchi, che non
giunse però a essere stam pata. Cf. DEEACR o i x - D u M a i n E -D u V e r -
d i e r - R i g o l e y D e J u v i g n y , Les Bibi. fr. I , 420— 422.

* Noi ne abbiamo avuto a disposizione solamente 3: qu ellad el 15 3 3 ,


poi quella del 1561, pubblicata da W eygand H an e Georg Raben a
Francoforte sul Meno e infine l’edizione del 1577, ristam pata da Sig­
mund Feyerabendt nella stessa città.
3 Ne conosciamo oltre alla prima, quella del 15 6 0 , stam pata sempre
dal Griffio, e quella del 1580, edita dai fratelli F abio e Agostino Zop-
pini. L a traduzione del Rocca fu riprodotta nella rivista La Nazione
Albanese, degli anni I V — V II (1900— 190 3), diretta da Anseimo I,orrecchi.
157 EDIZIONI, TRADUZIONI, RIMANEGGIAMENTI 23

Barlecio. . . in fol., 2 ff. non num. e 245 ff. num. 1. Abbiam o già
fatto menzione della traduzione polacca del B a z y lik 2. L,a versione
francese, come anche abbiamo accennato, fu pubblicata da Jacques
de Lavardin a Parigi, presso Guillaume Chaudière nel 1576.
Essa porta il titolo: Histoire de Georges Castriot, surnommé Scan-
derbeg, roy d’Albanie, contenant ses illustres faicts d’armes et me-
morables victoires à l ’anconire des Turcs, pour La foy de Iesus
Christ, in 40, 486 ff. V i troviam o un ritratto, assai brutto, del
l’Eroe, « tire du Musée du Sr. André Theuet, Cosmographe du
Roy, apporté de Bouthole [ = Budua], ville d A lb a n ie ». Il La-
vardin diede una traduzione molto libera, com pletata con altre
fonti e anche con osservazioni personali. Il gentiluomo francese
indica fra le sue fonti « L a vie de Scanderbeg, dont l ’autheur
est incertain », che non è altro se non il trattato « F a tti illustri
del Sig. Giorgio Scanderbegh d ’incerto autore» della raccolta del
Sansovino. Questo lavoro 3, come vedremo più innanzi, è tutt'u n o
con il « Commentario de le cose de’ Turchi et del S. Georgio Scan­
derbeg » 4, di cui, del resto, già esisteva una traduzione francese,

1 L a traduzione, dedicata al re Sebastiano I, venne stam pata co ll’ap­


provazione dell’inquisizione. In questa versione la V ita del Castriota
è preceduta (£. 1— 7) da una breve compilazione « que trata da origem
dos Turcos. . . » e della loro storia (fino a Soliman II), fatta dal D ’An-
drade secondo » todos os escriptores antigos et modernos », i quali se
ne sono occupati ; il traduttore l ’ha composta » para milhor entendim ento
da historia de Marino Barlecio » (f. 2 n. num., f. num.) Una copia
di questa rarissima pubblicazione si tro va nel British Museum, G. 6424 ;
u n ’altra nella Bodleiana di Oxford, CC. 4 A rt. Il D ’Andrade scrisse
anche una biografia di Vasco de Gam a e un’altra, del re Giovanni I I I
di Portogallo; cf. B a r b o s a , Bibl. Lusit., II, 103— 104.
2 V . la pag. 84.
3 II Lavardin se ne servì pochissimo, soltanto verso la fine della sua
traduzione. V . per es. un passo di questo libro, dove si dice che Lecca
Ducagin chiede che vengano assaliti i Turchi ritiratisi nella Tirana,,
dopo la morte di Balaban pascià ( L a v a r d i n , ed. del 1621, 1. X III , cap.
2, p. 449; Commentario, ed. del 1539, cap. 37, f. 42).
* F a ls a m e n t e a t t r ib u i t o a l G io v io , in u lt im o a n c h e d a ll’ A T K iN S O N ,
La Liltérature géogr., 5 1 7 ; I d e m , Supplément, 19 , n °. 72 A . ) ; in v e r i t à
si t r a t t a d ’u n a c o n fu s io n e c o l Commentario de le cose de Turchi d e llo
M FRANCESCO PALI,

fatta da Guillaume Gaulteron de Cenquoins e stam pata a Parigi


nel 1544. Senonchè il Lavardin adoperò i « F a tti » direttamente,
nella forma italiana Ciò non è stato osservato dal Noli, il quale
•credette a torto che l’Anonimo del Lavardin fosse andato per­
duto e perciò attribuì falsamente alla traduzione francese della
Storia l ’importanza di « una fonte secondaria » per lo studio
della vita deir Albanese Essa ebbe cinque ed izion i3. Una ver­
sione spagnuola, seguendo quella portoghese, uscì a Lisbona nel
1588 a cura di Juan Ochoa de la Salde, « prior perpetuo de Sant
Juan de Letran ». Il titolo di questa traduzione: Chronica del
esforfado principe y capitan Jorge Castrioto, rey de Epiro o A l­
bania, in fol., 4 ff. non num. e 191 ff. num. Passando per la censura
dell’Inquisizione, questa ne tolse, come risulta dall’approvazione
che diede perchè l ’opera venisse stam pata, alcuni passi, per
esempio le reminiscenze mitologiche del Barlezio o uno scherzo
di Alfonso il Magnanimo intorno ai suoi soldati italiani, poiché
considerava tali cose dannose alla morale cristiana 4. D i questa

ste s s o Umanista, dedicato a Carlo V nel 1531 e ristam pato nel 1541 (dai
« figliuoli di Aldo »), nonché nel 1545 (da Bernardino de Bindoni) insieme
all’accennato trattato riguardo a Scanderbeg. Di quest'ultim o scritto
si ebbe nel 1562 una versione inglese per opera di John Shute, tradutore
nello stesso tempo anche di Andrea Cam bini. (Cf. pure il P é t r o v i t c h , 25).
1 Ciò r is u lt a d a u n c o n fr o n to d e lla v e r s io n e d e l G a u lt e r o n c o n l ’ o ­
riginale e co n il L a v a r d in (cf. il p a s s o in t o r n o a D e m e tr io F ra n c o
presso il G a u l t e r o n , Commentaire, c a p . 37, n e l Commentario, lo s te s s o
c a p ., e n el L a v a r d i n , X I, c a p . I, 478).
• N o l i , Storia di Scand., 14.
L a seconda edita da Hierosme H aultin, L a Rochelle, 1593 ; la
terza dal Chaudière, Parigi, 1597; la quarta da I. Arnauld, Ginevra,
1604; la quinta da Denis Moreau, Parigi, 1621.
1 L ’opera di Marino vi subisce qualche omissione, come, p. es., l ’al­
lusione ai Ciinarrioti ( B a r l e z i o , Hist., II, 16 v .— 17) o il parallelo tra il
Castriota e l’ Hunyadi, (ibid., 28). Non c’è alcun indizio sicuro sul
l'esistenza d’uua edizione anteriore, di Siviglia nel 1582 ( P a l a u J. D u l c e t
Mattuai, V, 339). Intorno alle opere di I. Ochoa, v. G a l LARDO,
Ensayo, III, n°. 3260. Una traduzione castigliana, diversa da
■quella dell’Ochoa, però sempre secondo la versione portoghese del
D ’Andrade, si è conservata in un manoscritto del X V II sec. della B i­
blioteca Nazionale di Lisbona (Ms. No. 455 B. 6—-7), sotto il titolo:
159 EDIZIONI, TRADUZIONI, RIMANEGGIAMENTI 25

traduzione si ebbero due edizioni Infine, abbiamo la versione


inglese, pubblicata, seguendo il libro del L avar din, da un « Gen­
tleman » dalle iniziali Z. Y ., sotto il titolo: The Historie of George
Castriot, surnamed Scanderbeg, K ing of Albanie, Londra, W illiam
Ponsonby, 1596, in. 40, 498 pp.
Vediamo ora i rimaneggiamenti della Storia di Scanderberg.
Infatti questo libro del Barlezio ha fatto sorgere tu tta una serie
di adattam enti nel corso dei tempi. Ne citiamo alcune 2. Nel 1592
a Cluj (in Romania) fu pubbhcato già per la seconda volta il poema
storico di Niccolò Bogàti Fazekas: A nagy Castriot Gy'òrgynek..
historiàja (La S to r ia .. . del grande Giorgio Castriota), un rias­
sunto in versi dell’opera del Nostro. Questo trattato ebbe ancora
una edizione, quella di Debrecen (in Ungheria), nel 1597 3. Il
canonico Georgius Bartholdus Pontanus von Breitenberg diede
alla luce nel 1609 ad Annovera un piccolo libro, contenente i
discorsi e le lettere inserite nell ’Assedio e nella Storia, sotto il
titolo: Scanderbegus, hoc est vita et res strenue feliciterque gestae
Georgii Castrioti, ecc. Queste esercitazioni rettoriche del Barlezio

Exemplar de virtudes morales en la vida de Iorge Casirioto, llamado Scan­


derbeg, principe de los epirotas y albanezes. Così è intitolato anche il libro
di Luis de Menezes « offrecido a la Illustre J uventud Portuguesa » e
stam pato a Lisbona, nel 1688 (M o l d e n h a u e r , Contribución al catàlogo,
5 0 — 5 4 ; PÉTRO VITCH , 85— 86).
1 V . la bibliografia del presente lavoro (sotto Barletius). L’asserzione
che esisterebbe una edizione stam pata a Madrid nel 1592, come si dice
nell’ H a m m e r (Gesch. osm. R ., I., 657-658 ; cf. PÉTROVITCH, 52), è da a-
scrivere ad un errore tipografico (1592 invece di 1597, la data esatta).
2 Per questi rim aneggiam enti v. in generale il Pétrovitch. Sulla
copertina delle dispense pubblicate durante il 1912 nella collezione L i ­
terarhistorische Forschungen, diretta da Iosef Schick e dal barone von
W aldberg (edizione Em il Pelber, Berlino) si annunziava l ’impressione
imminente del lavoro: Skanderbeg. Eine Studie zur vergleichenden Lite­
raturgeschichte per opera di H a n s R a u t n e r . Esso però non è mai stato
dato alla luce (V. anche M o l d e n h a u e r , 53 e n. 2).
3 S z a b ó , Règi Magy. Kònyvt., 12 6 , 1 4 0 ; S z i n n y e i , Magy. iròk, I,
col. 1 1 6 1 . Questi due autori parlano soltanto delle edizioni uscite nel
15 9 2 e nel 1 5 9 7 . Il D E zsi (Bogdti, 3 7, 38) viene a supporre che la prima
fosse già la ripubblicazione di una edizione stam pata parecchi anni
nnanzi.
26 FRAN CESCO P A U ,

sono collegate tra di loro per mezzo di argomenta, che rias­


sumono gli avvenimenti narrati. Nel 1709 il P. Jean-Nicolas
Duponcet stampò a Parigi una Histoire de Scanderbeg, roy
d’Albanie. Il suo pensiero era di offrire un adattam ento della
Storia del Castriota « d ’une manière plus conforme au gout et au
genie de nòtre siècle », omettendo alcune descrizioni e digres­
sioni da lui giudicate troppo noiose, e ponendo invece informa­
zioni attinte da altre fo n ti1. Egli scrisse servendosi ugualmente
del libro del Lavardin.
Il lavoro di Giovanni Baila: ’ Emro/ur) rfjQ 'IoroQÌag rewQyiov
tov KaoTQiÓTov, tov ¿novo/uaodévxoQ SxevTÉQfiJiey, fiaou.écog rfj;
’ Aifiaviag, ueracponoOmoa èx tov r a l l i x o v , stampato a
Mosca nel 18 12 2, con l’aggiunta d’un catalogo dei sultani
turchi fatto da Eugenio Bulgari, è la versione di un, non
sappiamo quale, adattamento francese del Barlezio, com­
pletato in qualche parte con il suddetto « Commentario
de le cose de’ Turchi e del S. Scanderbeg »3. Il Baila a
sua volta, è stato tradotto nel 1820, in italiano da Andrea
Papadopulo — V r e tò 4, e in romeno dal serdar I. Bilciu-
rescu (sul frontispizio del libro: Bilcirescu). Questa versione
romena si stampò a Bucarest, nel 1847, con il titolo: Prescurtare
din istoria lui Geòrgie Castriotul, numit Scenderbei, printul
Albaniei5.
Basandosi sul libro del Barlezio, pubblicò Jovan Popovic a
Buda, nel 1828, la sua ¿ivo?k i vitezka voevanja slavng-k kneza

1 P r e fa z io n e . Q u e s to lib ro fu r is ta m p a t o a I.ie g i n e l 1854 (P É T r o -


VITCH, 114). •
2 P a p a d o p u i .o - V r e t ò , Correzioni, 26.
3 P e r e se m p io , le n o tiz ie in t o r n o a lla v is it a d i S c a n d e r b e g a R o m a
e al m a ssa c ro d e lla p o p o la z io n e di C h id n a ( P a p a 1i o p u l o - V r e t O,
Compendio, I I , 1 7 5 , 1 7 7 — 178) so n o a t t in t e d a q u e s t ’ u lt im a fo n te .
4 Compendio dell'istoria di Giorgio Castriotto soprannominato Scander­
beg, principe dell’Albania.
5 I n d u e to m i. L a s e c o n d a e d iz io n e v e n n e in lu c e n e l 1858 ( I a r c u ,
A n. Bibl., 5 7). I l p ic o t c r e d e t te a t o r t o c h e la tr a d u z io n e d e l B ilc iu r e s c u
fo s se fa tta su l te sto del D uponcet (Revue Critique, X V I, 1882,
p . 408).
IÒI DIVISIO NE E RIASSUNTO DELK OPERE 27

epirskoga Gjorja Kastriota Skenderbega1. Lo stesso si può dire


dell’opera romantica del Paganel: Histoire de Scanderbeg ou
Turks et Chrétiens au X V -e siècle, Parigi, 1855, tradotta anche
in parecchie lingue straniere.
D a tutto ciò risulta che la Storia di Scanderbeg ebbe una
larga fortuna. Questo vivo interessamento del pubblico europeo
nel corso dei secoli per il libro del sacerdote di Scutari si spiega,
secondo il nostro giudizio, oltre che per l’argomento a quei tempi
di grande attualità — in quanto concerneva un capitolo glorioso
delle lotte incessanti tra i Cristiani e i Turchi — anche per lo
stile vivace e attraente del nostro umanista.
Riguardo al carattere di attualità della Storia di Scanderbeg
non sarà, certo, inutile citare alcuni esempi: 1’ Heid, il ricordato
editore nel 1537 di quest'opera, dice, che ripubblicandola, intende
offrire ammaestramenti contro gli Ottomani, i quali, come ha
sentito, vorrebbero invadere il Regno delle due S icilie2. Il
Lavardin, nella prefazione della sua edizione del 1576, rivol­
gendosi alla nobiltà francese, mette in rilievo il brillante esempio
della carriera di Giorgio Castriota, difensore della Fede, opponen­
dolo al triste spettacolo della guerra civile e religiosa, che insan­
guinava allora la Francia. Il menzionato Pontanus von Brei-
tenberg nella prefazione (del 1609) desidera che il suo tra tta to
sia letto non solo dai militari, ma anche dalla gioventù delle
scuole, perchè ne apprendano entrambi gh insegnamenti oppor­
tuni, in un momento in cui gh attacchi dei Turchi nell ’Ungheria
e nei paesi vicini allTmpero, assegnano alle imprese dell’Eroe
albanese un particolare sapore di attualità.

4. Divisione e riassunto delle opere

I primi due scritti dell’Umanista sono divisi, secondo l ’uso


dell’epoca, in « libri », che tu ttavia non hanno sempre come limiti

1 Riguardo a questo libro: J o v a n G rCió, in Glasnik di Novi-Sad,


I, 3 (1930), 73— -79. I l libro del Popovié fu ripubblicato (nel 1880) nella
raccolta Narodna Biblioteka di B r . JO V A N O V i C. V 'è una copia nel
British Museum, 012265 e- 5/T37 -
2 B a r l e z i o , Historia, ed. di Strasburgo, p. 1 non num.
28 F R A N C E SC O P A L I, 162

eventi troppo rimarchevoli, ma servono piuttosto a uno scopo ’


pratico, quale semplici partizioni d ’una esposizione lunga, senza
neppure tener conto della proporzione tra le varie parti. Così
nell’Assedio, che comprende 3 libri, la prima e l ’ultim a sono
quasi della stessa grandezza, mentre la mediana è stesa il doppio
delle altre due. Anche nella Storia si osserva la medesima
sproporzione. Dei 13 libri, che conta quest’opera, il V I e l ’X I,
in confronto agli altri, sono press’a poco due volte più grandi,
mentre i due ultimi non sono lunghi nemmeno la quarta parte,
sebbene qui trattandosi delle spedizioni personali del sultano
Mohamed II, ci saremmo aspettati una narrazione più ampia.
Il Fallm erayer crede che ciò si spieghi con la scarsezza delle fonti
possedute dal Barlezio intorno a questo periodo della vita di
Scanderbeg *. Nella Storia v i sono due parti ben distinte, sepa­
rate da una Il-a prefazione (dinanzi al libro V II), dove l ’autore
accenna al sorgere di un nuovo periodo nelle guerre dell’Eroe,
per la morte di Murad e l ’avvento al trono di Mohamed II.
Ora abbozziamo in pochi tratti un riassunto degli scritti del
Barlezio.
a) L'assedio di Scutari. Prefazione 2. Libro I (ed. del 1578,
f. 231— 236 v.). Si parla delle varie opinioni intorno all’origine
dei Turchi (con i quali si inizia anche la Storia). Segue poi la
serie dei sultani fino alla presa di Costantinopoli. Indi l ’autore
ci dà un cenno storico e una descrizione di Scutari e dintorni.
II (237— 264). Comprendendo l ’im portanza di questa città,
Mohamed II decide di conquistarla. Nel maggio [1474] invia
contro di essa Soliman, beglerbeg di Rum elia (Novae Romae
praefectus), che vi pone l’assedio. Scutari però è difesa eroica­
mente da Antonio Loredano, così che dopo tre mesi i Turchi si
vedono costretti a ritirarsi. Q uattro anni dopo, il Sultano fa
una nuova spedizione, impegnandovi forze numerosissime. L ’as­
sedio ha inizio al principio di maggio. Però soltanto il 1 luglio
arriva Mohamed in persona sotto le mura. L a città si difende

1 F a l l m e r a y e r , IX , 91.
a V . sopra, pp. 141— 142.
16 3 DIVISIONE E RIASSUNTO D ELLE O PERE 29

strenuamente. I discorsi vibrantissim i di F ra ’ Bartolomeo aumen­


tano ancor di più il coraggio dei difensori. I Turchi, dopo aver
bom bardato a lungo e con violenza le mura, dànno parecchi
assalti, tu tti disastrosi per loro.
I l i (264 v .— 271). Consigliato da Achmed beg, il Sultano
rinunzia agli assalti. Decide di lasciare questi a bloccare il luogo,
mentre egli si ritira. Poi, avendo le sue truppe preso X habljak,
D rivasto e Alessio, nel settembre fa ritorno a Bisanzio. I begler-
beg lo seguono ben presto. Venezia è costretta a concludere la
pace, cedendo la città ai Turchi, a condizione però di lasciare
gli abitanti liberi di andarsene, se vogliono, con tu tti i loro beni.
Essi, infatti, preferiscono partire anziché vivere sotto il dominio
ottomano. Così s’imbarcano (il 4 aprile 1479), sulla flotta vene­
ziana, che li trasporta nella Metropoli.
b) La Storia di Scanderbeg. L a prefazione (f. 1— 2) è dedicata
a Don Ferrante Castriota, nipote dell’Eroe. L ’autore, stim olato
dal fatto che non si tro vava nessuno che si occupasse della storia
dell'Albanese e acceso dal patriottism o e dall’ammirazione per
il glorioso campione, mosso poi dalle insistenze degli amici •— de­
cise di scrivere quest’opera, fondata anzitutto sulla testim o­
nianza delle persone degne di fede e in minor parte anche sulla
tradizione popolare.
Libro I (2— 14). Giorgio è il più giovane, ma anche il più
bravo tra i figli di Giovanni Castriota, signore di Croia e di altre
città in « Epiro ». Inviato insieme con i fratelli da suo padre
quale ostaggio alla Corte di Murad II, sebbene ancora fanciullo,
diventa, grazie alle eccezionali sue qualità, favorito del Gran
Signore. Educato in islamismo, gli si dà il nome di Scander(beg).
In età di appena 18 anni, riceve la dignità di sanagtak e si distingue
nelle guerre. Dopo la morte di Giovanni, il Sultano ne occupa
i possessi, avvelena i fratelli di Scanderbeg, diventando sospet­
toso anche verso di lui. I tentativi di Murad per farlo morire
rimangono senza successo. Approfittando d’una sconfitta turca
presso il fium e Morava, Giorgio, dopo essersi munito di un de­
creto falso del Sultano, seguito da Hamsa, figlio di un fratello,
e da altri Albanesi, fugge in patria. Iv i giunto, s’impadronisce
3° F R A N C E SC O P A L L IO4

di Croia. Così comincia la guerra per la libertà. A iutato da « Moses


Golentus » (Golemi) e dai nipoti di sorelle, Giorgio occupa sin
dal dicembre [14 4 2 ]1 parecchie città tenute dai Turchi. Sfeti-
grado sola resiste.
II (14— 28). Di fronte al pericolo ottomano, il Castriota con­
voca una adunata dei signori albanesi ad Alessio. V i interven­
gono anche alcuni rappresentanti di Venezia. L ’assemblea lo pro­
clama capitano generale nella guerra contro i Turchi, promet­
tendogli danaro e milizie. Nel giugno (1443) egli vince A lì pascia
nella Dibra Inferiore. Invitato da Vladislao, re d ’Ungheria, a
partecipare alla spedizione cristiana (nel luglio), l ’Eroe ne è im­
pedito da « Vuchovichius », il Despota serbo. Perciò, avendo ap­
preso la sconfitta di Varna, l ’Albanese saccheggia il territorio di
costui.
Ili (28 v .— 40 v.). Nel giugno 1444 Scanderbeg rifiuta la
proposta di pace fattagli dal Sultano. Proseguendo la guerra,
egli sconfigge successivamente le truppe di Feris e di Mustafa.
Poco dopo, scoppia la guerra tra l ’Eroe e Venezia a cagione della
città di Dagno. E gli vince l ’esercito della Serenissima e restaura
il luogo di Balesio.
IV (41— 52 v.). A causa del ritorno di M ustafa in Albania,
il Castriota lascia sotto le mura di Dagno il nipote Hamsa, si
dirige contro i Turchi e li batte, mentre gli Scutarini distruggono
Balesio. Poi accetta la pace offertagli da Venezia e avuto sen­
tore dei preparativi di Murad contro di lui, prende i provvedi­
menti del caso. Il Sultano accompagnato da Mohamed, suo figlio,
appare nel maggio 1449 sotto Sfetigrado e la cinge d ’assedio.
V (52 v .— 65 v.). Mentre Murad assedia la città, Scanderbeg
ne insidia alle spalle il campo. Dopo parecchie assalti infruttuosi,
il Sultano riesce, finalmente, mercè uno stratagemma, a costrin­
gere la guarnigione superstiziosa di Dibrani alla resa. Poi si
ritira dall’Albania bersagliato dal Castriota.

1 Così, erroneamente, risulta dal testo. Si capisce che pure le altre


date cronologiche, come anche tutte le informazioni che si incontrano
in questo sommario, appartengono al Barlezio.
D IV IS IO N E E R IA S S U N T O D E L L E O P E R E 31

V I (65 v .— 84). Sulla fine dell’aprile (1450) Murad, sempre


insieme con Mohamed, giunge sotto le mura di Croia e ne comincia
l ’assedio. L ’Eroe attacca più volte il campo. L ’assedio costa ai
Turchi gravissime perdite, Scanderbeg rifiuta di diventare, richie­
stone, tributario del Sultano. Il vecchio Murad per la rabbia
s’ammala e muore. Mohamed si ritira con l ’esercito, vessato con­
tinuam ente dagli Albanesi.
Prefazione I I 1.
V II (85— 98). Dietro le ripetute insistenze di quelli che gli
sono intorno, Giorgio si sposa, con Donica, figlia di Aranito Com-
neno. Poi sconfigge H am za beg, quindi il « Debreas » [ibrahim ]
Q uest’ultimo cade per mano dello stesso Scanderbeg. Il sultano
Mohamed II attira segretamente Mosè dalla sua parte. Giorgio
con l ’aiuto di Alfonso d ’Aragona pone l ’assedio a Belgrado-
Albanese (Berat), città allora in possesso degli Ottomani (estate
del 1452). Qualche giorno dopo, le concede una tregua di 16
giorni.
V III (98— 109). Intanto Sebalia pascià sorprende l ’esercito
assediante e lo batte gravemente. Il Musachi [Topia] cade nella
battaglia, mentre Mosè passa al nemico. Nel febbraio (1453), il
traditore torna in Albania con un esercito turco; l’Eroe però lo
sconfigge e lo m ette in fuga. Ma infine Mosè ritorna presso il
Castriota, il quale gli perdona magnanimamente.
I X (109— 121 v.). Il nipote Hamsa fugge, a sua volta, alla
Porta. Senonchè, tornato con un grand’esercito nemico contro
lo zio (estate del 1454), è sconfitto, preso e spedito a Napoli per
esservi imprigionato. Il Sultano offre la pace, che però non si
conclude, poiché Giorgio pretende Belgrado e Sfetigrado. Presso
la frontiera stanno i beg Hamur e Sinan, i quali iniziano nuove
trattative, che portano alla sospensione delle ostilità. Dopo la
morte di Alfonso (estate del 1455), l ’Eroe fa ricondurre Hamsa
in Albania, perdonandogli. Questi però muore ben presto a Co­
stantinopoli, dove si era recato per riportare in patria la moglie
e i bambini.
1 V . so p ra, p. 162 .
2 L ’identificazione secondo il F a l l m e r a y e r , I X , 57, n. 2.
32 F R A N C E SC O P A U . 166

X (122— 132 v.). N ell’autunno (1458), Scanderbeg, dopo aver


concluso una tregua annuale con Mohamed, passa con un eser­
cito, per Ragusa, in Puglia in aiuto del re Ferrante, attaccato
da Giovanni duca d ’Angiò. Salva la situazione disperata del­
l’erede di Alfonso, il quale lo ricompensa concedendogli parecchi
possedimenti. Un anno dopo, finita la guerra, Giorgio torna
in Albania.
X I (132 v. — 151). Ricomincia la lotta con i Turchi. Il Ca-
striota vince successivamente le truppe di Sinan, Hassan e Jus-
sum. Non ha fortuna neppure il vechio Caradgeà beg. Perciò
il Sultano conclude la pace con l ’Eroe (estate del 1461). Stimo­
lato da Venezia, l’Albanese riapre le ostilità nel 1463. Pio II pro­
getta una crociata, a capo della quale pensava di porre il Ca-
striota. Anzi, ha l ’intento di proclamarlo re. Però essendo morto
il papa, non si realizza nessuno di questi progetti. L ’Eroe, sebbene
lasciato solo di fronte al nemico comune, ottiene ripetutamente
vittoria, sconfiggendo i beg Seremet, Balaban e «Jagup» [jaku b ],
X II (151— 155 v.). Il Sultano arriva sotto Croia per assediarla
con un esercito grandissimo. Il suo campo è disturbato dal Ca-
striota. Mohamed è costretto a ritirarsi, ma lascia sotto la città
Balaban pascià per continuare il blocco, finché le privazioni non
la costringano a capitolare. Intanto Scanderbeg si reca a Roma
per cercare aiuti. E ’ accolto bene. Carico di regali e denaro
tom a in Albania e raduna un esercito considerevole, con il quale
sconfigge Yonima, fratello di Balaban. Ben presto quest’ultimo
cade nell’assedio, l ’esercito turco si ritira e così Croia è salva.
X I I I (156— 159 v.). Mohamed viene di nuovo in Albania.
Restaura « Urbs Valmorum » [Elbasan], tenta un attacco in­
fruttuoso contro Durazzo, quindi s’accampa nuovamente sotto
Croia. Costretto a ritirarsi, affida la difesa della frontiera alla
cura dei beg Alì e Aias. L ’Eroe si prepara alla conquista della
città restaurata. Per tale fine si reca ad Alessio, dove però s’am­
mala e muore il 17 gennaio 1466, in età di 63 anni.
c) Compendio delle vite dei papi e degli imperatori. V i sono
due prefazioni: quella degli editori, i fratelli Dorico, dedicata ad
Andrea Angelo, e l’altra dell’autore stesso, diretta a Pietro
i &7 L E F O N T I D E L B A R I.E Z IO 33

Angelo. L a prima parte dell’operetta (pp. i — 42), che forse non è


di pugno del Barlezio, dà un elenco caotico di re, consoli, pretori,
ecc. romani, con particolari caratteristici per taluni. Il tra tta to
propriamente detto (pp. 43— 108) contiene la serie degli imperatori
romani a cominciare da Giulio Cesare fino a Carlo V, da una
parte, e dei papi da S. Pietro fino a Marcello II, dall’altra. I
sovrani e i pontefici sono elencati alternativam ente. Però la
compilazione del Barlezio arriva soltanto fino all’imperatore
Massimiliano I e al papa Giulio II (p. 105). D a questo punto
in poi il lavoro è continuato da un altro (pp. 105— 108) l .

5. Le fonti del Barlezio

a) Parliamo prima delle fonti àéW!Assedio di Scutari. Nel


compilare quest’opera l’autore utilizzò:
1. Ricordi propri. Essi formano il fondamento del lavoro e
ne costituiscono la parte originale e più pregevole. Prete nella
città alla cui difesa partecipò, il Barlezio scrive in qualità di
testimone delle vicende accadute intorno a l u i 2. Molto proba­
bilmente compose questo libretto sulla scorta degli appunti
giornalieri presi durante l’assedio 3. E ’ da notare che si occupa
troppo brevemente del primo assedio della città (nel 1474), de­
dicando invece tu tta la sua cura alla narrazione del secondo
(del 1478). Ciò si spiega, secondo il nostro giudizio, con il fatto
che egli non stimò necessario trattare del primo, dopo che lo
esposero diffusamente nei loro scritti Giorgio Merula (Merlani) 4
e Cornelio Cepio (Cippico) 5. D ’altronde, l’autore nostro, come
vedremo, si servì del trattato di Giorgio Merula proprio nel-
1 II Compendio è illustrato con figure a medaglione degli im pera­
tori romani, disegnate in apparenza sul modello delle monete, ma in
realtà inventate (tra le pp. 43 654). Ce ne sono rappresentati però sol­
tanto 23.
2 De Scodr. obs. I, 236 v . : . . . omnia quibus interfui. . . et quae vid i
et passus sum, fideliter exponam.
3 V . sopra, p. 145.
4 Bellum Scodrense, Venezia, 1474. E ’ una lettera in data 10 settem bre
del medesimo anno, diretta a J acopo Merula e a Francesco Gambarino.
5 Petri Mocenici imperatoris gestorum [libri III], Venezia, 1477.

3
34 F R A N C E SC O PA LI, 16 S

l ’Assedio, come anche del libro del Cippico nella Storia di Scati-
derbeg. Sempre in base alle sue reminiscenze, fa il Barlezio la
descrizione di Scutari e din torni1, come anche delle città di
Croia 2, X habljak 3 ed Alessio 4.
2. Fonti orali. Del passato di Scutari l ’Umanista parla anche
secondo la tradizione locale e secondo quello che ha sentito dalla
gente più vecchia 5. ho stesso fa per quelle poche notizie che vi
dà, di passaggio, riguardo a Scanderbeg 6. Ma anche narrando
l ’assedio, nella parte originale dello scritto registra cose che non
potè conoscere di persona. Così dice che gli occhi di Malcoci
pascià, uno dei comandanti turchi durante l ’assedio, brillavano
come i raggi del sole, sicché nessuno poteva guardarlo dirimpetto 7.
L ’Umanista scrive ciò su testimonianza di altri, poiché egli non
fu nel campo turco per poter osservare gli occhi strani del men­
zionato pascià e parlarne. A ltrove dice che, secondo i calcoli di
alcuni, che si trovarono nel campo del Sultano il numero dei
soldati dell’esercito nemico venuto all’assedio, non fu inferiore a
350.0008. Da ciò si può dedurre che il Barlezio apprese qualche
informazione dai Cristiani che parteciparono alla spedizione ac­
canto al nem ico9. Inoltre asserisce che in un certo momento
1 De Scodr. obs., X, 236— 236 v.
1 Ibid., I, 242.
3 Ibid., I l i , 267.
J Ibid., 2 6 7 v .
5 De Scodr. obs., I, 235: quicquid de ipsius [se. Scodrae] origine in­
vestigare aut reperire potui et de statu eorum, qui in ea vicissim regna-
verunt, quantum memoria liominum comprehendi potuit, diligenter
collegi eaque omnia breviter conscribam. C f. I, 236 v. :. . . quod a vetu-
stioribus loci lauius incolis accepi.
6 Allusioni all'assedio di Croia da parte di Murad II (I, 233), alla
consegna della città nel patrocinio veneto (II, 242 v.), alla guerra del
Castriota con la Repubblica di S. Marco (III, 270 v.).
7 De Scodr. obs., II, 238 v.
8 Ibid., II, 243 v.
• Ibid. : « et qui alias cum ipso Meumethe m ilitaverant ». Sebbene
il Sacerdote non nomini qui i Cristiani, risulta però che si tra tta di essi,
poiché mentre da una parte, applicato ai Turchi, lo schiarimento citato
non avrebbe nessun senso, è ben evidente poi, dall’altra, che il Barlezio
non ricevette informazioni da questi ultimi.
L E F O N T I D E I, B A R L E Z IO 35

presero parte all’assalto 150.000 Turchi, al dire di coloro che


poterono in quell’occasione stimare il loro numero x.
3. Fonti scritte. Marino fa la descrizione dell’Albania antica,
riproducendo quasi esattamente passi di Plinio 2 e di Strabone 3
E g li fa menzione di Posidonio *, che conosce però per tramite
d i Strabone, uno degli autori antichi, che ce ne hanno conser­
v a to i fram m en ti5. Per la fondazione di Epidamno, se non da
Tucidide 6, attinse anche qui da Strab on e7. Per la storia di Scodra
consultò Iyivio 8. Senonchè l ’illustre storico romano non asserisce
affatto che il pretore A n iciu s9 abbia distrutto Scodra, come
afferm a il Barlezio. Riguardo alla fondazione di Rosafa, la cit­
tad ella di Scutari, l’Umanista ebbe una fonte a noi sconosciuta,

1 Ibid., II, 252 v.


2 Naturalis Historia, II I, 22. 144, 23. 125, IV , 10.33, 38, 39; B A R -
LEZIO, De Scodr. obs., I, 234. M a rin o f a c e n n o d i P lin io in c id e n t a lm e n t e
a n c h e in a lt r o lu o g o ( B a r l e z i o , ibid., II, 258; P l i n i o , Nat. Hist., II,
37. i° i).
3 Geographica, V II, c. 316, 322; B a r l e z i o , ibid. Quanto a Strabone,
il Sacerdote ebbe so tt’occhio, senza dubbio, la traduzione latina di G ua­
rino Veronese e di Gregorio Tifernas di C ittà di Castello, stam pata per la
prima volta a Rom a nel 1471 (P a u l y - W i S S O W A -K r o l L-M ITTULHAUS,
Real-Encycl., I I serie, v. V II, col. 153), poiché la I edizione dell’ori-
ginale greco si pubblicò soltanto nel 1515. Però il Nostro qualche vo lta
cita erroneamente dall’opera del celebre geografo ; per esempio il cenno
a proposito della località Nym phaeum ( B a r l e z i o , ibid.), sebbene la
notizia nella form a in cui ci si presenta sia palesemente presa da Plinio
(Nat. H ist., I l i , 23. 145). D al libro dello Scutarino risulta parimenti
com e in Albania avesse abitato la popolazione chiam ata Cauchones
(Strabone: Caucones), mentre presso Strabone, sua fonte, tale popolo
■ è collocato nell’Elide (Geogr., V II e V i l i , passim). Può darsi che l’Unia-
nista l ’avesse confusa con i Caoni (Chaones). Riguardo alla lunghezza
■della Via Egnatia, differisce sempre dal geografo greco (De Scodr. obs.,
■ibid.-, Geogr., V II, 322).
4 Egli scrive Possidonius (De Scodr. obs., 322).
5 Quelli che ci riguardano raccolti e pubblicati da Carolo M Ü L L E R ,
Fragm. hist. Graec., t. I I I .
‘ Hist., I, 24 ; B a r l e z i o , ibid., 234.
7 Geogr., V II, 316.
8 Ab urbe condita, X L I V , 30; B a r l e z i o , ibid., I, 235.
• Marino lo chiama falsamente « Antius ».
36 F R A N C E SC O P A L I,

scritta in « vernacula lingua », come ci assicura egli stesso Egli


però non ci racconta la leggenda che dice come la fortezza fosse
stata fondata dalle sorelle Rosa e Pha ; soltanto ne fa menzione.
Secondo questa leggenda, registrata dall’ Hecquard 2 dietro un
canto popolare albanese, Pha venne a essere sepolta viva, quando
fu fondata la cittadella, per scongiurarne la distruzione. Senonchè
Marino conobbe un’altra versione, poiché asserisce che le due
sorelle governarono lungo tempo insieme in tranquillità e felicità :t.
Per ciò che concerne la descrizione della posizione di Scutari
e l ’origine del suo lago, riconosciamo presso il Sacerdote alcune
frasi tolte dalla lettera del Merula, di cui si è detto sopra:

Merula, Bellum Scodrense, [p. 3] Barlezio, De Scodr. obs., I

E st enim Scodra oppidum E st au tem . . . urbs Scodra


sub ipsos Dalm atiae et Mace- Macedoniae orae caput nec non

1 De Scodr. obs, I, 235. Nuper ad manus nostras fragm enta quaedam


verius quam annales pervenerunt. . . In his enim vernacula lingua scriptum
est. ..
2 Hist. ed Descript, de la Haute-Albanie, 17— 18.
3 De Scodr. obs., ibid. A voler prestare fede alla versione serba, che
si trova presso il D e g r a n d , Souvenirs de la Haute-Alb., 72— 74), la
vittim a sarebbe stata la moglie di Gojco, fratello del re Vukasin. L ’ip-
PE N (Denkmäler, 48) dice che la popolazione di Scutari della sua
età (egli scrive nel 1907) non conosce la leggenda. Del resto, questa ras­
somiglia molto a quella del Me$terul Manóle, presso noi, Romeni. Il
R u v a r a c (PriloSci, 39— 41) asserisce che il nome della surricordata
fortezza deriva da quello del luogo siriaco Rusapha, di dove erano ori­
ginari i santi Sergio e Bacco, i nomi dei quali portava un monastero
presso Scutari. Recentemente, lo Stefanovié si è occupato delle varie
versioni della leggenda. Egli viene a distinguere due varianti della ver­
sione albanese, ciascuna però con tre «variazioni» (Variationen). Se­
condo lui, il nome R osafa è una reminiscenza biblica. Disgraziatam ente,
egli non conosce il citato articolo del R uvarac, la spiegazione del quale
fu già ammessa dallo J irE ö E k (Das christl. Element, 49; Idem, Scutari,
105). Accettiam o anche noi, essendo più plausibile. Lo Stefanovié sba­
glia identificando la ricordata versione del Barlezio con quella registrata
dall’ Hecquard (STEFANOViC, Die Legende, 193— 194). V . una partico­
lareggiata descrizione topografica delle rovine di Rosafa in REY, Reper­
toire, 46— 47.
L E F O N T I D E L B A R L E Z IO 37

doniae fines natura loci et illius partis Dalmatiae, quae ei


manu egregie munitum, om­ proxim a est (f. 9). E st enim
nibus fere partibus in circuitu civitas ipsa egregie natura et
altas rupes despectusque in manu munita, in immensum
subiectam planitiem habens, edita, circuitu nunc mediocri. . .
una tantum , ex parte molli Quae quidem undique natura
clivo aditur. H aud longe a ra­ praeceps est, nisi ea parte qua
dice montis fauces sunt Bo- septentrionem spectat, aditum
lianae, per quem fluvium lacus admodum declivem habet (11
quidam recens in mare se v .— 1 2 ) ... Oritur autem [se.
exonerat. . . Nec miremini quod Boliana] ex ilio celeberrimo
lacum recentem dixerim. Nam lacu, quem omnes recentem
nec apud Grecos Strabonem esse putant. Quoniam antiqui
atqu e Ptolemaeum, nec apud scriptores nullam huius fecere
nostros Melam atque Plinium m entionem .. . E x hoc coniici-
de hoc lacu quicquam legitu r. . . tur hunc, ut m ulta alia vel
U nde coniicimus, celeberrimos flumina vel lacus, ex terra post
geographos de eo non tacuisse, antiquitatem illa erupisse. De
si tun c extitisset. Verum ut in quo (quia non est silentio prae-
mari insulae et scopuli, in terra tereundus) qui de situ orbis
fontes et flumina enascuntur accurate scripserunt, non ta-
atque quotidie emergunt. Sic cuissent. Cuius circuitus cen­
post horum scriptorum tem ­ tum et viginti millia passuum
pora lacum hinc empisse exi- et amplius com plectitur. . . Sed
stimamus. Cuius circuitus cen- nemini hoc mirum esse vi-
tum milia passuum patet. deatur, si lacum hunc recentem
esse dixerim. Nam apud prae-
stantissimos celeberrimosque
geographos atque scriptores in-
venimus persaepe et in m ari
insulas ac scopulos et in terra
fontes ac flumina enasci atque
quotidie emergere (12— 12 v.).

E gli attinse dalla stessa fonte qualche espressione intorno


a Soliman pascià, il comandante dei Turchi nel primo
3« F R A N C E S C O P A IX 172

assedio1. N ell’introduzione del suo opuscolo, lo Scutarino parlando


di questi ultimi, accenna ad un passo di Pomponio Mela, circa il
paese abitato da essi presso il Don (Tanais) 2. Poi traccia la loro
storia fino alla conquista di Costantinopoli, seguendo troppo da
vicino il libro sull 'Asia 3 di Enea Silvio, da cui tolse testualm ente
passi interi *, senza però citare mai quest’autore. Del pari, il
Barlezio attinse dal piccolo trattato del Sagundino 5, che porta
il titolo De origine et rebus gestis Turcarum. Esso fu composto
durante la permanenza dell’autore, quale ambasciatore di Venezia,
alla Corte di Alfonso V , 6 e indirizzato, in data 20 luglio 1456,
ad Enea Silvio 7. Questi narra la storia dei Turchi, come ci dice
egli stesso 8, in base al racconto del Sagundino, che talvo lta va
persino a copiarlo 9. Presso il Sacerdote ci sono alcune notizie

1 M ERU LA, ibid., [4]: Quum levis a rm a tu ra ... ipse subseeutus est;
ibid., 13: Qui idibus Maiis. . . incedens subseeutus est.
B a r l e z io ,
a De Scodr. obs., I, 231 v. ; P o m p . M E L A , De Chrogr., I, 19, 116.
3 De Scodr. obs., I, 231— 233 v. ; E n e a S i l v i o , Asia, cap. 100 in
Opera, pp. 383— 384. Le informazioni iv i contenute si ritrovano quasi
identiche nell'Europa dello stesso autore.
* Quelli che parlano di Urchan ( B a r l e z i o : Orchira), figlio di « Ca-
lapinus * (Celebi), di Musa, Mohamed I, Murad II, Mustafa, figlio di
Baiased I (E. S i l v i o , Asia, cap. 100, Opera, p. 384, B a r l e z i o , ibid., I,
232 v. — 233).
5 Intorno a Niccolò Sagundino: Z e n o , Dissert., LI.
* MAI.IPIERO, Annali, parte I I , 198 e segg.
7 Nelle sue edizioni, del 1553 ( R a m u s , De rebus Turcicis, 1. II) e del
1556, l’opuscoletto del Sagundino porta la data 20 luglio 1476, errata
invece del 1456. In fatti il manoscritto Liber de familia Autumanorum
della già Reale Biblioteca di Monaco di Baviera, del quale ci dà estratti
lo J o r g a , ( Notes et extr., I l i , 324— 325), è del luglio di quest’ultimo
anno. Non possiamo essere d ’accordo con lo Iorga, quando crede che il
trattato appartenga al 1454 (ibid.,) invece che al 1456, — poiché il Sagun-
dino viene menzionato a Napoli nel 1457 (M a l i p i E R O , ibid.).
8 Europa, cap. 4 (Opera, 395).
* I passi concernenti la sconfitta di Baiased Ilderim da parte di
Tim urlenk ( S a g u n d i n o , ed. del 1556, p. 187; S i l v i o , Europa, cap. 4,
Opera, p. 395), quelli circa Urchan, Musa ( S a g ., 188 ; S i l v i o , A sia cap. 100,
Op-, p. 395). alcuni provvedim enti interni di Mohamed II e i suoi prepa­
ra tivi per l’assedio di Costantinopoli (S A G ., 189; S i l v i o , Europa, cap. 7»
Opera, 400). •
173 L E F O N TI D E I. B A R L E Z IO 39

riguardanti gli Ottomani, che non si trovano nel testo di


Enea Silvio, ma che ricorrono invece, nel Sagundino, sua fonte,
come, per esempio, i particolari intorno ad U rch a n 1, Murad
1 2, Baiased I 3, come anche quel che dice intorno alla presa di
Salonicco e del Peloponneso da parte di Murad II 4 e intorno'
all’assedio e alla conquista di Costantinopoli per opera di Mo-
hamed II 5. Il Barlezio riproduce parecchie volte espressioni o
proposizioni intere dal Sagundino, sebbene non accenni mai
neanche il suo nome. Ecco un raffronto:

Sagundino, ed. del 1556, p. 189 Barlezio, De Scodr. obs., I, 233

Am urathes Corinthiacum Is- Isthmum Corynthiacum sum­


thmum sumina v i penitus ex- ma vi penetravit. Peloponne-
pugnavit et diruit. Peloponne- sum, regionem tarn rebus O m ­
sum inde ingressus, ingentem nibus foecundam quam mu-
ac detestabilem calam itatem nitam, magna Graecorum clade
Graecis invexit. Oppida m ulta expugnavit. Oppida m ulta in
coepit. . . Praedam maximam ea caepit. Praedam maximam
e g it... inde abegit 6.

Senonchè, non conosciamo una edizione del Sagundino ante­


riore all’anno 1553. Il Barlezio si servì certamente d ’una copia

1 II suo ritratto ( S a g u n d i n o , 1 8 6 ; B a r l e z i o , I , 2 31 v. — 232).


* L a condizione messa a costui da « Teodoro » (recte : Giovanni ; l’errore
preso dalle Epistolae familiares, V i l i , f. 5 9 , del F i l e l f o ) Cantacuzeno,
quando lo chiamò in aiuto, che non appena finita la guerra se ne rito r­
nasse nei suoi possessi (S a g u n d i n o , ibid.; B a r l e z i o , ibid.).
3 Dinanzi alla sua minaccia l’imperatore bizantino si recò in O cci­
dente per chiedere aiuto (S a g u n d i n o , ibid.; B a r l e z i o , ibid.).
4 S a g u n d i n o , 189 ; B a r l e z i o , ibid., I , 233.
5 S a g u n d i n o , ibid. ; B a r l e z i o , ibid., 2 33 v .
* A ltri esempi: « Orchanes successit f iliu s ... opulentior et instru-
ctior ( S a g ., 1 8 6 ); Orchanes filius s u c c e s s it... longe superávit (B a r l .,
ibid., I , 2 3 1 — v. 2 32 ). Castellum iu x ta littu s. . . extru xit atque m univit
( S a g ., 1 8 9 ) . . . ; castellum iuxta l it t u s ... extruxit muniitque (B a r l .,
ibid., 233 v .) .
40 F R A N C E SC O P A U , 174

del manoscritto, dato che l’indicato trattato circolò in tale forma


per le mani di m olti finché arrivò ad esser stam pato x.
Altre notizie concernenti Osman, Teodoro e Giovanni Can-
tacu zen o 2, e infine Timurlenk 3, prese il Barlezio dalla lettera
di Francesco Filelfo a Carlo V II, re di Francia, del 17 feb­
braio 1451.

