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La Gizzeria Medievale
nel XVI secolo
Fonti inedite per una indagine storico - demografica: La
numerazione dei fuochi del 1544
Il volume è stato realizzato con il contributo del Comune di
Gizzeria
Si ringraziano:
prof. Francesco Altimari, Università degli Studi della Calabria
prof. Giuseppe Masi, Università degli Studi della Calabria
Foto
Ove non specificato le foto contenute nel volume sono dell'autore; per il
restante repertorio fotografico si ringrazia quanti hanno contribuito con le
loro donazioni.
In copertina:
1- Logo del Centro Storico Culturale Hydria
2- Gizzeria, località Ponte 1905, prop. Ettore Cortellaro
Editing:
Progetto grafico e impaginazione di Giusy e Elisa Trapuzzano
Premessa
Uno dei più illustri sociologi della metà del secolo scorso, Bar-
rington Moore Jr., ha osservato che l’impresa intellettuale che si
misuri nel tentativo di descrivere e spiegare le azioni umane
succedutesi nel tempo, ha qualcosa di paragonabile al tentativo di
vivere in una vecchia abitazione usata da lungo tempo e ammobi-
liata da generazioni successive dai gusti molto differenti. Questo
atteggiamento non è esclusivo solo dell’impresa intellettuale: in
fondo, ne siamo più o meno consapevoli, ciò non è altro che la
concreta situazione in cui si trova ogni essere umano, poiché noi
tutti viviamo in una civiltà, che altro non è, da un punto di vista
estremamente concreto, il precipitato delle passate esperienze
umane.
Se condividiamo il fatto di riconoscere che questa è la
nostra condizione, di fronte a noi vi è, continuamente, la necessi-
tà di “risistemare” il “mobilio ereditato” decidendo che cosa si
tiene, cosa si scarta, dove devono andare certi pezzi, e, soprattut-
to, perché devono andare dove riteniamo, sulla base di quale
criterio debbono andare. Se concordiamo su tale affermazione, ci
deve essere familiare la necessita che, per rispondere a domande
su chi noi siamo, su chi noi siamo stati, e su chi potremmo e
potremo essere, per conoscere il “mobilio ereditato”, dobbiamo
10 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
Camillo Trapuzzano
Presidente Centro Storico Culturale Hydria
Parte Prima - Rifondazione del casale nel tardo Medioevo
1 P. Giuliani, Memorie storiche della città di Nicastro, Atesa Editrice. Bologna 1985,
p. 4 delle note.
2 Il censimento focatico, divenuto con Alfonso il Magnanimo un elemento importante
della politica fiscale del Regno, si basava sul rilevamento dei cosiddetti fuochi, cioè i
12 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
morto il 17 gennaio 1468, era figlio di Giovanni, signore dell’Arbano e di parte della
Valle di Matja. Trascorse la fanciullezza e la gioventù come ostaggio alla corte del
sultano turco in Adrianopoli, dove fu costretto a convertirsi al musulmanesimo;
avviato alla carriera militare nella quale ottenne eccellenti risultati, fu soprannominato
Scanderberg, nome turco che significa “principe Alessandro”, “Iscander Beg”. Il 28
novembre 1443, a seguito di una importante vittoria contro i Turchi, che portò alla
conquista della roccaforte di Croja, ritornò alla fede cristiana», in Cfr. Quaderni del
Palio n° 2, Chiesa e società nel Principato di Bisignano dal 1462 alla fine del XVI
secolo, Bisignano, Atti del Convegno di Studi 22 giugno 1998 a cura di Luigi Falcone.
4 Forse da quelle stesse aree che, fin dal XIV secolo, erano state interessate da signifi-
Veneti. Altri Albanesi si stabilirono nelle isole dello Ionio ed in alcune dell’Egeo come
Tdra, Speze, Egina, Andro, Io, ecc[…]», in cfr. Titos P. Jochalas, Considerazioni
sull’onomastica e toponomastica albanese in Grecia, in Comunicazione letta in
occasione del 12° Congresso Internazionale di Onomastica tenutosi a Berna (25-30
agosto 1975). fileCUserscamtrapAppDataLocalTemp1269-2550-1-SM.pdf.
