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(12)
Collana diretta da Giovanni Gorini
I RITROVAMENTI MONETALI
E I PROCESSI STORICO-ECONOMICI NEL MONDO ANTICO
a cura di
Michele Asolati
Giovanni Gorini
Questo volume stato pubblicato con il contributo del MIUR (Fondi 40%) 2008-2012
nellambito del progetto I ritrovamenti monetali come strumento di conoscenza e di
verifica dei fenomeni di rafforzamento e rivalutazione della moneta antica e medievale,
coordinato dal prof. Giovanni Gorini
SOMMARIO
Premessa
11
Catharine C. Lorber
Egyptian hoards relating to the abandonment of the Attic standard by Ptolemy I
33
Selene Psoma
Royal bronze coinages versus civic bronze coinages.
The tale of two stories for Greek history
49
Giovanni Gorini
Ripostigli e multipli della moneta corrente in Grecia
65
Mariusz Mielczarek
On the coin circulation and coin hoards in Greek Nikonion
79
Giuseppe Sarcinelli
Analisi delle dinamiche di contatto tra poleis greche ed ethne indigeni
nellarea della Siritide attraverso lo studio dei rinvenimenti monetali
87
Rosa Vitale
Presenza monetaria e contesti archeologici a Pompei: let sannitica
119
151
191
217
Cristina Crisafulli
La riforma di Aureliano e la successiva circolazione monetale in Italia
255
Michele Asolati
Questioni di fiduciariet: la tesaurizzazione del nummo e le riforme
monetarie del bronzo da Anastasio a Giustiniano I
283
Andrea Gariboldi
Un ripostiglio di monete dei Bukharkhudat da Sandar-ach (Tagikistan)
327
Aleksander Bursche
Recording ancient coin finds in Poland: current status
347
Andrea Saccocci
Struttura dei rinvenimenti monetali in Italia
Centro-settentrionale nel periodo della grande svalutazione
del denario (secc. X-XIV)
Nel trattare di svalutazione monetaria, in un congresso internazionale come questo, appare necessario fare una piccola precisazione linguistica, riguardante chi come
noi pensa e scrive in italiano. Nel linguaggio corrente tale lingua non distingue fra
svalutazione e svilimento della moneta1, perch entrambi i fenomeni prevedono una
perdita di valore della moneta, ma tecnicamente i due fenomeni sono ovviamente
diversi. La svalutazione (devaluation in inglese) riguarda infatti il valore nominale
della moneta, cio in pratica il suo potere dacquisto, che non necessariamente in
rapporto diretto con il suo contenuto metallico, lo svilimento o limpoverimento (debasement in inglese) invece riguardano unicamente il contenuto metallico. A sua volta
tale svilimento pu riguardare sia il metallo fisicamente presente in una singola serie
monetale, ridotto attraverso la diminuzione del peso e/o il peggioramento della lega,
sia, in senso lato la cosiddetta parit metallica, cio la quantit di metallo equivalente
ad una certa unit di conto, ad esempio il denario o il solido2. In questo secondo caso
anche un apparente miglioramento della qualit della moneta, come lintroduzione di
un esemplare di buon metallo (oro e argento) e di buon peso, pu rappresentare uno
svilimento, se il suo valore nominale risulta sopravvalutato rispetto al passato, in quanto
a valore intrinseco3.
In questo sede noi utilizzeremo sempre i termini svilimento o svalutazione nel loro
significato pi ampio, cio quello di peggioramento della parit metallica di una determinata serie monetale.
