MUSICA GRECA
Premessa
La musica nei rituali religiosi e nella vita quotidiana. La musica nel mito, nel
culto e nei riti
Secondo il pensiero greco il canto, gli strumenti e i generi musicali furono creati nel
tempo del mito in seguito all’azione di alcune divinità:
1) Ermes bambino costruì la prima lira utilizzando il guscio di una tartaruga come
cassa di risonanza e intestini bovini come corde.
2) Le nove Muse erano eccellenti cantanti e rallegravano con la loro musica tutte le
grandi feste degli dei.
3) Orfeo riusciva a placare con il canto e il suono della lira animali, dei e uomini, al
punto da indurre, nel noto racconto mitico, le divinità dell’oltretomba a restituirgli la
moglie Euridice, uccisa da un serpente.
4) Le Sirene, per metà donne e per metà pesci, attiravano con il loro canto i marinai
che si avvicinavano alla loro isola allo scopo di divorarli.
Canti e musiche strumentali erano utilizzati per il culto delle divinità: 1) per il culto
di Apollo veniva eseguito il peana (paiàn), cantato per lo più in coro dai fedeli e dai
sacerdoti; 2) per il culto di Dioniso era intonato il ditirambo (dithyrambos), che
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comprendeva il canto e la danza accompagnati dall’aulòs doppio; 3) l’inno (hymnos)
era un canto religioso rivolto a diverse divinità (Apollo, Ermes, Afrodite ecc.); 4)
canti rituali erano il prosòdion, e il parthènion, per i rituali femminili, di preparazione
al matrimonio; 5) durante i riti funebri veniva intonato il lamento (thrènos) da parte
dei parenti o amici del defunto, talvolta con accompagnamento dell’aulòs. Nell’Iliade
il lamento funebre ha forma responsoriale: i parenti eseguono la lamentazione e i
presenti rispondono presumibilmente con un ritornello stereotipo.
Strumenti musicali
Idiofoni
Strumenti a percussione reciproca sono i crotali, i cimbali e il kroùpalon. I cimbali, a
forma di scodella, erano usati nel culto di Cibale e di Dionisio. I crotali consistevano
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in tavolette o bacchette tenute in mano e battute l’una contro l’altra, erano suonate
spesso dalle danzatrici e impiegate tra l’altro nei rituali sionistici. Il Kroùpalon era
una calzatura con un’alta suola di legno su cui erano applicati dei crotali che
battevano tra loro con l’azione del piede. Altri idiofoni documentati sono la campana
e il sistro.
Membranofoni
Tympanon era il termine generico per designare il tamburo, di varie dimensioni, a una
o due pelli.
Cordofoni
I cordofoni sono forse gli strumenti più importanti della civiltà greca. Quattro erano i
tipi fondamentali: 1) il monocordo, finalizzato allo studio dell’acustica musicale; 2) la
lira e la cetra; 3) il liuto; 4) l’arpa.
2) La lira è formata da una cassa armonica circolare, costituita in origine dal guscio di
una tartaruga e poi di legno incavato su cui era tesa una pelle; sulla cassa armonica
sono infissi due bracci sottili ( pecheis) collegati tra loro in alto da una traversa. La
lira, tenuta per lo più in posizione verticale rispetto all’esecutore, era pizzicata con le
dita o con il plettro.
Il bàrbiton, lo strumento del poeta e musicista Alceo, era forse una lira dal suono
grave con cassa armonica piccola e bracci lunghi e ricurvi all’interno sotto la traversa.
La cetra è una variante della lira, ma con struttura più robusta e con cassa e bracci
costruiti in unico pezzo in modo da formare un’ampia cassa di risonanza dotata di
forte volume sonoro; la cetra era lo strumento tipico dei professionisti e aveva un
numero di corde che variò tra quattro e diciotto in relazione ai periodi storici e ai
repertori eseguiti.
3) Il liuto aveva cassa armonica ovale e lungo manico su cui erano tese le corde.
4) Le fonti letterarie attestano un’ampia varietà di arpe. La màgadis, di origine
orientale era fornita di venti corde: affine alla màgadis era la pektìs.
Aerofoni
L’aulòs è l’aerofono greco più noto. Lo strumento era impiegato nelle manifestazioni
pubbliche: nel culto, negli spettacoli teatrali, in ambito militare e nei riti funebri; si
tratta di uno strumento analogo all’oboe e quindi a doppia ancia, anche se non si può
escludere la presenza di aulòi ad ancia semplice. Lo strumento era costruito
utilizzando vari materiali: la canna, il legno di bosso, l’osso, l’avorio e il metallo.