5 Secondo una tradizione di studi storici consolidata, l’emigrazione albanese in Italia è
avvenuta in un arco temporale che abbraccia tre secoli, dalla metà del XV secolo alla
metà del secolo XVIII. La formazione delle colonie albanesi risale a dopo il 1468,
anno della morte dell’eroe nazionale, Giorgio Castriota Skanderbeg. La composizione
etnica della popolazione che intraprese la fuga era però più complessa: «È anche il
caso di sottolineare che importanti gruppi di immigrati albanesi provennero non
dall’Albania ma dalla Grecia, dove gli albanesi avevano cominciato ad emigrare sin
dal secolo XIV e dove pure si erano duramente scontrati con i turchi», in cfr. Paolo
Petta, Desposti d’Epiro e Principi di Macedonia: esuli albanesi nell'Italia del Rina-
scimento, Argo Editore, Lecce 2000, p.14.
Sulla diaspora Albanese, e sulle varie fasi della loro venuta nel meridione d’Italia, si
rimanda alla lettura delle varie pubblicazioni che in questi ultimi anni sono stati
prodotti, in particolare con quanto scritto da M. Mandalà, Mundus vult decipi. I miti
della storiografia arbëreshe, Palermo, 2007, P. Petta, Stradioti – Soldati albanesi in
Italia (sec. XV-XIX), Argo, Lecce 1996; V. Giura, La vita economica degli Albanesi in
Calabria nei secoli XV-XVIII, in “Gli Albanesi in Calabria – Secoli XV-XVIII”, a cura
di C. Rotelli, Ed. Orizzonti Meridionali, Cosenza 1990, D. A. Cassiano, Il paese
scomparso, Ed. Libreria “Aurora”, Corigliano Calabro (Cs) 2009, e da tanti altri
studiosi, da cui scritti online ho tratto dei brani che ho inserito in questa riflessione
storica-demografica.
6 Mariarosaria Salerno, L'Ordine di Malta in Calabria e la commenda di San Giovanni
studiosi e in diverse pubblicazioni. Restano sempre, però, delle lacune da riempire per
la mancanza di documenti e di notizie esatte, per cui riesce difficile precisare quando le
diverse colonie giunsero ai nostri lidi, dove sbarcarono, e in quali paesi dimorarono.
PARTE PRIMA - RIFONDAZIONE DEL CASALE NEL TARDO 15
MEDIOEVO
1544 gran parte degli abitanti erano ‘Albanesi che hanno abitato
da 30 anni in su in lo casale di Jzaria’, (i nativi si vedranno nel
primo ventennio del 1500, nati cioè nel cinquantennio posteriore
al 1450); in secondo luogo perché evidenzia che, Gizzeria, a
metà del Cinquecento aveva toccato i vertici di una discreta
consistenza demografica, dal momento che i soli fuochi tassati
erano una ottantina, per una popolazione di circa 245 abitanti,
[sul casale di Gizzeria e le modalità insediative, (v. R. Zangari 1941,
pp. 42-43; C. Trapuzzano 2000], e che Gizzeria assorbì una parte
dei profughi che, a varie ondate 10, partivano dall’Albania, si
dividevano in Calabria e Sicilia per essere accolti in terre abban-
donate, casali diruti, terreni di vetuste abbazie rimasti incolti, ed
ivi si riunivano in parecchie famiglie e fondavano il loro villag-
gio. Si trattò quindi di una immigrazione diretta (v. D. Zangari
1941, pp. 42-43) 11, ciò si spiega col fatto che quasi tutti i cognomi
presenti (sia del primo che del secondo gruppo) appartengono
all’etnia albanese 12, e che nel documento figura un solo nomina-
tivo riferito a ‘latino, indigeno o italiano’ censito, come si prefe-
riva chiamarli allora per necessità di distinzione 13.