Una seconda questione riguarda la persistente spaccatura, fra gli studiosi, fra chi
vede nello svilimento della moneta essenzialmente un atto temporaneo ed eccezionale
di natura politica, legato alla volont dei principi di finanziare le proprie guerre o le
proprie necessit in genere, secondo un antica tradizione di pensiero4, e chi invece
96
andrea saccocci
ritiene che tale impoverimento nel lungo periodo sia soprattutto la conseguenza di fattori soltanto economici, indipendenti da qualsivoglia volont soggettiva. Questa spaccatura sembra dividere soprattutto chi si occupato di regioni settentrionali nel basso
medioevo (sec. XIV-XV)5, come lInghilterra, la Francia e le Fiandre, da chi ha indirizzato le proprie ricerche principalmente alle aree mediterranee nel medioevo centrale
(sec. X-XIII), come lItalia e Bisanzio6. Per questo potrebbe esser stata determinata da
uneffettiva diversit nel contesto economico indagato, piuttosto che da una semplice
differenza di punti di vista o di approccio ideologico alla questione da parte dei vari
studiosi. Ci sembrato pertanto utile verificare se anche riguardo a tale problematica i
rinvenimenti monetali potessero fornire indicazioni di qualche utilit.
Venendo alla svalutazione che colp il denario delle zecche italiche tra X e XV secolo, possiamo dire che esso merita di essere definito la grande svalutazione pi di
qualunque altra manovra monetaria di lungo periodo che sia stata portata avanti in
Occidente, almeno dopo la svalutazione del denario di Roma nel III secolo d.C.7. Non
solo questo svilimento ridusse fortemente la parit metallica delle varie librae italiane8,
trasformandole nelle valute pi economiche disponibili in Europa per un lunghissimo
periodo, ma fu anche una delle principali cause della precoce introduzione in Italia
di quasi tutte quelle innovazioni che rivoluzionarono la storia della moneta medievale,
come i grossi, i fiorini doro, i piccoli in rame, i testoni dargento9.
Nel contesto di questo convegno possiamo attribuire a questo fenomeno anche
lindiretto merito di essere allorigine del moderno dibattito sulle cause generali del
peggioramento della moneta in epoca pre-industriale e della spaccatura cui abbiamo
trattatista Nicole Oresme; v. Tractatus etc., capp. VIII-XXVIII, in Traictie 1864, pp. CII-CXX.
5
Tale punto di vista appare oggi ben sintetizzato da Spufford, che vede il debasement essenzialmente
come una sorta di sottoprodotto della guerra; v. Spufford 1991, pp. 289-318, Spufford 1989; cfr. anche
la voce Abwertung nel lessico Von Aktie 1995, realizzata da J.H. Munro, uno dei maggiori esperti di storia
monetaria delle Fiandre nel basso medioevo
6
V. infra, bibliografia citata alle note 10-15.
7
In realt lespressione grande svalutazione, nel senso di great debasement, stata usata soprattutto per
indicare le manovre monetarie che dal 1542 al 1551, sotto i regni di Enrico VIII ed Edoardo VI, portarono
la valuta inglese a perdere due terzi del proprio contenuto di fino; cfr. Gould 1970: fu un impoverimento
enorme, riguardo alla tradizionale stabilit della moneta inglese nel Medioevo, ma nulla al confronto di
ci che era accaduto in Italia ed in genere nellarea mediterranea.
8
I cui denari, in certi casi, persero oltre il 98% del loro contenuto di fino, come a Venezia, la cui moneta sub lo svilimento pi accentuato: dal contenuto teorico di poco meno di 400 g dargento in epoca
carolingia, la lira veneziana si ridusse a quello reale di 6,3 g nel 1472, quando il doge Nicol Tron fece coniare la prima lira effettiva dEuropa; riguardo al periodo precedente al 1200 alcuni dati sulla svalutazione
della valuta veneziana in termini di contenuto intrinseco sono illustrati in Saccocci 2004, pp. 76-77; per
quanto riguarda il periodo 1200-1472, invece, dati completi sono riportati in Papadopoli 1893-1919, I, pp.
379-386, De Ruitz 2001, pp. 153-161; sugli standard della moneta veneziana in generale, fino al 1423, cfr.
Stahl 2000, pp. 354-368; riguardo alla situazione italiana nel suo complesso, infine, v. Cipolla 19752, pp.
13-74.