Il tubo dell’aulòs era così formato: l’imboccatura era collegata a due piccole sezioni
rigonfie del tubo separate da una strozzatura, su cui erano inserite le ance; il tubo
proseguiva in forma cilindrica o leggermente conica; i fori per le dita erano quattro o
cinque nel periodo arcaico e classico, fino a quindici nel periodo ellenistico e romano.
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Lo strumento ha di frequente due canne ( aulòs doppio) e talvolta, per facilitare
l’emissione del suono, il suonatore usava la phorbèia, una fascia stretta attorno alla
bocca con due fori sui quali si infilavano le canne.
Numerosi i tipi di flauto.
Syrinx indicava il flauto di Pan, cosiddetto dal nome della divinità a cui era attribuita
l’invanzione; era costituita da una serie di canne di diversa intonazione.
Il termine syrinx si applicava anche al flauto diritto.
Tra gli strumenti a bocchino, la sàlpinx era la tromba diritta, costruita per lo più in
bronzo. La sàlpinx era utilizzata come strumento militare.
Nel mondo greco era noto l’organo idraulico (hydraulos), lo strumento era
caratterizzato da un sistema di compressione ad acqua, che regolava il flusso d’aria
nelle canne.
Le testimonianze scritte
La storia della musica del mondo occidentale ha il suo inizio nella Grecia antica.
Mentre le esperienze musicali delle altre civiltà non varcarono mai la soglia di un
sapere prescientifico e le testimonianze che ci sono pervenute sono di natura
archeologica, il percorso della musica greca è abbondantemente documentato da
numerose fonti letterarie e teorico musicali che ci informano intorno alle pratiche e ai
sistemi adottati. Ciò che avevano scritto i Greci sulla musica influì poi sensibilmente
sulla teoria musicale medievale e rinascimentale e costituisce pertanto, la base del
nostro sistema musicale moderno.
Data l’enorme distanza di tempo (ca. 25 secoli) che ci separa dai Greci antichi, non
sempre risulta possibile interpretare con assoluta attendibilità la natura e il valore
delle testimonianze scritte sulla musica che essi ci hanno trasmesso. I documenti
originali dei filosofi e teorici greci a noi pervenuti hanno infatti subito un processo di
filtramento tale che è assai difficile ricostruire il contesto preciso a cui
appartenevano.
Teoria musicale
Fonti
Sulla teoria musicale greca ci sono pervenuti numerosi testi letterari antichi scritti tra
il V secolo a.C. e il VI secolo d.C.
A questi testi vanno aggiunti i documenti con notazione musicale greca.
I trattati più significativi sono gli Elementi armonici e gli Elementi ritmici di
Aristosseno di Taranto. Il De institutione musica di Severino Boezio.
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Strumenti di misurazione degli intervalli
Il sistema più antico di misurazione degli intervalli musicali è costituito dai rapporti
frazionari derivati dalla divisione di un corpo elastico, come ad esempio il
monocordo.
Se una corda elastica produce un determinato suono, facendola vibrare alla metà della
lunghezza, si ottiene un suono all’ottava superiore; in termini numerici, se alla corda
diamo il valore di 1, l’intervallo di ottava viene espresso con il rapporto 2/1; facendo
vibrare i due terzi della corda si ottiene la quinta superiore ( rapporto 3/2), facendone
vibrare i tre quarti la quarta (rapporto 4/3) e così via.
Nell’intervallo di ottava, ad esempio, il rapporto 2/1 significa che se il suono più
basso (quello della corda presa come unità di misura) compie una vibrazione, il suono
più alto ne compie due.
Un sistema più recente di misurazione degli intervalli è quello dei “cents”. Si tratta di
un sistema logaritmico che divide il semitono temperato in cento parti uguali; ne
consegue che l’ottava, composta di 12 semitoni, equivale a 1200 cents.
Il sistema centesimale, basato su numeri interi, ha il vantaggio di una più immediata
evidenza della grandezza degli intervalli e una maggiore facilità nelle operazioni
matematiche. Come termine di confronto per l’esame della teoria musicale greca
riteniamo utile indicare gli intervalli in cents.
Per agevolare il confronto con la scala greca, a questi intervalli va aggiunto il quarto
di tono temperato, corrispondente a 50 cents.
L’intervallo di ottava ( 2/1 = 1200 cents) non compare nello schema in quanto non è
possibile determinarlo con la progressione delle quinte; il suo rapporto è ricavabile
soltanto raddoppiando il valore del primo grado della scala.