10 Notizie di migrazioni verso l'Italia dai paesi dell'altra riva dell'Adriatico si hanno
prima della conquista di Costantinopoli, avvenuta nel 1453, da parte dei Turchi. Gli
spostamenti erano determinati soprattutto dal fiorente commercio stabilitosi nei
territori governati dapprima dall'Impero romano e, quindi, sottomessi alla Repubblica
di Venezia. Si ritiene, in particolare, che sporadici passaggi di gruppi di albanesi in
Italia siano avvenuti già tra il XIII ed il XV secolo, e più precisamente nel 1272, nel
1388 e nel 1393. Tratto da F. Altimari, Profili storico-letterari, in L’Esilio della
parola, curato da F. Altimari, M. Bolognesi e P. Carrozza (1986).
11 Domenico Zangari, Le Colonie Italo Albanesi di Calabria, Napoli, 1941.
12 I cognomi arbëreshe più diffusi erano: Bideri, Brajle, Brescia, Buba, Carcze, Cacos-
sa, Craps, Crapuczano, Chirialese, Colista, Dara, Figlia, Franze, Greco, Manisci, Mase,
Pacera, Peta, Rosato, Sciglia e Staffe, (tra i cognomi prevalgono Mase, Carcze e
Franze).
13 Di una tale convivenza troviamo conferma nei documenti successivi alla seconda
15 Ibidem
20 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
altre angarie; come tanto si sarà uno, come se saranno doi Preti Greci
[..]»(v. C. Trapuzzano 2000, p. 64)
la descrizione prosegue con altre formalità di rito e dove
per Greci s’intende di rito.
Fino ai primi anni del 1600 la Santa Messa si celebrava
secondo il rito bizantino; ma già nel 1616 da documenti d'archi-
vio rileviamo che gli abitanti di Gizzeria si erano adattati al rito
latino 20.
Abbiamo quindi, all’inizio del XVII, e dopo circa un se-
colo dal loro insediamento, la fine del rito greco-bizantino a
Gizzeria, e si abbracciò ufficialmente il rito latino, non sappiamo
se ci furono resistenze mentali più che materiali tra gli stessi
abitanti a questa volontà espressa dall’autorità locale, quello che
sappiamo che l’ultimo prete greco fu un certo Antonio Trapoza-
no:
è dato di sapere, se ci furono resistenze mentali più che materiali tra gli stessi abitanti a
questa volontà espressa dall’autorità locale. Possiamo solo dire che nel corso del “600
il rito greco, esercitato per più di un secolo, era sostituito da quello latino e che la
celebrazione della messa era affidata ad un prete “latino” come è il caso di don A.
Ventura prima e di don Carlo de Bartolis poi. Nel 1665 cappellano curato era un certo
Don Francesco Piccolo. C’è da rilevare inoltre che nell’anno 1647 il sacerdote don
Francesco Masi era Vicario in rappresentanza dell’Ordine Gerosolimitano di San
Giovanni a Santa Eufemia del Golfo.
21 Forse, Cacossa o Cacozza.
PARTE PRIMA - RIFONDAZIONE DEL CASALE NEL TARDO 23
MEDIOEVO
22 P. Canart, Les Vaticani Graeci 1487-1962, Città del Vaticano, 1979, pag. 174.
24 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
23 APCT, a riprova della agiatezza di alcune famiglie, rileviamo, da una copia del libro
dei battezzati del Comune di Gizzeria che: «1) l’anno del Signore 1789, il 5 del mese
di Novembre. Gaetana Francesca Domenica Carlotta Miceli figlia legittima e naturale
di Francesco Antonio e Marina Cacozza, coniugi, è nata ieri, ed oggi fu battezzata da
me sottoscritto. Padrini furono l’Eccellentissimo Signor Barone Don Francesco Parisio
e Donna Gaetana Parisio, ed in fede; 2) l’anno del Signore 1790 il giorno 26 del mese
di Marzo. Paolo Maria Toja figlio legittimo e naturale del Dottore in Legge Civile e
Canonica, Don Vincenzo Toja e Donna Saveria Miceli, coniugi, fu battezzato
dall’Ecc.mo Baiulo e Barone Don Giacinto Commendatario Parisio e Donna Gaetana
Parisio.»
