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Giovanni Lilliu

I NURAGHI
Torri preistoriche di Sardegna
prefazione di Alberto Moravetti
GIOVANNI LILLIU

I NURAGHI
Torri preistoriche di Sardegna
prefazione di Alberto Moravetti
Indice

7 Prefazione
25 Nota biografica
28 Nota bibliografica
47 Avvertenze redazionali

I NURAGHI
Torri preistoriche di Sardegna

53 Premessa
57 I nuraghi
97 Bibliografia

107 CATALOGO

231 TAVOLE

INDICI
383 Indice delle figure
Riedizione dell’opera: 384 Indice delle tavole
I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962. 389 Indice dei nomi e dei luoghi

© Copyright 2005
ILISSO EDIZIONI - Nuoro
www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it
ISBN 88-89188-53-7
Prefazione

Nel volgere di pochi anni – dal 1962 al 1966 – Giovanni Lilliu dava alle
stampe tre opere fondamentali sulla preistoria e protostoria della Sardegna, quasi
un bilancio ed una riflessione sul lungo e faticoso cammino di studi e di ricerche
compiuto dall’autore a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta.1 Al volu-
me I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna,2 che ora si ristampa per le edizioni
Ilisso, seguivano La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi3 e, a breve di-
stanza, Sculture della Sardegna nuragica.4
Nella Civiltà dei Sardi, considerato a ragione un classico della letteratura ar-
cheologica di ogni tempo, lo studioso delineava con mano felice un affresco va-
sto e vigoroso delle più remote vicende dell’isola, componendo in una visione orga-
nica e sistematica tutti i dati fino ad allora acquisiti.
Nelle Sculture, invece, veniva pubblicato per la prima volta il corpus di tutti
i «bronzetti» conosciuti, sia quelli esposti nei musei sardi sia quelli presenti nel-
la penisola o disseminati in collezioni straniere. In questo volume, per certi ver-
si analogo nell’impostazione a I nuraghi (saggio introduttivo e schede), Lilliu
esaminava gli aspetti formali (iconografici e stilistici), la cronologia, i confronti
extrainsulari, le implicazioni socio-economiche e religiose che tali statuine in
bronzo sottendono.
In I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna affrontava un tema a lui molto ca-
ro e sul quale aveva già scritto pagine significative: «Sia per l’interesse e l’impor-
tanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, … sia per far conoscere al
pubblico i risultati delle più recenti ricerche e studi sul caratteristico monumen-
to» e offriva così «un riassunto delle principali questioni che si pongono, oggi
come e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nuraghi».5

1. Il primo testo a stampa prodotto dallo studioso risale al 1936: G. Lilliu, “Scoperta di una tom-
ba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Barumini (Cagliari)”, in Studi Sardi,
III (1936), 1937, p. 147 ss.
2. G. Lilliu, I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962.
3. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nuraghi, Torino, ERI, 1963, 354 pagine, 52
tavole e 73 disegni: seguiranno le edizioni aggiornate del 1967 (403 pagine, 52 tavole e 73 dise-
gni) e del 1988 (G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Torino, Nuova
ERI, 1988, 669 pagine, 121 foto e 213 disegni).
Una ristampa dell’edizione del 1988 è stata pubblicata da Il Maestrale-Rai ERI, Nuoro, 2003, con
prefazione di A. Moravetti.
4. G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zattera, 1966.
5. Cfr. qui p. 53.

7
Prefazione

In queste tre opere – due di approfondimento tematico ed una a carattere dall’insegnamento e costretto a lasciare l’Italia per gli Stati Uniti ove insegnerà al-
generale (comprensiva anche della fase preistorica) – si veniva delineando il l’Università di Princeton fino alla conclusione del conflitto mondiale.
quadro ricco ed articolato – scandito nel tempo e in un ampio contesto medi- A Doro Levi si deve, fra l’altro, lo scavo del villaggio nuragico di Serra Orrios
terraneo – di una «civiltà» che nel suo divenire era stata capace di sviluppare di Dorgali, nel quale, per la prima volta, vengono individuate due strutture ret-
tratti estremamente originali e nella quale i sardi sembrano riconoscere le radici tangolari interpretate come «tempietti a megaron».
della propria identità. Alla partenza di Doro Levi seguirà un periodo di rallentamento nell’attività ar-
All’apparire de I nuraghi, la Sardegna nuragica poteva ormai contare su una cheologica dell’isola, una sorta di sbandamento determinato in parte dagli anni dif-
consolidata tradizione di studi che nei primi decenni del ’900 aveva avuto in ficili che precedono la guerra e gli stessi eventi bellici, ma soprattutto – come spie-
Antonio Taramelli6 il più alto e valido esponente. gherà Lilliu – dovuto «alla danza degli instabili archeologi continentali, al carosello
Lo studioso aveva lasciato la Sardegna dopo una attività trentennale (1903- dei soprintendenti reggenti, alla episodicità degli scavi: i reperti rimpiangevano la
33), fervida ed appassionata, durante la quale si era prodigato alla soluzione dei terra che li aveva custoditi mancando ad essi l’alito vivificatore della scienza».9
molteplici problemi che affliggevano la ricerca archeologica al momento del Nell’arco di pochi anni si avvicendarono infatti alla direzione della Soprin-
suo arrivo nell’isola:7 a lui si devono – a volersi limitare al solo periodo nuragi- tendenza alle Antichità della Sardegna Paolo Mingazzini (1939), Salvatore Pu-
co – ricognizioni topografiche, la scoperta e l’esplorazione di nuraghi, templi a glisi (1940), lo storico dell’arte Raffaello Delogu (1940), Massimo Pallottino
pozzo e fonti sacre, tombe di giganti e l’edizione di cospicui complessi di mate- (1941-42) ed ancora Delogu (1943-49).
riali (ceramiche, bronzi d’uso e figurati, etc.). I risultati di queste ricerche, sem- Ed è proprio in questi anni che Giovanni Lilliu si avvia a raccogliere la dif-
pre tempestivamente pubblicati in riviste prestigiose, costituiscono uno straordi- ficile eredità del Taramelli, dal quale tuttavia si stacca – fra l’altro – per una più
nario patrimonio di dati e di intuizioni che sono ancora oggi fondamento degli rigorosa applicazione del metodo stratigrafico e per una più ampia ed innovati-
studi sulla Sardegna preistorica e nuragica. va visione delle dinamiche culturali.
Al Taramelli, andato in pensione per raggiunti limiti di età, era subentrato nel- Nato a Barumini il 13 marzo del 1914, Giovanni Lilliu ha compiuto gli
l’incarico Doro Levi,8 studioso già noto e di valore, che tuttavia rimarrà nell’isola studi liceali nel Collegio salesiano “Villa Sora” di Frascati, si è poi iscritto alla
per soli tre anni (1935-38): infatti, in applicazione delle leggi razziali, verrà sospeso Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma ove si è laureato in Lettere
Classiche con Ugo Rellini.10 Nel medesimo Ateneo, la stessa Università di Ro-
ma, Lilliu ha frequentato i tre anni della Scuola Nazionale di Archeologia ed ha
6. Sull’attività di Antonio Taramelli (1868-1939), cfr. G. Lilliu, “La preistoria sarda e la civiltà nu- conseguito il diploma di specializzazione, nel 1943, con una tesi sulle stele pu-
ragica nella storiografia moderna”, in Ichnussa, Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 511-519; A. Mora-
vetti, “Presentazione”, in A. Taramelli, Scavi e Scoperte, Sassari, Carlo Delfino, 1982-85, 4 voll. (ri- niche di Sulcis11 discussa con Giulio Quirino Giglioli.
stampa anastatica): quest’opera costituisce una raccolta dell’intera produzione scientifica del Negli anni romani Lilliu avrà modo di frequentare la casa del Taramelli «a
grande archeologo. parlar di Sardegna», quasi un simbolico passaggio di consegne fra il vecchio ar-
7. Taramelli, nel 1903, aveva sostituito Giovanni Patroni nella direzione del Museo e degli Scavi cheologo, carico di ricordi e di nostalgia per una terra che aveva amato profon-
di Antichità della Sardegna. damente e che aveva indagato più di ogni altro, ed il giovane studente sardo,
8. Doro Levi (1898-1991) era giunto in Sardegna come professore di Archeologia e Storia dell’Ar- ricco di ingegno e di entusiasmo, che forse gli ricordava gli anni giovanili e quel-
te antica presso l’Università di Cagliari e con l’incarico della direzione della Soprintendenza alle l’isola sempre più lontana.
Antichità. Nei pochi anni di permanenza nell’isola Doro Levi mostrerà di essere un degno succes-
sore del Taramelli, lasciando scritti significativi sull’attività da lui svolta nell’isola: “Scavi e ricerche
archeologiche della R. Soprintendenza alle opere di Antichità e Arte”, in Bollettino d’Arte, 1937, 9. G. Lilliu, “Alla Consulta un archeologo”, in Corriere di Sardegna, 26 settembre 1945.
pp. 193-210; “Nule. Bronzi preromani rinvenuti fortuitamente in località Santu Lesei presso Nu-
le”, in Notizie degli Scavi, 1937, pp. 83-90; “The Amphitheatre in Cagliari”, in American Journal of 10. La tesi, dal titolo Religione primitiva della Sardegna, fu discussa il 9 luglio 1938; correlatore era
Archaeology, XLVI, 1942, pp. 1-9; “Il cuoiaio sardo di Gonone”, in Mélanges d’Archéologie e d’Hi- Raffaele Pettazzoni, insigne storico delle religioni. Il Pettazzoni (1883-1959) aveva partecipato, da
stoire offerts à Charles Picard, Paris, 1949, pp. 644-658; “L’Antiquarium Arborense di Oristano”, in giovane ispettore del Museo Preistorico-Etnografico di Roma (intitolato in seguito a Luigi Pigorini),
Bollettino d’Arte, 1949; L’ipogeo di S. Salvatore di Cabras, Roma, 1949; “La necropoli di Anghelu alla seconda campagna di scavi nel santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri, nel 1909. Da quella
Ruju e la civiltà eneolitica della Sardegna”, in Studi Sardi, X-XI, 1950, pp. 5-51; “Le necropoli esperienza nascerà l’interesse per il pensiero religioso dei protosardi che maturerà nell’edizione del-
puniche di Olbia”, in Studi Sardi, IX, 1950, pp. 50-120, tavv. I-XIX. la Religione primitiva in Sardegna del 1912.
Sull’attività di Doro Levi in Sardegna, cfr. G. Lilliu, “Doro Levi e l’archeologia della Sardegna”, in Sulla figura di Ugo Rellini (1870-1943), cfr. A. Guidi, Storia della Paletnologia, Roma, Laterza, 1988,
MNHMEION. Ricordo triestino di Doro Levi. Atti della giornata di studio (Trieste, 16 maggio pp. 79-80. Si veda G. Lilliu, “Necrologi”, in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, pp. 131-133.
1992), Roma, Quasar, 1992, pp. 131-146; AA.VV., Omaggio a Doro Levi, in Quaderni della So- 11. G. Lilliu, “Le stele puniche di Sulcis (Cagliari)”, in Monumenti Antichi dei Lincei, XL, 1944, coll.
printendenza ai Beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro, 19, Ozieri, Il Torchietto, 1994. 293-418; cfr. inoltre Monumenti Antichi, a cura di A. Moravetti, Sassari, Carlo Delfino, I, 2003.

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Prefazione

Rientrato in Sardegna nel 1943, negli anni 1944-55 Lilliu ha operato nella lo aveva portato a rivelare lo straordinario complesso di Su Nuraxi di Barumi-
Soprintendenza alle Antichità della Sardegna, prima come Ispettore e quindi co- ni21 e gli scavi condotti nelle Baleari, nel sito fortificato di Ses Païsses.22
me Direttore, insegnando nel contempo varie discipline (Paletnologia, Storia Sarà soprattutto l’esplorazione sistematica del complesso nuragico di Su Nu-
delle Religioni, Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana, Geografia) nella raxi di Barumini, iniziata con un modesto saggio nell’estate del 1940,23 prose-
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, ove ha dato vita ad una guita nel 194924 e quindi dal 1951 al 1955, a costituire una svolta fondamentale
prestigiosa scuola di studi nella quale molti si riconoscono. Nel 1955, vinta la negli studi della Sardegna nuragica.25 La lettura delle sequenze stratigrafiche
Cattedra di Antichità Sarde e lasciata la Soprintendenza per dedicarsi esclusiva- emerse a Barumini consentì infatti di individuare il succedersi di varie fasi di vi-
mente alla ricerca e alla didattica, Lilliu ha insegnato nella Facoltà di Lettere del- ta che attestavano la frequentazione della fortezza e dell’annesso villaggio dalla
l’Ateneo cagliaritano fino al suo collocamento fuori ruolo nel 1984. metà del II millennio fino ai tempi della presenza punica e romana. A Barumini
venivano riconosciuti, per la prima volta in modo chiaro e preciso, momenti di
Nel 1962 lo studioso poteva dunque già vantare una notevole attività di ri- vita differenziati ai quali corrispondevano fasi edilizie distinte, prodotti artistici e
cerche sul territorio, di scavi e di studi, ed inoltre aveva maturato un’esperienza materiali d’uso, forme ideologiche, categorie sociali ed economiche. Nel campo
didattica quasi ventennale. Ai numerosi scritti sulle diverse problematiche relati- più strettamente tecnico-architettonico si veniva definendo una tipologia delle
ve alla civiltà nuragica – dalle indagini topografiche,12 all’architettura civile-mili- torri nuragiche – secondo un processo dal semplice al complesso con il progres-
tare13 e religiosa,14 alle tombe di giganti,15 alla storiografia nuragica,16 ai proble- sivo arricchimento di elementi funzionali – che avrà una più completa classifica-
mi di cronologia,17 al tema dei rapporti con il mondo fenicio-punico,18 ai saggi zione proprio nel volume I nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna.
sui bronzi d’uso19 e su quelli figurati20 – Lilliu poteva aggiungere l’impresa che Gli scavi condotti negli anni 1959-62 nelle Baleari gli consentono poi di
evidenziare le strette analogie esistenti fra le costruzioni nuragiche e le «torri»
della Corsica, i «sesi» di Pantelleria, i «talaiots» e le «navetas» delle Baleari.
12. G. Lilliu: “Scoperta di una tomba in località Bau Marcusa ed altre tracce archeologiche in Ba- Inoltre, a partire dall’anno accademico 1945-46, Lilliu aveva dato inizio ad
rumini (Cagliari)” cit.; “Barumini. Necropoli, pagi, ville rustiche romane”, in Notizie degli Scavi,
XV, serie VI, 1939, pp. 370-380; “Setzu. Domus de janas di Domu s’Orku e nuraghi alle falde un ambizioso progetto di censimento del patrimonio archeologico isolano me-
della Giara”, in Notizie degli Scavi, I, serie VII, 1940, pp. 239-247; “Gesturi. Tombe di giganti in diante la stesura di Saggi di Catalogo Archeologico,26 che nascevano come tesi
regione Ollastedu e Scusorgiu e sepolture dell’età del ferro in contrada Nerbonis”, in Notizie degli
Scavi, 1940, p. 234 ss.; “Siddi. «Su Pranu» di Siddi e i suoi monumenti preistorici”, in Notizie de-
gli Scavi, II, serie VII, 1941, pp. 130-163; “Las Plassas (Cagliari). Villaggio preistorico di Su Pra- in Studi Sardi, VI (1944), 1945, pp. 23-41; Sculture della Sardegna nuragica, Venezia, Alfieri, 1949,
nu, il gruppo preistorico di Simaxi e nuraghi e tombe megalitiche del falsopiano di Pauli”, in No- pp. 3-42, tavv. LXVIII (in collab. con G. Pesce); Sculture della Sardegna nuragica, Cagliari, La Zat-
tizie degli Scavi, IV, serie VII, 1944, pp. 170-182; “Gergei (Sardegna). Villaggio nuragico di Su tera, 1956; “Bronzetti nuragici da Terralba (Cagliari)”, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia e
Iriu”, in Notizie degli Scavi, 1944, pp. 166-170. Magistero dell’Università di Cagliari, XXI, 1953, pp. 3-94; “Cuoiai o pugilatori? A proposito di tre
figurine protosarde”, in La parola del passato, LXVII, Napoli, 1959, pp. 294-304.
13. G. Lilliu: “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo (nuraghi o altiforni?)”, in Studi Sardi, X-
XI (1950-51), 1952, pp. 67-120; “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica”, in Studi Sar- 21. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.
di, XII-XIII (1952-54), 1955, pp. 90-469. 22. G. Lilliu: “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Annali delle
14. G. Lilliu: “Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi, XIV-XV (1955-57), Facoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari, XXVII, 1959, pp. 33-74 (in col-
1958, p. 197 ss.; “Religione della Sardegna nuragica”, in Atti del Convegno di Studi Religiosi Sardi lab. con F. Biancofiore); “Primi scavi del villaggio talaiotico di Ses Païsses (Artà-Maiorca)”, in Ri-
(Cagliari, 24-26 maggio 1962), Padova, 1963, pp. 1-14. vista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, n.s., IX, 1960, pp. 5-73; “La missione
archeologica italiana nelle Baleari”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII, 1962, pp. 300-302.
15. G. Lilliu, “Uno scavo ignorato dal Dott. Ferruccio Quintavalle nella tomba di giganti di Go-
ronna a Paulilatino (Cagliari)”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 43-72. 23. G. Lilliu, “Barumini (Cagliari). Saggi stratigrafici presso i nuraghi di Su Nuraxi e Marfudi; «vicus» di
S. Lussoriu e necropoli romana di Su Luargi”, in Notizie degli Scavi, VII, serie VII, 1946, p. 175 ss.; ora
16. G. Lilliu, “Storiografia nuragica dal secolo XVI al 1840”, in Archivio Storico Sardo, XXVIII, in Sardinia. Notizie degli Scavi, II, Sassari, Carlo Delfino, 1988, p. 732 ss. (ristampa anastatica).
1962, pp. 255-276.
24. G. Lilliu, “Scoperte e scavi di antichità fattisi in Sardegna durante gli anni 1948 e 1949”, in Studi
17. G. Lilliu: “Appunti sulla cronologia nuragica”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42, Sardi, VIII-IX (1948-49), 1950, pp. 392-559.
p. 143 ss.; “Preistoria sarda e civiltà nuragica”, in Il Ponte, settembre-ottobre 1951, pp. 983-988.
25. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit.
18. G. Lilliu: “Rapporti fra la civiltà nuragica e la civiltà fenicio-punica in Sardegna”, in Studi
Etruschi, XVIII (1944), 1945, p. 323 ss.; “Le stele puniche di Sulcis” cit. 26. Nel 1962 erano state redatte una ventina di tesi: durante gli anni del suo insegnamento, fino all’an-
no accademico 1984-85, Lilliu è stato relatore di 73 tesi di catalogo archeologico: cfr. elenco in G. Lilliu,
19. G. Lilliu: “Bronzi preromani in Sardegna”, in Bollettino di Paletnologia Italiana, V-VI, 1941-42, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 586. Altre ancora ne sono state discusse nell’Ateneo cagliaritano fino ad
p. 179 ss.; “D’un candelabro paleosardo del Museo di Cagliari”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 5-42. oggi, così come nell’Università di Sassari a partire dalla istituzione della cattedra di Antichità Sarde
20. G. Lilliu: “Bronzi figurati paleosardi esistenti nelle collezioni pubbliche e private non insulari”, (1976) nella Facoltà di Magistero, divenuta poi Facoltà di Lettere e Filosofia.

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Prefazione

di laurea ed erano mirati alla conoscenza diretta – ricognizioni sul terreno, carto- Dopo aver disquisito sul nome stesso di nuraghe, analizzato le fonti antiche
grafia, schedatura e documentazione grafica e fotografica dei monumenti indivi- che in qualche modo sembrano ricordare le torri nuragiche, rilevato l’alto nu-
duati – delle emergenze antiche. Questi lavori avevano consentito di acquisire una mero di costruzioni31 che «rappresentano una realtà demografica … che stupi-
considerevole mole di dati e si erano rivelate «di notevole interesse e di concreta sce ancora noi» – ma indicativo di un popolamento rurale disperso che ha im-
importanza scientifica, il cui valore si può apprezzare seguendo le pagine di questo pedito il costituirsi di forti aggregazioni capaci di superare lo stadio di villaggio
Volume che molto deve, come contributo di base, al lavoro faticoso e veramente nel quale si attardava la società nuragica –, Lilliu procede ad analizzare i punti
meritorio e positivo degli estensori dei “Saggi”».27 salienti di questo suo lavoro.
Ne I nuraghi Lilliu analizzava lo sviluppo architettonico delle torri nuragiche, Il tema centrale del volume è costituito dall’analisi degli elementi architetto-
l’origine della tholos, il rapporto di questi monumenti con il territorio, la loro nici del nuraghe, visto dapprima come unità isolata che si evolve nella sua
funzione, il significato socio-economico, la cronologia e le affinità con le costru- struttura interna, quindi come architettura complessa composta da numerose
zioni megalitiche del Mediterraneo. torri che si aggregano secondo precisi e ripetuti schemi planimetrici.
Il libro, dedicato agli allievi, è costituito da una premessa, seguita dal testo Lilliu disponeva ormai di una cospicua documentazione che gli consentiva
introduttivo e dalle schede descrittive di 107 nuraghi, del tempietto a “megaron” di fare il punto sui nuraghi, di formularne un’articolata tipologia e di coglierne
di Domu ’e Orgìa di Esterzili, di tre «torri» della Corsica,28 di sei «talaiots»29 e la linea evolutiva nei particolari costruttivi.
due «poblados»30 delle Baleari, di alcuni bronzi e ceramiche di età nuragica: in Dalla sua forma più elementare – camera a tholos preceduta dal corridoio
calce ad ogni scheda è riportata una bibliografia completa. Una ricca ed inedita d’ingresso – la classica torre a tronco di cono si sarebbe poi arricchita di ele-
documentazione grafica e fotografica – 18 disegni, 107 tavole di foto e 2 carte menti funzionali (scala) e di spazi sussidiari (nicchie, stipetti, silos), indicativi
della Sardegna – correda il lavoro, che si presentava come una novità nel pano- di una lunga esperienza tecnico-costruttiva e di nuove esigenze.
rama dell’editoria sarda sia per il grande formato sia per la curata veste tipografi- Lo sviluppo architettonico della torre è testimoniato, ad esempio, dall’ado-
ca che poteva vantare – almeno in ambito archeologico – il solo precedente del- zione di due tipi di scala: uno, scomodo e poco funzionale, si trova all’interno
lo splendido volume di Ch. Zervos – La civilisation de la Sardaigne du début de della camera; l’altro, elicoidale, parte dal corridoio d’ingresso e corre nello spes-
l’énéolithique à la fin de la période nouragique – pubblicato a Parigi nel 1954. sore murario, consentendo l’accesso ai piani superiori e al terrazzo. L’anteriorità
Nella premessa, Lilliu richiama due dei concetti a lui cari e sempre presenti del primo tipo sembra provata dal fatto che essa è presente in torri dall’interno
nella sua attività di ricerca: la relatività dell’interpretazione del dato archeologi- scarsamente articolato, vale a dire prive o povere di spazi sussidiari che sono in-
co e il valore assoluto della documentazione: «Alcune [questioni sui nuraghi] – vece il segno di una architettura matura, capace di svuotare la massa muraria
scriverà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteranno ancora per ampliare la superficie utile alla vita. I dati in nostro possesso suggeriscono
senza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fosse biso- che lo sviluppo architettonico della torre nuragica tenda ad una maggiore fun-
gno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co- zionalità – soprattutto la mobilità interna – e ad una continua ricerca di spazio.
me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle sue Vengono quindi valutati tutti gli indici (massa-spazio, diametro-altezza,
laboriose conquiste». etc.) dei diversi elementi del nuraghe al fine di individuare proporzioni ed
eventuali moduli costruttivi formalizzati.
27. Cfr. qui p. 104: segue l’elenco bibliografico degli estensori di queste tesi di laurea fra i quali spicca
Si osserva che l’indice massa-spazio tende ad aumentare in rapporto all’am-
il nome di Ercole Contu – ora Professore Emerito di Antichità Sarde all’Università di Sassari – che pliarsi della camera a tholos; oppure che lo spessore dei muri è direttamente
pubblicherà due interessanti monumenti, rilevati, fra i tanti, durante le ricognizioni effettuate per la proporzionale allo sviluppo progressivo degli ambienti interni, per dare luogo
stesura della sua tesi: E. Contu: “Esterzili. Tempietto rettangolare megalitico di Domu de Orgìa in lo- ai vani sussidiari (nicchie, scale, corridoi, cellette, etc.); oppure ancora che a
calità Cuccureddì”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 313-317; “La fortezza nuragica di nuraghe Orru- una maggiore inclinazione delle murature esterne sembra corrispondere una
biu presso Orroli (Nuoro)”, in Studi Sardi, X-XI (1950-51), 1952, pp. 120-160, tavv. I-IV.
maggiore antichità.
28. Sono le «torri» di Foce, Torre e Balestra, monumenti messi a confronto, rispettivamente, con i
nuraghi Murartu-Silanus, Sa Coa Filigosa-Bolotana e Tusari-Bortigali. Si è notato, poi, che il profilo dell’andito passa progressivamente da sezio-
29. «Talaiots» di Santa Monica, Rafal Roig, Es Mestal, Torre Nova d’en Lozano 1 e 2 (Minorca) e
ni angolari-trapezoidali a sezioni rettangolari, e questo trova corrispondenza
Ses Païsses (Maiorca), accostati ad alcuni nuraghi sardi, e «non si tratta di pure coincidenze di for-
me semplici» (cfr. qui p. 90). 31. Circa 7000 con una densità dello 0,27 per kmq (cfr. qui p. 58). Sul controverso problema del
30. Si tratta dei villaggi fortificati Alfurinet-Minorca e Els Antigors-Maiorca portati associati ai numero dei nuraghi, destinato a rimanere irrisolto, cfr. da ultimo E. Contu, “Sul numero dei nu-
complessi nuragici di Scerì-Ilbono e Serbissi-Osini. raghi”, in AA.VV., Studi in onore di Massimo Pittau, Sassari, 1994, pp. 107-117.

