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Etruschi :

L'attenzione degli Etruschi per il culto dei defunti è testimoniato dalle necropoli, “città dei
morti”, cioè i loro cimiteri, che l'archeologia a partire dall'Ottocento è riuscita a riportare alle
luce.
Nelle necropoli ci sono tombe di diverso tipo, infatti cambiano in base al periodo in cui furono
costruite e in base al livello sociale.
Le tombe più tipiche sono quelle a tumulo: ambienti circolari sotterranei sormontati da un
tumulo. All'interno erano strutturate con diverse camere sepolcrali di dimensioni
proporzionali alla ricchezza e alla notorietà del defunto. C'erano arredi, vasi, stoviglie, armi,
gioielli e affreschi con scene di vita quotidiana. Questo dimostra che per gli etruschi l'aldilà
non era altro che la prosecuzione della vita terrena. Altri tipi di tombe sono quelle a cassone
e a edicola.
Le Necropoli più famose sono quelle di: Populonoia, Cerveteri, Tarquinia. Particolare la
necropoli di Crocefisso del Tufo dove le tombe sono quasi tutte a una sola camera, e quelle
di Sovana e Norchia, dove le tombe sono ricavate all'interno di massicci di tufo e hanno una
facciata più o meno monumentale.

Un primo aspetto importante delle donne etrusche consiste nel fatto che, come attestano
numerose iscrizioni, erano dotate di nome proprio: al contrario, a Roma le donne venivano
identificate esclusivamente con il nome della gens, ovvero della famiglia, alla quale
appartenevano (Tullia, Iulia, Cornelia, e così via: nel caso in cui ci fossero due donne nella
stessa famiglia, venivano indicate coi numerali, come prima, secunda, tertia, oppure con gli
aggettivi maior e minor se erano due). Solo a partire dalla tarda età repubblicana le donne
romane avrebbero iniziato a far uso del cognomen (una sorta di soprannome). Sono
sopravvissute molte attestazioni di nomi propri femminili delle donne etrusche: Velelia,
Anthaia, Thania, Larthia, Tita, Nuzinai, Ramutha, Velthura, Thesathei. E sono proprio le
iscrizioni rinvenute sugli oggetti a dirci molto sullo status della donna etrusca. Sappiamo
dunque che le donne possedevano oggetti, sappiamo che erano in grado di leggere (su
alcuni strumenti di uso quotidiano compaiono infatti indicazioni esplicative, magari per
illustrare una scena decorativa, oppure dediche), e probabilmente in certi casi potevano
anche essere titolari di attività commerciali. Un paio esempi: al Museo Gregoriano Etrusco,
nei Musei Vaticani, è conservata un’olletta in bucchero (ovvero un piccolo recipiente che
serviva per contenere alimenti: si veda l’articolo sulla cucina etrusca) dove si legge la scritta
“mi ramuthas kansinaia”, ovvero “io sono di Ramutha Kansinai”, dove il proprietario del vaso,
una donna, è identificata con nome e cognome. E al Louvre si trova invece una pisside,
databile al 630 avanti Cristo circa, sulla quale è apposta l’iscrizione “Kusnailise”, che
potrebbe essere tradotta con “nella bottega di Kusnai”, dove Kusnai (un nome da donna) è
presumibilmente la proprietaria dell’attività commerciale.
Le immagini e i reperti che ci sono giunti ci hanno tramandato l’immagine di una donna
orgogliosa, raffinata, gentile, che gradiva i piaceri mondani, amava vestirsi bene e indossare
gioielli preziosi e di buona fattura, dedicava molto tempo alla cura del corpo e del proprio
aspetto, sperimentava acconciature elaborate, e ricopriva un ruolo importante sia a livello
familiare sia a livello sociale, data anche “la quantità e la ricchezza, talora eccezionale, dei
suoi ornamenti e degli oggetti deposti in suo onore (e in suo uso)” nelle sepolture.
veste una tunica aderente che evidenzia, senza lasciare molto alla fantasia, le forme del
seno, e che porta elaboratissimi e ricchi gioielli con raffigurazioni di divinità. I corredi funerari
delle donne etrusche includono diversi oggetti che ci raccontano molto delle loro attività:
sono stati ritrovati strumenti per la tessitura e la filatura (hobby che venivano praticati anche
dalle donne dell’alta società, supportate dalle loro ancelle), e poi specchi, gioielli, ornamenti
di vario tipo e unguentari, segno che le donne etrusche dovevano passare molto tempo a
farsi belle, e ancora morsi di cavallo che potrebbero suggerire il fatto che, nell’antica Etruria,
le donne si muovessero e viaggiassero in autonomia, senza un padre o un marito che le
accompagnasse. Le statue e i ritratti testimoniano inoltre una grandissima varietà di
pettinature che le donne etrusche amavano provare, anche se ce ne sono alcune ricorrenti:
in antico (nel sesto secolo avanti Cristo) andava di moda l’acconciatura con lunghe trecce
che pendevano sul seno (potevano essere due, ma anche di più), oppure con i capelli lunghi
portati all’indietro in modo che ricadessero dietro le spalle. In epoche più recenti si diffuse
invece la moda dei capelli corti, oppure raccolti: venivano tenuti fermi con una reticella,
come nel caso della sopraccitata Velia, oppure erano pettinati “a melone”, ovvero raccolti in
ciocche spesse e tirati all’indietro.
donna etrusca prendeva abitualmente parte alla vita pubblica, come attestano le fonti
letterarie latine e come possiamo agevolmente evincere anche dalle opere d’arte. Negli
affreschi della tomba delle Bighe (si veda l’articolo sugli etruschi e lo sport) vediamo, in una
delle tribune dalle quali gli spettatori assistono alle gare sportive, oltre a diverse donne
d’ogni età, anche una coppia, con la donna che abbraccia l’uomo. Questo gesto, con la
donna a prendere l’iniziativa, è stato interpretato dal succitato Thuillier come segno del fatto
che tra uomini e donne vigesse una certa parità (anche perché, notava sempre lo studioso
francese, nelle rappresentazioni in cui compare un pubblico, le donne hanno spesso posti
nelle prime file): si tratta, per usare le parole del noto etruscologo, di un “gesto molto
moderno”.
Se dunque la donna etrusca prendeva spesso parte a spettacoli, giochi o comunque a eventi
pubblici, altrettanto di frequente partecipava ai banchetti.