24 Accresciuta la popolazione e il benessere di molti dei suoi cittadini nel 1753 trovia-
mo che a governare il paese erano stati chiamati: mag.co Giovanni Cacozza, Sindaco;
mag.co Paolo Franzi, cancelliere; eletti nel ramo dei civili: mag.co Giovanni Miceli e
mag.co Ottavio Franzì; dei mediocribus: Domenico Crapis e Isidoro Vertino; inferiori-
bus: Francesco Chierelesi e Paolo Chirillo.
25 ASCZ, con atto notarile del 1719, rogato presso il notaio Domenico Antonio Dara si
prima del SS. Sacramento 26, poi soppressa; la seconda della SS.
Annunziata, operante fino agli anni 40 del Novecento. Mentre F.
Scordovillo ci informa che fu fondato un istituto di credito «con
sede principale in Sant’Eufemia e con succursali in Yzzaria (con
più di 200 clienti) e Nocera»27.
Corpo di Cristo e del SS. Sacramento, con lo scopo di incrementare il culto eucaristico,
di partecipare alle processioni eucaristiche, di accompagnare il SS. Sacramento nel
viatico agli inferi. Le Confraternite del SS. Corpo di Cristo e del SS. Sacramento
hanno notevole impulso nel 1539 sotto il pontificato di Paolo III. Nell’Italia Meridio-
nale, e specialmente in Calabria, venivano affidate all’Arciconfraternita del SS.
Sacramento, poste nelle Cattedrali e nelle Chiese parrocchiali, la Cappella del SS.
Sacramento. Pertanto per norma del diritto canonico, la Confraternita del SS. Sacra-
mento divenne obbligatoria in tutte le chiese parrocchiali_(cfr. Padre Russo, Storia
della Chiesa in Calabria, Rubettino, Soveria Mannelli, 1982, pp.664-665).
27 Francesco Scordovillo, Aspetti e figure nei feudi di Nicastro, Maida e Sant’Eufemia
del Golfo tra il XVI e il XVIII sec, Calabria Letteraria Editrici, Soveria Mannelli 1993,
p.144
26 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
del 1595. Si tratta di un cognome oggi presente, anche con una certa diffusione, solo in
questo centro calabrese del Lametino. Secondo G. Caracausi, sarebbe attestata
nell’ambito siculo-calabrese nella forma Crapisi (con le varianti Crapes e Crapsi) e
deriverebbe dalla voce albanese Kràpësi, attestata nei registri parrocchiali di Piana
28 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
degli Albanesi nei secoli XVI – XVIII. Secondo lo stesso studioso siciliano, esso
potrebbe forse anche derivare dal toponimo ή KράΨη, registrato nel distretto di
Giannina (Epiro) (cf. Girolamo Caracausi, Dizionario onomastico della Sicilia.
Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luogo, vol. I (A-L), Centro di
Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo 1993, p.460). A parere di G. Valentini
si tratterebbe di un cognome di origine stradiota: “ I Krapis compaiono dapprima come
stradioti a partire dal 1504; fra essi un Andrea Crapisi di Corone si distinse come
capitano al servizio di Carlo V nel suo tentativo di conquista della Morea e vi rimase
poi ritirandosi, a quanto sembra, in Sicilia, ottenuto nel 1533 il cavalierato, impiego e
stipendio vitalizio; in Albania abbiamo un toponimo Krapsi nella Malakastra e uno
che da centro della tribù meridionale dei Malacassi”(cf. il suo importante contributo
“Sviluppi onomastico-toponomastici tribali delle comunità albanesi di Sicilia”, in
Bollettino del Centro Studi Filogici e Linguistici Siciliani, Palermo 1955, p. 25).