Filelfo, Episl. fam., V i l i , f. 56v. Barlezio, De Scodr.obs . , 1

F u it is unus Saladinus, qui . . . qui [Meumethes II] tot


tantam pestem, tantam perni- et tan ta mala atque damna,
ciem, tantum denique exitium ac tantam pestem, tantam perni-
poene interitum Christianae rei- ciem, tantum denique exitium
publicae intulit. E t ille quidem Christianae reipublicae intulit
Saladinus fuit, qui et Turcus et (233)-
Ottomanus, liac tan ta et Chri- . . . Saladinus, qui et T urca et
stianis tam infelici victoria ela- O ttom anus,. . hac tanta et tam
tus, tantum sibi nomen et di­ felici victoria elatus, tantum
gnitatem peperit u t et unus sibi nomen et dignitatem pe­
omnium primus ex Ottomana perit, ut et unus omnium pri­
familia, incredibile Turcorum mus ex Ottomana familia, incre­
omnium consensu rex, quem dibili Turcarum omnium con­
illi Am yram vocant, creatus sensu rex, quem illi Amyram
fuerit [etc.]. vocant, creatus fuerit [etc.]
(231 v.).
Quanto alle conquiste ottomane, si trova presso lo Scutarino
un passo tolto da un discorso pronunziato dallo storico e diplo­
matico Bernardo Giustiniani innanzi al Papa Sisto IV , discorso
stampato a Roma nel 1471 4.

Giustiniani, Oratio, f. 5 v. Barlezio, De Scodr. obs., I, 234 v.


Quid mirum igitur si cum Postremo igitur succedens
ille [se. Maumetus] tanta in imperium is Meumethes
1 ZENO, l. c.
1 F i l e l f o , Epist. familiares, V II, f. 5 8 ; B a r l e z i o , ibid., I, 232.
3 F i l e l f o , ibid. ; B a r l e z i o , ibid.
* BRU NET, Manuel, I I I , c o l. 6 18 .
>75 L E F O N T I D E L B A R L E Z IO 41

gesserit geratque ; cum duo im- princeps, qui post B yzantii


peria, quatuor regna, provin- nobilissimae ac praeclarissimae
cias viginti, ducentas urbes urbis expugnationem, aliud im-
Christianis principibus eripue- perium, quatuor regna, pro-
rit, mari denique m aximas clas- vincias viginti, ducentas urbes
ses explicare nunc ceperit? Cristianis tantum (ut scribitur)
ademit.

Il Sacerdote consultò ancora almeno una fonte riguardo alla


storia dei Turchi, poiché ci dà alcune notizie che non si
trovano presso gli autori sopra accen n ati1.
Per quello che concerne il passato più recente di Scutari e
precisamente per la sua perseveranza nella fedeltà verso la Repub­
blica di S. Marco, quando quella città era m inacciata dai Balscia,
il Barlezio trascrive intere frasi del già ricordato Panegirico
del Becichemi, suo com patriota2. Però non lo cita mai. I fam i­
liari di quest’ultim o : Pietro, suo nonno, Florio, suo padre, Marino,
10 zio, e infine i suoi numerosi parenti, ebbero una notevole
parte nella storia della città. N ell’assedio del 1478, quando
11 Becichemi ancora fanciullo era lontano dal teatro della gu­
erra, oltre suo padre, caddero nella difesa non meno di 23
dei 30 cugini che aveva dentro S c u ta ri3. D iventato profes­
sore di rettorica, egli compose verso il 1503 l ’indicato tra t­
tato, con le notizie raccolte soprattutto in seno alla famiglia.
Quanto al Barlezio, questi cambiò talvolta i passi presi in pre­
stito, perchè si tra tta va di cose assai recenti da poter control­
lare alla luce delle informazioni che egli personalmente possedeva.
Cosi il Becichemi afferma che l’assedio posto alla città dal

1 In questa categoria m ettiam o la menzione delle lotte degli O tto ­


mani contro gli Alani, Colchidi, Armeni, Persi e A rabi ( B a r l e z i o , De
Scodr. obs., I, 231, v.), le notizie intorno al sultano Mohamed II quale
amico delle scienze (ibid., 234 v.). Ciò è ricordato anche dal K r i -
tobolus (De rebus, V , cap. 5 e 10 ), scrittore però sconosciuto al Bar-
lezio.
2 B e c i c h e m i , Paneg., [f. 18 — 2 1 ] ; B a r l e z i o , ibid., I l i , 2 69— 2 70 v .
3 B e c i c h e m i , ibid. [f. 18, 18 v ., 20, 2 1 ] ; Id e m , Praelectio, c a p . 1 7
[f. 2 10 ].
42 F R A N C E SC O P A I A 176

Masarech \ fu tolto grazie a uno stratagemma degli abitanti 2 ; il


;;uo com patriota attribuisce invece tutto questo a un esercito accorso
in aiuto 3. Il maestro di rettorica ci rassicura poi che Giovanni,
uno dei Balscia, dopo lunghe ostilità arrivò ad un accordo con
Venezia, che gli concesse le città di Antivari e di Drivasto 4.
L ’altro Scutarino fece confusione, assegnando questi gua­
dagni territoriali a Giorgio Vukovic 5. Poi, secondo l’autore del
Panegirico, Paolo Loredano, capitano di Scutari, respinse
l ’attacco di un esercito turco di 60.000 uomini, comandati da
« Califfa », il beglerbeg di Anatolia 6. Secondo il Barlezio, l ’evento
ebbe luogo più tardi e precisamente in occasione di una delle
due spedizioni dirette da Mohamed II in persona contro Scan-
derbeg. Il nemico però aveva 70.000 uomini, con a capo Mohamed
« Graeculus », il beglerbeg di Rumelia 7. Infine, la guerra tra
Leca Ducagin e gli Scutarini, esposta con alcuni dettagli dal
B ecichem i8, viene menzionata soltanto di passaggio dal nostro
autore 9. È ’ vero, d ’altro canto, che il Sacerdote dà tutte queste
notizie sotto forma di una digressione nel discorso attribuito da
lui a Florio Y o n im a 10, sicché la sua intenzione non è di riportare
tutto il contenuto del Panegirico. Riguardo agli ultimi due assedi
(del 1474 e del 1478), il Barlezio ne tolse ancora alcune notizie
concernenti i comandanti turchi (Ali, Scander, Malcoci e Daut)
che vi parteciparono, come anche trascrisse press’a poco, una
scena piena di rettorica, dell’eroismo dei concittadini:

1 B e c ic h e m i: Masarechus.
2 B e c i c h e m i , Paneg. [f. 18 v .] .
3 B a r l e z i o , De Scodr. obs.. I l i , 270.
4 B e c ic h e m i, ibid.
5 B a r l e z i o , ibid., 270 v .
6 B e c i c h e m i , ibid., [f. 1 9 1.
7 B a r l e z i o , ibid., 269.
8 B e c ic h e m i, ibid.
* B a r l e z i o , ibid., 270 v .
10 Può darsi che fosse un discendente di quello Stefano Yonim a che
insieme con Pietro Becichemi, nonno di Marino, fu inviato dagli Scuta­
rini affinchè offrisse la città al patrocinio della Repubblica di S. Marco
( B e c i c h e m i , ibid., [18]. Per la casa Yonim a v. il G E G A j, 2 3 — 24.
177 L E F O N T I D E L B A R L E Z IO 43

Becichemi, Paneg., [f. 21] Barlezio, De Scodr. obs. II, 262


Videres filium in conspectu Videres enini maritum in con-
m atris confici, virum ante ocu- spectu uxoris occumbere, filium
los uxoris, fratrem presente so- sub oculis paternis prosterni,
rore prosterni, non respiciebant patrem non morte filii conster-
ad illos, sed in hostes tela bel- nari neque misereri, filiam pa-
latoribus fortissimis submini- trem mortuum seu laborantem
strabant . . . 1. non asp icere...

b) La Storia di Scanderbeg. Come n<AYAssedio, in questa se­


conda opera del Barlezio distinguiamo ugualmente le seguenti
categorie d ’informazioni :
1. Ricordi propri. Mentre il Sacerdote compose il surriferito
lavoro massimamente in base alla sua esperienza, qui, nella
biografia del Castriota, si trovano invece poche reminiscenze,
poiché l’autore non fu partecipe alle gesta dell’Eroe. Quindi non
ne può parlare sulla base di ricordi personali e soltanto nelle allusioni
sull’assedio di Scutari e nella descrizione sommaria delle varie
regioni e luoghi dell’Albania, che aveva visitato egli stesso 2.
2. Informazioni orali. Marino scrisse la storia dell’Albanese
servendosi generalmente di questa specie di fonti. Infatti, avendo
abitato tanto tempo a Scutari, vicina al teatro delle azioni di Scan­
derbeg ed essendo inoltre contemporaneo dei fatti avvenuti durante
l ’ultim o periodo della v ita del grande condottiero, il Nostro ebbe
la possibilità, come ci dice egli stesso 3, di conoscere tra i suoi
concittadini, m olti che furono soldati nell’esercito di Scanderbeg.
Questi sono quegli « uomini degni di fede », cui accenna nella
prefazione 4. In base al loro racconto redasse suprattutto la sua
opera. Si tra tta dunque di una raccolta di notizie attinte da

1 Cosa strana, qui il Becichemi, a sua volta, s’ispirò alle seguenti


righe di Giorgio Merula: . . . » passim in com plexu mariti uxor, sub oculis
patris infans filius, spectante fratre soror et parvulus frater. . . indigne
et m iserabiliter interiere » (Bellum Scodrense, [17]).
' V . sopra, pp. 138-139.
3 B a r l e z i o , Historia, V I , 70 v .
* Ibid., prefazione, 2.
44 FRANCESCO PALI, 178

testimoni e da partecipanti ai fatti d escritti1. Uno di questi fu


Pietro Angelo 2. Degli altri possiamo supporre nomi. D ifatti, il
Barlezio menziona, a proposito della guerra di Scanderbeg con
Venezia, quali ufficiali nell’esercito della Repubblica, i fratelli Colla
e Andrea Humoi, e Simone « Vulcatan » (o Vucatani) 3, suoi con­
cittadini. T u tti e tre presero parte alla battaglia presso il Drino,
vin ta dal C astrio ta4. Andrea Humoi e Vulcatan furono cattu­
rati e custoditi fino alla conclusione della pace di Alessio (4 otto­
bre 1448) 6. Tra gli ufficiali dell’esercito di Scanderbeg, dopo il
suo ritorno da Roma (al principio del 1467), troviam o Niccolò
Moneta, un nobile scutarino 6. Sembra che « Nicolaus Moneta,
equitum praefectus » del presidio di Scutari durante l ’assedio
del 1478, sia la stessa persona7. Nel primo lavoro, l ’Umanista
dice che il Padre Bartolomeo, secondo lui d ’origine albanese,
quello stesso che anim ava gli Scutarini nel tempo dell’indicato
assedio, come un secondo Capistrano, prima di abbracciare la
carriera ecclesiastica com battè nelle schiere del Castriota contro
i Turchi 8. Il Sacerdote conobbe, molto probabilmente, di persona
1 Ibid. : a quibusdam qui etiam interfuerunt visa.
2 V. sopra, p. 142.
3 Lo stesso nome, Vucataneo (Pietro) portava un missionario catto­
lico nelle parti albanesi, morto nel 1646 ; Archivio della Congr. di Prop.
Fide, Meni., v. 413 (l’anno 1647), f. 353. Cf. pure la form a Vukatani,
che riveste il nome del ricordato Simone n e l lavoro d e l J a k o v a -M E R T U R I,
Giorgio Kastr. Skand., 16— 17.
1 B a r l e z i o , Hist., I l i , 37, IV , 44 v . — 45.
° Un Andrea Hum oy di Scutari è menzionato in due documenti del
1426 (LjubiC, Listine, IX , 10, 11, 17), mentre un altro atto, del 1447
(ibid., 263) parla di Goya ( B a r l e z i o : Colla) della stessa fam iglia. E ’
assai probabile che questi siano t u t t ’uno con i personaggi riferiti dal
Barlezio. Il Sacerdote nomina, nell’ Assedio, quali ufficiali della guar­
nigione di Scutari, Biagio Humoi e Pietro, parente di costui (De Scodr.
obs., II, 261). Senza dubbio, essi appartennero alla ricordata famiglia,
che il Barlezio potè conoscere bene.
« B a r i .E 7.io , Hist., X II, 15 4 v .
’ Idem, De Scodr. obs., II, 257. In quest’occasione si fa menzione
anche di altri membri della medesima stirpe, e cioè: Giacomo, Mon-
cino, (ibid., 258 v.), e Luca, (ibid., 261).
8 Ibid., II, 243 v. E gli era « haud obscuro loco natus et in Italia
quoque sub clarissimis ducibus stipendia m ulta meruit » prima di
179 LE FONTI D EL B A R L E Z IO 45

Niccolò Moneta e soprattutto il P. Bartolomeo, appartenente anche


egli al clero, e così potè ottenere da essi molte informazioni con­
cernenti la vita e i fa tti dell’Eroe. Non è neppure escluso che
abbia conosciuto direttam ente i sopraccennati fratelli Humoi
e Vulcatan. Ecco quindi quelli o alcuni di quelli, le cui notizie sem­
bra che fossero adoperate dal Barlezio. Egli si poteva valere dunque
di relazioni orali di gran pregio. Queste fonti però, appunto per
il loro carattere orale, trattandosi dei ricordi di varie persone
che non sempre concordano, ci offrono spesso divergenze, anzi­
tutto intorno al numero delle truppe co m batten ti1. Il Sacer­
dote è diligente nel notare le opinioni diverse e qualche volta con-
tradittorie, ora per lasciarle senza nessun commento, ora per ac­
cettarne qualcuna, ora per non ammetterne veruna, allorché gli
sembra inverosimile. Per esempio, alcuni dicono che Scanderbeg,
portò da Croia sotto la città di Petrella macchine d ’assedio per
incuter paura agli abitanti e spingerli alla resa. Altri negano
ciò. IyO scrittore, tenendo conto che quando si circondò la città
era inverno e quindi le comunicazioni erano difficili a causa del
gelo, è propenso per quest’ultima opinione2. In altro luogo
gli sembrano verosimili due versioni differenti sullo stesso argo­
mento. Infatti, alcuni asseriscono che i Croiani, durante l ’assedio

diventare Religioso. Non sappiam o a quale Ordine appartenesse, poiché il


Barlezio prima lo menziona quale domenicano (l. c.) e poi lo presenta —
come egli era in realtà — francescano, (ibid., II, 257). P. Bartolomeo,
secondo un documento, si chiam ava « di Venezia ». Il 3 giugno 1466 rice­
vette ad A versa dalla Tesoreria reale 15 ducati, che egli trasmise « per
l ’illustrissim o Scanderbeg al S. Padre pel fatto del Turco » ( B a r o n e ,
Le cedole, 212). Questo Religioso si distinse insieme col confratello Paolo
d’E m atia nell’assedio scutarino del 1478 (GEGAJ, 153 n. 4).
1 H ist., I l i , 33 v., IV , 49, X , 125, ecc. Però ci sono esempi in cui
gli inform atori del Sacerdote erano concordi anche riguardo alla stati­
stica. Così intorno alla perdita di 30.000 uomini subita da Murad I I
a ll’assedio di Sfetigrad, (ibid., V, 65), poi al numero di 160.000 soldati,
quanti ne avrebbe condotto lo stesso nella seconda spedizione in A lba­
nia (VI, 71), mentre il Castriota non avrebbe avuto se non 8.000 uomini
(ibid.).
2 Hist., I, 1 1 ; Cf. altri esempi della stessa sorte, ibid., II, 27 v., V I,
69 v.
46 FRANCESCO PALL 180

del 1450, uscendo di notte fuori le mura, distrussero le macchine


d ’assedio e i lavori nemici che colà erano ; altri invece affermano
che ciò fu fatto dagli stessi Turchi, vedendo che non riuscivano
nei loro in te n ti*.
Il Nostro si servì anche della tradizione popolare, malgrado
poco l'apprezzasse, secondo le sue stesse p a ro le2. Questa tra­
dizione delle inclite gesta del Castriota nacque ben presto presso
il suo popolo sotto forma di canti eroici come anche, certamente,
sotto forma di leggende. Il Sabellico, nella sua Storia Vene­
ziana, stam pata nel 1487, cioè 19 anni dopo la morte dell’Eroe,
racconta : « I popoli, quasi come havessero detto in lui alcuna
cosa più che naturale, cantavano le sue mirabil vertù con solenis-
simi versi, et m’hanno raccontato alcuni degni di fede, che nel
mezo del pericolo della guerra, alhora che ogni cosa era in paura
per le arme de Turchi, gran numero de fanciulle in quelle città
delle quali egli era stato Capo, ogni otto giorni si ragunavano
in mezo le vie et cantavano le lode del suo morto Prencipe, come
solevano fare gli antichi ne i conviti in memoria de grandi huo-
mini » 3. Marino stesso ci rassicura che gli Albanesi cantarono
nei conviti le imprese degli antecessori4. Così fu tramandata,
dice egli, alla posterità la brillante vittoria che ebbe l ’Eroe su
Hamsa, il nipote traditore. Girando per l ’Albania 6, ebbe occa­
sione di apprendere dalla bocca del popolo il ricordo e l ’impres-

1 Ibid., V I , 78 v.
2 Ibid., prefazione, 2 : « N o n ... commenta in iis, sed a maioribus
diligenter relata et a quibnsdam etiam qui interfuerunt visa memoriae
mandavi, fidemque plurimorum et veracium virorum , non levem tan-
tummodo et futilem traditionem sum secutus ». ha distinzione tra le infor­
mazioni fornite da gente degna di fede e le voci incerte che correvano
nel mezzo del popolo fecero già i cronisti medioevali.
3 S a b e l l i c o , Historiae, d . I l i , 1. IX , 922 ; c f. la t r a d u z io n e d e l DOLCE,
2 55 v . — 256.
1 B . v r l e z i o , Hist., IX , 118. Lo stesso riferisce degli Albanesi della
sua epoca il vescovo Francesco Bianco (Frangu i Bardhé) in un opusco-
letto su Scanderbeg, pubblicato da lui nel 1636 (G. Castr., 71).
5 Ciò faceva molto probabilm ente prima del 1479, quando Scutari
passò sotto il dominio turco, seguendo la sorte di quasi tu tta l ’Albania.
Con tutto ciò non è impossibile che v i fosse stato anche dopo questa data
l8l LE FONTI DEL BARLEZIO 47

sione lasciati dal Campione, in un tempo in cui le sue tracce erano


ancora freschissime. U na parte di questa tradizione si è conservata
sotto forma di canti popolari fino ai nostri g io rn i1. Troviam o
una grande somiglianza tra il modo in cui essi e il Barlezio ci
presentano Giovanni Castriota, la sua famiglia, il sogno allego­
rico di Voisava, madre dell’Eroe, i segni miracolosi sul corpo di
costui, la sua fuga dai Turchi, il massacro della guarnigione
ottom ana di Croia 2. A ltri poemi, poi, espongono in una forma
più o meno somigliante la « Scelta della moglie di Scanderbegh » 3,
la vittoria dell’Eroe e di uno dei Ducagini su Balaban pascia 4,
la decisione presa da Scanderbeg, quando si sentiva vicino alla
morte, di mandare sua moglie e suo figlio all’ Estero 5, la morte
di Balaban e la presa di Croia da parte dei Turchi 6. Infine, il
Didier, un secolo fa, nelle sue note di viaggio, osservava che presso
gli Albanesi di Calabria, venuti come coloni, circolavano parec­
chie ballate riguardanti Costantino, « fratello di Scanderbeg » 7.
Il confronto di queste produzioni popolari con la Storia del
Castriota 8, ci fa credere che tu ttavia il Sacerdote apprezzava

1 L a m b e rtz , Die Volkspoesie, 3.


2 G iu s e p p e Canti pop., s o p r a t t u t t o « V o is a v a » (35— 38) ;
S c h ir ò ,
c f . B a r l e z i o , H ist., I, p a ssim . I c a n t i so n o p u b b lic a t i n e ll’o r ig in a le
c o n la tr a d u z io n e it a lia n a a fr o n te .
3 D E R a d a - D E ' C o r o n e i , Rapsodie, 72 — 73 ; cf. anche il D E G r a z i a ,
Canti pop., 1 2 5 — 12 7 .
4 DE R a d a -D E ’ C o r o n e i , 76 — 7 8 ; p u re il D E G r a z i a , 2 07— 208.
5 D E R a d a - D E ’ C o r o n e i , 84— -86.
* D E G R A N D , 2 2 5 — 227.
7 D i d i e r , Souvenirs, 108 — n o . A ltri autori, per es. il C a m a r d a (A p­
pendice, p. L V II) e il M a r c h i a n o credono che questo « Costantino il gio­
vin etto » non abbia niente a che fare con il fratello di Scanderbeg ; il
secondo asserisce che quell’eroe del canto popolare fu « un personaggio
volgare, e la canzone, nominandosi in essa il Gran Signore, non potè
nascere che nel X V secolo e in Grecia », dove esisteva una simile romanza
( M a r c h i a n o , Canti pop., pp. X X V — X X V I ).
8 Ci rincresce di non aver potuto avere a nostra disposizione il libro
di M. S i r d a n i , Skanderbegu mbas gojédhanash (S e . secondo la trad i­
zione), Scutari, 19 2 6 , dove sono pubblicati una quantità di canti relativi
a ll’epoca dell’Eroe ( J o k l , Albanisch, 1 9 2 6 , n°. 13 4 ). L a stessa osser­
vazione riguardo ad un altro piccolo studio del medesimo autore : Zémbra
48 FRANCESCO PALL 182

nel suo intimo la « futile tradizione ». Non abbiamo la possibilità


di fare in ogni caso la distinzione tra le notizie che l ’autore
raccolse dai testimoni oculari, dagli informatori suoi, da un lato,
e tra le voci che correvano nel popolo, dall’altro, poiché egli
stesso ce ne dà troppo scarsa indicazione. Ci sono tu ttavia dei
passi, dove il Nostro dichiara che si tratta della fama. Così,
per esempio, Murad II avrebbe avvelenato i fratelli del
C a strio ta 1 ; sempre, secondo la «fam a», sono registrate le
rendite di quest’ultimo 2, le sue perdite nel tentativo di ripren­
dere Sfetigrado, dopo la prima spedizione di Murad 3. Intorno
alla fuga di Hamsa da parte dei Turchi, Marino dice che « nihil
certi affert fama ». In questo caso non sappiamo se si tratti d ’una
vera e propria diceria che circolava nel popolo, oppure delle
varie versioni comunicate al Sacerdote dai suoi informatori,
versioni che egli ritenne false, poiché osserva: « Varii variainter-
serunt mendacia et plura ferme absque similitudine aliqua veri » 4.
A proposito di un notevole numero di informazioni, il Bar-
lezio osserva soltanto di averle raccolte da fonti orali (accipio
audio, comperio, invenio, aiunt, dicitur, ferunt). Il che ci istruisce
intorno all’origine orale di esse, senza farci sapere però se abbiamo
innanzi delle relazioni di testimoni o una tradizione di solito
imprecisa. Con tutto ciò, quando lo Scutarino riferisce perecchie
opinioni sul medesimo argomento, opinioni diverse o contradit-
torie, allora è più facile per noi conoscere — considerando che
la tradizione popolare, proprio per il suo carattere collettivo, è
abbastanza unitaria e differisce se mai più secondo i paesi che
non secondo gli individui — che si tra tta delle relazioni di

e Skanderbegut (Histori e legenda) = Il cuore di Se., Storia e leg., pubbli­


cato in H ylli i Drités, V II (1931), Scutari, pp. 2 9 1 — 2 99). Qui si parla
di tre episodi della v ita del Castriota secondo la tradizione popolare
(J O K I , Albanisch, 1931, n°. 80).
1 B a r le z io , Hist., I, 5 v. Per l'infondatezza di tale leggenda v.
GEGAJ, 42 n . 3.
% I b i d ., I I , 19 v.
3 Ibid., V I, 69 v.
4 Ibid., IX , 109 v.
LE FONTI D EL BARLEZIO 49

alcuni testimoni presenti agli eventi rispettivi, i quali testim on i


come del resto spesso avviene, non hanno osservato in ogni
caso nella stessa guisa i fatti, cosicché le loro informazioni non
vanno sempre d ’accordo.
3. Fonti scritte. Quanto alla storia dei Turchi, il Barlezio si
serve nella biografia dell’Eroe, come peraltro, nell ’Assedio, del
surricordato opuscolo del Sagundino1 e anzitutto dell’A sia e
de\YEuropa di Enea Silvio. Questi due ultimi lavori sono ado­
perati da lui, quando parla delle origini degli Ottom ani 2, della
sconfitta di Baiased I, 3 delle lotte tra i Turchi e gli Ungheresi
nel 1443 e 1444 4 ; e quando si occupa di Giorgio Brankovic 6,
dell’abdicazione di Murad II dopo la battaglia di Varila e del suo
ritorno al regno 6. Se ne serve poi in quei tra tti generali sulla
carriera del Castriota 7, presi quasi testualmente, e infine quando
riferisce l’uccisione di « Calapinus » (Celebi), avvenuta per or­
dine di Mohamed I I 8. Riguardo agli Ottomani, anche qui, come
nel suo primo lavoro, Marino dovette valersi pure di un’altra
fonte (o forse di parechie) a noi però ignota. Infatti, da una tale
fonte poteva attingere notizie come, per esempio, quella che i
Turchi provengono dalla «villa O tm anach» 9, ossia le informa­
zioni intorno al ritratto di Mohamed I I 10.

1 S a g u n d i n o , D e origine, 1 8 9 ; B a r l e z i o , H ist., I V , 83. L a d is t r u ­


z io n e d e l m u ro H e x a m ilio n e l ’in v a s io n e d e l P e lo p o n n e so .
2 S i l v i o , A s ia , c a p . 100 (Opera, 384) ; Europa, c a p . 4 (ibid., 394) ;
B a r l e z i o , ibid., I I , 2 1 — 2 1 v ., X I , 13 7 .
3 S i l v i o , A s ia (O p ., 384) ; Europa, ib id . (O p ., 395) ; B a r le z io ,
ibid., X I , 140.
4 S i l v i o , Europa, c a p . 5 (Op., 3 9 7 — 399) ; B a r l e z i o , ibid., I I , 2 4 v .
5 S i l v i o , ibid. (Op., 396) ; B a r l e z i o , ibid., I I , 2 7.
* S i l v i o , ibid. (ibid., 3 9 9 ); B a r l e z i o , ibid., I I I , 31 v .
7 S i l v i o , ibid., c a p . 15 (ibid., 407) ; B a r l e z i o , ibid., I I , 16 v .
8 S i l v i o , ibid ., c a p . 6 (ibid., 400) ; B a r l e z i o , ibid., V I I , 85— 85 v .
9 B a r le z io , ibid., X I , 137. S e c o n d o il C h a lk o k a n d y le s e ssi t r a g ­
g o n o o rig in e d a lla c it t à T u r c a d i P e rs ia (I, 10 ). P e rò lo s t o r ic o b iz a n t in o
n o n p o t e v a e sse re c o n o s c iu to a l n o s tr o a u t o r e . N o t iz ie c o n fu s e r ig u a r d o
a lle o r ig in i d e i T u r c h i r e g is tr a n o m o lti s c r it t o r i d e l X V I t,ec. V . il G ib -
b o n s , The Foundation, 264 n . 4.
10 B a r l e z i o , ibid., V I I , 85 v .
5° FRANCESCO PALI* 184

Non è escluso che il Sacerdote abbia utilizzato qualche fonte


scritta circa la sconfitta di Scanderbeg a Berat, poiché parlando
della causa che determinò l ’improvviso arrivo del nemico, accenna
a « ea auctorum penuria, in qua paucis aut nullis extantibus
scriptis, v ix aliud propius vero elici potuit »1. Può darsi che
l ’accordo stupendo, a proposito di questa battaglia, tra i dati
statistici del B arlezio2 e i documenti editi dal M ak u sev3, si
spieghi appunto con l’uso di altre fonti, scritte 4.
Per la storia dei torbidi del Regno di Napoli, abbozzati in
tratti generali, a partire dalla seconda m età del sec. X I V fino
alla lotta tra Ferrante e il Duca d ’Angiò inclusa 5, e ugualmente
per la biografia e il ritratto di Pio II 6, l ’Umanista si valse so­
prattutto delle Vite dei pontefici del Platina, sebbene non ne
parli. Ecco un raffronto riguardante appunto il predetto
papa:

Platina, Liber, 353. Barlezio, Hist., X , 123

...v e r itu s , ne si Galli reg- . .veritus, ne si Galli Ap(p)u-


num occupassent, victoria liae regnum occupassent, v i­
elati, libertatem Italie subver- cto riaelati (ut sui moris est)
terent. libertatem Italiae adimerent.

Quanto ai torbidi di Puglia, il Barlezio si servì anche di


altri fonti, dove trovò, per esempio, la notizia che il re Carlo
(di Durazzo) di Ungheria era morto avvelenato e che Ladislao
( « Lancilagus »), suo figlio, aveva fatto la stessa fine per opera
di una concubina, consigliata dai F ioren tin i7. D ’altronde, lo
Scutarino si lagna di non aver trovato negli scritti che aveva

1 Ibid., V i l i , 99 v.
2 Ibid., V II, 94 v.
3 Monumenta, I I , 148 , 227.
4 Però l ’affermazione del n o l i che il Barlezio « aveva sotto gli occhi
i documenti # concernenti la storia del Castriota (Storia, 8), non è accer­
tata da nessuna prova.
5 B a r l e z i o , ibid., X , 122 e s e g g .
* P e r i i r it r a t t o : P l a t i n a , Liber, 15 8 , 5 — 1 5 : B a r l e z i o , ibid., X I, 1 4 3 .
7 Cf. Una versione somigliante presso il DE T u m u l i l l i s , Notabilia,
cap. 12.
185 L E FONTI DEL BARLEZIO 51

veduto sulla guerra di successione napoletana neppure una pa­


rola che ricordasse il suo eroe, sebbene questi avesse salvato la
causa quasi disperata di Ferrante 1. Senza dubbio include qui
anche il Platina, il quale veramente non dice nulla, nel raccon­
tare questa guerra, del Castriota. Del resto, non sappiamo a quali
altri scrittori alluda, poiché tanto la biografia di Francesco Sforza,
dal S im o n etta2, quanto la storia apposita di questa guerra di
pugno di Gioviano Pontano 3, i più notevoli lavori contemporanei
intorno a queste vicende, parlano dell’intervento dell’Albanese,
pur non esagerandolo, come fece il Nostro. Egli avrebbe potuto
conoscere tali opere, almeno il trattato del Simonetta.
D al surricordato opuscolo del C ippico4, intorno alle gesta
di Pietro Mocenigo contro i Turchi, il Barlezio tolse alcuni passi
ch e si riferiscono a Ragusa:

Cippico, P . Moc., I l i , 367 Barlezio, Hist. X , 123 v.


Urbs est libera, legibus atque Mercimonia tam terra quam
moribus optime instructa. Ha- mari undique suis navigiis con-
bet senatum atque m agistratus vehunt, caeterosque Dalm atiae
ordinem quoque patriciorum et Liburniae populos opibus et
e t plebis distinctum . Patricii reliquis bonis atque virtutibus
soli rempublicam administrant. facile superant. Qui etiam ,
Plebs tantum suis rebus studet, quum liberi sint, legibus mori-
de publicis minime curiosa est. busque instructi, Venetorum
Cives etiam in diversis provin- more senatum et m agistratus
ciis mercaturam exercentes, cae- ac patritiorum ordinem habent
teros Dalm atas opibus supe- a plebe distinctum. P atritii soli
rant. rem publicam ipsam adm ini­
strant. Plebs autem suis rebus
studet et de rebus publicis mi­
nime curiosa est.
1 B a r l e z i o , Hist., X , 12 3 .
2 Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis libri
X X X I , Milano, 1479.
3 Stam pata per la prima volta a Napoli nel 1508 ( B r u n e t , IV , col.
807).
* V . sopra, p. 167 e n. 5.
52 FRANCESCO PAI.I,

A proposito dei Cimarrioti Marino si valse delle Enneades del


Sabellico, una storia universale che giunge fino al 1504:

Sabellico, Enn., ed. pr. (1504), Barlezio, Hist., II, 16 v.


v. II, X , 1. V i l i , 172 v. — 173.

Huius loci [se. Chimerae) in- Montanus is est locus [se.


colae ferox et indomitum genus Cimerà] . . . Indomita gens ha-
hominum, aliquam [diu]1 tri- bitat feroxque, ne bellicosa di-
butum Baiazeti abnegaverant, cam, Cimerotas vulgo dicimus...
ob eam rem petiti sunt bello.

c) Compendio delle vite dei papi e degli imperatori. Questo


libro, il meno diffuso e noto del Barlezio, è in realtà, come trat­
tazione, senza niun valore scientifico. Non è nient’altro che un
catalogo di pontefici e d ’imperatori, un po’ più esteso, qua e
là, di tanti altri elenchi del genere composti nel Medio E vo,
tra cui conosciutissima la cronaca dell’arcivescovo Martino di
Oppavia, detto comunemente il Polono (morto nel 1278), usata
come un manuale e stam pata per la prima volta a Roma nel
1476 2. Come questa, anche l ’operetta del Barlezio è uno schema
cronologico dei papi e degli imperatori, con le loro gesta, se pur
non sempre le più importanti. Marino spesso si contenta di men­
zionare semplicemente i nomi e gli anni di pontificato o di regno.
Senonchè, è più laconico riguardo ai fatti degli imperatori che a
quelli dei p o n tefici3. Intorno alla serie degli imperatori è da
notare anche il fatto seguente: l ’autore v i dà inizio con Giulio
Cesare, sebbene poi ne faccia l’enumerazione soltanto a partire da
Nerone 4. U n elenco comune offre per i successori di Teodosio
il Grande, dopo la divisione dell’impero, fino alla caduta della
parte occidentale di questo. Seguono poi gli imperatori bizantini
fino a Niceforo I, anno 790 (correttamente 802), con il quale

1 Cosi nell’ed. I I , (1513), 334 v. In quella principe : « aliquam »( !).


* Chronica summorum pontificum et imperatorum, R o m a , 14 7 6 .
3 Cosi, per esempio, egli tro va giusto il rammentare — a proposito
dell'imperatore Enrico IV — soltanto il nome e gli anni di regno ; Com-
pendium , 89.
* B a r l e z i o , Com pendium , 45.
187 LE FONTI D EL BARLEZIO 53

si arriva al numero 8 1 1. Secondo l ’opinione dell’autore, Nice-


foro divise l ’im pero con Carlomagno, cui lasciò l ’Occidente,
mentre per sè s ;rbò l ’Oriente. Però unico e legittimo imperatore,
d’accordo con la concezione medioevale, l ’autore stima d ’ora
innanzi Carlomagno, m ettendola come 82'°, quindi proprio quale
continuatore della serie bizantina, mentre dei basileis si fa cenno
in un nuovo ordine, principiante con lo Stauratius (Staurikios),
posto quale primo imperatore « a divisione » 2. Quanto ai sovrani
latini di Costantinopoli, essi sono collocati sempre nella serie
bizantina.
Premesso ciò, vediamo ora le fonti del Compendio. L a prima
parte del trattato, un elenco confuso di personaggi della storia
romana, è senza alcun titolo. R edatta in uno stile trascurato,
essa non ha nulla a che fare con l ’argomento del libretto — cioè
le vite dei papi e degli imperatori — sicché dubitiamo che sia di
pugno del Barlezio. Questi appunti gettati sulla carta, a casaccio,
senza veruna cura, sono desunti in massima parte da Tito Livio.
Ve ne sono alcuni che si ripetono3. Scarsamente sono ancora
adoperati: Cicerone4, S allu stio 5, Plutarco®, Aido G ellio 7, ed
Erodiano 8. Pure nel mezzo del lavoro si ritrovano alcune notizie

1 Ibid., 78.
2 Ibid.
3 II caso di Q. Fabio Massimo Rutiliano, il quale ebbe l’ardire di dare
una battaglia all’insaputa del dittatore L. Papirio Cursore (Compendium,
16 e 35— 36; quel che asserisce di L. Sempronio Atratino (ibid., 17 e 20;
nel testo erroneamente : « A trativus »).
4 De officiis II , cit. alla pag. 49; cf. pure la prefazione del Compendio,
dove Cicerone è accennato per quel che dice riguardo all’amore per la
patria, De off., , 57. Sempre da questo libro tolse l’Um anista i versi
di Ennio concernenti Q. Fabio Massimo (ibid., I, 24) ; alle pp. 33 e 49
•dell’opusculo si fa menzione delle Epistolae. Si tratta, infatti, delle Ad
familiares e A d Atticum.
5 « Catilina » e « Jugu rtha»; Compendium, 11, 35.
• Citato alla pag. 11, per Mario.
7 R iferito alla pag. 36 intorno a Q. Pompilio, personaggio che in
realtà non esiste nelle Notti Attiche; alla pag. 40 è menzionato riguardo
•a T ito « Carisius » (corr. Castricius).
8 Ricordato alla pag. 34, circa « Pub. Clodius Alpinus ».
54 FRANCESCO PAI,!,

prese dagli storici antichi. Qui, per esempio, riconosciamo Sue-


tonio nell’analogia che illustra la moderazione di Tiberio nel
dominio fisca lex, e, del pari, YEpìtome de Caesaribus di Sesto
Aurelio Vittorio circa gli imperatori, cominciando da Nerva e
giungendo fino a Gordiano I II *.
Però la fonte principale del Compendio è la surricordata cro­
naca di Martino Polono riguardante i pontefici e gli imperatori,
che arriva fino al 1270 circa, mentre le sue continuazioni giun­
gono alla prima m età del X V sec. Per quel che concerne i papi,
quest’opuscolo è una riproduzione, talvolta letterale, del Liber
Pontificalis. La parte che adopera il nostro autore di questa
trattato di Martino è soprattutto quella che tra tta dei pontefici.
Spesso lo troviam o testualmente trascritto nel Compendio,
Eccone un raffronto che si riferisce a Innocenzo I:

Martini Chronicon, Pontijices Barlezio, Compendium, 63— 64


(M. G. H., Script., X X I I , 417).

Innocentius I nacione Alba- InnocentiusA lbanuspapa42,


nensis.. sedit annis 15, men- fit anno Christi 407. Constituit
sibus 2, diebus 20. H ic consti- sabbato sancto ieiunium cele-
tuit ieiunium sabbato celebrari brari, quia Dominus in sepul-
quia Dominus sabbato in se- ero iacuit discipulique ieiuna-
pulcro iacuit et discipuli ieiuna- verunt. Constitutum de mona-
verunt. Constitutum fecit de chorum regulis fecit, de Iu-
ecclesia et de regulis monasterio daeis et de paganis et de oleo
rum et de Iudeis et paganis. . . infirmorum ab episcopis con-
E t constituit, ut qui natus fue- secrato constituitque ut qui-
rit de Christiana per baptis- cunque etiam de Christiana
mum nasci denuo debeat. H ic exortus fuerit, per baptismum
decrevit ad missam pacis oscu- denuo renascatur et pacis oscu-

1 S u e t o n i o , Tib., 32. 2.: rescripsit. . . deglubere ; cf. B a r i . e z i o ,


Comp., 44. Transcritto testualmente, però « deglutire » è da correggere
in « deglubere ».
2 Epitome, cap. 1 2 ; cf. B a r l e z i o , Compenti., 40— 54. Tra le notizie
da qui prese, è l ’indicazione del luogo di nascita di Nerva, e del paese
d ’origine di Pertinace, oppure di Didio Giulio ( = Giuliano).
L E FONTI D EL BARLEZIO 55

lum d a r i.. . H ic Innocentius lum in missa debere dari. Sedit


statuit oleo ad usus infirmorum annis 15, mensibus 2, die-
ab episcopo consecrato u ti.. . l . bus 20.
Il Barlezio trascrive testualmente o quasi testualmente pure
i pontificati dei papi seguenti: Giulio I, Sirico ( = Siricio), Zo-
simo, Celestino I, Sisto III, Ilario, Simplicio, Felice III, Sim­
maco, Ormisda, Felice IV , Agapito, Vigilio e V ita lia n o 2. Per
gli imperatori copia parzialmente il regno di Vespasiano 3. D ei
pari, riporta testualm ente quello di Berengario I II (corr. II) *.
Il Liber Pontificalis, la cronaca ufficiale dei papi, è usato
dal Barlezio meno largamente di Martino, autore d ’un tra tta ta
più corto e più maneggevole. Con tutto ciò il Sacerdote talvolta
lo adopera letteralmente, come fa, per esempio, a proposito del
pontificato di Bonifacio I:
Liber Pont., Bonifacius I ' Barlezio, Comp., 64
(I, 227)
. . .H ic Bonifacius constituit P. B o n ifa tiu s.. . statuit nul-
ut nulla mulier vel monacha lam foeminam aut monacham
pallia sacrata contigeret aut vasa sacra, pal[l]am seu alia cor-
lavaret aut incensimi poneret poralia contigere vel lavare nec
in ecclesia, nisi m in ister.. . incensum in ecclesia ventilare.
A ltre volte, il Nostro fa un compromesso tra il « Liber Ponti­
ficalis » e la cronaca di Martino. Così intorno a Sergio I ci dice:

1 M a r tin o , a s u a v o lt a , prese qui a lc u n e p r o p o s iz io n i d a l Liber


Pontificalis, v i t a d ’ I n n o c . I (I, 220).
2 M a r t i n i Chron., Pontif., 4 1 6 — 4 2 3 ; B a r le z io , Comp., 6 1 — 7 2 .
Q u a n t o a l p a p a Z o s im o , i l S a c e r d o t e in t e s e a ro v e s c io i l s e g u e n t e p a s s o
d i M a r t in o : « H ic [se. Z o s im u s ] c o n s t it u it q u o d s e r v u s n u llo m o d o e ie -
ric u s fie r e t » (M a rt., 42 2 ). Il B a r le z io s c r iv e in f a t t i : « c le r ic u m n u llo
m odo servu m fie r i c o n s t it u it » ( B a r le z io , ibid., 64). M a r tin o a ttr i­
b u is c e lo s te s s o d e c r e t o p u re a B o n ifa c io I , il p a p a s e g u e n te (/. c.) La
s u a fo n t e , il Liber, p e rò lo a c c e n n a s o lt a n t o a p r o p o s it o d i q u e s t 'u l­
t im o p o n t e fic e (I, 2 2 7 ). L o S c u t a r in o d u n q u e r ip e t e a q u e s to rig u a rd o -
u n o s b a g lio d i M a rtin o .
3 M a r t i n i Chron., Imperatores, 445 ; B a r l e z i o , Comp., 46. Mar­
tino si servì qui della Historia Romana di Paolo Diacono (X IX , io ).
1 M a r t i n i Chron., Im p., 4 6 4 ; B a r l e z i o , ibid., 85.
5b FRANCESCO PALI. 190

« P. Sergius... sedit annis 6 moxque fit scisma, sed regnat adhuc


annis 3, mensibus 8, diebus 23 »1. Però il Liber gli ascrive 13
anni, 8 mesi e 23 giorni di pontificato. Questa stessa fonte as­
serisce che lo scisma ebbe termine proprio in seguito all’elezione
alla tiara di Sergio 1 2 e non avvenne durante il pontificato di
lui, come afferma a torto lo Scutarino. Martino, sempre falsa­
mente, assegna a questo papa soltanto un governo di 9 anni,
■8 mesi e 23 giorni 3, a partire dal 689 (anno che si trova ugual­
mente presso il Barlezio). Di fronte a queste due fonti, il Nostro
ricorse ad uno sbagliato compromesso. E cioè: in seguito alla
lettura del « Liber Pontificalis » trasse l’idea dello scisma, mentre
dal lavoro di Martino, dove non trovò nulla di ciò, dedusse la
durata del pontificato di Sergio. Infatti, 6 anni più 3 anni, 8
mesi e 23 giorni danno esattam ente il periodo che figura, in
tutto, nella cronaca dell’Oppaviense 4.
Il medesimo metodo usa il Barlezio a proposito degli Annales
Regni Francorum, attribuiti ad Eginhard. Parlando del papa
Leone III, si serve di alcune espressioni accanto alle frasi copiate
dal trattato di Martino, come risulta dal seguente confronto:

Annales, 107 Martini Chron., Pontif., 427

D C C X C V IIII. Romae Leo Leo I V . .. Hic dum perge-


papa, cum letaniam processu- ret die Sancti Marci cum leta-
rus de Lateranis ad ecclesiam n iis .. . ad Sanctum Petrum
beati L au rentii. . . equo sedens captus et cecatus est, precisa
pergeret, in insidias a Romanis etiam ei lingua. Sed Deus om-
dispositas iuxta eadem basili- nipotens reddidit ei visum et
cam incidit. Ubi equo deiectus loquelam. Postea pergens ad
et erutis oculis. . . lingua quo- Karoljim regem Francorum, ibi
que amputata, nudus ac semi- susceptus est cum maximo

1 B a r l e z i o , ibid., 73 .
2 Lib. Pont., I , 3 7 1 .
3 Chron., Ponti/. 424.
4 Un altro esempio di compromesso tra il Liber Pont, e la cronaca
d i Martino, a proposito di Gregorio I I I (Lib. Pont., I , 4 1 5 ; M a r t i n i
Chron., Pont., 4 2 5 ; BARLEZIO, Comp. 75 I.
LE FÓNTI DEI, BARLEZIO 57

vivu s in platea relictus e s t . . . honore et rediit Romani cum


V enit pontifex et valde hono- prefato rege.
rifice ab ilio [se. Karlo] suscep-
tus e s t . . . E t cum ei cuncta
propter quae venerai, intimas-
set, iterum Romam cum magno
honore per legatos regis, qui cum
eo missi sunt, reductus atque
in locum suum restitutus est.

Barlezio, Comp. 78
P. Leo tertius... Dum pergeret die 5 M a rz i1 de
L aterano ad letan ias maioras a K om anis captus
oculisque eruptis et lingua precisa, nudus et sem i-
vivus in monasterium truditur. Sed Deus omnipotens
eidem, loquelam et visurn miraculose restituii. Tunc
ipse perexit ad Carolum regem Francorum, qui cu n cta
sibi in tim ata percipiens, flevit et legatos illico
R om ani m isit sicque Leonem cum honore in pri-
stinam sedem restitu ii 2.
Il Nostro, come teologo, naturalmente consultava anche la
raccolta di decreti pontificali del Graziano e qui l ’adopera per
alcune decisioni dei papi Pelasgio II 3, Zaccaria I, 4 Alessandro
I I 5, Gregorio V II 6.
1 « 5 Marzi », errore di lettura invece di « S[ancti] Marci » della cro­
naca di Martino.
2 I passi in corsivo sono attin ti dalla cronaca di Martino ; quelli in
grasso tolti dagli Annales.
3 Per le « prefationes »; G r a z i a n o , Decretum, II I pars, dist. I, c.
L X X I . Queste però sono nove e non otto, come dice il Barlezio, benché
ne conti anche egli sempre nove (Comp., 69).
1 Proibizione del matrimonio tra i parenti ( G r a z i a n o , ibid., I I pars,
■causa X X X V , quest. V, c. I V ; B a r l e z i o , ibid., 76).
5 I c h ie r ic i n o n r ic e v a n o b e n i e c c le s ia s t ic i d a p e rs o n e la ic h e ( G r a ­
z i a n o , ibid., I I p a rs , c a u s a X X ; B a r l e z i o , ibid., 9 1 ) .
• Provvedim enti intorno al digiuno e alla m oralità degli ecclesia­
stici ( G r a z i a n o , I pars, dist. L X X X I , c. X X I I I ; I I I pars, dist. V ,
c . X X X I ; B a r l e z i o , l. c.).-
5» FRANCESCO PALI, 192

Può darsi che si servisse anche dell’opera di Riccobaldo di Fer­


rara: Chronica summorum pontificum imperatorumque ac de
septem aetatibus mundi, composta all’inizio del X I V s e c .1, che
è una delle fonti della compilazione di Iacopo Filippo Foresti,
di cui parleremo più innanzi. D a Riccobaldo il nostro autore
avrebbe potuto prendere qualche notizia sull’imperatore Ottone
I I 2 (III, presso il Barlezio e Riccobaldo), sui papi Gregorio X 3
e Bonifacio V i l i 4.
T ra gli scrittori contemporanei o quasi contemporanei, il
Barlezio si giovò, anche se di rado, del sopraccennato Platina 5.
Poi si valse della cronaca universale dell’agostiniano Iacopo
Filippo Foresti da Bergamo (morto nel 1520), pubblicata in edi­
zione principe in latino, tradotta e accresciuta in italiano, e che
raggiunse una serie di edizioni. Il Sacerdote se ne servì riguardo
al pontificato di Urbano V della versione italiana:

Foresti, Supplemento, ed. del Barlezio, Comp., 101


1510, 1. X IV , 256 v.