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Prefazione

nel progressivo appiattimento dello slancio e della verticalità che caratterizza di torri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barumini … e i m 22 del nura-
le tholoi più antiche; vengono inoltre esaminati rifasci murari, scale sussidiarie, ghe Santu Antine».38
silos, etc. Le tappe evolutive delle torri nuragiche vengono rappresentate in grafici con
L’analisi del nuraghe si concludeva con la descrizione del coronamento del- piante schematiche che chiariscono molto bene la dinamica architettonica del nu-
l’edificio, ora possibile grazie agli elementi emersi negli scavi di Barumini che raghe: ma, avverte Lilliu, «non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nella
consentivano di ricostruire con dati concreti l’intero profilo della torre nuragi- linea rigida di successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizio-
ca.32 A Su Nuraxi, infatti, erano stati rinvenuti centinaia di mensoloni di basal- ne nella tavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione».39
to, perfettamente sagomati e del peso medio di 13 quintali, sia nel cortile sia lungo Sul finire del II millennio, dalle «prime avvisaglie delle conquiste dei popoli
il profilo del bastione: alcune decine, poi, erano stati recuperati in alcune capanne storici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla fine del VI secolo a.C., s’imposses-
del villaggio ove erano state riutilizzate.33 Inoltre, sempre a Barumini, nella “Ca- sarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingendo gli Indigeni, costruttori
panna delle riunioni” era stato rinvenuto un betilo in calcare, a forma di tor- di nuraghi, nel ridotto delle montagne»,40 avviene il passaggio dalle torri sem-
re,34 riproducente il ballatoio sporgente dal filo murario, munito di parapetto e plici ai nuraghi complessi o polilobati. La loro tipologia comprende edifici ad
sorretto da mensole indicate in rilievo. addizione frontale, laterale, longitudinale oppure concentrica con mastio incluso
Modellini in bronzo, in pietra e in ceramica di nuraghi monotorri, trilobati in un bastione a più torri, intorno al quale, talora si estende l’antemurale margi-
e quadrilobati sono stati rinvenuti in gran numero in questi anni;35 allo stesso nato o meno da torri.
modo i mensoloni individuati per la prima volta a Barumini sono venuti in lu- Nel III sec. a.C. – scrive Lilliu – avvenne il crollo definitivo delle fortezze
ce nel crollo di un numero sempre crescente di nuraghi. Ed anzi, nel corso di nuragiche e della civiltà che le aveva espresse.
lavori di restauro effettuati nel bastione di Su Nuraxi sono stati individuati dei Uno dei problemi legati all’architettura delle torri nuragiche è quello dell’ori-
mensoloni ancora in situ,36 così come nel nuraghe Losa37 e in altri (Albucciu- gine, o meglio della «invenzione» della camera voltata ad ogiva – la tholos – che
Arzachena, Tilariga-Bultei, Alvo-Baunei, etc.). caratterizza il nuraghe classico. Lilliu, come gran parte di quanti lo avevano
Quindi, nello spazio di mezzo millennio, dal 1500 al 1000 a.C., «dalla figura preceduto, sulla base della tradizione letteraria e di alcuni particolari costruttivi,
primitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scala al ter- sostiene un apporto orientale, una componente cretese-micenea nell’origine dei
razzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrapposte sull’asse nuraghi nei quali si rivive «il respiro ampio delle fastose e splendide tholoi achee
verticale, in numero da due a tre … Si raggiungono in tal modo, già sul finire del peloponnesiache».41
II millennio … e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti Il «lievito miceneo» nella costruzione delle torri nuragiche verrà ribadito an-
cora nelle prime due edizioni della Civiltà dei Sardi,42 ma già nel 1982 Lilliu
32. La definizione della parte superiore del nuraghe era stata felicemente intuita dallo stesso Lilliu, sottolinea il fatto che in Sardegna la tholos non mantiene l’originaria funzione
cfr. G. Lilliu, “Modellini bronzei di Ittireddu e Olmedo” cit. funeraria micenea – come invece avviene in tombe siciliane della cultura di
33. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., p. 248 ss.; cfr. qui p. 67, tav. Thapsos – ma si innesta su strutture di tradizione megalitica locale. Tuttavia
LXXVI, 3. l’espediente architettonico della tholos «è così invadente e straordinario da esse-
34. G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nuragica” cit., pp. 290-291, fig. 14; cfr. qui re considerato una decisa novità, una svolta, venuta e sviluppatasi dietro una
tav. LXXVI, 1. Da notare che sul piano superiore del modellino svetta una prominenza conica, da
interpretare come un elemento costruttivo della torre stessa: una sorta di vano cupolato a prote-
zione dell’uscita della scala sul terrazzo. È un elemento che si ritroverà in quasi tutti i modellini di 38. Cfr. qui p. 65.
nuraghe a noi pervenuti. 39 Cfr. qui p. 63. Va detto che la sequenza evolutiva delle torri nuragiche proposta da Lilliu, così
35. Per una prima messa a punto di questi reperti, cfr. A. Moravetti, “Nuovi modellini di torri nu- organica e nitida, è stata formulata su una campionatura molto bassa rispetto a quanto oggi – dopo
ragiche”, in Bollettino d’Arte, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1980; G. Ugas, “Altare model- più di quaranta anni! – noi conosciamo sui nuraghi (censimenti, scavi, etc.): inoltre, per la natura-
lato su castello nuragico di tipo trilobato con figura in rilievo dal Sinis di Cabras (Oristano)”, in le inesperienza degli estensori delle tesi di catalogo, il rilevamento delle strutture non è stato sem-
Archeologia Sarda, Quartu Sant’Elena, 1980. pre puntuale. Pertanto, il richiamo di Lilliu alla cautela appare quanto mai appropriato ed onesto,
anche se il quadro delineato mantiene – in linea generale – inalterato il suo valore.
36. V. Santoni, Il nuraghe Su Nuraxi di Barumini, in Guide e Studi, 2, Soprintendenza ai Beni ar-
cheologici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 47 ss., fig. 45. Que- 40. Cfr. qui p. 68.
sti mensoloni sono in marna e si riferiscono al primo impianto del bastione quadrilobato, mentre 41. Cfr. qui p. 94.
quelli in basalto sono relativi alla fase di rifascio dello stesso bastione. 42. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1963, p. 141; ed. 1967, p. 164: «Sarà nostra suggestione ro-
37. V. Santoni, Il nuraghe Losa di Abbasanta, in Guide e Studi, 1, Soprintendenza ai Beni archeolo- mantica – scrive Lilliu – ma ci pare che il regno di Minosse abbia trovato in Sardegna il suo ultimo
gici per le province di Cagliari e Oristano, Quartu Sant’Elena, 2001, p. 38 ss., figg. 41-42. rifugio e che il grido bestiale del Minotauro si perda ancora, nei recessi “labirintici” dei nuraghi».

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Prefazione

spinta primaria esterna (anche quella minoico-micenea), senza nulla togliere al appaiono architetture attardate e decadute, segno del tramonto di una civiltà,
contributo evolutivo della tradizione costruttiva già esistente nel luogo».43 create per contrastare gli invasori cartaginesi e romani.
La teoria dell’origine elladico-micenea della tholos verrà decisamente respin- I risultati delle analisi radiometriche effettuate su materiale organico del Peppe
ta nei lavori più recenti a favore di una linea evolutiva interna: «In passato si Gallu di Uri49 forniscono una datazione compresa fra VI-III sec. a.C., a conferma
credette dai più che la pseudovolta dei nuraghi fosse derivata da quella applica- della cronologia bassa avanzata da Lilliu che in questi monumenti riconosceva
ta nelle tombe a tholos della civiltà elladica-micenea. Recenti ricerche hanno ri- le costruzioni sotterranee e le grotte di Diodoro (IV, 30; V, 15, 4), su informazio-
portato ragioni per ritenerla di origine e sviluppo autoctono … Nell’ordine stati- ne di Timeo del IV sec. a.C., e le spelonche ricordate da Pausania (X, 17) e da
co-strutturale, comparando nuraghi e tholoi micenee, Cavanagh e Laxton hanno Zonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne consolari contro i sardi Iolèi e
rilevato che il coefficiente esponenziale costante utilizzato per creare la falsa vol- Bàlari nel 231 a.C.
ta è diverso nelle due forme costruttive: di 1/2 nei nuraghi e di 3/4 nelle tombe Nella seconda edizione della Civiltà dei Sardi,50 sulla base di nuovi dati,51
peloponnesiache».44 Ed ancora: «Piacque anche a me e la caldeggiai per lungo pur confermando che il nuraghe a tholos «ha preceduto nel tempo … come in-
tempo e vi insistono tuttora giovani archeologi locali. Ma la ricerca attuale non venzione» quello a corridoio, tuttavia «nell’applicazione ora si trova congiunta
consente di mantenerla con valide ragioni».45 organicamente col nuraghe a tholos, risultando le due forme coeve».
Pertanto, il nuraghe a corridoio «fu un prodotto tanto antico nell’origine
Nella classificazione delle torri nuragiche Lilliu introduce la distinzione fra due quanto attardato nella conservazione. Per tale carattere e anche per la varietà
tipi di nuraghi:46 «la prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la camera della stessa forma, ne vediamo la durata per più di un millennio, con tappe ben
circolare coperta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrit- indicate dalle cronologie al C14: circa 1800 a.C. del Bruncu Màdugui, circa
tori greci quando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte 1200 a.C. dell’Albucciu, tra VI-IV sec. a.C. del Peppe Gallu».52
“al modo arcaico greco”, cioè miceneo … La seconda forma è quella del nuraghe Viene ribadito il carattere militare dei nuraghi a corridoio: «nuraghi-trappole»
“a corridoio” … o “pseudonuraghe” o “nuraghe a galleria” [e in essa] potrebbe ve- o «nuraghi-nascondigli» da utilizzare per la guerriglia contro gli invasori esterni e
dersi la componente occidentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite”».47 nelle lotte tribali (gli pseudonuraghi più antichi); alcuni di essi, tuttavia, potevano
Sulla cronologia di queste costruzioni, Lilliu sembra inizialmente perplesso,48 avere funzione di vedetta o di abitazione.
ma nel prosieguo dell’opera i circa trenta nuraghi a corridoio allora conosciuti gli A partire dalla Civiltà nuragica, del 1982, Lilliu distingue fra pseudonura-
ghi-nuraghi a corridoio – le costruzioni prive di camere a tholos – e i protonu-
43. G. Lilliu, La civiltà nuragica, Sassari, Carlo Delfino, 1982, pp. 31-32.
raghi, nei quali compaiono piccoli ambienti voltati ad ogiva.53 Inoltre, tutte
queste costruzioni – pseudonuraghi e protonuraghi – vengono ricondotte alle
44. G. Lilliu, “Costruzioni circolari in pietre a secco con copertura a tholos (Sardegna, Corsica, Mi-
norca)”, in Costruzioni circolari con copertura a tholos in Europa. Atti del Convegno Internazionale fasi iniziali dell’età nuragica.54
(Ascoli Piceno, 2-3 aprile 1998), p. 10.
45. G. Lilliu, “La Sardegna fra il XVII e il XIV secolo a.C.: linee di sviluppo e relazioni esterne”, 49. Contu colloca i 13 nuraghi a corridoio da lui conosciuti fra XI-VIII sec. a.C. (E. Contu, “I più
in AA.VV., Culture marinare nel Mediterraneo centrale e occidentale fra il XVII e il XV secolo a.C. antichi nuraghi e l’esplorazione del Nuraghe Peppe Gallu (Uri-Sassari)”, in Rivista di Scienze Prei-
Ricerche di storia, epigrafia e archeologia mediterranea, a cura di C. Giardino, Roma, Bagatto Libri, storiche, XIV, 1959, pp. 59-121).
2001, pp. 271-272.
Per una provenienza egea della tholos, cfr. G. Ugas: “La tomba megalitica I di San Cosimo-Gonnosfa- 50. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 293: i nuraghi a corridoio erano già una quarantina
nadiga (Cagliari): un monumento del Bronzo Medio (con la più antica attestazione del miceneo in (p. 299).
Sardegna)”, in Archeologia Sarda, dicembre 1981, p. 11 ss.; “Un nuovo contributo per lo studio della 51. Questa diversa valutazione dei nuraghi a corridoio nasceva dall’acquisizione di nuove date al
tholos in Sardegna. La fortezza di Su Mulinu di Villanovafranca”, in Studies in Sardinian Archaeology, C14 relative al Bruncu Màdugui-Gesturi e all’Albucciu-Arzachena che dilatavano notevolmente il
M. Balmuth (ed.), vol. III, BAR, 387, Oxford, 1987, pp. 77-128; P. Bernardini, “Tholoi in Sardegna: dato fornito dal Peppe Gallu, peraltro poco attendibile. Inoltre, negli scavi del Bruncu Màdugui
alcune considerazioni”, in Studi Etruschi, LI, s. III, 1985, p. 48 ss.; ipotesi più sfumata, in G. Ugas, erano stati rinvenuti frammenti fittili, decorati, attribuiti allora alla cultura di Monte Claro che in
Architettura e cultura materiale nuragica: il tempo dei protonuraghi, Cagliari, SarEdit, 1999, p. 57. quegli anni veniva ritenuta un aspetto arcaico della civiltà nuragica. Ora sappiamo che quelle cera-
46. Il problema dell’esistenza di due tipi di nuraghi – già in C. Dessì, Singolari nuraghi in Gallura, miche appartengono ad età nuragica, ma al Bronzo Medio (U. Badas, “Il nuraghe Bruncu Màdu-
Sassari, 1922 – era stato approfondito in G. Lilliu, “Il nuraghe di Barumini e la stratigrafia nura- gui di Gesturi: un riesame del monumento e del contesto ceramico”, in Quaderni della Soprinten-
gica” cit. denza ai Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano, 9, Cagliari, 1992, pp. 31-76.
47. Cfr. qui pp. 61-62. 52. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 302.
48. Cfr. qui p. 62: «Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo come 53. G. Lilliu, La civiltà nuragica cit., p. 17 ss.
invenzione». 54. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei

16 17
Prefazione

Uno dei temi relativi all’architettura nuragica più dibattuti negli ultimi anni (fortezze), etc. – si era aggiunta, nel 1901, quella autorevole del Pinza,58 il qua-
è quello che vede contrapposti protonuraghi e nuraghi classici a tholos: nei pri- le, sulla base di raffronti con le tholoi micenee, si era convinto del loro carattere
mi, variamente definiti nel tempo (nuraghi senza camera, falsi nuraghi, pseudo- funerario.
nuraghi, nuraghi a galleria, nuraghi-nascondiglio, nuraghi a corridoio/i, protonura- Al suo arrivo in Sardegna, il Taramelli si era subito inserito in questa animosa
ghi), taluni vedono una costruzione arcaica, premessa di un processo evolutivo querelle ed era entrato apertamente in polemica con il Pinza, sostenendo che l’af-
che porterà al nuraghe a tholos, mentre altri ritengono che i due tipi di costru- finità fra il nuraghe e la tholos funeraria micenea «era una trappola che aveva sor-
zione siano contemporanei e differenti nella struttura per ragioni diverse ma preso la buona fede di coloro che fanno l’archeologia sui libri» o di coloro che
non per motivi cronologici. credono di affrontare il problema «avendo tutt’al più visitato due o tre o dieci di
In realtà, la differenza formale e concettuale fra le due architetture emerge siffatti monumenti».59
con sempre maggiore evidenza man mano che il numero dei protonuraghi noti Per il Taramelli, invece, «bisognava buttare dalla finestra chiacchiere ed ag-
cresce in seguito all’intensificarsi delle indagini territoriali. Questi monumenti, gettivi» ed affrontare il problema nuragico «con i piedi» servendosi del metodo
che per la loro sporadicità apparivano come prodotti minori, imperfetti, deca- delle scienze positive, «con lo studio cioè dei monumenti nella loro relazione
denti o premessa della più evoluta architettura del nuraghe a tholos, sono oggi col terreno». Era necessario, quindi, studiare i nuraghi nella loro distribuzione
oltre 400, e sulla base di una proiezione statistica il loro numero è stato stimato su estesi e ben delimitati territori.
fra le 1200 e le 1500 unità.55 Fin dal giugno del 1903, insieme al validissimo Filippo Nissardi, applica questo
Una classe monumentale, quindi, che appare tipologicamente articolata e principio ed inizia «mente et pedibus» l’indagine topografica della giara di Gesturi,
sempre più diffusa in tutta l’isola, ma con particolare predilezione per l’area cen- che, «oltre ai principi della tipologia nuragica, agli anelli di evoluzione dal semplice
tro-settentrionale, la stessa interessata dalle tombe megalitiche (dolmen, allées al complesso» lo determina nella convinzione che «il sistema nuragico era stato for-
couvertes, tombe di giganti). Non architettura episodica ed occasionale, quindi, mato nel corso dei secoli a scopo di vigilare, possedere e difendere un territorio».60
ma consapevole e ben definito fenomeno culturale con un suo sviluppo struttu- Alla soluzione del problema nuragico non poteva, però, essere sufficiente la
rale che raggiungerà piena maturità nel nuraghe con camera centrale a tholos.56 sola investigazione topografica: essa andava integrata sia con lo scavo stratigrafico
dei nuraghi sia con l’esplorazione di altri monumenti che con questi sembravano
Il tema dominante dell’archeologia sarda sul quale si erano versati fiumi in stretta relazione (tombe, villaggi, edifici di culto). Lo scavo di alcuni impor-
d’inchiostro «spesso con petulante incompetenza da chi non aveva la minima tanti complessi nuragici,61 la sapiente lettura strutturale dei monumenti ed il rin-
preparazione a queste ricerche»,57 sembrava essere, almeno fino agli inizi del venimento di materiali di uso quotidiano, di focolari e di resti di pasto nelle ca-
Novecento, quello relativo all’uso e alla destinazione dei nuraghi. mere nuragiche gli confermeranno sempre più quanto l’osservazione diretta sul
Alle diverse e curiose interpretazioni formulate in passato – Vidal (case di terreno gli aveva fatto intuire: la funzione, cioè, civile e soprattutto militare di
giganti), Madao (tombe), Peyron (tombe), Mimaut (tombe), Manno (tombe), questi edifici che solo in qualche caso e in epoca più tarda erano stati riutilizza-
Inghirami (monumenti funerari), Lamarmora (tombe), Arri e Angius (edifici ti come luoghi di culto.
destinati al culto del fuoco), Spano (abitazioni), Pais (uso polivalente), Nissardi Sul problema della funzione dei nuraghi, Lilliu disponeva delle esperienze
del Taramelli, ma soprattutto poteva utilizzare dati di prima mano, da lui rac-
Lincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237: «Agli inizi del II millennio compaiono i Nuraghi
colti negli scavi di Su Nuraxi di Barumini ove aveva riportato alla luce un vero
a corridoio con vano rettangolare a solaio piano contornato da nicchie e con scala ascendente all’abi- e proprio “castello” con borgo. Un’alta torre svettante al centro di un poderoso
tazione superiore, erede del megalitismo eneolitico. Negli stessi tempi compaiono i protonuraghi, di
pianta ellittica e di struttura muraria rastremata verso l’alto: all’interno uno o più vani con l’accenno
di falsa cupola». 58. G. Pinza, “Monumenti primitivi della Sardegna”, in Monumenti Antichi dei Lincei, IX, 1901,
55. G. Ugas: “Centralità e periferia. Modelli d’uso del territorio: il Guspinese”, in L’Africa romana, coll. 1-280, tavv. I-18; ora in Sardinia. Monumenti Antichi, Sassari, Carlo Delfino, 2003, I, pp.
XII, 1998, p. 553; Architettura e cultura materiale nuragica cit., p. 55. 14-173 (ristampa anastatica).
56. Premessa all’architettura dei protonuraghi, ad indicare una linea evolutiva che affonda le sue 59. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,
radici nell’età del rame, è stato da tempo considerato il recinto-torre di Monte Baranta-Olmedo, Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.
della cultura di Monte Claro: cfr. A. Moravetti, “Nota agli scavi nel complesso megalitico di Mon- 60. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba” cit., col. 14; ora in A. Taramelli,
te Baranta (Olmedo)”, in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVI, 1981, p. 281 ss. Scavi e scoperte cit., IV, p. 503.
57. A. Taramelli, “Nuraghe Santu Antine in territorio di Torralba”, in Monumenti Antichi dei Lin- 61. Nuraghi Palmavera-Alghero (1905), Lugherras-Paulilatino (1906), S. Barbara-Villanova Trusched-
cei, XXXVIII, 1939, col. 12; ora in A. Taramelli, Scavi e Scoperte cit., IV. du (1903, 1915), Losa-Abbasanta (1915), Domu ’e s’Orku-Sarrok (1924), S. Antine-Torralba (1933).