30 Ibidem, p. 61: Oggi attestato nella comunità nella forma Masi, che compare già nella
seconda registrazione del 1595, compresa nella Platea del 1614. Secondo Giuseppe
Valentini s.j. (cf. il suo prezioso contributo “Sviluppi onomastici-toponomastici tribali
delle comunità albanesi di Sicilia”, pp 5-28, in Bollettino del Centro Studi Filologici e
Linguistici Siciliani, vol. III, Palermo 1955, p.8), “[…] il cognome Mansius, de Masio,
de Massio (che però potrebbe essere Mashi), è frequentemente attestato nel Catasto
veneto per la regione scutarina del 1416-1417; poi dal 1482 al 1549 troviamo dei Masi,
Maza, Massi e Maxi (Masci ?) tra gli stradioti; un Matteo Masa nel 1487 è tra i
fondatori di Piana; un Colla Massi e un Marin Massdi (Mazi? Masci?) figurano tra i
‘vecchi capi principali’ del 1602 l’uno per la provincia di Petrella e l’altro per quella di
Padenia (?), e un Mazi è un cognome che si sente ancora non infrequentemente nello
Scutarino; nella toponomastica abbiamo un Mazi presso Janina nell’antica regione dei
Malacassi, detto altrimenti Mazia, e un Mazia presso Paramythia, un Masi o Mazion
nell’eparchia di Konica; 3 Mazi nel nomo di Attico-Beozia, eparchia d’Attica e
Megaride, e uno per ciascuna delle eparchie di Argo, Corinto, Elea, Olimpia’. La
forma oggi più diffusa di tale cognome, Masci [alb. Mashi] potrebbe rappresentare,
come ipotizza il Solano (cf. Francesco Solano, ‘La realtà storico- linguistica delle
comunità albanesi d’Italia’, in F. Altimari e L.M. Savoia (a cura di), I dialetti –
italo.albanesi, cit., p.73) anche la forma italiana scritta – con evidenti condizionamenti
ortografici dovuti al più ridotto repertorio fonologico (e grafemico) dell’italiano
rispetto all’albanese – dell’originale Mazhi (così nella parlata di Eiannina, in cui tale
cognome è tutt’oggi presente, si sente oggi pronunciato il cognome che viene trascritto
PARTE SECONDA – APPENDICE DOCUMENTARIA 29
anni 42, Joanne, figlio di anni 22, Thodaro figlio di anni 19. Abita in
detto casale da 35 anni. Possiede tugurio, vigna e tre bovi. 8) Paulo
Mase di anni 32, sua moglie Maria di anni 27, Joanne figlio di anni 5.
È nato nel detto casale. Possiede casa, vigna e 4 bovi. 9) Joannello
Mase di anni 42, sua moglie Margarita di anni 32, Antonio figlio di
anni 10, Cosmiano figlio di anni 14, Petro figlio, morto, Palomba
figlia di anni 6, Isabella figlia di anni 4, Paulo figlio di anni 19, Meni-
ca moglie di Paulo di anni 20. Abita nel detto casale da 33 anni.
Possiede casa, vigna, quattro bovi ed un cavallo. 10) Paulo Chiriale-
se 31 di anni 42, sua moglie Menica di anni 37, Joanne figlio di anni 19,
Thodaro figlio di anni 7, Maria figlia di anni 14, Bella figlia di anni 4,
Sonda figlia di anni 3) Abita in detto casale da 37 anni. Possiede
tugurio, due bovi e sessanta capre. 11) Mastro Paulo Carcze di anni
52, sua moglie Maria (morta) di anni 42, Stephana (seconda moglie)
di anni 42, Luca figlio di anni 19. Abita in detto casale da 35 anni.
Possiede tugurio, vigna e tre bovi. 12) Angelo Sciglia di anni 52, sua
moglie Caterina, di anni 42, Nicola figlio di anni 17, Crescia figlia di
anni 12. Abita in detto casale da 33 anni. Possiede tugurio et badoj-
nam.
Albanesi che hanno abitato da 30 anni in bascio nel detto ca-
sale di Izaria.