[Urbano] fece predicare per P. Urbanus 5 . . . praedicare


tutti gli populi christiani la fecit cruciatam contra infideles.
cruciata contra a Turchi, se- Tandem veneno obiit.
condo alcuni fu ad velenato 6.

Non è fuori di proposito di mostrare qui, come l ’aneddoto


di Svetonio, che illustra la filantropia dell’imperatore Tito, passò

1 Stam pata a Rom a nel 1474 (v. la Bibliografia del presente lavoro).
3 II soprannome di « Mirabilia Mundi » ( R i c c o b a l d o , Chron. ; B a r -
L E Z IO , ibid., 87).
3 L a decima per la crociata ( R i c c o b a i . d o , 0. c. ; B a r l e z i o , ibid., 98).
4 II decreto concernente la festa dei 12 Apostoli, degli E vangelisti e
dei Dottori della Chiesa ( R i c c o b a l d o , 0. c. ; B a r l e z i o , ibid., 99).
5 V. sopra, p. 184. Riguardo al papa Cleto riscontriamo un avvicina­
mento testuale ( P l a t i n a , Liber, v ita di Cleto; B a r l e z i o , ibid., 47). Il
Sacerdote si valse del biografo dei papi pure intorno a Giovanni II,
Benedetto IX , Stefano IX , Niccolò II ed Onorio II ( P l a t i n a , cap. 58,
152, 159, 161, 169; B a r l e z i o , ibid., 68, 88, 90 e 93).
* Questa versione circa la fine del papa non si trova nell’originale
latino. Cf. F o r e s t i , Supplem. Chronicarum; ed. del i486, 1. X IV , 256.
193 1,E FONTI D EL BARLEZIO 59

nell’opuscolo del Barlezio per tram ite delle Enneades del Sa-
bellico :

Svetonio, Tit., 8. 20 Sabellico, Ennead. V II,


1. IV , 426 v.
Recordatus [se. Titus] quon- Recordatus aliquando super
dam super cenam, quod nihil coenam, quod nullum in quem-
cuiquam toto die praetitisset, que eo die officium contulisset,
memorabilem illam meritoque memorabilem illam vocem emi-
laudatam vocem edidit : amici, sit : Amici, diem perdidi.
diem perdidi.

Barlezio, Comp., 47
Qui aliquando recordatus super coenam, quod
nullum eo die officium in quemquam contulisset,
aiebat se perdidisse diem.
In seguito, troviam o nel Compendio una serie di notizie
fantasiose, raccolte dalla casa Angela di Drivasto e precisamente
da Pietro, intorno alle pretese origini imperiali di essa. Sap­
piamo così come discenda da una illustre stirpe romana, dagli
« Aem ilii » 1, e come il terzo pontefice, Cleto, abbia un posto ben
fissato nel suo albero genealogico2. Se ne vogliono annoverare
tra gli antenati i Comneni di Bisanzio, il cui vero nome sarebbe
stato A n g e li3. L ’indicata fam iglia sarebbe stata im parentata con
la dinastia serba dei Nemanja. U n membro di questa, cioè « Ur-
saceus Nemagneus Sylvius » è messo a regnare nella parte oc­
cidentale della penisola balcanica, partecipe del governo dell’im ­
pero insieme con Costanzo, Galerio e Massenzio 4. « Isac Angelo »
1 B a r le z io , Compend., 90, 104 ; A n d r e a A n g e l o , Genealogia, e d .
d e l 15 5 3 , p . 5 ; I d e m , Gen., ed . d e l 15 5 5 , D .
2 B a r l e z i o , ibid., 4 7 ; A . A n g e l o , ed. 15 5 3 , 6; Idem , Gen., e d .
I 555. D ij v . ( t e s tu a lm e n te c o m e n e l B a r le z io ).
3 B a r l e z i o , ibid., 9 0 ; A . A n g e l o , G è « ., ed . 1553, 1 1 ; Idem, Gen.,
ed. 1555, E ij. Secondo il Nostro (ibid., 91) persino Constantino X Duca
sarebbe stato della stirpe degli Angeli.
4 B a r l e z i o , Comp., 59; A n g e l o , Gen., ed. 1553, 8. Costantino il
Filosofo compose una falsa genealogia dei Nemanja, i quali sarebbero
discendenti di Costantino Magno ( J i r e Ce k , Gesch. d. Serb., II,, 285).
6o FRANCESCO PAIA 194

avrebbe regnato con l ’imperatore Eraclio, suo « suocero ». In ­


torno a simili dati, vi sono numerose somiglianze letterali tra
il Compendio e la già ricordata versione latina della Genealogia
di Andrea Angelo, stam pata a Rom a nel 1555. Ne facciamo
qui seguire soltanto una:

A. Angelo, Gen., ed del Barlezio, Comp., 70


1555, Dij 2 v.

Philippus [se. D ux D ryva- I. H era cliu s.. . Regnat cum


stensis] genuit Alexium 2 et Isacio Angelo genero suo annis
Isacium Angelum, ii (!) q u i . . . 29. Multa prelia contra diver­
cum socero suo Heraclio Im ­ sos tyrannos fecit intentumque
peratore, sumptibus propriis eius obtinuit.
m ulta praelia contra diversos
Tirannos fecit ac victoriam
obtin u it. . . 1.

Non sappiamo quando apparve la prima edizione del Com­


pendio 2. L a seconda, che adoperiamo, ha la prefazione degli
editori in data 7 maggio 1555, mentre l ’elenco dei pontefici
arriva fino al 30 aprile, cioè fino alla morte di Marcello II 3. E ’
da desumere quindi che il lavoro uscì stam pato nella prima
metà di maggio. Quanto alla ricordata Genealogia di Andrea
Angelo, per il fatto che essa reca la prefazione in data 30 marzo
1555, fu pubblicata, seconda ogni probabilità, prima della sopra
accennata edizione del Compendio. Sebbene a proposito degli
Angeli si trovino delle proposizioni identiche nelle operette di
cui si sta parlando, tuttavia non conoscendo l ’edizione principe
del Compendio, non possiamo precisare se si tratti di inter­
polazioni di Andrea Angelo in codesto lavoro (dedicato a suo

1 La nuova fondazione delle città di D rivasto e di Scutari da parte


della regina Elena, moglie di « Uroscio Silvio » si riscontra pure testual­
mente in questi due trattati ( B a r u ì z i o , ibid., 65; A . A n g e l o , Gen., ed.
1555, E ij 2).
2 V . so p ra, p. 1 5 1.
3 BarlE ZIO , Compend., 107— 108.
I 95 L E FONTI DEL BARLEZIO 6i

padre e ristam pato dai fratelli Dorico, editori di ambedue le


Genealogie, del 1553 e del 1555), oppure se abbiamo a che fare
con la trascrizione di alcuni passi del Compendio nel trattato di
Andrea, stam pato nel 1555. Ciò che ci fa pensare ad eventuali
interpolazioni o persino a modificazioni introdotte da Andrea
nel testo dello Scutarino, è, da un canto, il carattere di mera
fantasia delle notizie ivi trovantesi riguardo agli Angeli, così
come esse si riscontrano nelle suddette Genealogie, e dall’altro,
il latino rozzo e lo stile confuso 1 che rivestono le medesime
notizie, tratti caratteristici di Andrea Angelo. Quel che ci
induce invece a non ritenere impossible che le notizie in proposito
appartengano proprio al Barlezio, è il contenuto della prefazione
che egli dedica a Pietro Angelo, soprattutto un passo di questa,
dove, rivolgendosi al Drivastino, gli dice che avrebbe trovato
nel Compendio alcune notizie che gli avrebbero fatto, certo, un
gran piacere ; tali notizie, che non si riscontrano nella.SVona, Barlezio
ritenne opportuno riferirle in quest’altra sua opera 2. Il Sacerdote,
senza dubbio allude alle informazioni che riguardano lafavolosa di­
scendenza degli Angeli, di cui nulla è detto nella biografia del-
l’Albanese, pur facendosi più volte parola intorno ad essi 3. Marino
però, secondo che ci pare, quando scrisse la Storia non aveva
ancora ricevuto da Pietro Angelo nessun suggerimento o incarico
di comporre il suo lavoro riguardante i papi e gli imperatori

1 Diamo una frase di questa specie: « Alexius Angelus 4. Isacii 2,


filius, faventibus Gallis Pannoniisque per matrem M argaritam Stephani
3. Regis Ungarorum filiam, Agnetem Mariamque Philippi 2. Regi G al­
lorum filiam et Fiderici Barbarosse nepotem atque uxoretn ipsius A lexii,
ope Venetorum prestita, gratia beneficii accepti ab Isacio patre, Ale-
xium patruum expulit, postquam patris mortem 34. Im perator efficitur,
anno Christi 120 3 ». ( B a r l e z i o , ibid., 9 6). Identica osservazione intorno
alle informazioni araldiche che iv i esistono su Marco Antonio Vero e
Lucio Aurelio Vero (ibid., 5 1 ) , poi su Carlomagno (ibid., 78) e Ottone I
(presso il B a r l e z i o : « O tto 2 » ; ibid., 86).
2 Si vero aliquid, quod tibi arriserit tuasque forsitan aures oblec-
taverit, quodque in historia Scanderbeg[i] praetermissum et hic sup-
pletum esse reperies, Deo honorem et gloriam tribue et me in eo mutuo
dilige.
3 B a r l e z i o , Historia, I I I , 39 v., X , 1 2 4 v., X I, 142 v.
62 FRANCESCO PALL

(poiché secondo il nostro concetto si tratta d ’un suggerimento


o d ’un incarico) e ignorava, probabilmente, ancora le fantasm a­
gorie genealogiche di costui o in generale della casa di costui.
N el caso contrario sarebbe difficile spiegarci come avrebbe po­
tuto il Barlezio nella Storia — per la cui composizione adoperò
notizie raccolte anche da Pietro — limitarsi a dire che Andrea
(1398— 1479) 1, il padre di Pietro, sarebbe stato soltanto « unus
ex optim atibus » di Drivasto 2, ovvero un semplice « clarus vir »,
epiteto conferito da lui pure a P ie tro ,3, che arriva a chiamare
qui, nella prefazione del Compendio, uno « ex Romanorum pa-
triciorum Bizantiique Imperatorum prosapia ». Dunque, da
questo punto di vista c'è una grande differenza tra la Storia e
il Compendio, e ciò non è niente affatto fortuito. L a teoria della
discendenza imperiale non avrebbe potuto esser suggerita allo
Scutarino da nessun altro, tranne che da Pietro e dalla sua casa,
poiché soltanto questi ne avevano l ’interesse. D ’altro canto,
nemmeno gli Angeli cercavano troppo lontano una simile glo­
riosa ascendenza. In fatti appena in una genealogia del 1464 ci
appare il fratello maggiore di Pietro e il più im portante membro
della Casa, l ’arcivescovo Paolo (1427— 1469), quale discendente
di certi conti di Durazzo 4, quantunque il suo nipote per parte
di fratello, Andrea, tenga a dimostrare nelle sue già ricordate
pubblicazioni come Drivasto fosse da antichissimi tempi loro patri­
monio famigliare. Se Pietro 5 e soprattutto Andrea, suo figlio,
1 Giovanni Andrea A n g e l o , Genealogia, Napoli, 1603, n° 82 (nella
« Genealogia »).
2 B a r l e z i o , ibid., I l i , 39 v .
3 Ibid., X I, 142 v.
4 S u f f l a y , Kirchenzust., 243, n. 5; Idem, Povijest, 207. Iv i si cita
pure una prova più antica, del 1352: « condam comitis Angeli de Du-
rachio ».
5 Infatti, in un privilegio in data Drivasto, 10 luglio 1475, conferito
da Egidio Morosini e Domenico Bollani, « Provisores et Sindici Dalma-
tiae et Albaniae », a Pietro, questi già riuscì a far sì che fosse introdotta
nel documento l’affermazione che i suoi « progenitores ab inclita R o ­
mana Urbe originem traxisse » e che essi erano venuti al tem po della
conquista romana dell'illirico a D rivasto e ne avevano ottenuto il go­
verno. Q uest'atto, malgrado gli accennati passi, è da annoverare tra
197 L E INFORMAZIONI DI VALORE STORICO 63

si dissero discendenti di stirpe imperiale e cercarono i loro an­


tenati proprio nell'antichità 1, ciò avvenne tanto per una moda
corrente nel Rinascimento, quanto nell’intento palese da parte
loro d ’esser maggiormente considerati sia di fronte alla Signoria
di Venezia, sia davanti alla S. Sede. Giacché questi poveri uo­
mini, che vivevano in esilio, avevano gran bisogno d ’esser aiutati ;
e lo furono infatti. Così la Serenissima decretò nel 1478 una
pensione a Pietro e ai suoi figli 2. Andrea poi divenne « provvisio­
nato » della Curia pontificale 3.
Concludendo noi crediamo che il Barlezio scrisse il Compendio
per suggerimento o anzi per incarico di Pietro Angelo 4, adope­
rando tra l ’altro, le false notizie comunicategli, che non pote­
vano essere riscontrate altrove. Sotto il pretesto di un elenco
di papi e d ’imperatori, lo Scutarino doveva preparare un trattato
che soddisfacesse, pur con tanti errori di fatti e di cronologia, le
vane pretensioni di discendenza imperiale degli Angeli di Drivasto.

6. Le informazioni di valore storico del Barlezio

Ci occupiamo qui soltanto delle due prime opere di Marino,


cioè dell’ /Isserò e della Storia, dato che la terza, cioè il Com­
pendio, come trattazione non può avere oggi alcun valore storico.

quegli autentici della raccolta Privilegi Imperiali e Confermazioni apo­


stoliche della famiglia Angela Flavia Comnena, pubblicata a Venezia, nel
1626, da Francesco M a l v e z z o (34— 38).
1 Presso lo I o r g a (Notes, IV , 194— 198) si trovano pubblicati secondo
un ms. della Laurenziana di Firenze, una simile Genealogia dei « F lav i »,
come si com piacevano anche chiamarsi gli Angeli sin dalla seconda m età
del X V I sec., e, ugualm ente, altri docum enti apocrifi, che presentano
l ’arcivescovo Paolo come cardinale e il « re » Scanderbeg quale cugino
di costui.
2 M a l v e z z o , 44— 46 (doc. del 26 maggio 1517 e del 14 marzo 1541 ;
S u f f l a y , Kirchenzust, 225 n. 2).
3 A . ANGELO, Gen., ed. 1553, prefazione; Idem, Gen., ed. 1555,
13— 13 v. ; M a l v e z z o , 283.
4 N ella prefazione egli asserisce: « rogatus a pluribus fui u t vitas
summorum pontificum imperatorumque omnium, adhibitis Constanti-
nopolitanis, unde tuum [si tra tta di Pietro] genus descendisse claret,
retexerem . . . » Però questi « plures », certam ente erano gli stessi A ngeli-
64 FRANCESCO PAI.L 198

a) Cominciamo dunque con l ’Assedio, intorno a cui tuttavia


crediamo che non ci sia bisogno d ’insistere a lungo. Osserviamo
soltanto che si tratta d ’un lavoro che, per il suo contenuto, pur
essendo qualche volta gonfio ed esagerato (discorsi, descrizioni
enfatiche) tuttavia, come testimonianza oculare, costituisce la
fonte principale per la conoscenza dell’assedio del 1478, e perciò
sta alla base dei racconti degli storici moderni, dell’ H am m er1,
dello Zinkeisen 2 e dello Iorga 3. L,e notizie che ci presenta qui
il Barlezio, sono in generale confermate, anche dal punto di
vista cronologico, dalle altre fonti contemporanee. Tali fonti sono le
seguenti : la menzionata Storia veneziana del Sabellico, che narra
queste vicende secondo le informazioni raccolte tra i cittadini
scutarin i4 ; un’altra Storia della Repubblica, del Navagero 5, il
quale si giovò di una serie di documenti ufficiali, concernenti
alcuni provvedim enti della Serenissima, ciò che non avrebbe
potuto registrare il Nostro, in quanto egli nota solo gli eventi
che aveva sentito o visto intorno a lui; una diffusa cosidetta
lettera « d ’un secretario del Sig. Sigismondo M alatesta », del resto
identica, meno alcune parti riassunte o soppresse, alle « Historie
di Messer Marco Guazzo », stam pate una ventina d ’anni prima 6.
In seguito, le notizie che si trovano nell’/Issato vengono con­
fermate dalle relazioni di Leonardo Botta, ambasciatore milanese
a V en ezia 7, poi dalla compilazione intitolata Historia Turchesca,

1 Gesch. d. Osm. R., I, 5 3 4 — 543 .


3 Gesch. d. Osm. R., XI, 426 — 43 7.
3 Gesch. d. Osm. R., II, 1 8 7 — 189.
4 Hist., d . I l i , l . X , 9 72 . I l B o n f i n i (Rer. Ung., d . I V , 1. V , 626)
p a r la d i q u e s t'a s s e d io , a d o p e r a n d o s e n z a d u b b io la S t o r ia d e l S a b e llic o ,
A n c h e il M a i,[ P ie r o (1 1 8 , 120 , 1 2 1 — 122) si è s e r v it o so p ra ttu tto di
t a le t r a t t a t o .
0 I n M u r a t o r i , Rerum It. Script., e d iz . a n t . , X X I I I , c o l. 1 1 5 3 — 11 5 9 .
6 A V e n e z ia , n e l 1 5 4 5 . L o s te s s o t r a t t a t o fu a n c h e d a l S a n s o v in o
p u b b lic a t o s o t t o il n o m e d i « S e c r e t a r io . . c o m in c ia n d o d a l 15 6 4 , d a t a
d e lla p r im a e d iz io n e d e lla s u a r a c c o lt a (f. 2 7 1 — 282). R ig u a r d o a q u e s to
a r g o m e n to si v e d a : V a s iij u , S ur une chronique, p a s s im , s o p r a t t u t t o le p p .
32 — 35' C f. p u re lo I o r g a , Cronicile turce§ti, 1 7 — 18.
7 M akuSev, M on ., I I , 1 7 7 — 180 . P e r l ’ a s s e d io d el 14 7 8 v. anch e
I’A n o n im o veron ese 340, 346.
19 9 I,E INFORMAZIONI DI VALORE STORICO 65

che a questo riguardo riproduce le memorie dell’Angiolello, il


tesoriere di Mohamed II, con cui partecipò alla spedizione contro-
Scutari 1. Infine, le informazioni dateci dal Barlezio sono c< n-
fermate anche dall’opera di Seaddedin 2.
b) Vediamo ora la Storia di Scanderbeg. Si tratta d ’un’ opera
piena di esagerazioni. Il che si spiega, da un lato, con l ’intento
naturale delle fonti orali, che costituiscono la base di questo
lavoro di presentare notizie ingrandite sugli eventi e di esal­
tare l ’Eroe, dall’altro, con l ’uso delle informazioni provenienti
da uno scrittore, egli stesso impressionato profondamente
dalla figura dell’uomo, di cui ci narra la storia. Non dobbiamo
dunque m eravigliarci se questo ci appare nelle proporzioni —
per così dire — di un semidio. Però, nello stesso tempo, non ci
è difficile immaginare la ragione per la quale il racconto di Ma­
rino sembrò sospetto a parecchi autori, cominciando dal Giovio,.
il quale ci m ostra come il Sacerdote, grazie al suo patriottism o
e all’odio contro i Barbari, cioè i Turchi, avesse molto esagerato
nel suo libro 3. L ’Hammer 4 dubita della veridicità dei discorsi
troppo lunghi contenuti nella Storia, mentre lo Zinkeisen 5 è del
parere che ci voglia m olta riserva di fronte a quest’opera. Il
V o ig t 6 va ancora più lontano : secondo lui si tratta semplice-
mente di un « Lugenbuch ». Il Fallm erayer 7, poi, prende in esame

1 Hist. Turch., e d . d e ll’ Ursu, 10 2 — 10 7 . L ’ U rsu d ic e v a c h e l ’ a u t o r e


d i q u e s to la v o r o s a r e b b e s t a t o D o n a t o d a L e z z e (cf. la p r e fa z io n e , X X V —
X X X ; I d e m , Uno sconosciuto storico veneziano, 16— 18 ). D if a t t i, s i t r a t t a
d i u n a c o m p ila z io n e a n o n im a c h e c o n tie n e p a r e c c h i s c r itt o r i, a n z i t u t t a
il v ic e n t in o A n g io le llo , c o s ì c o m e , c o n fu t a n d o le p r o v e d e ll'U r s u , ha
d im o s tr a t o il REIN H ARD (Essai, c a p . I I I ) .
2 Chronica, II, 306— 309. V ed asi q u e s t'a s s e d io , in tra tti g e n e r a li,
a n c h e p r e s so il L O w e n k l a u , Annales, 49.
3 G i o v i o , Elogia vir. lit. ili., 2 14 . P e rò , q u a n t o a i s u o i c e n n i c ir c a
il C a s t r io t a (Elogia vir. bell, v., 229— 234) il C o m a s c o s te s s o v e n n e a c c u ­
s a to d i a v e r « o u tr e -p a s s é le s b o rn e s » (T h E V E T , Les vrais pourtraits,
304— 304 v .) .
* I. 659.
5 I, 7 7 0 n . I ; c f. I I , 389, 3 9 1, 392, n. 1, 3 9 6 n. I.
• Enea Silvio, I I I , 15 9 n . I.
7 I X , 10 , n. 2, 56 n . 1, 8 1, n . 2, 88, n. 2, 9 7 .

5
66 FRANCESCO P A H , 20 0

critico i dati dell’Umanista e ne confuta alcuni, sempre che


glielo consentono le altre fonti a sua disposizione, sebbene queste
siano ancora troppo poche e quasi tu tte narrative. Quanto al-
l’Hopf *, egli dice che il lavoro del Barlezio è piuttosto un romanzo,
i cui dati possono essere controllati mercè le cronache bizantine
e i documenti contemporanei. Il R om an in 2 e l’H opf furono i
primi a servirsi di una serie di atti veneziani, ciò che permise
soprattutto a quest’ultimo di contribuire efficacemente nel pre­
sentare sotto una luce critica la carriera dell’Albanese, a dif­
ferenza dei surricordati autori, la narrazione dei quali è attinta
quasi esclusivamente dal Barlezio.
Senonchè i documenti editi, in seguito, dal Makusev 3, dal
L jubic *, dal Thallóczv e dal Gelcich 5, d a llo Io rg a 6, dal Cerone7,
e dal Marinescu 8, hanno reso possibile lo scarto di una parte delle
informazioni contenute nella Storia di Scanderberg. Però, nello
stesso tempo ne hanno confermato come vere molte, altre.
Negli ultimi tempi, lo Scutarino comincia a esser apprezzato.
Così il Noli 9, ha delle giuste parole sul Barlezio, quando lo stima
« un tesoro pregevole per la vita di Scanderbeg », mentre il Ma­
rinescu lu, pur affermando che il nostro autore esagera le propor­
zioni dell’Eroe, ci fa attenti sui dati di lui che sono rafforzati

1 Griechenl., II, 122.


3 Storia doc. di Ven., IV , 243— 244, 308, 315, 325.
3 Monumenta, ecc. Adopera il materiale qui pubblicato, nel suo la ­
voro: « Ricerche 0, ecc.
1 Listine, V, V I I I , soprattutto I X — X .
6 Diplomatarium, ecc., in collaborazione. Il T hallóczv pubblica ancora
alcuni atti inediti, che riguardano pure il Castriota, nel suo lavoro:
Bosnydk és szerb, ecc. (trad. in tedesco da Franz Eckhart).
6 Notes et extr., s. II-IV .
7 La polit. orient. di Alfonso.
8 Alphonse V et l'Alb. de Scand. Uno studio composto in gran parte
in base ai documenti tolti dall « A rchivo de la Corona de Aragón »
■di Barcellona.
’ Storia, 10.
10 Alphonse V, 9 n. 1.
201 LE INFORMAZIONI DI VALORE STORICO 67

■da altre fonti e accenna ad una parte di queste notizie, che hanno
valore storico 1.

1 S p e r ia m o c h e n o n s ia n o q u i fu o r i d i p r o p o s ito a lc u n e rig h e s u l
fa m o s o « A n t iv a r in o ».
G ia m m a r ia B ie m m l, s a c e r d o te b r e s c ia n o , p r e te s e d ’a v e r sco p erto
u n in c u n a b o lo la t in o , c h e a v e v a c o m e a u t o r e u n a n o n im o d ’A n t iv a r i.
T a le Historia Scanderbegi edita per quendam Albanensem sareb b e
s t a t a p u b b lic a t a , s e c o n d o il su o d ire , a V e n e z ia il 2 a p r ile 1480 d a l n o to
m a e s tr o te d e s c o E rh ard R a td o lt. I l ra c c o n to m o lto p a r t ic o la r e g g ia t o
e p r e c is o d i q u e s to p r im o e m is te r io s o b io g r a fo d e ll’ E r o e a lb a n e s e è s t a t o
u t iliz z a t o d a l s u d d e t t o p r e te , co m e c i d ic e , n e lla s u a o p e r a Istoria di
Giorgio Castrioto detto Scanderbegh, s t a m p a t a a B r e s c ia n e l 17 4 2 ( I I
e d ., lo s te s s o P a p a d o p u l o - V r E T ò , Correzzioni, 23
lu o g o , n e l 1 7 5 6 ; il
a s s e r is c e e rro n e a m e n te ch e vi s a r e b b e a n c o r a u n a e d iz io n e , d e l 175 2 ).
D e l lib r o d e l B ie m m i se n e s o n o p o i s e r v it i, c o m e d e ll’ u n ic o tra m a n ­
d a to lo d e lla p r in c ip a le fo n t e n a r r a t iv a per la s t o r ia d e ll’ A lb a n e s e ,
tu tta una s e rie di s c ie n z ia t i a c o m in c ia r e co l F a r l a t i (Illyr. Sacr.,
V II, 9 2 — 9 3), c o n t in u a n d o col M AKU SEV ( Ricerche , e c c .), F ran cesco
T a ja n i (Le Istorie Alb.), P i s k o (Scanderbeg), C u n i b e r t i (L ’Albania ,
•ecc.), B a r b a r i c h (Albania), J a k o v a - M E R T U r i (Giorgio Kastr. Skand.),
N o l i ( Storia di Se.) e te r m in a n d o — s p e r ia m o d e f in it iv a m e n t e — c o l
G egaj ( L ’Albanie et l ’inv. turque, p u b b lic a t a n e l 1 9 3 7 ). O ra , si
t r a t t a in f a t t i d ’ u n a a b ilis s im a m is t ific a z io n e d i q u e l p r e te s p e c ia liz z a t o ,
com e c i d im o s tr a t u t t a la su a a t t i v i t à « s c ie n t ific a », in la v o r i d el
g e n e r e . G ià n e l 1 9 3 1 , i l B a b i n g e r (Gründung v. Elbasan, 94 n . 2 ), il
q u a le r in v iò a lt r e s i a c o m u n ic a z io n i f a t t e a lu i d a p a rte d e ll’ O h l y ,
•espresse il s o s p e tt o d ’ u n a « fa ls ific a z io n e le t t e r a r ia ». D u e anni d opo,
nel 19 3 3 , q u e s t ’ u lt im o s c ie n z ia t o Ì O h ly , Eine gefälschte Ratdoltinku-
nabel) p rovò in m a n ie r a lu c id is s im a — s e b b e n e v a le n d o s i di arg o ­
m e n ti t r a t t i a n z i t u t t o d a a lt r i la v o r i d e l B ie m m i — c h e in v e r it à l ’in -
‘ •cu n ab o lo Historia Scanderbegi n o n è c h e u n a in v e n z io n e m o lto e r u d it a
-dello s te s s o e c c le s ia s tic o . D ’ a lt r o c a n t o , la c r it ic a s t o r ic a d e l X I X sec.
h a g ià d im o s tr a t o c h e il B ie m m i a v e v a fa ls if ic a t o d u e c r o n a c h e c o n c e r ­
n e n t i la s t o r ia d i B r e s c ia , u n a p e r l ’ V I I I — I X s e c ., l ’ a lt r a p e r il X I I ,
p u b b lic a t e d a l m e d e s im o : n e l 1 7 4 9 (nell'Istoria di Brescia, I I ) , r is p e t t i­
v a m e n t e n e l 1 7 5 9 (Istoria di Ardiccio, e c c .) . A n z i, n e lle c a r t e c h e v i so n o
r im a s t e d o p o la s u a m o r te , a v v e n u t a n e l 1 7 7 8 , si è s c o p e r t a a n c h e u n ’ a lt r a
c o n t r a ffa z io n e .c io è ilm a n o s c r it t o in c o m p iu t o jd ’ u n a t e r z a c r o n a c a m e d io e v a le
( O h l y , 58). T r a t u t t e q u e s te m is t ific a z io n i, la p r im a , la Historia Scan­
derbegi, d e v ’ e sse re c o n s id e r a t a « la p iù r a f f i n a t a e la p iù r iu s c it a * (Ibid.)
Q u a n t o a l s u o c o n t e n u t o , la s t o r ia s c a n d e r b e g ia n a d e l B r e s c ia n o a lla
p r i m a le t t u r a , è v e r o , c i d à u n ’im p re s s io n e d i a u t e n t ic it à ; m a d o p o u n
68 FR AN CESCO P A LL 202

D ifatti la Storia di Scanderbeg del Barlezio merita tu tta la


nostra attenzione, poiché, nonostante abbondi di descrizioni e
scene immaginarie, di lettere finte e di discorsi inventati, contiene
tu ttavia un notevole materiale di valore storico. E ’ vero che
le informazioni di indole storica costituiscono una piccola parte
della biografia. Ma tenendo conto dell’estensione di quest’opera,
la parte accennata è assai considerevole come quantità e m olto
im portante per la conoscenza delle azioni del Castriota.
Crediamo che sia utile trattenerci su questi dati della Storia, con­
ferm ati da altre fonti contemporanee, le quali verranno qui citate.

esame da vicino, lo studioso si accorge che ciò che l ’autore attribuisce


al suo Antivarino, in realtà è una maestra combinazione di nomi, dati e
particolari inventati, generata su uno strato di notizie tolte da varie
parti: dal Barlezio, dal «Commentario» (sotto la form a dei «F atti illustri»
pubblicati presso il Sanso vino), dal Chalkokandyles, dai Commentari
di Pio II , dal Rinaldi (A nn. Eccl., t. I X — X), Gioviano Pontano (Rerum
ecc.) Sagredo (Mem. Istoriche, ecc. ; le pagine 37 e segg. concernenti
Scanderbeg, vi costituiscono una esposizione libera secondo il Barlezio
e il « Commentario »), Verdizzotti (De fatti ven.), ecc. A d onta dell’ec­
cessiva cautela colla quale procedeva generalmente ilBiem m i, egli commise
anche delle imprudenze: difatti, dopo aver detto che nella vittoria del
1444 riportata su A li pascià sono « caduti m orti com battendo valoro­
sa m e n te ... Paolo Cucca, Pietro Spano, Pietro Strusim ero. . . » (I, 51),
ecco che li fa più innanzi rivivere tu tti e tre: il primo partirà in
am basciata a Rom a nel 1446 (II, 93), gli altri due participeranno nel
1448 alla guerra tra l 'Albanese e la Serenissima (II, i n , 118 ; tale
contraddizione venne segnalata già nel 1905 dal J a k o v a - M E R T U R I , i i
n. 1). D ’altro canto, il Bresciano attribuisce al suo enigm atico
incunabolo anche sbagli del Barlezio, come per esempio: la data del*
1449 per la prima cam pagna di Murad II contro Scanderbeg, o la
notizia che lo stesso sultano mori in età di oltre 80 anni. Poi, il « vol-
tairianismo » del Biemmi (O h l y , 56) ci appare nella «finzione» con cui
Scanderbeg, d’accordo con alcuni vescovi, avrebbe deciso di rinforzare
il morale dei sudditti, col raccontare loro, insieme con quei prelati,
delle fallaci visioni (Ist. di Giorgio Castr., I l i , 228— 230). Che dire poi
delle stranezze di nomi di Capi e dignitari albanesi, quali per es:
Altisvero (Ibid., II, 30, III, 153, n. 1), Daremo (II, 30), Eperanio
(IV, 288), Rumizio (VI, 396), ecc. I Con tu tto ciò dobbiamo riconoscere
che il Biemmi era un falsatore pieno d'ingegno. Le sue qualità di
erudito sarebbero state degne d'una a ttiv ità scientifica più onesta.
203 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E STO RICO 69

r. La storia di Scanderbeg fino alle campagne personali di


Murad I I .
Il racconto del Barlezio s’inizia con la storia di Giovanni
Castriota, padre dell’Eroe, oriundo di M ati e signore di Croia ed
altre città. Sposato con Voisava, di famiglia principesca, egli
ebbe parecchi figli e fighe, ha. moglie di Giovanni ebbe un sogno
miracoloso, dopo il concepimento di Giorgio (Scanderbeg), il
più giovane dei figli. I quali furono inviati dal loro padre come
ostaggi alla Corte di Murad II, dove furono fa tti convertire alla
religione musulmana. Giorgio aveva allora 9 anni x. Il Barlezio
m ostra che tutto ciò è accaduto in seguito ad ima sola campagna
turca in Albania, quando cioè questo paese fu co n qu istato 2.
Questo è ammesso anche dall’ H am m er3, dallo Z in keisen 4,
e dal Gegaj 5, i quali fanno menzione così di una spedizione di
Murad II, avvenuta nel 1423. Però un documento veneziano
del 1410 dice che il padre di Scanderbeg si lagna poiché
« ipsum esse astrictum a Turchis et habere proprium natum 8 in
obsidem apud eos » e chiede alla Serenissima un luogo di

1 B a r l e z i o , Historia, 2— 3. Intorno alla prole di Giovanni si veda


pure i doc. citati dallo J i r e Ce k e dal T h a l l Ó c z y , in Zwei Urkunden,
94 e nella Gesch. d. Serb. (II,, 183) del primo. B E C IC H E M I, Panegyricus
[f. 14 v.]; Gio. M u s a c h i , Breve Memoria, 295, 301. P e r la sottomissione
d i Giovanni a Murad I I : Chalkokandyles, V , 249, Phrantzes, 93. Per
i l possesso d i Croia da parte di Giovanni, v. ilB E C iC H E M i, ibid., lo S c h i r ò ,
C an ti p o p ; però il Musachi (298, 299) dice il contrario. Giorgio ostaggio
p r e s s o la P orta: S c h i r Ò , ibid., 35— -36; F ii.E L F O , Epist. fam., 1. X I X ,
134 v. (lett. a Lodovico Foscarini, 1 agosto 1463), X X I, 147 (lett. al doge
Cristoforo Moro, 15 marzo 1464); Gioviano P o n t a n o , II, 586; V o l ­
t e r r a n o , Comm. Urb., V i l i , 144; Historia Turchesca, 15 ; Gio. Mu-
SA C H I, 0 . C . , 274, 295; S E A D E D D IN , II, 71.
3 B a r l e z i o , ibid.
3 I, 480.
4 I, 766— 767.
5 P. 39 -
6 Si tra tta del primogenito (Reposci, secondo il B a r l e z i o , I, 2 v.
e il M u s a c h i , 295 ; Staniscia, secondo il B e c i c h e m i , ibid. e un docum ento
del 1421— 1422, menzionato dallo J i r e Ce k e dal T h a l l Óc z y , l. c.).
7o F R A N C E S C O PA LI, 204

ricovero 1. Sul finire di agosto 1411, egli offrì alla Repubblica


quale aiuto di armi contro il Balscia, tra le altre truppe, anche
« equos trecentos Turchorum »2. Risulta dunque che egli diventò
sin d ’allora tributario degli Ottomani. Alcuni scien ziati3 hanno
ammesso questo fatto. Quanto allo Jirecek, egli, interpretando
un documento di donazione al monastero Chilandar, di Giovanni
e dei suoi quattro fig li4, crede che Giorgio cioè Scanderbeg
(insieme con i fratelli) vivesse ancora presso il padre nel 1426,
e quindi, fosse giunto alla P orta non prima di quell’anno, quando
era già in età matura, ad onta del Barlezio e di tante altre fo n t i3.
Senonchè, dagli a tti adoperati dallo Jirecek risulta soltanto che
Giovanni aveva fatto la donazione a nome anche dei figli. I/in ­
terpretazione dello Jirecek non ci sembra giusta, poiché il signore
albanese avrebbe potuto fare un atto di devozione a nome suo
e dei suoi nati, ancorché questi fossero ostaggi alla Corte del
Sultano e ivi convertiti, certamente non di loro propria volontà,
all’ islamismo. Concludiamo dunque che Giorgio fu inviato an­
cora fanciullo alla Porta. Il fatto avvenne, secondo ogni pro­
babilità, circa nel 1421 (Scanderbeg essendo nato verso il 1412),
come stim a il Noli 6.
Ora continuiamo con il Barlezio. E gli accenna alla partico­
lare affezione di Murad II per il giovane G iorgio7. L a descri­
zione che ci dà della fuga dell’Albanese in patria 8, è confermata
dalla tradizione popolare albanese 9, dal Musachi 10 e dallo Pseudo-

1 L ju b iÓ , Listine, V I, 5 1 .
1 Ibid., V I, 175.
3 H a h n , Reise, 306— 307; H O P F , Griech., II, 123 e M a k u S e v , R i­
cerche, 83.
1 V . Gesch. d. Serb., IIj, 183. I l doc. ripubblicato, secondo il K o v a -
Ce v i C, dal N o v a k o v i C, in Zakonski spom., 467— 468.
* S c h i r ò , F i l e l f o , M u s a c h i , ecc. (v. sopra, p. 132 n. 1.
* Storia, 35—-3 6 .
7 B a r l e z i o , Hist., I, 3 v . C h a l k o k a n d y l e s , V II, 350; S e a d e d d i n ,
II, 7 1 — 72.
8 B a r l e z i o , Hist., I, 7— 7 v.
* S c h i r ò , l. c.
10 Breve Mem., 274.
205 L E IN F O R M A ZIO N I D I VALORI-: ST O R IC O 71

Franco Ci sono però delle f o n t i 2 che affermano la restituzione


dei possessi paterni a Giorgio da parte di Murad, dopo la morte
di Giovanni ; tornato così in patria 3 — secondo quanto narrano-
queste fonti— l ’Eroe si ribellò al Sultano. Quanto poi al Cliàlko-
kandyles, questi contradice sè stesso, poiché, oltre a dare l ’in­
dicata notizia, a ltro v e 4 asserisce che l’Albanese fuggì dalla
Porta in patria e in seguito si sollevò contro i Turchi. Questa
seconda versione, dunque, conferma il Barlezio. Il Musaclii raf­
forza i dati del Nostro riguardo ai parenti di Scanderbeg 5. Circa
l’occupazione di alcune città dopo il ritorno di quest’ultim o,
l’Um anista è confermato dal V o lterran o 8. Il racconto concer­
nente il convegno di Alessio è provato, in generale, dal M usachi7,
mentre le informazioni sulle lotte sostenute da Aranito Comneno
contro il comune nemico, si completano con i dati del Chalko-
kandyles 8. Il racconto della guerra svoltasi tra Scanderbeg e V e­
nezia in grandi linee è autentico: l ’assassinio in cui cadde vittim a
Leca Zaccaria, la menzione di B o s a 9 (Iorga, Notes III, 193 :
Boxia) 10, madre di costui, sono notizie che si ritrovano negli

1 Gli illustri, ecc. ed. 1584, cap. 2. V i sono alcuni particolari riguar­
danti il ten tativo di Scanderbeg di attrarre a sè il segretario del co­
m andante turco, che non si riscontrano presso il Barlezio, i quali però
ravvicinano lo Pseudo-Franco alla tradizione popolare. Dello Pseudo-
Franco parleremo più innanzi.
2 C h a l k o k a n d y l e s , V , 249; S e a d e d d i n , II, 7 1 ; V o l t e r r a n o ,
V i l i , 94 v .; Historia Turchesca, 15.
3 Anzi, alcuni cronisti turchi dicono, sebbene a torto, che Scanderbeg
sarebbe stato governatore a Dibra, come vassallo di Murad II (K R A M E R S,
Skanderbeg, in Encycl. de V isi., IV).
4 V II. 350.
5 B a r l e z i o , ibid., I, 10; M u s a c h i , 295, 302. Cf. L j u b i C , IX , 276:
Tobias [ = Musachi Topia] c o g n a tu s.. . Scanderbegi.
6 B a r l e z i o , ibid., I, 10 v. — 12 v. ; V o l t e r r a n o , l. c.
7 B a r l e z i o , ibid., II, 16— 19 v. ; M u s a c h i , 274— 275 e passim.
8 B a r l e z i o , ib id ., II, 16 v. ; C h a l k o k a n d y l e s , V , 249— 251.
* B a r l e z i o , Hist., 11 1,3 3 v - La form a essata sarebbe — secondo il
G E G A J , 23 n. 5 — Bora, nome che esiste ancora tra la donne dell’A l­
bania settentrionale.
10 Un doc. del 4 gennaio 1445.
72 F R A N C E S C O PA LI. 206

Annali del Magno l , mentre i documenti pubblicati dal Ljubic


integrano e verificano in parte il racconto dello Scutarino intorno
alla sconfitta di Daniele Iuric, e intorno alla pace con cui ebbe
termine la guerra con la Serenissima
L a pace si concluse, come risulta da un atto pubblicato dal
Ljubic, il 4 ottobre 1448. Anche dal Barlezio si ricava che
essa ebbe luogo « autumni... in ipso exitu », allorché faceva già
freddo 3. Il trattato si conchiuse veram ente nel campo del Ca-
striota, però presso Alessio 4, e non presso Dagno, come dice il
Barlezio. Le negoziazioni non erano neppure condotte in persona
da Scanderbeg, bensì dai suoi delegati e da quelli degli altri
signori albanesi, suoi alleati. In virtù della pace Scanderbeg ri
nunzio alle sue pretese su Dagno. Però nel testo del trattato non
si fa menzione dei compensi territoriali riferiti dal Barlezio. Solo
lo Pseudo-Franco 6 dice che l ’Eroe spontaneamente restituì su­
bito dopo la pace questi territori alla Repubblica, come segno
d i amicizia.
2. Dalle campagne di Murad I I alla sconfitta di Scanderbeg
a Berat.

Segue nella biografia il racconto della prima spedizione di


Murad. Veniamo a conoscenza dei provvedim enti presi dall’Alba-
nese per la difesa 6, per ricoverare le donne e i fanciulli nei pos­
sedimenti veneziani, della fuga dei contadini nei medesimi lu o gh i7 ;
leggiamo poi dell’assedio di Sfetigrado, difesa da Pietro Periato 8,

1 E stratti ne pubblicò I ’ H o p f , Chroniques, 195. Cf. I o r g a , Notes,


II I, 259.
1 B a r l e z i o , II I, 35— 37 v., IV , 41— 44 v. ; Iju b iC , L ist. IX , 37,
2 71, 282— 283.
3 B a r l e z i o , ibid., IV , 42, 44.
4 L jubió , L ist., IX , 282— 283.
5 Cap. 11.
6 B a r le z io , ibid., V , 46 v .
7 Ibid., 47— 47 v.

