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1. Campagne politiche
2. Parate militari
3. Avvenimenti sportivi
4. Funzioni religiose
5. Danze e cerimonie rituali
2 BRONISLAW MALINOWSKI
Scuola antropologica guidata da Malinowski nel 1915
Approccio induttivo
Le istituzioni culturali sarebbero nate e si sarebbero sviluppate attraverso processi
diversi in ogni società
3 LEVI STRAUSS —> STRUTTURALISMO
Ciò che è importante è la struttura del rito perché dietro la struttura del mito risiede il
modo di pensiero.
Le funzioni del rito nelle società primitive, (non tutti i gruppo etnici utilizzavano i riti
per i medesimi scopi)
Secondo studi recenti condotti sui reperti dell’era glaciale, celebrazioni rituali
potrebbero essere avvenuti già 30.000 anni fa.
10.000 anni più tardi l'umanità cominciava a lasciare le prime testimonianze dei
graffiti parietali ritrovati in alcune caverne in Francia in Spagna e in Africa. I soggetti
in questi graffiti hanno suggerito l'esistenza di riti organizzati in concomitanza con
l'attività venatoria.
I reperti cominciano a diventare di più facile decifrazione mano mano che ci si
avvicina all'epoca in cui gli uomini sviluppano le capacità e le abitudini che rendono
possibile la nascita di forme di civiltà più complesse:
Dal 3500 a.c diverse città sorsero in Egitto e in Mesopotamia e intorno al 3000 a.c
l’Egitto possedeva già un efficiente governo centrale.
IL TEATRO GRECO
Le notizie più importanti sull’origine del teatro nella Grecia antica sono contenute
nella poetica di Aristotele 384-322 a.C. dove si afferma che la tragedia e la commedia
erano inizialmente delle improvvisazioni nate, la prima, dai cantori del ditirambo e la
seconda dai cantori dei canti fallaci.
Tutte queste teorie restano solo ipotetiche perché mancano le prove necessarie per
dimostrarle. In ogni caso la nascita della tragedia appare strettamente associata al
culto di Dioniso si probabilmente e d'origine medio oriente.
All'inizio il culto incontrò una certa resistenza a causa della sfrenatezza che sembrava
suscitare. Nel corso delle celebrazioni infatti l'eccitazione sfociava in cerimonie
orgiastiche, ed il furore mistico dei partecipanti li portava ad atti cruenti, come lo
sbranare il corpo di vittime sacrificali. Ma nonostante l'ostilità e le riserve incontrate
in un primo momento, il culto di Dioniso fu gradualmente accettato in tutta la
Grecia.
Mito Dioniso
Secondo il mito, Dioniso era figlio di Zeus e di una donna mortale, Semele, ed era
stato allevato dai satiri, divinità dall'aspetto meta umano ( nella parte superiore del
corpo) e metà caprino ( nella parte inferiore) Dioniso era il dio della fertilità del vino,
e gli eventi della sua vita lo ponevano in stretta relazione con le fasi del ciclo
stagionale celebrate dalle religioni primitive.
Attraverso i loro riti i celebranti del culto di Dioniso ricercavano l'unione mistica con
impulso creativo originario. A livello pratico, il loro scopo era quello di propiziarsi la
fertilità, garantirsi il ritorno della primavera, assicurarsi la fecondità sia degli uomini
che della terra e l'abbondanza dei raccolti.
In onore di Dioniso in attica si tenevano quattro feste annuali:
1. Le Dionisie rurali o piccole Dionisie ( in dicembre)
2. Le Lenee (in gennaio )
3. Le Antesterie ( tra febbraio e marzo )
4. Le Dionisie cittadine che si celebravano ad Atene all’inizio della primavera.
La conoscenza della tragedia greca si basa quasi esclusivamente sulle opere di tre
drammaturghi del quinto secolo a.C.:
- ESCHILO
- SOFOCLE
- EURIPIDE
Delle più di 1000 tragedie scritte tra il 500 e il 400 a.C. ne sono rimaste soltanto 31 di
tre soli autori drammatici.
Nei testi sopravvissuti si possono comunque individuare una serie di caratteristiche
strutturali:
- Molte tragedie iniziano con un PROLOGOS che fornisce le informazioni sugli
eventi accaduti prima dell'apertura del dramma.
- Segue la PARODOS o entrata del coro.
Se non c'è un prologo, è la PARODOS che dà inizio al dramma.
Le PARODOI delle tragedie sopravvissute hanno una lunghezza che varia dai 20 ai
200 versi: introducono il coro, espongono gli avvenimenti e stabiliscono il tono della
tragedia.
Dopo la PARODOS , una serie di episodi il cui numero può variare da tre a sei,
separati dai canti corali, sviluppano l'azione principale.
- L’EXODOS, con l'uscita di tutti i personaggi e del coro, chiude la tragedia.
Tutte le tragedie greche esistenti si fondano essenzialmente sul mito o sulla storia.
Ogni scrittore era comunque libero di alterare le storie e di inventare le motivazioni
dei personaggi e degli eventi.
Agatone, autore ateniese della fine del quinto secolo, fu il primo ad inserire nella
tragedia delle storie inventate, ma il suo esempio non fu mai largamente seguito e
nessuna delle sue tragedie è sopravvissuta.
Le più antiche tragedie greche rimaste sono di Eschilo che cominciò a partecipare alle
competizioni drammatiche delle Dionisie cittadine intorno al 499 a.C
Si conoscono circa 80 titoli delle sue tragedie ma ne sono sopravvissute solo 7
- i persiani
- 7 contro tebe
- L’orestea
- Le supplici
- Il prometeo
La maggior innovazione attribuita ad Eschilo è l'introduzione del secondo attore.
Le tragedie sopravvissuti di Eschilo facevano parte di trilogie, in cui tre tragedie
narravano momenti successivi di un'unica storia, o erano unite da un medesimo tema
mitologico.
I personaggi di Eschilo hanno dimensioni eroiche e sono quindi molto distanti dalle
persone della vita reale, quotidiana. Eschilo è più teatrale di tutti i tragici greci in
quanto sfrutta a fondo le risorse dello spettacolo. Le sue tragedie spesso fanno appello
ad una spettacolarità monumentale:
- Utilizzano a volte due cori
- Introducono bighe tirate da cavalli
- Personaggi mitologici pittoreschi e terrificanti eccetera..
Eschilo utilizza con frequenza elementi visivi di carattere simbolico, insolite danze
corali e costumi fastosi.
A SOFOCLE gli sono attribuite alcune importanti innovazioni come l’aggiunta del
terzo attore e l’aumento sul numero dei coreuti da 12 a 15.
Rispetto ad Eschilo, Sofocle pone un’attenzione maggiore alla caratterizzazione dei
personaggi, che sono complessi e psicologicamente ben costruiti e riduce l’importanza
del coro che viene staccato dall’azione della tragedia per assumere il ruolo di
spettatore più che di attore.
Sofocle è ritenuto il più abile dei tragici greci nell’organizzazione della materia
drammatica: l’Edipo re, ad esempio è considerato il modello perfetto della tragedia
greca. Nei suoi drammi lo sviluppo dell’azione è sempre accuratamente motivato e le
scene sono costruite in modo da condurre efficacemente e progressivamente al
culmine dell’intensità drammaica.
EURIPIDE ( 480-406)
Scrisse circa 80 tragedie e ne sono sopravvissute solo 17.
- Alcesti
- Medea
- Ippolito
- Gli eraclidi
- Andromaca
- Ecuba
- Eracle
- Le supplici
- Ione
- Le troiane
- Elena
- La fenice
- Oreste
Nel quinto secolo ogni tragediografo partecipava alle grandi di Dionisie presentando
tre tragedie e un dramma satiresco.
Dalle centinaia di drammi satireschi che sono stati scritti l’unico testo completo
sopravvissuto è il ciclope di EURIPIDE. L'argomento è trattato dell'episodi
dell'Odissea in cui Ulisse incontra il ciclope Polifemo e dopo averlo accecato riesce a
sfuggirgli.
Il dramma satiresco prende il suo nome dal coro, che era composto dai compagni di
Dioniso metà umano e metà caprino. Il corifeo era Sileno, il padre dei satiri.
Spesso il dramma satiresco metteva in ridicolo le divinità e gli eroi con le loro
gloriose avventure, l’azione chiassosa di questo tipo di dramma aveva luogo in
ambienti rurali e comprendeva danze vivaci gestualità e linguaggio osceni.
.
La seconda parte della commedia è costituita da una serie di scene che mostrano i
risultati della trovata iniziale.
La scena finale si conclude generalmente con la riconciliazione di tutti personaggi e
con la loro uscita di scena per recarsi ad un banchetto o ad una festa.
LE FESTE IN ONORE DI DIONISO E LA PRODUZIONE DEGLI
SPETTACOLI TEATRALI.
Nel quinto secolo a.C. le gare teatrali, che inizialmente si tenevano solo in occasioni
delle grandi Dionisie, entrano a far parte anche delle piccole Dionisie e delle Lenee.
Le grandi Dionisie restano comunque la manifestazione di maggior prestigio.
Nel quinto secolo a.C. venivano riservati cinque giorni agli spettacoli:
- Tragedie
- Commedie
- Drammi satireschi
- Cori ditirambici
Sembrerebbe che almeno tre giorni fossero dedicati interamente alla
rappresentazione delle opere drammatiche. In ciascuno di questi giorni ogni autore
presentava tre tragedie e un dramma satiresco. Dopo il 487- 486 a.c entrarono in gara
anche cinque commediografi ognuno dei quali presentava una commedia.
Fino al 449 a.c i premi erano assegnati solo alle opere drammatiche, in seguito,
furono messi in palio dei premi anche per gli attori. Due giorni dopo la fine delle feste
si riuniva un’assemblea per valutare il comportamento tenuto dalle autorità
responsabili delle celebrazioni e per raccogliere eventuali lamentele sulla cattiva
condotta tenuta dai cittadini.
Le lenee venivano celebrate ad Atene verso la fine di gennaio ed erano soprattutto
feste locali. Per questo era permessa una maggior libertà di espressione. Inizialmente
alle lenee potevano partecipare soltanto autori e attori comici, ma nel 432 a.c furono
aggiunte altre competizioni destinate agli attori e scrittori tragici.
Le piccolo dionisie erano celebrate nel mese di dicembre nei demi dell’attica e
potevano iniziare nei diversi demi, in giorni differenti.
La maggiore attrattiva della festa era costituita da una processione con un gigantesco
fallo che veniva trasportato in cima ad un palo, con lo scopo apparente di stimolare la
fertilità in una stagione in cui il sole non era ancora troppo fievole per preannunciare
sicuri raccolti.
Gli autori che volevano partecipare alle grandi dionisie si rivolgevano all’arconte.
l’arconte selezionava tre autori e nominava i coreghi, scegliendo tra i cittadini ricchi
che dovevano assumersi a turno le spese della produzione teatrali come dovere civico.
ad ogni autore veniva assegnato un corego che garantiva la preparazione del coro,
prevedeva ai suoi costumi e probabilmente pagava i musicisti.
Il corego forniva inoltre gli oggetti di scena, procurava le comparse, e poteva anche
accogliere e soddisfare ulteriori richieste.
Le responsabilità dello stato erano limitate, dovevano mettere a disposizione un
teatro, fornire premi per gli autori e forse dei drammaturghi.
Nel quinto secolo a.C., I membri del coro non erano di professionisti. Le danze corali
erano diffusi in tutta la Grecia e alle competizioni delle grandi Dionisie partecipavano
almeno un migliaio di persone ogni anno. Inizialmente l'autore curava le coreografie
e preparava il coro, ma in seguito questi compiti furono assegnati a dei professionisti.