9
Per quanto le motivazioni contingenti allorigine di tutte queste innovazioni possano essere le pi
varie (cfr. ad esempio il recente dibattito sullorigine della moneta grossa in Italia, sintetizzato in Matzke
2000), molto improbabile che senza la rapida ed accentuata svalutazione del denario che caratterizz
le emissioni italiane si sarebbe ravvisata la necessit di produrre monete di elevato contenuto intrinseco
svincolate dal loro valore in moneta di conto, come il grosso, il fiorino ed il testone, e tanto meno quella
di produrre denari in rame.
97
accennato. Proprio analizzando la situazione Italiana nel suo pamphlet sulla storia della lira pubblicato nel 195810, Carlo Maria Cipolla formul la sua teoria sulla currency
depreciation che nel 1963 divenne un articolo autonomo pubblicato nella Economic
History Review11. Secondo tale teoria lo svilimento della moneta nel lungo periodo
era appunto una sorte di legge generale che regolava levoluzione della moneta metallica e soprattutto era principalmente causata da fattori che avevano poco a che fare
con le personali attitudini dei regnanti. Il primo concetto era gi stato espresso da
altri prima di Cipolla, mentre lidea dellindipendenza e della neutralit politica di
molti dei fattori che regolavano tale svilimento era qualcosa di molto pi innovativo,
anche se parzialmente anticipato da March Bloch nei suoi Esquisse pubblicati postumi
nel 195412. A quel tempo il debasement era ancora quasi esclusivamente spiegato con il
desiderio dei Principi di finanziare guerre o di guadagnare il pi possibile dallattivit
delle proprie zecche.
Data limportanza delle tesi di Cipolla, ai fini del nostro contributo, riteniamo utile
riproporre qui di seguito le probabili cause che a sua opinione avrebbero fatto della
svalutazione una conseguenza ineliminabile dello stesso sviluppo monetario:
a) laumento della domanda di moneta in relazione ad un aumento della popo-
lazione, del reddito e del grado di monetizzazione delleconomia
b) laumento della spesa e del deficit statale
c) la pressione di determinati gruppi sociali in favore dei profitti da inflazione
monetaria
d) lo squilibrio nella bilancia dei pagamenti
e) il regime delle zecche e la tecnica delle emissioni monetarie
f) la progressiva consunzione e la tosatura dei pezzi in circolazione
g) le fluttuazioni del rapporto AV/AR13.
Alla fine di questa analisi, notando che lo svilimento del denario era molto pi alto
nellItalia Centro-settentrionale che in altri paesi, Cipolla lo associ al maggior sviluppo economico di queste regioni, concludendo che la caduta del denaro fu a mio avviso pi un bene che un male. Sostanzialmente permise alla societ italiana del tempo di
evitare che lanelasticit dellofferta di metalli preziosi e la mancanza di un efficiente
organizzazione creditizia esercitassero una pressione deflazionistica che avrebbe strozzato il processo di sviluppo economico14.
Pi tardi, nel 1976, Cecile Morrisson analizz la forte svalutazione dintrinseco del
nomisma doro bizantino nellXI secolo, da un punto di vista simile ma con approccio matematico molto pi complesso, giungendo alla simile conclusione che lintensa
crescita economica del periodo ed il conseguente aumento della domanda di moneta
coniata dovettero essere le cause principali della svalutazione. Inoltre, osservando che
i due fenomeni di svalutazione, a Bisanzio ed in Italia, ebbero cause simili, sugger una
98
andrea saccocci
possibile connessione tra i due eventi, giustificata anche dalla loro contemporaneit15.
Successivamente gli studiosi, trattando della monetazione dellItalia centro-settentrionale, non hanno dedicato particolare attenzione alla tesi di Cipolla. Alcuni, probabilmente giudicandola troppo teorica, hanno evitato di discuterla pur esprimendo opinioni abbastanza vicine16, altri lhanno accettata esplicitamente, in modo pi o meno
entusiasta17, mentre molti di pi lhanno totalmente ignorata, spesso assieme allintera
questione del debasement 18. Tra gli entusiasti possiamo considerare noi stessi: effettivamente i nostri studi riguardo alla circolazione monetaria nelle regioni adriatiche
settentrionali dItalia sembravano rivelare un andamento, nello sviluppo monetario
dellarea, in grado di confermare pienamente la tesi che la svalutazione ebbe un influsso benefico sulleconomia. Per esempio risultava una quasi perfetta relazione cronologica tra limpoverimento delle emissioni di Verona e Venezia ed il loro diffondersi al
di fuori delle loro tradizionali aree di circolazione19. Per questo ci sembrato possibile
suggerire che proprio lo svilimento del denario abbia giocato un ruolo importante
nellattrarre argento verso le citt italiane, che in gran parte non possedevano proprie
miniere e perci dovevano contare sullimportazione di metallo grezzo dallestero20.