8 L 'I p p E n . (16 e segg.) tra tta di una iscrizione funeraria della famiglia
Perlai ai (1472). Suppone che la detta form a sia stata sbagliata da un
maestro non abbastanza pratico o v v e ro che sia una pronunzia speciale
del nome Perlatai, villaggio di Mati. Secon do la sua opinione di questa
207 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E ST O R IC O 73

della resa della città \ dello stanziamento in essa di una guarnigione


turca 2, tu tti eventi che vengono attestati pure da altre fonti 3.
Crediamo intanto non aliena all’i iteresse del nostro argo­
mento la discussione che ci proponiamo qui su alcuni dati
riguardanti la ricordata spedizione.
Quando entrò il Sultano in Albania? Secondo un documento
veneziano 4 ciò accadde nel luglio 1448, contrariamente al Bar-
lezio, per il quale invece si tratterebbe della m età di maggio
i449(corr. 1448). Anche circa la fine dell’assedio c ’è di vario
tra le fonti. In fatti mentre il Nostro afferma che Sfetigrado si
arrese e la guarnigione ebbe la libertà di andarsene, il Chalko-
kandyles 5 e lo Pseudo Franco 6 dicono che essa fu conquistata
con la forza e il presidio fu massacrato. L a città cadde come
risulta dal Barlezio sul finire del luglio, poiché egli asserisce 7
che Murad partì dall’Albania il 1 agosto (1449 secondo lui, in
realtà 1448). Del resto, a Venezia si apprese, in seguito a lettere
ricevute da Alessio, il 4 agosto (del 1448), la conquista di Sfeti­
grado (« luogo di Fetigiado ») 8, ciò che avvenne dunque circa la
d ata del mese che risulta dalla Storia di Scanderbeg. Senonchè
un documento veneziano non va del tutto d ’accordo con il Bar-
lezio. In verità da quest’atto risulterebbe che la partenza del
Sultano dall’Albania ebbe luogo un po’ più tardi, dato che il
conte di Scutari ne dà ragguaglio alla Signoria soltanto il
24 agosto (come si ricava da una decisione di questa del 10
ottobre) 9. E ’ da supporre che questa relazione fosse stata spedita
fam iglia facevano parte Pietro Periato e Giovanni, ufficiale nell’eaer-
cito di Scanderbeg. Q uest'ultim o Periato, catturato con parecchi com­
pagni fu scorticato vivo, insieme con questi, dai Turchi ( B a r l e z i o ,
ibid., X I, 144 v. — 145).
1 Ibid., 61— 61 v., 63 v . — 64.
2 Ibid.
3 I j u b i C, I X , 276 (doc. del 29 luglio 1448).
4 Ibid.
5 V II, 350— 351.
• Cap. 12.
7 H ist., V , 65.
8 Gli Annali del M a g n o presso lo I o r g a , Notes, III, 227 n. 1.
* Iju b iC , Listine, IX , 283— 284.
74 F R A N C E S C O PA LI. 208

non appena udita in Scutari la notizia al riguardo, il che, tenendo


conto dell’im portanza dell’evento e dei mezzi di informazione
della Serenissima, indubbiamente ebbe luogo molto presto. Il
solo Chalkokandyles1 afferma in proposito, che Murad se ne
andò, dopo aver tentato invano anche la presa di Croia. Senonchè
dal ricordato documento si può dedurre che la partenza del
Sultano avvenne quasi nella metà di agosto (dobbiamo prefe­
rire questa relazione contemporanea), ciò che ci fa pensare che i
Turchi, oltre alla presa di Sfetigrado e a quella di alcuni « forta-
licia », non avessero avuto il tempo di fare anche l ’assedio della
munitissima Croia, che, d ’altronde, si trova molto all’interno
neH’Albania, a grande distanza da Sfetigrado.
Riprendiamo il filo del racconto di Marino.
Segue la seconda cam pagna di Murad in Albania, nel 1450.
Nelle schiere di Scanderbeg combatterono pure molti stranieri:
Schiavoni, Italiani, Francesi, T ed esch i2. L ’esercito albanese era
di 8.000 uomini e si nascose, con il Capo, sul monte Tumenist
vicino a Croia, assediata dal Sultano e da suo figlio Mohamed,
da dove fece contro il nemico una guerriglia incessante 3. E ’ da
notare che la Historia Turchesca4 conferma la notizia di
Marino intorno al numero ricordato delle milizie componenti
l’esercito albanese. Sebbene quest’ultima opera arrivi fino al 1514,
tu ttavia quel che v i si dice riguardo a Scanderbeg non sembra
ispirato al libro del Barlezio. Durante l ’assedio, C roia, eva­
cuata dalle donne e dai fan ciu lli3 fu strenuamente difesa
da un presidio con a capo Vranaconte ®. L e informazioni che

1 V II, 351.
2 B a r l e z i o , V I, 66 v. ; altre fonti presso il P r a y , Annales, III, 169
e dal M a r i n e s c u , 107, 130.
3 B a r l e z i o , v i , 7 1 ; G e l c i c h - T h a l l ó c z y , Diplom., 473; C h a l k o ­
k a n d y l e s , V II, 354.
4 P. 16.
5 B a r l e z i o , ibid., V I, 70; il C h a l k o k a n d y l e s (VII, 354) dice che
le donne e i fanciulli si erano ricoverati nelle città veneziane.
• B a r l e z i o , l. c. Secondo lui, la guarnigione era forte di 2000 uomini.
Però un documento ragusano del 13 agosto 1450 ( G E L C I C H - T h a l l Óc z y ,
Diplom., 473), ne dà soltanto 1500, mentre la Historia Turchesca (p. 16)
209 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E STO RICO 75

troviam o presso il Sacerdote intorno all’artiglieria turca, usata


durante l ’assedio, vanno d ’accordo con i dati contenuti in una
lettera dei Ragusani all’ H unyadi, e con quelli della « Historia
Turchesca » 1. A ll’epoca della cam pagna i Veneziani di Durazzo
aiutarono segretamente il C astrio ta2, ma altri sudditi della
Repubblica [per es. quelli di Scutari] non esitarono ad approv­
vigionare contemporaneamente il campo del Sultano 3. Dopo un
tentativo vano di corrompere con denaro Vranaconte, egli propose
la pace a Scanderbeg, dietro tributo. Ottenne un rifiuto. I Turchi
levarono l’assedio dopo 5 mesi 4. T u tta una seria di fonti viene
a corroborare la notizia che in seguito a questa spedizione Scan­
derbeg fu favorito dall ’Ungheria, dal papa Niccolò e soprattutto da
Alfonso V 5. Il Nostro asserisce che l’Eroe si sposò in quest’epoca,
cioè nel maggio 1451 6.
non più di 800 uomini. Anzi, la m età di questi — come la stessa com pila­
zione ci fa sapere — sarebbe stata in viata da Alfonso V , ciò che a pro­
posito di questa campagna, tu tte le altre fonti ignorano.
1 B a r l E z i o , ibid., V I , 72 ; G E L C IC H - T h a l l Ó c z y , ibid. ; Hist. Tur­
chesca, ibid. Q uest’ultim a conferma anche la notizia di Marino che i
grandi cannoni del nemico erano in numero di quattro.
2 B a r l E z i o , ibid., V I, 76; Il C h a l k o k a n d y l E S , ibid., dice che al­
l ’inizio di questa cam pagna l ’Albanese, avrebbe cercato rifugio in una
città della Serenissima ; il Sultano, dietro minaccia di assedio, ne avrebbe
chiesto l ’estradizione.
3 B a r l E z i o , ibid., 77 v .; una lett. veneziana del 13 sett. 1450, in
I j u b i C, Commissiones, 4.
4 B a r l E z i o , ibid., 76— 83 v. Gli Annali del Magno ( I o r g a , Notes,
II I, 260 n. 2) parlano di 4 mesi e mezzo. V . anche alcune decisioni del
senato veneziano riguardo a questa campagna, ibid., 259— -260.
5 B A R L E Z IO , ibid., V I , 84. P e r g l i a iu t i i n d a n a r o d a N i c c o l ò V si
v e d a : L j u b i C , Listine, I X , 407; I o r g a , Notes, I I , 445, 448. N e l 1450
l o s t e s s o p r e g a v a R a g u s a d i a p p o g g i a r e il C a s t r i o t a (il d o c . d e l 27 f e b b .
1451 i n G e l c i c h — T h a l l Ó c z y , Diplom., 481— 487 ( p u b b l. p i ù c o r r e t t a -
m e n t e d a l R a d o n i C , A eia, I 2, 522— -527) ; p e r i s o c c o r s i d e l re d i N a p o l i
v . M a r i n e s c u , passim ', c f . F a c i o , Rerum, e c c . IX , 332. L a Historia Tur­
chesca 15) a c c e n n a a t o r t o a d u n a iu t o d i 400 s o l d a t i i t a l i a n i i n v i a t i
d a l M a g n a n i m o p e r l a d i f e s a d i C r o ia n e l 1449.
• B A R L E Z IO , ibid., V II, 86 v . Il C H A L K O K A N D Y L E S (V II, 350) e il
M u s a c h i (275) affermano che Scanderbeg si sposò subito dopo il ri­
torno dalla Porta.
76 FRAN CESCO PA LL 210

3. Dalla sconfitta di Berat alla campagna pugliese.


Le notizie più precise che si trovano nella biografia, sono
quelle che rispecchiano la grave sconfitta di Scanderbeg a Berat.
Con un esercito di 15.000 uomini *, tra cui 1.000 soldati inviati
da Alfonso V 2, egli mise nell’estate (del 1455) l ’assedio alla città
di Berat, che aveva dentro un presidio turco. L ’esercito cristiano
però fu assalito alle spalle improvvisamente da un’arm ata turca
di 40.000 cavalieri 3. Nella battaglia che seguì furono uccisi 5.000
Cristiani 4, tra i quali anche Musachi Thopia, cognato di Scan­
derbeg, e il corpo d’aiuto napoletano 5.
E ’ ben chiaro dunque che i dati numerici del Barlezio intorno
a questa sciagura sono esattissimi. Quanto però al racconto, ci
sono notevoli discrepanze tra il Nostro, da un canto, il Chalko-
kandyles, lo Pseudo-Franco, dall'altro, questi ultimi offrendo
descrizioni molto tra loro somiglianti riguardo all’evento di cui
si sta discutendo.
Infatti, il Chalkokandyles viene a parlare dell’assedio della
città di Sfetoè (cioè di Sfetigrado, errore invece di Berat) in soc­
corso della quale arrivò Isa, figlio di Brenezeùs (Barlezio: Sebalia),
con un esercito di cavalieri. Questi distrusse completamente gli
Italiani, cioè le truppe mandate in aiuto da Alfonso, le quali

1 B a r l e z i o , ibid., 97. Un doc. pubblicato dal M a k u S e v (Mon., II,


150) dà « circiter 14.000 persone ». Cf. pure lo P s e u d o - F r a n c o (cap. 17).
2 L o stesso numero registra, poco tempo dopo la disfatta, una lett.
del 14 agosto 1455; M a k u S e v , ibid., II, 148); un ’altra, in data 22 maggio
1455, vale a dire due mesi prima della battaglia (avvenuta il 26 luglio
I 455 ,ib id ., 151), parla della decisione del R e d ’inviare un aiuto di 1200.
fanti e 500 cavalieri ( M a k u S e v , ibid., II, 227, n°. 2). Dalla surricordata
lett. del 14 agosto si ricava però che furono spediti soltanto 1000 soldati,
quanti ne indica anche il Barlezio. A Venezia si credeva già il 7 luglio,
che i Turchi s’avvicinassero contro Scanderbeg ( N o i r e t , Docum., 450).
3 B a r l e z i o , ibid., V i l i , 98 v .: «40 equitum milia ...e x e rc itu m
et numero et virtute hominum pulcherrimum et firmissimum» ; M a k u S e v ,
ibid., II, 150: « circha 40.000 cavalli de le più elete gente, che avesse el
Turcho ». Dunque una identità assoluta (cf. pure il M a r i n e s c u , 97 n. 2).
* B a r l e z i o , tbid., 101 v . ; M a k u S e v , ibid, II, 150: e hano tra
morti preso da cinque in sey m ilia Christiani.
6 Superstiti furono soltanto 200 (M akuSev, ibid., II, 149).
211 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E ST O R ICO 77

erano ivi occupate nell’assedio, ma senza poter arrecare alcun dan­


no all’esercito proprio di Scanderbeg, perchè assente dalla b atta­
g lia 1. Durante l’assedio fu concessa ai difensori una tregua (di 16
giorni secondo il Barlezio), profittando della quale, al diredelNo-
stro, l ’Albanese si trasferì con una parte dell’esercito su una altura,
poco distante dalla città, lasciando sotto le mura il Musachi e
gli Italiani, i quali furono poi assaliti all’im provviso dai Turchi 2.
L,o Pseudo-Franco dice che il Castriota partì « alla visita di
alcuni luoghi suoi » 3. Essendo in tal guisa impegnato l ’Albanese,
durante la sua assenza 4 avvenne il disastro.
L a narrazione che ci dà, in seguito, il Barlezio sul tradimento,
primamente di Mosè Golemi e poi su quello di Hamsa, nipote
dell’Eroe, si può riscontrare, in una forma più o meno somi­
gliante, anche nelle altre fonti. Secondo il Nostro l’ambizioso
Dibrano si lasciò vincere dalle promesse del Sultano, dietro le
quali fuggì alla Porta, per ritornare più tardi con un esercito
turco contro Scanderbeg. Questi però lo sconfisse e gli perdonò
magnanimamente, allorché, il traditore si presentò davanti a lui,
pentito del suo g e sto 5. Senonchè, secondo il Musachi, la cui
fam iglia era im parentata con Mosè, la causa di questo tradimento
sarebbe stata del tutto diversa: il Castriota avrebbe usurpato i
possessi del suo strenuo collaboratore6. Del tradimento di H am sa7,

1 V i l i , 432— 433.
2 B a r l e z i o , ibid ., V II, 98, V ili, 100.
3 Cap. 17.
4 C f. so p ra p u re il C h a l k o k a n d y l e s .
5B a r l e z i o , V i l i , 1 0 2 — 1 0 9 . Il ritratto di Mosè, ibid., V II, 9 1 v .,
cf. M u s a c h i , 2 9 6 . Intorno alla detta cam pagna v. una lettera di Scan­
derbeg al cardinale Domenico Capranica, 8 aprile 1 4 5 6 , in G E G A J , 1 1 2 ,
n. 5 (Questa epistola era già nota al P A S T O R , Gesch. d. Päpste, I, 7 4 5 ). L a
vitto ria dell’Eroe fu conosciuta a Napoli al principio del luglio dello
stesso anno (ibid., I, 7 4 5 n. 5 ).
6 Pag. 300. Non ammettiam o l ’opinione del N o l i (16), il quale dice
che il Musachi « non solo è parziale, ma anche nemico di Scanderbeg »,
essendo priva di fondamento.
1 II tradim ento pure di un altro nipote, figlio di una sorella, cioè di
Giorgio Stresi, è solo menzionato dal Sacerdote, in un discorso attri­
buito ad Hamsa (Hist., IX , i l o v.).
?8 FRAN CESCO P A M , 212

oltre Marino ci dà notizie Enea S ilv io 1, senza fornirci,


però, il nome del nipote. Questo si ricava, invece, dai « Com­
mentarti » del Volterrano. Eo stesso umanista rafforza il racconto
dello Scutarino, quando ci dice che Hamsa fu figlio di Karagus,
(Karagòz) 2, il nome turco che assunse Reposci (Reposh), fra­
tello di Scanderbeg3. Quanto al nome del traditore, esso si
ritrova anche presso il Seadeddin 4. Riguardo alla difficile situa­
zione creata a Scanderbeg dall’invasione turca, provocata in
seguito a questo tradimento, ne parlano pure alcune relazioni:
del 31 luglio 5, del 26 agosto 6 e del 7 settembre 1457 7, nonché
parecchie lettere di papa Callisto III, e cioè in data 9 guigno,
31 agosto, 11 e 17 settembre 1457 8.

4. Dalla campagna pugliese alle spedizioni di Mohamed I I.

Segue il racconto della guerra di successione scoppiata nel


Regno di Napoli. Il Nostro ci fa conoscere come Scanderbeg
decise dietro invito di Pio II, di Francesco Sforza e di Ferrante
di parteciparvi 9. Ee altre fonti mostrano che già nel giugno 1460

1 Europa, cap. 15 [Opera, 407).


2 V i l i , f. 114.
3 B a r l e z i o , ibid., I, 7 v. Secondo Gio. M u s a c h i (295), Reposci
n o n f in i la v ita come Turco, ma come monaco. Può darsi che il Barlezio
s i valesse q u i dell’opera del Volterrano, stam pata già nel 1506, e così
si spiegherebbe il loro accordo.
4 II, 10 8 .
5 M akuSev, Moti., I I , 1 1 3 — 1 1 4 .
6 L ju b iC , Listine, X , 1 1 5 .
7 M a k u S e v , ibid., II, 135.
8 R IN A L D I, X , a. 1457, n-ri 20, 21— 22, 23— 26 e 40. Per la menzione
d ’una vittoria cristiana in A lbania v. il breve di Callisto II I del 24 sett.
1457 (ibid., n° 31). Cf. anche le Chron. Rag., 340. Gio. di Maestro Pe-
d r in o D e p i n t o r e (Cronica, p. 315, n° 1772) scrive a Forlì, secondo
le informazioni fornitegli da un prete fuggiasco dall’Albania, d ’una
in v a s io n e turca in detto paese, avenuta nell’ottobre 1457, che lo devastò
ferocemente « e mandado [el turcho] in Turchia più [de] 60 milia anime,
e fattone morire a mala morte circa 25 m iglara, e massimamente de zente
vechia che nomena nessuna ; è bruxado el paese e lassado abandonado *.
8 B a r l e z io , X , 12 3 — 123 v.
213 I.E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E ST O R IC O 79

aveva l ’intendimento di portare aiuto all’erede di Alfonso V *.


Perciò si rivolse a Pio II, chiedendogli l ’autorizzazione di con­
cludere la pace con i Turchi, per lasciare i suoi possessi in sicurtà.
Il pontefice, pur lodando il suo pensiero d ’intervenire nella guerra,
ricusò di acconsentire a un trattato con gli Infedeli. E ra d ’opi­
nione però che si chiedesse la protezione della flotta veneziana
per il paese, per il periodo che l’Eroe ne sarebbe stato lontano 2.
Con tutto ciò l ’Albanese conchiuse una tregua annuale con i
Turchi e inviò la sua avanguardia, condotta da Goico Stresi,
figlio di una sua sorella, nel Regno di Napoli 3. Poi accompa-

1 Cf. la decisione del Consiglio dei * Rogati » di Ragusa, il g giugno


1400 ( G e lc ic h - T h a lló c z y , D ipi., 747).
* R in a ld i, Annales eccl., X , a. 1460, n° 60.
s B a r l e z i o , ibid. ; E n e a S ilv io , Commentarii, V I, 165. Le prime
schiere albanesi apparvero in Puglia sul finire del settem bre 1460. (L et­
tera del Da Trezzo, ambasciatore dello Sforza presso Ferrante, al suo
signore, 10 ottobre 1460, in N u n z ia n te , I primi anni, X X , 495, cf. pure
X X I , 517 n. 2 ; Giovanni A ntonio Orsini, principe di Taranto a Scander-
beg, la stessa data, in M aku Sev, M on., II , 118— 120). Scanderbeg
scrisse il 31 ottobre 1460 al principe di T aranto, nemico di Ferrante che
« al presente con loro [cioè con i Turchi] havemo facta treugua per tre
anni» (M akuSev, Monum., II, 124; tale p atto fu concluso per 6 mesi
secondo una lettera del D a Trezzo al duca di Milano, in data 12 giugno
1461: N u n z ia n te , X X I , 517, n. 2). Dunque ebbe luogo una «tregua»
con gli O ttom ani. Questa lettera come parimenti altre due, e cioè; quella
del sopraccennato principe al Castriota (ibid., 118— 120) e quella di
costui a Ferrante (ibid., 11 7 — 118) potrebbero destare in noi sospetti
intorno alla loro autenticità, tanto per la form a enfatica, quanto per
una allusione alle lotte degli antichi E piroti con i Romani n ell’Italia
(ibid., 12 3 ),— se gli eventi di cui fanno parola non fossero registrati con
m olta precisione. Del resto, la veste rettorica di questa corrispondenza
si può spiegare molto bene tenendo conto dello spirito del Rinascim ento,
il quale penetrò dappertutto, anche nelle Corti e nelle Cancellerie... L e
ricordate lettere furono trovate dal M a k u S e v nell’A rchivio G overnativo
di Milano. Il prof. Marinescu ha scoperto nella Biblioteca dell « In stitut
d ’Estudis Catalans » di Barcellona una versione catalana della menzio­
nata lettera di Scanderbeg al principe di Taranto (Cf. M a r i n e s c u , A l-
phonse V et l'A lb . de Scand., 135 e n.). Lo ringraziamo per la squisita
gentilezza con la quale l’ha messa a nostra disposizione. D i uno scambio
di lettere tra il principe Orsini e l ’Albanese, però senza indicazione
8o F R A N C E S C O PAI,1, 2I4

gnato dal suo amico e consigliere, l'arcivescovo Paolo Angelo x,


egli si recò a Ragusa, dove lo aspettavano le più deferenti acco­
glienze 2. Qui s’imbarcò con le sue truppe per la Puglia. Quanto
al numero delle truppe che portò seco, il Sacerdote accenna a
5.000 fanti e 2.200 cavalieri, secondo alcuni, 2.000 fanti e 3.500
cavalieri, come asseriscono a lt r i3. Riguardo a questi soccorsi
possiamo citare varie fonti. Infatti, il D a Trezzo, scrisse il 12
giugno 1461 al duca di Milano che Scanderbeg aveva l ’inten­
zione di portare in aiuto del Re 2.000 fanti e 1.000 cavalieri, anzi
molto di più se quest’ultimo avesse voluto i . U n altro informatore,
il Guidobono, aveva sentito di « mille cavalli e fanti 2.000 »
(12 agosto 1461) 5. U na lettera del 9 settembre 1461 parla di 2.000
Albanesi ®, mentre Gioviano Pontano accenna che l ’Eroe venne
«circiter septingentis equitibus, lectissima virorum manu, cum
aliquo peditu numero »7. Presso il Sim onetta troviam o notato
lo sbarco del Castriota con 800 ca v a lie ri8. Il Sabellico invece,
di luogo e di data, si fa parola anche nei Commentarti di Pio II (l.VI,
166— 167). Senonchè, esso non ha per niente relazione, sia come forma,
sia come contenuto, con la sopraccennata corrispondenza. Si tra tta di
una invenzione del pontefice, ciò che si vede soprattutto dallo stile. Que­
sto però non vuol dire che le allusioni che vi si fanno agli avvenim enti
contemporanei non siano esatte (per es. : l ’esistenza di un presidio
aragonese a Croia ;il papa dice «Troia», cf. pure « Europa » cap. 15).
1 B a r l e z i o , X , 124; cf. X I, 136 v. (il suo ritratto). Quale confidente
e ambasciatore di Scanderbeg lo incontriamo parecchie volte a Napoli,
a Milano e soprattutto a Venezia, dove era molto ben visto ( M a l v e z z o ,
22— 24; L j u b i C , Listine, X , 334, 359, 362, 387, 399).
2 B a r l e z i o , ibid., 123 v. Vedasi per i grandi preparativi fatti a R a ­
g u s a in proposito n ell’agosto 1461: G E L C I c h — T h a l l Ó C Z y , 745; Chrov.
Rag-, 359 - Marino fa porgere da « D avid scriba » — con un vibrante di­
scorso — il saluto della piccola Repubblica all’ospite gradito ( B a r l e z i o ,
ibid., 123— 123 v.). Questo personaggio è t u t t ’uno con il « cancellarius
ser D avid Bocacius » ( R a d o n i Ó , A eia, Ij, 637).
3 B a r l e z i o , ibid., 1 2 5 .
4 N u n z i a n t e , X X I , 5 1 7 n . 3.
5 P i s k o , Scand., Appendice, II, n° 24.
• Citata presso il P a s t o r , ’ II, 90 n . 4.
7 P o n t a n o , I I , 5 8 5 — 586.
8 S i m o n e t t a , 1. X X V I I I , in Mu r a t o r i, R .I.S ., ed. M il a n o , 1732
t. X X I , col. 728.
215 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E ST O R IC O Si

sulla testim onianza di suo padre, partecipe di questa guerra,


registra l ’arrivo dell’Albanese soltanto con 600 ca va lie rix. E ’ da
notare che si tra tta in questo elenco di due categorie di fonti:
quella che parla appena dei preparativi e dell’intenzione di
Scanderbeg di portare truppe in Puglia e quella che già fa men­
zione dell’attuazione di questa sua intenzione, cioè dell’arrivo
nel Regno di Napoli. Cosa ben naturale: la prima categoria può
presentare cifre maggiori, mentre invece la seconda è costretta
a essere più modesta. Lo sbarco del Castriota a Bari (corr. Bar­
letta), obbligò il nemico del Re a levar l’assedio a questa città,
in cui si tro vava chiuso Ferrante 2. Il valore dell’Albanese e del
suo esercito rese importanti servizi al Re. Infatti le schiere del
grande condottiero con la loro eccezionale mobilità inquietavano
continuamente il nemico, ostacolato, del resto, dalla sua pesante
armatura. T ra le altre varie gesta, il Castriota, che non si lasciò
prendere in trappola dal comandante dei ribelli, Iacopo Picci­
ni no — riuscì a catturare il Fusi ani (Pontano: Fosciano), capi­
tano della cittadella di Trani, e lo liberò soltanto in cambio della
consegna di codesta 3. Il sovrano riconoscente concesse parecchi
1 H ist., d. Ili, IX , 922. Seguendo q u e s t ’ a u to r e , anche il M a l i -
P IE R O , A n n a li, 76.
2 B A R L E Z IO , ibid ., 126 ; PO N TA N O , II, 585.
3 B a r le z io , ibid., 130 — 1 3 1 ; E n e a S ilv io , Comment. V I, 16 5. V.
pu re le le t t e r e c ita te dal N u n z ia n te , ibid., 527 n. 5. L a c a ttu r a del
F u s i a n i v i e n e r a c c o n t a t a c o n n o t e v o l i d iffe r e n z e d a l l ’ A n o n i m o V e r o n e s e
(il q u a l e lo c h i a m a I n f u s a d o ; p p . 1 4 9 — 15 0 ) e d a l P O N TA N O (5 9 4 — 5 9 5 ) .
Il su o n om e, seco n do i d o cu m e n ti d e l l ’e p o c a , era G io v a n n i A n to n io de
Foxa. Si v. G ia m p ie tr o , U n registro arag., 2 6 5 — 2 6 6 , 2 7 8 — -2 7 9 e n . 1,
475 (1° s t e s s o r e g is t r o p u b b l i c a t o in extenso d a l M ESSER , in Contribution ;
v. le p p . 6 3 , 6 9 , 2 0 2 , 2 1 9 — 2 2 0 , 2 4 6 — 248 e 3 6 5 ) ; N u n z i a n t e , X X I , 5 2 7 ;
Soranzo n e lla s u a e d iz io n e d e l l ’ A n o n i m o V e r o n e s e , 114 n. 2, 13 4 n. 1.
L a fo r m a « I o s c i a n o » p r e s s o il D i C o s t a n z o (Istoria, 1. X X , 455) è u n
errore, tip o g r a fic o , a d o tta to anche dal Soran zo (1 5 0 n . 1 , I n d i c e , 546)
e dal GEGAj (1 2 8 n . 3). I n r e a l t à s i t r a t t a d e l « F o s c i a n o », n o m e d a t o
al De F oxa da G io v ia n o P o n t a n o (II, 594: Foscianus), a u to re d i cu i
si è s e r v ito il Di C o sta n z o .
L a ta ttic a a lb a n e s e c o s ì c o m e r i s u l t a d a i d is c o r s i a t t r i b u i t i d a l B a r -
le z io a Scanderbeg (Hist., X, 1 2 6 v .) e al P ic c in in o (ibid., 1 2 9 ) , è
c o n fo r m a ta anche dal P o n ta n o (l. c.) e da P io 11 (Comment., ibid .).

6
82 Fr a n cesco p a l i. 216

possedimenti al benemerente Eroe e cioè: Trani, Monte S. Angelo


« S. Gio. Rotondo *. Una pace fu conclusa tra lui e il Sultano 2.
D al Nostro risulta a torto che essa avvenne nel giugno 1461.
In realtà, verso questa data ebbe luogo tra loro la tregua a
cui abbiamo accennato, mentre la pace si fece nel 1463. Un
am basciatore fu inviato poi dall’Eroe al Papa per dargliene schia­
rimenti. Pio II lo ricevette a Tivoli 3. Sempre di questo trattato
viene fatta menzione in un documento veneziano del 3 settembre
1463 4. L a pace però durò poco tempo. Stim olato da Venezia per
1 B a r l F.z i o , ibid., 132— 132 v. In questi beni, come si sa, si riti­
rarono più tardi la moglie e il figlio di Scanderbeg. Il Nostro dice:
-« Quem [Scanderbegum] rex ipse Ferdinandus quoad v ix it et patrem
deinceps salu tavit et ei ob m e rita ...» donò i suddetti possessi (X , 123).
Anche nei documenti Ferrante chiam ava l ’Albanese « patre carissimo »
■ o « parte secundo », mentre la moglie di costui è accennata da lui « tan-
quam mater carissima» (Padiglione, D i G. Castriota, 12, 33, 54, 88).
L'Albanese, durante la guerra di Puglia non com batteva sotto il comando
di Roberto Orsini, come asserisce il M a l i p i E R O (ibid.), traducendo
inesattam ente il relativo passo del S a b E L L IC O (ibid.). Questo errore
giunse .anche nei lavori dello IO R G A (Gesch. d. osm. K., I I , 137; Idem,
Brève hist. de VAlb., 48). In verità, il S a b E L L IC O (ibid.) ci dice che al soldo
dell'Orsini si tro vava suo padre, Giovanni Coccio, il quale gli diede
notizie intorno al Castriota. Il « Chron. F. 33 » adoperato in proposito
dallo I o r G a (Gesch., ibid., n. 5), non è, a quanto ci pare, se non
una versione italiana dell’opera del menzionato umanista veneziano.
V . con qualche differenza pure il L o p e z , II principio, 40 n. 4.
2 B a r l e z i o , ibid., X I, 135 v. Quanto alla corrispondenza tra Mo-
hamed e il Castriota, avvenuta in quest’occasione, essa, almeno come
form a e data, è una invenzione del Barlezio. Con tu tto ciò, il Mil­
ler prende sul serio la lettera del Sultano in data Costantinopoli,
22 giugno 1461 (B A R L E Z IO , ibid., X I, 135), che fa parte di questa
corrispondenza (M iL L E R , Trebisond, 100). Per un altro scambio di lettere,
tra l ’Eroe e Vladislao, re di Polonia e d'U ngheria, sempre una finzione
del B a r l e z i o {Hist., II, 24 e segg.) v. P a l e , Les relations, 123— 126.
Secondo tale corrispondenza l'Albanese avrebbe intenzionato di parte­
cipare alla spedizione cristiana del 1444.
3 E n e a S i l v i o , Comment., X I I , 330; Idem, Commetti., 1. X I I I nel’Ap-
pendice del V o i g t , II, 365. Ciò dovette aver avuto luogo nell’agosto
o settembre 1463, vale a dire durante il soggiorno che vi fece il Papa
( V o i g t , ibid., n. 23).
4 LJUBIÓ, Listine, X , 269.
217 L E IN F O R M A Z IO N I D I V A L O R E STO RICO 83

mezzo dell’ambasciatore Gabriele Trevisani, l ’Albanese riprese


la lotta, appunto quando il Pontefice si decideva a mettersi a
capo di una crociata europea. L a Repubblica di S. Marco pro­
mise all’Eroe sussidi e danaro per la guerra con i Turchi 1. P ur­
troppo in seguito alla morte di Pio II, il suo progetto di Crociata
fu abbandonato. Con tutto ciò, l’infaticabile Albanese continuò
l ’azione cominciata. In una delle accanite zuffe accadute tra
l ’esercito suo e i Turchi di Balaban pascià, un rinnegato albanese,
furono presi e poi scorticati viv i 8 tra i più bravi ufficiali del-
l’Eroe, tra i quali Giurizza Vladani, Mosè Golemi e Musachi
d ’Angelina, quest’ultimo nipote di Scanderbeg2.
5. Dalle spedizioni di Mohamed I I alla morte
di Scanderbeg.

Mohamed si mise, finalmente, in persona alla testa di un


esercito di 200.000 uomini 3, penetrò in Albania, la devastò 4 e
cominciò ad assediare Croia, difesa da una guarnigione italo-
alb an ese5. Scanderbeg prese in tem po provvedimenti, agendo
d ’accordo con Venezia 8. Il Sultano dopo aver assediato per qualche
tempo Croia senza alcun risultato, si vide costretto a ritira rsi7,

1 B a r l e z io X I, 135 v., 138 v .; L j u b i Ó, X , 264— 266, 279— 281;


,
N ag y - N y Monum., s. IV , t. I, 233 ; P a s t o r , II, 742 (Appendice,
Ar i,
n° 58) V. una lettera del Trevisani (ben conosciuto per la parte avuta
nella difesa di Costantinopoli nel 1453), A ntivari, 25 luglio 1465, in
M a l v e z z o , 22— 24.
2 b a r l e z i o , ibid., 144 v. ; Gio. M u s a c h i , 297 ; P s e u d o - F r a n c o ,
cap. 32.
3 B a r l e z i o , ibid., X I I , 151 v. U na cronaca veneziana ( I o r g a ,
Notes, IV , 209) indica « circa più de persone C m ».
* B a r l e z i o , ibid. ; K r i t o b u l o s , V, cap. 11— 12; S e a d e d d i n , II, 239.
’ B a r l e z i o , ibid. Essa era forte di xooo uomini secondo l ’accennata
cronaca ( I o r g a , ibid.). Il com andante ne fu, al dire del Nostro, Baldas-
sare Perducci. Senonchè, altre fonti nominano Tanuscio Thopia (VER-
d i z z o t t i , De fatti, v . I , l.X V , 571 ; un canto albanese presso il D e g r a n d ,

213)-
6 B a r l e z i o , ibid., 151 v. ; I j u r i ó , List., X , 359, 362, 362— 363.
7 B a r l e z i o , ibid., 151 v. Sul principio del luglio 1466 Scanderbeg
fece sapere alla Signoria che la città era salva ( I j u b i C, ibid., X , 371—
372). Il doge, Cristoforo Moro, venne inform ato sulle vicende dell’inva-

6*
84 FRAN CESCO PALL 2l8

lasciando però a continuare il blocco Balaban p a sc ià 1. Nella


via di ritorno s ’impadronì di Chidna 2, massacrandone la popo­
lazione: 8.000 uomini, tranne le donne e i fan ciu lli3. Avendo
bisogno di aiuto, l’Albanese si recò a Roma per chiedere l ’appoggio
del pontefice Paolo II.
In fatti la sua situazione era molto grave. Ciò risulta non solo
dal Barlezio 4, ma anche da una comunicazione fa tta dal senato
veneziano, il 29 novembre, al legato papale, dove si afferma che
oltre Croia, difesa da un presidio della R ep ub blica5, i Turchi
avevano occupato tutto il paese del Castriota 6. Il Barlezio non
dice nulla circa la data di partenza dell’Eroe alla volta di Roma.
Questo avvenne nel novembre (forse verso la m età di questo
mese), poiché nell’indicata occasione il medesimo senato, par­
lando della difficilissima situazione di Scanderbeg, osserva :
«que omnia, ab ipso domino [se. Scanderbego] coram distintius
cognovisse Beatitudinem Sue Paternitatis non dubitamus ». Da
ciò si può dedurre che in questo tempo il Castriota era già par­
tito dall’Albania e il Senato credeva che egli avesse non meno
esposto tu tta la sua condizione davanti al pontefice. Però questo
ebbe luogo un po’ più tardi, dato che Scanderbeg giunse a Roma
il 12 dicembre 1466 7. Qui l ’Eroe fu accolto con grandi onori, ce
lo dice il Nostro 8. Abbiamo una lettera nella quale Paolo II fa

sione turca da due lettere di Paolo Angelo. V . il doc. del 28 luglio


1466, in M a l v e z o , 24— 25. Mohamed partì dall’Albania soltanto in
agosto ( I o r o a , ibid.).
1 B a r l e z i o , ibid., 151 — 152; K r i t o b u l o s , V , cap. 16.
1 Su questo luogo v. La topographie, ecc., articolo anonimo in A l­
bania, V (1896), 108.
3 B a r l e z i o , ibid., X I I , 152. Egli dice che Mohamed, allettò la po­
polazione con promesse onde si arrendesse; lo P s e u d o - F r a n c o (cap. 35)
parla di tradimento. Per le voci, piuttosto infondate, che correvano in
Italia in merito a questa cam pagna v. 1’ A n o n im o V e r o n e s e , 235.
4 B a r l e z i o , ibid., 153— 154.
6 Cf. pure il M a lip iE R O , 38.
6 U u biC , List., X , 384.
7 Le fonti presso il P a s t o r , II, 361, 362 n. 4.
8 B a r l e z i o , ibid.
219 L E IN F O R M A Z IO N I DI V A L O R E STO RICO 85

appello al duca di Borgogna in favore di Scanderbeg, m ostran­


dogli che questi « magnis Turcorum oppressus copiis superatus
est praelio, dominatu omni exutus et ad littora nostra inermis
nudusque est impulsus » 1. Durante la permanenza a Roma, egli
si m anteneva con i sussidi dello stesso pon tefice2. Senonchè,
le somme di danaro e i doni ricevuti dal Papa, ad onta del Bar-
lezio 3, il quale ne esagera la quantità, non erano sufficienti a
sovvenire agli urgenti bisogni del Castriota 4. T u tte le fonti sur­
ricordate fanno menzione soltanto del viaggio a Roma. Però
l ’Albanese, dopo Roma, nella stessa occasione fece una visita
anche alla Corte di Napoli, come risulta dal Malipiero 6 e soprat­
tu tto da una lettera di Ferrante, in data 26 marzo 1467, al pro-
tonotario apostolico Rocca,— e di là, dopo aver ricevuto qualche
sussidio, tornò in patria 6.

1 La lettera fu scritta a nome del Papa da Iacopo Am m anati-


Piccolomini, cardinale di Pavia. Essa non porta nessuna data. Cf. le
lettere di questo cardinale quale Appendice ai Commentarli già ricor­
d a ti di Pio II. L ’accennata epistola qui è collocata a torto tra le altre,
scritte tra l’ottobre e il dicembre 1465. Essa fu riprodotta dal R i n a l d i
(X , a. 1466, n °2), il quale però afferma che fu scritta nel 220 mese
del pontificato di Paolo II — eletto il 30 agosto 1464, confermato il
16 settem b re— -cioè sarebbe del giugno 1466. Il contenuto ci indica t u t ­
ta v ia che essa potrebbe essere del novembre o dicembre 1466, ovvero
anche del gennaio 1467, poiché nel giugno 1466 il Sultano appena era
entrato in Albania e la situazione di Scanderbeg allora non era af­
fa tto così grave, da far sì che in quel tempo egli fosse « ad littora nostra...
impulsus ».
2 BERTOLOTTI, Curiosità, III, 39; C a n e n s i , De vita, 148, cf. n. 3.
3 B A RLEZIO , ibid.
4 V . le lettere che si trovano presso il PASTQ R, II, 763, n° 83 e
363, n° I. Il C a n e n s i parla dei regali dati da Paolo II all’Eroe (ibid.,
149 n. 1). Secondo lo P s e u d o - F r a n c o (cap. 36), questi ricevette sol­
tan to 3000 scudi.
5 P. 38.
* T r i n c h e r à , Codice, I, 90. Il Nostro non dice nulla d ’un viaggio
fa tto da Scanderbeg a Rom a e a Napoli già molti anni prima. In ­
fa tti, la Signoria di Venezia permise il 9 ottobre 1453 a Pietro M a r­
cello, provveditore ad Alessio, di accompagnare l ’Eroe in una visita alle
suddette città (LJUBIÓ, Listine, X , 18). Fanno menzione di questo viaggio
86 F R A N C E S C O PAUL 220

Egli riorganizzò il suo esercito 1, sconfisse e prese il fratello


di Balaban, Yonim a, il quale era venuto con suo figlio Haidar
(Barlezio: Heder), allo scopo di rafforzare con nuove truppe
l ’arm ata assediante. Lo stesso Balaban, che bloccava la città
di Croia, cadde sotto le mura, il suo essercito si ritirò nella pianura
di Tirana a così la Capitale fu salva. T u tto questo racconto dello
Scutarino viene confermato da altre fo n t i2. Quanto ai Turchi
ritiratisi in Tirana, l'Albanese, non ostante il vivo malcontento
dell’esercito suo, li lasciò stare in pace finché essi, travagliati
dalla fame si fecero strada con la forza tra le truppe albanesi
messe a guardia dei passi 3.
Segue la seconda campagna di Mohamed in A lb a n ia 4. In
quest’occasione egli restaurò « Urbs Valmorum » (Elbasan),
collocandovi un presidio 5. Poi tentò, per quanto riuscisse infrut-

anche il C h a l k o k a n d y l E S ( V ili, 433), l ’Anonimo Ragusano (An-


nales Rag. A n., 62) e il R a g n i n a (259). In realtà, questi due ultimi
parlano del ritorno di Scanderbeg per Ragusa, proveniente dalla Puglia,
nel 1454.
1 B a r l e z i o , ibid., X II, 154 v. Dati pregevoli intorno all'aiuto di
truppe veneziane presso lo P s e u d o - F r a n c o , ibid. ; c f. pure il rapporto-
di Gerardo de Collis ( N a G y — N y A r i , s. V, t. II, 73).
* B a r l e z i o , ibid. ; M a k u S e v , Mon., II, 29 (da dove si ricava che
Yonim a fu preso sul finire del aprile 1467). Pure il K r i t o b u l o s , (V,
cap. 16) v a d’accordo con il Nostro, ad eccezione della notizia che B a­
laban sarebbe stato attaccato e sconfitto dallo stesso Scanderbeg, ciò
che non ci dice Marino.
3 B a r l e z i o , ibid., 154 v . — 155 v . L o P s e u d o - F r a n c o , (ibid.), ci o ffr e
a lc u n e in fo r m a z io n i, c h e n o n p o s sie d e in v e c e il B a rle z io .
4 B a r l e z i o , ibid., 156. Si vedano le notizie allarm anti sull’avvi-
cinarsi dell’esercito del Sultano, giunte a Venezia verso la fine di mag­
gio e l'inizio di giugno 1467, presso il LjUBlC, Listine, X , 389. Il 7
giugno Gerardo de Collis scrive da Venezia a Milano che il Sul­
tano aveva già m andato numerose truppe in A lbania, « ma la persona
sua n o n li è ancor zonta » ( N a g y — N y A r i , ofi. cit., 63). Di tali milizie
che precedettero l ’arrivo di Mohamed parla lo Scutarino a proposito
della campagna del 1466 (Hist., X I, 151 v.).
5 B a r l e z i o , ibid. In realtà questa restaurazione avvenne in occa­
sione della campagna del 1466. Cf. I’A n o n i m o V E R O N E S E , 236, il P h r a n -
t z e s , 425, il K r i t o b u l o s , V , cap. 12 (il quale dice che il Sultano vi lasciò
221 LE IN F O R M A Z IO N I DI V A I,O R E ST O R IC O

tuoso, un attacco contro Durazzo, saldamente rafforzata dai


Veneziani e da Scanderbeg1. Del resto, una parte dei sudditi
di quest’ultimo si erano ricoverati proprio in detta città 2. Dopo
Durazzo, il conquistatore di Bisanzio pose di nuovo l ’assedio a
Croia, ma anche questa vo lta senza alcun risultato. Onde prese
la via del ritorno, dopo aver distrutto Chiudi (presso il Capo
Rodoni), una nuova e ancor incompiuta fortezza, eretta dal
suo nemico 3. Essendo stata Croia liberata, Scanderbeg iniziò i
preparativi per la conquista dell’« Urbs Valmorum » 4 e a questo
scopo si recò ad Alessio. Qui però s’ammalò gravem ente (in
gravem incidit febrem )5 e morì nella notte del 17 gennaio-

400 giannizzeri, quale guarnigione) e S e a d e d d i n , II, 239. Le fonti serbe


contemporanee chiamano questa città Konuch ( R u v a r a c , K lein ig k.,
570). I l senato veneziano, sempre in rapporto con questa fortezza (« V a l­
ine ») prese il 16 agosto 1466 la decisione di attaccarla d’accordo e con
la collaborazione del Castriota. Cf. LjUBlC, Listine, X , 272— 273. V.
pure una lettera del Doge, in data 17 agosto 1466, a Paolo Angelo,
in M a l v e z z o , 27— 28. Per la fondazione d ’Iìlbasan v. il docum entatissimo
articolo del B a b i n g e r , D ie Griindung v. Elb., 94— 103.
1 B a r l E z i o , l. c. Cf. le relazioni del 16 luglio e del 3 agosto 1467,
in M a k u § e : v , M on., II, 201— 202. L a surricordata cronaca veneziana
( I o r g a , Notes, IV , 213) asserisce che Durazzo non fu assediata dal Sul­
tano in persona, ma da un pascià.
2 LjUBlC, L ist., X , 400.
3 B a r l E z i o , l. c. L a suddetta cronaca veneziana dice che Mohamed
ritirandosi dall’A lbania nell’agosto 1467, v i lasciò « uno nepote de
Scandrabecho il qual e renegato, con cavalli 1300, el qual se h a v e v a
rid u tto in forteza al Cao Redondo » ; in seguito ad un assedio lo zio
lo prese e « con le sue propre man li tagliò la testa », tornando co sì d i
nuovo in possesso del suo paese ( I o r g a , l. c.). Probabilmente in questa
occasione la fortezza fu distrutta, cosa che i sopraindicati autori ascri­
vono al Sultano.
4 B a r l e z i o , ibid., X III , 156. Cosa ben probabile, poiché la Signoria
già nell’agosto 1466 prese provvedim enti al riguardo (v. p. prec. n°. 6)
mentre il 2 giugno 1467 scrisse, non senza preoccupazione, al Papa
che Mohamed « instauratum oppidum illud Valm e munire non d e stitit
( N a g y - N y A r i , s. IV , t. II , 59).
6 B a r l e z i o , ibid., X I I I , 157 ; N a g y - N y A r i , ibid., 93; Gio. M u s a c h i ,
275; S E a d e d i n , II, 240.
88 F R A N C E SC O P A U 222

[1468]1, proprio quando le sue schiere sconfissero un esercito turco,


il quale stava saccheggiando i dintorni di Scutari. Giungendogli
la notizia di questa invasione, l'inflessibile nemico della Mezza­
luna, pur essendo alla vigilia della morte, voleva montar a ca­
vallo ancora una volta, per condurre i suoi soldati alla battaglia.
Però il morbo fu più forte di lui e lo sopraffece 2. Si spense in età
di 63 anni, secondo il Barlezio 3. Scanderbeg lasciò i suoi possessi
sotto la protezione di Venezia, che li doveva poi consegnare a
Giovanni suo figlio, quando questi avrebbe raggiunto la maggiore
e tà 4.
*
* *

Eccoci giunti alla fine di questo capitolo, intorno al valore


storico degli scritti del Barlezio. In esso abbiamo voluto dimo­
strare che non soltanto VAssedio di Scutari, ma anche la Storia

1 B a r l e z i o , ibid., 159. Il Sacerdote ci dà erroneamente l ’anno 1466


invece del 1468. Il Phrantzes (430) mette la morte dell’Albanese sempre in
gennaio, come il Nostro, ma ci offre anche l ’anno esatto, cioè 6976 ( = 1468).
L ’Eroe venne sepolto nella chiesa di S . Niccolò ad Alessio. A lla con­
quista della città nel 1478, i Turchi avrebbero tolto le sue ossa e divise
tra di loro come am uletti ( B a r l e z i o , ibid.). M. S i r d a n i , basandosi
sulla testimonianza del Nostro e su altre fonti, confuta (Kerkime mbi
vorrin e Skanderbegut - - Ricerche circa la tom ba di S e ., in H ylli i Dritès,
V III, 1932, pp. 18 1— 194) la tesi di Cosmo Serembe (Per le ricerche della
tomba di Scanderbech, Milano, 1927), secondo la quale le spoglie mor­
tali dell’Albanese sarebbero state trasportate da Alessio in altro luogo
(secondo lo Jokl, Albanisch, 1932, n° 110).
2 B a r l e z i o , ibid.\ cf. la relazione di Gerardo de Collis, 12 febb.
1468 ( N a g y - N y A r i , l. c.).
3 B a r l e z i o , ibid., 159— 159 v. Intorno all'età di Scanderbeg l ’opera
■dello Scutarino fu consultata da Gio. M u s a c h i (299) e dallo P s e u d o -
F r a n c o (cap. 40). Anche un testimone oculare dell'entrata del Castriota
in Roma, l'A rrivabene scrive il 14 dicembre 1466: « è huomo molto
da tempo, passa li 60 anni » ( P a s t o r , II, 362 n. 4). Noi siamo però
d'accordo con il Noli, quando egli assegna la data della nascita del-
l ’Eroe circa all’anno 1412 (Storia, p. 15 e n. 100). Così Scanderbeg
non poteva avere, quando morì, più di 56 anni (ibid., p. 145).
4 B a r l e z i o , ibid., 157 v. — 158 ; tal cosa risulta anche da un decreto
della Serenissima, del 13 febbraio 1468 (LJUbiC, Listine, X , 404— 405)*
2 23 INFORMAZIONI SBAGLIATE 89

di Scanderbeg contiene numerosissime e molto pregevoli infor­


mazioni, che vanno corroborate da una serie di fonti, sia docu­
mentarie che narrative. Nondimeno, questi scritti si devono
usare con cautela, poiché la mania rettorica del nostro umanista
e la sua tendenza ad ingrandire le cose, ci obbligano ad accettare
come sicure soltanto le notizie (fortunatamente, come si è visto,
numerosissime) le quali si possano controllare alla luce delle
altre fonti contemporanee.

7. Informazioni sbagliate nella Storia di Scanderbeg


La cronologia del Barlezio.