Si dice che la preparazione fosse lunga e difficile e comprendesse una dieta particolare
ed un allenamento disciplinato sotto l'attenta guida di numerose persone. Sembra
anche che ai componenti del coro, venissero riservati trattamenti speciali, Infatti la
preparazione fisica e l'abbigliamento dei coreuti costituivano l'aspetto più oneroso dei
doveri del corego.
Anche la musica aveva una notevole importanza nel dramma greco: accompagnava i
recitativi e rappresentava una componente inseparabile dalle odi corali.
L'accompagnamento musicale dei drammi era creato dal suono di un unico flauto la
cui tonalità assomigliava a quella di un moderno oboe o clarinetto. Altri strumenti,
come la lira, le trombe e vari tipi di strumenti a percussioni venivano usati per creare
effetti più ricercati.
I COSTUMI E LE MASCHERE
L'abito del coro era creato in base a dei criteri relativamente realistici come l'età, il
sesso, la nazionalità e la condizione sociale.
Gli attori e il coro indossavano una tunica e all'occorrenza poteva indossare anche un
mantello corto. L'identità degli attori e del coro poteva essere stabilita tramite oggetti
simbolici: lo scettro per il re, la lancia per il guerriero, un ramo per il supplice ecc
Gli attori indossavano il chitone sopra delle calzamaglie color carne, Spesso imbottite.
I personaggi maschili, tranne quelli del coro, portavano un fallo.
Per quanto riguarda i drammi satireschi, gli storici hanno ipotizzato che i satiri
indossassero dei perizomi di pelle di capra, a cui sul davanti erano attaccati dei falli e
dietro una specie di coda di cavallo. le altri parti del corpo apparivano nude ed erano
probabilmente ricoperte da una maglia color carne.
Sileno, il capo del coro, veniva generalmente raffigurato con una maglia pelosa sotto
un mantello di pelle di animale.
Durante il quinto secolo tutti gli attori, ad eccezione delle suonatore di flauto
portavano delle maschere. Le maschere non sono giunte a noi in quanto erano fatte di
materiali deteriorabili dal tempo come il lino, il sughero e la corteccia.
Nei periodi successivi, le maschere diventarono notevolmente più grandi della faccia
ed erano caratterizzate da tratti molto marcati e da lineamenti esagerati. Le maschere
coprivano tutta la testa e quindi riproducevano anche l'acconciatura di capelli, la
barba, eventuali gioielli e altri particolari. Generalmente tutti membri del coro
indossavano maschere identiche. Quando gli attori interpretavano personaggi ateniesi
famosi, venivano usate delle maschere somiglianti, anche se caricaturali.
Nella tragedia esistevano vari tipi di calzature: le più comuni erano delle scarpe
morbide o stivaletti che spesso arrivavano al polpaccio. In seguito fu applicata una
suola spessa di legno e queste calzature presero il nome di coturni.
Nel quinto secolo a.C. venivano utilizzate alcune macchine per creare effetti speciali.
Gli attrezzi più importanti erano l’ ekkuklema e la mechanè.
L’ekkuklema era una piattaforma che veniva fatta scivolare attraverso la porta
centrale della skenè. ( porte teatrali)
La mechanè serviva a fare apparire personaggi in volo o sospesi a mezz’aria.
La gru era situata probabilmente in modo che un'attore potesse esservi attaccato fuori
dalla vista del pubblico, e fosse poi sollevato in aria e fatto oscillare sulla scena.
La gru era frequentemente usata per l'apparizione di divinità. L'uso frequente della
mechanè da parte di Euripide, che risolveva spesso le sue tragedie con l'intervento
divino, ha diffuso nel linguaggio corrente l’espressione deus ex machina che sta a
indicare un intervento improvviso che risolve inaspettatamente una situazione
intricata.
Gli oggetti di scena non erano molto numerosi, ma costituivano comunque degli
elementi essenziali per la rappresentazione.
Oggetti essenziali alla rappresentazione erano anche i carri tirati da cavalli, le bare
per i cadaveri, le statue di svariate divinità, le e torce le lampade per le scene
notturne.
IL PUBBLICO
Nei teatri greci lo spazio riservato agli spettatori e l’edificio scenico costituivano
sempre delle unità architettoniche ben differenziate.
Erano separate dall’orchestra e dalle PARODOI
Le parodi servivano principalmente per l’entrata del coro ma potevano essere usate
pure per l’ingresso di alcuni attori e per l’entrata e l’uscita del pubblico.
Verso la metà del 5 secolo fu istituita una sorta di biglietti e fu fissato un prezzo di
ingresso . Per garantire a tutti la possibilità di assistere agli spettacoli, intorno al 450
a.C Pericle creò un fondo statale che sovvenzionava l’acquisto dei biglietti per i meno
abbienti. Il ricavato dei biglietti andava al gestore del teatro che era responsabile
della sua manutenzione.
La conclusione della guerra del Peloponneso che vede il trionfo di sparta, segnò
l’inizio della decadenza politica ateniese.
In Atene l’attività artistica proseguì vigorosa e la città continuò ad essere il centro
della vita culturale del mondo greco.
Nel corso del secolo gli scrittori cominciarono ad ispirarsi a miti minori e ad
impiegare con maggiore frequenza procedimenti forensi ed espedienti
melodrammatici.
Dopo il 340 a.C nelle dionisie cittadine, veniva rappresentata almeno una delle
antiche tragedie.
Nuovi drammi continuarono ad essere composti fino al secondo secolo d.c
Il teatro ellenistico
Il periodo ellenistico inizia con il regno di Alessandro magno ( 356- 323 a.C).
Nell’età ellenistica si verificarono numerose trasformazioni nella vita teatrale.
Tra queste furono le feste disposte ad Alessandro magno per celebrare le vittorie
militari. Si narra che fossero particolarmente grandiose: ad una celebrazione, ad
esempio, avrebbero preso parte ben 3000 attori provenienti da tutto il mondo greco.
Le occasioni festive in cui venivano allestite le rappresentazioni teatrali aumentarono
e così crebbe la richiesta di attori qualificati. Per questo, durante il periodo ellenistico,
il teatro si trasformò in un'attività quasi del tutto professionale. Un ulteriore passo
compiuto in questa direzione fu la creazione di una corporazione teatrale, detta ‘gli
artisti di Dioniso’. La corporazione esisteva già nel 277 a.C., La data della sua
fondazione è incerta. Gli artisti di Dioniso contavano tra loro poeti, attori, membri
del coro, istruttori, musicisti, costumisti, insomma tutte le persone necessarie alla
produzione alla messinscena di opere teatrali.
Il capo dell’organizzazione era generalmente un sacerdote di Dioniso. La
corporazione si articolava in tre o quattro diramazioni principali ognuna delle quali
aveva un proprio centro direttivo.
1. Quella ateniese era probabilmente il ramo più antico e rimase a lungo il più
rinomato.
2. Il secondo centro era a Corinto
3. Il terzo a Theos in asia minore
Infine ne esisteva probabilmente un quarto ad Alessandria.
Man mano che il teatro si spandeva, ogni ramificazione principale creava delle
proprie succursali in modo da coprire l'intera area compresa nella sua giurisdizione.
Dopo la morte di Alessandro il mondo ellenico si divise in numerosi Stati, furono
stipulati degli accordi internazionali che garantivano la sicurezza dei membri della
corporazione. In alcuni casi gli attori erano esonerati dagli obblighi militari e non
potevano essere arrestati. Inoltre, vista la loro relativa mobilità, gli attori venivano
talvolta utilizzati dallo Stato con ambasciatori. Tuttavia, benché godessero di una
sicurezza di un prestigio professionale molto maggiore di prima, continuavano ad
essere guardati con sospetto e a godere di una cattiva reputazione.
Tra la metà del quarto secolo e il primo secolo a.C., si sviluppò una struttura teatrale
abbastanza diversa da quella del teatro di Dioniso. Di questo nuovo tipo di teatro,
chiamato normalmente ellenistico per distinguerlo da quella ateniese, si conservano
numerosi esempi a
- PRIENE
- EFESO
- DELO
- EPIDAURO
- PERGAMO
- CORINTO
- ALESSANDRIA
Probabilmente l'innovazione più rilevante del teatro ellenistico fu il lungo
palcoscenico sopraelevato, Alto da 2 m e mezzo a 4 m e lungo anche 40 m. Questo
palcoscenico era molto stretto, avevi infatti una profondità che andava dai 2. Ai 4m.
Era aperto sulle due estremità laterali.
In alcuni teatri il palcoscenico era collegato a livello dell'orchestra da rampe di scale,
in altri si poteva accedere al palco solo dall’edificio scenico.
Lo spazio per il pubblico non subì nessun cambiamento significativo ma la capienza
del theatron poteva considerevolmente variare dai 3000 posti ai 25.000.
IL MIMO GRECO
L'attività teatrale inizia a Roma sotto l’influenza della cultura etrusca che dominò i
primi secoli di vita della città fondata, verso la metà dell'ottavo secolo a.C.
Secondo lo storico Tito Livio 59-17 a.C., le prime rappresentazioni teatrali si
sarebbero svolte a Roma nel 364 a.C. Ad opera di attori etruschi che si esibivano
danzando al sono del flauto per placare gli dei e allontanare la peste che aveva colpito
la città. All'influenza etrusca si aggiunsero successivamente gli apporti delle regioni
dell'Italia meridionale che Roma conquistò tra il quarto e il terzo secolo a.C..
Nella progressiva espansione di Roma nel bacino del Mediterraneo si verificò infine il
contatto e quindi l'assimilazione di modelli artistici greci. Le prime rappresentazioni
teatrali secondo le forme del dramma greco avvennero a Roma nel 240 a.C. nel corso
dei Ludi Romani, istituiti più di tre secoli prima sotto il governo del re etrusco
Tarquinio Prisco. Le rappresentazioni drammatiche di modello greco si aggiunsero
cosi ad altre forme di spettacolo:
- Musica
- Danza
- Gare sportive
- Farse
- Combattimenti di gladiatori
Ormai compiutamente istituzionalizzate nell'ambito delle celebrazioni pubbliche.
Anche a Roma, come in Grecia, la maggior parte dell’attività teatrale si svolgeva nel
corso delle feste di carattere religioso. Le rappresentazioni teatrali in queste occasioni
costituivano tuttavia solo una piccola parte dei divertimenti offerti al pubblico, e
dovevano contendere l'attenzione degli spettatori alle esibizioni di
- Giocolieri
- Domatori
- Acrobati
- Atleti
- Danzatori
- Animali ammaestrati.
Oltre alle feste religiose, comunque, si tenevano a Roma celebrazioni diverse
- per le vittorie militari
- per le consacrazioni di edifici pubblici
- Per i funerali di persone importanti
I ludi romani erano le più antiche tra le feste ufficiali e venivano celebrati in onore di
Giove nel mese di settembre. Dal 364 a.C. entrarono a farne parte gli spettacoli
teatrali e dal 240 con l'allestimento di un'opera di Livio Andronico, anche le
rappresentazioni regolari di commedie e di tragedie.
È difficile stabilire con esattezza quanti giorni all’anno i romani dedicassero agli
spettacoli teatrali, poiché, da un lato, il numero dei giorni in cui si tenevano le feste
ufficiali variava di anno in anno, e dall'altro si tenevano sovente celebrazioni
straordinarie. Inoltre le feste venivano talvolta replicate. Nel caso in cui si fosse
verificata una qualunque irregolarità nell'esecuzione del rituale, l’intera festa, con
tutti gli spettacoli, doveva essere ripetuta.