La scultura etrusca si ispira a quella greca solo esteticamente: per gli Etruschi infatti aveva
solo due scopi: religioso e funerario.
I più antichi esempi di modellazione a tutto tondo sono i canopi (VII e VI sec. a. C. ). I vasi
servivano per conservare le ceneri dei defunti, erano alti da 50 cm. a 150 cm. ed erano in
terracotta, bronzo, in entrambi i materiali oppure in Bucchero.
acquistano importanza i Sarcofagi, di pietra o terracotta sono formati da un’arca e da un
coperchio.
Inizialmente l’arca era liscia, ma in seguito venne decorata da bassorilievi con scene
mitologiche o di caccia. Il coperchio invece imita un triclinio su cui il defunto appare sdraiato,
quasi come ad un banchetto. In molti dei coperchi, accanto al defunto appare la figura della
moglie. L’usanza aveva lo scopo di ricreare attorno alla salma un ambiente familiare.
La scultura etrusca si rivolgeva anche all’architettura sacra: Antefisse e Acroteri non sono
altro che figure a tutto tondo a forma di animali o mostri poste nei templi per scacciare gli
spiriti maligni.

L’unico scultore etrusco di cui si conosce il nome è Vulca e a lui si attribuisce il cosiddetto
Apollo di Veio..

La statua fu scoperta nel 1916 nell’omonima città, è in terracotta e doveva far parte di un
gruppo fittile che ornava il tempio del Portonaccio, insieme alle statue di Eracle e Latona con
in braccio il piccolo Apollo, di cui abbiamo pochi pezzi malamente restaurati.
Per molto tempo la raffinatezza stilistica dell’opera e il piedistallo molto ornato avevano
portato a pensare che fosse opera di un greco, ma adesso la critica è unanime nell’attribuirla
a mani etrusche, proprio per l’immediatezza e concretezza espressive già riscontrate nelle
opere coeve, che dimostrano come gli Etruschi, partendo dal reale abbiano realizzato un
nuovo ideale di arte meno perfetto ma sicuramente più sentito.

Camuni : NON SI TROVA NULLA 🤡


Celti :

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