Spigoliamo alcuni errori che si riscontrano nella biografia


del Castriota. Ne riportiamo soltanto i più notevoli.
Parlando, in una digressione, delie dervis, Marino afferma che
essi furono sterminati da Baiased II a causa delle loro scelleraggini1.
Ciò è inesatto. T u ttavia è vero che in seguito ad un attentato,
d ’altronde senza riuscita, commesso da un dervis 2 o da un « Tor-
lacco » 3 contro la sua vita, il Sultano espulse nel 1493 tu tti i
dervis e rispettivam ente tu tti i « Torlacchi » esistenti nel suo
impero. Secondo il Nostro, tra i più im portanti m otivi che deter­
minarono Murad II a concludere la pace con gli Ungheresi, dopo
la campagna del 1443, fu la ribellione di Scanderbeg 4. Senonchè,
le altre fonti mantengono il silenzio a questo riguardo. E ’ sempre
lui, che asserisce, a proposito della pace stipolata tra l’Eroe e
la Serenissima, che egli ricevette la cittadinanza veneziana,
che fu ammesso nella nobiltà della Repubblica e infine che
« ingenti patrum [i senatori veneziani] consensu » fu affidato
a lui, già nemico, il governo dei possedimenti della Signoria sul
littorale albanese 5. In realtà, Scanderbeg ottenne già da prima

1 B a r l e z i o , Hist. I , 3.
1 L O w e n k la u , 56.
8 S p a n d u g i n o , Trattato, 1 2 9 v .
4 B a r l e z i o , ibid., I I , 15 .
6 Ibid., IV , 45: cui [se. Scanderbego] in ea regione totius rei Ve-
netae summa demandaretur. Cf. X III , 158 v. ; Idem, De Scodr. obs..
I l i , 2 70 v .
90 FR A N CESCO PA LL

la ricordata cittadinanza, avendo il 12 febbraio 1445 il Senato


confermato lui, suo fratello Staniscia (Stanisha), come pure i
loro eredi, in questo diritto acquistato da loro padre il 28 maggio
1438 *. L e altre fonti non ci attestano quel che concerne l ’acco­
glienza di Scanderbeg nella nobiltà della Repubblica. Però —
dato che il 20 agosto 1463 il Senato decise di ammettere, in se­
guito alla domanda di lui, nella nobiltà « del maggior consiglio »
il figlio Giovanni, con diritto ereditario 2 — è da presupporre che il
padre, tenendo conto dei rapporti stretti tra lui e la Repubblica,
avesse già ottenuto questo titolo, che veniva poi a chiedere anche
per il figlio. Quanto all’affermazione suaccennata, che gli sarebbe
stato assegnato il governo dei possessi del littorale, essa non ri­
sponde al vero. È sicuro soltanto che egli ebbe a partire dal 1463,
il titolo di « governatore » di certe truppe veneziane, spedite nelle
regioni albanesi in suo aiuto 3. Però in tali circonstanze l ’Albanese
agiva d ’accordo con i rettori della Repubblica. Il Nostro poi obbliga
Murad II a morire di dispiacere, per non aver potuto prendere
Croia, proprio sotto le mura di questa città, a maggior gloria
dell’Eroe. Il Sultano avrebbe avuto allora non meno di 85 anni
d’età 4. Per il Bonfini, il padre di Mohamed I I s’ammalò soltanto
sotto la capitale di Scanderbeg 6, mentre il Sanudo 6 ci dice che
la cagione della sua morte, sebbene non avvenuta in Albania,
fu lo sfortunato assedio. Senonchè ci sono altri due umanisti
che dànno una conferma alla versione del Barlezio, e cioè: il
Becichem i7 e il V olterran o8. Però non hanno ragione, perchè
Murad, in realtà, morì ad Adrianopoli sul principio del febbraio

1 LjubiC, Listine, IX , 214.


2 LjubiC, ibid., X , 264— 266; cf. 275— 276.
3 II doc. del 20 agosto 1463, in L ju b iC , X , 264— 266; un altro, del
28 aprile 1466, ibid., X , 362— 363.
4 B a r l e z i o , H ist., I l i , 31 v., V I, 83 v. ; Idem, De Scodr. obs., 1.
233, II, 238, 242 v.
5 Rer. Ung., d. II, 1. V i l i , 510.
6 De origine, col. 1137.
7 Paneg., [19].
8 Comment., V i l i , 114. V. sopra, p. 212 n. 3.
225 IN F O R M A Z IO N I S B A G L IA T E 91

1451, in età di 40 anni, al dire di Seadeddin l , o di 52 anni, se­


condo il K ritobu los2. Il Sacerdote nel suo intento di far risplendere
quanto più possibile la gloria dell’Eroe, ci dice che egli non pagò mai
il tributo nè a Murad 3 nè a Mohamed 4. Non sappiamo con pre­
cisione quale sia la verità. U n documento del 29 aprile 1449
attesta che l’Albanese pagava in quel tempo 6000 ducati come
« annualis census » ai T u rc h i5. Del pari, il Castriota promette
nel trattato di omaggio concluso con Alfonso V , il 26 marzo
1451, che nel caso in cui fosse effettivam ente aiutato dal Re,
darebbe a lui « lo tributo o heraci » dovuto al Sultano da parte
sua e dei suoi congiunti 6. Seadeddin, a sua volta, non dimentica
di rammentare, a proposito delle campagne di Mohamed II, che
il ribelle ha infranto « il vincolo del dovuto tributo » 7. È proba­
bile che si tratta, come si è detto sopra, d’un tributo dovuto da
Scanderbeg ai Turchi — cioè ricevuto dai medesimi già dal padre
dell’Eroe e preteso in seguito anche più oltre — però mai pa­
gato 8. Marino dice che l ’Albanese m anteneva cordialissime relazioni
di « amicizia » con Alfonso V e con il suo successore, « l’adolescente »
Ferrante 9. Forse il Nostro credeva che fosse umiliante per il valente

1 Chron., II, 122.


! De rebus, I, cap. 3.
3 B A R L E Z io , Hist., V I, 82 (discorso attribuito a Scanderbeg e d i­
retto da lui ad un inviato turco).
4 B A R L E Z io , Hist., V II , 87 ; qui si dice che il Sultano avrebbe of­
ferto la pace al Castriota in cambio del tributo, ma ebbe un rifiuto.
6 LjubiÓ, ibid., IX , 301— 302.
6 M a r i n e s c u , 44.
7 Chron., II , 238; cf. 240.
8 Altrim enti, come osserva non senza ragione il G E G A j (86 n. 1) :
« À quoi bon alors poursuivre la guerre? » Quest’autore (ibid.) crede che
Scanderberg non avesse mai pagato il tributo alla Porta. E gli pensa
che sotto il « tributo o heraci » dell'accennato tra tta to si debbano in­
tendere le tasse « che gli Albanesi erano tenuti a pagare ai Turchi per
il passaggio delle loro greggie fuori dai propri possedimenti » (cioè dal­
l ’A lbania indipendente).
9 B a r l E z i o , ibid., V I, 84, V II , 94, 94 v., X I, 119, 120 v .— 121.
In realtà, regnante Ferrante aveva 34 anni di età ( C a r a c c i o l o , De
Ferdinando, tradotto in tedesco, in H E F E L E , Alfonso I, p . 8, c f. n. 1).
<52 F R A N C E S C O P A L I. 226

campione, riconoscere la vera natura di questi rapporti che erano


anche di vassallaggio oltre che di amicizia. Pure a questo intento
di esaltare la figura del Castriota, si deve ascrivere la parte esa­
geratam ente importante attribuitagli dal Barlezio nella guerra
napoletana. Egli sarebbe rimasto nel Regno di Ferrante fino alla
pacificazione completa 1. In realtà, sebbene l ’Albanese avesse reso
notevoli servizi al Re, la guerra non ebbe termine e nemmeno fu
decisa per tutto il tempo che egli stette e com battè in Italia 2.
Vediamo ora la cronologia del Barlezio. Non ci proponiamo
un esame dei dati cronologici del Compendio, poiché essi dal
punto di vista scientifico non valgono nulla. Qanto sài’Assedio,
basti a dire che sotto questa rapporto la narrazione appare pre­
cisa. Senonchè, la Storia di Scanderbeg come cronologia è troppo
inconseguente e abbonda di errori. Ciò si spiega con il concetto
dell’Umanesimo, il quale volendo im itare le opere antiche, la
ruppe con la tradizione dei cronisti medioevali, fondati su una
esposizione cronologica, e cercò di notare il meno possibile dati
di tal genere 3, pensando anzitutto al lato artistico del lavoro.
D ’altro canto, nello scrivere la biografia di Scanderbeg, il Bar-
lezio si valse pressoché esclusivamente di fonti orali, donde non
avrebbe potuto trarre se non, tu tt’al più, indicazioni cronologi­
che molto vaghe.

B a r l e z i o , ibid., X , 12 6 — 13 2 v .
2 In fatti quando avvenne la battaglia di Troia (18 agosto 14 6 2 ),
che decise la guerra in favore di Ferrante ( S i m o n e t t a , X X I X , col. 73 6 —
739), Scanderbeg — malgrado che Marino lo ponga a comandare l’eser­
cito reale e gli faccia vincere lo scontro, messo dallo stesso autore a
Orsario (oggi: Orsaro di Puglia) vicino a Troia ( B a r l e z i o , ibid., X ,
128 v.) — non si tro v av a più in Italia, essendo sin dal principio di feb­
braio 146 2 (non nel luglio, come afferma l ’Hopf, Griech., II, 153) tor­
nato a Ragusa (GELCICH - TH ALLÓ CZY, 7 5 4 ; Chron. Rag. 360), e da
qui in patria. Ci stupisce il fatto che oggi ancora vi sia un autore,
Luigi M. Ugolini, il quale ammette questo grave anacronismo del
Barlezio, ( U g o l i n i , Pagine, 11). Eppure, sono già passati tre secoli, da
quando il D E S p o n d e dimostrò che l ’infaticabile guerriero non poteva
intervenire in questa battaglia! (A nn al. eccl., II, a 1 4 6 1 , n° 20).
3 C r o c e , Storia della St., 208.
227 IN F O R M A ZIO N I S B A G L IA T E 93

Facciam o qui seguire alcuni esempi per dimostrare come sono


sbagliati e come si contraddicono anche quei pochissimi dati
cronologici che si possono ritrovare nelle Storia di Scanderbeg.
D al libro primo risulta che si era nell’autunno del 1442 1,
allorché l’Eroe tornò in patria. Eppure il Sacerdote — a propo­
sito della prima campagna di Murad II, attribuita da lui al
1449— afferma che il Castriota era già tornato da undici anni
(il numero è scritto in lettere)2. A lla fine dell’opera egli si
contraddice di nuovo, indicando una data, del resto, molto
verosimile per il ritorno. Infatti viene a dire che Scanderbeg
cominciò a signoreggiare il 28 novembre 1443 3, dimenticandosi
però di aver in precedenza, nel libro II, collocato uno scambio
di lettere tra lo stesso, che era già in Albania, e il re Vladislao
d ’Ungheria, nell’estate del 1443 4. Quanto alla prima spedizione
di Murad contro l ’Eroe, Marino la fa aver luogo dopo la conclu­
sione della pace che pose termine alla guerra di quest’ultim o
con V en ezia 5. In realtà, la campagna turca finì parecchi mesi
prima di quel trattato. Dice poi lo Scutarino che Mosè Golemi
partì da Costantinopoli con un esercito turco alla volta dell’A l­
bania a intercalano mense, quinto Kalendas Martias » 8 ( = il 26
febbraio), ma dalla biografia si desume che si tratta cronologi­
camente dell'anno 1453. Senonchè, qui si parla di un anno bise­
stile, il quale non potrebbe essere il 1453, bensì il 1456, ciò che
si può dedurre pure per mezzo delle altre fonti. D ifatti, la scon­
fitta di Berat avvenne nell’estate del 1455, mentre la spedizione
di Mosè ebbe luogo — secondo lo stesso Barlezio — nella primavera

1 B a r l e z i o , Hist. I, 8.
2 Ibid., V , 51. A nzi più tardi, nel 1452, come risulta dalla Storia,
Scanderbeg avrebbe iniziato, secondo l'U m anista, un suo discorso cosi:
« TJndecimus iam hic annus est, milites, ex quo (ut videtis) nihil aliud
agimus, praeterquam ut in E piro maneamus » (Hist., V II, 95). Nel
1452, dunque, come nel 1449, l ’Albanese era tornato sempre da undici
anni !
3 B a r l e z i o , ibid., X I I I , 1 5 9 v .
4 Ibid., II, 24 v. — 25, 26 v . — 27.
5 Ibid., IV , 44 v.
« Ibid., V i l i , 105.
94 F R A N C E S C O P A L I, 22 8

seguente a questa battaglia, cioè nel 1456. A proposito pure


del tradimento del Dibrano, allude ad una guerra recente di
Alfonso V con i Fiorentini e all’assedio, fallito, della città di
Piombino, ciò che avrebbe esaurito il tesoro e indebolite le forze.
Questa condizione però, al dire del Nostro, non impedì al Re
Magnanimo di fare preziosi regali a una ambasceria di Scan-
d erb e g x. Dalle parole dello Scutarino risulta che il surriferito
assedio ebbe luogo in un’epoca vicina alla spedizione di Mosè,
sebbene in realtà esso avvenisse nell’estate del 14 48 2.

8. I l Barlezio, lo Pseudo-Franco e il « Commentario »


I rapporti tra loro.

Oltre alla Storia di Scanderbeg del Barlezio, nel corso del


X V I sec. furono pubblicati due lavori in italiano, sulla vita del
medesimo. Il primo, di cui non si dà il nome dell’autore, e così
intitolato: Commentano de le cose de' Turchi e del S[ignor] Georgio
Scanderbeg, principe di Epirro, con la sua vita et le vittorie per
liti fatte con l’aiuto del’altissimo Dio et le inestimabili forze et
virtù di quello degne di memoria. Stam pato a Venezia nel 1539
(in 8° picc., 48 ff.). Nuove edizioni, con insignificanti modifiche,
ne apparvero, con lo stesso titolo presso Bernardino de Bindoni
Milanese, nel 1541 3 e nel 1545 4. Il medesimo trattato, sebbene
con il titolo differente di Fatti illustri del Signor Giorgio Scander-
begh, fu riprodotto (sull’edizione del 1545) dal Sansovino nella sua
già ricordata raccolta e si trova nelle edizioni del 1564, 1573,
1600 e del 1654. Il secondo lavoro si chiam a: Gli illustri et glo­
riosi gesti et vittoriose imprese fatte contra Turchi dal Sig. D.
Giorgio Castriotto, detto Scanderbeg, prencipe d’Epirro ; dove si
mostra la vera maniera del guerreggiare, di governare eserciti, di

1 I b i d xo8.
2 De A u g u s t i n i s , Hist., col. 319 e segg. ; P a l m i e r i , Lib., 126.
3 Nello stesso anno si ebbe un’altra edizione veneziana « in casa
de’figliuoli di Aldo » (in 8°, 52 ff.). Essa però lascia da parte la pre­
fazione e manca della divisione in capitoli.
4 Questa è la data del colophon, mentre la pagina del titolo porta
fan n o 1544.
229 il b a r l e z io , lo p s e u d o -f r a n c o , il «c o m m e n t a r io » 95

far pronti soldati al combattere e di restar vincitori in ogni difficile


impresa. F u stam pato a Venezia, presso Altobello Salicato, nel
1584 (in 8°, 14 pp. non num. e 87 ff. num.) a cura del conte Giovanni
Maria Bonardo, il quale lo ascrisse al prete Demetrio Franco.
Se ne conoscono pure altre quattro ed izion i1.
F ra queste due opere, la più frequentemente adoperata
era il « Commentario », cioè i « F a tti » della raccolta del Sanso-
vino. Il De Sponde lo considera addirittura un compendio della
Storia del Barlezio. Il Papadopulo-Vretò com batte questa asser­
zione e viene ad affermare che il lavoro attribuito al Franco
sarebbe stato pubblicato pure in latino nel 1545 a cura di B er­
nardin de’ Bindoni, ciò che è inesatto. Il Noli, a sua volta, dice
che il « Commentario », i « F atti » e lo scritto assegnato al Franco
sono tre tra tta ti composti in base alla medesima fonte e indipen­
dentemente dalla Storia del Barlezio. V i sono dunque varie
opinioni. A d ogni modo, la questione merita d ’essere esaminata
più da vicino, per chiarire in quale relazione siano tra loro le
opere surricordate.
Il B onardo2 dice nella prefazione al lavoro che viene a pub­
blicare, che esso fu scritto in latino dal « Riverendo Demetrio

1 Pubblicate a Venezia, nel 1591 (sempre presso il Salicato), nel


1610 (« apresso Giorgio Bizzardo »), nel 1646 (stam pata « per il V a l-
vasense, ad istanza di Giacomo B atti, Libraro in Prezzaria ») e nel 1679
(«appresso li Prodotti», in 120). Queste due ultime portano il titolo
un po’ cam biato, cioè hanno la parola « Historia » invece di « Gli illustri »
(Historia e gloriosi gesti, ecc.). T al opera, sotto un titolo identico
(salvo « Istoria » in luogo di « Historia ») sarebbe stata pubblicata per la
prim a volta, secondo la bibliografia storica del MEUSEL (III2, p. 400),
nel 1545. E ’fuori di dubbio che qui si tra tta di una confusione, seb­
bene tale edizione fosse stata n otata — seguendo però il MEUSEI, — pure
dal PÉTRO VITCH (p. 20, l ’anno 1545). D ell’edizione del 1679 abbiamo
visto ed esam inato un esemplare nel British Museum, 1053 b. 21 (2).
3 II nome del Bonardo, mercè un errore di stam pa nella prefazione
dedicatoria dell'edizione del 1591, è passato ad alcuni autori ( P a p a d o -
p u l o - V r e t O , Compendio, pp. X V I I I - X I X ; Idem, Correzioni, 13 ; PÉ T R O -
v i t c h , 51 ; N o l i , 13) sotto la form a sbagliata di « Monardo ». Il Bonardo,

gentiluom o e scrittore di F ra tta Polesine (territorio di Rovigo),


era « Cavaliere e Luogotenente Provinciale » di uno strano e fantastico
96 F R A N C E S C O P A L I, 230

Franco, il quale fu personalmente in tu tte quelle guerre e di


tu tti i valorosi gesti di questo principe [Scanderbeg] molto bene
instrutto et informato ». Questa opera, prosegue il medesimo nel
suo solito stile confuso, fu conservata in manoscritto; però fu
pubblicata, sempre secondo il suo dire, in versione italiana,
cioè, aggiungiamo noi, sotto la forma del « Commentario ». Qui
il « Fratteggiano », cioè il Bonardo, allude senza dubbio all’edi­
zione del 1545, già ricordata da noi. E ’ sua opinione che questa
traduzione non sia fedele. Infatti, valendosi del fatto di aber potuto
consultar.? il manoscritto latino attribuito al Franco — certo in pos­
sesso di Geronimo Angelo, cui dedicò, del resto, anche l’accennata
prefazione — egli osservò che la versione contiene « molte super­
flue parole oltra l ’originale ». Queste aggiunte, come vedremo
più innanzi, sono condotte sul Barlezio. Il Conte fece un con­
fronto della traduzione, cioè del Commentario, e dell’originale,
che aveva a dispozizione, ed eliminò, per quanto ci assicura,
tutte le aggiunte, che non aveva potuto identificare in quest’ul­
timo, preparando così la sua edizione. Donde, il Commentario
e il libro pubblicato dal Bonardo nel 1584 non sono se non tradu­
zioni — discrepanti in alcuni punti — dello stesso manoscritto
latino assegnato al Franco. Però quella del 1584 non è una
nuova traduzione condotta direttamente sull’originale, ma una

« Ordine della prima antica Militia A ureata Im periale con 1 Angelica'


Aurea Croce di Constantino Magno », di cui s'in titolava « Giusto Gran
Signore» Ger. nimo Angelo (1505— 1591), «principe di Thessaglia »,
fratello del già ricordato Andrea (morto nel 1581). Geronimo però
doveva disputare i suoi diritti con Pietro Angelo Flavio (morto nel
I 592 ), figlio di Giovani Demetrio Angelo (morto nel 1571), erede
del canonico Andrea di tu tti i privilegi della loro casa, cioè anche
della dignità di Gran Maestro dell’Ordine (che a Rom a si chiam ava
Milizia di S. Giorgio). Senonchè, presso la Curia pontificale Pietro
Angelo Flavio era in credito (Geronimo A n g e lo , Angelico lume,
9 IO’ 53 . cap. 4; M a lv e z z o , 252— 258 (il doc. Roma, 15 gen. 1610).
« Giurisconsulto, Cavaliero et I,uogotente Generale » di questa Milizia di
Geronimo era proprio il Sansovino (Geronimo ANGELO, Statuti, f.
2 3 .' S an so vin o , Dell'Hìstoria, ed. del 1573, la prefazione dedicata
a Geronimo). ^
231 II, BARI,EZIO , LO PSEUDO-FRANCO, II, « COMMENTARIO,) 97

correzione della versione pubblicata nel 1539 con il titolo di


« Commentario ».
Vediamo ora: chi è questo Demetrio Franco, partecipante
alle gesta di Scanderbeg? Si tratta del tesoriere di costui, che
l’accompagnò nel viaggio del 1466 a Rom a, come ci dice il Com­
mentario. Secondo il medesimo trattato, egli era un nobile di
Drivasto, cugino dell’arcivescovo Paolo Angelo 1. Dalle menzio­
nate Genealogie del nipote di questo, Andrea, si desume pure
che apparteneva a un ramo collaterale degli Angeli: sua zia,
Dorotea, era la madre di Paolo e Pietro Angelo 2. Dopo l ’occu­
pazione dell’Albania da parte dei Turchi, il Franco si rifugiò,
insieme con i suoi congiunti Angeli, nel territorio di Venezia.
I/ì diventò parroco della chiesa, assai povera, di San Gio. B a t­
tista in Briana, nella diocesi di Treviso. F u eletto a tale dignità
dalla com unità locale dei Fedeli ed esercitò le sue funzioni con
piena soddisfazione di questi, finché nel 1513, costretto certa­
mente dalla ' vecchiezza (essendo ormai « septuagenarius »), si
ritirò in riposo, dopo esser riuscito ad assicurare la successione
nel suo posto al nipote, prete Paolo Angelo, secondogenito di
Pietro Angelo, suo cugino 3. Demetrio Franco morì nel 1525 4.
A d onta della testim onianza del Bonardo, una testim onianza
molto tardiva, del 1584, non crediamo che l ’autore della biografia
scanderbegiana, di cui si fa qui discorso, sia Demetrio Franco.

1 Comment., ed. 1545, cap. 37, f. 40 v.


2 Gen., ed. 1552, f. iij 2 v. ; Gen., ed. 1553, pp. 20, 25, 26.
3 V . due bolle di Leone X , Rom a, 13 dicembre 1513, riguardo a
questo cam biam ento nella parrocchia di Briana, in M a l v e z z o , 60— 62
62— 64. I parrocchiani erano talm ente contenti della buona condotta
di Demetrio e di Paolo, che nel 1540 decisero di conferire il gius-
patronato della chiesa loro alla fam iglia Angelo, «tanquam benem erita
de dieta Ecclesia », secondo l ’atto notarile in data Noale (territorio
di Treviso), il 14— 18 novem bre 1540. Copia ms. inserta nell’esemplare-
della Genealogia, ed. Napoli, 1603, di Gio. Andrea ANGELO, che si con­
serva nella Biblioteca Nazionale di Parigi (Imprimés, J. 3309). Questo-
docum ento si tro va stam pato in M a l v e z z o , 52— 55, e riassunto in [Gio.
Andrea A n g e l o ] Sommario, [p. 4].
J A . AN GELO, Gen., ed. 1555, ibid.

7
F R A N C E SC O PA I.I,

Adduciamo qui le ragioni del nostro dubbio. Anzitutto, un


dignitario del Castriota, testimone oculare delle sue azioni,
non avrebbe certamente potuto limitarsi a generalità di tal
guisa, come sono quelle notate nel libro a lui attribuito. Poi,
il tesoriere Franco non avrebbe potuto ricorrere tanto spesso
all’opera del Barlezio, togliendone altresì dati palesemente sba­
gliati. Qualche volta ne offre quasi la traduzione. Per esempio:

Barlezio, Hist., IX , 133 Pseudo-Franco, cap. 27, f. 51


Iussumbeg quoque eiusdem Seguì l ’infelice Iussumbeg la
e t iter et fortunam paucis post via et fortuna del predetto
diebus im itatus est. Assambassa.
C’è ancora tu tta una serie di passi più o meno tradotti dal
Barlezio 1. Tranne queste somiglianze testuali, ci sono indizi ben
numerosi, i quali attestano senz’altro come base di questo tra t­
tato la Storia del Barlezio. Infatti i dati statistici e cronologici,
specialmente quelli delle lettere fittizie (queste ultime riassunte 2
nel libro attribuito al Franco), nella maggioranza dei casi sono
identici a quelli contenuti nell’opera dello Scutarino. D ’altro
canto, lo Pseudo-Franco, lo possiamo nominare così tranquil­
lamente, trascrive gli errori dello stesso modello. In verità,
riguardo alla parte di Scanderbeg nella guerra napoletana, viene a
ripetere il già riferito anacronismo del Barlezio 3. Le battaglie

1 Cf. l'intero racconto intorno alle relazioni tra Giorgio Brancovid


e gli Ungheresi nel 1444 ( B a r l e z i o , Hist., II, 27— 27 v. ; P s e u d o - F r a n c o ,
cap. 5). Andrea Humoi e Vulcatan divenuti prigioneri di Scanderbeg,
« furono carezzati et ben trattati » ( P s e u d o - F r a n c o , cap. 10, f . 23) ; cf.
benigne tamen lautissimeque haberi iussit » ( B a r l e z i o , ibid., I l i , 38
v.). La descrizione del lago Ocrida ( B a r l e z i o , ibid., X I, 142 v. ; PSEUDO-
F r a n c o , cap. 31, f. 60 v.).
2 Queste lettere, con piccole differenze di parole, si trovano pure
nei Fatti (trattato, come si è detto, t u t t ’uno con il Commentario).
-Copie del discorso del Castriota davanti al convegno di Alessio e della
sua corrispondenza con Murad II e Mohamed il Conquistatore, contiene
secondo la ricordata opera, un codice della fine del Cinquecento (come
mostra la scrittura) nell'Archivio Segreto Vaticano, Arni. II, voi. I l i ,
i . 642— 657.
0 P s e u d o - F r a n c o , cap. 22— 23 ; riguardo al B a r l e z i o , v . sopra, p. 226.
2 33 IX< B A R L E Z IO , l o p se u d o -fra n c o , i l « CO M M EN TAR IO I) 99

con i beg Jussuf e Caradgeà, di cui non si ritrova nessun cenno


nelle altre fonti, sono descritte sempre seguendo il sacerdote di
S c u ta r i1.
Con tutto ciò questo lavoro non è esclusivamente un com­
pendio composto sulla traccia del Barlezio. Esso di frequente è
in disaccordo con la Storia di Scanderbeg qualche volta a suo
vantaggio, altre volte a suo detrimento. P er quello che concerne
i suoi contributi, lo Pseudo-Franco ci dà notizie più pregevoli
che non il Barlezio, circa le vicende accadute alla vigilia della
visita a Roma, intorno ai risultati poco felici di essa e non meno
intorno agli avvenim enti immediatamente segu en ti2. V i sono
invece casi, nei quali a presentarci le cose in modo diverso dal
Nostro, non ci guadagna affatto. Bastino qui due esempi. A l
dire dello Pseudo-Franco, Murad II distrusse Sfetigrado e tentò,
subito dopo, la presa di Croia. Il medesimo sultano non avrebbe
condotto se non una sola spedizione in A lb a n ia 3. U n errore
ancor più grave commette l’accennato autore allorché ci presenta
H am sa dell’esercito di Isa pascià, m andato contro il Castriota
nel 1457, quale un sandgeak qualunque, senza dirci che si tratta
del nipote dell’Eroe, di cui quindi ignora il tradimento 4.
Si ritenga però che l ’autore adopera anche altre notizie.
Alcune tra queste riguardano la fam iglia Angela. E ’ interessante
rilevare la speciale attenzione che ad essa presta in tu tto questo
libro. Iv i si parla dell’origine dai patrizi romani e dagli impe­
ratori b iza n tin i5, a cui abbiamo già accen nato6. V i si dànno
particolari intorni ai rapporti di parentela tra Andrea Angelo,
padre di Paolo e di Pietro, e Giorgio B ran k o vié7. L ’autore
ingrandisce una piccola vittoria dello stesso Andrea su
Hamsa, il ricordato nipote di Scanderbeg, avvenuta sotto le

1 P s e u d o - F r a n c o , c a p . 2 6 ; B a r l e z i o , ibid., X I, 13 3 — 133 v .
2 P se u d o -F r a n c o , cap. 36.
3 Ib id ., cap. 12 — 13 .
1 Ib id ., cap. 19.
6 P s e u d o - F r a n c o , cap. 3 e 11.
* V. sop ra, pp. 1 9 3 -19 4 .
7 P s e u d o - F r a n c o , ca p . 5.

t
IOO F R A N C E SC O P A L I, 234

mura di Drivasto, durante la guerra con la Serenissima 1. Quanto


all’arcivescovo Paolo Angelo, ce ne fa un ritratto ancor più.
elogiástico e più particolareggiato di quello del Barlezio. Anzi,
egli afferma che il prelato fu parente di Scanderbeg2. Ci fa
sapere inoltre che Mohamed II l’odiava a tal punto per aver
determinato il Castriota a rompere la pace, da fissare una taglia
sulla sua testa 3. Poi, secondo lo Pseudo-Franco, Pio II l’avrebbe
nominato cardinale, con l ’intento di consegnargli il cappello
in occasione della sua andata a Durazzo, con una flotta crociata 4.
Alla morte di Scanderbeg, Paolo rimase tutore del figlio di lui
e prese provvedimenti per assicurare il buon andamento del
paese 5. A suo fratello, Pietro, si attribuisce una notevole parte
nei preliminari della pace tra Venezia e i Turchi, nel 14 7 9 6,
parte di cui non fa cenno nessun’altra fonte. D a tutto ciò risulta
che l ’autore, di cui si sta qui parlando, sebbene non sia il Franco,
tesoriere di Scanderbeg, deve essere tu tta via un personaggio in
strette relazioni con gli Angeli, dai quali certo d . riva v a le in­
formazioni suddette riguardanti la loro casa.
Infatti il posto particolare che occupano gli Angeli in questa
biografia di Scanderbeg, indusse il Luccari, al principio del sec.
X V II, ad ascriverla a un membro della ricordata famiglia, cioè
a un « Angiolo di Drivasto », senza però precisare di chi proprio si
tr a tti7. Il Fallm erayer 8, in seguito, ha emesso l ’errata teoria, se­
condo la quale l ’indicato autore ragusano avrebbe adoperato certe
memorie dell’arcivescovo Paolo Angelo pervenutegli in manoscritto^
In realtà l ’«Angiolo di Drivasto », citato dal I,uccari una sola

1 Ibid., cap. 11.


3 P s e u d o - F r a n c o , c a p . 29.
3 Ibid.
4 Ibid., cap. 30.
5 Ibid., cap. 39— 40; cf. LjubiC, List., X , 404.
9 Ibid., cap. 41.
7 Copioso ristr., I l i , 91. Il Lue c a r i si servi di questa biografia sotto
la forma del Commentario, e rispettivam ente dei Fatti della raccolta
del Sansovino, a cui rinvia all’inizio del suo libro.
8 IX , 1 1 ; cf. pure L 'H o p f , Griechl., II, 122.
IL b a r l e z i o , l o p s e u d o -f r a n c o , i l « c o m m e n t a r i o » io r

v o lta \ riguardo alla fondazione di Croia, doveva essere, secondo


q u est’ultimo, l ’autore del Commentario, come si può desumere
d a un passo s u o 2. Non crediamo che si possa trattare quale
autore di questa V ita nè dell’arcivescovo Paolo e neppure di
Pietro, suo fratello. In fatti se ci fossimo aspettati dal Franco
inform azioni più precise in questa biografia, tanto più avrebbero
potuto servirci questi fratelli, dati i loro rapporti strettissimi
con Scanderbeg. Così le ragioni che si oppongono alla paternità
del Franco, risulterebbero vieppiù categoriche se ammettessimo
uno dei ricordati fratelli, quale autore del lavoro. N on si dimen­
tichi inoltre che l ’arcivescovo Paolo morì nel 1469, mentre il
tra tta to arriva fino al 1479.
Però è probabile che l ’autore sia uno dei figli di Pietro Angelo,
e cioè il ricordato Paolo, nipote e successore di Demetrio Franco,
come abbiamo visto, nella parrocchia di Briana 3. A lui spettava
lo stravagante titolo di « Principe di Caonia ». U n documento
in data Noale, 21 febbraio 1567 lo chiama protonotario aposto­
lico *. E gli morì, certam ente a Briana, nel 1568 6.
In verità, esaminando quest’opera, dal suo modo di narrare
con tono molto religioso, e rispettosissimo verso Venezia, risulta
che si tratta, quale autore, di un chierico, suddito della Repub­
blica. D ’altro lato, dalle notizie che ci offre riguardo agli Angeli,
si può desumere che egli fosse in rapporti stretti con questi. A d
ogni modo, si può dedurre che non era contemporaneo dell’Eroe
e tanto meno partecipante alle sue imprese. Infatti, compose il
suo lavoro dopo la pubblicazione della Storia di Scanderbeg del

1 L u c c a r i , ibid.
2 Ibid. Ne risulta, indirettam ente, che il I,u c c a r i si riferisce al cap.
3, f. 7 v. del Commentario.
3 O ltre al sopraccennato doc. del novem bre 1540 (v. sopra, p. 231 n.
3) si v. una bolla di Paolo I I I del 4 dicembre 1545, in cui si co n ­
cede ai canonici di D rivasto : Andrea, rettore della chiesa S. Angelo de
Sala (diocesi di Padova) e Paolo, suo fratello, parroco di Briana, l ’esen­
zione dalle im poste ecclesiastiche (Gio. Andrea ANGELO, Genealogia,
ed. 1603, [f. 10—-li]).
4 M a l v e z z o , 41— 42.
5 Gio. Andrea ANGELO, Genealogia, ed. 1621, p. 35.
102 F R A N C E S C O P A I,!, 236

Barlezio, cioè dopo il 1508— 1510. Dato che alla fine della sua
opera è stato aggiunto un elenco cronologico della storia turca,
che arriva fino al 1529, potrebbe darsi che essa fosse stata redatta
o com piuta in quell’anno, nel caso naturalmente che lo stesso
personaggio fosse l ’autore di ambedue le parti del trattato. Come
fonti, egli usò anzitutto la Storia dello Scutarino, le cui notizie
modificò qua e là, mediante informazioni raccolte sia dagli
Angeli come dalla tradizione orale albanese, ciò che si può rico­
noscere in alcuni particolari che non si ritrovano presso il Bar-
lezio. Dunque ci sono una serie d ’indizi che potrebbero confer­
mare l ’ipotesi che l’autore fosse il sacerdote Paolo Angelo.
T u ttavia ciò non è che una ipotesi. Resta sicuro per noi soltanto
il fatto che non si può parlare della paternità di Demetrio Franco.
Quindi per evitare il rischio di identificazioni per quanto vero­
simili non accertate, è meglio parlare di uno Pseudo-Franco 1.
Senonchè, come già si è detto, prima della pubblicazione nel
1584, di questa traduzione dell’opera dello Pseudo-Franco,
esisteva un’altra, alquanto rimaneggiata e stam pata nel 1539 %
Si tratta di una versione compendiosa, con alcune piccole modi­
fiche o aggiunte (ecco le « superflue parole » rilevate dal Bonardo
nel 1584), condotte sia sul Barlezio — da cui sono tratte infor­
mazioni inesistenti presso lo Pseudo-Franco 3-— sia sulla tradizione.

1 Se tu tta v ia il Bonardo ascrisse, nel 1584, questa biografia al Franco,


collaboratore del Castriota, lo fece registrando, sicuramente, una tradi­
zione esistente nella fam iglia di Geronimo Angelo, il quale abitava nel
villaggio Briana. Però questa eventuale tradizione per le ragioni surri­
cordate, non potrebbe costituire una prova certa per la paternità del
libro.
2 Ciò significa che fino a quest’anno lo Pseudo-Franco aveva già
pronto il suo lavoro.
3 Per esempio la versione del Commentario, valendosi della Storia
del Barlezio, ci dice che « Amesabeg [era] nipote di Scanderbeg, ma
ribelle di quello» (Com., ed. 1545, cap. 19, f. 22), correggendo in ta l
guisa un errore dello P s e u d o - F r a n c o . Similmente dal Barlezio sono
tratte le notizie seguenti: le perdite dei Turchi in seguito alla doppia
vittoria del Castriota su Balaban e Iakub, i regali in viati dall’A lb a ­
nese, in quest’occasione, alle Corti europee (Ibid., cap. 3 4 ; B a r l e z i o ,
Hist., X I, 150).
237 n - B A R L E Z IO , LO P S E U D O -F R A N C O , i l « CO M M EN T A R IO l) 10 3

Il traduttore, o meglio il compilatore del Commentario, anche


questi un p r e te 1, certamente in relazioni con la fam iglia
Angela '2, nella sua prefazione dedicata a Federico Gonzaga*
duca di M antova (stimato dalla stessa fam iglia come parente)
afferma che « l ’opera è tu tta vera e fu scritta 3 da huomini che in
persona aiutavano Scanderbeg ». Ecco, come era vaga la sua
idea sull’autore, moltiplicandolo, quale indizio che non ne sapeva
niente di preciso. Verso la fine del Commentario il com pilatore
nota che Scanderbeg, avrebbe fatto a pezzi di propria mano
oltre 3000 Turchi durante la sua carriera 4, fatto che « testifi­
cavano più volte, dopo la sua morte li strenui m iliti : Peich Ema-
nueli, Zacharia Groppa, Lech Cucca et Paulo Manesi, con più
altri huomini degni di fede et valenti, che quasi in ogni fattione
erano stati in sua compagnia » 5. Sebbene di qui si potesse dedurre
che questo chierico nella sua giovinezza aveva conosciuto i

1 N ella prefazione in data 1 giugno 1539 (all’edizione del medesimo


anno) egli si dice: « quel servo del N[ostro] S[ignore] Iesu Christo, vero
Dio, che all’età presente si ritrova vilificato et indignissimo fra tu tti
li preti curati ».
2 In fatti, a proposito del preteso conferimento a Paolo Angelo di un
titolo cardinalizio, viene a precisare che esso ebbe luogo nel maggio
1463) ; Com., cap. 30. D ’altronde il Compendio del Barlezio ci indica,
sempre per ispirazione degli Angeli, persino il giorno, cioè il 14 m aggio,
in cui si sarebbe tenuto il concistorio (p. 104), mentre nella Storia di
Scanderbeg il Nostro sapeva solo deWintento di Pio II di dare la por­
pora all’arcivescovo Paolo subito dopo il suo ideato arrivo con i Crociati
a D urazzo ( B a r l e z i o , H ist., X I , 138 v.). Però il Papa m orì e non se ne
fece più nulla. D ’altro canto, il titolo cardinalizio di Paolo è una pura
leggenda ( F a r l a t i , Illyr. sacr., V II , 373). R iguardo a Musachi Thopia,
caduto a Berat, il Commentario ci dice che egli « fu figliuolo del q. A n ­
drea», (Com., cap. 15, f. 19 ; cf. anche A . ANGELO, Gen., ed. 1555, F ij 1).
Però Gio. Musachi ci inform a che il padre di costui era Giorgio, mentre
Andrea era il nonno (Breve M em ., 298).
3 N ell’edizione del 1545 si trovano aggiunte le parole: «cioè su-
stantialm ente ».
4 Comment., cap. 4 1; B a r l e z i o , Hist., X , 131 v.
5 Com., ibid. T re di questi, cioè: «P etrus Em anuel de P ra va tà »,
Gropa, Manesi, nonché Pietro (un altro membro della fam iglia Cucca),
ufficiali e « consanguinei » di Scanderbeg, insieme a vari nobili albanesi,
io 4 FRAN CESCO P A IA 238

ricordati ormai vecchi compagni dell’Albanese, dalla sua traduzione


— compilazione però risulta che non si giovò quasi affatto della
loro esperienza. E gli ebbe notizia pure di alcuni tardivi echi
della tradizione popolare. D ifatti asserisce che secondo 1’« igno­
rante vulgo » Scanderbeg sarebbe stato invulnerabile 1 e il suo
cavallo sarebbe morto di cordoglio dopo la sua scom parsa2.
Disgraziatamente questo parroco, dallo stile ro z z o 3, non ci
dà il suo nome, sebbene dica d ’essere l ’autore pure di altre
« opere spirituali, latine et volgari » (senza farci sapere i loro
titoli), dedicate al papa Paolo III, « sollicitandolo secondo la
forma de sacri canoni, ch’el devesse far reformare la v ita et li
costumi del clero et del popolo tepidati ». Sempre egli afferma
che « altre v o lte .. . scrissi una epistola a quel Solimano principe
grande de Turchi et gli dedicai quel libretto volgarizato de fra
Ricoldo Martyre contra l ’Alcorano, et in quello, seguendo in
parte l ’orme de miei progenitori ( !), sollicitava la sua conver­
sione alla fede nostra santissima ». E gli prosegue poi : « Doppo
questo, per dar testimonio et fede, che io havea deposta la verità
et che gli procurava ogni bontà, volsi sotto b revità comporre
in lingua volgare la vita et gloriosi gesti di quel inclito Georgio
Castrioth che in turchesco si diceva Scanderbeg » *. In realtà,
come si è visto, egli è soltanto un traduttore e compilatore di
altre opere, già esistenti intorno alla vita del Castriota.
Riassumendo le premesse, risulta che oltre alla Storia del
Barlezio, fu composta nella prima metà del X V I sec. una V ita
di Scanderbeg, sempre in latino, essendone autore probabilmente
uno degli Angeli, e cioè il sacerdote Paolo, figlio di Pietro. E ’
questa una ipotesi. Ciò che è sicuro per noi, è il fa tto che
Demetrio Franco non poteva essere l’autore di questa biografia. Si
emigrarono, a causa dell’invasione turca, già nel 1467, nel «regnum
Siciliae », per stabilirsi colà, come risulta da un docum ento del 18
ottobre 1467 ( S c h ir Ò , Canti tradizionali, pp. X X V I I — X X V I II) .
1 Ibid. ; Cosi pure il B a r u ìz io , Hist., V i l i , 104 v.
a Com., ibid.,
3 Cf. l'osservazione del S a n s o v i n o all’inizio della sua edizione dei
« F atti », cui, del resto, egli fece alcuni cam biam enti di parole.
4 Prefazione.
239 B A R L E Z IO , L O P S E U D O -F R A N C O , I L « CO M M EN T A R IO » 105

tra tta dunque di uno Pseudo-Franco. Questi si valse dell’opera


del Barlezio come base del suo lavoro. Quindi egli non si può
considerare una fonte indipendente dal prete di Scutari, ad onta
di alcune sue informazioni originali. Il libro dello Pseudo-Franco
dunque ha un valore storico molto ridotto. Nel 1539 in base al
m anoscritto latino di costui, un altro chierico, in rapporti con
gli Angeli, pubblicò una traduzione compendiata, con aggiunte
tra tte dal libro del Barlezio e dalla tradizione. Infine, nel 1584
il Bonardo venne a stampare una versione, diciamo autentica,
dopo aver confrontato la prima traduzione con l'originale, rimasto
m anoscritto *.

1 Lo Pseudo-Franco fu tradotto in romeno dal boiaro V la d Bofu-


lescu da Màlàe^ti nel 1763, durante la sua prigionia a Milano. Q uesta
traduzione m anoscritta si conserva nell 'Archivio di Stato di Venezia,
codice « B re ra » 3 1 6 . Riguardo a questo: I o r G A , Studii de ist., 1 7 — 28.
I li

L O S C R IT T O R E B A R L E Z IO

i. Le ragioni che l’indussero a scrivere

Nella prefazione dell 'Assedio di Scutari, Marino stim a suo


dovere « Stoici hominis et boni civis » di eternare l ’eroica difesa
della città, mirando con questo non soltanto a una soddisfazione
del suo spirito, ma anche al diletto dei lettori. L a gratitudine
verso la patria lo stim olava a renderle quest’omaggio, per non
lasciar dimenticare l’eroismo dei suoi concittadini, ma, al contra­
rio, celebrarlo, per mezzo dello stile, come un bell’esempio, degno
di essere conosciuto e seguito pure da altre città e da altri popoli,
per quanto concerne il perseverare nella fedeltà verso i Capi,
in ispecie verso la Repubblica di S. Marco. L ’accanita resistenza
degli Scutarini, che il Nostro, seguendo l’esempio del Merula 1,
s’affrettava a paragonare a quella degli abitanti di Sagunto e
di Casilino, gli sembrava dunque un argomento degno di essere
glorificato. Infatti, era per Marino, uomo im bevuto dello spirito
del Rinascimento, una grande soddisfazione vedere anche la
sua età capace di compiere gesta di valore e di devozione nelle
proporzioni dell’adorata antichità. Poi, rappresentava una nota
di attualità il racconto di quest’assedio. In verità, l ’opuscolo

1 Bellum Scodrense, [17].


24 I 1,0 S C R IT T O R E B A R L E Z IO 107

fu dato alla luce nel gennaio 1504, qualche mese dopo la rati­
fica della pace conclusa tra la Serenissima e i Turchi (il 20 maggio
1503), ratifica avvenuta il 6 ottobre del medesimo a n n o 1. Il
lavoro quindi era scritto e magari già pronto per la stampa,
nel tem po in cui la Repubblica com batteva con i Turchi non
solo nella Morea m a anche nell’Albania, dove la Signoria inviò
nel gennaio 1501, Scanderbeg, nipote, come si diceva, dell’Eroe,
il quale grazie a questo nome leggendario provocò una solle­
vazione del popolo contro i conquistatori2. L ’Ungheria pure
rimase in guerra con gli Ottom ani fino alla pace del 20 agosto
1503 3. E ’ da presupporre che tanto il Barlezio, quanto gli altri
Scutarini stabiliti a Venezia e in altre parti della Repubblica
e inoltre gli emigranti albanesi dell’Italia non si mostrassero
indifferenti di fronte al tentativo di liberazione del loro paese,
che avrebbe potuto condurre anche alla riconquista di Scu-
tari 4. In questo stato di cose la celebrazione della valorosa di­
fesa del 1478 sembrava, certo, molto opportuna all’Umanista,
E ’ vero che l ’opuscolo apparve dopo la conclusione della pace,
ma chi non era convinto della breve durata della pace, giacché
il pericolo era rimasto sempre lo stesso? E poi, un libro come
quello, che costituiva uno stimolo alla guerra contro i Turchi,
non si poteva lim itare ad una sobria registrazione dei fatti, il
che non era nemmeno nel concetto di quei tempi, ma doveva
spingere all’azione, m ediante il calore dello stile e la vivacità
del racconto. T al era l ’intendimento del Barlezio.
Q uanto alla Storia di Scanderbeg, il Sacerdote affascinato
dalla personalità dell’Eroe e stimolato dal patriottism o, come ci
dice egli stesso nella prefazione dedicata al duca Don Ferrante 5,

1 Io rga, Gesch. Osm. R ., I I , 299.


2 S a n u d o , D iarii, I I I , col. 1 3 3 5 , 1 6 0 8 ; T u b e r o , V i l i , 2 10 .
3 P a s t o r , I I I j , 560.
4 M artino da Fermo, arcivescovo di Durazzo, cominciò nel 14 9 5
preparativi con tale mira, sperando nell’aiuto di Carlo V i l i , re di Francia.
Però non si raggiunse nulla (DE C o m m y n e s , Mémoires, 1. V I I , cap.
1 7 ; M a i . i p i e r o , 14 6 ).
5 P a d i g l i o n e , D i G. Castriota, 14 , 24— 30.
io 8 F R A N C E SC O PAl^Iy 24 2

nipote del Condottiero, tenne a freno m olti anni il desiderio


di comporre questa biografia, nella speranza che essa venisse
scritta da un autore più competente. Però non dobbiamo
lasciarci ingannare da simili proteste di convenzionale mode­
stia, usate dagli scrittori di tu tti i tempi, nè farci illusioni riguardo
a ll’um iltà del Barlezio. Con tutto ciò manteniamo una cosa ri­
petuta da lui nella prefazione: credeva che prima di lui la vita
di Scanderbeg non fosse servita ancora a nessuno come argomento
di un lib ro 1. Dunque, convinto che la v ita dell’Albanese non
fosse stata ancora scritta e incitato dagli amici, sopratutto da
Pietro Angelo, il Barlezio compose la Storia, opera in cui la fi­
gura del Castriota ci appare addirittura un simbolo della lotta
che si com batteva tra la Cristianità e l ’impero turco. In ciascuna
delle frasi si avverte la tendenza a glorificare l ’Eroe, il quale
aveva lottato tutta la vita, prima per la liberazione della patria
e poi, ottenutane la libertà, per la conservazione di essa. Questo
argomento era in stretto rapporto con la v ita stessa di Marino,
poiché, al suo dire, i giorni di indipendenza e di gloria dell’A l­
bania tramontarono con la morte del loro creatore 2. Pervenne
il paese (e insieme anche Scutari) sotto il domino di quelli che
erano per il Nostro, mosso dal tradizionale odium theologicum,
i fedeli dello « Pseudo-propheta » 3 e dei quali, dice egli
« mi stupisce, come mai possiamo ancora sopportare » il
giogo 4. Scanderbeg è per il nostro umanista una specie di Dio di
quella libertà che era esistita parecchi decenni addietro. Le sue
gesta lo appassionavano e lo esortavano a tentare di fargli un

1 B a r le z i o , Hist., prefazione, 1 v. : « Conspescui multos iam annos


istam scribendi libidinem . . . expectans spe desiderioque pari, si tam
ampia materia scribendi scriptorem aliquem excitaret, qui eo me exol-
vens onere, simul et ipsi mihi et excellentissimi viri gloriae consuleret.. .
Sed nemo tam piuin laborem huc usque m aluit. . . Nemo (quod sciam)
adhuc rem attigerit ». Perciò fa anche dei rim proveri agli scrittori del­
l’epoca, accusandoli per la loro indifferenza.
2 B a r le z io , Hist., prefazione 1, v.
1 B a r le z io , Hist., X I , 140 v. : spurcissimus pseudo-propheta ille
Meumethes.
4 Ibid., prefazione, 1 v.
243 1,0 S C R IT T O R E B A R I.E Z IO

monumento letterario, una epopea in prosa, ove il Castriota


doveva apparire ornato delle virtù di quegli eroi che l ’autore aveva
conosciuto e amm irato nelle opere classiche. Insomma, il Barle-
zio non avrebbe potuto trovare un soggetto più adatto per lui,
pieno di nostalgia di quel glorioso passato che sentiva ancora
cosi vicino, non avrebbe potuto scegliere un argomento più
idoneo per manifestare il suo entusiasmo di fronte alla grandezza
umana, per esercitare il suo slancio rettorico nel trattare di esso,
e infine non avrebbe potuto avere migliore occasione di palesare
— come prete — la sua ammirazione per l’uomo che difendeva
con brillanti vittorie non soltanto il suo paesino, ma proteggeva —
contemporaneamente — pure la Cristianità. D i più : con questa
opera, che serviva anche all’ambizione e al desiderio di celebrità
dell’Umanista, egli aveva la speranza di svegliare i popoli cri­
stiani dalla dannosa sonnolenza, in cui si trovavano e di spro­
narli ad allontanare la continua minaccia della Mezzaluna.
Ma diamo la parola al Barlezio stesso. Ecco quel che ci dice a
proposito del miserabile trattam ento riservato ai Cristiani sog­
getti ai Turchi:
« O Dio, mi piace in questo luogo gridare et alquanto par­
tirm i da l’istituto ordine. Veggono queste cose e tanto longo
tempo l ’odono i Principi Christiani, nè niuno è mosso da così
grave servitù di fratelli, da li legami così crudeli, da le voci così
mestissime, con le quah hanno fin ’hora riempiuti i monti, i m ari
e per tante età tu tti i campi. Scorre per tutto il nostro sangue.
Andiam o mancando pian piano, nè se l ’accorgiamo. Siamo ca­
duti in quei tem pi, che già volendo così Dio, overo più tosto per
le nostre opere, che appo i Turchi sia più vile il sangue di Cri­
stiani, che de le bestie. E t sarà, se questa peste v a avanti, che
i nemici non estimeranno appena un danaro trenta de’ corpi nostri,
come è scritto de’ Giudei in la cattività di Gierusalemme. N è già
potemo temere peggio, perchè siamo divenuti a la som m ità della
malitia. Nè potemo haver peggio di quello, che noi havemo, nè la
crudeltà di nimici puole esser più ingeniosa al male, di quello che è»1.
1 B a r l e z i o , l b i d .t V I, 74 v . — 75 ; c f. la t r a d u z io n e d e l R o c c a , e d .
d e l 1568, f. 186— 186 v .
I IO F R A N C E S C O P A L I, 244

Dopo aver raccontato la morte di Murad II, Marino viene a


fare la triste constatazione:
« Seggiamo adunque con le mani gionte, combattendo tra
noi con gli odij correspondenti. E t crediamo con quella vana
credulità, che tanta fortuna di nimici sia morta c o l capo d ’un
huomo. Essendo noi pur allhora et forsi presto, per far fine a
le lamentationi. Il che ho paura di indovinare et per far fine a
i mali, quando faremo fine a le nostre reliquie » 1.
Altrove, accennando alla perseveranza che mostrano i Turchi
nel difendere il loro impero, il Barlezio aggiunge:
« Noi non crediamo che niuna cosa sia da temere, per fin che
il fuogo non ci è venuto a la camera et fin’ al capezale. Per ciò
fatto è che mentre parecchiamo l ’acqua per dimane, hoggi per
il presente incendio ci abbrusciamo» 2.
Per mezzo di simili frasi che hanno l ’aria di una stoica ras­
segnazione, il Sacerdote, al pari di tanti altri suoi contemporanei,
voleva fare attenti i Cristiani al grave pericolo che li m inacciava.
Qualche parola ancora del Compendio: l ’idea di scriverlo
sorse nel Barlezio certamente dietro suggerimento di Pietro
Angelo, il quale voleva, benché a torto, che si dimostrasse la
sua discendenza da stirpe imperiale 3.