Tale ripetizione era chiamata INSTAURATIO. Il fatto che fosse una pratica molto
comune è dimostrato dai Ludi Romani, che tra il 214 a.C. e il 200 a.C vennero
replicati 11 volte in 11 anni e poi dai Ludi Plebei che furono ripetuti sette volte in un
anno.
Nei primi tempi veniva dedicato solo un giorno all'anno alle rappresentazioni teatrali,
ma gradualmente il numero dei giorni aumentò, finché all'inizio dell’era Cristiana si
arrivò a 40 giorni di rappresentazioni all’anno.
Sotto l’impero poi il numero delle rappresentazioni crebbe enormemente. Nel 354
d.C. almeno un centinaio di giorni erano dedicati agli spettacoli teatrali e altri 75 a
manifestazioni come le corse delle bighe o le lotte dei gladiatori.
LA COMMEDIA E LA TRAGEDIA
L’inizio della letteratura latina viene tradizionalmente fatto risalire a Livio Andronico
240 e 204 a.C., perché le commedie e le tragedie che egli scrisse, tradotte o adattate
dal greco a partire dal 240 A.C., costituiscono le prime importanti opere letterarie in
lingua latina.
Di Andronico sappiamo pochissimo: Conserviamo solo qualche frammento della sua
opera, e conosciamo titoli di otto tragedie e tre commedie.
Poco sappiamo anche di Gneo Nevio che fu particolarmente apprezzato per le sue
commedie, in quanto si dedicava a tutti e due i generi.
Gli autori successivi, si specializzarono impegnandosi prevalentemente in una delle
due forme.
Tra i commediografi più importanti ci sono:
- Tito Maccio Plauto 259-184 a.C.
-Publio Afro Terenzio 195-159 a.C.
Sono gli unici autori di cui ci siano pervenute le opere.
1. PLAUTO godette di tanta popolarità presso il pubblico del tempo che dopo la
sua morte finirono con l'essergli attribuite 130 commedie. Plauto arricchì le sue
commedie con riferimenti alla vita ed ai costumi dei romani e fu ammirato in
particolar modo per i suoi dialoghi in latino, la varietà della metrica dei suoi versi
e le sue argute facezie.
- QUINTO ENNIO
- MARCO PACUVIO
- LUCIO ACCIO
Nessun testo è sopravvissuto. Ma a giudicare da alcuni frammenti sembrerebbe che la
maggior parte delle tragedie fossero adattamenti di opere greche. Questo tipo di
tragedia era definita FABULA CREPIDATA da trepida —> una calzatura greca
simile al coturno.
Altre tragedie, ma in numero minore, svolgevano argomenti tratti dalla vita romana, e
questo tipo di tragedia era chiamato FABULA PRAETEXTA, dalla toga praetexta
orlata di porpora dei magistrati romani.
Le uniche tragedie romane sopravvissute risalgono a questo periodo più tardo, e sono
quasi tutte opere di Lucio Anneo Seneca 4 a.C -65 d.C.
Nato in Spagna ed educato a Roma, Seneca fu famoso per le sue opere di retorica e
filosofia e diventò una delle personalità più influenti di Roma quando il suo discepolo
Nerone fu incoronato imperatore 54 d.C.
In seguito Seneca perse la sua ascendenza sull'imperatore e, diventato un intellettuale
scomodo e impopolare morì suicida nelle 65 d.C. per ordine di Nerone.
Ci sono rimaste nove tragedie di Seneca:
-HERCULES FURENS
- TROADES
- PHOENISSAE
- PHAEDRA
- OEDIPUS
- AGAMENNON
- THYESTES
- HERCULES OETAEUS
Sono tutte costruite su modelli originali greci. È molto improbabile che le tragedie di
Seneca siano state rappresentate nei teatri di Roma. Le caratteristiche principali di
queste opere:
1. Le tragedie di Seneca sono divise in cinque episodi separati da intermezzi corali
che si riferiscono solo vagamente all’azione. Nel Rinascimento la divisione in
cinque atti diventò una regola mentre il coro ridotto ad unico personaggio,
commentava spesso la vicenda.
2. Il linguaggio erudito e il tono costantemente declamatorio dei discorsi, che
talvolta possono far pensare a delle arringhe forensi, furono spesso imitati dagli
scrittori successivi.
3. Le scene violente e sanguinose caratteristiche delle tragedie senechiane furono
prese a modello dagli autori rinascimentali.
4. Infine la costruzione senechiana delle motivazioni psicologiche dei personaggi
spesso dominati da un'unica passione ossessiva (come la vendetta) che li conduce
alla distruzione finale, costituì un modello per il dramma delle Rinascimento.
Sotto l'impero era molto in voga che un altro genere teatrale, il Pantomimo.
Il Pantomimo romano era una forma che precedeva per certi aspetti il balletto
moderno. Era uno spettacolo che tramite la danza raccontava una storia, Coinvolgeva
due o anche più ballerini. Le trame del pantomimo erano tratti generalmente dalla
mitologia o dalla storia. Il ballerino era accompagnato da un coro e da un'orchestra di
flauti pifferi e cembali.
( a roma un ballerino solista, in grecia 2)
Il teatro doveva competere con numerose altre forme di intrattenimento. Tra queste
la più antica e popolare era la corsa dei carri, che fu introdotta dal re etrusco
Tarquinio Prisco. La corsa dei carri fu uno dei passatempi favoriti dei romani e
continua ad esistere fino alle 549 d.C. Molti altri intrattenimenti erano poi offerti nei
circhi e comprendevano:
- le corse dei cavalli
- Battaglie simulate di cavalleria
- Acrobazie
- Gare di pugilato
- Lotta libera
- Esibizioni di animali feroci
- Combattimenti di animali
- Lotte fra uomini e belve
I combattimenti dei gladiatori, infine, costituivano un altro tipo di intrattenimento
estremamente popolare . Introdotti a Roma nel 264 a.C. come giochi funebri offerti
da privati non entrarono a far parte delle feste ufficiali allestite dallo Stato fino al 105
a.C. questi combattimenti si erano diffusi in tutto l'impero. Il numero dei gladiatori
aumentò sempre più e nel 109 d.C. si dice che nel corso di una festa organizzata in
occasione di una vittoria militare fossero presenti 5000 copie di combattenti.
Gli anfiteatri furono concepiti prima di tutto come luoghi da destinare ai
combattimenti dei gladiatori. il primo fu eretto a Pompei nel 75a.C. , il secondo a
Roma nel 46 a.C., e successivamente si diffusero nelle varie regioni dell’impero. Con
il passare del tempo i combattimenti divennero sempre più spettacolari e complessi:
Spesso erano accompagnati da una musica intonata alla situazione ed altri
arrangiamenti sonori. I gladiatori erano provvisti di costumi adeguati ed erano
predisposti anche di elementi scenografici. Scuole speciali curavano la preparazione
dei gladiatori, la maggior parte dei quali erano schiavi.
La responsabilità delle feste organizzate dallo Stato era affidata a magistrati che
disponevano di un fondo per coprire le spese. Per l'allestimento dei ludi scaenici, i
magistrati si accordavano con il direttore di una compagnia di attori. Il capo della
compagnia probabilmente comprava i drammi direttamente dagli autori e
provvedeva alla preparazione della musica, degli oggetti di scena e dei costumi.
Normalmente più compagnie partecipavano con i loro spettacoli al programma di
una festa. Ognuna riceveva un compenso di base a cui si potevano aggiungere premi
e pagamenti supplementari per i gruppi, i singoli attori o gli autori che si erano
particolarmente distinti e avevano incontrato un particolare favore tra il pubblico. Era
comunque il pubblico a decretare il successo delle rappresentazioni teatrali. Ogni
spettacolo era rappresentato senza interruzioni e generalmente anche gli intervalli
erano riempiti da numeri secondari o brevi mini.
L’ingresso alle rappresentazioni finanziate dallo Stato era sempre libero e gli spettatori
appartenevano a tutte le classi sociali. I teatri potevano contenere migliaia di persone.
Il primo teatro permanente poteva contenere approssimativamente 10.000 persone.
Ovviamente solo una minima parte degli abitanti di Roma poteva entrare nel teatro,
gli abitanti della città, che erano circa 215.000 nel 200 a.C., diventarono più di 1
milione durante l’impero. Numerose attrazioni, di tipo assai diverso, venivano
comunque offerte contemporaneamente, e si contendevano il favore delle platee. Le
prime due rappresentazioni della suocera di Terenzio caddero infatti perché durante
la prima il pubblico abbandonò il teatro per andare a vedere un funambolo mentre
alla seconda si recò ad assistere ad un combattimento di gladiatori. Gli spettatori si
allontanavano anche per andare a comprare cibi e bevande che si vendevano
all'uscita del teatro.
Il primo teatro permanente di Roma fu costruita nel 55 a.C. alla sommità delle
gradinate del primo teatro permanente di Roma, eretto da Pompeo, si trovava un
tempio dedicato a Venere.
Gli edifici teatrali che sorsero numerosi in tutte le regioni dell'impero romano avevano
caratteristiche abbastanza simili.
1. Erano costruiti su una superficie piana
2. I corridori e le scale erano costruiti intorno e sotto lo spazio destinato gli
spettatori
3. L'area riservata agli spettatori era divisa in settori da numerose corsie verticali
4. Il corridoi d’accesso ai diversi settori erano coperti
5. L'orchestra era usata generalmente per far sedere gli spettatori particolarmente
importanti
6. Il palcoscenico era alto circa 1 m e mezzo da terra e il suo lato anteriore
coincideva con il diametro della circonferenza dell’orchestra.
7. La grandezza del palcoscenico dipendeva da quella del teatro
8. Il palcoscenico era coperto da una tettoia probabilmente destinata a migliorare
l'acustica e a proteggere le decorazioni della parete di fondo
A Roma e nelle altre regioni dell’impero, furono costruiti diversi tipi di strutture per
ospitare altri generi di intrattenimento. Il circo Massimo, costruito per le corse dei
carri era la più antica e la più grande struttura del genere. Eretto forse già intorno alle
600 a.C. Probabilmente in legno, Misurava circa 600 m di lunghezza e 200 di
larghezza. All'inizio dell'impero il circo massimo poteva contenere circa 60.000
persone, Ma in seguito fu ulteriormente ampliato. La sua principale caratteristica era
la pista che poteva consentire a bene 12 carri di gareggiare affiancati. Ma sebbene
fosse stato progettato per questo tipo di gare, il circo Massimo ospitò anche altri
generi di giochi come le corse dei cavalli, I combattimenti dei gladiatori, La lotta
libera, gli scontri tra animali feroci e e così via..
Il colosseo era alto 48 m, lungo 190 e largo 155 e aveva circa 50.000 posti a sedere, lo
spazio scavato sotto l'arena è particolarmente interessante: Era provvisto di
montacarichi capaci di sollevare nell’arena elementi scenografici, bestie feroci e
lottatori.
LA SCENOGRAFIA
Il termine usuale per designare gli attori nell'antica Roma era histriones.
La maggior parte degli attori erano uomini, e solo nei mimi apparivano sulla scena le
donne.
La condizione sociale dell'attore romano è stata lungamente discussa. Alcuni storici
hanno sostenuto che tutti gli attori erano schiavi di proprietà del direttore della
compagnia. Altri sostengono che le condizioni sociali di questi artisti variava in modo
considerevole da caso a caso anche se in generale la categoria degli attori occupava un
posto molto basso nella considerazione pubblica. Le opere potevano essere
rappresentate da una compagnia di cinque o al massimo sei membri, sempre
considerando la pratica di affidare più ruoli allo stesso attore e tenendo presente che
alcune comparse potevano venire aggiunte occasionalmente.