La comparsa a partire dal XII secolo di denari del Nord Italia nei rinvenimenti monetali dei distretti minerari della Germania meridionale e delle Alpi orientali, talvolta
in gran numero, certamente dimostra che i mercanti di argento di quelle zone accettavano volentieri anche questi esemplari estremamente poveri in pagamento del loro
metallo grezzo21. Inoltre la costante crescita delle presenze monetali nei rinvenimenti
archeologici della madrepatria, dall XI al XV secolo, correndo parallela con limpoverimento del contenuto di fino delle monete in circolazione, certamente testimonia
che la domanda di moneta coniata stava crescendo22. Ma ci che apparso ancora pi
Morrisson 1976.
il caso, ad esempio, di Alan Stahl, che nel suo libro sulla zecca di Venezia non discute esplicitamente la teoria di Cipolla, pur interpretando in genere la svalutazione come una riposta delle autorit
veneziane alle condizioni del mercato monetario, il che in qualche modo avrebbe potuto confermare le
tesi dello studioso italiano; v. Stahl 2000, soprattutto pp. 41-47, 51-63, 120-121; allo stesso modo si comportano Thomas Sargent e Franois Velde, nella loro opera sul problema degli spiccioli, pur giustificando anchessi il debasement quasi sempre come una conseguenza di uno shortage di moneta e manifestando
in altre occasioni una grande considerazione per le idee di Cipolla, cui il libro dedicato; Sargen, Velde
2002, passim (cfr. Subject index, s.v. debasements).
17
Accettano esplicitamente la tesi di Cipolla, ad esempio, Lane, Mueller 1986, pp. 24-28 e Balbi de
Caro 1993, pp. 128-129.
18
Sarebbe decisamente troppo lungo elencare i contributi sulle zecche italiane nei quali il problema
della svalutazione della moneta non viene affrontato, talvolta neppure come strumento oggettivo di seriazione cronologica del materiale.
19
Saccocci 2002, pp. 89-90; cfr. Saccocci 2004, pp. 77-78.
20
Saccocci 1999, pp. 52-53.
21
Si v. ad esempio Klein 1999, per quanto riguarda la presenza di monete italiane nella Germania
sud-occidentale, e Koch 1959, pp. 60-62, per quanto riguarda la loro diffusione in Carinzia; cfr. anche
la bibliografia citata sopra, a nota 19, che per prende in considerazione unicamente lesportazione di
monete di zecche venete.