2. La concezione del mondo del Barlezio


Le sue idee politiche

L a concezione che il nostro umanista ebbe del mondo non


differisce da quello dominante presso i contemporanei : essa
consiste nella fede nella Provvidenza, nell’intervento di Dio nelle
cose terrestri. Per Marino Egli è il creatore e il dirigente di tutto 4.

1 B a r l e z i o , ibid., 8 4 ; trad. del R o c c a , 2 1 0 v.


2 B a r l e z i o , ibid.. V i l i , 98 v. ; trad. del R o c c a , 2 4 8 . A ll’epoca in cui
scriveva Marino, all’inizio del X V I sec., l'Ita lia era teatro d ’incessanti
guerre.
a V . so p ra, pp . 1 9 5 -1 9 7 .

4 B a r l e z i o , ibid., X , 1 2 4 : Deus Optimus Maximusque rerum om ­


nium creator et moderator. Cf. X III , 1 5 7 ; divina sic iubente Providentia,
qua cuncta constare regique non immerito fatemur.
=45 I,A C O N C E Z I O N E D E E M ONDO D E I, B A R L E Z IO III

Tale determinismo teologico risulta da parecchi luoghi dei suoi


scritti. Così, per esempio, ci dice che essendo stato dagli Scuta-
rini scacciato il fondatore della città, questi la maledisse, pre­
gando Iddio di perseguitarla con ogni male possibile. Infatti,
asserisce il Nostro, Scutari conobbe tu tte le sciagure1. Iddio
interviene sempre in favore della giusta causa. Grazie alla divina
protezione il giovane Scanderbeg restava incolume dalle insidie
di Murad II 2 e, del pari, con l’aiuto celeste riuscì a riconquistare
i suoi possedimenti 3. Nel fatto che Murad in seguito alle scon­
fitte patite dalle sue truppe avesse proibito a M ustafa pascià
di attaccare l ’Albania, durante la guerra dell’Eroe con Venezia,
il nostro prete osserva pure l ’intervento della Provvidenza, che
avrebbe suggerito questo pensiero al S u lta n o 4. F u anche essa
che impedì l ’esecuzione del progetto dei beg Balaban e Iakub,
i quali entrati che erano in Albania da diverse parti, avevano
in animo di unire così le loro schiere per sopraffare il difensore
della Cristianità 5. Poi Iddio ha sventato il compimento dell’as­
sassinio di Scanderbeg, ideato da Mohamed I I 6. Quanto agli
Scutarini, essi non avrebbero potuto resistere alla furia degli
attacchi turchi senza la protezione, m anifestatasi anche per
miracoli dell’Onnipotente, della Madonna e di S. Nicola 7. Nella
guerra Iddio favorisce sempre la causa giusta, concedendo la
vittoria ai fautori di essa 8. Pure all’intervento divino è dovuto
il crollo degli imperi : assiro, persiano, romano e di quello mongolo
di T im u rlen k9. Ma, siccome non è da negare neanche l ’im­
portanza del fattore umano negli eventi, il Barlezio crede altrove
che, quanto all’impero romano, la sua fine si spieghi con le guerre

1 B a r l e z io , De Scodr. obs., X, 2 3 5 .
2 Id e m , Historia, I , 6 v .
3 Ibid., 11.
4 Ibid., I l i , 3 4 .
5 Ibid., X I , 1 4 7 v .
« B a r l e z i o , H ist., X I I , 151 v.
7 I d e m , De Scodr. obs., I I , 262 v . ; cf. 252 v.
8 I d e m , H ist., I , 1 8 , I I , 2 2 , X I , 14 0 .
s Ibid., 140.
112 F R A N C E S C O PAI.I, 246

civili, che seguirono alle conquiste esterne. Donde è sua opinione


che l’esistenza ne sarebbe stata assicurata, qualora non fosse
accaduta la distruzione dello stato cartaginese, nel qual caso i
Romani avrebbero avuto sempre un nemico da temere e ciò
li avrebbe costretti a rivolgere tu tte le loro energie verso il pe­
ricolo che minacciava dal di fuori x. In conseguenza, Marino fa
ingenuamente dire al suo Eroe, in una preghiera molto erudita,
che il pericolo turco assicurerebbe la pace interna della Cristia­
nità, tenendo lontano da essa le guerre intestine 2. E gli dimentica
che più s u 3 si lagnava appunto delle discordie esistenti tra i
popoli cristiani.
Non dobbiamo stupirci che il prete um anista si valga cosi
spesso della forma D ii invece di Deus. Simili elementi pagani,
sui quali ritorneremo, si trovano accanto a quelli cristiani in
seguito a una usanza comune tra i contemporanei. Essi però
non sono se non una imitazione delle forme dell’antichità, un
ornamento stilistico, adoperato per darci il più possibile l ’illusione
di essere dinanzi alle opere classiche. Non si possono dunque
considerare quali manifestazioni del pensiero, della convinzione
dell’autore.
Oltre alla Provvidenza, la quale, probabilmente determ ina
anche in precedenza gli e v e n ti4, la Fortuna pure adempie un
ufficio. Infatti essa è invidiosa, piena di capricci, come anche
maligna e spietata. Non lascia ai mortali un lungo godimento
di quiete o di diletto 5. Li innalza per farli poi tanto più dall’alto
e dolorosamente cadere 6. Queste opinioni, del resto, erano assai
diffuse e trovarono nel Quattrocento il loro teorico in Poggio,
soprattutto nel suo libro « Historiae de varietate Eortunae »7.

1 Ibid., 143 v .
a Ibid.
3 V . il presen te la vo ro , p. 243.
4 B a r lE Z I o , De Scodr. obs., I, 234 v .: coelestiu m perm issu, a lite r de
rebus hum an is e t de h o c im perio p ra e sc rib e n tiu m . . . .
5 B a r l e z i o , Hist., X I, 143; cf. II, 27 v ., IX , 1 1 7 .
6 Ibid., 146.
7 E d . a Parigi, 1723.
247 I,A C O N C E Z IO N E D E I, MONDO D E L B A R L E Z IO 113

Idee somiglianti m anifestava più tardi Tristano C aracciolo1,


mentre Gioviano Pontano mise in una nuova luce, più ottim ista
e più cristiana, tu tto questo problem a2. Senonchè, la parte della
Fortuna, im portante pure nella carriera di Scanderbeg, è limi­
tata, secondo il Barlezio, dalla Ragione (ratio) e dalla Virtù,
quando si tra tta della g u e rra 3.
Il Nostro crede anche nell’influsso degli astri sull’andamento
delle cose umane. A ll’epoca del Barlezio la credenza nell’inter­
vento dei corpi celesti negli eventi terreni, com battuta da Pico
della Mirandola e da Gerolamo Savonarola, ebbe un fervente
sostenitore soprattutto in Guido Bonati, autore d ’un trattato
sull’astrologia d iv in a to ria 4. D ato che i fenomeni astrologici si
possono difficilmente osservare, sebbene essi ci rivelino tan te
volte sia le cose fauste che quelle disgraziate, pensiamo,
dice lo Scutarino, che tu tto ciò si deve al Caso. Perciò,
prosegue lo stesso, non sappiamo sfruttare questi fenomeni
a nostro vantaggio, allorché ci sono propizi, nè possiamo
evitarli quando ci sono avversi. Questo ingerirsi dei corpi celesti,
che apprendiamo dai praesagia (il volo degli uccelli, la pioggia
di sangue, ecc.), si fa in favore della giusta ca u sa 5. I sogni pure
hanno il loro significato. Per esempio, nel sogno allegorico della
madre di Scanderbeg si intravede tu tta la carriera di questo
u ltim o 6, mentre all’epoca dell’assedio di Scutari nel 1478, la
Madonna appare — sempre in sogno — - a parecchi cittadini, sti­
molandoli alla lotta e promettendo loro la vittoria 7.

1 De var. foriunae, in M u r a t o r i , X X I I , col. 68— 96.


2 D o r e n , F o r tu n a , 1 2 1 — 128.
3 B a r l e z i o , Hist., I, 13, I V , 48, V , 67 v ., I X , n i v.
4 D is e r t o r i, Elogio, 2— 15 .
5 Ibid., I X , 1 1 4 v . V a le n d o si d e lla tra d izio n e M arino re gistra, non
sen za alcu n e riserve, ta li p resagi, che a n n u n zia v a n o la sc o n fitta del tr a ­
d itore H a m sa (ibid.).
0 Ibid., I, 2 v ., X I , 146 v . P e r i sogn i sim b o lici n ella le tte r a tu r a
a n tica c lassica e s o p ra ttu to in qu ella a gio g ra fica, v . il LANZON 1 , I l sogno
presago, passim .
7 B a r l e z i o , De Scodr. obs., I I , 254 v.
114 F R A N C E SC O P A L L 248

Il Sacerdote è d ’accordo con gli stoici, quando essi dicono


■che tutto è passeggero e fragile in questo mondo 1. Il racconto
della morte di Murad II gli dà occasione di filosofare sulla vanità
della potenza e degli onori terreni. Senonchè, qualche frase non
ci può indurre a considerare il Barlezio come stoico (sebbene
egli stesso si dica tale), cioè un uomo, a m o’ dei seguaci di Zenone,
convinto dell’inutilità delle cose umane, riguardo alle quali
prenda un atteggiamento di rassegnazione. Infatti, non è da
dimenticare la speciale simpatia, anzi la passione del Nostro
per le declamazioni stupefacenti, per una fraseologia esuberante,
■cose che non sono affatto indizi di sobrietà e di im passibilità stoica
di fronte alle vanità di questo mondo. Per quel che concerne le
idee politiche del Barlezio, un discorso da lui attribuito al re
Ferrante e indirizzato a Scanderbeg, m ostra che il Nostro è
partigiano del regime monarchico. A un governo repubblicano,
il quale per le opinioni diverse che si manifestano nei fatti impor­
tanti, può minacciare — soprattutto quando si tratta di una guerra
e, quindi, è d ’uopo una pronta azione — l’esistenza dello Stato,
•è da preferire il savio regno di un principe Il Sacerdote condi­
vide il disprezzo degli altri umanisti per il popolo, per la plebe.
La folla è in stab ile3, desiderosa di cam biam enti4, anzi non ha
vergogna 5 ed è bugiarda 6. In un luogo accenna a « vulgi latratus
e t obloquotio » 7. L a gente quando giudica, non tiene conto del
senno con cui si è agito, ma guarda soltanto al risultato dell’a­
zione 8. Della libertà, come un uomo che ha difeso la patria e
che fa il panegirico proprio dell’Eroe di questa libertà, ha un

1 Ibid., ed. di V en ezia, prefazione. R iflession i d i qu esto genere si


tro v an o ordin ariam en te presso gli um an isti.
2 B a r l e z i o , Hist., X , 132.
3 Ibid., I I , 16.
* Ibid., V , 59: avid u s est vu lgu s rerum n ovaru m .
s Ibid., I, 13 v.
« Ibid., V i l i , 102.
7 Ibid., V , 65.
• Ibid.
249 L A C O N C E ZIO N E D E L MONDO D E L B A R L E Z IO II5

bel concetto. Essa è dolce 1, secondo il dire di Cicerone 2. L,a natura


umana « ad libertatem rapitur magis quam ducitur ». Se ci offre
l ’occasione di riguadagnarla, siamo pronti ad ogni rischio. Ma
quando il tentativo di scuotere il giogo della servitù fallisce, una
occasione nuova, propizia, non to m a più. Seguirà invece una
oppressione ancor più crudele 3. Altrove ci fa sapere che i Turchi
non usano troppo di comprare schiavi tra i prigionieri albanesi,
per aver constatato che essi e gli Ungheresi, a causa del loro
orgoglio, non sono idonei e del resto, mai diventano dei buoni
Musulmani 4. Poi, Marino non tralascia di ricordare i meriti e
i sacrifizi « dei popoli d ’Ungheria » 6 nella difesa della Cristianità.
A i mercenari tedeschi di Scanderbeg riconosce coraggio e resi­
stenza invincibili 6. H a compassione per i Turchi, i quali, al suo
dire, gemono sotto il despotico regno del Sultano, essendo co­
stretti a seguire ogni suo capriccio, anche a prezzo della loro
vita, allorché non possono a ltrim en ti7. Il Sacerdote è convinto
che la Cristianità è assicurata per sempre, l’impero turco invece
non durerà troppo, perchè ha alla sua base la violenza e le scel-
leraggini 8. Il potere dei Turchi, asserisce il Nostro in relazione
con la giovinezza dell’Eroe, si è accresciuto soprattutto grazie
a ll’energia straniera che si tro vava al suo serv izio 9. In altro
luogo, parlando del trattata che veniva invocato da Scanderbeg
per impadronirsi della città di Dagno, l ’U m anista ci dà prova
di una fine ironia con l’osservazione che lascia agli specialisti
il lato giuridico della questione, avendo presente però che la
guerra rimane sempre, come è stata anche in quest’occasione,

1 Ib id ., I , 9: L ib e rta s in om n iu m e ra t ore. L ib e rta tis d u lce nom en


u n d iq u e reso n ab at. C f. la p refazio n e, ibid., 1 v . ; I , 6 v .
2 O n om en dulce lib e r ta tis ! (Verr., V , 163).
3 B a r l e z i o , ibid., I, 10.
4 Ib id ., V i l i , 10 4 v .
3 Ib id ., I I , 25 v ., 26 v . ; cf. V I , 81 : su p erbissim i H u n g a ria e p op u li.
6 Ib id ., V , 67 v . ; cf. V I , 75.
7 I b id ., V I , 76.
8 Ib id ., X I , 143, v
9 Ib id ., I , 6.


I l6 FRAN CESCO PA LL 250

il mezzo estremo per risolvere « e forse non ingiustamente » \


un problema per complicato che esso sia.
Non è nostra intenzione di annoverare tutte le riflessioni
d ’indole filosofica e morale che adornano specialmente le fre­
quenti parentesi che va facendo l ’U m anista nei suoi periodi,
poiché esse non sono originali, trattandosi di massime e sentenze
ispirate agli autori anticlii oppure agli scrittori più notevoli
dell’epoca. Dobbiamo però notare che non è facile conoscere le
convinzioni personali dello Scutarino alla luce dei suoi lavori,
pieni di rettorica, dove le idee, le caratterizzazioni e i giudizi
tante volte non manifestano il proprio e vero pensiero del Nostro,
ma costituiscono solo prestiti o imitazioni, adoperati per ragione
di stile. Tutto questo ci fa piuttosto pensare a un attore, il quale
recita le cose prescritte dalla sua parte.

3. Sua concezione storica. I l senso critico.

Come la maniera di concepire il mondo del Barlezio non


differisce nei tratti generali da quella della sua età, così pure
le sue opinioni sulla storia vanno d’accordo con quei tempi.
Infatti sotto l ’influsso dell’antichità si giunse allora a una con­
cezione artistica ed estetica della storia. L ’intento di questa
non è il racconto obbiettivo e sobrio dei fatti, ma dilettare e
qualche volta anzi commuovere il lettore, mediante una narra­
zione interessante e rivestita di uno stile accurato, che rispecchi
quello classico. L ivio e Cicerone erano soprattutto i modelli:
il primo per l’attraente esposizione, l ’altro per l ’ampiezza dello
stile e l’impeccabilità del periodare. Dunque la principale cura
era per la forma e soltanto in secondo ordine per il contenuto
Interessava più la maniera di trattare un argomento che l’argo­
mento stesso. Non c ’è da meravigliarsi quindi che la storia fosse
considerata un « o p u s ... oratorium m ax im e» 3, un « oratoris
munus », così come l’aveva chiamata Cicerone 4. Si credeva che
1 B a r l e z i o , ibid., I l i , 34.
2 S a b b a d i n i , II metodo, 82.
De legibus,
3 Ci c e r o n e , I, 2.
4 Id em , De orai., I , 62.
251 SU A C O N C E Z IO N E ST O R IC A 117

soltanto l ’eloquenza 1 e il bello stile 2 potessero assicurare il suc­


cesso e la durata di un’ opera e potessero eternare l’eroe o l ’avven i­
mento trattato. Presso il Barlezio pure si osserva questa grande
preoccupazione per lo stile. Nelle prefazioni ai suoi scritti egli
chiede — prò forma — scusa ai suoi lettori per il suo debole
stile 3. 1/ opera storica, asserisce egli, deve mirare a una soddisfa­
zione spirituale dell’autore, come anche al diletto dei le tto ri4.
Stim a che nel comporre la storia la cosa più difficile sia il modo
vario con cui bisogna scrivere, giacché i fa tti e lo svolgimento
delle cose umane così differenti tra loro richiedono ognuno uno
speciale trattam ento per quel che riguarda lo s t ile 5. D ’altro
canto, è significativo per questa concezione rettorica della storia
il fatto che Marino chiami il suo lavoro sul Castriota « oratio » 6,
come per esempio, un Curzio 7 nell’antichità ovvero un Bonfini 8
nella sua epoca, e desideri che essa produca l’impressione p iut­
tosto di un racconto prolisso che ingrato 9. (Si capisce ingrato
per laconismo). Ciò dice al principio della S toria d i Scanderbeg.
Nondimeno sente il bisogno di aggiungere in quest’occasione che
più a ltrj il suo discorso sarà più breve, il che tu tta v ia non
attu a.

1 F a c i o , I, 4 : g li e v e n ti « p o tiu s v erb is e x to lle re d e b e a n t e t a u t


a lio ru m in ge n iis illu s tr a ta p erlegere a tq u e in honore h ab ere, aut
e lo q u e n tia m h o m in u m , u t res su i se cu li ab in te ritu v in d ica re v e lle n t,
e x c ita re ».
2 B r u n i, Rerum, 423 : L itte r a e q u id em nisi su n t illu stre s a tq u e di-
se rtae , c la r ita te m re b u s affere n o n p o ssu n t n eq u e m em oriam e aru m in
lo n g u m e xten d ere.
3 B a r l e z i o , De obs. Scodr., ed. di V e n ezia, prefazio n e. Cf. p u re H ist.,
I , v . Q ui a fferm a che l ’argo m en to a v re b b e m e rita to « felicio r stilu s » e
* v o c a lio r. . . p ra eco ».
4 Id e m , De obs. Scodr., ed. d i V e n e z ia , p re fa zio n e : it a u t in q u ies
sc rib e n tis anim us p a sc a tu r e t n on m in u s le ge n tiu m anim i d e le cten tu r.
5 Ibid.
6 B a r l e z i o , Hist., I, 5, I I , 16 v ., V i l i , 86 v .
7 Hist. A lex., X , 6.
8 d. I V , 1, V . 627.
9 B a r l e z i o , H ist., 1, 5 : M alu i. . . si ita n e c e s s e sit, u t re d u n d a n s
p o tiu s q u a m in g ra ta n o stra n o te tu r oratio.
i i 8 F R A N C E S C O P A I,!, 2 52

Il Sacerdote si rese conto che le gesta dell’Eroe, così come le


racconta egli, avrebbero svegliato nell’animo dei lettori certi
dubbi o anzi sospetti riguardo alla loro autenticità. Perciò si
affretta, proprio dalla prima frase della prefazione, a prevenire
contro gli scettici. Infatti, ivi afferma che aveva alquanto esi­
tato a iniziare questo lavoro, perchè aveva saputo che alcuni
lettori, che giudicano il glorioso passato (l’epoca di Scanderbeg)
attraverso il prisma dell’umile presente (l’Albania sotto il giogo
turco), invece di avvicinarsi, con ammirazione a quel passato,
così come aveva fatto il Nostro, avrebbero accolto forse l ’opera
con diffidenza. Egli ci spiega che la causa delle eventuali riserve
sarebbe dovuta alla subitanea caduta in misera situazione dell’A l­
bania dei suoi tempi, dopo epoche di grandezza e di libertà. L a
caduta ebbe luogo subito dopo la morte di Scanderbeg. Donde
poteva darsi che fosse difficile per quelli che vedevano soltanto
il lugubre stato delle cose del loro tempo, ammettere l’autenti­
cità delle imprese gloriose del C astrio ta1. L a verità è una cosa
« quod maxime historia quaerit »2. E gli dunque consapevole
della « historiae gravitas » 3, garantisce di rispettare sempre la
verità per non poter esser attaccato da nessuno 4. Per allontanare
da sè l ’eventuale « sospetto » 5, egli stesso fa alcune riserve nel
corso del racconto. Per esempio, accennando alle splendide v it­
torie dell’Eroe, riportate con truppe incomparabilmente infe­
riori per numero a quelle del nemico, ci dice che esse sono tal­
mente straordinarie, che ne trasmette alla posterità molte « con
una certa esitazione », forse per non essersi convinto di persona
della loro a u ten ticità 8. Altra volta stima che ciò che egli

1 Ibid., prefazione, 1.
a Ibid.
* Ibid., I I , 16.
4 B a r ì e z i o , ibid., prefazione, 2 : Is tu d vero, q u od ad me a ttin e t,
bona certe fid e p ra e sta b o , con tendam , u t nem o v e l in fid elem v e l segnern
operam m eam in h o c iu re p ossit arguere.
6 Ibid., I I p refazio n e, 84 v.
* Ibid., I I , 20 v .: ip se pleru nq ue non sine h a e sita tio n e y q u a d a m
m u lta ad posteros tran sm itto , p riu s fere q u am illa ad anim um a d m i-
serim meum .
253 SU A C O N C E Z IO N E ST O R IC A 119

registra apparirà probabilmente ai posteri piuttosto m eraviglioso


che vero 1.
Quanto alle fonti, abbiamo già detto 2 che il Barlezio fa dif­
ferenza tra le informazioni comunicategli dai testimoni oculari
degni di fede e la tradizione popolare. E gli discute i dati, allorché
essi sono diversi o contraddittori, allo scopo di scegliere il più
verosimile o confutarli uno a uno, poiché la storia, come egli
pensa, bisogna che indovini la verità mediante discussioni di tale
sorta, quando essa è mista di cose false 3. Anzi em ette opinioni
e giudizi personali sui fatti. Spesso troviam o che dice a proposito
di certe questioni: ut arbitror *, crediderim6, ut mea fert opimo 6.
Per esempio, rifiuta di ammettere l’affermazione di alcuni, se­
condo i quali Scanderbeg avrebbe perduto nel tentativo di ri­
prendere Sfetigrad non più di 60 uomini e aggiunge : « il che è
molto fuora di ragione, se non volessemo dir che i corpi di ni-
mici fosse più penetrabili, che i nostri, come a le volte im pau­
riscono i Poeti, confessando tu tti che ne la prima oppugnatione
morirno m olti m igliaia di Turchi » 7. In un luogo crede che l ’Al-
banese si fosse tenuto a bella posta un numero minore di sol­
dati — accertato dalla sua fonte — per disporre, in caso di scon­
fitta, di forze nuove 8. E ’ suo pensiero, nonostante la fonte orale*
che Mohamed non abbia spedito al pascià di Ocrida una copia
della lettera da lui m andata a Mosè Golemi, lettera in cui l’aveva
stim olato a tradire Scanderbeg9. Questi esempi provano che

1 Ibid., I, 11 v .
2 V . so p ra , p p. 179— 181.
3 B a r l e z i o , V I I , 85 v .: ea est h isto ria e n orm a et le x, u t v e r s a n d a
d iscu tie n d a q u e m u lta falsa, m ix ta v eris sint.
4 Ibid., I V , 55, V I I , 93.
6 Ibid., V i l i , 101 v .
6 Ibid., I I , 20; cf. V I , 7 1.
7 B a r l e z i o , ibid., V I , 69 v . ; tra d . del R o c c a , ed. d i., 173 v .
8 B a r l e z i o , ibid., I I , 20; cf. pu re I V , 71.
9 Ibid., V I I , 93. A ltr i esem pi d i q u esto ge n ere: il fa t t o che il C a -
s trio ta n on fosse in fo rm a to d e ll’ a v v icin a rsi d e ll’esercito tu rc o , a p ro ­
p o sito d e lla sc o n fitta d i B e ra t, p er il N o stro n on è un in d izio sicu ro d i
I 20 FRAN CESCO P A IA 254

non mancano al Barlezio il discernimento e il senso critico. Egli


crede di doverci dare qualche volta spiegazioni intorno ai fatti
che viene raccontando. Così ci mostra come la rapidità con cui
l ’Eroe raccoglieva il suo esercito in caso di guerra, sia da attri­
buirsi all’impegno preso dai Capi suoi dipendenti di prestargli
aiuto in cambio dei loro feudi. D ’altro lato, i contadini lo seguivano
volentieri, senza chiedere verun soldo, mossi soltanto dall’amore
che gli portavano, mentre i soldati di professione lo servivano
per il desiderio del bottino. In tal guisa si spiega, dice Marino,
come Castriota, pur non avendo troppi mezzi, potesse fare una
guerra quasi continua. Inoltre, non è da dimenticare, nè l ’unione
che s’imponeva in vista del comune pericolo, nè le qualità del
tutto eccezionali del comandante, nè, infine, sono da trascurare
i mercenari pagati dalla S. Sede, dal re di Napoli o da altri prin­
cipi cristiani. T u tte queste circostanze hanno una ben deter­
minata parte, quando si tratta della carriera di Scanderbeg1.
Però, oltre a queste giuste opinioni, ne troviam o pure altre,
sbagliate. In fatti il Barlezio fa rivolgere da Scanderbeg dinanzi
all’adunata di Alessio alcuni rimproveri alla memoria del padre,
perché questi l ’aveva dato ostaggio ai Turchi. E l’aveva conse­
gnato assai facilmente, senza troppe esitazioni. Giovanni Castriota,
.secondo il concetto dello Scutarino, avrebbe commesso un « er­
rore » per quest’atto, un errore, del resto, comune ai principi
cristiani, poiché la loro condizione era sempre la stessa 2. Altrove
il Nostro è così ingenuo che osa dire che la ragione, la quale
avrebbe indotto Moliamed II a tentare l’assassinio dell’Eroe,
fosse stata la paura di non esser detronizzato a causa della fama
di costui 3.
E ’ forse superfluo ricordare che anche il Barlezio ripete la
tradizionale concezione dell’utilità della storia sia per il governo

trad im en to (ibid ., V i l i , 100) ; in clin a a credere che nel caso che il pascià
S a b e l (Sebalia) avesse a p p ro fitta to d ella su a v itto ria , a vre b b e d a to il
co lp o di grazia a lla gu erra d i lib e rtà d e ll'A lb a n e se (ibid., 101 v.).
1 Ibid., V I I , 90 ; altro esem pio nel 1. I X , 113 .
* Ibid., I, 17 v .
3 Ibid., X I I , 15 1.
255 I I , BARTJEZIO E L 'A N T IC H IT À 121

dello Stato 1 che per la condotta individuale. Basti un solo esem­


pio. D ato che intorno alla causa del tradimento di Hamsa cir­
colavano varie versioni false, l ’U m anista crede di non dover
occuparsene da vicino, non stimandole utili alla storia e grade­
voli ai lettori. Donde « le faccio scomparire, asserisce egli, con
un cancellamento di pennello, alla guisa del pittore » 2.
D a ciò che si è detto risulta che Marino sa che è dovere dello
storico essere obbiettivo, di distinguere la verità dalla menzogna,
per dare una lettura istruttiva e piacevole. Senonchè egli non
è conseguente al principio di obbiettività da lui stesso mani­
festato. Così, per esempio, m ostra troppi riguardi verso la R e­
pubblica di S. Marco. Lo Scutarino non è obbiettivo neppure
quando viene a copiare letteralm ente capitoli interi da L ivio e
alcuni passi da Sallustio o Valerio Massimo, ascrivendo ai suoi
personaggi scene e discorsi che presso quegli autori si trovano.
Non ci sfugge il fatto che gli um anisti non avevano, come il nostro
tempo, precise nozioni intorno alla proprietà letteraria o scientifica.
Perciò anche Enea Silvio trascrive, nei suoi sopraccennati lavori,
lunghi passi dal ricordato opuscoletto del Sagundino, facendo
però menzione in un luogo, pure del nome di l u i 3. Senonchè il
Piccolomini mai attribuisce azioni o discorsi, trovati presso l ’au­
tore da cui aveva attinto, a personaggi diversi, così come fa in­
vece il Barlezio nei suoi plagi 4.

4. I l Barlezio e l'Antichità.

L ’A ntichità offre senza dubbio prove del più brillante eroismo.


Tanto risulta dalle righe di Marino. Donde il suo rimpianto per
quei tempi, in cui non esisteva l ’artiglieria della sua età. In fatti,
allora la sorte delle battaglie era decisa dal valore dei soldati,
mentre al presente, si duole l ’Umanista, non si può palesare il
vero coraggio. L a causa è l ’invenzione del cannone. Se questo
non fosse stato inventato, essisterebbero, opina il Nostro,

1 Ibid., p refazio n e, 1 v .
2 Ibid., I X , 109 v .
3 V . sopra, p. 1 72 .
4 V . p iù in n an zi.
122 F R A N C E SC O P A L I, 2.0

«probabilmente degli Ettori, degli Epaminonda o degli Scipioni più


numerosi » e, inoltre, le città resisterebbero all’assedio con mag­
giore tenacia 1. Ora, la lotta si fa da lontano. Vinciamo sedendo,
constata e g li2. Non c’è bisogno più della spada, dello scudo.
L ’accennata invenzione, d’altro canto, dev’essere vanto dei suoi
tempi, perchè il cannone era una cosa che m ancava, come ben
altre, all’A ntichità così adorata 3. L a « Natura » non si è mostrata
del tutto parca neanche nei tempi moderni, « affinchè possiamo
meravigliarci pure noi », asserisce il Sacerdote, e ricorda come
esempio Giovanni Hunyadi 4. L a stessa è anche l ’opinione del
Poggio, allorché afferma che la sua epoca ha dato grandi soldati
e illustri scrittori. Però questi uomini di genio a causa della man­
canza degli autori che avrebbero dovuto eternarli nelle loro opere,
non si sono potuti imporre allo stesso modo degli antichi, i quali
ebbero la fortuna di esser im mortalati nelle opere classiche 5.
Il Barlezio viveva in ima età, quando si cercavano ad ogni
passo dei parallelismi tra le cose contemporanee e quelle antiche,
anzi mitologiche. Se i Franchi erano considerati sin dal V II
sec. come discendenti di un figlio di Ettore 6, se i Reali inglesi
erano stimati quali successori di un Bruto 7 ; se dei Turchi si
diceva che erano di stirpe tro ia n a 8, non è da stupirsi se
pure l’origine degli Albanesi era messa in relazione con gli
« Albani » delle regioni caucasiche, condotti lì da Ercole, la
loro terra d ’origine essendo il Monte Albano d ’Italia. La
teoria della discendenza italica degli Albani parte da Trogo

1 B a r l e z i o , H i s t . , V I I , 86.
a Ibid.
3 Idem , De Scodr. obs., I I , 247 v . H oc to rm en to in v e n to secula no-
stra glo ria li possunt. N am q n am vis a n tiq u a secula a p lu rim is in ve n tis
se iacte n t, in m u ltis tam en , qu em adm odum et in hoc, n ostris ced un t.
4 Idem , Hist., I I , 20 v.
5 P o g g io , Hist. Fior., prefazione di Jacopo, figlio d e ll’ U m anista
(P-1 X U I ) .
* Darm e s t e t e r -H a t z f e l d , Le Seizième Siècle en France, 7 1 -7 3 .
7 S il v io , Opera, 509.
8 II P ic c o l o m i n i già con sid erava e rra ta q u est’opinione (Europa,
c a p . 4, Opera, 394).
2 57 IL b a r l e z io e l ’a n t i c h i t à 123

Pompeo 1. Enea Silvio 2 collega questi agli Albanesi del Barlezio.


Lo Scutarino ammise, come pure altri, la teoria del Piccolom ini3.
Dopo le premesse non è difficile capire le ragioni per le quali
egli attribuisce all’Eroe tali parole : « Pyrrhus ille meus »4.
Se l ’E pirota caduto sotto le mura d ’Argo, aveva com battuto
prima in Italia, Scanderbeg, allorché faceva lo stesso, ben cono­
sceva questo precedente. Di più: se Pirro aveva liberato i pri­
gionieri romani, rifiutando ogni riscatto, il Castriota si sentì
in certo modo obbligato a seguire lo stesso procedimento con i
cattivi che prese dal Piccinino 5. L a severità dei costumi dell’A l­
banese si sarebbe rassomigliata a quella di Scipione l’Africano 6.
Nei discorsi che il Barlezio m ette in bocca all’Eroe non sono
rari gli esempi tra tti dall’antichità. Allorché pensava a Croia
salva dall’assedio di Murad II, agli occhi del Nostro sembrava
che fossero risorti i gloriosi tempi di Alessandro Magno e di Pirro 7.
Se nell’A ntichità erano riportate brillanti vittorie con perdite
insignificanti, egli non esita ad affermare, seguendo la tradizione,
che anche gli Albanesi potevano ammazzare 20.000— 30.000 ne­
mici con solo 60 «o forse anche meno» caduti da parte lo r o 8...
Oltre a questa tendenza di paragonare gli uomini e le circo­
stanze dei suoi tem pi a quelli antichi, l’Umanista cercava, d ’ac­
cordo con una usanza arcaicizzante (fenomeno conosciuto anche
presso gli scrittori medioevali e particolarmente presso i cronisti
bizantini), di riferire ai popoli moderni e alle istituzioni contem­
poranee nomi antichi oppure di ascrivere alla sua epoca e al
paese di cui tratta, quantunque impropriamente, notizie da lui
apprese dalla lettura dei classici. Questa è una moda nelle opere

1 P resso il G i u s t i n o , Epitoma, X L I I , 3. 4.
2 A sia, in Opera, 2 9 7 ; Europa, cap . 1 5 , Opera, 407.
3 B a r l e z io , H ist., XI, 16 v .
4 Ibid., X , 128.
5 Ibid., h a rip o sta d i S ca n d erb e g a l P iccin in o è isp ira ta a C ic e r o n e ,
De off., I , 12 . 38.
6 B a r l e z i o , ibid., I X , 109— 109 v .
7 Id em , H ist., V I , 84.
8 Ibid., I X , 117 .
12 4 F R A N C E S C O P A L I, 258

degli umanisti, tendente a dare l ’impressione di un latino il più


possibile puro K II Nostro attribuisce anche ai Turchi l ’abitudine
di conferire il premio « muralis corona » 2. Nondimeno, è da osser­
vare che il Barlezio, in riscontro con altri umanisti, risulta meno
conseguente a questo principio arcaicizzante.
E gli cita frequentemente elementi pagani. Nei discorsi in
particolare troviam o espressioni come queste: D ii adversi, D ii
approbantes, D ii bene iuvantes, immortales, indulgentiores, pro­
p in i, volentes; poi: superi, superi fataque, si D iis placet, pro-
hibentes fata, ita agentes fata, me Hercule, aequus Mars, anceps
Mars, apertus Mars, ecc. Il Sacerdote m ette in bocca a Scan-
derbeg, dinanzi al collegio dei cardinali, a Roma, all’indirizzo
di costoro, persino l ’epiteto D ii terrarum3, mentre fa parlare
F ra’ Bartolomeo della Deitas 4 della Madonna. Marino adopera
di raro la forma D e u s5 o Deus propitius 6, Deus immortalis 7.
La stessa espressione Deus Optimus M aximus 8 fa pensare a Ju-
piter Opt. M ax. Poi l ’Umanista non tralascia di parlare dei manes 9,
penates 10 e delubra u .
Il V o ig t12 e il B u rckh ard t13 stim avano tali citazioni mitolo­
giche degù umanisti non tanto un innocente giuoco, ma crede­
vano che esse fossero tratti caratteristici dell’atteggiamento di
questi uomini di fronte alla religione cristiana. Senonchè, imo
studioso più recente, il Walser, profondo conoscitore del Ri-
nascimento, non v a d ’accordo con questa spiegazione, fervi diamo
1 B u r c k h a r d t , Die Kult. der Reti., I , 275 ; F u e t e r , Gesch. d. n.
Hist., 20-21.
2 B a r le z io , ibid., V , 54 v ., V I , 72 v .
s Idem , Hist., X I I , 153 v.
4 Idem , De Scodr. obs., I I , 257 v.
s Idem , Hist., I X , 112 , X I , 145 v ., 149 v.
" Ibid., X I , 148, X I I , 152 v .
7 Ibid., prefazione, 1 v .
* Ibid., I I , 26 v ., I l i , 33, I V , 47 v.
* Ibid., I, 9: p a tris e t fratru m manes.
»• Ibid., IV , 46.
11 Ibid., V i l i , 106 v .
18 Die Wiederb., I l , 478— 480.
13 H , 233— 234.
259 L ’IN F L U S S O D I A L C U N I C L A S S IC I 125

la sua opinione, e cioè che presso gli umanisti, in generale,


si tra tta soltanto di un « paganesimo della forma esteriore» 1.
In fatti per quel che concerne il Barlezio, l’uso degli elementi
mitologici si deve considerare solo come un’abitudine letteraria,
un ornamento stilistico, poiché il sentimento religioso cristiano
penetra i suoi scritti.

5. L ’influsso di alcuni classici ed i plagi del Barlezio

Vediamo ora l ’influsso che hanno esercitato alcuni classici


su certe parti della Storia di Scanderbeg. Sempre qui si parlerà
anche dei plagi di Marino.
Nella composizione dei discorsi e delle lettere in generale si
sente l ’influenza di Cicerone. Il principio della prima Catilinaria
(« Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? ») ha
ispirato le seguenti interrogazioni rettoriche della Storia di
Scanderbeg:
« Sed quorsum istud liberatoris nomen patientia vestra usurpo
mihi? » (Discorso del Castriota alle truppe) 2.
« Quousque tandem dominationem tam superbam laturum
me putasti? » (Lettera di Scanderbeg a Murad II) a.
« Quousque tandem scelerati hominis propositum passuri
sumus ? » (Discorso di Murad II ai suoi consiglieri) *.
« Quousque tandem id dedecoris passuros, ut in sua pro­
vincia, inter tot proprias urbes, oppida populosque, in praesidium
Tyranni nudis tantum moenibus clausum et reliqua spe omni
destitutum , in oculis diutius habeant ? » (Or. obliqua di Scanderbeg
alle sue tru p p e )5.
« Quousque tandem recentes contumelias et derisiones ho-
stium passuros? » (Or. obi. dello stesso ai militi) 6.

1 Studien, 10, 16, 22.


2 B a r l e z i o , Hist., I, 10.
3 Ibid., I l i , 31.
* Ibid., I V , 45 y .
5 Ibid., V I , 68 v .
4 Ibid., V I , 69 v .
126 F R A N C E S C O P A L I, 26 o

Quanto alla Congiura di Catilina e alla Guerra con Giugurta


di Sallustio, esse furono plagiate dal Barlezio in una certa misura.
Ecco i confronti:

Sallustio, Cat., cap. 58, 1 Barlezio, Hist., II, 21


•' Conpertum ego habeo, mili­ « Quod igitur ad vos hortan-
tes, verba virtutem non addere, dos dicendum erat, nihil est
neque ex ignavo strenuum ne- quod a me agi possit, quum
que fortem ex timido exercitum et ita animatos videam et verba
oratione imperatoris fieri » (Ar­ fortissimis viris virtutem non
ringa di Catilina ai suoi sol­ addant ». (Discorso di Scander-
dati). beg alle truppe).

Sallustio, ibid, cap. 58, 7 Barlezio, ibid., X I , 145 v.


« Quapropter vos moneo, uti « Quamobrem forti paratoque
forti atque parato animo sitis animo sitis, ut cum ad rem
et cum proelium inibitis memi- ventum erit, memineritis vo-
neritis vos divitis decus glo- biscum gloriam, decus omne,
riam, praeterea libertatem atque praeterea libertatem ferre, pa­
patriam in dextris vostris por­ triam liberos fortunasque ve-
tare. Si vincimus, omnia nobis stras. Si superiores erimus, om­
tuta erunt » (Lo stesso disc). nia tuta erunt nobis ». (Allocu­
zione del Castriota all’esercito).
Ibid., 60, 3 Ibid., 146
Interea Catilina cum expedi- « Ipse cum equitibus in prima
tis in prima acie vorsari, labo- acie versabat, laborantibus suc-
rantibus succurrere, integros currebat, integros pro sauciis
prò sauciis accersere, omnia pro- suggerebat, omnia providebat,
videre, multum ipse pugnare, multum ipse pugnabat, strenui
saepe hostem ferire : strenui mi- militis et optimi imperatoris
litis et boni imperatoris officia simul officia exsequebatur ».
simul exsequebatur ». (Catilina (Scanderbeg in una lotta con i
nella battaglia dove cadde). Turchi) 1.

1 Sem pre d a q u e sto la vo ro di S a llu stio to lse il B arlezio la segu en te


espressione d e ll’A sse d io di S c u ta r i: « n ecessitas enim v e l tim id u m fo rtem
fa c it [De Scodr. o b s ., I I , 249 v.) ; cf. n ecessitu d o, q uae e tia m tim id o s
fo rtis fa c it ( S a l l u s t i o , Cat., 58, 18).
201 l ’in f l u s s o di alcu ni C L A SS IC I 127

Idem, Jug., cap. 10 Ibid., X III, 157 v.

«.. .N ani concordia parvae « Nullum est enim tam potens


res crescunt, discordia m axumae validumque imperium, quod
dilabuntur ». (Allocuzione di non corruat quandoque atque
Micipsa sul letto di morte a dilabitur, ubi mutuis odiis a t­
Giugurta). que disidiis praebeas locum.
A t vero si concordes invicem
et coniuncti eritis, neque hostis
ullus neque adversarii im petus
obesse poterit vobis ». (Il Bar-
lezio qui circoscrive il pensiero
di Sallustio ; allocuzione di
Scanderbeg in punto di morte,
a quelli che gli erano attorno).

Ibid. Ibid., 158 v.


«.. .N on exercitus neque the- « .. .N am neque thesauri ne­
sauri praesidia regni sunt, v e ­ que exercitus sunt praesidia
runi amici, quos neque armis regni, veruni amici, quos neque
cogere neque auro parare queas : armis neque auro habere queas :
officio et fide pariuntur ». (La officio et fide parantur ». (Pa­
stessa allocuzione). role di Scanderbeg, dirette in
quella medesima occasione, a
suo figlio).

Ibid. Ibid..

«. . . Equidem ego vobis reg- . . . Equidem tibi ego regnum


num trado firmum, si boni eri- et imperium trado firmum et
tis, sin mali, imbecillum ». (La stabile, si bonus eris. Si vero
stessa alloc.). malus, debile et imbecille.
(Ibid.).

Però, se il prete di Scutari si è contentato di copiare soltanto


questi passi dalle opere di Caio Crispo, passi in cui ora fa com ­
parire l’Albanese con la bravura di Catilina, ora con la senten­
ziosa gravità di Micipsa, invece di fronte alla Storia di L ivio,
12 8 FRA N CESCO P A IX 26 2

l’ammirato modello degli storici del Rinascimento, non si è po­


tuto limitare a così poco. Infatti il vivace racconto e la rettorica
forma del Padovano gli garbavano più della laconica esposizione
e della lingua arcaicizzante dell’ex-proconsule di Numidia. Chiun­
que legge attentam ente presso il Nostro la descrizione del duello
di Paolo Manesi con il Turco Karagus 1, può osservare che essa
è influenzata dal racconto fatto da L ivio dei com battimenti di
questo genere sostenuti da T. Manlio Torquato e M. Valerio
Corvo, ciascuno contro un G a llo 2. Il discorso che Murad II
avrebbe rivolto ai suoi consiglieri prima di partire contro Scan-
derbeg, contiene persino alcune frasi che si possono ritrovare,
eccetto qualche modifica, nell’allocuzione alle legioni attribuita
nel modello 3 a P. C. Scipione prima della sconfitta del Ticino 4.
Parlando dell’assedio di Sfetigrado, stretto da Murad, il Barlezio
tolse, parimenti, proposizioni intere da Ab urbe condita, pre­
cisamente dai capitoli concernenti l ’assedio di Cartagine Nova
per opera di Scipione l’Africano, la resistenza di Nola e Casilino
di fronte ad A n n ib a ie5. Quanto alla descrizione del viaggio
di Scanderbeg da Ragusa fino alla costa pugliese, essa è una copia
della navigazione dello stesso Scipione, da Lilibeo in A fr ic a 6.
Poi accennando all’incontro Scanderbeg-Piccinino, lo Scutarino
trascrive in parte la scena similare del convegno Scipione-Anni­
baie 7. Il racconto della battaglia di Orsara (corr. Troia) è un
plagio su quella di Z a m a 8, mentre la narrazione della vittoria
dell’Albanese contro i beg Balaban e Jakub non è se non una
letterale trascrizione, beninteso tranne piccole modifiche e cam­
biamenti di nomi, della disfatta di Asdrubale al Metauro 9.

1 B a r i e z i o , Hist., IV , 42 v . — 43.
2 L i v i o , V I I , 10 e 26.
8 S i v ed a l'elen co dei num erosi p lagi di M arino d a ll'o p era di L iv io
n ell’A ppend ice.
4 A p p end ice, pp. 279-280.
5 Ibid., pp. 280-281.
8 Ibid., pp. 287-290.
7 Ibid., pp. 291.
8 Ibid., pp. 291-297.
* Ibid., pp. 281-287.
263 L ’I N F L U S S O D I A L C U N I C L A S S IC I 129

Quanto agli Esempi di Valerio Massimo, pure ne riconosciamo


un passo nella Storia di Scanderbeg, sebbene aumentato un po’
dal Nostro, troppo inclinato all’enfasi.