Nel 1º secolo a.C., mentre il genere comico e quello tragico iniziarono a declinare
acquista un'importanza sempre maggiore il fascino dell'attore protagonista e alla
rappresentazione di un dramma si cominciò a sostituire la rappresentazione di una
serie di scene disposte in modo da mettere in risalto il talento delle ‘divo’.
Il pantomimo metteva in luce un unico danzatore ed anche nelle mimo il ruolo di
protagonista veniva assegnato ad un unico attore, anche se poi un ampio numero di
comparse era utilizzato ai fini spettacolari. Molti di questi divi accumularono delle
vere e proprie fortune E sotto l'impero raccoglievano stuoli di ammiratori.
Nella commedia e nella tragedia tutti gli attori erano uomini, portavano la maschera
e probabilmente interpretavano più ruoli nel corso della medesima rappresentazione.
Nella tragedia la recitazione dei versi era lenta e declamatoria
Nella commedia era rapida e colloquiale.
Molti ruoli richiedevano una grande abilità sia nella recitazione che nel canto e nella
danza. Nella tragedia il movimento era lento e austero, nella commedia era vivace e
disordinato.
Considerando che i teatri contavano 14.000 persone i gesti e i movimenti degli attori
dovevano essere considerevolmente enfatizzati per essere visti da tutti.
Tutta questa serie di fattori ci fa pensare che la recitazione avesse un carattere
estremamente convenzionale. Generalmente gli attori si specializzavano in un solo
genere drammatico anche se ci sono eccezioni.
Gli attori dei mimi non portavano maschere e quindi l'espressione del viso era
particolarmente importante. Per molto tempo il mimo si basò in larga misura
sull’improvvisazione. Richiedeva perciò una particolare talento nell'invenzione di
battute, gesti e situazioni.
Gli attori dei mimi venivano selezionati probabilmente o per la loro bellezza o per
qualche deformità fisica che poteva costituire uno spunto comico.
Nel pantomimo tutta l'attenzione si è concentrata sul danzatore solista. Noti per la
loro bellezza e le loro qualità atletiche, Questi attori facevano affidamento
esclusivamente sulla gestualità e sui movimenti per rappresentare una serie di
personaggi e di situazioni. Oltre alle compagnie teatrali pubbliche, in epoca più tarda
esisteva probabilmente un certo numero di compagnie private. Queste erano formate
quasi sicuramente da schiavi ed erano mantenute per il divertimento delle famiglie e
degli amici dei loro proprietari.
Secondo la tradizione la maschera sarebbe stata introdotta nel teatro romano nel
primo secolo a.C. da Roscio che voleva nascondere il proprio strabismo.
Ma questa è solo una leggenda.
Le maschere erano fatte di tela, ed insieme alla capigliatura posticcia formavano una
completa copertura della testa. Dato che normalmente si ritiene che le maschere
romane assomigliassero a quelle del teatro ellenistico, molte congetture sono state
avanzate muovendo dagli elenchi forniti da Giulio Polluce.
Le maschere del pantomimo non avevano ovviamente bisogno dell'apertura a forma
di megafono per fare uscire la voce, e quindi le bocche erano solo disegnate. Luciano,
chi scrive nel secondo secolo d.C., dici che queste mascherano molto più naturali di
quelle della tragedia.
Gli attori del minimo non usavano maschere.
Nell'Europa settentrionale, dal quinto al settimo secolo si sviluppa la figura dello scop.
Lo scop era un cantore e narratore di storie a più voci delle imprese degli eroi nordici.
Lo scop godeva anche di un’ampia considerazione e le sue esibizioni costituivano un
elemento essenziale delle feste e delle altre celebrazioni.
In seguito alla progressiva conversione al cristianesimo delle tribù nordiche avvenuta
durante il settimo e ottavo secolo, la Chiesa si schierò contro gli scop che finirono con
l'essere trattati alla stessa stregua dei mimi.
La chiesa, Operando la conversione dell'Europa occidentale del cristianesimo, si
appropriò di molte delle feste preesistenti. Ad esempio, la data della nascita di Cristo
non fu fissata al 25 dicembre fino al quarto secolo. Secondo gli storici questa data fu
scelta per sostituire le feste pagane che si tenevano in questo periodo dell’anno. Nello
stesso modo la Pasqua venne istituita per sostituire le feste primaverili della fertilità.
Altre feste Cristiane furono create per prendere il posto di quelle in onore delle
divinità pagane locali. In questi casi la chiesa istituiva una festa dedicata al santo
patrono della zona, ed erigeva una chiesa, consacrata al nome del santo, Nello stesso
luogo di culto riservato precedentemente all'adorazione della divinità pagana. Le feste
esistenti così non furono vietate ma semplicemente riorientate. Alcuni riti pagani
sopravvissero ed alcuni scomparso il loro significato religioso, diventarono una
semplici forme di spettacolo.
IL DRAMMA LITURGICO
Per la rappresentazione dei primi drammi liturgici era necessaria una sola
MANSION —> palchetto
Ma i drammi più complessi utilizzavano molte mansion disposte in varie parti della
chiesa. Ogni mansion poteva variare per grandezza e ricchezza di particolari.
Ad esempio a volte bastava un semplice altare per rappresentare il sepolcro di Cristo.
Solo raramente le mansion venivano arricchite da particolari oggetti di scena. A volte
le mansion erano provviste di tende, in modo che i personaggi e gli oggetti potessero
essere rivelati al momento giusto o scomparire alla fine dell’episodio.
A volte si usava il coro della chiesa per rappresentare i luoghi superiori o celesti come
il paradiso, mentre la cripta veniva spesso usata per i luoghi inferiori come l’inferno.
Per i costumi di questi drammi si utilizzavano generalmente gli abiti talari, a cui
potevano essere aggiunti alcuni accessori realistici o simbolici.
I personaggi femminili indossavano generalmente un’ampia tunica con i cappucci
sollevati per coprire la testa. Gli angeli erano facilmente riconoscibili dalle ali che
potevano attaccare agli abiti talari.
Anche i re magi e i profeti erano vestiti con abiti ecclesiastici e spesso per facilitare
l'identificazione dei personaggi ognuno veniva caratterizzato da uno specifico oggetto
simbolico.
Nella maggior parte dei casi gli attori erano o i preti stessi oppure ragazzi del coro.
Nelle 13º secolo alcuni ruoli erano affidati agli studenti o ad allievi delle scuole.
Per tutto il periodo in cui questi drammi furono rappresentati nelle chiese, la maggior
parte delle battute venivano cantate piuttosto che recitate.
La maggior parte delle rappresentazioni allestite nelle chiese aveva un carattere serio
ma in alcuni drammi legati al Natale cominciarono ad insinuarsi elementi comici e
grotteschi. In questo periodo dell'anno si usava affidare in alcuni giorni la gestione e la
celebrazione di determinate festività ai membri del clero minore che organizzavano le
funzioni religiose all'interno delle chiese, allestivano processioni nelle città, E spesso
raccoglievano regali o compensi in denaro dal pubblico. La celebrazione del giorno di
Santo Stefano il 26 dicembre era riservata ai diaconi, la festa dei santi innocenti il 28
dicembre ai ragazzi del coro, e la festa della circoncisione il 1 gennaio, o
alternativamente il 6 o il 13 gennaio, ai suddiaconi. Una di queste feste, chiamata
comunemente la festa dei folli, fu particolarmente importante per la sviluppo della
commedia. L'attrattiva della festa consisteva nel sovvertimento dell'ordine stabilito,
che permetteva ai chierici di ridicolizzare i loro superiori e la routine della vita
ecclesiastica. In questa festa si trovano reminiscenze dei riti pagani, infatti molti
studiosi riconducono la festa dei folli alle antiche feste pagane. Nel corso della festa
era consentito suonare le campane della chiesa impropriamente, cantare stonando,
Indossare abiti stravaganti, portare maschere, e utilizzando inoltre budini, salsicce
vecchie scarpe al posto del turibolo.
La festa dei folli era governato da un vescovo folle che rappresentava l'autorità
ecclesiastica per tutto il periodo della festa. Non si sa con precisione in che periodo
ebbe inizio questo tipo di festa, ma verso la fine del 12º secolo era già diffusa.
Solo nel tardo medioevo si diffuse la pratica di rappresentare fuori dalle chiese,
all'aperto, i drammi religiosi.
Le rappresentazioni duravano spesso molti giorni e per la loro preparazione si
attingeva alle risorse dell'intera comunità cittadina.
La tesi più accreditata, il dramma in volgare si sarebbe formata attraverso un processo
graduale, in cui una serie di drammi liturgici brevi, una volta estrapolati dalla
funzione religiosa e rappresentati all'aperto, sarebbero stati accorpati per dare forma
a lunghi drammi i quali, prodotti insieme in lingua volgare, sarebbero stati messi
scena da laici.
La prova principale a sostegno di questa teoria è costituita dalla rappresentazione
d'Adamo. È un dramma proveniente dalla Francia la cui data di composizione è
fissato intorno al 1150. Le dettagliate didascalie fanno capire chiaramente che il
programma veniva rappresentata all’aperto, ma in prossimità della chiesa. Il testo è
diviso in tre parti principali:
- la prima tratta la storia di Adamo ed Eva
- La seconda tratta la storia di Caino e Abele
- La terza è un tradizionale dramma dei profeti in cui una serie di figure tratte dal
vecchio testamento annunciano la venuta di Cristo.
Nelle prime due parti il dialogo è in volgare, mentre le didascalie e i canti corali sono
in latino. Nell'ultima parte i passi della Bibbia recitati dai profeti sono riportati prima
in latino poi in volgare. Non si sa con certezza ne se gli attori fossero degli ecclesiastici
o dei laici né dove e quando esattamente questo dramma si è stato rappresentato.
Ciò che è certo è che tra il il 1200 e il1400 nelle rappresentazioni di drammi religiosi
si diffusero importanti innovazioni. Tra queste la pratica delle rappresentazioni
all'aperto che avvenivano soprattutto in primavera e in estate.
La nuova festa, chi ricevette la sanzione ufficiali da papa urbano quarto, Fu collocata
secondo il calendario liturgico in una data variabile tra il 23 maggio e il 24 giugno, e
verso la metà del 14º secolo venivano celebrati in tutta l’Europa.
Prima della fine del 14º secolo, l'organizzazione e il finanziamento di drammi religiosi
erano in larga parte sfuggiti al controllo della Chiesa e passati in mani laiche. I testi
comunque dovevano ancora ricevere l'approvazione dell'autorità ecclesiastica e
venivano messinscena in concomitanza con le feste religiose. Quindi la chiesa, benché
avessero ormai rinunciato in molti luoghi alla partecipazione diretta, continuò a
mantenere un’occhio vigile sul contenuto dei drammi e sulle loro rappresentazioni.
Gli attori erano perlopiù presi dalla popolazione locale. A York nel 1476 Quattro tra i
più bravi attori dovevano curare le audizioni di tutti coloro che desideravano recitare.
In Francia nel 1496 fu il sindaco a scegliere gli attori.
A lucerna nel 1583 tutti coloro che volevano fare gli attori dovevano presentarsi al
segretario municipale che avrebbe selezionato il cast con l'aiuto di un apposito
comitato.
Quando le rappresentazioni venivano replicate un attore poteva interpretare lo stesso
ruolo numero volte anche per anni.