22
Non ancora disponibile un repertorio dei rinvenimenti monetali di epoca medievale nellItalia
centro-settentrionale, sul modello di quello offerto da MEC, 14, pp. 401-430 per lItalia meridionale; tuttavia contributi simili sono previsti sia allinterno del MEC, 12 dedicato allItalia settentrionale, gi in fase
di stampa, sia del MEC, 13 dedicato allItalia centrale, in fase di avanzata elaborazione; mancano anche
15
16
99
significativo il fatto che non solo il numero delle monete destinate a questo livello
molto basso degli scambi (stiamo parlando di rinvenimenti singoli, quindi costituiti
da monete per lo pi perse accidentalmente e mai recuperate, o offerte alla chiesa)
fu in costante crescita durante tutto il periodo, ma anche che la quantit di metallo
fino da esse rappresentato crebbe in modo parallelo. stato possibile verificare questo fenomeno grazie allattivit di raccolta e studio dei rinvenimenti monetali svolta
nellambito del progetto Medieval European Coinage dellUniversit di Cambridge, in
particolare per quanto riguarda il 12 volume dedicato allItalia Settentrionale23, alla
cui redazione abbiamo avuto lonore di collaborare. Lenorme massa di dati raccolti,
assieme allo spoglio sistematico di tutta la relativa letteratura numismatica, ha infatti
consentito di poter analizzare i rinvenimenti anche dal punto di vista inusitato del loro
valore nominale complessivo e del loro contenuto intrinseco totale. Naturalmente tale
indagine ha riguardato tutte le regioni settentrionali dItalia, ad esclusione dellEmilia
Romagna24, ma qui per ragioni di evidente opportunit daremo conto solo dei dati
riguardanti il Triveneto, che per altro non si discostano dal quadro generale. Da un
lato, infatti, tale opera di ricerca non ha riguardato soltanto il sottoscritto, ma anche i
colleghi William Day e Michael Matzke, e quindi ci sarebbe dispiaciuto anticipare, con
nostre ipotesi personali, ricerche svolte anche da altri, mentre per quanto riguarda il
solo Triveneto le conclusioni presenti nellopera sono in gran parte basate sulle nostre
precedenti indagini; dallaltro riguardo a questultima regione gli ultimi anni hanno
visto la pubblicazione di numerosi studi sui rinvenimenti monetali, anche di carattere
generale, che se non altro consentono di fornire alle nostre argomentazioni qualche
supporto bibliografico aggiuntivo, rispetto ad un opera ancora in stampa come il MEC,
12. Abbiamo cercato di tabulare in un grafico per ciascun secolo, in percentuale del totale della popolazione considerata, il numero totale di monete dai rinvenimenti sporadici o da sito dellItalia Nord-orientale (in blu), il loro valore nominale medio in soldi
(in rosso), il loro contenuto di fino complessivo, cio la quantit totale di argento puro
presente nellinsieme di tutte le monete, in base al peso ed alla lega (in bianco) (fig.
1)25. Di sicuro lultima figura approssimata, a causa delle incertezze riguardo alla
contributi che illustrino la composizione e landamento complessivi dei rinvenimenti monetali (le recenti
pubblicazioni dedicate alla monetazione medievale italiana Castrizio 2005 e Travaini 2007 non affrontano largomento), ma qualunque analisi settoriale, in qualunque parte dItalia, ha verificato il costante
incremento delle presenze monetali nel periodo dal X al XV secolo; per alcune sintesi di carattere almeno
regionale v. Saccocci 2004, pp. 197-207, relativamente alle Venezie e Rovelli 2002, riguardo al Lazio.
23
MEC, 12.
24
MEC, 12 infatti non comprende questa regione, che invece illustrata nel volume dedicato allItalia
centrale.
25
Il numero complessivo dei pezzi presi in considerazione, poco pi di 4000, appare assai basso, rispetto alla massa di dati disponibile (in MEC, 12 sono registrati, escludendo i ripostigli, quasi 400 differenti
finds per quanto riguarda il Triveneto, con una consistenza variabile da uno ad un migliaio di esemplari);
tuttavia qui abbiamo potuto prendere in considerazione solo quelli di cui noto lesatto numero dei pezzi
ed stata fornita una classificazione accurata: in pratica solo quelli oggetto di una catalogazione scientifica, che sono ovviamente molti di meno. La suddivisione per secoli va considerata di massima (non essendo
sempre possibile distinguere nettamente le monete appartenenti ai diversi periodi) ed ha il solo scopo di
registrare landamento multisecolare del processo di svalutazione e di inflazione della moneta. Quindi i
valori relativi al contenuto intrinseco ed al valore nominale complessivi indicati per ciascun periodo han-
100
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Valori assoluti
XI sec.
XII sec.
XIII sec.
XIV sec.
XV sec.
32
366
830
1518
1599
2s + ?