Le differenze tra la scala greca e quella temperata risultano evidenti: la scala greca
non è equalizzata e comprende 20 intervalli di diversa grandezza a fronte dei 12
intervalli uguali della scala temperata; il semitono diatonico (lèimma, 90 cents) è più
piccolo di quello cromatico (apotomè, 114 cents) e ambedue hanno una percepibile
differenza di grandezza rispetto all’unico semitono della scala temperata ( 100 cents).
Nella scala greca inoltre esiste un ulteriore intervallo, il comma ditonico (24 cents),
equivalente alla differenza tra apotomè e lèimma, o considerato come eccesso di
grandezza del si diesis ( 1224 cents) sull’ottava ( 1200 cents).
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Tetracordi e generi
Il sistema musicale greco si basa sul tetracordo, una serie di quattro note comprese
nell’intervallo di quarta; le due note estreme erano fisse, le altre due potevano variare.
I tetracordi erano di tre tipi o generi: 1) diatonico; 2) cromatico; 3) enarmonico.
1) Con notevole approssimazione possiamo dire che il genere (gènos) diatonico
era formato dalla successione discendente tono, tono, semitono.
2) Quello cromatico era formato da un intervallo di un tono e mezzo e due
semitoni.
3) Quello enarmonico da un intervallo di due toni e due intervalli di un quarto di
tono.
Utilizzando la moderna notazione si può semplificare nel modo seguente (le note con
le lettere maiuscole indicano i suoni fissi, T = tono, S = semitono):
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I tetracordi di Aristòsseno sono compresi in un intervallo di quarta più grande ( 510
cents) della diatessaron ( 498 cents = rapporto di quarta); il tetracordo diatonico di
Eratostene si basa sui consueti intervalli di tono e semitono della scala greca.
I tetracordi teorizzati evidenziano la consuetudine dei Greci nell’utilizzare numerosi
microintervalli.
I tetracordi sopraindicati potevano variare nella successione intervallare creando dei
modi; ad es. nel genere diatonico il semitono poteva trovarsi: 1) nella parte grave –
tetracordo dorico –; 2) al centro – tetracordo frigio –; 3) all’acuto – tetracordo lidio –.
Due o più tetracordi potevano essere associati tra loro per formare sistemi musicali
più ampi. Due tetracordi successivi potevano essere congiunti se l’ultima nota del
primo tetracordo coincideva con la prima del secondo ( ad esempio LA sol fa MI re
do SI) oppure disgiunti se i due tetracordi erano separati da un tono ( MI re do SI LA
sol fa MI ). Un modello musicale più ampio era il sistema perfetto maggiore,
costituito da due ottave formate da tetracordi congiunti e disgiunti a cui veniva
aggiunta una nota all’estremità inferiore della successione (proslambanòmenos).
Nella tabella è indicato il sistema perfetto maggiore nel genere diatonico.
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Nete significa la più bassa, paranete prossima alla più bassa, trite terza, paramese
prossima alla mese, mese centrale, lichanos [toccata] dal dito indice, parhypàte
prossima alla più alta, hypàte la più alta, proslambanòmenos suono aggiunto.
Le note interne ai tetracordi del sistema perfetto maggiore ( indicate con lettere
minuscole) potevano variare per ottenere le diverse sfumature del genere diatonico e i
generi cromatico ed enarmonico.
Nella tabella che segue sono proposti gli intervalli relativi alle note dei due tetracordi
centrali del sistema perfetto maggiore nei generi diatonico, cromatico ed enarmonico
secondo Eratostene.
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Esisteva anche un sistema perfetto minore che si può semplificare nell’ottava LA- LA
a cui viene aggiunto nel registro acuto il tetracordo congiunto RE- do-si bem - LA. Il
sistema perfetto immutabile comprendeva le note di entrambi i sistemi. L’unione di
due tetracordi dello stesso modo (chiaramente nel genere diatonico, cromatico ed
enermonico) formava le harmonie. Secondo Cleonide nell’ambito del sistema perfetto
maggiore ( genere diatonico) si possono individuare sette specie di ottava ( o
harmonie) caratterizzate da diverse successioni di toni e semitoni.
La scala di due ottave del sistema perfetto immutabile poteva essere trasposta di
altezza di semitono in semitono, fino a formare alcune scale ( da sette a 15, secondo i
teorici ) ciascuna delle quali chiamate tònos o tròpos (e da notare che il termine tònos
designava anche l’intervallo di tono).
Altri problemi interpretativi si pongono con il termine armonia che assume diverso
significato in relazione ai teorici e ai periodi storici. Spesso il termine indica la
successione degli intervalli nell’ottava, cioè si indica il genere (diatonico, cromatico,
enarmonico) che scaturisce dall’unione di due tetracordi dello stesso modo e dipende
dalla successione dei toni e dei semitoni presenti in ciascun tetracordo, oppure viene
usato come sinonimo di modo, cioè si indicano i modi ( dorico, frigio, lidio ).