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Prefazione

bastione quadrilobato con torri sporgenti e raccordate da possenti cortine mu- guerrieri potentemente armati64 e le numerose armi in bronzo rinvenute un po’ in
rarie: il tutto delimitato da un antemurale munito di sette torri. All’esterno, ai tutta l’isola; tutti elementi che sembravano proiettare l’immagine di una Sardegna
piedi della fortezza, il villaggio con la “Capanna delle riunioni” (vano 80). Il ri- dilaniata da conflittualità interne e minacciata di continuo da pericoli provenienti
trovamento di centinaia di mensoloni alla base delle mura indicavano l’esisten- d’oltremare.
za di ballatoi, proprio come nelle torri medievali. Questa forte posizione è presente ancora nel 1967,65 ma già si attenua in La
A Su Nuraxi Lilliu aveva potuto inoltre documentare diverse fasi costruttive civiltà dei Sardi del 1988: «si ritiene – scrive Lilliu riguardo ai nuraghi monotorri
e ristrutturazioni: in particolare, il bastione era stato ispessito con un rifascio – che essi siano stati usati, fin dall’origine, come abitazione e per controllo (che
murario e l’ingresso dal piano di campagna era stato rialzato a 7 metri: un espe- non significa uso militare quanto vigilanza di beni economici diffusi nel compen-
diente che rendeva la costruzione inaccessibile. dio di una o più torri)».66 In quanto ai nuraghi complessi, essi «sono delle fortez-
A Barumini Lilliu aveva le prove e tutti gli elementi per considerare Su Nura- ze: le caratteristiche costruttive, con i tanti espedienti e meccanismi atti ad assicu-
xi una poderosa fortezza, una sorta di capoluogo di un ampio territorio o canto- rare protezione respingendo attacchi interni ed esterni di bande armate quando
ne nuragico. non di veri e propri eserciti, sono oltremodo significative e probanti».67
Quindi, nello scrivere I nuraghi, Lilliu ha una visione “militarista” della fun- Negli scritti più recenti, venuto a cadere il presupposto storico del nuraghe
zione dei nuraghi, anche più accentuata rispetto allo stesso Taramelli, che pure quale fortezza per contrastare gli eserciti punici e romani: «per maggior sicurezza
è ritenuto l’interprete più “guerrafondaio” dei nuraghi. a seguito anche di aumentati pericoli interni (conflitti fra cantoni) ed esterni (pi-
«La natura militare dei nuraghi è provata – scrive Lilliu – anche dall’aspetto raterie), le antiche torri isolate furono irrobustite con l’aggiunta di altri possenti
generale massiccio dei muri … Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolari corpi di fabbrica».68
di grande efficacia difensiva ed offensiva, che rivelano il carattere di fortilizio In questi anni, quindi, si è fortemente attenuato il carattere “militare” dei
del nuraghe. Sono le feritoie, … gli angoli morti, le svolte a zigzag …, i piom- nuraghi: le forme semplici sono ritenute delle strutture abitative – quasi fatto-
batoi …, le scale retrattili, i passaggi angusti, le botole, le garette di guardia, le rie sparse nelle campagne69 ed occupate da un clan familiare più o meno esteso
ridotte …, i canali acustici etc. Si aggiungano le armi di pietra (proiettili per – all’interno di un sistema tribale nel quale architetture più complesse ed arti-
fionda e palle per piombatoi …) e di metallo (lance, spade, pugnali etc.)». colate assolvono la funzione di centri di controllo e di difesa del territorio.
Pertanto, pur non escludendo che alcuni nuraghi semplici siano stati delle Tuttavia, ancora oggi come nell’Ottocento, non mancano in Sardegna ap-
abitazioni di pastori e contadini, Lilliu ritiene «che, nella massima parte, sia passionati cultori di archeologia che vedono nei nuraghi delle costruzioni “mi-
nelle forme semplici sia in quelle plurime di mole maggiore sono da ritenersi steriose”, edifici di culto, monumenti legati al cielo e alle sue stelle!70 A nessuno
delle costruzioni di carattere e di uso militare fisso. Nelle forme semplici costi-
tuiscono una specie di “limes” a batterie di fortini dissolti nel sistema difensivo
64. Sulla controversa cronologia della bronzistica figurata sarda esistono attualmente due correnti
… Nei nuraghi plurimi era il fulcro della resistenza ad oltranza».62 di pensiero contrapposte, entrambe prive di elementi decisivi: una “rialzista”, che colloca queste
Anche i nuraghi a corridoio sono torri di difesa, come quelli a tholos: «Il ne- statuine tra XII-IX sec. a.C., ed una “ribassista” che propone una datazione compresa fra IX-VI
mico veniva attratto nella profondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi, sec. a.C. Se si accetta la cronologia più bassa – che almeno sul piano storico appare più congrua –
tenuti volutamente in uno stato di semioscurità, e, una volta addentratosi nel e si combina con il fatto che già partire dal X sec. a.C. non si costruiscono più nuraghi, appare
evidente che alla visione bellicista dei nuraghi viene a cadere il supporto dei guerrieri in bronzo.
tranello di quegli angusti passaggi, veniva repentinamente assalito dai gruppi
65. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1967, p. 288: «Dire architettura militare e dire nuraghi è la
d’armati … La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamo stessa cosa».
visto nei nuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovra
66. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 492.
dalle camere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica … Si affida, invece,
all’agguato insidioso di piccole unità mobili abituate ai colpi di mano … In de- 67. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi cit., 1988, p. 513.
finitiva, sembra di individuare nel tipo di pseudonuraghe un dispositivo fortifi- 68. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit.
cato che risponde alle esigenze della guerriglia».63 69. Questa definizione in A. Moravetti, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, in Studi e
Va anche detto che a questa interpretazione delle torri nuragiche così legata alla Monumenti, 5, vol. II, Sassari, Carlo Delfino, 2000, p. 91 ss.
guerra contribuivano – a parte le poderose architetture – i bronzetti raffiguranti 70. Severa ed impietosa la critica di Giovanni Lilliu nei confronti di certo dilettantismo della ar-
cheoastronomia isolana: «Si tratta di un sottobosco di archeoastronomi improvvisati che pullulano
in varie parti del mondo e prosperano anche nel nostro Paese. Essi vanno qua e là, aggrediscono i
62. Cfr. qui p. 60. monumenti, prendono misure e indicano orientamenti a vanvera e danno interpretazioni persona-
63. Cfr. qui pp. 79-80. li fantastiche, strampalate, e propongono teorie scriteriate e campate in aria, suscitando, però, la

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Prefazione

di questi “moderni” sacerdoti del mondo nuragico viene in mente – in realtà Affiora anche ne I nuraghi – e sarà uno dei motivi ricorrenti nel pensiero poli-
bisognerebbe averne consapevolezza! – che per determinare la funzione di una tico di Lilliu – il convincimento di una diversità etnica, etica e culturale dei Sardi,
struttura antica occorre valutare anche il contesto culturale di riferimento e che maturatasi nell’età dei nuraghi e giunta fino a noi grazie alla «resistenza» dei suoi
solo esaminando – unitamente – materiali e costruzione, in armonia stratigrafi- valori contro ogni forma di colonizzazione: «Il nuraghe (e la sua civiltà) fu il frut-
ca, è possibile proporre non dico la verità assoluta ed ultima ma almeno ipotesi to di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizioni
logiche e comprovate nei dati. continue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu-
In quanto ai tempi di svolgimento dell’architettura nuragica, ne I nuraghi nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spin-
Lilliu propone lo schema cronologico elaborato sui dati emersi a Barumini. La ta e l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo un
civiltà nuragica viene suddivisa in tre fasi distinte: nuragico arcaico (1500-1000 valore attivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questa
a.C.); apogeico (1000-500 a.C.); della decadenza (500-238 a.C.). matrice antica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribelli-
Lo stato attuale degli studi sembra suggerire un rialzo della fase iniziale – fi- smo” sardo, quella qualità etica cioè, caratteristica di società pastorale, storica-
ne del Bronzo Antico per i protonuraghi e Bronzo Medio iniziale per i nuraghi mente positiva, che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risie-
a tholos – mentre è ormai opinione condivisa da molti che intorno al XI-X se- dono le premesse spirituali e culturali della rinascita isolana».72
colo a.C. tali edifici – così come le tombe di giganti – non venissero più co-
struiti:71 pertanto, alla fine del II millennio l’esperienza nuragica può considerar- Questo volume, se da una parte risente di oltre quarant’anni di ricerche che
si conclusa, anche se l’onda lunga della «bella età dei nuraghi» rimarrà ancora hanno in qualche modo rinnovato e modificato quanto si credeva su taluni aspet-
viva ed operante nei primi secoli dell’età del Ferro fino alla conquista cartagine- ti dell’età nuragica (la cronologia, il significato della sua fine, una più sfumata in-
se, alla fine del VI sec. a.C. terpretazione della funzione dei nuraghi, l’adozione di sofisticati modelli di
Questa nuova cronologia comporta quindi una minore durata della civiltà analisi territoriale, una maggiore conoscenza della struttura-nuraghe ora fonda-
nuragica e soprattutto assolve Fenici, Cartaginesi e Romani dalla colpa di essere ta su un considerevole numero di costruzioni, la ricerca dell’unità di misura
stati la causa primaria – per invasione e conquista – della sua fine. Il mondo nu- nelle costruzioni nuragiche, etc.), esso rimane tuttavia ancora vitale come lezio-
ragico sembra invece esaurire la propria forza propulsiva senza apparenti traumi ne di analisi del dato archeologico, come esempio di lettura di un monumento
derivati dall’esterno, ma forse a causa delle profonde trasformazioni socio-eco- e come base tipologica dell’architettura nuragica. Ma soprattutto rimane ancora
nomiche che negli stessi tempi investono il bacino del Mediterraneo, a fronte inalterato nel suo valore documentario, perché «di là della parte opinabile del li-
delle quali la società nuragica viene colta impreparata ed incapace di rinnovarsi. bro (tale è o potrebbe essere il testo introduttivo), vi è nel libro stesso un’altra
Il nuraghe sopravvive miniaturizzato in modellini di bronzo, pietra ed argil- parte, che è pure la più estesa: ossia quella del Catalogo dei monumenti, la qua-
la – sia in forme semplici sia in forme complesse – che come betili o ex voto le rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le 107 schede descrittive
vengono deposti all’interno di edifici a carattere civile (le capanne delle riunio- dei nuraghi … costituiscono la realtà obbiettiva e visiva di questo lavoro, quel
ni) o di culto, a ricordo, forse, di un passato ormai entrato nel mito. che oggi si usa dire, in linguaggio antiretorico, la “verità”».73
Un pensiero corre anche a quei giovani laureati che allora – come oggi –
curiosaggine del pubblico privo di discernimento. Di questi gruppuscoli ne contiamo più d’uno
trovavano difficoltà ad inserirsi nel campo della ricerca archeologica. Si ramma-
in Sardegna, malamente indottrinati, i cui componenti si radunano in congressi e scrivono in rivi- ricava, lo studioso, che «tali fresche e promettenti energie si siano perdute, qua-
ste esibendo idee cervellotiche, quali, ad esempio, quella sul nuraghe Santu Antine di Torralba … si per intero, per la disciplina che le lusingò per un momento, deviate dalle ne-
Ebbene, questi sciagurati archeoastronomi ne hanno fatto un osservatorio astronomico» (G. Lilliu, cessità della vita materiale in una società che non risponde ancora, come si
“Il mondo dei megaliti”, in AA.VV., Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico. Atti
del Convegno Internazionale (14-15 maggio 1997), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1998,
deve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essa è e alie-
pp. 251-252). nata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti».74
71. G. Lilliu, “La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna” cit., p. 249; A. Moravetti, “La preisto- In chiusura del volume – come già nella premessa e come sempre avviene
ria: dal Paleolitico all’età nuragica”, in AA.VV., Storia della Sardegna, I, Bari, Editore Laterza, negli scritti di Lilliu – emerge il «militante della cultura», l’intellettuale che nella
2002, p. 31; V. Santoni, “Introduzione”, in Splendidissima civitas Neapolitanorum, a cura di R.
Zucca, Roma, Carocci, 2005, p. 12.
Decisamente contrario alla definizione del termine post-nuragico utilizzato per indicare il periodo 72. Cfr. qui p. 54.
del I Ferro isolano, P. Bernardini: “Cartagine e la Sardegna: dalla conquista all’integrazione (540-
238 a.C.)”, in Rivista di Studi Fenici, XXXI, 2, 2003; “Presentazione”, in E. Alba, La donna nura- 73. Cfr. qui p. 54.
gica, Roma, Carocci, 2005, p. 6. 74. Cfr. qui p. 56.

22 23
lettura di quel lontano passato, glorioso e fervido, coglie un forte messaggio di Nota biografica*
futuro e di speranza per un’isola più libera, autonoma e nuovamente padrona
del mare: «L’antica vena culturale, però, seguitò a correre per canali nascosti e
ancor oggi, di tanto in tanto, affiora, nei luoghi più remoti e negli strati conser-
vativi e puri, come sottile sensazione di valori che non hanno perduto ogni effi-
cacia storica e rappresentano, se saputi rivivere in nuove e impegnative esperien-
ze, elementi di vita e di progresso civile».75
Gratitudine ed affetto all’insigne Maestro, ed un plauso all’Ilisso per la sensibi- Giovanni Lilliu è nato a Barumini (Cagliari) il 13 marzo 1914 da Giuseppe e
lità culturale mostrata nel promuovere questa impegnativa ristampa e per i grandi da Anastasia Frailis. Dopo le prime due classi elementari nel villaggio natale ha fre-
meriti acquisiti in questi anni di elevata produzione editoriale. quentato le tre restanti e i cinque anni del ginnasio nel Collegio Salesiano di Lanu-
sei (Nuoro). Ha compiuto gli studi liceali a Frascati nel Collegio “Villa Sora”, sem-
Alberto Moravetti pre dei Salesiani. Si è iscritto poi nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
di Roma, frequentando il corso di Lettere Classiche e approfondendo gli studi ar-
cheologici e paletnologici. Si è laureato il 9 luglio 1938 discutendo – col professor
Ugo Rellini – una tesi sulla religione primitiva in Sardegna. Nella stessa Facoltà ha
frequentato per tre anni la Scuola di specializzazione in Archeologia, superando
l’esame di diploma il 22 febbraio 1942 con una tesi sulle stele puniche di Sulci
discussa col professor Giulio Quirino Giglioli. Sino al dicembre 1943 è stato assi-
stente volontario alla cattedra di Paletnologia dell’Ateneo romano. Nel 1942 ha
vinto una borsa di studio per frequentare un corso di perfezionamento in Preisto-
ria e Paletnologia a Vienna, alla scuola del professor Oswald Menghin; borsa non
goduta a causa di una malattia. Rientrato in Sardegna, dal 1 febbraio 1943 è chia-
mato ad insegnare Paletnologia, in qualità di professore incaricato, presso la Facol-
tà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, con l’obbligo dell’insegnamento
della Geografia. Dal 1 novembre 1943 al 31 ottobre 1947 ha insegnato Archeolo-
gia e dal 1 novembre 1950 al 31 ottobre 1951 Storia delle Religioni. Dal 1944 al
1955 Lilliu è stato Funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna,
prima come ispettore e poi come direttore. A cominciare dal 1939 ha effettuato
numerose ricerche e scavi in Sardegna e nelle Baleari (Artà, Maiorca). Dopo alcuni
rilievi preliminari (1940-49), la campagna di scavi più famosa, compiuta negli
anni 1951-56, riguarda il complesso nuragico Su Nuraxi di Barumini (Cagliari).
Il rilievo della scoperta permise a Lilliu di acquisire un’indubbia autorevolezza
scientifica a livello internazionale. Risalgono a questo periodo alcune fondamentali
monografie sulla preistoria, quali, ad esempio, I nuraghi. Torri preistoriche di Sarde-
gna (1962), l’ampia opera di sintesi La civiltà dei Sardi dal Neolitico all’età dei nu-
raghi (1963), ristampata, ampliata e rimaneggiata nel 1967 e nel 1988, che resta
una delle opere più importanti della storiografia sarda del Novecento e Sculture
della Sardegna nuragica (1966).
Il nuovo incarico (dal 1 dicembre 1954) di Antichità Sarde gli consentì di vin-
cere la cattedra presso la Facoltà di Lettere cagliaritana, che ricoprì prima come

* La nota biografica, curata da A. Mattone, è tratta dal volume di G. Lilliu, La costante resistenzia-
75. Cfr. qui p. 96. le sarda, Nuoro, Ilisso, 2002.

24 25
Nota biografica

professore straordinario, dal 15 dicembre 1955 al 14 dicembre 1958, e poi come 1990 – il riconoscimento più prestigioso – socio nazionale dell’Accademia dei
professore ordinario dal 15 dicembre 1958 alla sua andata fuori ruolo il 1 novem- Lincei di Roma. Dal 1989 è professore emerito della Facoltà di Lettere e Filo-
bre 1984. Lilliu ha ricoperto numerose cariche accademiche: preside della Facoltà sofia di Cagliari. Dal 1966 commendatore al merito della Repubblica Italiana,
di Lettere per ben diciannove anni (dal 1959 al 1967, dal 1969 al 1978); direttore ha ottenuto il 2 giugno 1967 il diploma di prima classe di benemerito della scuo-
dell’Istituto di Antichità, Archeologia e Arte e del Corso di perfezionamento in la, della cultura e dell’arte.
Archeologia e Storia dell’Arte dal 1969 al 1983; membro del Consiglio d’ammini- Dal 1994 Lilliu è decisamente schierato su posizioni progressiste e di cen-
strazione e dal 1979 al 1989 presidente della Commissione d’Ateneo. Dal 1970 al tro-sinistra ed è impegnato, come presidente onorario della Fondazione Sardi-
1989 ha insegnato nella Scuola di specializzazione in Studi Sardi, di cui è stato nia, nelle attività tese alla valorizzazione della cultura e della identità autonomi-
animatore e direttore per diversi anni (nel 1979-82, nel 1984-87, nel 1988-89). stica dei Sardi. Vive e lavora a Cagliari, continua a coltivare gli studi storici e
Dal 1955 ha diretto la rivista, dell’Istituto e poi della Scuola, Studi Sardi. Dal archeologici, e interviene regolarmente sul quotidiano La Nuova Sardegna sui
1983 dirige il Nuovo Bullettino Archeologico Sardo. temi di attualità politica, civile e culturale.
Accanto all’attività scientifico-accademica, Lilliu ha svolto un’intensa mili-
tanza politica, sin dagli anni universitari romani, nelle fila dell’Azione Cattolica
e della FUCI e poi, dopo il rientro cagliaritano del 1943, della Democrazia Cri-
stiana, di cui è stato consigliere e assessore nell’Amministrazione Provinciale di
Cagliari. Cattolico democratico e antifascista, schierato con la sinistra democri-
stiana, Lilliu è stato consigliere regionale dal 1969 al 1974, consigliere comunale
di Cagliari dal 1975 al 1980. Ha svolto anche un’intensa attività pubblicistica su
temi politici, sociali e culturali, collaborando sia alle riviste e ai giornali del do-
poguerra, da Riscossa a Il Corriere dell’Isola, Il Corriere di Sardegna, Il Convegno,
sia a quelli degli anni della “Rinascita”, come Autonomia Cronache e Rinascita
Sarda, sia ai periodici più impegnati sui temi dell’“identità”, come Il popolo sar-
do. Collaboratore de L’Unione Sarda a cominciare dal 1947, dal 1994 Lilliu è
collaboratore stabile de La Nuova Sardegna. Diversi suoi articoli sono stati pub-
blicati da quotidiani nazionali e stranieri, come Il Giornale d’Italia, Il Corriere
della Sera, il francese Le Monde.
Lilliu è stato sempre impegnato nella difesa dei beni culturali e ambientali del-
la Sardegna dalla speculazione e dal degrado, sostenendo la necessità di un passag-
gio di competenze in questo settore dallo Stato alla Regione Autonoma: dal 1975
al 1980 è stato componente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali e Ambien-
tali e membro del Comitato di settore archeologico presso il Ministero per i Beni
Culturali e Ambientali. Dal 1976 al 1986 è stato presidente del Comitato Stato-
Regione per i Beni Culturali e Ambientali. Il 1 aprile 1985 è stato nominato presi-
dente dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico con sede a Nuoro.
Negli ultimi decenni, Lilliu ha continuato ad occuparsi della preistoria sarda
– l’ultima sua corposa monografia, Arte e religione della Sardegna prenuragica, è
stata pubblicata nel 1999 –, delle antichità puniche e romane e dell’archeologia
altomedioevale, ma affrontando spesso anche tematiche di antropologia cultu-
rale, di sociologia e di lingua sarda. Dal 1975 al 1985 ha ripreso inoltre l’attivi-
tà di scavo archeologico (Fonni: località Madau, Bidistili, Logomake ecc.). Dal
1953 è socio corrispondente dell’Istituto Archeologico Germanico in Roma,
dal 1956 socio dell’Istituto di Studi Etruschi di Firenze, dal 1964 socio onora-
rio della Sociedad Arqueológica Lulliana di Palma di Maiorca e, infine, dal

26 27
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“Recensione di A. Moravetti, Testimonianze archeologiche nel Marghine-Planar-
gia, II, Sassari, Carlo Delfino, 2000”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp. I Nuraghi. Torri preistoriche di Sardegna è stato pubblicato per la prima volta a
651-654. Cagliari, nel 1962, per i tipi di La Zattera, da allora non è stato più ristampato.
“Recensione di W. Paris, La Collezione Spano a Ploaghe, Muros, Stampacolor, Nella presente edizione in merito ai testi sono stati adottati criteri conservativi; si
1999”, in Studi Sardi, XXXIII (2000), 2001, pp. 655-660. è intervenuti esclusivamente nel caso di evidenti refusi tipografici e in forma lieve
nella punteggiatura; graficamente sono state operate quelle modifiche formali fi-
“Ricordo di Ranuccio Bianchi Bandinelli”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei nalizzate ad una più agile consultazione del volume:
Lincei, Memorie, XI, serie IX, fasc. 4, Roma, 2001, pp. 684-689. la legenda alla Carta B, le didascalie alle 18 figure presenti nel “Catalogo” e a
“Simbologia astrale nel mondo prenuragico”, in L’uomo antico e il cosmo, Atti del quelle contenute all’interno di ciascuna delle 107 tavole, in originale tra gli ap-
3° Convegno Internazionale di Archeologia e Astronomia (Roma, 15-16 maggio parati critici alle pp. 189-198, sono state trasferite di seguito alle figure a cui
2000), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, pp. 163-234. fanno diretto riferimento. L’edizione del 1962 presentava, alla fine del testo, un
corpus di illustrazioni che si trova ora susseguente alle relative schede descrittive
2002 in un’unica sezione denominata “Tavole”.
“Arzachena, La civiltà della Gallura, il Re-Pastore e il culto dei morti”, in Almanac- Gli indici sono stati completati coll’inserimento dei numeri di pagine man-
co Gallurese, 2002, pp. 54-66. canti nell’originale.
“La civiltà preistorica e nuragica in Sardegna”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei
Lincei, Memorie, XV, serie IX, Roma, 2002, p. 237.
La costante resistenziale sarda, Nuoro, Ilisso, 2002 (riedito a cura di A. Mattone).
Le ragioni dell’autonomia, a cura di G. Marci, presentazione di L. Ortu, Cagliari,
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geominerario. Avviamento, progetti in itinere, prospettive, Pau, località Senixeddu,
Convegno nazionale (17 dicembre 2001), Cagliari, Rossa, 2002, pp. 28-31.
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2003 (riedito con prefazione di A. Moravetti).
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2005
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e S. Tola, Sassari, Carlo Delfino, 2005, pp. 53-64.