44s 4d
151s 2d
319s 3d
471s 7d
9,3 g
81,7 g
148 g
218,18 g
231,95 g
Fig. 1. Composizione dei rinvenimenti monetali sporadici e da scavo nelle regioni venete, in termini
quantitativi e qualitativi.
lega di molte emissioni, ma non pensiamo che possa divergere significativamente dal
dato reale (perch tali incertezze rappresentano un errore casuale, quindi statisticamente non significativo)26. Come possiamo vedere, tutte le linee corrono pi o meno
no ovviamente un carattere puramente indicativo, non potendo registrare le variazioni metrologiche che
caratterizzarono le varie serie monetali allinterno di ciascun secolo.
26
Dobbiamo anche dire che nei ritrovamenti sporadici e da scavo ovviamente statisticamente poco
significativa la presenza di pezzi molto rari, per i quali non sono normalmente disponibili analisi metallografiche. Quindi per la quasi totalit degli esemplari abbiamo potuto contare su valori abbastanza attendibili, o perch conosciuti dalle fonti, o perch frutto di analisi chimiche distruttive realizzate soprattutto
101
parallele, il che testimonia che i tre dati, numero dei pezzi, valore nominale e argento
presente erano fortemente interconnessi. Il pi alto incremento del valore nominale,
nel passaggio fra XIV e XV secolo, a confronto con le altre figure, probabilmente
soltanto una distorsione ottica. In quel periodo Venezia conquist tutta la terraferma
veneta, inondandola con moneta piccola molto sopravvalutata con lo scopo di estrarre
le monete di buon argento dai nuovi domini27. Cos un analisi basata sul contenuto
metallico delle monete presenti nei rinvenimenti sporadici della regione, molto ricchi
di simili pezzi, potrebbe dare limpressione che la lira veneziana fosse stata fortemente
svalutata, mentre al contrario non sembra aver subito una particolare accelerazione
nel processo di svilimento, rimanendo pi stabile che nel secolo precedente28. Ad
ogni modo, abbastanza ovvio che lincremento nel numero di monete e laumento
nel loro valore nominale possono essere quasi identici nel contesto dei ritrovamenti
sporadici, solitamente dominati da un solo nominale: il denario29. Meno ovvio che
nello stesso contesto un aumento identico possa riguardare anche la quantit di argento disponibile sotto forma di quei denari. Dopo lintroduzione dei grossi dargento
nel corso del XIII secolo, infatti, certamente le zecche destinarono alla produzione di
questi pezzi di alto valore gran parte del nuovo metallo disponibile. Cos ci saremmo
dovuti aspettare che i meno costosi pezzi in mistura, al contrario, potessero soffrire di
una certa mancanza di materia prima. In parte questo era vero, a nostro parere, ed
probabile che questa scarsezza fosse una delle cause della svalutazione stessa, in quel
periodo. Tuttavia la quantit di argento disponibile in forma di denari non affatto
diminuita, ma addirittura aumentata (il che significa che il rifornimento di metallo
destinato a queste monete di poco prezzo corse pi velocemente della svalutazione
stessa): un fatto che sembra possibile spiegare proprio con la tesi da Cipolla sugli effetti
positivi della currency depreciation, che evidentemente permise a queste zecche di attrarnel corso dellOttocento. La particolare composizione dei rinvenimenti sporadici, letteralmente dominati
da pochi nominali (in genere il denario ed il quattrino) ha assai semplificato anche il calcolo del valore
nominale complessivo delle monete rinvenute. A questo proposito dobbiamo dire che abbiamo preso
in considerazione il valore facciale che le monete avevano al momento della loro introduzione, e non a
seguito di eventuali ritariffazioni, non essendo possibile conoscere con certezza a che punto della loro vita
sono andate disperse nel terreno. Questo in teoria potrebbe alterare lattendibilit del nostro calcolo, ma
dobbiamo dire che tali ritariffazioni da un lato riguardarono soprattutto monete grosse generalmente non
presenti nei rinvenimenti sporadici o da scavo (per le ben note eccezioni del doppio denaro veronese o
mediatino e del quattrino padovano, che furono ufficialmente svalutati, v. Saccocci 2004, pp. 143-145;
Saccocci 2005, pp. 91-93), dallaltro divennero frequenti soprattutto nel corso del XIV secolo, quando
invece Venezia e le altre zecche venete al seguito attuarono la scelta opposta di ancorare lunit di conto
alla moneta effettiva, a partire dallintroduzione del soldino veneziano nel 1331-1332; su questa riforma
monetaria, v. Lane, Mueller 1986, pp. 326-332; Stahl 2000, pp. 41-47.