Valerio Massimo, Fact., IV , Barlezio, Hist., X I I I , 159 v .


cap. I, 12
[Metellus Macedonicus] cum [Lechas Duchaginus] cum
interemptum Scipionem [sc. mortuum [se. Scanderbegum]
Aemilianum] conclamari audis- conclamari audisset, in publi-
set, in publicum se proripuit, cum se proripuit, maestoque vu l­
maestoque vu ltu et voce con­ tu et voce confusa barbam sibi
fusa « concurrite, concurrite, in­ evellens et capillos: «concurrite,
quit, c iv e s ! moenia nostrae ur- concurrite, inquit, reguli omnes
bis eversa s u n t ». et principes A lbani ! Hodie clau-
stra Epiri et Macedoniae per-
fracta sunt. Hodie praesidia et
moenia nostra corruerunt. H o­
die robur omne et vires no­
strae defecerunt. Hodie omnis
spes nostra cum hoc hom ine
penitus extincta est » 1.
Dagli autori più moderni, da quelli del Quattrocento, Marino
ha copiato poco. Così troviam o qualche espressione e caratte­
ristica prese da Enea Silvio e alcune parole trascritte dal P la­
tina. Però questi passi sono da lui riferiti a personaggi diversi
da quelli delle sue fonti d ’ispirazione. Lasciamoli seguire:
E . Silvio, Europa, cap. 9 Barlezio, Hist., V I, 83 v.
(Opera, p. 404)
« Mira rerum m utatio et fluxa «O mira rerum m utatio, flu x a
humani imperii gloria ! » (Rifles­ humani imperii gloria et luden-
sione provocata dal contrasto tis fortunae iocus ! » (Il B arle­
tra l ’antica potenza macedonica zio esclama così a proposito
e la situazione contemporanea). della morte di Murad II).
1 U n a elegia, so m ig lian te in so stan za, dello stesso L e c a D u c a g in ,
re c ita ta « d a l 1840 al 1847, p er le v ie di N a p o li » da u n « C a n ta -fa v o le »,
si tr o v a p resso il D E R a d a e D e ’ C o r o n e i , Rapsodie, 89.
F R A N C E S C O PALI* 264

Ibid., cap. 5 (Opera, 399) Ibid., X I, 143

« .. .in quo [sc. Iuliano Cardi­ « . . . i n quo [sc. Pio II] am-
nali] nescias doctrina maior an biguum e ra t: doctrina maior
eloquentia fuerit. Grata homi­ an eloquentia fuerit. Grata ho­
nis praesentia, blandi mores, minis praesentia, blandi mores,
vita in omni aetate nitida, vita in omni aetate nitida,
religionis zelus, qui omnia pro Religionis zelus, salutem am-
Christo et mortem ipsam ferre plificationemque fidei Christia-
suaserit ». nae quaerens eiusque cultor ac
maximus propugnator...» .

Dunque il Sacerdote riproduce il bel ritratto che il Piccolo-


mini venne a fare al Cesarini, ma lo riferisce appunto al suo
a u to re .. .
Quanto al Platina, lo Scutarino ne trascrive le parole che
accennano alla liberalità di Pio II, qualità che il Nostro constata
anche presso l ’eroe albanese.

Platina, Liber, 359 Barlezio, Hist., I, 5 v.


« Pecuniarum quantum col- « Pecuniarum quantum col-
legit, tantum errogavit ». ligebat, tantum errogabat ».

6. Discorsi e lettere. Descrizioni e ritratti. I l ritratto


di Scanderbeg.

Una notevole parte dell’assedio di Scutari e della Storia di


Scanderbeg è costituita dai discorsi e dalle lettere fittizi. Se-
nonchè le orazioni dal Barlezio attribuite ai vari personaggi
non sono un tratto suo originale. L ’uso letterario di definire una
situazione, di analizzare lo stato spirituale degli eroi, che hanno
parte negli avvenimenti, per mezzo di discorsi loro assegnati,
si trova correntemente presso gli storici antichi e presso numerosi
cronisti medioevali e non meno nella storiografia del Rinasci­
mento, a cui appartiene lo Scutarino. Però, mentre i grandi
265 d is c o r s i, l e t t e r e , d e s c r iz io n i, r it r a t t i 131

storici dell’antichità, un Tucidide, un Sallustio o un Tacito, non


mettono in bocca agli eroi parole esprimenti concetti che essi
non avevano e non potevano avere, l ’umanista nostro non riesce
sempre a trasportarsi nella realtà psicologica e storica dei per­
sonaggi suoi, allorché fa loro pronunziare discorsi e li fa spie­
gare in lettere. Così accade che nel libro del Barlezio il Castriota
proferisca arringhe ornate con esempi tratti dall’antichità, chieda
l ’aiuto divino con erudite preghiere, dove insegna storia, mentre
in una lunga lettera (le lettere del Nostro sono simili ai discorsi)
vuole convincere Mohamed II della falsità della religione musul­
mana e dello stringente bisogno di farsi cristiano x.
A ll’epoca del Rinascimento l ’oratoria fu coltivata forse con
maggiore cura che oggi. In varie occasioni solenni: all’entrata di
un personaggio im portante in una città, alle nozze dei principi e
dei tiranni, ecc., ebbero luogo delle pompose arringhe. Gli am ba­
sciatori (oratores) esponevano la loro missione, di solito, con
discorsi. I condottieri potevano tenere, anche essi, allocuzioni
per incoraggiare le loro schiere prima degli scontri. Scanderbeg,
certo, procedeva spesse volte nella stessa maniera. Non occorre
però una documentazione speciale, quando si ammette che l ’A l­
banese non parlava ai suoi prodi compagni nel latino di Cicerone
0 di Livio, e tanto meno teneva conto, ad onta del suo biografo,
delle norme sacre della rettorica. L ’Albanese, del resto, difficil­
mente avrebbe potuto animare i suoi citando esempi di eroismo
d all’antichità, anche se prestassimo fede al Barlezio, allorché
asserisce che il grande guerriero avrebbe im parato la storia da

1 Q u esta le tte ra (B a r l e z i o , H ist., X I , 1 3 9 — 140 v.) è, del resto, u na


im itazio n e su lla ben n o ta e p istola che P io I I in d irizzò allo stesso su l­
ta n o (S i l v i o , Opera, 8 72— 904). L o sv o lgim e n to delle idee in am b ed u e
è qu asi lo ste sso : ven go n o p a ssati in rassegn a i gran d i im peri che esi­
s te v a n o u n a v o lta , si cerca di im p ressio n are M oh am ed con la n o tizia
d e lla fo rm azio n e di u n a le g a cristia n a e gli si racco m an d a, com e so la
sa lv e z z a d ella su a an im a e del su o im pero, la con version e al c ristian e ­
sim o, S e egli segu irà qu esto consiglio, i popoli cristian i gli ricon o sceran n o
1 teu ritori u su rp a ti a lo ro danno.

9*
132 F R A N C E SC O P A L I, 266

Paolo Angelo 1. Senonchè, negli ultimi giorni dell’ agosto 1461, in


occasione dell’ingresso di Scanderbeg a Ragusa, il « cancelliere »
D avide (Boccaccio), gli avrebbe, secondo Marino, indirizzato un
brillante discorso in latino 2. Dato che allora veram ente furono
fatte all’Eroe accoglienze particolarmente onorevoli, certo do­
vevano aver avuto luogo anche orazioni, in latino secondo l ’abi­
tudine. Il che però, non vuol significare che vi sia qualche
relazione tra questi eventuali discorsi e quelli dell’opera
del Barlezio.
Nelle finzioni rettoriche, cioè nelle orazioni e lettere di cui
si tiene parola, il Nostro ha occasione di provare il suo talento
come psicologo e artista nello stesso tempo. Infatti, qui ormai
non si tratta di annotare più o meno fedelmente informazioni
tratte dalle fonti, poiché interviene l ’artista in luogo dello sto­
rico, il quale basandosi sui dati raccolti e avvalendosi della co­
noscenza degli uomini e della sua propria immaginazione, pro­
cede alla ricostruzione — sebbene non sempre giusta — dello
stato spirituale e dello svolgimento del pensiero dei personaggi.
Ciò detto, il discorso, ossia la lettera, serve soltanto quale pre­
testo per far l'analisi di una situazione o per tracciare un ritratto
psicologico. Simili pagine del Barlezio compaiono come brani
letterari, i quali riscaldano e drammatizzano il racconto.
Le descrizioni topografiche di Marino sono brevi 3, mentre i
cenni che ci dà, di solito, sulle devastazioni nemiche 4, sull’anda­
mento delle battaglie e sugli assedi delle città sono animati e
spesse volte sono d’un pathos esagerato5. L a N atura lo inte­
ressa, il che si vede soprattutto dalle sue parole circa il freddo

1 B a r l e z io , Hist., X I , 138 v. : a quo res gestas e t h istorias ta m graecas


quam la tin a s did icerat.
a V . sopra, p . 2 14 a . 2.
5 E 'ca rin a la descrizion e di P ie trab ian ca, u n p itto resco lu ogo , d o v e
trasco rrev a la su a v ille g g ia tu ra D on eca, la m oglie di S can d erb eg ( B a r -
LEZIO, H i s t ., V I I , 88 v.).
4 b a r l e z i o , Hist., I l i , 32 v .

5 Idem De Scodr. obs., I I , 263.


D ISC O R SI, L E T T E R E , D E S C R IZ IO N I, R IT R A T T I >33

dell'inverno \ il tem porale2, il mese di maggio 3, i raggi della


luna *.
Ciascun personaggio più im portante ha presso il Barlezio il
suo ritratto psichico, molte volte anche quello fisico. Come uomo
del Rinascimento, il Nostro non è insensibile alla bellezza cor­
porea, che m ette in rilievo a proposito di Giovanni Castriota ",
di Musachi Thopia 6 e dello stesso Scanderbeg. Questi, del resto,
ci appare nella Storia una figura addirittura ideale. Ostaggio
presso i Turchi, era ammirato da tu tti per la sua figura atletica:
« E ra di statura grande et ritto, haveva le braccia, che non fu­
rono mai vedute in uno huomo, le più belle, il collo robusto et
saldo, come si loda ne gli giucatori de le braccia, le spalle d ’una
maravigliosa larghezza, il colore bianco, come sotto la porpora
nascosto, l’aspetto de gli occhi non terribile, non vano, m a gra-
tisimo. Queste cose aiutavano molto le altre virtù et parevano
accrescere i beni del animo » 7. Come qualità spirituali, era reli­
gioso 8, mite 9, modesto 10, di costumi severi u , largo 12,

1 Idem, H ist., I, 11 v. : Operta nive omnia erant, exhausti frigore


hominum vultus, gelatae tnanus, indurata et veluti concreta omnium
corpora.
2 Ibid., V I, 67: per totam noctem gravidus (ut aiunt) imbre, aér,
crassiori nebularum caligine obducta tellure et tonitruis assiduis oculos
simul auresque hominum perstringentibus, fallere non difficulter cu-
stodes poterant.
3 Quelli che erano attorno a Scanderbeg, a proposito delle insistenze
d a essi fatte per determinarlo al matrimonio, tra l ’altro gli avrebbero
detto: « L aeta . . . fore omnia festivaque, tempus ipsum anni (erat enim
mensis Maii, quo cuncta rident atque reflorent) » ; B a r l e z i o , H ist. V I I ,
86 v.
4 Ibid., V II, 91 : expurgatum nubibus coelum ac lucidioribus radiis
progrediens luna.
5 Ib id ., I, 2 v.
• Ib id ., V II I, 104.
7 Ibid., I, 4 ; trad. del R o c c a , ed. cit., 6.
8 Ibid., X I, 145 v. e passim .
» Ib id ., V , 59 v „ V , 64.
10 Ibid., I, 4 v.
11 Ib id ., V I, 66.
12 Ibid., I, 6.
134 F R A N C E SC O P A I A 208

m agnanim o1, scherzoso2. Poi, oltre ad una profonda saggezza 3, era


d’una prodezza e d ’un coraggio straordinari4, e d ’un vigore d ’animo
che di corpo insuperabile5. Scanderbeg era un temperamento
ardente (in momenti di dispetto m ordeva le labbra finché ne
usciva il sangue •), non poteva sopportare l ’inazione 7, era assetato
del sangue del nemico 8, sul quale si scagliava rapido come un ful­
mine 8 ed irresistibile come un torrente 10. Nella personalità del
Castriota, secondo lo Scutarino, era sintetizzato, mercè una mi­
rabile mescolanza, lo spirito pacifico e pietoso di Num a con
l ’indole guerriera di Romolo u . Un uomo di tante preclari qualità
sembrava, al dire del Barlezio, una figura quasi divina, un « homo
prope divinus » 12. Senza dubbio il Nostro arriva un po’ lontano,
dipingendo questo ritratto. Con tutto ciò, tenendo conto delle

I Ibid., I l i , 38, V , 57 v.
J Ibid., IX , 117 v .: faceti et popularis erat ingenii.
3 Ibid., I, 4, 11, V I, 75 v.
4 Ibid., e passim.
5 Ibid., I, 11, II, 20.
* Ibid., V i l i , 100.
7 Ibid., V I, 70 v. : impatientissimus (ut semper erat) ocii.
8 Ibid., 77 v .: cupidus iam pridem sanguini».
’ Ibid., X I, 146: Haud aliter caedes et strages ex barbaris fiebat,
quain si videres in campo calamos a vi et tem pestate evulsos radicitus
corruere, ad terram prosterni ; sic Scauderbegus per omnes hostium
acies hac illac discurrens, pervolabat atque penetrabat, ut fulminis et
fulguris instar videretur.
10 Ibid., X II, 151 v .: instar torrentis qui ex magnis et inundantibus
pluviis e montibus descendens, omnia secum rapit, prosternit atque
evertit, sic Scanderbeg quoque in Turcaica et hostilia castra alio
9einper et alio irrumpens latere, ea undique vexabat, hosti caedem,
cladem, damna et iacturas maximas inferebat.
II Ibid., X I, 145 v .: « E rat enim in eo principe Nummae quodam
et Rom uli ingenium ». Non è excluso che Marino subisse qui l ’influsso
del seguente passo della già ricordata lettera del Filelfo a Carlo V I I :
« A n g li. . . adverterent te quasi e bellicosissimo quodam Rom ulo reli-
giosissimum Numam redditum » (E p . Fam ., 1. V i l i , f. 59).
11 Ibid., V i l i , 104 v .: Divinum omnes credere dicereque ac invul­
nerabile [nel testo: innumerabile] corpus viri et non ferro, nonnulli
humanae iniuriae obnoxium.
269 L IN G U A E S T IL E 135

virtù veram ente eccezionali dell’Albanese, cui accennano pure


le altre fonti, crediamo che l ’Umanista non abbia dappertutto
esagerato. Infatti il valore e i meriti di Scanderbeg nella difesa
della Cristianità sono encomiati dall’unanimità delle fonti. Della
sua eccezionale forza fisica fanno menzione il Sabellico 1 e il
Pontano. Q uest’ultimo ne rivela pure il vigore d ’animo, la
magnanimità e la liberalità 2. Anche il Canensi accenna alla gran­
dezza d ’animo dell’A lban ese3, mentre la Signoria di Venezia
ne fa l ’elogio, « ad virtutes suas et quia contra hostes fidei semper
forti animo pugnavit » 4.

7. Lingua e stile.

L a lingua del Barlezio è ricca e variata, talvolta anche poe­


tica. Il suo stile è fluido, vivace; spesse volte impetuoso e anzi
patetico. Abile maneggiatore della penna, Marino sa presentarci
in poche parole contrasti d ’ànimo molto v i v i 5. Nei discorsi —
campo libero per le sue manifestazioni letterarie — troviam o
ogni tanto una vera cadenza poetica ®. Come plasticità usa es­
pressioni fortunate, piene di colorito 7. Il suo periodo è lungo,

1 S a b e l l i c o , H ist., d. I l i , IX , 922.
2 Giov. P o n t a n o , II, 586.
3 C a n e n s i , 148 .
4 I j u b i c , Listine X ,2 & 4 .
' 5 B a r l e z i o , Hist., IX , 1 1 7 v. Am esa tamen praecipuum eius rei
[si tra tta della disfatta di lui] spectaculum ac documentum varietatis
humanae cernebatur. Modo insolens Aem athiam percurrebat ; nunc
momentaneus rex, erectis (ut aiunt) cristis, militum manibus clamori-
busque circum ferebatur per castra ; vinctis post terga manibus sine
voce, sine vu ltu ad patruum trahitur. (Per la prima proposizione di
questo citato cf. L iv io , X L V , 8: exemplum insigne c e r n itis ... muta-
tionis rerum hum anarum ).
* B a r l e z i o , ibid., V I , 73 ; H ic t a n t u m la b o r , h o c o p u s v o b i s
r e lic t u m , o m n e s h ic e r itis , v ir t u s a n im i co n a tu sq u e s in g u lo r u m h ic
a d e r u n t.
7 Ibid., IX , 120 v .: Hamur eo responso [il rifiuto di Scanderbeg
di concludere la pace] neque laetus neque moestus, omnitio osculata
de more gentis simul hostis, simul amici marni, discessit.
F R A N C E SC O P A IX 270

con frequenti parentesi, per cui qualche volta ci appare com­


plicato e sopraccaricato1. Quanto alla frase, nella ricerca di
effetti artistici, essa è pedante, pleonastica2, ornata di compa­
razioni 3, figure rettoriche e similitudini 4. Per rinvigorire il suo
scritto e non meno per fare il pedante, l ’Umanista adopera di­
gressioni, intercala nell’esposizione proverbi, massime, vi me­
scola un po’ di spirito s. Per rendere il racconto quanto mai inte­
ressante, fa uso anche della forma in terrogativa6 o si rivolge
direttam ente al letto re7. Il passaggio da una questione ad un’altra
si ottiene facilmente 8.

1 Ibid., X I, 145. v.: Aliquibus ex suis militibus equos donabat, aliis


arma, aliis vestes, nonnullis pecunias, aliis vero alia, u t eorum animos
ardentius veheinentiusque ad bellum excitaret hortabaturque illos, ut
forti praesentique animo essent et magnitudine praemiorum ac spo-
liorum moverentur, nec labore itineruin deterrerentur nec grava^entur
gestare fascem et solis ardores ac glaciales frigus constanti animo tolle-
rarent et ut vallo fossaque castra communirent, prò portis excubarent,
acriter ancipites inferent pugnas vel vera laude pensarent, mortem
ignominia potiorem existimarent.
2 Ibid., V, 63 v. : « Cuius sermo et lingua latissima in varias di-
versasque sectas diffusa et sparsa est ». Soprattutto i libri X — X I I I
■della Storia di Scanderbeg abbondano di pleonasmi.
3 Particolarm ente dal dominio zoologico (ibid., IV , 41 v., V I, 65
v., 68 v.) e da quello della marina (ibid., V I, 72, V i l i , 99 v .,
100 v.).
* Ibid., V, 52 v.: velut caligine sagittarum ; Ibid., V , 54 v. : gran­
dine veluti telorum obrutos (cf. ibid., 55, V I, 68; cf. L iv io , X X I , 55.6:
obruti sunt homines insuper velut imber iaculoruin; Ibid., X X X V I I I ,
26.7.: velut nubes levium telorum obruit). Ibid., 11,2 2 v .: totus irarum
speique pieni (cf. V , 56; cf. L i v i o , II, 45.14). Ibid., 112: Evadendum
igitur est in arcem ingentis alicuius et supremi consilii (cf. pure
IX , 119).
s Ibid., V II, 94 v. Alfonso V « de milite. . . id facetissime responsum
[se. misit] : Italos non cum viris tantum et muris, sed cum foeminis
melius pugnare nosse. Caveant itaque Epirotae, ne quos a d gerenda
eminus bella invitarent, cominus domesticos sibi bellatores sentirent ».
8 Ibid., IX , 113 v . e passim.
7 Ibid., IV , 45 v., V I, 72 v.
8 Ibid., V i l i , 104 e passim.
271 L IN G U A E S T II.E 13 7

Lo Scutarino, in fondo, fa l’impressione di un buon


narratore. Lo spirito dell’epoca ci spiega perchè sia privo,
qualche volta, di naturalezza e perchè i suoi scritti siano così
enfatici.
Ora notiamo qui alcune osservazioni particolari:
Il Nostro adopera frequentemente due parole: purpurati per
i collaboratori dell’Eroe e Scanderbegant per le sue truppe. Merita
di esser rilevato che mentre il primo termine abbonda nei libri
V I I — V i l i della Storia, il secondo si trova ad ogni passo dal
X I al X I I I , cioè alla fine. Presso il Barlezio ci sono aggettivi
con il suffisso -bundus 1, una caratteristica liviana.
E gli esprime varie volte il superlativo con l’aiuto del prefisso
per- 2. Indi, si vale spesso della forma contratta 3, m a soprattutto
di quella arcaica della I II pers. plurale dell’indicativo perfetto
(-ère) *. Ciò si può dire pure riguardo all’ellissi dell’ausiliare,
particolarmente dopo il participio p a ssato 5. Invece fa uso di
pochi frequentativi. Poi, per dare slancio alla frase adopera il
raddoppiam ento6, anzitutto nei discorsi. T ra le figure di stile
presso di lui sono rappresentate specialmente : l’allitterazione 7

1 Cogitabundus (De Scodr. obs., II, 253), consultabundus (Hist.


IX , 113), furibundus (ibid., X II, 152), laetabundus (ibid., X I , 142 v.),
minabundus (De Scodr. obs. I l i , 267), sitibundus (ibid., I l i , 260).
2 Peracris (Hist., X I, 144), perbeatus (ibid., X I, 136 v.), perfacile
(ibid., 147), permagna (De Scodr. obs. I, 233 v.) peroptime (gr. assol. ;
Hist., X I, 146 v.) pervigil (ibid., 145).
3 A dvolarun t (Hist., II , 22 v.), im peritarunt (ibid., I, 12, X , 122 v.),
norim t (ibid., II, 17), ecc.
4 Ibid., passim.
5 Signa. . . transmissa. Reliqua praeda. . . concessa et divisa, qui-
esque. . . d a ta. . .ad reparandas vires (Hist. V , 57 v.). Quibus nunquam
fides (ibid., X I, 135 v.).
6 Nunc, nunc (Hist., II, 20), magis magisque (ibid., 24), ipse, ipse
(ibid., IV , 43 v.), finge, finge (ibid., X I, 139).
7 Singulis suum statu ii supplicium (Hist., II, 21) Eventura vobis
virtus vestra (ibid., II, 22).
138 FRAN CESCO F A L L 272

(frequente in Livio), l ’iterazionex, la gradazione2, l ’enallage


(dell’aggettivo) 3, l ’antitesi 4, la lito te 5 e l ’homoeoteleuton 6.
T u tti questi artifici vengono a rendere il racconto pieno di v a ­
rietà e di colorito 7.

1 Incruenti recuperastis c r u e n ti... servastis mihi et s e r v a tu m ...


in posterum servate (H ist., ibid.) ; obsesso quain obsidenti similior (ibid.,
V I. 78 v).
1 A b ira in rabiem et furorem (ibid., V , 57 v.) ; invadit, obruit,
prostem it (ibid., V II , 89).
3 Militaria opera (ibid., V, 62 v.), hostilia castra (ibid., V , 56 v.),
variis consultationum discursibus (ibid., V , 60).
4 R is u m p o t iu s q u a m a d m ir a tio n e m (ibid., V , 63 v .) ; e u n t a c re-
d e u n t, S im u la n t d is s im u la n tq u e (ibid., V, 69, c f. 70) ; p u b lic e p r iv a t im q u e
(ibid., V I I I 105 v. e passim).
5 Non absimilis (ibid., X I, 133); neque incruenta (ibid., IX , n o v.),
non ingratum (ibid.. V i l i , 103).
6 Pia puraque mente colite (De Scodr. obs., II, 245 v.) ; ea consilia
extorquenda (Hist., V , 59).
7 In questo capitolo non ci siamo referiti al Compendio, il terzo lavoro
del Barlezio, essendo questo piuttosto un catalogo, redatto in frasi
laconiche, senza im portanza per lo studio della lingua e dello stile.
CONCLUSIONE

Nel quadro generale delTUmanesimo Marino Barlezio ci


appare di modeste proporzioni. N on può essere messo, per esempio,
accanto a un Simonetta, neppure a un Sabellico. Infatti il Nostro
era originario d ’una regione periferica del mondo italiano, cioè
della costa dalm atica dell'Adriatico, abbastanza lontana dai
focolari del Rinascimento e, per qualche tempo almeno, doveva
contentarsi solo dei riflessi dei raggi che di là si diffondevano.
L a sua fortuna, quanto all’a ttività di scrittore, era di esser po­
tuto giungere da Scutari nella metropoli : a Venezia, e, in seguito,
a Roma. Così il modesto sacerdote potè prendere contatto con il
movimento umanistico in pieno sviluppo sullo scorcio del Quattro-
cento e al principio del Cinquecento.
Come scrittore, come storico, il Barlezio ha le caratteristiche
del Rinascimento. E gli è umanista in una misura m olto più
larga che sacerdote. Questo quasi scompare dietro a quello. Come
i suoi contemporanei, Marino era ammiratore e im itatore dei
classici, particolarmente di Livio, arrivando fino a plagiarli.
Il nome de Barlezio è legato, per la posterità, inseparabilmente
a quello di Scanderbeg. L ’opera che venne scrivendo su questo
modello di condottiero cristiano nella grande lotta con i Turchi,
l’ha reso noto, durante i secoli, al pubblico colto europeo. Il
ritratto dell’eroe albanese, sì come risulta dalle sue pagine fece
una v iv a impressione sugli spiriti. Sebbene questo Scanderbeg,
giudicato troppo teatrale, non sia stato esente da critiche, rivolte
140 F R A N C E SC O PA I.I, 274

contro il suo autore, specialmente nel secolo scorso, tu ttavia non


è rimasto distrutto da esse, se anche ne sia uscito un po’ ritoccato.
Infatti, le altre fonti confermano questo ritratto nei suoi punti
essenziali, così come ce lo presenta il Barlezio.
Senza la penna dello zelante Scutarino, il ricordo di Scanderbeg
oltre i confini dell’Albania, sarebbe in breve tempo scomparso
dalla memoria degli uomini. Quelle scarse notizie che si sono
conservate nella polvere di alcuni archivi, non avrebbero potuto
darci una immagine d ’insieme della carierra sua, così coerente
e viva, come quella offertaci dal Barlezio, e tanto meno avrebbero
reso la figura di lui così popolare e presente nei secoli avvenire.
IV

A P P E N D I C E

i . Errori nel testo della Storia di Scanderbeg1

Per iniunctam eius dexteram (I ed., fol. 9, riga 27; II ed., p. 20,
r. 13) correttam ente: per invictam e. dext. ■ —- Quare impetratum (I ed.,
io ,r . I ; II ed., 21 r. 37); corr.: Q. imperatum.— Quamprimum inte­
grum forte Croiam convenirent (I ed. ibid., r. 2 ; I I ed. ibid., r. 39),
corr. : Q. i. foret Cr. conv. — Nunc in ceterorum (diis iuvantibus) ducite
(I ed., 10 r. 2 1; II ed., 23 r. 24), corr.: N. in ceterorum [possessionem\
(diis iuvantibus) d. — Quem ex Hungarici belli reliquis secum in Epirum
illum ad oppidanos misit (I ed., 11 r. 14 ; II ed., 24 r. 23), corr. : q u e m ..
in Epirum [deduxerat] illum . . . misit. — Maior p a r s ... domum redire
noluit ibique mota sit (I ed., 11 r. 36; II ed., 26 r. 10), corr.: M a io r ...
ibique morata est. — V ix suspecturum to t incommodis militem (I ed.,
13 r. 7 ; I I ed., 28 r. 42) corr.: v. suffecturum. . . militem. — Earn pro
magnitudine vestrorum in me meritorum debeo vobis animi gratitu-
dinem (ex) in me nunquam desiderabitis (I ed., 13 v., r. 1 1 ; II ed., 30
r. 10), corr.: eam [quam] pro m a g n it... desid. — De more gestis (I ed.,
ibid., r. 25— 26; I I ed., ibid., r. 27), corr.: d. m. gentis. — Collectum
ea praedae dulcedine m ilitem totius deinceps hyemis cibaria doluit (I
ed., 14 r. 1 1 — 12; I I ed., 31 r. 16— 18), corr.: collectum . . . cibario aluit.—
Cum Ottom ano impio dicebat Am urathes maxim o se onere domestica
fraude atque insidiis liberatum (I ed., 14 v. r. 3 ; II ed., 32 r. 13),
corr.: Cum . . . im p e r io ... liberatum . — Ideo disposita credo pluribus

1 V . sopra, p. 153.
14 2 F R A N C E SC O P A L I,

locis praesidia ab eo [se. Scanderbego] fuisse ac velut servata subsidia


quaedam, ut aliquid esset reliquiarum, quod et fortunam recuperare
et incaute alioquin propter rem benegestam hosti victoriam extorquere
posset (ed. X, 20 r. 37— 40; II ed., 45 r. 37— 40), corr. : Ideo. . . q u o . . .
incauto [cf. h o s ti],. . posset. — Ne indigestum hostem effuse errumpentes
milites (I ed., 23 r. 28; II ed., 52 r. 13), corr.: Ne [in] in d ig e stu m ...
m ilites.— D atum to t victoriis hostem (I ed., 25 v. r. 19; I I ed., 57 r.
30), corr.: elalum . . . ho stem .— Neque exhauriendam armis provin-
ciam . . . neque depugnatum crederent, A lybassa semel vieto, Amura-
this neque vires fractas neque animos ulla ex parte diminutos, sed
irritatos magis (I ed., 25 v. 27-30; I I ed., 57 r. 39-43), da completare : ne­
q u e .. . depugnatum [hostem], ■ —■Ubi to t omnium publicis et p rivatis vocis
expectatur (I ed., 26 r. 13 ; II ed., 58 r. 30-31), corr.: U b i . . . votis e x p .—
Intrantem iam festive barbarum (I ed., 32 r. 2; I I ed., 71 r. 35), corr.:
intrantem iam festine b. — Vieti prope sensim cessissent hosti, ni re-
ferentibus graduili Moses increpando, simul timorem simul ignaviam
pudore lassitudinen excusasset (I ed., 37 v. r. 7— 9; II ed., 84 v. 1— -3),
corr. : v ie ti. . . lassitutinem excussisset. — Abire tacite m ilitum favorem
(I ed., 38 r. 28— 29; I I ed., 86 r. 35), corr.: a m b ir e ... fa v o re m .—
Solido hosti (I ed., 40 r. 1 ; II ed., 89 r. 19), corr. : solito hosti.-— Non
gnarus dux, non certus ordo, promptissimus quisque cum patruo obest
(I ed., ibid., r. 8; II ed., ibid., r. 28) corr.: n o n ... abest (come ri­
sulta dal contesto). — Iniecit primum stationibus hostium tam repen-
tinus tum ultus et clamor insuetus, unde minime fuerant suspicati (I
ed., ib id . ; II ed., ibid.) da com pletare: iniecit, primum, [stuporem?]
stationibus... — Dueem exac/um praesidio trepidum avertit in fugam (I ed.,
ibid., r. 24 ; II ed., ibid.) corr. : ducem exutum p r .. . . fug. — Sed non id-
circo oppidanos. . . extraxit ex urbe, quam procul a portis saeviret
hostis (I ed., ibid., r. 38; II ed. r. 19); corr.: sed. . . quia. . . hostis. —
Sex hominum milia invecta (I, ed., 42, l ’ultim a riga; I I ed., 95 r. 4),
corr.: s e x . . . inventa. — Mille et quingentos utrinque dispositiones (I
ed., 42 v. r. 5 ; II ed., 95 v. 10), corr.: Mille. . . disponens. — Cupiditate
aliqua impetrandi (I ed., 44 v. r. 37— 38; II ed., 100 v. 35) corr.: cupi­
ditate. . . imperandi (dal contesto). Aliis quam si consulentes magis
vulneribus (I ed., 54 r. 33; II ed., 122 r. 8), corr.: a liis ... sibi consu­
le n t e s ... vuln. — Languida corpora trahentes in hostem torpidos effi-
cacesque ictus in adversos muros (I ed., ibid., r. 30; II ed., ibid., r. 33),
corr.: la n g u id a ... [in]efficacesque . . . muros. — Praerupti montis cupi-
dinem (I ed., 55 v. r. 2 7; II ed., 126 r. 16), corr.: p r a e r u p ti... cre-
pidinem . — Tapitali proposito (I ed., 60 v. r. 1 1 ; II ed., 137 r. 23),
corr. : capitali pr. — Latitudin e et vulneribus gravati (I ed., 67 v. r.
17 ; I I ed., 154 r. 2), corr.: la s s itu d in e ... grav. — Nudavere cuncta
sanguine (I ed., 80 r. 21 ; I I ed., 184 r. 4), corr.: undavere. . . sanguine. —
■277 D IF F E R E N Z E T R A LA II E L A I E D IZ IO N E M3

Demetrius maire ibi cum praesidio relieto (I ed., 103 r. 1 ; II ed., 237
r. 13) corr. : Demetrius fr a tr e ... relieto (comme risulta dal contesto;
si tra tta di Niccolò Berissius, fratello di Demetrio, cf. I ed., 102 v.).—
Gravi hostium m ina (I ed., 105 r. 3 ; II ed., 243 r. 7) corr.: g r a v i .. .
m i n a . — • Hostem in moenibus tradam (I ed., 112, v., r. 6; I I ed.,
243 r. 7), corr.: hostem in manibus tradam .

2. Differenze tra la I I e la I ediz. della


Storia di Scanderbegx.

Differenze d'ortografia, come per esempio: aediti, hordei, Mahumethes


o Mahumetes, millia, ecc. (ed., II, passim ) invece di: editi, ordei, Meu-
methes, milia (I ed.).
Esempi di correzioni del testo: Verbo absit audatia (II ed., p. 22
riga 18) in luogo di: V e r b o ... adrastia (I ed., 10 r. 2). — H abitantium
m ultitudinem refertus (ed. II, 34 r. 33), invece di: H ab. . . reflectus
(I ed., 15 v. r. 10). — Quodve coepisset humeris pondus (II ed., 35 r.
34), in luogo di: quemve. . . pondus (I ed., 16 r. 6). — . . . rationem ha-
buisse videretur (II ed., 36 r. 7— 8) per: rationem . . habuisset videretur
(I ed., 16 r. 19). — H ostem . . . novit Huniades (II ed., 63 r. 30) invece
di: hostem novi H. (I ed., 28 r. 31). — Quid eorum, quae magis caeca
hominum ingenia delectant, defuit unquam a me tibi, hasce pau-
peris regni tui sordes tan ti hodie existim a n tiì (II ed., 66 r. 14— 15)
per: Q u id ... a p u d ... aestimares (I ed., 29, r. 2— 3). — Legentiutn. . .
aequitas heac singula si libet et veri totius similitudinem eliciat (II
ed., 71 r. 21— 24), senza si nella I ed. (31 v. r. 32— 34). — S i, inquit,
hodie Scanderbege Am urathem et hanc quam narras praeclari exer-
•citus formam [levius] quam te ipsum visuri erant Croienses (II ed., 120
r. 4— 5) invece di: Lezuis 2, in q u it ... Croienses (I ed., 53 r, 24). — O-
■ctogesimus (II ed., 192 r. 26) per: octuagesimus (I ed., 83 r. 28).
O m issioni: Helena regina Francigena (II ed., 90 r. 41) in luogo di:
Helena regina genere Francigena (I ed., 40 r. 17). — . . . Consuetudine
assidua et facile allici ad perfidiam oppidanus posset (II ed., 147 r. 1—-2),
invece di: co n su etu d in e... posset et ab intento ad id ipsum (I ed., 64
v. r. 19— 20; però anche quest’edizione presenta qui una lacuna).
Interpunzione che cambia il senso: Gratulationes cum parte et mi-
litum et pecuniarum non defuerunt colluvio. Praeterea vulgus confluxerat

1 V . sopra, p. 153.
2 Errore tipografico (di cui però non si è atorto l ’editore del 1537),
invece di levius.
144 FRAN CESCO PALL 278

(II ed., 22 r. 8— -9) in luogo di: gratulationes. . . non defuerunt.


Colluvio praeterea vulgi confluxerat (I ed., 10 r. 12— 13). — . . . tamen
ob aetatem im patiens. Adolescens enim erat (II ed., 63 r. 5) corr. :
Tamen ob aetatem impatiens, adolescens enim erat. Ancora un esempio:
ulcisceretur recentes suorum clades, ac Scodrensium iniurias tollent,
tum animos caeterae urbes, insurget ferocia victis (II ed., 87 r. 17). La
virgola posta dopo « tollent », in realtà d ev’essere messa dinanzi a questo
verbo, cioè dopo « iniurias ».
Corruzioni del testo'. Quorum opera et fideli et impigra in exequenda
ea re sumus (II ed., 23 r. 1— 2), correttam ente: Quorum o p e r a ...
sum usus (I ed., 10 v. r. 1— 2). — Tanquam opprimi tutores (II ed.
ibid., r. 21) leggasi: t. optimi tutores (I ed., ibid., r. 1 8 ).— Venetus
quoque Italis hastatis praemunt signa (II ed., 82 r. 37) corr. : Venetus. . .
praemunit s. (I ed., 37 r. 5). — Sed dedendo, si aliter non posset, vincere
destinaverat (II ed., 100 r. 2), corr.: sed sed en do... dest. (I ed., 44
v. r. 12). V ix unquam concoquere poterit animus (II ed., ibid., 1. 24)
corr.: v i x . . . conquerere.. . animus (I ed., ibid., r. 29). — D ilatam ac
praestitutam diem (II ed., 120 r. 4— 5), corr.: dilatam ad praest. (I
ed., 53 v. r. 9). — V ix attentate potuisset (II ed., 170 r. 8), corr.: vix
attentare p. ( ed., 74 r. 35). — Ballorum periculis (II ed., 219 r. 17) corr.:
bellorum p. (I ed., 95 r. 18).— Novalia ipsa (II ed., 285 r. 39), corr. : navalia
i. (I ed., 123 v. r. 17).— Reprehensum primo ac eo (II ed., 310 r. 31), corr.
repr. ab eo (I ed., 134 r. 25).— Forti praesentique animo (II ed., 338 r. 25),
corr.: forti praestantique a. (I ed., 145 v. r. 32).— A Scanderbegano m i­
lite vici sueti erant (II ed., 339 r. 35), corr.: A S cand erbegan o.. . vinci
s. erant (I ed., 146 r. 34).— Tergo caperet agmen (II ed., 344 r. 7), corr.:
tergo carperei ag. (I ed. 148 v. r. 4).— Fam e atriti atque evecti (II ed.,
353 r. 26), corr.: f a m e ... enecti (I ed., 152 r. 16).

3. I plagi del Earlezio dall'opera di Tito L ivio1

Livio, II, 10. 11 Barlezio, Hist., I, 11 v.

. . . rem ausus plus famae habi- . . . rem ausus plus fortasse ha-
turam ad posteros quam fidei. bituram ad posteros admirationis
quam fidei.

L iv., I l i , 26. 4 Barl., I, 7

crevit ex metu alieno, ut fit, . . . crescente (ut fit) ex alieno


audacia. metu audacia.

1 V . sopra, p. 262.
279 I P L A G I D E L B A R L E Z IO 145

Livio, V II , 30. 7 Bari, ibid., II, 25


. . . quod vos pro salute nostra Quod enim prior tu hodie pro
priores feceritis, id nos pro imperio salute nostra dignitateque feceris,
vestro et gloria semper faciemus. id nos pro tu a laude et imperii
increm ento semper faciem u s1.

L iv. V II , 30. 21— 23 Bari., ibid., II, 22


Qua frequentia omnium gene- Proponite et illud qua frequentia
rum m ultitudinis prosequente cre- omnium generum multitudinis pro­
ditis nos illinc profectos ? quam sequente a nostrorum conspectu
omnia votorum lacrimarum que profecti simus, qua omnia voto-
plena reliquisse? in qua nunc e x ­ rum et lachrym arum piena reli-
pectations senatum populumque quimus, in qua nunc expectatione
Campanum, coniuges liberosque coniuges, parentes liberosque ve-
nostros esse. Stare omnem multi- stros esse credamus. Stant omnes
tudinem ad portas viam hinc solicitis ac pendentibus animis
ferentem prospectantes certum prospectantes quem belli eventum
habeo. vobis virtus vestra dederit.

L iv . V II , 33. 5 Bari, ibid., II, 21 v.


__Proelium . . . cum fiducia sui . . . cum fiducia sui et sine con­
sine contem ptu hostium commis- tem ptu alterius gerenda esse bella.
sum est.
L iv . X X I , 4. I Bari., ibid., II, 22
. . . maior pars meliorem vicit. Tam en maior pars meliorem vicit.
L iv ., ibid., 10. 9 Bari., ibid., II, 18
Eventus belli velut aequus iudex. E ventus belli iustus Iudex.
L iv ., ibid., 40. 11 Bari., ibid., II, 20 v.
N o vo im p erato ri2 apud novos N ovus im perator novos m ilites
m ilites pauca verba facienda sunt. non iniuria alloquendos esse duxit.
L iv ., ibid., 41, 6 Bari., ibid., IV , 45 v.
E xp eriri iu vat, utrum alios re­ Ita ne alios tam repente Epiren-
pente Carthaginienses per vigint1 ses terra edidit ? Novi ne et inu­
annos terra e d id e r it... sitati nobis hostes repente appa-
ruerunt ? Experiri iu v at igitur
ipsi mihi, utrum tam in victa bello
gens et in flati pertinacia ducis
iugum assuetum subire p o s s it ...
* L ettera del re Vladislao.
2 P. C. Scipione.

IO
146 FRAN CESCO PA LL 280

Liv., ibid., 41. IO Bari., ibid., IV , 46

Itaque vos ego, milites, non eo Sum enda haec arma sunt vobis,
solum animo, quo adversus alios fortissimi viri, non velut adversus
hostes soletis, pugnare velim, sed Hungaros aliosque hostes consue-
cum indignatione quadam atque vistis, sed maiori longe ira indi-
ira, velu t si servos videatis ve- gnationeque, tanquam in servos
stros arma repente contra vos fe- vestros et transfugas, qui inso-
ren tes. . . lentes in vos spiritus nefario iam
pridem consilio servatos excitarint.

Liv., X X I I , 55. i Bari, ibid., II, 22 v.

. . . cibo per otiutn capto, ala- Cibo igitur per ocium capto ala-
•cer [Hannibalis miles] animis cor- cres animis corporibusque atque
poribusque arma capit atque in irarum speique plenos e castris
aciem procedit. educit.

L iv., X X I I I , 18. i Bari., ibid., V , 61

. . . s i fiat conloquii copia, ver­ . . . captata colloquii copia, be­


bis benignis ad portas aperiundas nignis verbis hostes pellicere aggre-
praesidiumque accipiendum per- ditur, apta irritam enta ad inge-
licere iubet. niorum levitatem et quod magis
caecam hominum libidinem in-
vitat, ingentia dona proponens et
ingentioribus etiam promissis sese
ostentans, ad portas aperiendas
et praesidium in urbe accipiendum
pellicere conabatur.

L iv., ibid., 44. 1 Bari., ibid

Ad ea Herrennius Bassus re- Varia subinde a civibus responsa


spondit multos annos iam inter Ro- tulit, omnia tam en recidentia in
manum Nolanumque populum ami- idem, non esse cur ad mutandam
citiam esse, cuius neutros ad eam cum muneribus fidem descende-
dieni paenitere, et sibi, si cum rent, Scanderbegique amicitiam
fortuna mutanda fides fuerit, sero cum alieno iugo perm utarent, cuius
iam esse mutare. A li dedituris se neminem ad earn diem poeniteret.
Hannibali fuisse accersendum Ro- Consociata sibi omnia cum eo esse
manorum praesidium ? C11111 iis, qui et ad ultim um futura.
ad sese tuendos venissent, omnia
sibi et esse consociata et ad ulti-
mum fore.
281 I P L A G I D E L B A R L B Z IO 147

L iv ., X X V I , 44. 9 , B ari., ib id ., V , 56 v .

Testis spectatorque virtutis at- Ipse neque spectator neque ad-


que ignaviae cuuisque adest. hortator cuiusquam vestrum vel
virtutis vel ignaviae esse potero.

L iv., ibid., 44. 11 Bari., ibid., V , 54 v.

. . . ipsa festinatione et certa- . . . festinatione ipsa ac certa-


mine alii alios impediunt. mine ascendendi. . . ahi (ut ple-
rumque fit) alios impediebant.

Liv., ibid., 45. i Bari., ibid., 54

Vis magna ex ingenti copia con­ Cum ingens copia congesta te­
gesta telorum suppeditabat. lorum suppeditabat.

L iv ., ibid., 45, 2 Bari., ibid., 54 v.

Rarae enim scalae altitudini Sed quo altius a terra evecti [sc.
aequari poterant, et quo quaeque Ianizari] superabant muros, eo
altiores, eo infirmiores erant. infirmiores ad insistendum ....

L iv ., X X V I I , 45. 10— 11 Bari., X I, 148

Invitare inde pro se [sc. C. Clau­ His peroratis, Scanderbegus in­


dius Nero consul] quisque et vitare pro se singulos et cuique
offere et fatigare precibus, ut offere et fatigare praecibus, u t
quae ipsis iumentisque usui es- quae ipsis, iumentis, usui essent
sent ab se potissimum sum erent; ab se potissimum sumerent. B e­
benigne omnia cum ulata dare. nigne omnia cum ulata dare, mo­
Modestia certare milites, ne quid destia certare milites ne quid ultra
ultra usuin necessarium sum erent; usum necessarium sumerent, nihil
nihil morari, nec ab signis abire morari, nec ab signis subsistere.
nec subsistere cibum capientes ; Cibum cap ien tes1, diem ac no­
diem ac noctem ire ; v ix quod ctem ire, v ix quod satis ad naturale
satis ad naturale desiderium cor- desiderium corporum esset, quieti
porum esset, quieti dare. dare.

L iv ., ibid., 46. 1 1 — 12 Bari., ibid., 148 v.

Exteinplo signum dandum et Extem plo signum dandum et


exeundum in aciem abutendumque exeundum in aciem abuten­
errore hostium absentium prae- dumque errore hostium absen­
sen tiu m q u e .. . Consilio dimisso tium praesentium que. . . Consilio

1 Nel testo erron. : rapientes.

lo*
148 FR AN CESCO F A L L 282

signum pugnae proponitur, con- dimisso, Scanderbegus exercitu suo


festimque in aciem procedunt. quatripartito. . . Mox signum pu­
gnae proponitur confestim que Chri-
L iv., ibid., 47. 1— 2
stiani in aciem procedunt. Iam
Iam hostes ante castra instructi hostes ante castra instructi sta­
stabant. Moram pugnae attulit, bant. Moram pugnae a ttu lit Bal-
quod H asdru bal. . . receptui pro­ labanus quod. . . Quare receptui
pere cecin it. . . propere cecin it. ..

L iv., ibid., 48. 5 Bari. ibid.

Hasdrubal . . . postquara pu- . . .posteaquam [Ballabanus] sibi


gnandum vidit, in prima acie ante esse pugnandum vid it, in prima
signa elephantos locat, circa eos acie ante signa A xappos collocai,
laevo in cornu adversus Claudium circa eos levo in cornu adversus
Gallos o p p o n it.. Tanusium Thopiam Olophanzios,
viros et milites exercitatissim os. . .
collocat. . .

Liv., ibid., 48. 9— 17 Bari., ibid., 148 v.