46 47
I NURAGHI
Torri preistoriche di Sardegna
Ai miei allievi

“Viewing them, however, as faithful, though silent


monuments of men and days, that have totally passed
away and escaped all record, they cannot but
be contemplated as objects worthy both of
admiration and reverence”
William Henry Smyth

“They (nuraghes) have marked the rise and the


fall of empires, the vicissitudes of fortune, the illusory
hopes, the vain fears, and the insatiable desires
of successive generations of men, whose brief span
of existence has been that of a moment compared
with the centuries that have looked down from their
summits”
Thomas Forester
Premessa

Da parecchi anni meditavo di scrivere un libro sui nuraghi della Sardegna, sia
per l’interesse e l’importanza scientifica e culturale in genere dell’argomento, non
ignorato anche nel passato da quanti ebbero ad occuparsene con intenti e visioni
diverse, sia per far conoscere al pubblico i risultati delle più recenti ricerche e studi
sul caratteristico monumento, da cui si è arricchita la problematica e son derivate
acquisizioni obbiettive le quali segnano un notevole progresso nel campo della pro-
tostoria sarda e mediterranea.
In questo libro, che non è e non può essere “popolare” nel senso di una divulga-
zione a livello di base ma si apre tuttavia a una larga cerchia di persone sensibili e
interessate alla materia, viene offerto un riassunto delle principali questioni che si
pongono, oggi come e più di prima, a chi si volge con impegno all’indagine sui nu-
raghi. Alcune – si vedrà – appariranno risolte o in via di risoluzione, altre resteran-
no ancora senza conclusione, allo stato di problema, ribadendo, se mai ve ne fosse
bisogno, quel carattere di “relatività” di cui soffre la scienza archeologica, da noi co-
me altrove, di là dalla presentazione ottimistica che taluni amano fare delle sue la-
boriose conquiste.
Il nuraghe, che è l’espressione monumentale più cospicua ed alta della cultura
architettonica protosarda ed il risultato più concreto e positivo della situazione so-
ciale, economica e politica di quegli antichi tempi, potrebbe prestarsi a farne il cen-
tro d’una narrazione romanzesca delle vicende storiche e culturali che vi furono
connesse per lungo seguirsi di secoli; e potrebbe costituire il simbolo d’una sorta di
revanche regionalistica in un momento, come l’attuale, in cui le periferie provin-
ciali vengono valorizzate nei loro contenuti e nel loro impegno storico, anche sulla
base dei fatti remoti da esse prodotti.
Le pagine qui presentate non accolgono queste lusinghe; ma non ignorano, tutta-
via, certi aspetti dell’antica civiltà dei nuraghi, vitali e produttivi nel tempo e nel luo-
go in cui si esplicarono in concreto e nelle più o meno scoperte discendenze attuali.
Anzitutto sta il valore “spettacolare” del monumento. Nel grande fenomeno del
megalitismo a torri (meravigliosa componente arcaica residuata ancora in età stori-
ca), il nuraghe rappresenta la formula più complessa, studiata e ricca in linee e vo-
lumi, dell’architettura protostorica isolana e (può dirsi) anche di tutte le espressioni
architettoniche delle terre occidentali mediterranee. Il nuraghe è il monumento in
cui più si articola, si organizza, si compone, a volte “baroccheggiando”, il megaliti-
smo dei paesi barbari di qua dalle Colonne d’Ercole. Questa sorta di vocazione re-
ligiosa al monumentale, che rappresenta insieme una tendenza di stirpe e un pro-
dotto di necessità dell’età del bronzo (l’età della guerra), il popolo la vela, oggi,

53
I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA Premessa

sottilmente con le favole dei “giganti” e degli “orchi”. Ma l’altra vocazione di stirpe, ulteriori ricerche e studi sulla speciale materia. Si danno anche grafici e fotografie
quella della bellicosità, così evidente e prepotente nel nuraghe, e che sta alla base – di monumenti non sardi – balearici, côrsi, cretesi e anatolici – i quali (segnata-
anche se non è l’unica componente – del megalitismo insulare occidentale (il mega- mente i primi) presentano delle somiglianze o delle affinità con i nuraghi, contri-
litismo “laico” di cui il sardo fa parte), dura nel concreto, di là dal mito, nel segreto buendo a tracciare linee essenziali, sempre sviluppabili, di un quadro di relazioni
del piccolo mondo non culto, ribelle, dell’Isola. Il nuraghe (e la sua civiltà) fu il monumentali e culturali intermediterranee, non privo di significato storico e utile
frutto di una società di pastori e guerrieri e trovò nel dinamismo, nelle competizio- quale invito ad approfondire ed allargare il campo di queste indagini di architettu-
ni continue, negli appetiti territoriali e, in genere, nello spirito bellicoso delle comu- ra e di civiltà comparate di piccoli mondi che non furono, come generalmente si
nità pastorali il fondamento della sua origine, il senso della sua struttura e la spinta crede, del tutto chiusi in sé stessi. Ne risulta l’immagine di una comunità etnico-
e l’alimento incessante al suo sviluppo che durò per molti secoli. Fu questo un valore culturale “insulare e mediterranea occidentale”, di cui si colgono ancora echi ed esi-
attivo e vitale della nostra primitiva storia non documentale e da questa matrice ti nei fondi moderni “subalterni”, e in cui chi è ammalato di romanticismo storico
antica ha tratto forma, più o meno confusa ma sempre viva, il “ribellismo” sardo, potrebbe esser tentato di rispecchiarsi con sottile malinconia del passato.
quella qualità etica cioè, caratteristica di civiltà pastorale, storicamente positiva, L’Autore e l’Editore* hanno inteso rinnovare, con speciale cura e selezione, l’ap-
che oggi ha sfociato a modi ordinati di autonomismo dove risiedono le premesse spi- parato delle illustrazioni dei monumenti. Già il magnifico volume di Ch. Zervos
rituali e culturali della rinascita isolana. (Civilisation de la Sardaigne, Paris 1954), si era posto questa esigenza assolvendo-
Vorremmo però accennare pure ai limiti che suggerisce l’esame dei valori antichi la degnamente con artistiche immagini. Se la ripropone questo libro che, presen-
che si riassumono nel nuraghe. Si pensi che, a parte l’originalità creativa e la germi- tando una ricca serie di visioni del tutto inedite di nuraghi, le sostituisce al vecchio
nazione spontanea di certi aspetti (e dei sardi in particolare), il fenomeno del megali- repertorio mitologico dell’illustrazione della solita uniforme torre nuragica cam-
tismo è, nel fondo, un prodotto di “recessione”, una mostra spettacolare d’un mondo peggiante sullo sfondo d’un piano desolato con l’immancabile gregge di pecore e il
preistorico nella storia. E, per quanto riguarda i popoli che costruirono i megaliti sar- pastore in mastruca, o inghirlandato di graziose fanciulle in “costume” indossato,
di (e specie i nuraghi), lo stato sociale a piccoli gruppi (o tribù) divisi e contrastanti a richiesta, per l’occasione. Si offrono immagini nuove di nuraghi non conosciuti,
politicamente, uniti soltanto dalla comunanza delle fedi e del sangue ma senza voca- e di quelli conosciuti sono state studiate e riprese inquadrature originali di esterni
zione e senza coscienza d’un’unità politica nazionale o regionale, portò quei popoli al e di interni, per cui si può apprezzare, nel giusto modo, la forma del monumento,
livello del “cantone”, vietando di attingere e maturare ideali, concetto e pratica di na- che, a differenza di quanto si crede dai più, è riccamente svolta in linee e volumi e
zione. I limiti della civiltà nuragica (e in definitiva i limiti della nostra storia) furono spazi come si conveniva a una civiltà artistica a vocazione soprattutto architettonica.
(e in parte ancora sono) nel frammentarismo territoriale, nell’antagonismo di gruppi La maggior parte delle fotografie sono state eseguite personalmente dall’Autore, in
a livello di zone villaggi e famiglie, che la natura suggeriva dagli altopiani precipiti numerosi sopraluoghi. Altre (tavv. X-XI, XIX, XXI, 2 XXXII-XXXIII, XLIV-XLV,
incisi da profonde valli – frontiere dei piccoli stati – e che l’uomo secondava senza XLVII, LIII, LXI, LXXXV, LXXXVII, LXXXIX-XCVI, XCVIII-CI) sono state pre-
reagire. Di qui derivarono le carenze storiche per cui l’Isola, sempre resistendo alle se dal libro citato di Ch. Zervos, il grande divulgatore francese delle antiche civiltà
pressioni straniere, quasi in ogni tempo ne fu asservita, e nemmeno oggi può conside- mediterranee, amico della Sardegna, a cui si esprime cordialmente il vivo ringra-
rarsi pienamente e totalmente libera, fuori delle apparenze istituzionali. ziamento per aver consentito alla riproduzione. Si ringraziano anche il Soprinten-
Il lettore giudicherà sulla validità o meno della interpretazione e dei concetti espo- dente alle Antichità delle Provincie di Sàssari e Nùoro, Dott. Guglielmo Maetzke,
sti, e i miei colleghi di disciplina potranno anche dissentire da questa “archeologia”. Io, per aver permesso di ripubblicare le immagini fotografiche di tavv. XLVI, LXXXIV;
però, la preferisco da un lato al filologismo concluso in sé stesso, dall’altro allo speri- il giovane archeologo J. Mascarò Pasarius, profondo conoscitore dei monumenti ba-
mentalismo rigidamente classificatorio ed anche alle sottigliezze ermetiche di certa learici, per il dono delle fotografie di “Pont de Bestiar”, date a tav. CVI, 1-2, e la
critica d’arte: modi di coltivare il nostro “orto murato” della scienza delle antichità. Soprintendenza alle Antichità di Roma V per aver messo a disposizione le figure di
Di là dalla parte opinabile del libro (tale è o potrebbe essere il testo introdutti- “trulli” della stessa tavola (3-4); R. Grosjean, lo scopritore e scavatore delle “torri”
vo), vi è nel libro stesso un’altra parte, che è pure la più estesa: ossia quella del Cata- della Corsica, per il cortese consenso alla riproduzione dei monumenti di Torre e Fo-
logo dei monumenti, la quale rappresenta l’effettivo contributo di dati concreti. Le ce (tav. CII). La fotografia a tav. I, 1 è della Ditta «Fotocielo», quelle a tavv. XVIII
107 schede descrittive dei nuraghi, illustrate da 20 grafici in testo e da 107 tavole e XXXV del Gabinetto fotografico del Ministero della Pubblica Istruzione e, infine
fuori testo, corredate ciascuna da una completa bibliografia, costituiscono la realtà quelle a tavv. XLIII, 2, XLVIII del fotografo tedesco Arnold Von Borsig. Anche a
obbiettiva e visiva di questo lavoro, quel che oggi si usa dire, in linguaggio antireto- questi il più vivo grazie.
rico, la “verità”. Si tratta di un vero e proprio repertorio, ampio e vario, di tipi e di
forme del nuraghe, che offre una fonte di riferimento e una base di partenza per * [G. Lilliu fa qui riferimento all’edizione del 1962, pubblicata da La Zattera, Cagliari.]

54 55
I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA

L’Autore ha dedicato questo libro ai suoi allievi, sia perché non poche delle idee I nuraghi
qui espresse sono il risultato della preparazione ai corsi universitari e del ripensa-
mento durante il loro svolgersi, sia perché un notevole contributo di dati analitici
monumentali, con corredo di grafici e di esplicazioni varie, è stato portato, da poco
meno d’un ventennio a questa parte, da un numeroso gruppo di quei giovani, più
degli altri impegnati, in tesi di Catalogo archeologico che offrono importante ma-
teria utilizzata, rielaborandola, in questo volume. Chi scrive li ricorda tutti e li
ringrazia i suoi allievi, rammaricandosi soltanto che tali fresche e promettenti ener- Fra i monumenti delle antiche culture megalitiche del Mediterraneo occiden-
gie si siano perdute, quasi per intero, per la disciplina che le lusingò per un momen- tale, tengono un posto importante e significativo i nuraghi dell’Isola di Sardegna.
to, deviate dalle necessità della vita materiale in una società che non risponde anco- Questi imponenti edifizi di architettura preclassica ed aclassica costituiscono
ra, come si deve, ai richiami della cultura e della scienza, contraddittoria quale essa un segno rilevante della primitiva storia non documentale dei Sardi, detta da essi
è e alienata da pressioni apparentemente più importanti e più urgenti. nuragica, assumono un posto fondamentale nel paesaggio geografico isolano e
L’Autore e l’Editore si lusingano di aver sodisfatto, con questa opera, un’esigenza rappresentano il dato più consistente culturalmente fra le manifestazioni varie
di studio e di conoscenza dell’argomento, affacciata da più parti con insistenza, e di della civiltà protosarda svoltasi per lungo passare di tempo e per diverse vicende.
aver colmato una lacuna effettivamente esistente sul piano generale (non su quello Si tratta di migliaia di costruzioni a torre del passato, le quali danno ancora
degli apporti scientifici particolari, numerosi e importanti, passati e presenti). Pensa- figura e rilievo allo scenario fisico e umano del presente in Sardegna, opera di
no anche di aver fatto cosa in favore della Sardegna, perché, conosciuta attraverso popolazioni indigene di stirpe mediterranea preindoeuropea a coloritura occi-
la manifestazione più esemplare e storicamente produttiva della sua antica civiltà, dentale, chiamate dagli scrittori classici Iolèi e Bàlari.
possa riconoscersi nell’Isola anche l’impegno delle sue giovani generazioni tese a ri-
creare valori vitali e umani in termini moderni per la buona causa di un mondo Preindoeuropeo, o di sustrato mediterraneo, è anche il nome del monu-
nuovo e senza confini. mento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti della
Sardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu etc. Questo termine, specie
Cagliari, settembre 1961 nel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire
Giovanni Lilliu “fuoco”, e fu spiegato come “fuoco” nel senso di “dimora” o di “tempio del fuo-
co”, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle
torri nuragiche. Oggi, invece, i filologi propendono a considerare il vocabolo
nuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricol-
legarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale larga-
mente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari,
alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario,
di “mucchio” e di “cavità”. Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destina-
zione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire ap-
punto “mucchio cavo”, “costruzione cava”, “torre cava”, a causa della figura tur-
rita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliforme
dell’interno. Comunque si pensi di ciò (altri hanno supposto anche un’equa-
zione nur-mur di “muro”), certo è che la diffusione del radicale nur in paesi a
monumenti megalitici, indizia nella parola qualcosa di connesso o di espresso
da civiltà architettoniche le quali avevano il gusto e il senso “religioso” di co-
struire con grandi pietre senza cemento (stile megalitico) al fine di ottenere edi-
fizi duraturi, eterni nell’intento di quelle ingenue genti primitive.

I nuraghes (“nuraghi” italianizzando il termine e rendendolo al plurale) sono


già ricordati dalle fonti greco-latine, variamente e ripetutamente. Gli autori

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

greci, desumendo soprattutto da Timeo autore del IV secolo a.C., li definiscono cui i potenti usufruivano di una forte massa di lavoro. Infine manifesta il fatto
«daidàleia» ossia edifici ben architettati di tipo egeo, o «tholoi», per la loro forma geoantropico più espressivo di quei tempi remoti, che determinò più tardi, in età
a falsa cupola pur essa di primitiva origine egea-anatolica. Quegli scrittori, parti- storica, l’origine e i motivi topografici di aggregati a tipo rurale sparso, causa forse
colarmente sensibili ai problemi estetici della forma e ligi al canone di armonia e non ultima della mancata costituzione nell’Isola di grosse formazioni urbane igno-
proporzioni architettoniche quale durava in tempi e nei circoli di cultura elleni- rate dalla civiltà paleosarda pur nelle fasi più recenti e progredite del suo sviluppo.
stica, rilevano nel nuraghe soprattutto il classico ordine dei giri della tholos, non Se le migliaia di nuraghi fossero tutte della stessa età, il loro valore per stabilire
accorgendosi che le torri son del tutto fuori dai moduli della classicità. Gli stessi l’entità della popolazione nuragica sarebbe grandissimo e certo. Ma per il fatto
autori fan costruire i nuraghi da Dèdalo per impulso di colonizzatori greci della che essi si distribuiscono e si dissolvono in una prospettiva di secoli di storia, le
Sardegna (Iolào, Aristeo etc.), riconoscendovi, con spirito nazionalistico, i pro- conclusioni che se ne possono trarre dal numero non riguardano variazioni de-
dotti della “grecità” più pura che vince la “barbarie” degli Indigeni. Dagli scrittori mografiche quantitative e qualitative (che pur dovettero esserci per fattori naturali
romani i nuraghi sono menzionati come «castra», cioè castelli o luoghi fortificati e forza di vicende storiche), ma prospettano soltanto la indicazione del fenomeno
in genere, oppure come «spelonche» o «costruzioni sotterranee», in cui trovavano del popolamento disperso, con conseguenze utili ai fini produttivi sebbene nei li-
difesa, nascondendovisi, le tribù locali del Centro montano chiamato dai Roma- miti d’un’attitudine “cantonale”, tuttavia perdurante in Sardegna. Nell’insieme ri-
ni Barbària (attuali Barbagie). Queste denominazioni precisano l’uso dei nura- mane l’immagine d’una produttività edilizia e architettonica, le cui punte vanno
ghi e derivano da una esperienza storica basata sulla conoscenza diretta dei mo- riconosciute nei tempi del maggior fiore della storia protosarda in età di relativo
numenti o sull’informazione dei militari; sono del resto nello spirito del concreto benessere economico e di libertà politica, entro i limiti e per le esigenze d’una so-
e del pratico, caratteristico della letteratura storica romana. cietà di pastori e di agricoltori i quali nel particolarismo e frammentarismo “pro-
La cosa più curiosa è che, non mai, i monumenti nuragici sono chiamati nei vinciale” trovano ancora la misura della vita, l’orizzonte delle proprie realtà, il
testi antichi col nome di nuraghe, cioè col loro nome, con l’antica parola indigena senso d’una contenuta solidarietà e disciplina, d’una riconosciuta gerarchia da cui
della lingua mediterranea e preistorica dei Sardi. Ma la conoscenza del termine trae origine e in cui assume impegno e consistenza anche lo sforzo monumentale.
nuraghe, con implicita allusione, traspare già in autore del IV secolo a.C., il quale
fa ricordo di Norax (Norake), il leggendario eroe iberico-tartessico (cioè mediter- I circa settemila nuraghi si sono andati costruendo attraverso molti secoli,
raneo dei paesi del Nur), con evidente trasposizione mitografica-monumentale. fino ad occupare, dove più dove meno, tutto il suolo della Sardegna.
Nel complesso le fonti classiche dimostrano ammirazione per le costruzioni nura- È impossibile, oggi, precisare da dove abbiano cominciato a edificarli. Se si am-
giche, rilevandone l’ordo greco e il fiore in genere, dovuti sia agli impulsi artistici mette l’ipotesi di impulsi esterni, le zone litoranee del Sud e dell’Ovest dell’Isola
venuti dalla civiltà protoellenica, sia a uno stato economico e sociale della Sarde- potrebbero conservarci i più antichi nuraghi. Certo è che le torri nuragiche si
gna, particolarmente felice. Ciò, in una certa misura e per alcune fasi del com- presentano in maggior numero nella parte centroccidentale della Sardegna (car-
plesso svolgimento della civiltà nuragica, trova conferma nella realtà storica ed tina A [p. 109]), che è più idonea naturalmente alle due forme economiche
anche nella più recente esperienza archeologica. della civiltà protosarda (la pastorizia e l’agricoltura non di rado in lotta fra di
loro) ed è anche più importante, sotto l’aspetto strategico, sia per la presenza di
Circa settemila nuraghi sopravvivono fino al presente, conservati più o meno vasti altopiani precipiti incisi da profonde valli e difesi per natura, sia perché le
bene, ma nell’antichità e prima delle molte distruzioni il loro numero era certa- coste occidentali, portuose e perciò soggette alle offese degli invasori (Fenici,
mente maggiore. Essi sono distribuiti con una densità media regionale di 0,27 Cartaginesi, Greci, Tartessi etc.), necessitavano di più nutrite e complesse opere
per kmq che, in qualche zona (Trexenta, Màrghine), raggiunge anche la punta di di fortificazione da parte degli Indigeni. Ma i nuraghi risalgono fin sui dirupi
0,90 (si veda la cartina di densità a figura A). montuosi del centro (tav. I, 2: Su Nuràzze di Tonàra) e si estendono sino alle
Settemila nuraghi rappresentano una realtà demografica di codesto lembo coste inospitali della Sardegna orientale (Ogliastra), dove le forme perdurano
sardo del mondo antico che stupisce ancora noi, gente “lunare”, e che incantava, semplici e si svolgono con pigro sviluppo.
si può comprendere, gli uomini del passato i quali, poeti più di noi, ponevano i In genere ragioni di sicurezza, interna ed esterna, governano la situazione
nuraghi fra le cose meravigliose dei loro tempi, cose più da eroi che da umani. dei nuraghi, ma con esse concorrono fattori geografici, economici, umani i
In effetti, un numero così impressionante di costruzioni distribuite in tutta l’Iso- quali, nell’unità sostanziale, variano in linea specifica da luogo a luogo e di
la, rappresenta una patente e concreta testimonianza d’un grande sforzo umano tempo in tempo. Certo, per lo più i nuraghi sono posti su alture dal largo do-
economico e sociale e l’esito di una situazione storico-politica di non poca effi- minio, in collegamento visuale a catena fra torre e torre, in un sistema che si
cienza. Dimostra anche l’esistenza d’un’organizzazione a base semischiavistica in inserisce in una regione naturale definita: una valle, un profilo d’altopiano, una