La maggior parte degli attori veniva reclutato dal popolo ma a volte partecipavano
anche rappresentanti del clero e della nobiltà. Gli attori erano generalmente uomini o
ragazzi. Esistevano molti mezzi per assicurarsi la disciplina degli attori. A lucerna nel
1583 ad ogni attore erano concessi 14 giorni per decidere si desiderava accettare la
parte, Ma quando con il suo consenso la accettava era costretto ad un giuramento che
doveva recitare fino alla fine delle rappresentazioni.
Il tempo riservata alle prove non era molto, Da due a cinque prove erano considerato
il numero più che sufficiente per la messinscena di ogni dramma.
Gli attori indossavano sulla scena abiti medievali adeguati al ruolo del loro
personaggio. I soldati romani ad esempio indossavano l'armatura medievale mentre i
sacerdoti ebrei vestivano gli abiti talare dei preti cattolici dio era vestito con un un
imperatore o come il papa. E gli angeli indossavano le tuniche ecclesiastiche a cui
venivano attaccate le ali. I personaggi più importanti si ho maniche di vini, erano in
genere connotati da un simbolo divino che li identificava
ESEMPIO: l'arcangelo Michele aveva una spada di fuoco
I diavoli venivano rappresentati come animali rapaci, Come mostri o come creature
con code, corna e artigli.
In molti casi gli attori stessi dovevano provvedere ai loro costumi, a meno che non
dovessero indossare abiti molto diversi dai vestiti normali dell’epoca.
IL PALCOSCENICO
LA SCENOGRAFIA
Lo spazio dell'azione teatrale era composto da due elementi fondamentali:
1. La Mansion
2. La platea
Nel dramma messo in scena a lucerna nel 1583, ad esempio, sono indicati circa 70
luoghi diversi ma pare che fossero state mpiegate soltanto 38 mansions.
Non sempre il luogo raffigurato era chiaramente riconoscibile. Infatti all'inizio di ogni
giornata il direttore si presentava al pubblico e forniva, tra le altre informazioni,
anche la spiegazione di quello che le varie strutture sceniche rappresentavano.
Talvolta su ogni mansion venivano messi dei cartelli esplicativi.
I due luoghi maggiormente rappresentati erano il paradiso e l’inferno.
Di tutte le mansion il paradiso è quello più difficile da ricostruire in base ai documenti
disponibili. Era infatti la scena che più colpi di più il pubblico per il suo splendore e la
sua magnificenza.
Nel 15º e 16º secolo il paradiso sovrastava generalmente le altre mansions , e di regola
era montato sopra una struttura che rappresentava il Paradiso terrestre.
La mansion del Paradiso doveva essere di grandi dimensioni infatti spesso poteva
contenere molti personaggi. A volte comprendeva un complicato congegno di sfere
girevoli e l'intero complesso era spesso abbellito e illuminato da torce nascoste che
creavano l'effetto di una luce dorata emanante dal luogo celeste.
In alcuni casi il paradiso poteva aprirsi e chiudersi al momento opportuno e grazie a
delle apposite macchine gli angeli potevano volare tra il cielo e la terra.
Nelle rappresentazioni più modeste, Per questo scopo si usavano delle scale che certe
volte erano visibili e altre volte nascoste.
L'Inferno veniva reso nel modo più terrificante possibile. Era collocato più in basso
rispetto al paradiso. A volte era rappresentato da una cittadella fortificata, Era diviso
in quattro sezioni
1. Il limbo dei profeti e dei patriarchi biblici che non potevano ascendere al cielo
prima della venuta del Cristo,
1.a il limbo dei bambini morti senza battesimo
2. Il purgatorio
3. La fossa dell’inferno, posta generalmente sotto il livello del palco.
Le mansion che rappresentano i vari terreni erano più semplici, perché la loro
complessità dipendeva sempre dalle esigenze sceniche. Erano di forma e grandezza
variabile:
- esagonali
- Quadrate
- Rettangolari
In genere erano arredate con letti, panche, tavole, altari o troni.
Sopra il palco spesso veniva appesa una tenda che rappresentava il cielo con il Sole, la
luna e le stelle.
Per fare tutto ciò, gli artigiani venivano chiamati anche da fuori per l’occasione.
I palcoscenici fissi erano spesso addossati ai palazzi in modo che sui tetti, nascosti
dalle nuvole colorate o dai teloni del cielo potessero essere installati le carrucole.
(esempio) Con le carrucole gli angeli potevano scendere in volo sulla terra.
Come effetto speciale possiamo trovare anche le botole, che consentivano improvvise
apparizioni e sparizioni.
L'acqua era un elemento scenico molto importante e una delle realizzazioni più
impressionanti era quella del diluvio universale. Per questa scena a Mons nel 1501
l'acqua necessaria fu raccolta in barili sistemati sui tetti delle case adiacenti in modo
da permettere uno scroscio di pioggia continua per cinque minuti consecutivi.
Nelle scene di tortura e nelle esecuzioni capitali venivano sostituiti gli attori con dei
fantocci.
Venivano utilizzate anche molte figure di animali: a volte si mandavano in scena
animali veri, Ma la maggior parte delle volte si trattava di attori travestiti.
LA FARSA
1. Le SOTTIES
2. I SERMONS JOYEUX
In Germania la farsa nasceva dai divertimenti delle feste popolari che precedono la
Quaresima.
La moralità è il genere teatrale profano più vicino al dramma sacro. I suoi precedenti
immediati, almeno in Inghilterra, possono probabilmente essere individuati nei
drammi tratti dalla preghiera padre nostro.
Molti drammi tratti dal padre nostro furono messi in scena dei comuni o dalle
corporazioni di arti e mestieri secondo le stesse modalità previste per i drammi ciclici
religiosi. Sfortunatamente non è sopravvissuto nessun dramma di questo tipo. La
moralità si sviluppò come forma autonoma tre 1400 e 1500.
Per quanto riguarda la messinscena la moralità iniziava con un prologo Dove due
araldi illustrano l'azione al pubblico e annunciano che il dramma avrà luogo a partire
dalle nove del mattino una settimana dopo l’annuncio. Al centro della scena eretto un
edificio che simboleggiava il castello. All'inizio gli interpreti delle moralità furono
probabilmente dei dilettanti, che gradualmente, in particolar modo Inghilterra,
vennero sostituiti da attori professionisti.
Costumi di alcuni personaggi:
1. La misericordia
2. La parentela
3. Le buone azioni
4. La fama, aveva occhi, orecchie e lingue dipinti dappertutto
5. La vanità era coperto di penne variopinte
6. La ricchezza è ornato di monete d'oro e d argento
INTERLUDES
Nel corso del 15º secolo la recitazione cominciò ad essere riconosciuta come
un'attività a se, distinta dalle altre forme di intrattenimento esercitate dai giullari.
Per un attore il mezzo di sussistenza più sicuro era entrare a far parte della corte di
nobile.
Il luogo in cui generalmente gli interludes venivano messi in scena era la sala dei
banchetti di un palazzo signorile.
Gli interludes venivano rappresentati anche nel corso delle feste organizzati in
occasione dei tornei. I tornei cominciarono ad avere luogo nel 10º secolo e furono
istituiti per addestrare i cavalieri alle battaglie militari.
Nel corso del 16º secolo i generi teatrali caratteristici del medioevo scomparvero quasi
completamente malgrado la loro popolarità e la loro diffusione. I motivi di questa
scomparsa sono numerosi, ma forse il più significativo fu l'indebolimento dell'autorità
della Chiesa, prima lacerata da controversie interne che portarono al trasferimento
della sede papale da Roma ad Avignone e poi attaccata dalla riforma protestante.
In Inghilterra, La rottura di Enrico VIII con la Chiesa romana, 1000 1534, provocò
dispute feroci che utilizzarono anche le rappresentazioni teatrali come armi per
attaccare O difendere particolari dogmi religiosi. Per tentare di sedare i conflitti,
Elisabetta I salita al trono nel 1558 proibiti tutti drammi religiosi.
Nei Paesi Bassi, come si è visto, era stata imposta nel 1539 l'autorizzazione preventiva
per la rappresentazione dei drammi religiosi che vennero così progressivamente
abbandonati.
Il dramma rinascimentale
Tra il 1200 E il 1400 l'Italia, collocata per la sua posizione geografica al centro degli
scambi culturali e commerciali con l'impero bizantino e con l'Islam, conosce una
profonda trasformazione politica e un radicale rinnovamento culturale. Nell'Italia
meridionale si insedia con il favore del Papa il regno angioino 1266, Che si sostituisce
al governo degli svevi.
Nell'Italia settentrionale e centrale il sistema politico delle città stato comunali si
trasforma in quello delle signorie:
- I Visconti a Milano
- Gli scaligeri a Verona
- Gli Estensi a Ferrara
- I Gonzaga a Mantova
- I medici a Firenze
Le forme della pittura medievale si rinnovano con l'opera di Giotto e nuovi modelli
culturali nascono dalla poesia di Dante, dagli studi filologici e dalle rime del Petrarca,
dalla narrativa del Boccaccio.
Diversi celebri umanisti, Tra cui Leon battista Alberti ed Enea Silvio Piccolomini,
Proseguirono nel secolo successivo I tentativi di riprodurre il modello del dramma
latino.
Nel corso del quattrocento, la conoscenza del teatro classico continuò ad estendersi.
Nelle 1429 furono ritrovate 12 commedie di Plauto.
Nelle 1453 in seguito alla caduta di Costantinopoli, molti studiosi bizantini si
rifugiarono in Italia portando con sé numerosi manoscritti dei drammi greci.
Nel 1465 l'introduzione della stampa in Italia rese possibile una diffusione dei testi
classici e tra il 1472 e il 1518 furono pubblicate tutte le opere drammatiche greche e
latine allora conosciute.
In questo periodo l'interesse per il teatro classico, che fino al tardo quattrocento era
rimasto limitato soprattutto agli ambienti accademici, si diffuse in tutte le corti
italiane.
Verso la fine del secolo i principi italiani cominciarono a proteggere gli autori teatrali
e a finanziare le rappresentazioni delle opere latine e delle loro imitazioni.
L'esigenza di rendere le opere più accessibili ai lettori e agli spettatori di corte favori la
traduzione italiana dei testi teatrali antichi e poi la creazione di commedie e tragedie
in volgare. La prima commedia scritta a imitazione di modelli classici, ma in italiano,
fu la cassaria di Ludovico Ariosto 1474 -1533, rappresentata nel marzo del 1508 alla
corte di Ferrara, che possedeva ormai una consolidata tradizione nell'allestimento
degli spettacoli teatrali. Già nel 1486, in occasione del carnevale, era stato infatti
organizzata nel cortile del palazzo una rappresentazione dei Menecmi di Plauto, a cui
seguirono negli anni successivi altri commenti di Plauto e di Terenzio. Dal 1491 le
rappresentazioni avvennero in una sala interna del palazzo, appositamente allestita. I
testi inizialmente erano recitati il latino. Poi vennero utilizzate delle versioni in
volgare. Alcune di queste traduzioni delle commedie di Plauto e di Terenzio furono
opera dell’Ariosto, che non solo assisteva gli spettacoli, ma talvolta vi partecipava
come attore.
La Cassaria riprendeva nella trama il modello classico delle vicende di una coppia di
innamorati che riescono finalmente a unirsi con la scoperta della vera origine della
fanciulla, falsamente ritenuta di umile condizione.
L'opera, In cinque atti, fu scritta e rappresentata in prosa, successivamente riscritta
dall'autore in versi.
All'Ariosto si devono altre quattro commedie, tutte scritte in italiano:
- i suppositi
- Il negromante
- I studenti
- La lena
La produzione drammatica dell’ariosto fu largamente conosciuta ammirata.