1) Angelo Dara 32 di anni 26, sua moglie Angela di anni 23,
Joanne figlio di anni 4, Bascia figlia di anni 2. Abita in detto casale da
3 anni. Possiede tugurio e due bovi. 2) Cosmiano Buba 33 di anni 31,
però Masci): ‘non essendovi nella ortografia italiana un segno che rappresentasse il
suono /C/ si è ricorso al grafema più prossimo, ossia <s>”.
31 Ibidem, p. 59: Oggi è attestato nella comunità di Gizzeria il cognome Crialesi. Si
può qui ipotizzare come forma base l’albanese Crielesi (alb. Krieleshi) “testa chioma-
ta”, cognome nel passato attestato anche nella comunità arbëreshe di San Nicola
dell’Alto, nel Crotonese
32 Ibidem, p. 60: […]…anche Dara è un cognome arbëresh oggi attestato prevalente-
mente in Sicilia, con la sola eccezione di Andali, comunità arbëreshe del Catanzarese
dove registriamo tutt’oggi una alta frequenza di tale cognome[…]
33 Ibidem, p. 58: Probabilmente entrato dal ‘baby talk’ col significato di “ferita”,
questo cognome nella forma italianizzata Bubba si conserva oggi nelle comunità
30 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
sua moglie Lucretia di anni 23, Menico figlio di anni 4, Maria figlia di
anni 3. Abita in detto casale da 10 anni. Possiede tugurio ed un bove.
3) Joanne Francze di anni 17, sua moglie Maria di anni 18. È nato in
detto casale. Possiede soltanto il tugurio. 4) Thodaro Cacossa 34 di
anni 44, sua moglie Margarita di anni 37, Georgio figlio di anni 16,
Demitre figlia di anni 14, Joanne figlio di anni 6, Antonio figlio di anni
3, Bascia figlia di anni 9. Abita in detto casale da 8 anni. Possiede
casa, vigna e tre bovi. 5) Menica vedova del quondam Giovanni Bre-
scia di anni 37. È sola e poverissima. 6) Antonio Brescia35 di anni 37,
sua moglie Polisena di anni 22, Thodaro figlio di anni 6, Rosa figlia di
anni 2. Non possiede nulla. 7) Loscio alias Thomase Buba, di anni 32,
sua moglie Maria di anni 27. Abita in lo Amato dove è numerato n° 24
folio 41. 8) Menico Mase di anni 47, sua moglie Chaterina di anni 42,
Georgio figlio di anni 19, Margarita figlia di anni 13, Diana figlia di
anni 8. Abita nel detto casale da 3 anni. Nulla possiede. 9) Georgio
Mase di anni 32, sua moglie Annesca di anni 27, Petro figlio di anni 6,
Joanna figlia di anni 1. Abita nel detto casale da 3 anni. Nulla possie-
de. 10) Guglielmo Figlia36 di anni 52, sua moglie Maria di anni 42,
Antonio figlio di anni 14, Dianora figlia di anni 4. Abita nel casale da
due anni. Possiede il tugurio e 4 capre. 11) Joanne Mase, di anni 37,
sua moglie Maria di anni 32, Cola figlio di anni 9, Thodaro figlio di
anni 5. Abita nel casale da 7 anni. Possiede solo il tugurio. 12) Angelo
Calabria (cf. Salvatore Bugliaro, Dizionario dei cognomi e soprannomi di San Deme-
trio Corone, Grafosud, Rossano 1999, p. 22), rappresenta sicuramente una forma di
adattamento “italianizzato”, con scambio delle liquide alveo dentali /l/~/ſ/, del cogno-
me originario Blescia [alb. Blesha], che troviamo attestato nello stesso periodo intorno
alla metà del XVI secolo – tra gli albanesi del Molise, e specificatamente a Campoma-
rino […].
36 Ibidem, p. 60: Cognome arbëresh diffuso sia in ambito siciliano, comunità di
Mezzojuso, sia in ambito calabrese (comunità in cui risulta attestato: Cerzeto, Vena di
Maida, Macchia Albanese, San Cosmo Albanese).