Ritmi
Nella cultura greca il ritmo musicale è strettamente connesso con la metrica dei testi
poetici. L’unità di tempo dei ritmi metrici musicali era costituito dalla sillaba breve
(U); la sillaba lunga ( – ) aveva durata doppia; vi erano inoltre sillabe lunghe che
avevano valore di 3, 4 o 5 tempi primi.
L’associazione di due o più sillabe brevi o lunghe formavano il piede, unità di misura
del ritmo. I piedi erano classificati in generi ritmici: 1) nel genere pari il piede era
divisibile in due parti uguali: pirrichio (U U), dattilo (– U U), anapesto ( U U – ),
spondeo ( – – ); 2) se il rapporto era di 2 : 1 o 1:2 il genere si definiva doppio: trocheo
( – U ), giambo (U – ), tribraco ( U U U ).
Nei piedi citati i tempi erano due, deboli e forti, chiamati àrsis e thèsis, in levare e
battere secondo i nostri termini. I piedi erano associati in unità più lunghe definite
metri o versi: ad esempio l’esametro dattilico ( – U U, – U U, – U U, – U U, – U U, –
– ) o il trimetro giambico ( U – U – , U – U –, U – U – ).
Notazione
Vi erano due tipi di notazione: una più arcaica, ‘ strumentale’, e una più recente
chiamata ‘ vocale’ . Le notazioni erano di tipo alfabetico; la notazione strumentale
utilizzava un alfabeto arcaico di origine fenicia mentre la notazione vocale utilizzava
i segni dell’alfabeto greco classico.
Nei documenti musicali pervenuteci i segni sono posti sopra le sillabe del testo
poetico; in taluni casi sopra i segni musicali compaiono anche i segni di durata.
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I documenti musicali
E’ stato scritto che le composizioni greche pervenute fino a noi non raggiungono,
tutte insieme, l’estensione di una Sonata per violino solo di Bach. Sono in tutto una
ventina di brani sparsi, scritti su pietra o su papiro; variamente mutili; la maggior
parte di essi è posteriore al III secolo a.C. Esse sono:
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- 3 frammenti vocali e 2 strumentali di Contrapollinopolis ( II sec. d.C. ).
Storia della musica
La produzione musicale poetica fino alla prima metà del V secolo è ancora in gran
parte espressione di una cultura di tradizione orale. I musicisti e i poeti sono ricordati
spesso per incisive innovazioni melodiche o ritmiche apportate alle melodie
tradizionali, ma la loro produzione rimane ancorata a modelli preesistenti; le melodie
tradizionali utilizzate erano definite nòmoi ( ‘leggi’ ) e ciascuna aveva proprie
caratteristiche connesse con l’occasione rituale in cui erano eseguite.
I nòmoi sono classificati anche in base al modo di esecuzione: citarodico ( il cantante
si accompagna con la cetra), aulodico ( il cantante è accompagnato da un suonatore di
aulòs), citarristico ( per cetra sola), auletico ( per aulòs solo ).
Alla fine del VII secolo e nella prima metà del VI l’isola di Lesbo, vicina alla costa
asiatica, fu un importante centro musicale, soprattutto per l’attività svolta da Alceo e
Saffo, autori di famosi canti monodici. Le composizioni di Alceo e Saffo
esprimevano sentimenti e passioni connessi con le proprie vicende biografiche. Alceo
partecipò attivamente alle contese politiche del tempo e il canto divenne strumento di
lotta; nelle sue composizioni, eseguite durante i banchetti, Alceo attaccava gli
avversari politici ed incitava i compagni all’azione; Saffo fu invece autrice di canti
d’amore. Nei suoi canti, che lei stessa intonava accompagnandosi con la màgadis,
Saffo avrebbe utilizzato per la prima volta l’harmonia misolidia, proveniente
dall’Asia minore, accanto allo stile proprio della sua terra.
Sviluppo tecnico
Dapprima il “ditirambo” – corale- consisteva nell’esaltazione della gesta del dio. Poi,
al coro, si oppose dialogando il “ corifèo” ( ovvero la guida del coro) presupponendo
così, col dialogo, i più semplici e tipici elementi drammatici.
A Tespi ( poeta tragico del VI secolo a.C.) la tradizione attribuisce l’introduzione del
primo attore ( in greco “ ipocrita” = risponditore). Il “risponditore” – ai canti del coro
o del corifèo che celebravano le gesta del dio- opponeva le parole di Dioniso, o di un
altro personaggio. Gradatamente, poi, si trascurò Dioniso per presentare altri dèi od
altri eroi, procurando perciò alla tragedia libertà di movimenti e di argomenti.