Ma il vero e proprio dramma pastorale apparve solo più tardi, Nella seconda metà del
cinquecento. Il primo esempio è il sacrifizio di Agostino Beccari, rappresentato nel
1554 con le musiche di Alfonso della viola nel palazzo di Francesco d’este a Ferrara.
L'opera racconta le vicende amorosa di pastori, ninfee e satiri nelle regioni
dell’Arcadia.
Due drammi pastorali più celebri sono l’Aminta di Torquato tasso 1544-1595
rappresentata nel 1573 e Il Pastor fido di Giovan battista Guarini 1538-1612.
Queste due opere diventarono i modelli del genere, Ammirati e imitati in tutta
l’Europa. Accanto alla produzione colta, ispirata a modelli classici fiorirono nel teatro
italiano del cinquecento composizioni più rozze per un pubblico più ampio e
popolare.
Nella seconda metà del cinquecento la vita culturale italiana entrò in una nuova fase.
Mentre in campo economico si avvertivano gli effetti della perdita della posizione
centrale nei commerci internazionali di quelli l’Italia aveva goduto fino alla caduta
dell'impero bizantino, la Chiesa cattolica conduceva un'affermazione di controllo
culturale diretta a circoscrivere e a eliminare l'influenza della riforma protestante.
Fu compilato l'indice dei libri proibiti, Di cui erano vietate la lettura la diffusione el a
stampa E vennero adottate numerose altre misure volte a stabilire limiti precisi alla
libertà di coscienza e di ricerca. In questo clima, Si formavano i primi elementi della
cultura barocca chi si sarebbe sviluppata nel seicento.
Nel medioevo la poetica, Era stata ignorata nel mondo culturale latino. Nel 1498
Giorgio valla curò la traduzione latina della poetica di Aristotele. La prima versione
italiana apparve una cinquantina d'anni dopo. L'autorità dell'opera filosofica di
Aristotele Venne rafforzato dal concilio di Trento che assunse l'insegnamento di San
Tommaso, ampiamente ispirato alla filosofia aristotelica, Come fondamento per la
dottrina ufficiale della Chiesa.
L'Esigenza principale era quella della verosimiglianza per cui gli autori dei drammi
dovevano parlare di soggetti gli avvenimenti se non storicamente veri, comunque
secondo le regole e le caratteristiche degli avvenimenti reali. Eventi soprannaturali O
immaginari dovevano perciò essere evitati a meno che non fossero di origine
mitologica O dalla Bibbia.
Alla fine del cinquecento nacque l'opera lirica dalla camerata Fiorentina, Una delle
numerose accademiche fiorirono in Italia nel Rinascimento, raccogliendo studiosi
artisti uniti dai comuni interessi culturali. La loro prima opera lirica fu Dafne con il
testo di Ottavio riuncini E la musica di Jacopo peri. Il dialogo i passaggi corali
venivano recitati o cantati Sulla base dell'accompagnamento musicale. Dopo questo
semplice inizio, L'opera lirica si sviluppò come una delle maggiori forme artistiche del
periodo barocco.
Nel 1637 ci fu a Venezia inaugurazione di un teatro dell’opera. L'opera ebbe un
successo enorme tante che da Venezia si diffuse prima in tutta Italia poi nel resto
dell’Europa. Il primo grande compositore fu Claudio Monteverdi con l'opera Orfeo.
LO SVILUPPO DELLE NUOVE PRATICHE SCENICHE
Niccolò Sabbatini 1574-1654 nella sua ‘ pratica di fabbricar scene e macchine ne’
teatri’ 1673, una delle più importanti fonti di informazione sulle pratiche sceniche del
17º secolo, elenca tre metodi per cambiare rapidamente le scene a vista.
Uno ricorreva all'uso solito dei PERIAKTOI e gli altri due utilizzavano meccanismi
particolari per il cambiamento delle quinte angolari.
1. Il primo sistema prevedeva l'uso di quinte mobili che venivano fatte scivolare via
per rivelare quelle di dietro.
2. Il secondo utilizzava delle tele dipinte che inserite velocemente davanti alle quinte
fisse, coprivano la scena precedente e mostravano quella successiva.
3. L'ultima soluzione richiedeva la sostituzione di tutte le quinte angolari con quinte
piatte e questa innovazione fu resa possibile dagli sviluppi del disegno prospettico.
Nel 16º secolo le quinte angolari venivano dipinte dopo essere state sistemate sul
palcoscenico, nella loro posizione definitiva.
Il punto di fuga veniva fissato sulla parete di fondo del palco, in un punto preciso. li
agganciava una fune che veniva quindi tesa verso il basso ed era usata per
determinare l'altezza e le dimensioni relative di tutti i particolari che dovevano essere
dipinti sulle quinte angolari. Il disegno era semplice.
Con l'apertura di teatri d'opera veneziani a partire dal 1637 lo splendore degli
allestimenti teatrali fu accessibile al grande pubblico E il gusto per le innovazioni
scenografiche dall'opera lirica si estese alle altre forme drammatiche.
Verso la fine delle 17º secolo le pratiche sceniche italiane erano state adottate ormai
nei paesi di tutta l’Europa.
L’ARCHITETTURA TEATRALE
Il teatro pubblico professionale comincia ad emergere in Italia nella seconda metà del
16º secolo. Il primo documento relativo ad un Teatro pubblico risale al 1565 a
Venezia. Verso l'inizio del 17º secolo esisteva già un certo numero di sale pubbliche
anche se si trattava di edifici molto semplici. Le principali innovazioni architettoniche
furono introdotte solo dopo il 1637 quando l'opera lirica comincia ad essere
rappresentata da compagnie di professionisti. Venezia del resto era il luogo più adatto
allo sviluppo del teatro pubblico, perché era l'unica importante città italiana a non
essere governata da un principe. L'area riservata agli spettatori nel teatro d'opera
veneziano fu progettata in modo da incoraggiare l'affluenza di un pubblico che
comprendesse tutte le classi sociali ma garantisse comunque a chi lo desiderava una
certa intimità. Il successo del primo teatro pubblico il san cassian fu tale che intorno
al 1641 furono aperti altri tre teatri. I primi due piani del teatro pubblico erano i più
costosi ed erano frequentati dalle classi più ricche, gli ultimi tre erano destinati alle
persone di rango inferiore.
LA MUSICA , LA DANZA, GLI EFFETTI SCENOGRAFICI
La musica e la danza erano parti integranti delle cerimonie, delle feste e delle
rappresentazioni teatrali italiane. La musica poteva essere sia vocale che strumentale,
suonata come assolo o con varie combinazioni orchestrali. Prima del 1600 costituiva
l'elemento predominante degli intermezzi e accompagnava le numerose canzoni, Le
danze, E gran parte dell'azione scenica chi era prevalentemente eseguita informa di
pantomima. Si usava suonare la musica Durante i cambi di scena per riempire gli
intervalli E per coprire i rumori provocati dalle macchine.
Con l'opera lirica la musica comincia ad assumere un ruolo preminente. Molti spartiti
di questo periodo sono sopravvissuti, ma sfortunatamente siamo in grado di associare
ben pochi brani musicali ad una rappresentazione specifica.
La stessa considerazione vale ancora di più per la danza, Che non disponeva neanche
dell'equivalente di uno spartito. Ciò che rimane sono solo alcuni dipinti e resoconti
scritti. In questo periodo furono poste le basi del balletto, una forma di spettacolo.
Altri effetti scenici erano realizzati grazie alle botole situate sotto il pavimento del
palco. La popolarità delle scene marine stimola l'invenzione di numerosi congegni atti
a simulare le onde del mare. Talvolta veniva fatto ondeggiare ritmicamente in alto in
basso un grande lenzuolo di tela dipinto, altre volte si muoveva una serie di pannelli
sagomati a forma di onde. Sulle onde marine navigavano navi e nuotavano balene e
delfini. Per creare questo tipo di effetto, si montavano delle sagome in miniatura in
cima a dei pali che venivano mossi operando sotto il palcoscenico. Quando le navi
dovevano portare un grosso carico di persone, si muovevano sul palcoscenico tirate da
fumi nascoste.
Il sipario era usato per occultare i prodigiosi congegni scenici E per aumentare la
sorpresa quando venivano improvvisamente rivelati.
Si tirava il sipario solo all’ inizio della rappresentazione e mai per segnare la chiusura
degli atti. Nei primi tempi, il sipario veniva lasciato cadere al suolo ma questo sistema
risultò poco sicuro e alla fine fu dotato un tipo di sipario che scompariva salendo
dietro la parte superiore dell'arco di proscenio dove veniva arrotolato.
L’ILLUMINAZIONE TEATRALE
LA COMMEDIA DELL’ARTE
- il giovane innamorato era spesso contrastato nel suo amore da un uomo più
anziano, talvolta suo padre,.
- L'innamorata secondo lo schema, veniva corteggiata da due pretendenti, uno
giovane e uno anziano.
Tra gli zanni, arlecchino era la maschera più popolare della seconda metà del 17º
secolo. Il costume degli zanni fu sottoposta a molti cambiamenti. Originariamente era
vestito di cenci, con toppe, Sulla testa calva, aveva un cappello di feltro. Aveva una
maschera nera E al posto della spada aveva una spatola di legno.
Le compagnie erano di solito formate da 10 o 12 membri, 7-8 uomini e tre o quattro
donne. Una compagnia generalmente comprendeva:
1. 2 coppie di innamorati
2. Una fantesca
3. Un capitano
4. Due zanni
5. Due vecchi.
Sotto i tutor, che riportarono la stabilità politica dopo la guerra dei cent'anni tra
l'Inghilterra la Francia 1337-1453 e la guerra delle due rose tra la casa di York e
quella di Lancaster 1455-1485, la cultura rinascimentale cominciò a diffondersi anche
in Inghilterra.
In questo periodo furono invitati alla corte di Enrico VIII, diversi umanisti italiani che
promossero lo studio delle opere classiche la cui influenza comincia a farsi sentire in
tutti campi della cultura E Quindi anche nella letteratura drammatica.
Il più antico interlude inglese rimasto, FULGENZIO E LUCREZIA 1497 di henry
medwall, risente infatti dell'influsso della cultura umanistica.
L'umanesimo esercitò la propria influenza Sulla produzione drammatica soprattutto
attraverso le scuole e l’università. Una figura chiave fu quella di John Collet che fondò
la saint Paul School intorno al 1512. In tutte le scuole che avvertirono dell'influenza
di Collet divenne presto abituale non solo studiare ma anche rappresentare drammi
che potevano essere antichi testi classici oppure imitazioni . le prime rappresentazioni
furono allestite all'Università di Cambridge verso il 1520 e presto diventarono
comuni anche in altre scuole.
Di tutte le commedie prodotte nelle Università le più conosciute sono:
1. Ralph Roister Doister
2. Gammer gorton’s needle
Entrambi sono stati scritte in inglese, ma seguono la tecnica compositiva della
commedia latina.
Sullo sviluppo del dramma inglese nell'ultima parte del cinquecento influirono
profondamente le controversie politiche e religiose che infuriarono da quando, nel
1534 Enrico VIII ruppe i rapporti con la Chiesa di Roma. Alla sua morte, dopo il
regno di Edoardo VI salì al trono Maria I detta la sanguinaria che perseguitò
ferocemente i protestanti. Le successe Elisabetta I che riprese la politica anti cattolica
di Enrico VIII E nel 1588 respinse l'attacco della flotta inviata contro l'Inghilterra da
Filippo Secondo, Re di Spagna. Il trionfo sulla flotta spagnola rese il protestantesimo
inglese relativamente sicuro
"Thomas Kyd è rimasto famoso sopratutto per la sua ‘the Spanish tragedy’ (la
tragedia spagnola 1587) che fu il dramma più popolare del sedicesimo secolo.