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

serie di terrazzi in profondità etc. (tav. I, 1, 3). Ma vi sono pure nuraghi voluta- Ma sono soprattutto alcuni espedienti singolari di grande efficacia difensiva ed
mente occultati, o a sé stanti, in perfetta pianura, che rispondono a situazioni offensiva, che rivelano il carattere di fortilizio del nuraghe. Sono le feritoie, dis-
di difesa o di economia e di altra utilizzazione distinta da quella dei precedenti. poste in unico o duplice ordine nelle torri e nei corridoi (tavv. XXVII, 1-3,
In un punto fondamentale converge la posizione dei nuraghi. Cioè in quelle co- XLVIII, 2, XLIX, 1, 4, L, 3-4, LII, 1-3, LIII, LXIV, 2, LXV, 3, LXVI, 1, 3,
stanti che ne indicano il carattere di monumenti della vita civile e laica: l’esposi- LXVII, LXVIII, 3, LXX, LXXX, 2), gli angoli morti, le svolte a zigzag (tav.
zione dell’ingresso fra i quadranti Est-Sud-Ovest con prevalenza a Sud e Sudest, XXX, 1), i piombatoi (tav. LXXVI, 1-4), le scale retrattili, i passaggi angusti, le
cioè al sole e al riparo dal maestrale – il vento dominante di Nordovest; la si- botole, le garette di guardia, le ridotte (tav. LXXI, 1-2), i canali acustici etc. Si
tuazione elevata sulle quote altimetriche fra i m 200 e 700, quote di massima aggiungano le armi di pietra (proiettili per fionda e palle per piombatoi, tav.
abitabilità preferite ancor oggi; la relazione con le zone di produttività varie, LXXVI, 4) e di metallo (lance, spade, pugnali etc. di bronzo e di ferro, tavv.
pascoliva, cerealicola, peschereccia e mineraria. XCIII-XCVI) ed oggetti vari che hanno attinenza con la vita e con l’organizza-
È possibile che alcuni nuraghi formassero linee di confine fra “cantone” e zione militare.
“cantone”, come sulle giare che sono dei vasti altopiani basaltici a pareti diru- Non è da escludersi la possibilità che dei nuraghi di forma semplice siano stati
pate (tav. I, 1). In altri nuraghi, ricchi architettonicamente e articolati in torri e abitazioni di pastori e contadini, dall’aspetto forte dovuto, come si è detto, al
cinte fortificate costruite a difesa del villaggio, si riconoscono le reggie o castelli modo di costruire di tipo megalitico. Non mai i nuraghi sono stati, nemmeno
di piccole capitali: per esempio a Barùmini, a Losa di Abbasanta, a Domu Bèc- all’origine, tombe o templi come già si credette e da taluni ancora si opina. Noi
cia di Uras etc. Queste ultime costituiscono il nucleo in cui si incentrano le oggi conosciamo le dimore funerarie e le sedi di culto della civiltà nuragica, di
proliferazioni di minori semplici torri nuragiche, agli effetti della tutela della vi- cui arricchiscono il repertorio architettonico, completando il quadro di vita del
ta delle tribù (civitates) e degli interessi economici e territoriali del minuscolo quale i nuraghi rappresentano soltanto l’aspetto aristocratico e guerriero. Le
reame, soggetto a mire di conquista interna ed esterna. prime sono costituite da “domus de janas” (grotticelle artificiali), da caverne, da
tombe megalitiche e da “tombe di giganti”. Le seconde consistono in templi a
Tutto ciò che si è detto sulla situazione dei nuraghi viene a dimostrare che pozzo coperto da cupola a ogiva, talvolta con eleganti facciate architettoniche,
essi, nella massima parte, sia nelle forme semplici sia in quelle plurime di mole o da edifizi rettangolari in antis, nei quali si vorrebbe scorgere l’influenza lonta-
maggiore sono da ritenersi delle costruzioni di carattere e di uso militare fisso. na del megaron anatolico-peloponnesiaco (tav. CVII, 3).
Nelle forme semplici costituiscono una specie di “limes” a batterie di fortini Il numero di queste costruzioni sepolcrali e cultuali è tale ed il loro sviluppo
dissolti nel sistema difensivo, ospitanti una cellula di soldati o nuclei tattici stilistico e cronologico si accompagna così coerentemente a quello dei nuraghi
con funzioni di aggiramento o di copertura. Nei nuraghi plurimi era il fulcro che non v’è proprio bisogno di immaginare che quest’ultimi sostituissero o in-
della resistenza ad oltranza, dove si dispiegava tutta la forza di difesa attiva tegrassero nell’uso le prime.
contro i nemici assedianti, per mezzo del nerbo più valido della milizia reale
comandata dallo stesso principe nuragico che aveva sede e dimora entro il mu- Sostanzialmente esistono due forme di nuraghi, le quali corrispondono a
nito castello. A Barùmini, la guarnigione si può calcolare di 300-200 uomini, due filoni costruttivi, distinti fin dall’origine e di senso assolutamente diverso.
variamente armati di archi, lance, spade, fionde etc. Questi nuraghi colossali, Uno di essi ha sviluppo lungo e complesso e sfocia in opere colossali di genera-
vere fortezze studiate con sottile arte militare, si potrebbero assomigliare a certi le diffusione. L’altro è di svolgimento semplice e corto e insiste in espressioni
castelli medievali dei quali ripresentano la posizione a dominio e a guardia del povere e primitive per aspetto e si riduce a certe zone recessive, adatte per la
borgo adiacente, i cui abitanti, inabili alla guerra (donne, vecchi e bambini), al conservazione dei temi semplici ed elementari.
momento del pericolo si mettevano al sicuro riparandosi dietro le alte e robu- La prima forma è quella del nuraghe a tholos, cioè con la camera circolare co-
ste pareti murarie delle lizze e dei bastioni turriti circondanti il mastio (tav. perta dalla falsa cupola o pseudovolta. È la forma ricordata dagli scrittori greci
LVI: Barùmini). quando parlano di «daidàleia» e di «tholoi» in Sardegna, costruzioni fatte «al
La natura militare dei nuraghi è provata anche dall’aspetto generale massic- modo arcaico greco», cioè miceneo o più largamente egeo-anatolico. La seconda
cio dei muri, spessi e megalitici, i quali, se rivelano un particolare modo di co- forma è quella del nuraghe “a corridoio”, dove il vano è costituito da un lungo
struire comune alle popolazioni mediterranee che ne fanno uso pure in edifizi di andito più o meno stretto a copertura piatta, che traversa, per tutta o parte della
natura pacifica (tombe, templi, case etc.), in quelli destinati alla guerra ne accen- lunghezza o della larghezza, il corpo costruttivo che è di figura rettangolare o
tuano la forza di resistenza all’offesa che, come forse a Barùmini, poteva venire subquadrangolare o ellittica o, comunque, non circolare come il contorno del
anche dalle macchine poliorcetiche, dall’ariete kriophoros, usate dai Cartaginesi. nuraghe “a tholos”. Il nuraghe “a corridoio”, detto anche “pseudonuraghe” o

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

“nuraghe a galleria”, ha l’aspetto interno di grotta, tale che vi si potrebbero adat- muratura del genere di quella recentemente segnalata, nelle Baleari, per il ta-
tare le denominazioni di «spelonca» e di «costruzioni sotterranee», menzionate laiot di Ses Païsses, ad Artà-Maiorca (fig. 17, 2, tav. CIV, 2).
dagli scrittori romani per tempi recenti della civiltà indigena sarda. È possibile che tale primo stadio del nuraghe a ogiva sia stato seguito dalla
Le due forme denunziano due distinti e diversi strati storici-culturali origina- forma della torre rotonda con la camera a ingresso esterno sollevato dal piano
ri. Nella forma del nuraghe “a corridoio” potrebbe vedersi la componente occi- di campagna, accessibile con una scaletta mobile: gli esempi tardivi del nuraghe
dentale, di gusto dolmenico-rettilineo o a “trilite” (presente pure nelle tombe me- Mesu ’e Rìos di Scanu Montiferru (fig. 2, 5) e del nuraghe Peppe Gallu di Uri
galitiche). Il nuraghe “a tholos”, che vorrei chiamare anche nuraghe classico in (tav. LXXXIV, 1-2) lo farebbero supporre, anche se non danno l’evidenza della
quanto è il tipo più diffuso e quello che ha avuto maggior forza di svolgimento successione proposta. Con siffatta forma d’aspetto arcaico, che limita il vuoto
e ha maturato esempi quasi armonici come il Santu Antìne di Torralba, rivela ai 2/3 superiori della costruzione mentre il terzo basale residuo costituisce la so-
una componente orientale – anatolicaegea – che si esprime nel gusto della linea lida e robusta piattaforma, si realizzava, per la prima volta, il nuraghe a scala in-
circolare e nella tecnica ad aggetto tradotta nell’ogiva. terna, ricavata nello spessore della muratura, e si otteneva una difesa maggiore,
Oggi non si può dire quale delle due forme abbia preceduto nel tempo co- perché si passava dalla camera al terrazzo, al coperto senza esser visti, e perché
me invenzione. Come applicazione il nuraghe “a corridoio” si presenta aggiunto l’entrata alla tholos era rialzata da terra. Il tipo della torre “a tholos” con ingresso
al nuraghe “a tholos”, o nello schema intero (Serra Cràstula A di Bonàrcado, sollevato, trova significativi riscontri in talaiots balearici di figura circolare, talu-
fig. 13, 2) o in soluzioni particolari di andito (Palmavera di Alghero, fig. 5, 7). ni con scala al terrazzo, di cui però ci sfugge ogni sia pur approssimativo riferi-
Tornerò più a lungo sull’argomento. mento cronologico. Il particolare dell’ingresso esterno sopraelevato avrà appli-
cazione in Sardegna in età molto evoluta, in torri aggiunte, come nel nuraghe
Visto nella sua espressione essenziale, quale si può pensare all’origine, il nu- Losa di Abbasanta (fig. 8, 4), o in cortine monumentali, come nel Su Nuraxi
raghe “a tholos”, o nuraghe classico, presenta la figura d’una torre rotonda, dal di Barùmini (fig. 10, 2), in età dall’VIII al VI secolo a.C.
profilo verticale a tronco di cono (tavv. II, 1, III, V, VII, 2, VIII, 1-3, X-XI,
XIV-XV, XVII, 2, XVIII-XX, XXII, 2, XXIII-XXIV, XXVI, XXXIV-XXXVI, Nello spazio di circa mezzo secolo, fra la metà del II millennio e la fine di
XXXVII, 2-3, XL-XLIII, LV, LXI, LXII, 1, LXXX, CIII, 2, 4, CIV, 1). esso o l’inizio del I, il primitivo nuraghe semplice “a tholos” tramuta la sua for-
La torre è costruita al modo “ciclopico”, cioè con grosse pietre talora rozze ma embrionale in quella definitiva e completa, con un progressivo arricchi-
talora lavorate, messe in file orizzontali sovrapposte a cerchi sempre più stretti mento del vuoto per mezzo di vani via via aggiunti, praticati dentro la camera e
dal basso verso l’alto. Le pietre si reggono senza l’aiuto di alcun cemento, solo nell’andito d’ingresso. Nel grafico a fig. 1, 1-25, sono presentati esempi che
con il peso ed il contrasto dei massi che sono ben legati in struttura per effetto sottolineano questo sviluppo progressivo del nuraghe classico a unità isolata,
d’una tecnica costruttiva affinata dall’esperienza di maestranze abili nel maneg- per quanto non bisogna credere che l’evoluzione sia avvenuta nella linea rigida
giare i materiali che portavano su ad altezze considerevoli (anche più di 20 me- di successione iconografica, quale potrebbe apparire dalla composizione nella
tri) facendo rotolare i blocchi, talvolta enormi, su piani inclinati di massi e ter- tavola che ha valore puramente didattico e di larga informazione.
ra compressa. Si aiutavano ovviamente con rulli di legno e con altri strumenti Riguardo allo spazio della tholos, si osserva che i profili puri dei nuraghi Or-
primitivi oltre che con la forza delle braccia e con l’intesa intelligente del lavoro rùbiu-Àrzana (fig. 1, 1), S’Iscàla ’e Pedra-Semèstene (fig. 1, 2), Baiòlu-Òsilo (fig.
di “équipe”, qualità delle manovalanze antiche e, in genere, dei grandi costrut- 1, 3), Mindèddu-Barisàrdo (fig. 1, 4), Genna Masòni-Gàiro (fig. 1, 5) si artico-
tori mediterranei. lano nelle iconografie, sempre più complesse, di celle e vani sussidiari. Si hanno
L’interno di queste torri è cavo, essendo occupato da una camera voltata “a così i disegni a una nicchia dei nuraghi Sa Domo ’e s’Orku-Ittirèddu (fig. 1, 6),
tholos”, ossia con la figura del vano di sezione uguale a quella di un uovo ta- Nuraddèo-Suni (fig. 1, 7), Marosìni-Tertenìa (fig. 1, 8), Muru de sa Figu-Santu-
gliato a metà per la sua dimensione maggiore, con le pareti elevantisi ad anelli lussùrgiu (fig. 1, 9), S’Attentu-Oràni (fig. 1, 10), Piandànna-Sàssari (fig. 1, 11);
concentrici sporgenti l’uno sull’altro, con diametro decrescente da giù in su do- quelli a due nicchie dei nuraghi S’Omu ’e s’Orku-San Basìlio (fig. 1, 12), Karcì-
ve, alla serraglia, una o più lastre chiudono il foro della falsa cupola (tavv. IV, 2, na-Orròli (fig. 1, 13), Gurti Àqua-Nurri (fig. 1, 14), Sa Preda Longa-Nùoro
VI, 1, XVI, 1, XXV, 1, XXXIII, LXV, 1). (fig. 1, 15), Su Fràile-Burgos (fig. 1, 16), Giànnas-Flussio (fig. 1, 17), Armùn-
A queste torri iniziali, conformate a terrazzo fin dall’origine per ragioni di gia-Armùngia (tav. II, 2), Scandarìu-Armùngia (tav. V, 1); quelli a tre nicchie dei
avvistamento e di difesa, si saliva forse, in un primo tempo, con scale esterne nuraghi Orolìo-Silànus (fig. 1, 18), Tittiriòla-Bolòtana (fig. 1, 19), Abbaùddi-
retrattili di legno o di corda. Ma non conosciamo esempi di questo tipo di nu- Scanu Montiferru (fig. 1, 20), Sa Figu Rànchida-Scanu Montiferru (fig. 1, 21),
raghe embrionale, come non conosciamo torri “a tholos” con rampe esterne in Perda Arrùbia-Samughèo (tav. VII, 1), Goni-Goni (tav. XIV, 1); quello, infine, a

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quattro nicchie del nuraghe Sa Cuguttàda-Mores (fig. 1, 22). Queste nicchie, profilo circolare delle pareti, sale, dove esistono, alle camere superiori, conforma-
come si desume chiaramente da quelle dei nuraghi Marosìni, Tittiriòla, Armùn- te “a tholos” come quella a piano terra, sino al terrazzo in cui ha termine l’eleva-
gia, Goni etc., erano destinate ad accogliere lettucci fatti di strame e pelli, per to della costruzione. Il passaggio della scala non è sempre agevole sia per le di-
una o più persone. mensioni del vano, largo da m 0,60 a 1, sia per la fattura dei gradini per lo più
Pure nel vano del corridoio d’ingresso si nota una progressiva evoluzione. Da- erti e rozzi, sia per la scarsa illuminazione che proviene, ma non sempre, da
gli anditi semplici dei nuraghi Orrùbiu, S’Iscàla ’e Pedra, Nuraddèo, Sa Domo ’e strette feritoie o spioncini aperti verso l’esterno, a diversa altezza del percorso.
s’Orku, Marosìni, S’Omu ’e s’Orku, si passa a quelli con sola celletta, destinata Esistono due tipi di scale, l’uno successivo all’altro. Il primo tipo è quello in
per il soldato di guardia, situata per lo più sulla destra (Baiòlu, Muru de sa Figu, cui la scala si apre sul vano della camera centrale con la soglia sopraelevata di m
Sa Preda Longa) ma pure sulla sinistra (Gurti Àqua), o agli anditi provvisti della 3/4 sul piano del pavimento (fig. 1, 2-3, 7, 13, 15, fig. 2, 1, tavv. IV, 3, XIV, 1,
sola scala a fior di suolo posta sulla sinistra, come nei nuraghi Mindèddu, S’At- XXV, 1, LXIV, 1). Nel secondo tipo, la scala parte dall’andito d’ingresso, a fior
tentu, Sa Cuguttàda, Sa Figu Rànchida, Muràrtu (fig. 1, 23). Si hanno, da ulti- di suolo, e volge verso l’alto per lo più in direzione di sinistra (fig. 1, 4-5, 10-
mo, anditi completi di scale e garette, le prime ubicate più di frequente a sinistra, 11, 16, 18-19, 21, 23, 25, fig. 2, 3, tav. XLVI, 1-2), eccezionalmente verso de-
come nei nuraghi Genna Masòni, Piandànna, Su Fràile, Orolìo, Tittiriòla, ma stra (fig. 1, 17, 20, fig. 2, 2). Il primo tipo è stato riconosciuto come più anti-
anche a destra come nei nuraghi Giànnas, Abbaùddi, Perda Arrùbia. co, in quanto la scala impegna un minor volume di masso murario ed alterna,
Uno sviluppo tecnico-costruttivo ulteriore si coglie nei nuraghi Muràrtu col suo ritmo di percorso spezzato ad ogni piano, vuoti a pieni strutturali onde
(fig. 1, 23), Leortìnas (fig. 1, 24) e Santu Antìne (fig. 1, 25). In essi, per gradi, non compromettere l’equilibrio statico in uno stadio costruttivo meno evoluto
si realizzano intorno alla camera dei corridoi anulari verso i quali, come nel e ardito. Si tratta d’una limitazione di spazio che trova l’analogo negli spazi,
Leortìnas e soprattutto nel Santu Antìne, si aprono a raggera le nicchie delle pur essi contenuti, delle camere semplici con una o due nicchie al massimo. Il
tholoi. Si tratta di disegni molto evoluti, che rivelano una concezione del taglio secondo tipo appare più recente, perché il suo giro investe, con percorso conti-
dello spazio a gusto circolatorio in cui sembrerebbe di riconoscere (ma in realtà nuo a spirale obliqua, l’intero anello murario per tutto l’elevato, rivelandosi, in
non si verifica) l’influsso dell’ordine classico. ciò, una disinvoltura e sicurezza nel costruire che rivelano un progresso tecnico
In generale si nota una continua, per quanto molto lenta e contenuta, ricer- derivato da lunga esperienza e dal passar del tempo. A questo maggior respiro
ca di ampliamento dello spazio anche se, in ogni caso, lo scavo fatto nel pieno spaziale del vano della scala corrisponde, di massima, la forma più evoluta della
murario non ne attenua il peso o ne ingentilisce l’aspetto tanto da svalutare il camera a tre nicchie, pur non mancando esempi di scala d’andito in tholoi con
senso e l’effetto della massa che domina, rude e sovrana, nella sua essenzialità una o due nicchie, ma in numero molto minore.
primitiva. Il citato grafico illustra questa osservazione. I 25 nuraghi, nei quali si In alcuni nuraghi si ha l’associazione dei due tipi di scale, come vedesi nelle
hanno diametri medi di torre di m 11,24 e diametri medi di tholos di m 4,08, torri di Sa Figu Rànchida (fig. 1, 21) e di Ala (fig. 2, 4). Le tholoi che la presen-
con indice medio nel rapporto torre-camera di 2,75, presentano indice medio tano, mostrano la figura ormai completa e definita della camera a tre nicchie e
di massa-spazio di 1,6; cioè la somma degli spessori murari misurata alla base rivelano un’esperienza architettonica matura che compone, armonicamente, le
della sezione diametrale è di 1,6 volte maggiore rispetto al vano della tholos. Si soluzioni via via studiate e realizzate per lunghi anni.
deve notare anche che l’indice di massa-spazio tende ad aumentare in ragione L’evoluzione della semplice torre nuragica si può studiare anche attraverso
diretta dello sviluppo spaziale della camera del nuraghe (1,52 medio dei nura- l’esame dello sviluppo dell’elevato. Nello spazio d’un mezzo millennio, dalla fi-
ghi a fig. 1, 1-17 contro 2,26 medio dei nuraghi a fig. 1, 18-25): ossia i muri gura primitiva della torre, bassa e massiccia, con unica camera con o senza scala
vanno sempre più irrobustendosi per far luogo al numero e alla capienza sem- al terrazzo, si dovette passare a quella del tronco di cono a camere sovrapposte
pre maggiori dei vani sussidiari (cellette, garette, scale, corridoi anulari etc.). sull’asse verticale, in numero da due a tre, con dimensioni in diametro ed altez-
Lo spessore delle murature varia, nei 25 nuraghi del grafico dimostrativo, dai za che regrediscono in rapporto diretto al restringersi del volume verso la parte
m 5,20 del nuraghe Leortìnas (fig. 1, 24) ai m 2,30 del nuraghe Nuraddèo (fig. superiore (fig. 3, 2, 4-5). Si raggiungono in tal modo, già sul finire del II mil-
1, 7) con una media normale, sui 25, di m 3,56. Si tratta, in ogni caso, di valori lennio a.C. e, poi, nei tempi iniziali del I, altezze considerevoli e imponenti di
notevoli a cui, oltre la ragione esposta di far da sede ai vuoti, sta di base la speciale torri, come attestano i m 18,60 del nuraghe di Barùmini (fig. 3, 2) e i m 22 del
tecnica costruttiva a secco con grossi elementi, tecnica che, mancando la coesione nuraghe Santu Antìne (fig. 3, 5).
del cemento, affida la solidità e la statica dell’edifizio all’ampiezza del muro. Tale svolgimento è sottolineato pure dal variare dell’inclinazione delle mura-
Una parte rilevante di questo massiccio fasciame murario è occupata dal va- ture esterne della costruzione nuragica, in cui si osserva, seppure in successione
no della scala (tavv. XXV, 2, XLVI, 1-2) che, girando elicoidalmente secondo il non strettamente progressiva, una pendenza sempre minore dalle forme antiche