Ad Eschilo è attribuita l’introduzione del secondo attore ciò permetteva di svolgere il
dramma non più fra attore e coro, ma fra gli “ eroi” in scena.Con Sofocle vengono
inseriti il terzo e il quarto attore; anche codesti attori rappresentavano più personaggi.
Non era più necessaria la “trilogia”, quella sorta di poema ciclico in cui venivano
svolte le varie parti di un soggetto comune, ma ogni tragedia poteva essere compiuta
in sé.
Secondo alcuni studiosi, fu Eschilo ad introdurre il terzo attore in tragedie però non
pervenuteci.
Coro
Con il crescere dell’importanza drammatica degli attori, diminuì quella del Coro che,
da protagonista iniziale e da “antagonista” ( personaggio in opposizione o in dialogo)
divenne, con i tre grandi tragici del V sec. a.C. , commentatore dell’azione o,
soprattutto , espressione dei sentimenti degli spettatori.
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2) Orchestra per le danze, consistente in uno spazio semicircolare tra il loghéion e la
gradinata per gli spettatori. In mezzo all’orchestra vi era un altare di Dionisio
(timéle) intorno al quale il coro compiva le sue danze;
3) Gradinata per gli spettatori che si chiamava kòilon mentre i romani la chiamavano
cavèa.
Principali autori
ESCHILO
Di famiglia aristocratica, fu anche valoroso combattente ed ebbe la spiritualità a
componente fondamentale della propria poesia. Dei suoi lavori restano sette tragedie
intere e numerosi frammenti. Le tragedie sono: Prometeo incantato, I Sette Contro
Tebe, unica trilogia pervenutaci dall’antichità e comprendente Agamennone,Coefore
ed Eumenide.
SOFOCLE
Scrisse oltre 120 tragedie: a noi sono pervenute, oltre a molti frammenti, solo 7 tra
cui: Antigone ed Elettra.
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EURIPIDE
Per il proprio spirito innovatore, non fu sempre compreso dal pubblico. Gli vengono
attribuiti 92 lavori, di cui, secondo molto studiosi, autentici 65. Alceste, Medea, Le
Troiane.
Dramma satiresco-Pratina
La Commedia
Fra i riti dionisiaci vi erano anche quelli falloforici, ovvero della fecondità, in cui si
alternavano inni al nume e atti giocosi agli spettatori. Dai cori falloforici si giunse
alla commedia mediante lo stesso procedimento con cui dal ditirambo s’era giunti alla
tragedia: argomenti preferiti furono le scene farsesche e volgari con cui, già dai tempi
protestorici, i Fliaci ( buffoni , girovaghi) divertivano la plebe.
L’origine religiosa e rituale fece sì che anche la commedia avesse diritto di
cittadinanza nei concorsi drammatici delle grandi dionisie. Il nome di “commedia”
viene fatto derivare da “ comos” = contado.
Dividiamo la commedia greca in tre periodi, definendola così: commedia dorica,
commedia attica antica, commedia attica nuova.
La commedia dorica-Epicarmo
Commedia attica-Aristofane
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Gli autori più noti nell’antichità furono Cràtina, Eupoli, Aristofane. Aristofane fu
indubbiamente il più grande: gli venivano attribuite da 40 a 60 commedie tra cui: Gli
Arcanesi, Lisistrata.
Da sempre, la commedia attica antica si identifica con la commedia aristofanesca.
Quest’ultima è ben diversa dalla commedia posteriore: non vi domina l’intrigo o lo
sviluppo di un carattere, bensì una tesi diretta a far satira ( filosofica, sociale, politica,
religiosa) anche personale. La commedia aristofanesca è libera da qualunque vincolo
di luogo: usufruisce ( solo forma antica) di una scena multipla anziché unica e fissa.
Tipica della commedia aristofanesca è la parabasi, che divide in due parti la
commedia: la parabasi è un canto del Coro che interrompe l’azione per rivolgersi
direttamente al pubblico.
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Caratteri della commedia attica nuova
Per quanto detto prima, la satira, nella commedia attica nuova, è più mite e
impersonale ed è rivolta alla vita privata cittadina rappresentata genericamente. La
scena non è più multipla, ma unica e fissa una piazza con due case di fronte. Il tema
musicale è la lotta dei giovani innamorati contro l’avidità o la rivalità dei vecchi; gli
ingredienti sono quelli che dureranno per secoli, agnizioni (riconoscimenti
improvvisi), scambi di infanti. Nella commedia attica nuova i Cori avevano perso la
funzione “drammatica” che ancora avevano nella commedia aristofanesca ed era stata
soppressa, per ragioni di censura, anche la “ parabasi”; rimanevano i cori tra un atto e
l’altro con sola funzione di intermezzo musicale. I personaggi variavano da 9 ad 11;
gli attori erano 3 o 4.