Raccontando una storia sensazionale di delitti e di vendette, kid collocava tutti gli
eventi più importanti sulla scena e utilizzava gli espedienti tipici del dramma
senechiano come i fantasmi , il coro, i soliloqui e i confidenti.
Ma sopratutto Kyd riusciva a costruire un’azione rapida, chiara e coinvolgente.
Christopher Marlowe (1564-1593), dopo aver terminato gli studi classici a
Cambridge, cominciò a scrivere diversi drammi per il teatro pubblico, tra cui Doctor
Faustus ed Edward II. Il suo Edward 2 fu particolarmente importante per lo
sviluppo del dramma storico. Marlowe infatti utilizzò eventi storici diversi,
modificandoli, alterandoli e combinandoli in modo da costruire una vicenda coerente
in cui gli avvenimenti sembrano svolgersi secondo un nesso di successione causale. Ma
Marlowe fu soprattutto un grande poeta, e contribuì in modo determinante, tra gli
autori che precedettero Shakespeare, a rendere il blank verse (decasillabo non rimato)
un efficace strumento per la scrittura drammatica.
John Lyly (c. 1554-1606) scriveva principalmente per le compagnie dei ragazzi che si
rivolgevano in particolare a un pubblico aristocratico. Le sue opere più caratteristiche
sono i drammi pastorali, in cui i temi e le figure della mitologia classica si mescolano a
precisi riferimenti alla vita inglese contemporanea. Il mondo delle sue opere è un
mondo fatato dove qualunque problema svanisce al leggero oscillare di una bacchetta
magica. Tra i suoi lavori più caratteristici si collocano:
-Campaspe (Campaspe, 1584),
- Endimion(Endimione, c. 1588),
- Lové's Metamorphosis (Metamorfosi d'amore, c. 1590).
Queste delicate commedie pastorali costituiscono in parte il sostrato tradizionale a
cui Shakespeare si ispirò nella stesura di As You Like It (Come vi piace) e di A
Midsummer Nights Dream (Sogno di una notte di mezza estate)
Intorno al 1590 erano quindi apparsi diversi autori che con le loro opere avevano
colmato la distanza che separava i gusti del pubblico colto da quelli del pubblico
popolare. La fusione degli elementi del teatro classico e del teatro medioevale con
temi, figure e materiali tratti dalle fonti più diverse, che si realizzò nelle loro
opere, stabilì le fondamenta su cui Shakespeare e i suoi contemporanei costruirono il
nuovo dramma.
Nei diciotto anni successivi Shakespeare recito e scrisse esclusivamente per questa
compagnia: Quando nel 1599 la compagnia costruì il proprio teatro, il Globe,
Shakespeare divenne uno dei comproprietari dell'edificio. La sua attività di autore,
attore e azionista doveva comunque rendere bene se già nel 1597 Shakespeare
aveva potuto acquistare un'ampia casa a Stratford, dove avrebbe
definitivamente fissato la sua residenza nel 1610. Alla sua morte aveva ormai
raggiunto la condizione di ricco gentiluomo.
Probabilmente Shakespeare cominciò a scrivere per il teatro verso il 1590,
componendo complessivamente almeno trentasei drammi. Durante la sua vita ne
furono pubblicati sedici, separatamente, ma si tratta di testi estremamente scorretti,
sicuramente non rivisti dall'autore, e in parte stesi «a memoria» da qualche attore
corrotto dall'editore. Ma nel 1623 Heminges e Condell, della compagnia dei King's
Men, pubblicarono l'intero corpus drammatico shakespeariano. Il volume (conosciuto
come primo in folio) aggiungeva ai sedici drammi già stampati, ma qui riportati in
una versione più corretta, altri venti testi.
Le trentasei opere erano raccolte in tre gruppi, rispettivamente:
- commedie
- drammi storici
- Tragedie
Senza alcuna considerazione per la cronologia della loro composizione. È stato
possibile ricostruire, ipoteticamente i vari periodi in cui i drammi sono stati scritti,
raggiungendo un ampio consenso tra gli studiosi.
Sembra certo che Shakespeare abbia scritto una tetralogia di drammi storici costruita
dalle tre parti di Henry VI e da Richard III.
Seguì King jhon e quindi tra il 1595 e il 1598 una seconda tetralogia.
Le prime commedie:
- pene d’amor perdute
- La commedia degli equivoci
- La bisbetica domata
- I due gentiluomini di Verona
Furono probabilmente scritte tra il 1592 e il 1595. In seguito tra il 1595 e il 1599
apparvero:
- sogno di una notte di mezza estate
- Molto rumore per nulla
- Come vi piace
- Il mercante di Venezia
- La notte dell’epifania
Verso il 1599 venne rappresentato:
- le allegre comari di Windsor
- Tutto è bene quello che finisce bene
- Misura per misura
Degli ultimi anni sono Pericle, Cimbellino, il racconto d’inverno e la tempesta.
Le tragedie:
-Romeo e Giulietta
- giulio cesare
- Amleto
- Otello
- Re lear
- machbeth
- Antonio e cleopatra
- Coroliano
- Timone di atene
Le fonti delle trame di Shakespeare sono diversissime vanno dalla storia, alla
mitologia, dalla leggenda alla letteratura. Quasi tutti i drammi associano parti in
prosa e parti in versi sciolti e in rima. Non sono suddivisi in atti ma in numerosi
episodi attraverso cui l’azione spazia liberamente senza rispettare le unità di tempo e
di luogo. I personaggi sono numerosi. Poche però sono le parti femminili in ogni
dramma, in genere non sono più di due o di tre.
I diversi personaggi sono tutti estremamente ben caratterizzati, anche quando non
pronunciano che poche battute. L'azione, spesso complessa e arricchita da trame
parallele, è incalzante. Il ricorso alla narrazione è pressoché assente, e la storia si svolge
interamente sullo spazio scenico, davanti agli occhi degli spettatori.
Il genio di Shakespeare fu riconosciuto già dai suoi contemporanei, e prima della fine del
cinquecento c'era chi lo proclamava «autore eccellentissimo tanto nel genere comico che
in quello tragico». La sua celebrità sarebbe cresciuta per tutto il corso del seicento,
confermata dai giudizi di Ben Jonson, John Dryden e dei più importanti letterati del
tempo.
Jonson si guadagnò presto il favore del re e della corte, per cui scrisse numerosissimi
masques, e nel 1616 ottenne una pensione reale che fece di lui il primo «poet
laureate» d'Inghilterra, un titolo onorario attribuito ad un poeta scelto direttamente
dal sovrano, a cui veniva concessa una pensione a vita. Jonson contribuì in modo
determinante a mutare l'atteggiamento verso il teatro, considerato fino ad allora come
un semplice intrattenimento. Nel 1616 diede alle stampe un'accurata raccolta di tutte
le sue opere drammatiche, estendendo così al teatro una pratica fino ad allora
riservata sol tanto alla poesia.
Jonson fu quindi, per diversi aspetti, il drammaturgo più influente del suo tempo.
Shakespeare e Jonson erano circondati da una schiera di scrittori meno celebri, di cui
ricordiamo i più importanti:
George
Chapman (c. 1560-1634)
John Marston (1576-1634)
Thomas Dekker (c. 1572-c. 1632),
Thomas Heywood (c. 1574-1641),
Thomas Middleton (1580-1627)
Cyril Tourneur (1579/80-1625/26).
John Webster (c. 1580-c. 1630) scrisse circa 14 drammi, alcuni in collaborazione con
Dekker, Heywood, Middleton e Rowley, ma è ricordato soprattutto per
The White Devil (Il diavolo bianco, c.1610)
The Duchess of Malfi (La duchessa di Amalfi, 1613-1614).
Gli Stuart, che successero alla dinastia Tudor nel 1603, ribadirono l'autorità del
governo centrale sul teatro. Durante il regno di Giacomo 1 (che regnò dal 1603 al
1625) e di Carlo I (che regnò dal 1625 al 1649) le licenze concesse alle compagnie che
operavano a Londra precisavano anche i luoghi della città in cui i gruppi potevano
recitare. Fino al 1608, infatti, tutti i teatri stabili di Londra erano situati fuori dai
confini cittadini, e solo quando la corona si assunse il diritto di stabilire i luoghi precisi
in cui gli attori
potevano recitare le compagnie cominciarono a trasferirsi all'interno della città.
Il Master of Revels, che sovrintendeva all'attività teatrale, ricavava da questa funzione
proventi tali che il suo divenne uno degli incarichi più ambiti. I proventi inoltre
aumentarono con il passare del tempo, per cui verso il 1630 Sir Henry Herbert
riceveva due sterline per l'autorizzazione concessa a ogni testo teatrale, tre sterline al
mese per la licenza concessa a ogni teatro, e in più esigeva ogni anno l'intero incasso
di due serate di tute le compagnie residenti a Londra. I proventi annuali erano cosi
pari a 4.000 sterline,
una somma enorme per quei tempi.
LE COMPAGNIE TEATRALI
Ogni altore azionista di una compagnia reale riceveva inoltre dal suo protettore
compenso annuale e un indennità per il vitto e l’alloggio. Occasionalmente alla
compagnia venivano elargiti finanziamenti particolari, per acquistare nuovi costumi
o per contribuire al mantenimento degli attori nei periodi in cui non era possibile
dare rappresentazioni pubbliche. In cambio agli attori veniva chiesto di collaborare
all'allestimento dei masques di corte e di recitare in particolari occasioni ufficiali.
La maggior parte degli spettacoli di corte allestiti da compagnie professionali aveva
luogo di sera per evitare 'interferenza con gli spettacoli pubblici che venivano
presentati di pomeriggio. Poiche, in genere, le compagnie rappresentavano gli stessi
drammi sia a corte che per gli spettatori paganti, in Inghilterra non si verificò come in
Italia, una netta divisione tra il teatro di corte e il teatro
pubblico. Alcuni studiosi, tuttavia, hanno sostenuto che proprio la crescente
attenzione degli attori al gusto della corte fu una delle cause del declino del dramma
inglese dopo il 1610.
Il sostentamento delle compagnie era comunque basato principalmente sui proventi
degli spettacoli rappresentati nei teatri pubblici. L'allestimento di queste produzioni
richiedeva però ingenti finanziamenti. La maggior parte delle formazioni teatrali, tra
il 1558 e il 1642, era organizzata sulla base di un sistema a partecipazione mista, che
prevedeva la divisione dei rischi finanziari e dei profitti fra tutti gli attori che,
avendone acquistato le quote, erano diventati comproprietari dell'impresa. Per
diventare azionista un attore doveva impegnare una notevole somma di
denaro, che gli veniva rimborsata quando si ritirava. In caso di morte veniva
rimborsata ai suoi eredi, Non tutti gli attori comunque erano azionisti e non tutti
possedevano quote della medesima entità, ma non appena qualcuno si faceva
apprezzare per il suo talento ed incominciava ad assumere una certa importanza nella
compagnia, veniva invitato a diventare azionista. Questo era infatti l'unico modo per
assicurarsi il suo servizio continuativo e la sua fedeltà.
È difficile calcolare con qualche precisione le possibili entrate
di un attore azionista, poiché le pratiche finanziarie erano molto complesse. Dopo
ogni rappresentazione, gli azionisti si dividevano quanto rimaneva dell'incasso corale,
da cui erano state precedentemente detratte tutte le spese, che includevano il
compenso degli autori, la paga degli attori non azionisti, e la copertura del fondo da
cui si attingeva per l'acquisto di costumi, oggetti di scena e di altri materiali.