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

a quelle recenti, un lieve e lento mutare dal profilo di volume troncoconico in bottega protosarda del VII-VI secolo a.C., mostrano il profilo superiore delle tor-
profilo di volume subcilindrico. Si confronti, in concreto, la sezione a forte in- ri di forma piatta, ed uno – quello meglio conservato di Olmedo – presenta la
clinazione della torre del Domu s’Orku di Sarròk (fig. 3, 1), torre fra le più anti- vetta dei piccoli coni circondata da coroncine sporgenti all’esterno. In un caso e
che dell’Isola, e quella del nuraghe Altòriu di Scanu (fig. 4, 9), dove il muro nell’altro si tratta di terminazione del cono a terrazzo, a profilo contenuto nella li-
esterno, quasi verticale, sembra l’esito d’una soluzione moderna, sebbene imper- nea del muro della torre nel modellino di Ittirèddu, con sbalzo a parapetto nel
fetta, di muro a piombo, avvalorata dalla novità del contorno oblungo dell’edifi- bronzetto di Olmedo. Più significativa ancora è la colonnina di calcare a tav.
zio e dal dispositivo della scala di camera, a fior di pavimento, con andamento LXXVI, 1, pur essa del VII-VI secolo a.C., in cui è riprodotta con evidenza la
spezzato e inusitato nei nuraghi di perimetro circolare, e rivelante gusto tardivo torre d’un nuraghe: forse la torre dello stesso nuraghe di Barùmini presso il quale
di linea retta (fig. 3, 6). è stato ritrovato il monumentino, in recenti scavi. Alla sommità del cono si ripete
la sagoma del ballatoio con parapetto sporgente dal filo murario, qui sorretto da
Per quanto il valore non sia assoluto, una certa indicazione, in uno agli altri mensole espresse nei rilievi verticali al disotto del tamburo circolare.
elementi, dell’evoluzione formale del nuraghe monotorre è data anche dal rap- Alla forma dei terrazzi di queste riproduzioni in piccolo, corrispondono
porto fra l’altezza della tholos ed il suo diametro basale. Profili stretti e slanciati esempi reali precisati di recente. Un terrazzino a sporto con orlatura di conci
di camera, sembrano, almeno come origine, più antichi di quelli proporzionati sagomati, sovrastava, nella fase b (VIII-VII secolo a.C.), la torre centrale del
nelle due dimensioni di piano e di elevato, e questi ultimi, a loro volta, sembra- nuraghe Losa di Abbasanta. Ed un simile coronamento, intorno alla prima me-
no anteriori, sempre per origine, ai profili delle pseudovolte in cui il rapporto tà dell’VIII secolo, fu inserito in restauro al sommo dell’antico mastio del nura-
volge decisamente in favore della misura diametrale con un progressivo appiat- ghe di Barùmini, facendo sbalzare il terrazzo sopra mensole di basalto del peso
timento della cupola. L’indice, che segna il rapporto, decresce in relazione col medio di 13 q, ritrovate alla base della torre entro il colmaticcio del cortile del-
progredire del tempo (fig. 3, 1-6: i numeri si riferiscono in ordine ai nuraghi la poderosa fortezza (fig. 3, 2, tav. LXXVI, 3). La terminazione in piano dell’al-
sottoindicati). Così si passa dall’indice di 2,2 del nuraghe Domu s’Orku (tholos to delle torri nuragiche rispondeva all’originaria destinazione di osservatorio e a
semplice con scala di camera) all’1,61 del Su Nuraxi di Barùmini (tholos a due quella successiva di luogo di comando nelle complicate operazioni di difesa. La
nicchie con scala di camera e garetta d’andito), all’1,48 del Losa (tholos a tre sporgenza si dovette alla necessità di riguadagnare la verticale del getto dei
nicchie con garetta e scala d’andito), all’1,4 del Santu Antìne (tholos come so- proiettili nel sistema del piombatoio, proiettili i quali, altrimenti, sarebbero an-
pra con deambulatorio concentrico), all’1,1 del nuraghe Altòriu di cui sono dati a cadere sul profilo inclinato del muro esterno.
state notate le caratteristiche di costruzione molto recente o, comunque, poste- A questi esempi evoluti di terrazzi a ballatoio in pietra su mensole (un
riore alle precedenti, essendone una derivazione tipologica decaduta ed alterata esempio ancora più tardivo è stato riconosciuto da poco nel nuraghe Albùciu
per la presenza di elementi del tutto nuovi. di Arzachena), si giunse dopo esperienze di balconcini in legno, sostituiti poi
per esser di materia deperibile e di facile presa per gli elementi incendiari in uso
Infine, costituisce un segno largamente indicativo del progresso cronologico nelle guerre antiche.
della torre nuragica, la variazione del profilo dell’andito d’ingresso. Il grafico di
fig. 4 mostra come gli anditi vadano progressivamente riducendo l’obliqua del Molto recente è l’osservazione, fatta in parecchi nuraghi semplici, di grosse
soffitto elevata verso l’interno dei nn. 1-6, fino ad appiattirsi nei solai gradonati murature d’argine che avvolgono tutto all’intorno e consolidano, contraffortan-
dei nn. 7-9, e trapassino gradualmente dalle sezioni angolari-trapezoidali dei pri- dolo e inspessendolo, il paramento interno della torre (fig. 15, 3, tav. CIV, 1).
mi alle sezioni rettangolari piattabandate dei secondi. Dallo stesso grafico si rileva Questi rifasci murari in alcuni esempi foderano il cono per l’intero elevato e
l’organica corrispondenza fra sezioni d’andito e di camera, le quali, col mutare sembrano costituire una reintegrazione di parti costruttive pericolanti per varie
graduale nel primo dall’obliqua all’orizzontale di copertura e con l’abbassamento cause; sono dunque posteriori nel tempo al nucleo fondamentale. Ma in altri
generale dei vani, vanno perdendo quello slancio e quella verticalità che contras- esempi, la sfoglia di contenimento si eleva soltanto di pochi metri formando
segnano i nuraghi più antichi, per assumere via via valore preponderante nella di- un gradone anulare al disotto del terrazzo terminale della torre, gradone che
mensione di base, segno di tempi meno lontani. rinforza la parte inferiore del nuraghe soggetta al massimo sforzo statico, am-
plia, attraverso la terrazza periferica, il raggio visivo e, forse anche, tradisce l’in-
Solo da pochi anni, dopo incertezze e discussioni, si è potuto accertare su dati tendimento di movimentare, col profilo spezzato, l’uniforme linea obliqua pri-
concreti, come la torre nuragica finiva al suo culmine. Due modellini in bronzo mitiva. Nulla si oppone a ritenere che siffatte torri terrazzate siano opera di
di nuraghi – uno da Ittirèddu e l’altro da Olmedo (tav. LXXVI, 2) –, prodotti di getto, cioè con le varie sfoglie costruite contemporaneamente.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

L’espediente struttivo, applicato talora in forma monumentale, diventa di della nuova costruzione, in piano (celle) ed elevato (scale), introduce un ingresso la-
maggior interesse e significato se lo si vede, come è da vedersi, quale esito locale terale (fig. 5, 5-6), nella fig. 5, 7 integrato da un’entrata frontale munita di due cop-
d’un tipo architettonico largamente divulgato nel Mediterraneo occidentale già pie di cellette di guardia con scala e feritoie. Il muro del recinto o “tancato” ad un
da età molto remota (II millennio a.C.). Noteremo più oltre le rispondenze estremo seconda il giro della torre minore, con contatto spezzato di membri (fig. 5,
nelle aree paleomediterranee delle Baleari, di Corsica e delle Puglie. 3-4) o fuso con dolce curvilineità (fig. 5, 5-7), all’estremità opposta si salda ad an-
golo al paramento della torre maggiore, o contenendola per una parte soltanto della
Forse già sul finire del II e, certamente, agli inizi e più ancora con l’avanzare sua circonferenza (fig. 5, 3-6) o circondandola del tutto col fasciame ellittico, sì da
del I millennio a.C., alle antiche e semplici torri nuragiche “a tholos” isolate, costituire un blocco unitario più compatto e saldo (fig. 5, 7).
svolte e definite ormai negli elementi di pianta e di alzato sopradescritti, si ag- Alcune forme ceramiche con decorazione protogeometrica nello stile dei va-
giungono, addossandosi variamente, altri corpi di fabbrica i quali, pur non alte- si a tavv. XCVIII e C, e alcuni bronzetti indigeni di circa l’VIII-VII secolo a.C.,
rando sostanzialmente il fondamento della forma architettonica e struttiva, l’ar- trovati dentro il cortile del nuraghe Palmavera (fig. 5, 7), stanno a dimostrare
ricchiscono portandola a soluzioni elaborate e configurandola, al culmine, in che lo schema del nuraghe “a tancato” era già conformato e portato ad un
esempi grandiosi e organici di architettura superiore. Questo passaggio dalla for- avanzato grado evolutivo intorno al 750 a.C.
ma del nuraghe elementare “a tholos” alla forma del nuraghe “a tholos” plurimo
o complesso, avvenne attraverso un’evoluzione lenta, non dappertutto uniforme, Uno schema vicino, ma non uguale, a quello precedente, si mostra nella fig. 5,
condizionata dallo sviluppo diverso dello stato dei singoli sistemi “cantonali” 8: nuraghe Su Mont’e s’Orku Tuèri-Perdasdefògu. Due torrette minori (B, C)
nuragici, dalla diversa fertilità inventiva e dal modo di vedere più o meno pron- fronteggiano, sull’asse di lunghezza, la torre principale A; camere e ingressi
to delle maestranze, dall’apertura maggiore o minore dei rapporti con l’esterno. stanno tutti sulla stessa linea longitudinale. Identico allineamento in lungo di
Può dirsi, in generale, che l’evoluzione architettonica maturò nello spazio d’un tre torri mantiene il nuraghe Su Sensu di Pompu, a fig. 5, 9. Qui, però, l’addi-
mezzo millennio, dal 1000 circa al 500 a.C., cioè dai tempi delle prime avvisa- zione longitudinale delle torri minori (C, B) alla torre maggiore primitiva (A), si
glie delle conquiste dei popoli storici (Fenici) a quando i Cartaginesi, alla fine sviluppa non solo sul davanti ma anche a tergo di quest’ultima che, all’origine,
del VI secolo a.C., s’impossessarono stabilmente d’un terzo dell’Isola, sospingen- aveva due ingressi opposti, uno al Nord e l’altro al Sud. Tali ingressi servirono,
do gli Indigeni, costruttori di nuraghi, nel ridotto delle montagne. poi, per collegare all’interno le camere delle tre torri, disposte pur esse sul me-
desimo asse di lunghezza, mentre l’accesso dall’esterno al nuovo corpo costrut-
L’addossamento dei nuovi corpi di fabbrica ai coni primitivi avviene, grosso tivo fu ricavato di lato (b) entro il muro della torre B.
modo, con tre forme di addizione: frontale, laterale e concentrica. Elemento
frequentissimo e importante, sebbene non strettamente indispensabile, come Nel grafico a fig. 6 sono disegnati nuraghi con addizione frontale a sviluppo
ordinatore e concentratore delle masse periferiche al nucleo centrale o principa- trasversale degli elementi aggiunti.
le, è un cortile, talora d’aspetto monumentale (tavv. XVII, 1, XXII, 1, XXIV, Gli esempi 1-4 mostrano una variazione dello schema “a tancato”, disposto di
3-4, XXXIV, 1, XLIII, 2, LV, 3, LXI, LXIII, 1-2). traverso, tangenzialmente al cono antico. Lo schema consiste appunto in un corpo
L’addizione frontale si effettua costruendo la parte moderna o sull’asse lon- costruttivo che include al centro un cortile raccordato da anditi sfocianti in tholoi
gitudinale della torre primitiva o su una linea trasversale ad essa. contenute in due torri al margine dello stesso corpo; l’ingresso esterno è sul davanti,
Il grafico a fig. 5 mostra uno schema di evoluzione dei nuraghi ad addizio- in asse con la porta della torre primitiva (fig. 6, 1-2), o di lato (fig. 6, 4). Negli
ne frontale longitudinale. Il tipo più semplice è quello dell’addizione sulla fron- esempi 5-6 si riconosce lo stesso schema, ma atrofizzato e semplificato, perché man-
te del cono originario, d’un cortiletto aperto sul davanti, in asse con l’ingresso ca il cortile, la cui funzione di elemento coordinatore degli anditi delle due torri mi-
della tholos, di pianta a segmento di cerchio (fig. 5, 1) o rettangolare (fig. 5, 2). nori è sostituita dal corridoio ricavato nella cortina frontale in continuazione diretta
L’aggiunta si opera su torri a camera semplice, apparentemente molto antiche; dell’andito della torre principale più antica. È da osservare che, in analogia col di-
assai antico potrebbe essere pure l’inserto aggiuntivo, almeno nel nuraghe Giba verso modo di saldarsi del corpo aggiunto sul nucleo originario visto nel “tancato” a
’e skorka, tutto di gusto curvilineo (fig. 5, 1). sviluppo longitudinale, anche in questo a sviluppo trasversale il lato opposto a quel-
I nn. 3-7 della fig. 5 presentano dispositivo d’inserzione cosiddetto “a tancato”. lo del prospetto o ripiega ad angolo sul paramento della torre maggiore lasciandone
Cioè sul fronte della torre primitiva si sviluppa in longitudine un corpo murario, di la metà o i tre quarti della circonferenza scoperti (fig. 6, 1-2, 5) o va, dolcemente, a
varia figura, racchiudente una seconda torre minore con un cortile antistante che fa fondersi nel suo giro (fig. 6, 3-4), quando anche non lo consolida avvolgendolo
da passaggio alla prima. Al cortile, in cui si raccordano tutti i vani della vecchia e con un rifascio anulare (fig. 6, 6). Un’evoluzione dello schema “a tancato” traverso

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con cortile è costituito dal nuraghe Oes di Torralba (tavv. XXXIV-XXXIX), in cui La seconda varietà è esemplificata dal Pranu Nuracci di Siris (fig. 8, 2) e dal
una delle torri minori (quella di sinistra) si articola in due giri turriti a linea continua. Nuraddèo di Suni (fig. 8, 3 e tav. XXVI). Intorno alla torre principale si ad-
dossa il corpo triangolare con le tre torri delle cuspidi unite da cortine rettilinee.
I nuraghi esemplificati nella fig. 7 danno un’idea di come si effettua l’addi- Nel Pranu Nuracci il raccordo tra torre antica A e torricelle frontali (B, C), è
zione laterale, cioè l’aggiunta dei membri costruttivi più recenti ai lati della for- dato da due lunghi corridoi, paralleli alla cortina di prospetto, i quali si dirigo-
ma originaria. no verso B e C partendo dal corridoio dell’ingresso esterno sul prolungamento
L’addizione avviene per contatto o tangenza delle torri minori alla torre mag- di quello di A (vedi per confronto fig. 6, 5-6). Nel Nuraddèo il raccordo viene
giore, la quale, in ogni caso, conserva un tratto più meno esteso del perimetro in offerto, invece, dal cortile E con formula apparentemente evoluta rispetto a
vista, ossia non coperto né obliterato dalle opere secondarie. Al cono antico si quella del Pranu Nuracci. Ambedue i nuraghi mostrano la torretta tergale D
addossano una (fig. 7, 1, 3), due (fig. 7, 2, 4) o tre torri (fig. 7, 5), nell’ultimo con uscio a parte, come nel citato nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1). Allo
esempio con addizione tangenziale delle torri laterali (B, C) mentre la terza, la schema del Nuraddèo si avvicina anche il piano del trilobo del nuraghe Is
frontale (D), ne è separata dall’interposto cortile (E). Negli esempi a fig. 7, 1-2 Paras di Isili, con la variante di una cortina curvilinea su due rettilinee (tavv.
l’unione delle diverse parti murarie avviene per semplice tangenza, con il risulta- XXII-XXV).
to di produrre uno schema paratattico, cioè a pura giustapposizione in piano Alla terza varietà appartengono i nuraghi Losa (fig. 8, 4, tavv. XXVII-
delle componenti della costruzione. Nei nuraghi a fig. 7, 3-4 e specialmente nel XXXIII), Lughèrras (fig. 8, 5) e Santu Antìne (fig. 8, 6, tavv. XL-LIV). Il fa-
Noddùle di Nùoro (fig. 7, 5) si osserva, invece, un vero e proprio ordinamento sciame triangolare, a differenza del precedente a sequenza retto-curvilinea di
sintattico o compositivo delle varie membrature, affidato, come di consueto, al cortine e torri, si svolge in un profilo continuo unitario a linea curva e sinuosa,
cortile verso cui si concentrano, articolandosi, masse e vani del complesso. internata in lieve concavità in corrispondenza alle cortine e pronunziata con
garbo convesso nel giro delle tre torri perimetrali (B, C, D).
Le forme più vistose ed elaborate di nuraghi plurimi si ottennero con l’addi- A base dei due modi di sentire il profilo perimetrale – a linea spezzata e a li-
zione concentrica, per cui la torre primitiva sta nel mezzo, o quasi, di un fascia- nea continuata – stanno ragioni di stile, ma anche di difesa: una difesa a punte,
me murario, di varia figura, articolato in cuspidi ai margini, in corrispondenza frazionata nel risalto delle cuspidi turrite pronunziatissime dei bastioni retto-
alle torri minori, le quali sono unite fra di loro per mezzo di cortine, o rettili- curvilinei, e una difesa concepita e realizzata con spiegamento di soldati in con-
nee o curvilinee. tinuazione su tutto lo spalto delle torri e delle cortine del bastione ad anda-
Questi nuraghi sono stati definiti anche “polilobati”, in quanto le torrette mento curvilineo e sinuoso.
perimetrali figurano come tanti “lobi” in cui si espande la massa centrale domi- Per il resto, a parte il singolare inserto aggiunto dello schema “a tancato” (E,
nata dal cono maggiore o mastio (tavv. XVII-LXXI, LXXVII, LXXX). F) sul trilobo del Lughèrras (fig. 8, 5), i tre nuraghi Losa-Lughèrras-Santu An-
A seconda del numero delle cuspidi turrite, si distinguono nuraghi trilobati tìne mostrano una progressiva evoluzione dello schema tripartito fondamenta-
dal corpo triangolare con torri ai tre apici; nuraghi quadrilobati a corpo quadri- le. L’evoluzione consiste nel raccordo “a cortile” in Lughèrras-Santu Antìne ri-
latero turrito ai quattro angoli; nuraghi pentalobati in cui cinque torri perime- spetto al raccordo “a corridoio” in Losa; nell’unione, per interno, di C a D nel
trali muniscono le cuspidi d’un bastione pentagonoide (figg. 8-9). Lughèrras mentre nel Losa D è isolata con uscita esterna sopraelevata; nel totale
raccordo interno per corridoi paralleli alle cortine illuminati da feritoie, delle
La fig. 8, 1-6 presenta esempi in cui si riconoscono tre varietà di nuraghi camere delle torri marginali (B, C, D) nel nuraghe Santu Antìne.
trilobati. Materiali vari, soprattutto di terracotta e di bronzo, trovati dentro le tholoi e
Nella prima varietà, visibile nel nuraghe Longu di Cùglieri (fig. 8, 1), da un nei pozzi (p, tav. XLIII, 2) dei cortili del Losa-Lughèrras-Santu Antìne, stanno
robusto anello murario che avvolge concentricamente il mastio A, si dipartono, a provare che lo schema del trilobo curvilineo esisteva già nei tempi dell’VIII se-
con pronunziamento di tre quarti di cerchio rispetto al raccordo anulare, tre colo a.C. L’inserto aggiuntivo “a tancato” del Lughèrras potrebbe esser stato
torrette: due situate frontalmente alla torre antica (B, C) con un interposto portato nel VII secolo a.C.
grande cortile di disimpegno spaziale (E), e la terza emergente all’opposto nella Dello schema predetto si hanno anche versioni imbarbarite e decadute co-
parte retrale (D). L’ingresso dall’esterno sta nell’angolo della cortina curvilinea me, per esempio, nel nuraghe Asòru di San Vito (tavv. XVII-XXI).
di prospetto presso la torretta B; i vani di A, B e C sono coordinati dal cortile
verso cui convergono i corridoi, e D presenta, forse, un’uscita indipendente che Esempi di nuraghi quadrilobati si vedono nella fig. 9, 1-4. Si riconducono a
consentiva improvvise e nascoste sortite. due varietà.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