Platone nelle Leggi e nella Repubblica esortò i tutori del suo Stato ideale, fondato
sulla giustizia, ad assegnare alla musica un ruolo fondamentale nell’educazione
soprattutto dei giovani: la musica doveva servire ad arricchire l’animo così come la
ginnastica giovava a educare il corpo.
Le virtù educativo formative della musica vanno anche viste nel contesto della
dottrina dell’ethos sviluppata dai platonici.
L’arte dei suoni, in quanto apparentata alla matematica e all’armonia delle sfere, può
incidere sul carattere dell’animo e agire su di esso in senso negativo e positivo. Ogni
“armonia” possedeva un suo ethos specifico, forse generato dall’altezza diversa della
sua posizione: la specie Dorica, ad esempio, suscitava pensieri virili e sviluppava i
caratteri forti, mentre quella Frigia era adatta a pacificare e a persuadere gli animi.
Queste sono le melodie che incidono positivamente sull’animo mentre le altre
suscitano nell’uomo emozioni e passioni che ne possono turbare l’equilibrio
razionale.
Aristotele amplia ed approfondisce ulteriormente il pensiero di Platone accettando la
classificazione delle “armonie” secondo il loro ethos, con un atteggiamento però più
flessibile sul loro uso rispetto ai platonici; egli le approva tutte a vantaggio
dell’educazione e del godimento intellettuale.
E’ da notare la particolare attenzione data da Aristotele alle qualità terapeutiche della
musica, ciò che i Greci chiamavano Katharsis ( “catarsi” ), o guarigione della mente
mediante la purificazione dell’animo.
Sulle linee di pensiero dei pitagorici e dei pitagorici e di Aristotele, si mosse
Aristosseno di Taranto.
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Il contributo significativo delle teorie di Aristosseno consiste nell’aver rilevato
l’importanza dell’udito. I fenomeni musicali sono per Aristosseno dinamici e non
statici, e pertanto per comprendere il significato dell’esperienza musicale non sono
sufficienti i calcoli delle speculazioni numeriche, ma occorre altresì porre l’accento
sulla sensazione uditiva. Da Aristosseno i teorici rinascimentali presero le mosse per
elaborare le nuove teorie acustiche e dell’intonazione.
MUSICA ROMANA
La musica nell’antichità Roma e nel mondo latino aveva un ruolo rilevante in tutte le
occasioni della vita sociale. Le caratteristiche della musica romana sono ricavabili
dalle numerose fonti iconografiche e letterarie che ne attestano le peculiarità.
L’influenza esercitata sul mondo latino dalla cultura musicale greca ed etrusca,
evidenziata oltre misura da alcuni studiosi, va vista nell’ottica di un normale scambio
culturale, che non limita l’originalità della cultura musicale dei Romani.
In seguito all’espansione romane nel Mediterraneo si diffusero in Italia culti e rituali
greci e orientali: 1) dal II secolo a.C. è documentato a Roma il culto di Cibele, per il
quale erano impiegati dai sacerdoti strumenti musicali frigi: tibie, tamburelli. 2) Dopo
la conquista dell’Egitto ( I secolo a.C.), si diffuse a Roma il culto di Iside in cui aveva
particolare rilievo il suono del sistro.
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3) Feste di origine greca erano i Bacchanalia,dedicate a Bacco ( Dionisio) e diffuse
nell’Italia meridionale, in particolare a Taranto. La festa, eseguita nelle ore notturne,
comprendeva rituali coreutico-musicali. I Bacchanalia si diffusero anche a Roma.
La sacralità degli strumenti è attestata inoltre da numerosi miti in cui gli strumenti
stessi sono usati da divinità, e il loro suono talvolta possiede poteri magici di
controllo sulla natura.
La musica militare
Nell’esercito erano impiegati trombe e corni per segnalare gli ordini da eseguire; in
un passo del De bello civili di Giulio Cesare ad esempio, la tuba dà il segnale di
attacco. Secondo Polluce ( erudito Greco II d.C.) la tromba eseguiva quattro differenti
segnali: 1) per la partenza o l’attacco; 2) per incoraggiare i soldati durante la
battaglia; 3) per la ritirata; 4) per fermarsi o accamparsi.
Musiche vocali e strumentali venivano eseguite durante i cortei trionfali dopo la
vittoria.