27
Mueller 1980; Stahl 2000, pp. 81-86.
28
Nel corso del Trecento la lira veneziana perse c. il 45% del proprio contenuto intrinseco, passando
da g 15,771 a g 8,665 dargento, nel corso del Quattrocento soltanto il 28%, passando da g 8,665 a g 6.180
dargento; v. Papadopoli 1893-1919, I, pp. 382-383.
29
Che era la moneta di pi massiccio utilizzo nei piccoli scambi, almeno fino allultimo quarto del
XIV secolo, quando cominci la produzione continuativa di quattrini (pezzi da quattro denari) da parte
delle varie zecche; poich il denario oltre ad una moneta effettiva rappresentava anche lunit di conto
del sistema monetario medievale, appare ovvio che allaumento della sua presenza in circolazione (testimoniata dai rinvenimenti) dovesse corrispondere un identico aumento in valore nominale della massa
monetaria.
102
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103
Medioevo, quelle dei denari imperiali e poi comunali, il cui contenuto dargento assai
spesso fissava la parit metallica delle varie lire di conto. Effettivamente una tradizione
di ricerca numismatica da sempre interessata pi allo studio dellevoluzione diacronica
della monetazione in una singola citt, piuttosto che allanalisi sincronica di aree pi
ampie, aveva riservato scarsa attenzione alla compatibilit delle cronologie di monetazioni non appartenenti allo stesso ambito geografico o politico.
Fortunatamente negli ultimi anni proprio le ricerche sulla monetazione italiana
condotte nellambito del progetto MEC hanno affrontato la questione, nel tentativo
di aggiornare le cronologie anche attraverso il sistematico confronto fra tutte le serie
monetali coinvolte. Per quanto riguarda il volume 12 dedicato allItalia settentrionale,
da noi gi ricordato, tali ricerche hanno effettivamente condotto alla definizione di
un quadro cronologico completamente nuovo e molto pi omogeneo. Grazie ad esso,
anche le varie fasi della svalutazione del denario sono state delineate molto pi chiaramente. Il volume come abbiamo detto al momento in stampa, per cui non appare
il caso di anticipare le sue conclusioni, ma ci permettiamo di rilevare come il quadro
da noi analizzato solo per le regioni venete trovi una perfetta consonanza cronologica
anche nelle altre aree dellItalia Settentrionale e probabilmente Centrale. Questo ci
consente di ipotizzare come esso possa essere utilizzato per meglio comprendere i
meccanismi generali con i quali si realizz la svalutazione del denario.
In particolare tale quadro vede lalternarsi abbastanza regolare di pi lunghi periodi di stabilit o meglio di lento indebolimento della moneta, che tuttavia non sembra
interessare il suo valore nominale38 e soprattutto non oltrepassa i confini delle singole
aree monetarie in cui LItalia del Nord era suddivisa39, e di pi corti periodi di rapida
svalutazione (possiamo definirli crisi), che portarono al rapido cambiamento di tutte
le monete in circolazione, grazie allintroduzione di nuovi pezzi e/o allimportazione
di monete straniere. Tali crisi interessarono contemporaneamente tutte le aree monetarie dellItalia settentrionale e, presumiamo, anche centrale. Ci chiaramente
attestato dallevidenza dei tesoretti, che tendono a contenere tutte le varie monete
che circolavano durante uno dei periodi pi lunghi di stabilit, indipendentemente
dal loro contenuto intrinseco, ma pochissime monete, se non nessuna, appartenenti
alla fase pi antica e sopravvissute alla precedente crisi di svalutazione. In Veneto, ad
esempio, meno dell1% delle monete tesaurizzate in ciascun periodo appartiene ad un
periodo precedente40.