In una il corpo quadrilatero aggiunto mostra cortine e torri d’angolo fuse in Sono questi nuraghi polilobati, i quali talvolta assumono proporzioni gigan-
unica linea curva e sinuosa, linea concava sulle cortine, convessa alla leggera tesche e poderose, a presentare ulteriori espedienti difensivi tradotti in più vasti
prominenza delle quattro torri marginali. La torre antica (A) e le torrette ango- dispositivi destinati a rendere più munito e sicuro il già valido e protetto ba-
lari frontali (B, C) hanno i vani disimpegnati dal cortile (F); le torrette angolari stione del nuraghe plurimo.
tergali (D, E) sono raccordate alle frontali (B, C) da corridoi che seguono il Si tratta di esempi di arte militare molto progredita, in cui si scorge da un
profilo ondulato delle cortine. Tale schema è ben chiaro nel nuraghe Santa Bàr- lato il felice risultato della completa maturazione di formule e soluzioni archi-
bara di Macomèr (fig. 9, 1, tav. LV). tettoniche della civiltà locale, e dall’altro lato si coglie il riflesso di conoscenze e
I nuraghi a fig. 9, 2-4 esemplificano la seconda varietà, a bastione quadrango- di insegnamenti della poliorcetica di popoli esterni (Cartaginesi, Greci etc.).
lare con sequenza di torri e cortine rettocurvilinee. Nel nuraghe Còa perdòsa di Sè- Questi grandiosi e complessi edifizi fortificati, se hanno conosciuto l’impeto di
neghe (fig. 9, 2), il quale mostra anche il tratto retrale del mastio non coperto né assalti a scorreria delle truppe indigene nella guerra tribale interna, hanno so-
protetto dal fasciame, si ha un misto di cortine rettilinee e curvilinee. Del resto, prattutto sostenuto il peso di assedi prolungati degli eserciti di conquista, in
come nei nuraghi Sa Serra-Orròli (fig. 9, 3) e Su Nuraxi-Barùmini (fig. 9, 4, tavv. particolare di quelli cartaginesi, armati dei ritrovati bellici più efficaci, quali
LVII-LXXI), le celle del mastio (A) e delle torri perimetrali (B, C, D, E) sono col- arieti ed altre macchine di urto e di tiro.
legate fra di loro dal più ampio spazio del cortile scoperto che dava aria e luce ai
vani (tavv. LXI, LXIII, 1-2) e sboccano nel cortile stesso o direttamente (B, C, D) A fig. 10, 1-4 è data un’esemplificazione molto istruttiva di siffatte fortezze
oppure tramite un lungo corridoio curvilineo praticato nello spessore murario a nuragiche. A fig. 10, 1 è il disegno di piano completo del nuraghe Lughèrras, a
raggiro della torre primitiva (E). L’ingresso alla fortezza in ogni caso è aperto nella fig. 10, 2 quello del Su Nuraxi, a fig. 10, 3 quello del Domu s’Orku di Domusnò-
cortina frontale, spostato verso l’angolo con la torre di sinistra (B), nel Su Nuraxi vas (tavv. LXXVII-LXXIX) e, infine, a fig. 10, 4 si vede la rappresentazione
(fig. 9, 4) difeso da due garette di guardia. Il medesimo Su Nuraxi presenta le came- planimetrica del formidabile nuraghe Orrùbiu di Orròli.
re d’arme delle torri perimetrali munite di feritoie a doppio ordine (tavv. LXIV, 2, Tutte e quattro le fortezze predette sono accomunate dalla esistenza intorno
LXV, 3) ed è provvisto di due pozzi per riserva d’acqua potabile durante gli assedi al bastione interno plurilobato, di un vasto antemurale o “proteichisma” o lizza
prolungati: un pozzo nel cortile p (tav. LXIII, 1) e l’altro nella torretta E, dietro la a sequenza di torri unite da cortine rettilinee. Questo recinto turrito forma la
torre primitiva, nella parte più riposta e di difficile accesso del forte. linea più esterna di difesa del forte, situata davanti alla linea interna principale
Per quanto riguarda le due cennate varietà di nuraghi quadrilobati, segnalia- del bastione col fine di proteggerlo attraverso il diaframma e lo schermo del ro-
mo i diversi modi di sentire la linea, a ritmo continuo e a ritmo spezzato, nota- busto baluardo. Si tratta d’una concezione difensiva a linee concentriche terraz-
ti per i nuraghi trilobati. zate, in cui gli spalti vanno elevandosi a gradoni di tiro dalla campagna verso il
Ceramiche caratteristiche rinvenute nel pozzo del nuraghe Piscu di Suelli – centro della fortezza sino a culminare nel mastio destinato a punto di osserva-
un quadrilobato della varietà a profilo rettocurvilineo, tav. CIII, 4 – ed altri zione e a centrale di comando. Il Su Nuraxi di Barùmini (fig. 10, 2) per esser
materiali avutisi dal Su Nuraxi di Barùmini, permettono di accertare l’esistenza stato totalmente messo in luce e per la buona conservazione dei vari elementi
dello schema a quadrilobo già nell’VIII secolo a.C. A Barùmini deve ritenersi della cintura concentrica difensiva, permette di farsi un’idea delle diverse quote
anche più antico: del IX secolo a.C. di elevazione delle terrazze d’arme (tav. LVIII, 2). L’esterna dell’antemurale era
alta 10 metri, quella mediana del bastione quadrilobato la sovrastava di 5 metri
Situando una torretta a metà circa della cortina d’unione fra le torri frontale e re- giungendo a m 15 d’altezza, e, al sommo del complesso, dominava il mastio
trale del lato sinistro (B, E) del nuraghe Orrùbiu di Orròli (fig. 9, 5, tav. LXXX), si dai suoi 20 metri. Per tutta l’estensione delle cerchie gradonate, sopra gli spalti
ottenne il disegno del nuraghe pentalobato, in cui il pentagono è completato dalle e dentro le camere d’arme operava, in tempi di guerra, una massa di circa 200
due torri marginali del lato destro (C, D). La sequenza di profilo è rettocurvilinea soldati delle varie specialità: spatari (tav. XC), frombolieri (tav. XCI), arcieri
come in una varietà dei quadrilobati e dei trilobati. Il cortile G, nel quale si entra per (tav. XCII) al comando dei capi militari, i potenti re-pastori (tav. LXXXIX).
un ingresso a doppia garetta come nel Su Nuraxi, raccorda i vani del mastio e delle La cerchia esterna o antemurale si presenta di figura poligonale, talvolta ab-
torri perimetrali, con sfocio diretto delle due frontali (B, C) e della laterale sinistra bastanza regolare: come nel Lughèrras (fig. 10, 1), di forma quadrilatera con
(F), con collegamento a lungo corridoio a raggiro di mastio delle due tergali (D, E). quattro torri per angolo (G, H, I, L), e nel Su Nuraxi (fig. 10, 2) a disegno epta-
Si può supporre che anche la figura del nuraghe pentalobato si conoscesse gonale con sette torri allo spigolo delle sette cortine rettilinee (G, H, M, N, O,
già dall’VIII secolo a.C. Certo essa è anteriore al VI secolo, età in cui la fortezza P, Q); tavv. LXVI-LXXI. Nel nuraghe Orrùbiu (fig. 10, 4, tav. LXXX), il fonda-
dell’Orrùbiu cadde in mano dei Cartaginesi. mentale schema della lizza a poligono di torri e cortine in linea retta, visibile nei

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

lati Sud-ovest-nord (P, Q, R, H, I), è variato ed alterato, sul lato Est, da una se- Nel primo lo spazio fra l’antemurale ed il bastione è suddiviso in due corti d’arme,
quenza a spezzata di speroni curvilinei a sporgenze e rientranze angolari (L, M, con ingressi separati: la prima corte M battuta dalle torri N ed L (tav. LXXIX, 3-4),
N, O). Nel nuraghe Domu s’Orku di Domusnòvas (fig. 10, 3, tavv. LXXVII- l’altra – la maggiore – segnata con la lettera I, vigilata dalle torri F-G della lizza e
LXXIX), l’antemurale costituito di cinque torri (F, G, H, L, N) collegate da cor- B, D, C del bastione (tavv. LXXVII, 4, LXXVIII, a sinistra). Nel nuraghe Losa,
tine rettilinee, non circonda l’intero corpo polilobato del bastione interno – una nel tratto del ridotto del pozzo, lo stretto spazio G, compreso fra la torre E e le
massa esagonoide con tre torri frontali (B, D, C) e cortile (E) intorno al mastio punte turrite del bastione B e C, è una specie di camera della morte in cui chi si
A –; invece, ripiega verso la cuspide Sudest (C) del bastione e vi si addossa con avventurava non aveva scampo alcuno (tavv. XXX, 2).
ampio svolto rotondo (I), lasciando scoperto ed esposto all’urto diretto il tratto Il ritrovato dell’antemurale è noto fin dal secolo IX a.C. Lo dimostra l’anti-
Est-nordest del bastione stesso (tav. LXXVIII). Analogamente ne Losa (fig. 11), ca lizza del Su Nuraxi di Barùmini, della quale nella pianta si vedono le torri
stando a quanto ora appare, resta coperto dall’antemurale – formato da due tor- M ed O incorporate, ad integrazione di difesa, nel nuovo antemurale dell’VIII
ri (E, F) unite da una cortina a spezzata – soltanto il fianco Nordovestovest del secolo, più vasto e munito (tav. LVI). Dell’VIII secolo, ma anche di tempi più
bastione trilobato (tavv. XXVIII, 2, XXIX-XXX), mentre il resto sembra lasciato tardivi, potrebbero essere gli antemurali del Lughèrras e del Losa. Tutte le lizze,
aperto alle offese (tavv. XXVII, XXVIII, 1, XXIX, 1). Qui però è da osservare però, saranno anteriori alla fine del VI secolo a.C., quando le fortezze in dis-
che la lizza pare esser stata costruita più che allo scopo di difendere il nucleo in- corso capitolarono di fronte alle maggiori forze e agli strumenti di guerra più
terno col frapporre la cintura d’una muraglia periferica come negli altri esempi efficienti e perfezionati dei Cartaginesi.
di nuraghi “a proteichisma”, per costituire invece una sorta di ridotto fortificato
a protezione del pozzo contenuto nella torretta E. La vera e propria funzione di an- Al confronto con il grado di evoluzione formale e tecnica raggiunto dal nu-
temurale era assolta dal vastissimo recinto ellittico-pentagonoide, di m 292 di lun- raghe “a tholos”, risalta, per opposto, il corso introverso e pigro della forma del
ghezza in senso Nordovest-sudest x 133 metri di larghezza media, circondante nuraghe “a corridoio”, il quale resta sostanzialmente allo stadio elementare e, in
da ogni parte e proteggente, dalle torri e dalle cortine, il grosso villaggio di ca- ogni caso, dà l’idea d’una costruzione povera e scaduta architettonicamente. Si
panne compreso fra il recinto stesso e il bastione trilobato, quest’ultimo spostato tratta d’un ciclo abortivo d’una forma primitiva all’apparenza (e altrove, fuori
verso il lato Nord della grande muraglia recintoria. della Sardegna, effettivamente primitiva e arcaica) la cui elaborazione fu impe-
In queste cerchie esterne noi possiamo osservare una molteplicità interes- dita da condizioni naturali e da particolari situazioni economiche e storiche di
sante di ritrovati e di espedienti dell’arte architettonica dell’assedio. depressione della società che la produsse (fig. 12; tavv. LXXXI-LXXXV).
In tutti i nuraghi esaminati le cortine rientrano profondamente dal profilo Le caratteristiche essenziali di queste costruzioni “subalterne” che chiamia-
delle torri, ciò evidentemente per attirare l’assediante verso la cortina ed abbat- mo anche “pseudonuraghi”, in quanto danno la parvenza del nuraghe classico
terlo nel ristretto spazio col tiro incrociato degli archi piazzati nelle feritoie del- “a tholos” in alcuni elementi (opera megalitica a filari, profilo circolare del peri-
le torri e delle cortine; si veda G-H, M-Q di Barùmini (tav. LXVI, 1, 3), L di metro in qualche esempio etc.), sono due. Una consiste nella figura del contor-
Domu s’Orku, Q ed R di Orrùbiu, E ed F di Losa (tavv. XXIX, XXX, 1). Con no il quale, tranne qualche esempio di piano a tutto tondo, come nel Sant’Àl-
i profili a zigzag di cortine (Losa, fra E ed F, tav. XXX, 1) e col frastaglio di vera di Ozièri (fig. 12, 1), nel Cùnculu di Scanu (fig. 12, 2), nel Peppe Gallu
speroni tortuosi (Orrùbiu, L, M, N, O) si creano angoli morti per deviare e dis- di Uri (tav. LXXXIV), si allontana dalla forma planimetrica circolare della torre
orientare gli assalitori. Oppure si fa in modo di frazionare il nemico, per batter- nuragica tipica. L’altra caratteristica si presenta nella sostituzione della camera
lo separatamente in luoghi di particolare efficacia offensiva. “a tholos” con copertura ad aggetto, con uno (generalmente) o più corridoi con
Nel nuraghe di Barùmini, una poderosa ridotta a tenaglia (L), costruita anche tetto a solaio piano di lastre. Taluni esempi mostrano un piano rialzato a cui si
per recingere e difendere entro l’alto muro megalitico la grande Sala del Consi- sale per mezzo di scale che partono dal corridoio, a fior di pavimento (fig. 12,
glio (I), attirava nel chiuso dello spazio triangolare il nemico che fosse riuscito a 4-5, 8, 13; si veda anche il nuraghe Albùciu di Arzachena). Non vi è caso di
forzare l’ingresso esterno e lì consentiva di concentrargli addosso il tiro ravvicina- più d’un piano rilevato, come invece si dà per il nuraghe “a tholos”. Nella mag-
to, dalle feritoie e dagli spalti, delle armi dei difensori delle torri H ed M (tavv. gior parte dei pseudonuraghi il piano alto corrisponde a un terrazzo talvolta so-
LXX, 3, LXXI). Che se, poi, una parte del contingente d’urto, evitando l’offesa, speso ed aggettante su mensole (nuraghe Albùciu).
fosse penetrato per l’ingresso interno di L nel settore interiore dell’antemurale, La fig. 12, 1-13 offre un’esemplificazione sufficientemente indicativa delle
entrava sotto il tiro dei piombatoi delle torri C ed E e dell’interposta cortina rice- varietà dei nuraghi “a corridoio”. L’ordine nel grafico non pretende ad alcuna
vendo in pari tempo alle spalle i colpi delle batterie delle torri citate H ed M. Il significazione evolutiva del tipo. Gli esempi sono sommariamente raggruppati
concetto della difesa a compartimenti riappare nei nuraghi Domu s’Orku e Losa. e classificati secondo la forma del profilo esterno.

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

I citati nuraghi di Sant’Àlvera e Cùnculu (fig. 12, 1-2) mostrano linea ro- I corridoi o traversano tutto l’edifizio (donde il termine di “nuraghe a galle-
tonda di contorno, sicché, all’esterno, come il Peppe Gallu (tav. LXXXIV), si ria” usato per alcuni esempi: fig. 12, 1, 4-6, 8, 10-11) o penetrano profonda-
possono confondere con la forma del nuraghe classico a tronco di cono. I nn. mente nel vivo della massa muraria senza fuoruscire dalla parte opposta a quel-
3-6 della stessa fig. 12, sono nuraghi a pianta ellittica: il n. 3 è il Siligògu di Si- la dell’ingresso principale attraverso un ingresso secondario come si dà, invece,
lànus, il n. 4 il Tùsari di Bortigali, il n. 5 il Sèneghe di Suni e il n. 6 il Giànna per i nuraghi “a tunnel”.
Uda di Bonàrcado. Variazioni di profilo ellittico e combinazione di gusto retto- Nei corridoi a doppio ingresso si misurano lunghezze da m 18 (Tùsari, Bù-
curvilineo si osservano nel nuraghe Mulinèddu di Sàgama (fig. 12, 7) a tre quar- das: fig. 12, 4, 11) a m 11 (Giànna Uda: fig. 12, 6) con media, su 7, di m 14,70
ti di ellisse col lato Nord rettilineo; nel Funtanedda dello stesso Comune (fig. (tondo 15); larghezze da m 1,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 0,70 (Bùdas: fig. 12,
12, 8) con ellissi tronca sui lati brevi e dritti; nel Lighedu di Suni (fig. 12, 9) in 11), con media, su 7, di m 1,10; altezze da m 3,00 (Funtanedda: fig. 12, 8) a m
forma di ferro di cavallo con la fronte in linea retta. Figura subrotonda presenta 1,58 (Bùdas: fig. 12, 11), con media, su 7, di m 2,06 (tondo 2). Gli ingressi
il nuraghe Perca ’e Pazza di Bolòtana (fig. 12, 10), subellittica il Bùdas di Tèm- principali, esposti a Est (fig. 12, 8, 10), Sudest (fig. 12, 4), Sud (fig. 12, 5, tav.
pio (fig. 12, 11), mentre il profilo subquadrangolare del Tanca Manna (fig. 12, LXXXI, 1), Sudovest (fig. 12, 1, 6, 11), sono larghi in media, su 7, m 1,20, alti
12) e dell’Agnu o Monte di Deu (tav. LXXXV) rispettivamente di Tèmpio e m 1,60 (media di 5). Nei corridoi a fondo cieco (cioè con un solo ingresso) si
Calangianus, trova completezza di schema rettangolare nel Fronte ’e Mola di hanno lunghezze da m 12,40 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 4,40 (Tanca Man-
Thièsi (fig. 12, 13). Molto irregolare, non definibile in una figura geometrica, na: fig. 12, 12) con media, su 5 (fig. 12, 2-3, 9, 12-13), di m 7,30; larghezze da
è, infine, lo schema di pianta rettocurvilineo e concavo-convesso del “pseudo- m 1,60 (Fronte ’e Mola: fig. 12, 13) a 1,00 (Siligògu; fig. 12, 3) con media, su
nuraghe” Brunku Màdili di Gèsturi (tavv. LXXXI-LXXXIII). 6, di m 1,26; altezze da m 2,75 (Lighedu: fig. 12, 9) a m 1,12 (Siligògu: fig. 12,
Quanto alle proporzioni in piano dei nostri nuraghi “a corridoio”, quelli a 3) con media, su 6, di m 1,71. Gli ingressi, con esposizione a Est (fig. 12, 2, 9),
contorno circolare mostrano diametri da m 10,80 (Sant’Àlvera) a 10 (Cùnculu) a Sudest (fig. 12, 7), a Sud (fig. 12, 3, 13), a Nordovest (fig. 12, 12), presentano
sono le misure delle torri rotonde “a tholos”. Nei nuraghi a profilo ellittico o a va- medie di larghezza di m 1,17 (su 4) e di altezza di m 1,63 (su 3). Tutti i corri-
riazioni d’ellisse (fig. 12, 3-9) si va dai m 19,60 x 14 del Sèneghe-Suni (fig. 12, 5) doi, talvolta leggermente ristretti di sezione verso l’alto ma per lo più a taglio
ai m 13 x 8,75 del Siligògu-Silànus (fig. 12, 3), con media di m 16,25 (in tondo rettangolare, sono coperti con lastroni orizzontali che formano un solaio piano.
16) x 11,14 (in tondo 11) sui 7 esempi. Metri 13 x 12 ha il Perca ’e Pazza (fig. La funzione dei corridoi è quella di assicurare il transito e di disimpegnare
12, 10) e, rispettivamente, m 19 x 15 e 16 x 12 hanno i due nuraghi galluresi di l’ingresso alle cellette del dromos e la salita, per mezzo delle scale, al piano supe-
Bùdas e Tanca Manna (fig. 12, 11-12). Nel nuraghe rettangolare di Fronte ’e riore, dove questo esiste.
Mola (fig. 12, 13) si misura una lunghezza di m 16 e una larghezza di m 12. Infi- Le cellette sono disposte o solo lateralmente, da un’unica (fig. 12, 1, 11) o
ne, cito le proporzioni veramente grandiose e, per quanto mi consta le maggiori da ambe le parti (fig. 12, 4-5, 8), oppure insieme ai lati e sul fondo (fig. 12, 2-3,
nei “pseudonuraghi”, del Brunku Màdili, di m 28,30 x 16,50 (tav. LXXXI, 1). 9, 12-13), talvolta con simmetrica, per quanto non perfetta, corrispondenza
Per l’elevato si conoscono altezze residue massime di m 6 (Sèneghe-Suni) e (fig. 12, 2-4, 9, 12-13). Esse si presentano di figura rettangolare, per lo più con
5,30 (Tanca Manna-Tèmpio), ma la media, in 12 esempi (fig. 12, 1-12), è di la parete di fondo curvilinea (fig. 12, 1-5, 8-9, 13) o a pianta ellittica od oblun-
m 3,50, ciò che fa pensare a costruzioni piuttosto basse e massiccie, in origine ga (fig. 12, 11-12).
raggiungenti un massimo di dieci metri o poco più. Le misure in profondità variano da m 5,90 (Sèneghe: fig. 12, 5) a m 1,15
(Siligògu: fig. 12, 3) con media, su 9, di m 2,56; quelle in larghezza da m 5,20
Il corridoio, situato alla mezzeria (fig. 12, 2, 4-5, 9-13) o di lato con mag- (Tanca Manna: fig. 12, 12) a m 0,60 (Sèneghe: fig. 12, 5) con media, su 10, di
giore o minore vicinanza all’estremo (fig. 12, 1, 3, 6-8), si allinea sull’asse lon- m 1,50: quelle in altezza da m 3 (Cùnculu: fig. 12, 2) a 1,10 (Siligògu: fig. 12,
gitudinale (fig. 12, 4, 12-13) ma soprattutto segue l’asse trasversale della torre 3), con media, su 8, di m 1,90. Anche il soffitto delle celle, come la copertura
(fig. 12, 3, 5, 11) con percorso per lo più rettilineo (fig. 12, 2-3, 5-9, 12-13), e dei corridoi, è tabulato.
a volte però con svolto angolare (fig. 12, 1, 10-11, tav. LXXXI, 1) o con profilo
tortuoso (fig. 12, 4). Si hanno casi di nuraghi a doppio corridoio (fig. 12, 11). I nuraghi a fig. 12, 4 (Tùsari), 5 (Sèneghe), 8 (Funtanedda), 13 (Fronte ’e
Da ricordare, per la sua singolarità il “pseudonuraghe” di Friorosu, in territorio Mola) conservano resti, più o meno estesi, della scala che portava al piano rial-
di Mogorella, costruzione di pianta ellittica con tre corridoi normali a un lato zato. Una scala è pure da supporsi nel Tanca Manna (fig. 12, 12) perché si ha
lungo e che introducono ciascuno a una celletta tondeggiante, con disposizione traccia di un piano alto. Scale al terrazzo presentano pure i “pseudonuraghi”
che ricorda quella di certi “sesi” di Pantelleria. Agnu (tav. LXXXV), Albùciu e Peppe Gallu, in quest’ultimo edifizio partente