La musica nella vita quotidiana
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Teatro romano
Quando Roma, a cavallo tra il III sec. a.C., attirò a sé la Grecia le due civiltà, le due
culture, vennero a contatto e Roma subì l’influsso della più evoluta Grecia. Alcune
manifestazioni artistiche, giunte in Grecia a livelli estetici e tecnici di molto superiori,
si imposero presso i Romani: tra queste il teatro, nelle due forme più importanti, la
tragedia e la commedia. Questo predominio culturale impedì l’evolversi di alcune
forme drammatiche autoctone quali i fescennini, le sature e le atellane, e fece sì che
la successiva produzione teatrale romana si attenesse alle esperienze ed alle tecniche
già maturate in Grecia.
Fescennini
Si vuol far risalire il nome alla città etrusca di fescennium. Erano farse improvvisate
da contadini, rozzamente mascherati; la lingua, il latino preletterario; i caratteri, quelli
della beffa pungente, del linguaggio poco rispettoso della morale.
Sature
Atellane
Erano farse popolari di origine osca ( ovvero della zona campana attorno a Capua).
Vennero, in seguito, eseguite anche da cittadini romani ( attori dilettanti e perciò non
colpiti d’infamia come gli istrioni professionisti), in lingua latina. Due le
caratteristiche importanti che l’apparentano con la Commedia dell’Arte, posteriore di
parecchi secoli: l’improvvisazione su una traccia schematica prestabilita dell’azione
scenica (canovaccio) e la presenza tipi fissi, considerati i progenitori delle maschere
della Commedia dell’Arte. Questi tipi sono: Pappo, vecchio avaro libidinoso (
Pantalone? ), Macco, zotico bastonato e canzonato ( Pulcinella ?), Bucco, mangione
sguaiato ( Brighella ? ) e Dossenno, parassita, che parla in tono di chi ostenta la
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propria cultura e di chi presume di sapere ed in realtà non sa, e gobbo astuto ( Dottor
Balanzone ? ).
Quando in Roma sorsero edifici teatrali e si ebbero regolari rappresentazioni di
tragedie e commedie, l’atellana venne mantenuta come “exodium”, ovvero come
farsa finale.
La tragedia latina
Poco c’è rimasto della produzione tragica romana. Sappiamo che la sola variante
tecnica che la differenziasse dalla tragedia greca era la minima importanza data al
coro; per tutto il resto l’impianto e le soluzioni drammaturgiche erano quelle già
collaudate dalla civiltà ellenica. Primo aurore fu Livio Andronico. In età imperiale,
nel I sec. d.C., si ebbe una riviviscenza del genere; ci sono rimaste le tragedie di
Seneca, retoriche e declamatorie, più da leggere che da rappresentare. Le tragedie
potevano avere soggetto greco o mitologico ( tragedia coturnata) o, più raramente,
soggetto romano (tragedia praetexta).
Autori principali
LIVIO ANDRONICO, fu il primo autore di teatro in lingua latina: era uno schiavo
greco e ciò spiega la sua conoscenza del teatro greco; ci rimangano i titoli di 9
tragedie e di 3 commedie.
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La commedia latina
PLAUTO
Di Plauto Tito Maccio ci sono pervenute 21 commedie tra le più note: Amphitruo,
unica commedia a sfondo mitologico del repertorio latino. In tutte le commedie
(“palliate” o di argomento greco) si trovano l’intreccio complicato e la galleria dei
tipi propria della commedia attica nuova di Menandro. Ai diverbia (o parte recitative)
Plauto alterna i cantica (o parti liriche), secondo una partizione che diverrà tipica del
melodramma italiano.
TERENZIO
Terenzio Afro Publio fu liberto del senatore Terenzio e visse a stretto contatto col
circolo ellenizzante degli Scipione . Scrisse 6 commedie, 4 mutate da Meandro.
Chiara perciò la derivazione dalla commedia attica nuova, riscontrabile negli intrecci,
nei personaggi, negli ambienti, nella scena fissa.
A Terenzio si rimprovera la mancanza di “ vis comica” peculiare di Plauto, ma gli si
riconosce un linguaggio più raffinato, un lessico più duttile, toni più sommessi, più
sensibili alle sfumature psicologiche.
Commedie di soggetto romano furono scritte da Titinio ( II sec. a.c.) di cui ci sono
rimasti pochi frammenti. Tra i tragici, gli autori più importanti sono: Lucio Accio e
Seneca. Accio ha scritto, tra l’altro, due tragedie di soggetto romano: Brutus e
Decius.
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Dal I sec. a.C. si affermano altre forme di spettacolo teatrale: il mimo e la pantomima.