Inter Livium Hasdrubaletnque Inter Scanderbegum Ballaba-


ingens contractum certam en erat, numque ingens certam en con­
atroxque caedes utrim que ede- tractum erat. Virorum 1 caedes,
batur. Ibi duces ambo, ibi pars utrinque caedebatur insignis. Ib i
maior peditum equitum que Ro- duces ambo, ibi maior pars pedi­
manorum, ibi Hispani, vetus mi- tum equitumque Epirensium, ibi
les peritusque Rom anae pugnae, et Croiensis vetus miles et pugnae
Ligures, durum in armis genus. peritus, et Dibranus durum in
Eodem versi elephanti, qui primo armis genus, qui primo im petu
impetu turbaverant antesignanos turbarunt primam aciem et signa
et iam signa m overant loco ; deinde moverunt loco. Deinde crescente
crescente certamine et clamore certamine et clamore, im potentes
impotentius iam regi et inter duas iam barbari inter duas acies ve r­
acies versari, velut incerti, quo­ sari, velut incerti, quorum essent,
rum essent, haud dissimiliter navi- haud dissimiliter equis sine freno
bus sine gubernaculo vagis. Clau- vagis. Scanderbegus: « quid ergo
dius « Quid ergo praecipiti cursu praecipiti cursu tam longum iter
tam longum iter emensi sumus ? » emensi sumus » clamitans mili­
clamitans militibus, cum in ad- tibus, cum in adversam partern
versum collem frustra signa eri­ frustra signa erigere conatus esset,
gere conatus esset, postquam ea postquam ea regione penetrari ad

1 Nella I ed. erron. : victorum .


*8 3 I P L A G I D E L B A R L E Z IO 149

regione penetrar! ad hostem non hostem non videbat posse, co­


videbat posse, cohortes aliquot hortes aliquot subductas e dextro
subductas e dextro cornu, ubi cornu, ubi stationem magis segnem
stationem magis segnem quam quam pugnam futuram cernebat,
pugnam futuram cernebat, post post aciem circum duxit et non
aciem circum ducit et non hostibus hostibus modo, sed etiam suis
modo, sed etiam suis inopinanti- inopinantibus in sinistrum ho­
bus in dextrum hostium latus in- stium latus incurrit ; tantaque ce­
currit ; tantaque celeritas fuit, ut leritas fuit, ut, quum ostendis­
cum ostendissent se a latere, mox sent se a latere, mox in terga iam
in terga iam pugnarent. Ita ex pugnarent. Ita ex omnibus par­
omnibus partibus, a fronte, a la­ tibus, a fronte, a latere, a tergo
tere, a tergo trucidantur Hispani trucidantur Achanzii Olofanziique,
Liguresque, et ad Gallos iam cae- et ad A xappos iam caedes perve­
des pervenerat. Ibi minimum cer- nerat. Ibi minimum certam inis
taminis fu it: nam et pars magna fu it: nam et pars magna a signis
a signis aberant, nocte dilapsi aberat, procedente nocte lapsi stra­
stratique somno passim per agros, tique somno passim per agros, et
et qui aderant, itinere ac vigiliis qui aderant, itinere ac vigiliis fessi,
fessi, intolerantissim a laboris cor- intolerantissima laboris corpora,
pora, v ix arma umeris gestabant. v ix arma humeris gestabant. E t
E t iam diei medium erat, sitisque iam diei medium erat, sitisque et
e t calor hiantes caedendos capi- calor semiconfectos hiantes cae­
■endosque affatim praebebat. dendos capiendosque affatim prae­
bebat. Ballabanus dux, cum saepe
L iv ., ibid., 49. 2— 4 alias memorabilis, tum illa prae-
. . .H asdrubal. . .d u x, cum saepe cipue pugna fuit. Nanque p u g­
alias memorabilis, tum illa prae- nantes hortando pariterque ade-
cipue pugna. Ille pugnantes hor- undo pericula sustinuit diu, ille
tando pariterque obeundo peri- fessos, abnuentes tedio et labore,
■cula sustinuit, ille fessos abnuen- nunc precando nunc castigando
tesque taedio et labore nunc pre­ accendit, ille fugientes revocavit
dando nunc castigando accendit, omissamque pugnam aliquot in
ille fugientes revo cavit omissam- locis restituit. Postremo, cum haud
que pugnam aliquot locis resti­ dubia fortuna Epirotarum esset. . .
tu ii. Postremo, cum haud dubie concitato e q u o .. .
fortuna hostium esset. . . conci­
ta to e q u o .. .

L iv ., ibid., 49. 6-^9 Bari., ibid., 150


. . .cap ta . . .m agna praeda alia C a p ta .. . praeda m agna alia cum
■cum omnis generis, tum auri etiam omnis generis, tum 1 auri argentique.

1 Nel testo errore di stam pa: tam .


FRA N CESCO PALL 284

argentique. Civium etiam Roma- Colonorum, qui capti apud hostes


norum, qui capti apud hostes erant supra IIII. milia capitum
erant, supra quattuor milia ca- recepta. Id solatii fuit pro amissis
pitum recepta. Id solacii fuit pro ad angustias, ad falchales furcas.
amissis eo proelio militibus. Nam Eoque proelio (nam haudquaquam
haudquaquam incruenta victoria incruenta victoria fuit) mille ferme
fuit: octo ferme milia Romanorum Epirensium desiderati ; adeoque
sociorumque occisa ; adeoque etiam etiam victores sanguinis caedis­
victores sanguinis caedisque ce- que coeperat satietas atque las-
perat satietas, ut postero die, cum situdo, ut quum postero die Scan-
esset m untiatum L ivio consuli derbego nunciatum esset, Balla-
Gallos Cisalpinos Liguresque, qui banum cum uno tantum agmine
aut proelio non adfuissent aut inter caedem effugisse et abire
inter caedem effugissent, uno ag- sine signis, sine ordine ullo, pos-
mine abire sine certo duce, siné seque si una equitum ala ad per-
signis, sine ordine ullo aut im pe­ sequendum m ittantur, omnes fa ­
rio ; posse, si una equitum ala cile deieri: «Supersint», inquit, «ali­
mittatur, omnes deieri: « Super- qui nuncii et hostium cladis et no­
sint » inquit « aliqui nuntii et strae virtutis».
hostium cladis et nostrae virtutis ».

Liv., ibid., 50. 2— 11 Barl., ibid.

Iter eius frequentia minore, Quod frequentia minore, quia


quia nemo praecesserat nuntius, nemo praecesserat nuncius, lae-
laetitia vero tanta, vix u t compo­ ticia vero tan ta, v ix ut compotes
tes mentium prae gaudio essent, mentium prae gaudio essent, ce­
celebratum est. Nam Rom ae neu­ lebratum est. Nanque Croiae neu­
ter animi habitus satis dici enar- ter animi habitus satis pro se dici
rarique potest, nec quo incerta enararique potest, nec quo in ­
expectatione eventus civitas fuerat, certa [150 v.] expectatione even­
nec quo victoriae fam am accepit. tus pavida perstiterat civitas, nec
Numquam per omnis dies, ex quo quo victoriae fam am accipiens uni-
Claudium consulem profectum attu- versis profusa est gaudiis. Nun-
lit ab orto sole ad occidentem aut quam per omnes dies ex quo Scan-
senator quisquam a curia atque ab derbegum principem in hostem
magistratibus abscessit.aut populus profectum fam a attulit, ab orto
e foro ; matronae, quia nihil in ipsis sole ad occidentem aut proce-
opis erat, in preces obtestatio- rum urbis quisquam a curia
nesque versae, per omnia delubra atque a m agistratibus abscessit,
-vagae suppliciis votisque fatigare aut populus e foro. Matronae, quia
deos. Tarn sollicitae ac suspensi nihil in ipsis operis erat, in preces
civitati fam a incerta primo accidit obtestationesque versae per omnia
duos Narnienses équités in castra, delubra vagae suppliciis votisque
285 I PIyAGI D E I. BA RT.EZIO 151

quae in faucibus Um briae oppo- Deos superosque fatigavere. Tarn


sita erant, venisse ex proelio nun- sollicitae ac suspensae ci vita ti fam a
tiantes caesos hostes. E t primo incerta primo accessit, duos Di-
magis auribus quam animis id brenses equites in castra, quae ad
acceptum erat, u t maius laetius- fines et in faucibus Epiri oppo-
que quam quod mente capere aut sita erant, venisse ex proelio, nun-
satis credere possent, et ipsa cele- ciantes caesos hostes. Quod primo
ritas fidem im pediebat, quod bi- magis auribus quam animis a c ­
duo ante pugnatum dicebatur. ceptum fuit, ut maius laetiusque
Litterae deinde ab L. Manlio A ci­ quam quod mente capere aut
dino missae ex castris adferuntur satis credere possent, et ipsa etiam
de Narniensium equitum adventu. celeritas fidem im pediebat *, quod
Hae litterae per forum ad tribunal biduo ante pugnam dicebatur.
praetoris latae senatum curia ex- L itterae deinde a Tanusio missae
civerunt, tantoque certam ine ac ex castris afferuntur de Dibren-
tum ultu populi ad fores curiae sium equ ita tu u in 2 adventu. E a e
concursum est, u t adire nuntius litterae per forum perlatae in cu ­
non posset, sed traheretur a per- riam omnes exciverant, tan to qu e
cunctantibus vociferantibusque, ut certam ine ac tum ultu populi ad
in rostris prius quam in senatu fores curiae concursum est, u t
litterae recitaren tur. . . In senatu adire nuntius non posset trahe-
primum, deinde in contione lit­ returque a percunctantibus voci­
terae recitatae sunt ; et pro cuius- ferantibusque, u t in forum prius
que ingenio aliis iam certum gau- quam in curiam litterae recitaren­
diuin, aliis nulla ante futura fides tur. Postquam vero litterae etiam
erat quam legatos consulumve lit- in curia recitatae sunt et pro cuius-
teras audissent. que ingenio aliis iam certum gau­
dium, aliis nulla ante futura fid es
L iv ., ibid., 51. 1— 12
esset, prius quam nuncios ca-
Ipsos deinde adpropinquare le­ strorum praefecti vel litteras au­
gatos allatum est. Tunc enim veró dissent. Ipsum deinde appropin­
omnis aetas correre obvii, primus quare praefectum castrorum al­
quisque oculis auribusque hau- latum est. Tunc enimvero omnis
rire tantum gaudium cupientes ; ad aetas currere obvii primus quisque
Mulvium usque pontem continens oculis, auribus haurire tantum
agmen pervenit. Legati — erant L. gaudium cupientes, ad milliare
Veturius Philo, P. Licinius Varus, usque extra portas civitatis con­
Q. Caecilius Metellus — circumfusi tinens agmen pervenit. Praefectus
omnis generis hominum frequentia castrorum erat Tanusius ; circuri-
in forum pervenerunt, cum alii fusus omnis generis frequentia in
ipsos, alii comites eorum, quae forum pervenit, quum alii ipsum ,
1 Errore nel testo: im pediebant, • ' - r : -2 1

8 Così nella I ed. . ... • ’ ..., 1


, .. . ,'J t
F R A N C E S C O P A I,!, 286

acta essent percunctarentur. E t alii comités eius, quae acta es­


ut quisque audierat exercituin ho- sent percunctarentur. E t u t quis­
stiuiu iinperatorenique occisum, le- que audierat exercitus hostium
giones Romanas incoluines, salvos caesos imperatoremque alterum
■consults esse, extem plo aliis porro occisum, legiones Epiroticas in­
iinpertiebant gaudiura suum. Cum cólumes, salvum principem Scan-
aegre in curiam perventum esset, derbegum cum suis castrorum prae-
multo egrius summota turba, ne fectis, extem plo aliis porro im-
patribus misceretur, litterae in se- pertiebant gaudium suum . Cum
natu recitatae sunt. Inde tra ­ aegre in curiam perventum esset,
duciti in contionem legati. L. Ve- multo aegrius summota turba, ne
turius litteris recitatis ipse pla- principibus miscerentur \ litterae
nius omnia, quae acta erant, expo- in curia lectae sunt. Inde Xanusius
su it cum ingenti adsensu, postremo litteris perlectis ipse plenius omnia
etiam clamore universae contionis, quae acta erant, exposuit cum in­
cum vix gaudium animis cape- genti assensu, postremo etiam cla­
rent. Discursum inde ab aliis circa more universae curiae, quum vix
tempia deum, ut grates agerent, gaudium animis caperent. Dis-
ab aliis domos ut coniugibus libe- cursum inde ab aliis circa tempia
risque tam laetum nuntium im- divina, ut grates agerent, ab aliis
pertirent. Senatus, quod M. Li- domos ut coniugibus liberisque
vius et C. Claudius consules inco­ tam laetum nuncium impertirent.
lumi exercitu ducem liostium le- Curia et primates, quod Scanderbe-
gioncsque occidissent, supplicatio- gus incolumi exercitu ducem ho­
nem in triduum decrevit. Eam stium cum Ballabano fugato legio-
supplicationem C. Host ili us praetor nesque occidisset, supplicationem
«dixit. Celebrata a viris feminisque in triduum decreverunt. Eam etiam
est ; omnia tem pia per totum tri­ supplicationem uxor Scanderbegi
duum aequalem turbam habuere, cum consiliariis edixerunt. Cele­
cum matronae amplissima veste brata a viris foeminisque. Omnia
cum liberis, perinde ac si debel- tempia per totum triduum aequa­
latum foret, omni solutae inetu lem turbam habuere, cum ma­
deis immortalibus grates agerent. tronae amplissima 2 veste excultae
Statum quoque civitatis ea v i­ cum liberis, perinde ac si debel-
ctoria firm avit, ut iam inde haud latum foret, omni solutae metu
secus quam in pace res inter se Deo im m ortali grates agerent.
contrahere. . . C. Claudius consul Statum quoque civitatis ea v i­
cum in castra redisset, caput Has- ctoria composuit ac si perpetuara
■drubalis, quod servatum cum cura pacem comparassent omnes.

1 Errore nella I ed.: misererentur.


1 Errore nel testo: amplissimae.
287 I P L A G I D E L B A R L E Z IO 153

attulerat, proici ante hostium sta- B a r i . , ibid., 15 0


tiones captivosque Afros vinctos,
. . . nonnulla caesorum capita
u t erant, ostendi iussit. Hannibal,
exercitus Ballabani, quae servata
tan to simul publico familiarique
cum cura attulerat, projici ante
ictus luctu, agnoscere se fortunam
hostium stationes captivosque vin ­
■Carthaginis fertur dixisse.
ctos, ut erant, ostendi iussit. Iagup
autem, tanto simul publico fam ili­
arique ictus luctu, agnoscere se
fortunam O ttom ani fertur dixisse.

L iv., X X I X , 24. 7— 12 Bari., ibid., X , 125

Itaque satis iam omnibus in- Iamque satis omnibus instructis


structis paratisque, et re iam non praeparatisque et re iam non ultra
ultra recipiente cunctationem in recipiente cunctationem in animo
animo sibi esse, Lilybaeum classe sibi esse, Ragusium classe undique
trad u cía eodemque omnibus pedi- traducta eodemque omnibus pe-
tum equitum que copiis contractis, ditum equitumque copiis contra­
quae prima dies cursum navibus ctis, quae prima dies cursum na­
daret, deis bene invantibus, in vibus daret, Deo beneiuvante, in
Africam traicere. Litteras ad M. A ppuliam traiicere. Igitur circum
Pomponium m ittit, ut, si ei vi- oram maritimam Castriotus misit,
deretur, Lilybaeum veniret, ut u t naves et triremes quae ex Italia
conirnuniter consulerent, quas po- ad conportandum exercitum eius
tissimum legiones et quantum mi­ venerant, Ragusium omnes con­
litum numerum in Africam tra- traherentur, quicquid praeterea m i­
iceret. Item circum oram omnem litum navium que suarum in Kpiri
m aritim am misit, u t naves one- Macedoniaeque littore erant, ibi­
rariae comprensae Lilybaeum om- dem convenirent, u t nec urbs m ul­
nes contraherentur. Quid quid mi- titudinem hominum nec portus
litu m navium que in Sicilia erat, naves capere posset, tantusque
cum Lilybaeum convenisset, et omnibus ardor inerat in Appuliam
nec urbs m ultitudinem hominum traiiciendi, u t non ad bellum duci
neque portus naves caperet, tan- viderentur, sed ad certa victoriae
tu s omnibus ardor erat in Africam praem ia. . .
traiciendi, ut non ad bellum duci
viderentur. sed ad certa victoriae
praem ia.

L iv. X X I X , 25. i — 13 Bari., ibid.

Quantum m ilitum in Africam Quantum vero m ilitum in D au-


transportatum sit, non parvo nu­ niam transportatum sit, diversae
mero inter auctores discrepat. sunt opiniones. A liqui quinqué
154 F R A N C E S C O P A L I,

Alibi decem milia peditum , duo milia peditum, duo miliae et du­
milia et ducentos équités, alibi centi équités, alii duo milia pedi­
sedecim milia peditum , mille et tum, tria milia et quingenti équi­
sexcentos équités, alibi parte plus tés in naves imposita. Quidam non
dimidia rem auctam , quinque et adiecere numerum, inter quos me
triginta m ilia peditum equitumque ipse in re dubia poni malui, tan ­
in naves im posita invenio. Quidam tam que m ultitudinem conscendisse
non adiecere numerum, inter quos naves aiunt, u t nemo mortalium
me ipse in re dubia poni m alim . . , in Epiro, Macedonia et Illyrico
tantam que m ultitudinem conscen- relinqui videretur. Milites ut in
disse naves, ut nemo mortalium naves ordine ac sine tum ultu con­
aut in Italia aut in Sicilia relinqui scenderent, Scanderbegus eam sibi
videretur. curam sum psit ; commeatus im ­
Milites ut naves ordine ac sine ponendi Giurizae Vladeni curam
tum ultu conscenderent, ipse eam dat: quinque et decem dierum ci­
sibi curam sumpsit ;. . . commea- baria, e quibus quinque dierum
tus imponendi M. Pomponio prae- cocta, imposita. U t omnes iam in
tori cura data: quinque et qua- navibus erant scaphas circummisit,
draginta dierum cibaria, e quibus ut ex omnibus navibus guberna-
quindecim dierum cocta, imposita. tores et magistri navium et bini
U t omnes iam in navibus erant, milites in forum circumvenirent
scaphas circummisit, u t ex omni­ ad imperia capienda. Postquam
bus navibus gubem atoresque et convenere, primum ab iis quae­
magistri navium et bini milites in sivit, si aquam hominibus iumen­
forum convenirent ad imperia acci- tisque necessariam in totidem dies,
pienda. Postquam convenerunt, quot frum entum , imposuissent. Ubi
primum ab iis quaesivit, si aquam responsum est aquam dierum quin­
hominibus iumentisque in totidem decim in navibus esse, tum edixit
dies, quot fruinentum, imposuis- militibus, u t silentium quieti nau­
sent. Ubi responderunt aquam tis sine certamine ad ministeria
dierum quinque et quadraginta exequenda bene obedientes prae-
in navibus esse, tum edixit mi- starent. Cum quinque rostratis se
litibus, u t silentium quieti nautis ac Ginum Musachium a dextro
sine certam ine ad ministeria exse- cornu, ab levo totidem rostratas
quenda bene oboedientes prae- et Andream Zachariam cum Mose
starent. Cum viginti rostratis se (tum is im perator erat) onerariis
ac L. Scipionem ab dextro cornu, futurum praesidium. Lum ina in
ab laevo totidem rostratas et C. navibus singula, rostratae bina
Laelium praefectum classis cum onerariae haberent; in praetoria
M. Porcio C a to n e — quaestor is navi insigne nocturnum trium lu-
tum era t— onerariis futurum prae- minum fore. Iis editis imperiis re-
sidio. Lumina in navibus singula diere ad naves iussi et postero die
289 I P L A G I D E L B A R L E Z IO •5.5

rostratae, bina onerariae habe- Deo beneiuvante signo dato sol­


rent ; in praetoria nave insigne vere naves.
nocturnum trium luminum fo re . . .
Iis editis imperiis redire ad naves
iussi et postero die deis bene iu-
vantibus signo dato solvere naves.
L iv., ibid., 26. 1 Bari., ibid.
Multae classes Romanae e Si­ Multae classes e Rizicho sinu,
cilia atque ipso ilio portu pro- Dyrrachino portu Avlon[a] ac toto
fectae erant ; ceterum non eo Epiri Illyricique tractu profectae
bello solum — nec id mirum, prae- e ra n t; caeterae pleraeque prae-
datum enitn tantum m odo plerae- datum tantum m odo ierant.
que classes ieran t. . .
L iv ., ibid., 27. 1— 13 Bari., ibid., 125 v .— 126
Ubi illuxit, Scipio e praetoria Ubi vero illuxit, Scanderbegus
nave silentio per praeconem facto e praetoria nave silentio per prae­
« divi divaeque », inquit « qui ma­ conem fa c to : « Domine Iesu Chri-
ria terrasque colitis, vos precor s t e », inquit « Filii Dei viv i, qui
quaesoque, uti quae in meo im ­ ad dexteram Sum mi Patris Omni-
perio gesta s u n t. . . eaque vos potentis in gloria aeterna sedes. . .
omnia bene iuvetis, bonis auctibus invoco depraecorque ut coeptis
auxitis ; salvos incolumesque vi- meis annuas et dexteram brachium-
ctis perduellibus victores, spoliis que tuum mihi p o rrig a s.. . sospes
decoratos, praeda onustos trium- incolumisque in Appuliam cum
phantesque mecum domos reduces universo exercitu me traiiciam fu-
sistatis » . .. Secundum has preces gatisque hostibus atque profligatis
cruda e xta caesa victim a, uti mos perduellibus. . . salvus incolumis­
est, in mare proiecit tubaque sig- que . . . spoliis decoratus, praeda
num dedit proficiscendi. Vento onustus, trium phans re v e r ta r ».
secundo vehem enti satis profecti Post hanc depraecationem factam ,
celeriter e conspectu terrae ablati m ox archiepiscopus 1 rem divinatn
sunt ; a meridie nebula excepit fecit et caelebrata missa, tuba
ita, v ix u t concursus navium signum dedit proficiscendi. V ento
in ter se vita ren t; lenior ventus in secundo satis vehementi profecti
alto factus. Noctem insequentem celeriter e conspectu terrae ablati
eadem caligo obtinuit ;. . . Iam sunt. Sed haud m ulto post orta
terram cem ebant. Haud ita multo nebula eos contexit operuitque ita,
post gubernator Scipioni a it. . . u t v ix concursus navium inter se
si iubeat eo dirigi iam in portu v ita r e n t; cum qua tamen hoc modo
fore omnem cla sse m ., . Vento ad noctem usque sequentem navi-
eodem ferebantur ; ceterum nebula garunt. Iam insulam Augustam
sub idem ferme tem pus, quo pridie, cem ebant, gubernator Scanderbego
1 Paulo Angelo
156 F R A N C E SC O P A L I, 290

e x o rta con sp ectu m terrae ade- ait si iubeat eo dirigi. Videbat


m it, et v en tu s p rem en te nebula enim vim ventorum orili, conti-
c e c id it. . . Ita q u e a n co ras. . .iecere. nueque addi et mare in maximam
U b i in lu x it, v e n tu s id em coortus tem pestatem concitari. Cui cum
n eb u la d isie cta a p eru it om nia A fri- Scanderbegus annuisset (erat enim
cae lito ra . Scipio, qu od esset pro- autumno tempore) classis omnis
x im u m p ro m u n tu riu m , p ercu n cta- portum in travit. Quo iactis fir-
tu s cu m P u lch ri p ro m u n tu riu m id matisque anchoris intervallo octo
v o c a ri audisset, « p la ce t om en » dierum ibidem commorati sunt ob
in q u it; « h u e d irigite n av es» . E o ingentem procellam, vim vento-
classis d ecurrit, copiaeq ue om nes rum et maris tem pestatem . Qua
in te rram exp o sitae sunt. sedata vento secundo flante, post
rem divinam peractam (erat autem
sub m atutino tempore) sole iam
orto et levatis anchoris, naves
omnes e portu solverunt, quae per
totam ilam diem cum nocte se-
quenti navigarunt. Ubi vero illu-
xit, omnia littora Appuliae appa-
ruerunt. Scanderbegus, quae esset
proxim a terra percunctatus, cum
Montem Sancti A ngeli is vocari
audisset, « placet » inquit « huc di­
rigite naves ; est enim mihi Ar-
changelus Michael pervenerandus».
Qui u t in conspectu terra fuit,
praecatus Deum, uti bono suo so-
ciorumque Appuliam vid erit dare,
velia iussit, classisque decurrit,
brevi temporis spatio terrae appli-
cuit, ubi postea ipse cum archiepis­
copo et quibusdam militibus e
navibus desiliens.speculatores prae-
misit, u t sicubi hostes viderent
illi renunciarent. Qui ad eum re-
versi, non procul abesse nuncia-
runt. Scanderbegus interim sumpto
cibo refocillatisque corporibus, cum
suis ad naves rediit et Baretim
oppidum versus, navibus cursum
[f. 126] dirigere iussit. Quae dum
secundo vento n avigant Baretis
oppidum intrarunt ; copiae omnes
in terram expositae sunt.
291 I P L A G I D E L B A R L E Z IO 157

L i v . X X X , 29. 5— 6 B a ri., ib id ., X , 127

[Hannibal] nuntium ad Scipio- Igitu r ipse [sc. comes Iacobus]


nem misit, u t conloquendi secum aciem egressus. . . Castriotuin. . .
potestatem faceret. Scipio cum appellavit, invitans rogansque eutn
conloquium haud abnuisset, ambo ut secum colloqueretur. Cuius ser-
e composito duces castra protu- monem colloquiumque Scander-
lerun t. . . begus. . . haud abnuit. . . Am bo
itaque duces e xtra castra prodiere.
L iv., ibid., 29. 8 Ibi in medio locus conspicuus un­
dique, ne quid insidiarum esset,
Ibi in medio locus conspectus
delectus. Ubi, summotis pari spa-
undique, ne quid insidiarum esset,
cio armatis, congressi sunt. Comes
delectus.
Iacobus conspectu Scanderbegi ad­
L iv ., ibid., 30. 1— 2 miratione prope attonitus con-
t i c u it .. .
Subm otis pari spatio armatis
cum singulis interpretibus con­
gressi sunt. . . Paulisper alter al-
terius conspectu, admiratione m u­
tu a prope attoniti, conticuere.

L iv., ibid., 3o. 24 Bari., ibid., X I, 134 v .— 130 v .

E st quidem eius, qui dat, non Scio enim eius qui non petit
qui petit, condiciones dicere pacis. esse leges dicere pacis.

L iv ., ibid., 32 Bari., ibid., 129 v. — 130 v.

In castra ut est ventum, pro- H oc facto, pronunciant ambo,


nuntiant ambo, arma expedirent arma expedirent milites animosque
milites animosque ad supremum ad supremum certamen, non in
certamen, non in unum diem, sed unum diem, sed in perpetuum, si
in perpetuum, si felicitas adesset, foelicitas adesset, victores. Iu-
victores. Rom a an Carthago iura hannes dux an Ferdinandus rex
gentibus daret, ante crastinam iura Appuliae daret, ante cra­
noctem scituros ; neque enim A fri­ stinam forte noctem scituros ; uni-
cani aut Italiani, sed orbem ter- versae Dauniae Calabriaeque re-
rarum victoriae praemium fore ; gnum victoriae praemium fore ;
par periculum praemio, quibus ad- par periculum praemio quibus
versa pugnae fortuna fuisset. Nam adversa pugnae fortuna fuisset.
neque Rom anis effugium ullum Nam neque Albanis effugium ullum
patebat in aliena ignotaque te rra ... p atebat in aliena terra ignotaque.
A d hoc discrimen procedunt po­ Ad hoc discrimen procedunt
stero d ie . . . duo longe clarissimi postero die duo longe strenui
15» F R A N C E S C O PA LI. 292

duces, dúo fortissim i exercitus, principes, duo clarissimi duces, duo


multa ante p arta decora aut cu- fortissimi exercitus, m ulta ante
mulaturi eo die aut eversuri. An- parata decora aut cum ulaturi eo
ceps igitur spes et metus misce- die aut eversuri. Anceps igitur
bant ánim os; contemplantibusque spes et metus m iscebant animos ;
modo suam modo hostium aciem, contem plantibus modo suas 1 modo
cuín non oculis magis quam ra- hostium acies, cum oculis magis
tione pensarent vires, simul laeta quam ratione pensarent vires, si­
simul tristia observabantur. Quae mul laeta simul tristia observa­
ipsis sua sponte non succurrebant, bantur. Quae ipsis sua sponte
ea duces admonendo atque hor- non succurrebant, ea duces ad­
tando, subiciebant. Poenus sede- monendo atque hortando subii-
cim annorum in terra Italia res ciunt. Scanderbegus primo de-
gestas, to t duces Romanos, to t cem et octo annorum spacio in
exercitus occidione occisos, et sua terra Asiatica, Macedonica, Thra-
cuique decora, ubi ad insignem cia et Epiro res gestas, to t duces
alicuius pugnae memoria militem Turcarum et Macomethanae se-
venerat, referebat; Scipio H íspa­ ctae to t exercitus occidione occisos
nlas et recentia in A frica p roelia... et sua cuique decora, ubi ad in ­
A d hoc conloquium Hannibalis, signem alicuius pugnae memoriam
in secreto habitum ac liberum venerat, referebat; comes Jacobus
fingenti, qua vu lt, fle c tit; omina- in Piceno, A ppulia et Italia re-
tur, quibus quondam auspiciis p a­ centia praelia. A d hoc colloquium
tres eorum ad Aegates pugnave- Castriotus in secreto habitum , ac
rint Ínsulas, ea illis exeuntibus in liberum fingenti qua velit flecti ;
aciem portendisse déos: adesse ominatur, quibus quondam au­
finem belli ac laboris; in manibus spiciis patres eorum pugnaverint
esse praedam Carthaginis, reditum ad Mocreum, Tum enistum et Mo-
dornum in patríam ad parentes, drissum, ea illis exeuntibus in
liberos coniuges penatesque déos. aciem portendisse Deum : adesse
Celsus haec corpore vultuque ita finem belli ac laboris, in manibus
aeto, u t vicisse iam crederes, esse praedam Gallici Piceninique
dicebat. Instruit deinde primos exercitus victoriam , reditum do-
hastatos, post eos principes, tria- mum in patriam , ad parentes, li­
riis postremam aciem clausit. beros, coniuges penatesque deos.
Adeo celsus haec corpore vultuque
Liv., ibid., 33. 1 — 16
ita laeto, ut vicisse iam crederes,
Non confertas autem cohortes dicebat. Instruit deinde primos
ante sua quainque signa instru- pedites, scloponarios, post eos
ebat. sed manipulos aliquantum scorpionarios ac sagittarios cum

1 Nella I ed. erron. : duas.


•293 I P L A G I D E L B A R L E Z IO 159

inter se distantes, u t esset Spa­ iunditoribus, hastatis Ulyricis, cum


tium , qua elephanti hostium acti Epiroticis perm ixtis postremam
nihil ordines turbarent. L aeliu m . . aciem d au sit. Non confertas au-
cum Italico equitatu a sinistro tem cohortes antea sua quenquam
cornu, Masinissam Numidasque a signa instruebat, sed manipulos
dextro opposuit. V ias patentes aliquantum inter se distantes, ut
inter manipulos antesignanorum esset spacium, quo cataphracti
velitibus — ea tunc levis arma­ hostium equites et gravis arma-
tura erat — com plevit, dato prae- turae accepti, nihil ordines tu r­
cepto, ut ad im petum elephanto- barent. Regem cum A ppulo et
rum aut post directos refugerent Italico equitatu a sinistro cornu,
ordines, aut in dextram laevam que Mosen Giurizamque a dextero op­
discursu applicantes se antesig­ posuit. Vias patentes inter m ani­
nani» viam, qua irruerent in anci- pulos antesignariorum Dibranis suis
p itia tela, beluis darent. Hannibal et Macedonicis (ea levis arm atura
ad terrorem primos e le p h a n to s.. . erat) com plevit, dato praecepto, ut
instruxit, deinde auxilia Eigurum ad impetum Gallorum equitum et
Gallorumque Baliaribus Maurisque cataphractorum aut post rectos
adm ixtis ; in secunda acie Cartha- refugerent ordines, aut in dexteram
ginienses Afrosque et Macedonum levam que discursu applicantes se
legionem ; modico deinde inter­ antesignariis viam , qua irruerent
vallo relieto subsidiariam aciem in ancipitia pila et tela, Gallico
Italicorum m ilitum . . . instruxit. equitatui et hostili equiti gravis
Equitatum et ipse circum dedit arm aturae darent. Comes Iacobus
cornibus ; dextrum Carthaginien- ad terrorem primum torm enta
ses, sinistrum Num idae tenuerunt. super currus et quadrigas impo-
V aria adhortatio erat in exercitu sita instruxit, dehinc sclopos scor-
inter to t homines, quibus non pionariosque ac pedites longis ha-
lingua, non mos, non lex, non stae permixtos ; in secunda vero
arma, non vestitus habitusque, acie Appulos, modico intervallo
non causa m ilitandi eadem esset. relicto, subsidiariam aciem, au-
A uxiliaribus et praesens et multi- xilium Ligurum Brutiorum que
plicata e praeda merces ostentatur ; militum instruit. E quitatum etiam
Galli proprio atque insito in R om a­ ipsum circum dedit cornibus; dex­
nos odio accenduntur ; Liguribus trum Galli, sinistrum Ita li tenue­
campi uberes Italiae deductis ex runt. Varia hinc et inde exhor-
asperrimis m ontibus in spem vi- tatio in utroque exercitu erat,
ctoriae ostentantur. . . aliis aliae inter to t homines, quibus non lin­
spes ac metus iactantur. Cartha- gua una, non mores, 11011 lex, non
giniensibus moenia patriae, di pe- arma, non vestitus habitusque,
nates. sepulcra maiorum, liberi non causa m ilitandi eadem esset.
cum parentibus coniugesque pa- Auxiliaribus et praesens et
vidae, aut excidium servitium que m ultiplicata merces ex praeda
l6 o F R A N C E S C O F A I,L 294

aut imperium orbis terrarum, nihil ostentatur ; Galli proprio atque


aut in metum aut in spem me­ insito in Italos odio accenduntur ;
dium, ostentatur. Cum maxime Iaguribus campi uberes Italiae de-
haec im perator apud Carthagi- ductis ex asperibus montibus in
nienses, duces suarum gentium spem victoriae ostentantur ; aliis:
inter populares, pleraque per in­ aliae spes ac metus iactantur.Appu-
terpretes inter im m ixtos aliení­ lis moenia patriae, dii penates,
genas agerent, tubae cornuaque sepulchra maiorum, liberi cum pa-
ab R om anis cecinerunt, tantusque rentibus, coniuges pavidae aut
clam or ortus, ut elephanti in suos, excidium servitium que aut vi-
sinistrum maxime cornu, verte- ctoriam et Appuliae imperium, nihil
rentur, Mauros ac Numidas. Ad- aut in metum aut in spem me­
didit facile Masinissa perculsis ter- dium, ostentatur. Cum maxime
rorein, nudavitque ab ea parte haec imperatores et duces exer-
aciem equestri auxilio. Paucae citus hincinde suarum quisque
tamen bestiarum intrepidae in gentium ad suos milites agerent,
hostem actae inter velitum or- tubae cornuaque ab A lbanis ceci­
dines cum multis suis vulneribus nerunt, tantusque clamor simul
ingentem stragem edebant. R e­ [f. 130] ortus e s t . . . e q u i ... in
silientes enim ad manípulos v e ­ sinistro m axim e cornu converte-
li tes . . . hi quoque in suos dex- rentur. Italis addidit facile Moses
truin cornu, ipsos Carthaginienses et Giuri/.a perculsis terrorem,
equites, in fugam verterunt. I,ae- nudaveruntque ab ea parte aciem
lius u t turbatos vid it hostes, ad- equestri auxilio. Pauci tam en equ-
didit perculsis terrorem. orum cum torm entis in hostem
acti inter scloponariorum scorpio-
L iv., ibid., 34. 1 nariorum et peditum ordines,
multis acceptis vulneribus, in­
Utrim que nudata equite erat
gentem suorum stragem edebant.
Punica acies, cum pedes concur-
Nanque dextero cornu ipsorum
rit, nec spe nec viribus iam par.
Gallorum equites in fugam ver­
terunt. R ex Ferdinandus, u t tu r­
L iv., ibid., 34. 3— 13
batos vid it hostes, addit pulsis
Igitur primo Ímpetu extemplo terrorem. Utrinque equite nudata
movere loco hostium aciem R o­ erat A ppula acies, cum pedes con-
mani. A la deinde et umbonibus currit, nec spe nec viribus par.
pulsantes, in submotos gradu il­ Igitur primo im petu extem plo mo­
lato, aliquantum spatii velut nullo vere loco hostium aciem Albani.
resistente incessere, urgentibus et A la deinde et umbonibus pulsan-
novissimis primos, u t semel mo­ tes, in summotos gradu illato
tara aciem sensere, quod ipsum aliquantum spacii velut nullo
vim magnam ad pellendum hostem resistente incessere, urgentibus
addebat. Apud hostes auxiliares et novissimis primos, ut semel
2 95 I P L A G I D E L B A R L K Z IO iO l

cedentes secunda acies, A fri et motain aciem sensere, quod ipsum


Carthaginienses, adeo non sus- vim magnam ad pellendum ho­
tinebant, u t contra etiam , ne re­ stem addebat. Apud hostes au x i.
sistentes pertinaciter primos cae- liares cedentes secunda acies,
dendo ad se perveniret hostis, pe- Appuli et Ligures, adeo non sus-
dem referrent. Igitur auxiliares tinebant, ut contra etiam , ne
terga dant repente, et in suos ver­ resistentes pertinaciter primos ce­
si partim refugere in secundam dendo ad se perveniret hostis»
aciem, partim non recipientes cae- pedem referre[n]t. Igitur auxi­
dere, ut et paulo ante non adiuti liares terga dant repente et in
et tunc exclusi ; et prope duo iam suos versi partim refugere in se­
perm ixta proelia erant, cum Car­ cundam aciem, partim non reci­
thaginienses simul cum hostibus, pientes cedere, u ti pauloante non
simul cum suis cogerentur manus adiuti et tunc exclusi ; et prope
conserere. Non tam en ita perculsos duo iam perm ixta praelia erant,
iratosque in aciem accepere, sed cum Appuli simul cum hostibus,
densatis ordinibus in cornua va- simul cum suis cogerentur con­
cuumque circa campum extra proe- serere manus. Non tam en ita per­
lium eiecere ne pavido fuga et culsos iratosque in aciem acce-
vulneribus milite sinceram et in- pere, sed densatis ordinibus in
tegram aciem miscerent. Caeterum cornua vacuum que circa cam pum
tan ta strages hominum armorum- extra praelium eiecere, pavido»
que locum, in quo steterant paulo fu ga vulneribusque milites, ne
ante auxiliares, com pleverat, ut certam et integram aciem m isce­
prope difficilior transitus esset, rent. Caeterum tan ta strage ho­
quam per confertos hostes fuerat. minum armorumque locum, in
Itaque, qui primi erant, hastatj quo steterant ante auxiliares, com-
per cumulos corporum armorum- pleverant, u t prope difficilior
que et tabem sanguinis, qua quis­ transitus esset, quam per confer-
que p oterai, sequentes hostem et tissimos hostes fuerat. Itaque, qui
signa et ordines confunderunt.Prin- primi fuerunt hastati per tu -
cipum quoque signa fluctuari coe- mulos corporum armorumque et
perant vagam ante se cernendo tabem sanguinis, qua quisque po­
aciem. Quod Scipio ubi vidit, re- terai, sequentes hostem et signa
ceptui propere canere hastatis et ordines confuderunt. Scorpio-
iussit, et sauciis in postremam nariorum sagittariorum que sign a
aciem subductis principes triarios- fluctuare coeperant vagam ante
que in cornua inducit, quo tutior se cementes aciem. Quod Scan-
firmiorque media hastatorum acies derbegus ubi vidit, receptui pro­
esset. I ta novum de integro proe- pere canere hastatis iussit et sau­
lium ortum est: quippe ad veros ciis in postremam aciem subductis,
hostes perventum erat, et armo- scorpionarios sagittariosque in cor­
rum genere et usu militiae et fama nua inducit, quo tutior firm iorque
1 62 F R A N C E S C O P A IX 296

rerum gestarum et magnitudine media hastatorum acies esset. Ita


vel spei vel periculi pares. Sed novum de integro praelium or-
e t numero superior Romanus erat tum est. . . quippe ad veros ho-
e t animo, quod iam equites, iam stes perventum erat, et armorum
«lephantos fuderat, iam prima genere et usu militiae et fam a re­
■acie pulsa in secundam pugnabat. rum gestarum et magnitudine vel
spei vel periculi pares. Sed [et] nu­
L iv., ibid., 35. 1— 4 mero Scanderbeganus superior erat
et animo, quod iam equites levis
In tempore Laelius ac Masi- armaturae, iam cataphractos fu ­
nissa, pulsos per aliquantum spatii derat, iam prima acie pulsa in se-
secuti equites, revertentes in a- cunda[m] pugnabat. In tempore
versatn hostium aciem incurrere. Moses et G iuriza pulsos per ali­
Is demum equitum im petus per- quantum spacii secuti equites, re­
■culit hostem. Multi circum venti vertentes in adversam hostium
in acie caesi ; m ulti per patentem aciem incurrere. Is demum equi­
circa campum fuga sparsi tenente tum impetus perculit hostem.
omnia equitatu passim interie- Multi circum venti in a cie 1 caesi,
runt. Carthaginiensium sociorum- per patentem circa campum fuga
•que caesa eo die supra viginti
sparsi, obsidente omnia equitatu,
milia ; par ferme numerus captus
passim interierunt. A ppulum so-
eum signis militaribus centum tri-
ciorumque caesa eo die supra quat-
ginta duobus, elephantis undecim.
tuor milia, mille ferme viri capti
Victores ad mille et quingenti ce-
[130 v .]su n t cum signis X X V . mili-
cidere. Hannibal cum paucis equi-
taribus. Victores ad mille cecidere.
tibus inter tum ultuili elapsus cum
Hadrumetum refugisset. . . Comes Iacobus cum duce Johanne
paucis equitibus inter tum ultum
elapsus perfugit. . . Scanderbegus
L iv., ibid., 36. 1
confestim expugnatis hostium ca­
Scipio confestim a proelio ex- stris direptisque cum ingenti praeda
pugnatis hostium castris direp- Neapolim una cum rege Ferdi­
tisque cum ingenti praeda ad nando clarissimo trium pho in-
mare ac naves rediit. .. vectus e s t . . .

Liv., ibid., 44. 8 Barl., ibid., X I, 143 v.

Nulla magna civitas diu quiescerc Nulla est ita magna civitas aut
potest; si foris hostem non habet, populus, qui si foris hostem non
■domi in ve n it. . . habeat, domi non in v e n ia t. . .

1 Nel testo errore di stam pa: «nave.


297 I P L A G I D E L B A R L E Z IO

L iv ., ibid., 45. X— 2 Barl., ibid., X , 132 v.

Pace terra marique parta, exer- Pace igitur per universam Dau-
citu in naves im posito. . . Inde niae Appuliaeque regionem terra
magna parte m ilitum navibus missa marique parta, Scanderbegus ma­
ipse [sc. Scipio] per laetam pace gna parte exercitus sui et m ilitum
non minus quam victoria Italiam , ad naves et triremes, quae in
effusis non urbibus modo ad ha­ portu Trani erant praemissae, ipse
bendos honores, sed agrestium deinceps. . . per laetam pace non
etiam turba obsidente vias, Ro- minus quam victoria Dauniam,
mam pervenit trium phoque om- effusis non urbibus modo ad ha­
nium clarissimo urbem est in- bendos honores, sed incolarum et
vectu s. ag(g)restium turba obsidente vias,
ad mare, in portum pervenit et
veluti trium phans naves ascendit...
ingenti plausu et laeticia omnium
regiam urbem Croiae invectus est.
.
V.

B IB L IO G R A F IA

I. Archivi

Archivio della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, R o m a , Memo­


riali, v o i . 4 1 3 (l’ a n n o 1 6 4 7 ) .
Archivio di Stato, V e n e z i a , Codice Brera 3 1 6 ( V l a d B O T U L E S C U ).
Archivio Segreto Vaticano, A r m . I I , v o i . I I I .

2. Pubblicazioni

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AN GELO (A n d r ea ), Genealogia d'imperatori romani et Constantinopoli-
tani et de regi, prencipi et signori che da Isatio Angelo et Ve-
spesiani imperatore, suo nipote, son discesi per insino al pre­
sente anno 1553, R o m a , 1 5 5 3 ( v . p u r e A n g e l u s ) .
Angelo F l a v i o ( G ir o la m o ) , Angelico lume del Vecchio et Nuovo Te­
stamento ; con li capitoli della prima M ilitia Imperiale della
Celeste Croce Aureata « In hoc signo vinces », diviso in tre libri,
e d . d a G i o v a n n i M a r ia B o n a r d o , B o l o g n a , 1 5 8 3 .
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niana di S . Giorgio, V e n e z ia , 1573.
AN GELO COM NENO ( G i o v a n n i A n d r e a ) , Genealogia d’imperatori
F l a v io
romani et Constantinopolitani et de regi, prencipi et signori,
così maschi come femine, che da Lepido Isatio Angelo et Ve-
spesiano imperatore, suo nipote, son discesi per insino al pre­
sente anno 1551 [il t r a t t a t o d i A n d r e a A n g e l o ], E t anco
con li discendenti loro sin al 1624, N a p o l i , 1 6 2 4 .
B IB L IO G R A F IA 300

AN GELO F la v io Com neno (G iovanni A n d r e a ) , Sommario di alcuni


privilegii cosi imperiali come pontifica et sententie, instrumenti
fede, testimonij, testam enti... alla famiglia Angela Flavia
Comnena, alla quale per successione spetta l'imperio di Cos­
tantinopoli da Turchi occupato, R o m a , 1610 (v. A n g e lu s
F la v iu s Com nenus).
Genealogia imperatorum ac regum aliorumque prin-
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A n g e lu s F la v iu s C om n en us
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168 B IB L IO G R A F IA 302

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303 FR A N CESCO PA LL

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SOMMARIO
Pag.

I. V IT A D E L B A R L E Z I O ........................................... .... i
II. L ’ O P E R A ............................................................................................... io
1. Scritti . . ...................................................................................... io
2. D ata della loro c o m p o siz io n e .................................................... n
3. Edizioni, traduzioni e rim an eggiam en ti................. .... . 17
4. Divisione e riassunto delle o p e r e .............................. 27
5. Le fonti del B a r l e z i o ................................................................. 33
a) « L ’Assedio di Scutari » ........................................................ 33
r. Ricordi -p r o p r i..................................................................... 33
2. Fonti orali ......................................................................... 34
3. Fonti s c r i t t e ............................................................ 35
b) «Storia di Scanderbeg » ........................................................ 43
1. Ricordi p r o p r i ..................................................................... 43
2. Informazioni o r a l i ............................................................ 43
3. Fonti s c r i t t e ......................................................................... 40
c) «Compendio delle vite dei papi e degli im peratori». . 52
6. Le informazioni di valore storico del B a r l e z i o ................. 63
a) « L ’Assedio di S c u t a r i » ........................................................ 64
b) « Storia di Scanderbeg » ........................................................ 65
1. « La Storia di Scanderbeg » fino alle campagne personali
di Murad I I ......................................................................... 69
2. Dalle campagne di Murad I I alla sconfitta di Berat . 72
3. Dalla sconfitta di Berat alla campagna pugliese . . 76
4. Dalla campagna pugliese alle spedizioni di Mohamed I I 78
5. Dalle spedizioni di Mohamed I I alla morte di Scan­
derbeg ....................................................................................... 83

1
184 SOM M ARIO

Pag.

7. Informazioni sbagliate nella « Storia di Scanderbeg ». La


cronologia del B a r le z io ................................................................. 89
8. Il Barlezio, lo Pseudo-Franco e il « Commentario ». I rap­
porti tra l o r o .................................................................................. 94
I I I. LO S C R IT T O R E B A R L E Z I O ........................................................ 106
1. Le ragioni che l’indussero a scrivere ...................................106
2. L a concezione del mondo del Barlezio. Le sue idee poli­
tiche ................................................................................................... n o
3. Sua concezione storica. Senso critico ...............................116
4. Il Barlezio e l’A n t i c h i t à ............................................................ 121
5. L ’influsso di alcuni classici ed i plagi del Barlezio . . . 125
6. Discorsi e lettere. Descrizioni e ritratti. Il ritratto di Scan­
derbeg ............................................................................................... 130
7. Lingua e s t i l e .................................................................................. 135
CO N C L U SIO N E .............................................................................. 139
IV . A P P E N D I C E .......................................................................................14X
1. Errori nel testo della «Storia di Scanderbeg»......................141
2. Differenze fra la II e la I ediz. della « Storia di Scanderbeg » 143
3. I plagi del Barlezio dall’opera di T ito L i v i o ...................... 144
V...B I B L I O G R A F I A ........................................................ ..................... .... 165
1. A rchivi ........................................................................................... 165
2. P u b b lic a z io n i...................................................................................165
'

f.. »
MÉLANGES D’HISTOIRE GÉNÉRALE
II, CLUJ, 1938

T A B L E D E S M A T IÈ R E S
Page

C O N S T A N T IN M A R IN E SC U : Catre cititori (Avant-propos) III


R IG O M E R A E Y S S E R : Papst Pius II. und der Kreuzzug
gegen die T ü r k e n ................................................................ X
FR A N C E SC O P A L L : Marino Barlezio, uno storico umanista 135
C o n s t a n t i n M AR IN ESCU : Jacques Basilicos «Le Despote»,
Prince de Moldavie (1561— 1563), écrivain militaire . 319
C O N ST A N TIN M A R IN ESCU : A propos d’une biographie
de Jacques Basilicos l ’Héraclide, récemment décou­
verte .......................................................................................... 381
I. I. P O D E A : A contribution to the study of Queen E li­
zabeth’s Eastern policy .................................................... 423
C. G Ö L L N E R : Die österreichische Auswanderung nach
Russland im X V III. J a h r h u n d e r t.................................. 477
I. C R Ä C IU N : L a contribution roumaine à l ’historiogra­
phie g é n é r a l e ......................................................................... 521

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