Qui di seguito abbiamo provato ad indicare le pi importanti crisi di svalutazione
che hanno colpito le regioni venete e che a nostro avviso hanno maggiormente condizionato la circolazione monetaria, quale pu essere desunta dai rinvenimenti, accennando alle loro principali caratteristiche e comparandole con quanto avvenne in altre
regioni italiane settentrionali. In tondo sono indicate le svalutazioni che bene o male
38
In altre parole allinterno di queste fasi di lenta svalutazione monete con diversi tenori di fino sembrano mantenere lo stesso valore nominale e circolano fianco a fianco, almeno a giudicare dai ripostigli.
39
Sul concetto di area monetaria nel medioevo v. Cipolla 19752, pp. 48-49; Travaini 1990; Saccocci
1999; cfr. ora anche Travaini 2007, pp. 181-191 e passim, che per non sembra tener conto di tutte le posizioni recentemente emerse sullargomento.
40
Dati tratti da MEC, 12, cap. Finds.
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sembrano colpire tutto il mercato monetario dellItalia settentrionale; con un asterisco una svalutazione che coinvolse probabilmente sola la circolazione monetaria nelle
regioni venete; con due asterischi due svalutazioni che su base documentaria possono
essere attribuite con certezza alla necessit di finanziare la politica espansionistica e le
conseguenti guerre di due Signorie, quella veronese degli Scaligeri nel 1336-1339, e
quella padovana dei Cararresi nel 1378-1386.
1. c. 990/1000: svilimento del denario da parte di Ottone III a Verona e forse a
Venezia41 / contemporaneo svilimento anche a Pavia, Milano e Lucca42.
2. c. 1100/1110: svalutazione dei denari di Verona e Venezia43 / le fonti documentano lintroduzione di denari sviliti (denari novi, bruni e brunetti) a Pavia e a Milano44.
3. c. 1190/1200: introduzione del grosso a Venezia (svilito in termini di parit argentea in rapporto ai vecchi denari) ed interruzione della produzione di denari45 / introduzione del grosso e forse interruzione della produzione del denario anche a Genova46.
4. c.1250/60: ripresa della coniazione del denario (ora piccolo) da parte di Venezia,
con un intrinseco peggiore47 / introduzione del fiorino nel 125248, passaggio al sistema
monetario veneziano delle zecche di Brescia e Mantova nel 125749; leghe monetarie del
1251 e del 1254 in Lombardia e Piemonte50.
5. c. 1300/1310: riforma monetaria da parte di Cangrande in Verona51, penetrazione dei grossi di Serbia ad imitazione di quelli di Venezia nellarea monetaria veneta e
poi nel resto dItalia52 / imitazione dei grossi di tipo veneziano e tirolese (che erano
comunque di piede veneto) da parte di molte zecche in Piemonte53, nel 1311 riforma
monetaria da parte dellimperatore Enrico VII in Lombardia54.
6*. 1331 -1332: introduzione del soldino e del mezzanino (mezzo grosso) in
Venezia55.
7**. c. 1336-1339: introduzione del mediatino in Verona56.
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Ad onor del vero dobbiamo dire che per quanto riguarda Venezia (ma la spiegazione adattabile ovviamente anche ad altre citt) una diversa ipotesi suggerita da Stahl 1989 (v. anche Stahl 2000, pp. 5562): la necessit di incrementare le entrate della zecca, per venire incontro alle pretese economiche dei
lavoratori specializzati della stessa zecca, ma anche di altri settori dellamministrazione cittadina, resi esosi
dal fatto di essere rimasti in pochi, avrebbe portato al peggioramento di intrinseco della moneta, cosa che
come noto poteva garantire un immediato incremento delle entrate. effettivamente una spiegazione
logica, che non ci sentiamo di controbattere, anche se a prima vista ci sembra che la prima conseguenza di
una situazione del genere avrebbe dovuto essere un peggioramento della qualit della moneta (dal punto
di vista formale), cosa che poteva comunque ridurre i tempi di lavorazione e quindi i costi, ed eventualmente la chiusura di molte zecche periferiche, non in grado di procurarsi validi lavoratori specializzati.
Niente di tutto ci, in effetti, sembra essersi verificato in Italia.
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