Nel mimo si alternavano dialoghi recitati a strofe cantate,e alla danza, accompagnata
dalla tibia; i soggetti si ispiravano a vicende della vita quotidiana o a temi mitologici,
visti in chiave burlesca o satirica.
La pantomima trattava argomenti mitologici rappresentati da un unico attore
mediante la danza e la mimica che sostituiva del tutto la parola; la parte musicale
della rappresentazione comprendeva il canto in musiche per gruppi strumentali
formati da: tibie, flauti, cetre, cimbali e scabellum.
Nei teatri e negli anfiteatri si eseguivano concerti di musiche vocali e strumentali,
spesso per canto con accompagnamento di cetra. Durante manifestazioni pubbliche
venivano cantati testi celebri di autori latini: le Egloghe di Virgilio, I Carmina di
Catullo e di Orazio.
La pratica del concerto era esercitata anche in ambito privato, nelle case
dell’aristocrazia, e nella corte imperiale.
I musicisti professionisti
Teoria musicale
I sistemi musicali e gli elementi melodici ritmici della musica latina ci sono del tutto
sconosciuti dal momento che non abbiamo documenti notati musicalmente.
Poche notizie inoltre abbiamo su trattati di teoria musicale in latino prima di Boezio e
Cassiodoro ( VI sec. d.C.); gli scrittori latini che si occuparono dell’argomento si
attennero comunque alla teoria e al pensiero musicale greco.
Strumenti musicali
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Idiofoni
Nel mondo latino si trovano tre tipi di idiofoni: 1) a percussione con struttura
vascolare ( campane e campanelle); 2) a percussione reciproca ( cimbali, crotali e
scabellum); 3) a scuotimento ( sistro).
Le campane e campanelle erano di metallo. I cimbali (cymbala, acetabula), di
metallo e a forma di scodella, erano tenuti uno per mano e battuti l’uno contro l’altro.
I crotali ( crotala), analoghi alle castagnette, sono strumenti a percussione reciproca
costituiti da tavolette tenute due per mano dall’esecutore. Lo scabellum consisteva in
una calzatura con un’alta suola di legno su cui era fissata una coppia di crotali;
l’azione del piede faceva urtare i crotali tra loro producendo un suono utile per battere
il tempo. Il sistro è un idrofono a scuotimento formato da una forcella con manico
sulla quale sono inserite alcune bacchette.
Membranofoni
Il termine timpanum era generico ed indicava : tamburi e tamburelli di varie
dimensioni. Diverse fonti iconografiche mostrano il tamburello a cornice circolare.
Cordofoni
I cordofoni latini ( lire, cetre, liuti e arpe) erano suonati con il plettro o pizzicandone
le corde con le dita. La lira, simile a quella greca presenta bracci sottili a cassa
armonica circolare. La cetra ha forma analoga alla lira, ma struttura più massiccia. Il
liuto ha cassa armonica piccola a manico largo. L’arpa è scarsamente rappresentata
nell’iconografia.
Aerofoni
Numerosi gli aerofoni romani. Tra i flauti è attestata la presenza del flauto traverso, e
del flauto do Pan. La tibia latina corrisponde all’aulòs greco ed è un aerofono ad
ancia probabilmente doppia come l’oboe anche se non si può escludere l’esistenza di
tibie ad ancia semplice. La tibia poteva avere una o due canne; in quest’ultimo caso
era suonata con i tubi divergenti. I suonatori di tibia doppia per facilitare l’emissione
del suono usavano spesso il capistrum, fascia stretta attorno alla bocca. Le tibie
doppie erano chiamate tibiae pares o impares,con canne rispettivamente di uguale o
diversa lunghezza.
Due tipi di trombe compaiono nelle immagini e nei testi letterari: 1) la tuba ; 2) il
lituus. La tuba ha il canneggio lungo cilindrico e terminante con una campana; è
impiegata nel culto e in ambito militare.
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Il lituus ha invece un tubo cilindrico conico ricurvo nell’estremità . Tre i tipi di corno:
1) quello di conchiglia; 2) la buccina; 3) il corno.
Probabilmente la buccina indicava un corno di animale e il cornu rappresentava lo
strumento di bronzo piegato a semicerchio e con una traversa di sostegno.
Numerosi fonti attestano nel mondo latino l’ampio impiego dell’organo sia quello
idraulico che quello pneumatico a mantice. Nell’organo idraulico il flusso d’aria nelle
canne era regolato dalla pressione dell’acqua, contenuta in serbatoi e posta in
movimento dall’aria prodotta da pompe manuali; le canne erano probabilmente di
tipo labiale ( flauti ), di diversa lunghezza e disposte in varie file.
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