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

da un andito con apertura esterna sopraelevata (tav. LXXXIV). Per gli altri nu- e nel calcare – pietre usate nei pseudonuraghi: tavv. LXXXI-LXXXIV – si otten-
raghi “a corridoio” non possediamo elementi sicuri dell’esistenza d’una parte nero, in nuraghi “a tholos”, pezzature perfette), le strutture dei paramenti dei nu-
superiore che tuttavia può pensarsi in più d’uno di essi, per analogia con quelli raghi “a corridoio” sono d’aspetto per lo più rozzo e trascurato. Domina l’uso del-
meno incompleti nei quali si presentano avanzi ben riconoscibili. l’opera poliedrica, con massi adoperati al naturale o appena sbozzati con la
A giudicare dagli esempi rimastine, la scala è situata di massima sul lato de- mazza, di formato grande e talvolta grandissimo. Si fa eccezione nei vani di porte
stro del corridoio, da m 7,50 (Tùsari: fig. 12, 4) a m 2,40 (Sèneghe: fig. 12, 5) e finestre in cui, di frequente, si osservano stipiti e architravi lavorati con una cer-
di distanza dall’ingresso principale. La scala nasce a piano terra, come quella ta perizia. Mancano – segno di decadenza – certi ritrovati tecnici comuni ai nura-
dei nuraghi “a tholos”, e sale dritta, ripida in genere, su un pianerottolo rialzato ghi “a tholos”: ad esempio lo spiraglio di scarico sugli architravi delle porte.
(m 4,80 a Fronte ’e Mola, m 2,80 a Tùsari: fig. 2, 8), ubicato sul fianco della
costruzione presso al margine esterno in modo da ricevere luce attraverso una I circa trenta nuraghi “a corridoio”, limitati, per quanto se ne sa, a zone re-
finestra che guarda sulla campagna a Nordest (Tùsari: fig. 12, 4) ed Est (Sène- cesse della Gallura, del Gocèano, del Màrghine, della Planàrgia, del Montifer-
ghe: fig. 12, 5). Nel Sèneghe si hanno due vani di scala, a 5 metri di distanza ru, di Parte Usèllus, del Sarcidano etc., occupano per lo più la sommità di altu-
l’uno dall’altro, che si raccordano sul pianerottolo descrivendo una mezza ellissi re, da m 800 (Perca ’e Pazza) a m 271 di quota (Giànna Uda), con media di m
entro lo spessore murario (fig. 2, 7). 430 (su 11 esempi).
Le luci delle scale sono larghe, alla base, da m 1,30 (Sèneghe) a m 1 (Tùsa- Talvolta dominanti (Bùdas, Tanca Manna, Agnu, Brunku Màdili), ma spes-
ri), l’altezza va da m 1,70 (Tùsari) a m 2,30 (Sèneghe). so con vista esclusa intenzionalmente (Cùnculu, Sèneghe) o seminascosti tra
Dal pianerottolo parte il corridoio che serve gli ambienti del piano superiore, formazioni rocciose (Perca ’e Pazza), sono situati in luoghi accessibili per pas-
con percorso ora rettilineo angolato (Fronte ’e Mola), ora curvilineo (Sèneghe), saggi obbligati e aperti a una sola direzione, mentre per il resto dell’area scen-
ora a decisa spirale o chiocciola (Tùsari), sì da ricordare lo sviluppo elicoidale dono precipiti a causa della presenza di rupi acclivi. Spesso, non lontana, è l’ac-
dei vani di scala dei nuraghi “a tholos” (fig. 2, 8). Rispetto a quest’ultimo tipo di qua potabile e, talvolta, il bosco concorre a mimetizzare le torri.
scala, il nostro a rampa dritta sul corridoio, rappresenta una soluzione affatto di- Le quali, evidentemente, sono torri di difesa, come quelle dei nuraghi “a
versa e certo più moderna, che nasce da un nuovo gusto e che si adatta alla linea tholos”.
differente delle nuove costruzioni d’impianto ellittico-quadrangolare. Ciò è dimostrato, innanzitutto, dalla descritta situazione topografica dei
Stando ai resti dei nuraghi che lo mostrano ancora, il piano superiore è va- monumenti. Lo confermano, in genere, l’aspetto massiccio e l’opera megalitica
riamente conformato. O pare ripetere lo schema a corridoio del piano terra degli stessi. In particolare, poi, abbiamo elementi che escludendo altro uso, ad
(Sèneghe), o contiene un grande camerone rettangolare, di m 8 x 4, spostato esempio quello di tomba, indicano la destinazione militare. Infatti, per quanto
sul lato sinistro dell’edifizio forse per ragioni di illuminazione (Fronte Mola), siano bassi gli ingressi dei pseudonuraghi, superano di molto, coi m 1,63 di al-
oppure si rileva di lato a formare una torretta – forse osservatorio – scavata a tezza media, i m 0,50/0,70 di elevato dei portelli delle tombe megalitiche e del-
chiocciola dal corridoio che porta alla piccola cella interna, a sezione ogivale, di le “tombe di giganti”. Il doppio ingresso e la scala, poi, sono inconcepibili in
m 2,50 di diametro x 1,60 d’altezza (Tùsari: fig. 2, 8). Nel nuraghe Albùciu un sepolcro. Porte e corridoi, alti quest’ultimi in media m 1,88, eran fatti per il
una torretta emerge sul terrazzo a parapetto sospeso su mensole. transito, ripetuto e frequente, di persone vive e non per farvi passare morti i
Si deve osservare che nei due piani, ma specialmente nel piano inferiore dei quali, come è ovvio, non avevan bisogno di scale.
“pseudonuraghi”, la luce doveva penetrare assai scarsa e debole. Ne filtrava at- Ma, a parte queste evidenti considerazioni che provano l’abitabilità e l’effetti-
traverso la finestra al livello del pianerottolo della scala e, nel corridoio inferiore va originaria abitazione del tipo di costruzione in esame, alcuni specifici ritrovati
e nelle cellette prospicienti, veniva dall’unico o dal duplice ingresso nella quan- ne precisano la natura di dimora fortificata, per di più d’uno speciale e distinto ti-
tità limitata consentita dalla piccolezza del vano piuttosto basso e angusto (m po. L’ingresso principale, a Sud, del nuraghe Sèneghe è sollevato dal piano di
1,63). Nel nuraghe Sèneghe (fig. 12, 5) un lungo e strettissimo pertugio aperto campagna di m 1,50 (fig. 2, 7) per renderne difficile l’accesso, una volta levata la
sul lato Ovest della costruzione, illumina la celletta centrale sul fianco sinistro scala retrattile di legno. Dicasi lo stesso del Peppe Gallu, rialzato da terra, coi suoi
del dromos. In genere le torri erano tenute in penombra intenzionalmente, per due ingressi, di m 1,60/2,50. È da tener presente il profilo, a risvolto angolare
ragioni che spiegherò più avanti. improvviso, dei corridoi dei nuraghi Sant’Àlvera, Perca ’e Pazza, Bùdas, Brunku
Màdili, e quello tortuoso, un po’ labirintico, del Tùsari, cosiffatti allo scopo di dis-
Giova rilevare il carattere dell’opera muraria. A parte la scelta della pietra che, orientare chi vi fosse penetrato senza conoscerli. Il nemico veniva attratto nella
come nel granito (tav. LXXXV), è di taglio difficile (ma nel basalto, nella trachite profondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi, tenuti volutamente in uno stato

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di semioscurità, e, una volta addentratosi nel tranello di quegli angusti passaggi, finale d’uno speciale elemento costruttivo, cioè del corridoio di disimpegno di vani,
veniva repentinamente assalito dai gruppi d’armati annidati nelle garette dell’andi- in soluzioni particolari di ampliamento di nuraghi della forma “a tholos”.
to. L’incauto assalitore era preso in mezzo, aggredito di fianco e di spalle di garetta Già nel nuraghe Palmavera (fig. 5, 7) si può osservare che la parte frontale a
in garetta e veniva abbattuto a colpi di pugnale in una stretta colluttazione. Che segmento di ellissi aggiunta alla torre antica a camera “voltata”, mostra uno sche-
se, poi, ad eliminare il pericolo dell’incursione nemica non fosse bastato il nerbo di ma di corridoio tabulato a coppia di garette analogo a quello dei corridoi del Sili-
uomini di guardia nel corridoio inferiore, accorrevano in soccorso, per le scale, i gògu (fig. 12, 3) e del Fronte ’e Mola (fig. 12, 13). In fondo poi il dispositivo
soldati di scolta appostati nel piano superiore o nel terrazzo, e annientavano l’ulti- altro non è che uno sviluppo degli anditi d’ingresso delle cortine di prospetto
ma disperata resistenza con lo sterminio totale. dei nuraghi plurimi “a tholos”, quali si vedono, ad esempio, nel Su Nuraxi di
La concezione di difesa dunque non si fonda più, come abbiamo visto nei Barùmini (fig. 10, 2) e nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 4). L’inserto aggiuntivo
nuraghi plurimi e polilobati, su uno spiegamento fisso che manovra dalle ca- del Palmavera è, come si è detto, di circa l’VIII secolo a.C.
mere d’arme e sugli spalti contro un’offesa statica, prolungata nel tempo e orga- Premesse al tipo del pseudonuraghe si colgono nel nuraghe Gurti Àqua-Nurri
nizzata in grandi masse d’urto. Si affida, invece, all’agguato insidioso di piccole (fig. 13, 1), dove l’inserto a tre quarti di ellissi addossato posteriormente alla torre
unità mobili abituate ai colpi di mano e alla lotta a corpo a corpo col nemico primitiva A, nasconde un corridoio (C) di m 8 di lunghezza x 0,79/0,92 di lar-
che attacca, pur esso, di sorpresa in rapide scorrerie. In definitiva, sembra di in- ghezza x 1,50/1,90 d’altezza, in funzione di raccordo fra A e l’opposta torretta B
dividuare nel tipo del pseudonuraghe un dispositivo fortificato che risponde al- con cameruccia a ogiva. L’ingresso dall’esterno è dato dall’andito D, normale a C,
le esigenze della guerriglia, e non più alle norme e alle formule della guerra con un disegno di piano esemplato sullo schema a corridoi incrociati della parte
d’assedio a grande spiegamento di forze militari, riconoscibili nelle fortezze nu- anteriore del trilobo del Losa (fig. 8, 4), e dei corpi turriti ad addizione frontale
ragiche complesse del tipo “a tholos”. dei nuraghi Krasta e Addèu (fig. 6, 5-6). Nel complesso architettonico si ricono-
sce l’applicazione dello schema “a tancato” dove il cortile di raccordo viene sosti-
Ho ripetutamente sostenuto che se vi fu un tempo, nello sviluppo della civiltà tuito col lungo corridoio a solaio piano.
nuragica, in cui le condizioni del terreno e lo stato storico delle popolazioni indige- Anche i nuraghi di Serra Cràstula A (piccolo castello) – Bonàrcado (fig. 13, 2)
ne imposero l’uso della guerriglia, questo fu il periodo di lotte cruente e feroci inter- e del Santu Perdu-Nurri (fig. 13, 3), mostrano l’aggiunta di corpi costruttivi ellit-
venute fra le genti nuragiche dei monti e i Cartaginesi dapprima e i Romani poi, a tici e subovali all’originaria torre “a tholos” (A). Nelle due costruzioni si osservano
noi note attraverso la narrazione soltanto degli ultimi e decisivi episodi militari. ancora, nel vivo dei membri addossati, soluzioni e tecniche costruttive caratteri-
Ribadisco l’ipotesi che i termini di «costruzioni sotterranee» (oikéseis katà- stiche del nuraghe “a tholos”: cortili (B), torrette sussidiarie (C, D del Santu Per-
gheioi) e di «grotte» (orùgmata), riportati da Diodoro (IV, 30; V, 15, 4) su in- du), il tutto con pareti o soffitti in aggetto. Ma i profondi e stretti corridoi piatta-
formazione di Timeo del IV secolo a.C., e quello di «spelonche» (spélaia) usato bandati che scavano gli enormi fasciami murari (C, D, E, F del Serra Cràstula; E,
da Pausania (X, 17) e da Zonara (VIII, 18) con riferimento alle campagne con- F del Santu Perdu), per la presenza di garette e di doppi e tripli ingressi (D, E, C,
solari contro i Sardi Iolèi e Bàlari del 231 a.C., trovano l’individuazione monu- F del Serra Cràstula) e per il gioco incrociato dei passaggi (E, F del Santu Perdu),
mentale nei nostri pseudonuraghi. Questi sanno veramente di “sotterraneo” e anticipano taluni dispositivi riconosciuti nei pseudonuraghi. Ed in definitiva que-
di “grotta” e si adattano, nel loro aspetto generale e per i particolari notati, al- ste masse struttive addossate altro non sono che nuraghi “a corridoio” embrionali,
l’uso di rifugio e di nascondiglio che ne avrebbero fatto i soldati indigeni brac- il cui carattere di corpo d’opera applicato non ha ancora maturato l’evoluzione
cati dalle truppe romane d’occupazione e dai cani di fiuto fatti venire apposita- completa verso la forma costruttiva singola, individua, del tutto libera dall’antica
mente dalla Capitale. funzione complementare della forma del nuraghe “a tholos”.
Tale ipotesi, per cui i nuraghi “a corridoio” potrebbero esser stati costruiti nel Simili osservazioni sono da farsi per il nuraghe Quàu (nascosto) di Bonàrcado
periodo di tempo che va dal VI secolo a.C. al III, è stata recentemente avversata. (fig. 13, 4), costituito dall’addossamento tardivo d’una massa irregolare ellissoide,
Ma la recentissima datazione di materiale organico del nuraghe “a corridoio” di con corridoi a solaio piatto (C), cortile e torretta sussidiaria a ogiva (D, E) a un
Peppe Gallu (tav. LXXXIV), ottenuta col metodo del carbonio radioattivo 14, antico nuraghe binato con addizione tangenziale laterale di due torri “a tholos”
ponendo la costruzione fra il VI e IV secolo a.C. (tale è la cronologia fisica pro- (A, B) producenti, per effetto del rifascio, uno schema a otto.
posta dal Ton-Giorgi), torna a confermare l’ipotesi negata. Non conosciamo elementi di cultura tali da consentire una datazione degli
inserti aggiuntivi dei nuraghi Serra Cràstula, Santu Perdu e Quàu. Ma, se si tien
In effetti il tipo del nuraghe “a corridoio”, senza escludersi in assoluto un’antica conto che in essi si può scorgere l’imitazione decaduta di spartiti e soluzioni di
esperienza episodica (nota fuori della Sardegna), sembra rappresentare il risultato nuraghi plurimi dell’VIII-VII secolo a.C., si potrebbe pensare a una cronologia

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I NURAGHI. TORRI PREISTORICHE DI SARDEGNA I nuraghi

intorno al VII-VI secolo a.C., precedente cioè non di molto o in parte coeva a 1) Nuragico arcaico o antico
quella dei pseudonuraghi. 2) Nuragico apogeico o medio
3) Nuragico della decadenza o recente o finale.
Segni di compromesso tra formule del nuraghe “a tholos” e ritrovati del tipo
di nuraghe “a corridoio” si individuano pure nel nuraghe Marasòrighes di Ottana Il Nuragico arcaico è compreso nei periodi medio e finale dell’età del Bronzo
(fig. 13, 5) e nel nuraghe Ìzzana di Àggius (fig. 13, 6), entrambi in zone monta- in Sardegna, cioè fra il 1500 a.C. ed il 1000. Lo dividiamo in due sottofasi: del
ne, isolate, e adatte a far fermentare fenomeni di segregazione e di ibridazione Nuragico arcaico I, corrispondente al Bronzo medio (1500-1200 a.C.) e del
morfologica e culturale. Nuragico arcaico II, che si svolge durante i tempi del Bronzo recente (1200-
Ambedue le costruzioni mostrano il contorno chiaramente esemplato su 1000 a.C.). Il Nuragico apogeico si pone nella prima metà dell’età del Ferro, dal
quello dei nuraghi plurimi trilobati con profilo concavo-convesso (fig. 8, 4-6). 1000 al 500 a.C. in lati termini. Al Nuragico recente o finale si può assegnare la
In esse è stato imitato, da rozze e tarde maestranze nuragiche, il modello del durata dal 500 al periodo della conquista romana dell’Isola (scorcio del III se-
Losa-Lughèrras-Santu Antìne. L’ispirazione si riconosce non soltanto nella linea colo a.C.), in connessione con la seconda età del Ferro dei paesi barbarici me-
esterna tricuspidata, alterata nel Marasòrighes con soluzioni rettilinee (angolo diterranei.
Sudovest), ma anche in particolari dell’interno. Nell’insieme il ciclo nuragico ha durato per circa 1300 anni, con manifesta-
Nel Marasòrighes si conserva intatto lo schema del cortile (C) che raccorda zioni molteplici e, talune, storicamente positive.
le camere (A, B) contenute nelle torrette frontali, con l’ingresso dall’esterno vi-
gilato da una garetta: unica variante nel gusto diverso della linea dello spazio 1) NURAGICO ARCAICO (1500-1000 a.C.)
aperto C, diventata da curva, qual è nei paradigmi del Lughèrras-Santu Antìne, a) Nuragico arcaico I (1500-1200 a.C.)
dritta e a svolti angolari nella maggior parte del perimetro. Nello Ìzzana, lo È la fase delle torri rotonde elementari, con camera “a tholos”, tipo Domu
spartito H, G-G dell’ingresso del fronte di cortina di Sudovest, ripete quello del s’Orku di Sarròk (fig. 2, 1).
Losa, con la differenza che il ramo sinistro di corridoio (G) raggiunge anziché Vi si possono riferire nuraghi non scavati o distrutti, come il nucleo origina-
una camera “a tholos” come nel Losa, un altro corridoio normale (F); ed il sen- rio del nuraghe Sant’Antìoco di Bisàrcio-Ozièri e del Serra Ilixi di Nuragus. La
so circolatorio dei corridoi ed il gusto di scavo della massa con la grande tholos A datazione di questi edifizi elementari si basa sulla scoperta, avvenuta nelle vici-
e con le minori tholoi B, C, D, E, tradiscono la lontana suggestione dell’esempio nanze delle costruzioni, di lingotti di rame, facenti parte di tesori, segnati con
classico del Santu Antìne. Ma, per altro verso, nel Marasòrighes la cuspide lettere dell’alfabeto egeo, d’importazione o cipriota o cretese (tav. LXXXVIII).
Nord del trilobo mostra la torre percorsa per 5 metri dal corridoio piattabanda- Gli esemplari sardi di tali lingotti si ascrivono allo scadere del secolo XV a.C.,
to D, forse sfociante in un secondo ingresso opposto al principale di Sud, se- al più tardi.
condo un dispositivo da nuraghe “a corridoio”; e di stile d’andito da “pseudo-
nuraghe” sa anche il dromos del detto ingresso principale, pur esso coperto da b) Nuragico arcaico II (1200-1000 a.C.)
solaio piatto, a sezione dolmenica. Parimenti, nello Ìzzana, le soluzioni a incro- Le torri rotonde “a tholos” assumono l’aspetto di quella del Su Nuraxi di
cio angolare dei corridoi, per la gran parte piattabandati, la disposizione “labi- Barùmini (fig. 9, 4); od anche degradano alla forma della tholos a piano ellittico
rintica” degli stessi e soprattutto delle celle minori fatte per attirare il nemico del nuraghe di Enna Pruna-Mògoro.
nel viluppo oscuro dei vani, disorientarlo e colpirlo di sorpresa all’arma bianca, Vi appartengono il nuraghe di Barùmini, quelli mogoresi di Enna Pruna e
il generale aspetto dell’interno, rivelano segni propri dei “pseudonuraghi”. Su Guvèntu (tav. CIV, 1), la tholos primitiva del Palmavera ed altre tholoi del ti-
Anche la datazione del Marasòrighes e dello Ìzzana non sembrerebbe disco- po ed anche quelle dal disegno a camera ogivata con tre celle e scala d’andito,
starsi di troppo da quella dei nuraghi precedenti: VII-VI secolo a.C. come il Losa ed il Lughèrras (fig. 8, 4-5).
Gli elementi di datazione sono di duplice ordine. Uno è fornito dal risultato
Le più recenti ricerche e studi consentono di raggruppare i nuraghi in pe- dell’analisi fatta col carbonio radioattivo 14 d’un trave di legno della tholos di
riodi diversi e successivi di civiltà indigena, corrispondenti a molta parte dello Barùmini, per cui la torre primitiva viene a collocarsi intorno al 1270 a.C. più o
sviluppo dell’età del Bronzo e del Ferro del Mediterraneo occidentale. meno 200 anni. Altre prove consistono in vasi d’una “facies” nuragica particola-
Distinguiamo, ora, le seguenti fasi di cultura nuragica, a cui si possono far re, detta di Monte Claro, i quali, per risentire ancora in qualche sagoma ma so-
corrispondere particolari forme e tipi di torri megalitiche o successioni costrut- prattutto nella decorazione dell’influenza di forme e motivi prenuragici (cultura
tive di esse: del vaso campaniforme, di Fontbouïsse, in genere del Calcolitico sardo) e per

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anticipare tipi vascolari del nuragico apogeico ai suoi primordi (Nuragico I infe- sistemato sulla terrazza a sbalzo sostenuta dalla corona di mensole del peso me-
riore, di Barùmini), possono, almeno in parte, ascriversi allo scadere del II mil- dio di 13 q (fig. 14, 1, tav. LXXVI, 1, 3-4).
lennio a.C. Tali tipi ceramici, rinvenuti in tombe e in grotte, sono stati raccolti Già nel IX secolo nascono le cerchie esterne o antemurali: lo dimostra an-
anche nei nuraghi, all’esterno (Enna Pruna e Su Guvèntu di Mògoro; Is Paras di cora una volta Barùmini. Nell’VIII secolo la lizza si rinnova e si estende nel Su
Isili) e dentro la camera in livello ancora intatto (Sa Korona di Villagreca-Caglia- Nuraxi; e la si applica nel Lughèrras, forse nel Domu ’e s’Orku di Domusnòvas
ri, nuraghe “a tholos” semplicissimo senza spazi sussidiari). e nell’Orrùbiu di Orròli (fig. 10, 1, 3, 4). Nulla vieta di pensare che antemurali
A tav. XCVII, 1-7 sono riprodotte le più caratteristiche forme di vasi nura- venissero costruiti ancora nel VI secolo a.C., perché i pericoli urgevano sempre,
gici della “facies” arcaica di Monte Claro, da tombe di Cagliari: ciotole, vasi a anzi si erano fatti maggiori (forse la lizza del Losa è di tale periodo di tempo).
beccuccio, olle, vasi situliformi, tripodi, piatti. Si tratta di ceramiche d’impasto, Nel VII, e soprattutto nel VI secolo a.C., poterono realizzarsi i fasciami
con superfici per lo più rosse, talvolta polite e lucide, decorate con tecniche e compositi, applicati alle antiche torri “a tholos”, in cui le soluzioni tecniche e le
disegni vari subgeometrici, talvolta di stile “dissociato”. Risalta l’ornato a solca- forme di spazi del nuraghe “a tholos” si confondono con quelle del nuraghe “a
ture e si distinguono i motivi ottenuti con le tecniche del ritaglio e dello straluci- corridoio”, non ancora pervenuto alla maturazione della costruzione a sé stante
do che simula la pittura. Lo stile rigido delle sagome sottolinea l’età del Bronzo. (fig. 13, 1-6), se non forse eccezionalmente: come a nuraghe Albùciu che sem-
Qualche forma vascolare e, specialmente, la decorazione a scanalature ricordano bra essere del VII secolo a.C.
esempi di civiltà enee della Penisola italiana (“terramaricola”, “appenninica” e Questo progresso cronologico dal IX circa al VI secolo a.C., dei nuraghi del
“subappenninica”) e dell’Estero (Lausitz, ceramica “excisa” e a “cannelure” della Nuragico apogeico è ben documentata dalle recenti osservazioni stratigrafiche di
Francia, della Spagna etc.). Barùmini. È documentata dalla stratigrafia costruttiva “laterale” del nuraghe che
Ciò anche varrebbe a confermare la coordinata cronologica sopraproposta mostra due fasi (Nuragico I inferiore e Nuragico I superiore); e dalla stratigrafia
del 1200-1000 a.C. “orizzontale” delle abitazioni adiacenti alla fortezza, le quali anche presentano le
stesse due fasi distinte per mezzo del tipo diverso delle strutture e in parte per la
2) NURAGICO APOGEICO O MEDIO (1000-500 a.C.) differente tipologia formale e decorativa degli oggetti, soprattutto delle cerami-
Nei primissimi tempi (1000-900 a.C.) si continuano a costruire torri isolate che. Queste due fasi, datate la prima (Nuragico I inferiore) al IX-metà VIII seco-
“a tholos” nella forma perfetta a camera tricellulare con garetta e scala d’andito, lo a.C. e la seconda (Nuragico I superiore) alla metà VIII-VI secolo a.C., si carat-
sino a giungere al modello insuperato della tholos a deambulatorio circolare del terizzano specialmente per la presenza di alcune forme vascolari confrontabili
Santu Antìne (fig. 1, 25). Ma già nel IX secolo a.C., come dimostra il nuraghe con esempi esterni alla Sardegna, di certa o di molto approssimativa cronologia.
di Barùmini, si presentano gli schemi dei nuraghi plurimi e polilobati: al Su Nel Nuragico I inferiore di Barùmini si hanno vasi (a beccuccio, a reticella,
Nuraxi, il disegno a quadrilobo di profilo retto-curvilineo (fig. 9, 4). con appendici linguiformi sul labbro etc.) comparabili, più da vicino, con
Nell’VIII secolo, poi, sono già costituiti gli inserti “a tancato”, tipo Palma- esemplari del periodo arcaico nuragico (“facies” di Monte Claro) e, più alla
vera (fig. 5, 7), che proseguono nel VII a Lughèrras (fig. 8, 5). Nello stesso se- lontana, con sagome della civiltà “subappenninica” e protolatina della Penisola
colo han preso figura definitiva gli impianti aggiuntivi a trilobo ondulato, tipo italiana dei primi tempi della civiltà del Ferro (IX-VIII secolo a.C.). Dello stra-
Losa-Lughèrras-Santu Antìne e si evolvono i modelli a piano quadrilobato ret- to culturale del Nuragico I superiore sono di particolare significato cronologico
to-curvilineo, a giudicare dalla presenza nel nuraghe Piscu di Suelli, approssi- gli “askoi” a collo obliquo (“schnabelkanne” dei Tedeschi), lisci, del tipo di tav.
mativamente databile (tav. CIII, 4). CI (da Sant’Anastàsia