PARTE SECONDA – APPENDICE DOCUMENTARIA 31
Bideri di anni 42, sua moglie Maria di anni 37, Thodaro figlio di anni
4, Menica figlia di anni 9, Chatarina figlia di anni 3. Abita in detto
casale da 5 anni. Non possiede nulla ed è senza tugurio. 13) Michele
Carzie di anni 32, sua moglie Sicilia di anni 27, Joanne figlio di anni
4, Chiara figlia di anni 2. Abita in detto casale da 4 anni, non possiede
nulla ed è senza tugurio. 14) Geogio Francie di anni 27, sua moglie
Vascia di anni 22, Rosa figlia di anni 4, Czoga figlia di anni 1. Abita
in detto casale da 6 anni, non possiede nulla ed è senza tugurio. 15)
Luca Peta 37 di anni 37, sua moglie Maria di anni 22, Petro figlio di
anni 5, Georgio figlio di anni 3. Abita in detto casale da 2 anni. non
possiede nulla ed è senza tugurio. 16) Presbiter Nicolai Pacera di anni
42, sua moglie Maria di anni 32, Mallea figlia di anni 13, Georgio
figlio di anni 5, Joanne figlio di anni 2, Dianora figlia di anni 4. Abita
in detto casale da 10 anni. Possiede il tugurio e due bovi. 17) Dianora
vidua del quondam Antonio Figlia, di anni 42, Andrea figlio di anni
20, Maria figlia di anni 17. È poverissima. 18) Martino Mase di anni
42, sua moglie Menica di anni 38, Joanne figlio di anni 9. Abita in
detto casale da 5 anni. Nulla possiede ed è senza tugurio. 19) Annesca
vidua del quondam Lois Bideri, di anni 42, Paulo figlio di anni 22,
Vascia figlia di anni 19: Non possiede nulla. 20) Prejti Dominico
Crapuzano 38 di anni 32, sua moglie Menica di anni 27, Maria figlia di
37 Ibidem, p. 62: Tra i centri albanofoni del Mezzogiorno dove tutt’oggi si registra il
cognome Peta/Petta [in albanese ‘schiacciata’] si ricordano Ururi, Pallagorio, Caraffa e
Andali. Come ci attesta il Valentini, “I Peta o Petta erano anch’essi stradioti37 dal 1473
al 1541, e tra essi, o meglio nella generazione precedente, va ricercato il Nik Peta eroe
delle rapsodie siculo-albanesi; la toponomastica ci dà in Albania una regione di Peta,
suddivisione della Laberia di Volona, e una località omonima presso Arta; in Grecia
abbiamo il toponimo nell’eparchia di Patrasso e in Arcadia; inoltre una famiglia Peta si
trova anche in “Belusi” al Zante; in Sicilia il cognome è corrente (Peta o Petta) e la
stirpe è venuta prima del 1520 da Andro”, in “Sviluppi onomastico-toponomastici ecc.
38 Il cognome, nei documenti d’archivio, lo troviamo sia come Trapuzzano Trapesano
(in gr. da ‘trapeza, mensa, tavolo) che Crapuzano o Crapuczano. Si tratta forse dello
stesso cognome. Potrebbe trattarsi di cognomi provenienti dall’area del Kozani dove
risiedono diverse colonie di albanesi. Esiste un piccolo paese, nella provincia di
Kozani (Macedonia) chiamato ‘Trapesizza (tavolino) i cui abitanti vengono chiamati
32 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
‘trapesuzzani’. Il cognome, fin dal 1500 è attestato a Gizzeria e in Sicilia fino ai primi
anni del 1600: […] è doveroso ricordare tutti i sacerdoti, che dal 1500 ad oggi hanno
operato nella chiesa locale di rito bizantino e che sono 78, quasi tutti nati a Contessa,
eccetto i primi, fino all’inizio del 1600, i cui cognomi Trapesano, Papadopolo, Amplo,
Prifti, ecc) fanno presumere che siano giunti dalla Grecia o dalla parte meridionale
dall’Albania[…] v. Lajme Notizie – Eparchia di Lungro, Anno X, Numero 2, Maggio-
Agosto 1998.
39 F. Altimari, Tracce onomastiche …, cit, p. 56:[…] potrebbe trattarsi di cognomi di
persone nel frattempo emigrate a Gizzeria a seguito di passaggi interni da altre aree o
comunità, arbëreshe e non della Calabria – è forse il caso di Colista - Colistra, attesta-
to in diversi centri albanofoni e non, del Lametino come Zangarona, Vena di Maida,
Caraffa di Catanzaro, ecc. Oppure abbiamo a che fare con cognomi di persone facenti
parte di altri flussi di mobilità proveniente dall’area greco-albanese dei Balcani, e in
particolare dalla Morea, interessata nella prima metà del XVI secolo, a seguito della
caduta in mano dei turchi della città di Corone e Modone, da un consistente movimen-
to migratorio che si indirizzo prevalentemente in centri del Meridione, già ripopolati
dagli albanesi del secolo precedente. A questa seconda ipotesi ci spingerebbero
attestazioni di cognomi come Comitescia, Lata e Manis.
PARTE SECONDA – APPENDICE DOCUMENTARIA 33
40 Ibidem, p. 60: L’etnonimo Greco veniva usato nel Medioevo in opposizione a latino
per indicare persone che seguivano il rito religioso greco-bizantino. Esso non aveva
pertanto una connotazione nazionale stricto sensu. Dopo il XVI secolo esso passò a
indicare comunemente nel Meridione d’Italia l’albanese che seguiva il rito religioso
greco-bizantino e tale identificazione fu molto marcata, al punto da essere recepito
anche nella toponomastica di molte comunità albanesi del Meridione: ecco perché
ritroviamo quale toponimi ufficiali di centri albanofoni e in origine tutti di rito greco-
bizantino Piana dei Greci (dal 1941 poi Piana degli Albanesi), in Sicilia, Rota Greca,
in Calabria, Greci in Campania. In certi particolari contesti, com’è il caso di alcune
aree albanofone linguisticamente più deboli come quelle del Catanzarese,
l’identificazione esterna è arrivata al punto da influenzare la stessa autoidentificazione,
anche se solo nominalmente, perché la coscienza etnica albanese era ed è tuttora ben
viva in queste popolazioni di origine arbëreshe: ecco quindi come spiegare
l’espressione holjënjë (<foljënjë) ngriku a Zangarona di Lamezia Terme e fjas ngreku
ad Andali per “parlo albanese”.
41 Ibidem, p. 61: Manìsci [alb. Manìshi], Manìssi, Manis, Manes sarebbero varianti
dello stesso cognome, riconducibili ad una forma originaria Manes ˷ Manës. Probabil-
mente anche Minìsci [alb. Minìshi] (oggi pronunciato Mìnisci, con ritrattazione
dell’accento per influenza dell’italiano) costituisce l’esito di una variante venuta fuori
per effetto di assimilazione vocalica Manìsci.
42 Ibidem, p. 58: Braile – Braila –Tale cognome oggi risulta diffuso quasi esclusiva-
mente nell’area albanofona del Cosentino, nei centri di Frascineto, Spezzano Albanese,
San Demetrio Corone e San Cosmo Albanese.
34 LA GIZZERIA MEDIEVALE NEL XVI SECOLO
27, Maria figlia di anni 6, Cola figlio di anni 3. Abita nel detto casale
da 7 anni. Possiede tugurio ed un bove. 51) Joanne Buba di anni 27,
sua moglie Dianora di anni 22, Cola figlio di anni 5. Abita in lo Ama-
to. 52) Georgio Dara di anni 20, sua moglie Maria di anni 21, France-
sco figlio di anni 4, Diana figlia di anni 1. Abita nel detto casale da 4
anni. Nulla possiede ed è senza tugurio. 53) Maria vedova del quon-
dam Agostino Colista, di anni 42. Marcho, figlio di anni 23 (morto). È
poverissima».
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