In un processo del 1635 un testimone dichiarò che gli azionisti della compagnia dei
King's Men guadagnavano circa 180 sterline all’anno mentre gli attori stessi fornivano
una stima dei loro guadagni che si aggirava intorno alle 50 sterline. Anche
quest'ultima cifra rappresentava comunque il doppio dello stipendio medio di un
maestro di scuola del tempo.
I membri adulti non azionisti della compagnia, ossia i salariati, non se la passavano
così bene; non godevano infatti dei privilegi concessi dai protettori reali agli attori
azionisti, perché erano considerati dipendenti di questi ultimi. I salariati lavoravano
protetti da contratti che garantivano una paga settimanale che andava dai 5 ai 10
scellini, anche se alcuni documenti dimostrano che le somme pagate erano
frequentemente inferiori a quanto era stato pattuito. In realtà la maggior parte dei
salariati doveva essere veramente molto povera. Inoltre, mentre i ruoli principali
erano interpretati dagli attori azionisti, ai salariati spettavano solo le parti
minori, e venivano utilizzati anche come suggeritori, guardarobieri, macchinisti e
musicisti. La compagnia comprendeva solitamente anche quattro o cinque giovani
apprendisti. Generalmente si ritiene che tutte le parti femminili fossero interpretate da
ragazzi, ma ciò non è sicuro. Le parti delle donne più anziane, soprattutto quelle
comiche, venivano forse interpretate da uomini adulti.
Si sa molto poco degli apprendisti. Potevano iniziare a un'età
che, secondo stime diverse, variava dai sei ai quattordici anni, e la lunghezza del
periodo dell'apprendistato andava dai tre ai dodici anni. Gli apprendisti vivevano con
i loro maestri, i quali si impegnavano ad educarli, a insegnar loro il mestiere, e a
provvedere al loro sostentamento. Per queste prestazioni extra la compagnia pagava i
maestri dai tre ai sette scellini la settimana.
Solo alcuni di questi apprendisti, però, diventavano attori professionisti, perché molti
raggiunta la maturità sceglievano altre professioni.
Oltre alle compagnie di adulti, esistevano diverse compagnie di ragazzi che nel
sedicesimo secolo erano formate quasi interamente dai ragazzi del coro delle cappelle
reali o delle cattedrali, Ai ragazzi veniva assicurata una buona istruzione, ma spesso,
con lo scopo apparente di insegnare loro dizione e contegno, i maestri sfruttavano i
talenti dei loro giovani studenti facendoli recitare nelle rappresentacioni pubbliche. Le
compagnie di ragazzi furono particolarmente famose dal 1576 al 1584, e poi ancora
dal 1600 fino al 1610.
il' migliore fu la compagnia dei Chapel Boys, chiamata dopo
Il 1604 queen’s Revels, che operò tra il 1600 e il 1608. I più noti autori dell'epoca, ad
eccezione di Shakespeare, scrissero per questa compagnia, che si rivolgeva ad un
pubblico più colto e sofisticato di quello delle compagnie di adulti.
Sullo stile recitativo dell'attore elisabettiano si possono fare solo congetture: alcuni
studiosi lo hanno definito uno stile convenzionale ed altri «realistico». Alcune
particolari condizioni del teatro di allora - come l'interpretazione di ruoli femminili da
parte di uomini, lo stile non realistico dei copioni, il linguaggio estremamente
convenzionale della scenografia, e l'ampiezza del repertorio che non avrebbe potuto
facilmente consentire caratterizzazioni dettagliate - possono far pensare ad uno stile
necessariamente stilizrato. L'ipotesi opposta si basa su una diversa serie di
considerazioni: ad esempio i «consigli agli attori» nell'Amleto di Shakespeare;
i riferimenti contemporanei alle convincenti caratterizzazioni di attori come Burbage;
l'enfasi posta in molte commedie sulla vita e sui costumi del tempo; l'autenticità della
psicologia umana rappresentata nei drammi e lo stretto contatto fisico tra attori e
spettatori durante la rappresentazione.
I TEATRI PUBBLICI
Generalmente si usa chiamare i teatri del primo tipo «pubblici» e quelli del secondo
tipo «privati». Entrambi, comunque, entrarono in uso dopo il 1570, e dopo il 1610 le
stesse compagnie utilizzarono spazi di entrambi i tipi.
Nel 1570 esistevano già due tradizioni ben definite nell'allestimento scenico:
1. all’aperto
2. al chiuso.
3. I misteri ciclici religiosi, gli street pageants,
i tornei e le moralità venivano allestiti all'aperto.
La compagnia dei King’s men era l’unica che potesse il proprio teatro. Le altre invece
pagavano un affitto ai proprietari i quali dovevano poi provvedere alla manutenzione
dell’edificio, ai salari del personale addetto alla riscossione del denaro dagli spettatori.
I TEATRI PRIVATI
È molto probabile, comunque, che tra il 1558 e il 1642 la maggior parte degli
spettacoli non fosse stata all'aperto, ma al chiuso.
Molte produzioni teatrali venivano allestite nei castelli, nei municipi, nelle taverne
oppure a corte. Particolarmente importanti tuttavia erano gli allestimenti realizzati
nei teatri cosiddetti privati.
Sono state tentate molte spiegazioni per chiarire l'apparente
contraddizione insita nel termine «privato», con cui vengono definiti teatri comunque
aperti al pubblico, ma nessuna è veramente soddisfacente. In ogni caso le differenze di
struttura dei teatri privati rispetto a quelli pubblici ci aiutano a capire la loro diversa
utilizzazione: in primo luogo i teatri privati erano coperti, illuminati da candele,
potevano accogliere meno della metà delle persone normalmente ammesse in un
teatro pubblico, erano previsti posti a sedere per tutti gli spettatori, e l'ingresso costava
molto di più.
All'inizio tutti i teatri privati erano situati in aree particolari (le liberties) di Londra.
Queste aree, di cui le principali erano quelle di Blackfriars e Whitefriars,
appartenevano in origine ad ordini monastici. Nel 1539, quando gli ordinifurono
sciolti, le terre furono confiscate dalla corona. La maggior
parte di queste aree fu in seguito venduta a privati, ma la corona mantenne fino al
1608 la sua giurisdizione sulle liberties che così, pur trovandosi nel cuore di Londra,
erano sottratte al controllo municipale. I primi teatri di queste aree, inoltre, furono
allestiti in residenze private, in modo tale da non incorrere nelle sanzioni penali
previste contro gli spettacoli e, cosa ancora più importante, fino al 1608 vennero
impiegati come attori dei giovani ragazzi, i quali, essendo considerati semplici
dilettanti, sfuggivano
alla condanna che ricadeva sulla categoria degli attori professionisti.
Gli autori più sofisticati come Lyly, Jonson, Chapman e Marston preferirono scrivere
per le compagnie dei ragazzi, ed anche per questo, generalmente, i teatri privati erano
più raffinati, esclusivi e costosi dei teatri pubblici all'aperto. Il primo teatro privato, il
Blackfriars, che prese il nome dall'area in cui sorse, fu aperto nel 1576, lo stesso anno
in cui fu costruito The Theatre.
A quel tempo le compagnie dei ragazzi erano preferite dal pubblico più aristocratico,
anche perché le compagnie degli attori professionisti adulti non si avvalevano ancora
della collaborazione di valenti drammaturghi.
Prima del 1576 le compagnie dei ragazzi davano solo una o due rappresentazioni di
ogni dramma, e probabilmente il teatro fu costruito proprio per il desiderio di
prolungare il numero delle repliche. Dato che Blackfriars era una delle zone
residenziali più alla moda, fu abbastanza logico per Richard Farrant, maestro del coro
della Cappella Reale di Windsor, pensare di costruirvi un teatro.
Nell'affittare la proprietà, egli dichiarò che sarebbe stata usata per costruire un luogo
in cui preparare i fanciulli ad apparire di fronte alla regina, e non venne fatta nessuna
menzione delle rappresentazioni pubbliche.
La dissimulazione di Farrant circa le sue reali intenzioni condusse ad una serie di
processi che si concluse con la chiusura del teatro nel 15874 nessun teatro privato fu
costruito fino al 1596, quando James Burbage allesti il secondo BLACKFRIARS in
previsione della scadenza deL contratto per il suolo del Theatre prevista per il 1597.
Ma i residenti della zona ottennero una diffida contro l'uso del teatro da parte di
attori professionisti. Burbage mori proprio nel 1597 e lascio il Blackfriars ai
suoi figli che nel 1600 lo affittarono ad Henry Evans. Questi, insieme al maestro della
Cappella Reale, inaugurò finalmente il teatro con una compagnia di ragazzi. Nel
1604, dopo l'ascesa al trono di Giacomo I, alla compagnia del Blackfriars fu dato il
nome di Childrens of the Revels of the Queen, Tra il 1600 e il 1608 la formazione fu
una delle più popolari di Londra e riscosse un tale successo da costituire una seria
concorrenza per le compagnie degli attori professionisti.
I teatri privati furono utilizzati esclusivamente dalle compagnie dei ragazzi fino al
1610. Poi, quando la popolarità delle compagnie di ragazzi cominciò ad attenuarsi,
passarono nelle mani delle compagnie di attori professionisti adulti. Il primo
cambiamento importante si verificò quando i Burbage ripresero il possesso del
Blackfriars nel 1608. Giacomo 1, infatti, autorizzò i King's Men a
recitare nel teatro, ma le rappresentazioni non poterono iniziare prima del 1610 a
causa della peste.
Il successo dei King's Men spinse Christopher Beeston, nel 1616, a trasformare
un'arena da combattimento per galli in un teatro privato (il Cockpit Theatre).
Bruciato poco dopo, questo teatro fu ricostruito con il nome di The Phoenix. Nel
1629 fu costruito The Salisbury Court Theatre, e nello stesso anno Carlo 1 incaricò
Inigo Jones di progettare un teatro permanente per la compagnia dei King's Men,
quando questi recitavano per la corte. Tra il 1576 e il 1642 furono costruiti
complessivamente almeno sette teatri privati che diventarono in seguito le principali
sedi delle compagnie di attori professionisti.
La compagnia dei King's Men, ad esempio, recitava al Blackfriars da metà ottobre
fino alla metà di maggio, e per i restanti cinquemesi al Globe. Dato che il Blackfriars
fruttava alla compagnia un reddito, per spettacolo, almeno due volte e mezzo
superiore a quello ottenuto al Globe, è evidente che la compagnia preferiva recitare
nel teatro situato all'interno della città. Nel frattempo, mentre altri teatri privati
venivano costruiti, i teatri pubblici diventarono sempre meno importanti anche se
continuavano ad essere usati regolarmente durante i mesi estivi.
Le forme e le dimensioni dei teatri privati potevano variare. La
sala e il palcoscenico del secondo Blackfriars, che era il teatro più importante,
occupavano probabilmente uno spazio rettangolare, lungo complessivamente 20
metri e largo 14. Il palcoscenico, alto circa un metro, non aveva arco di proscenio e
non disponeva di sipario. La platea era provvista di sedili, e lungo le pareti correvano
le gallerie (da una a tre, secondo le diverse stime degli studiosi) con alcuni palchetti
privati.
LA SCENOGRAFIA
Non sappiamo con precisione quali fossero le pratiche sceniche del tempo. Le
principali fonti di informazione in proposito sono i testi teatrali, i registri del Master
of Revels e le carte di Henslowe, costruttore di The Rose, The Fortune e The Hope.
Un gruppo di studiosi ha condotto un'analisi dettagliata sulle
indicazioni sceniche contenute nei testi, ma le loro conclusioni sono spesso
contraddittorie. Secondo alcuni la scenografia era essenzialmente «raccontata»: i
luoghi in cui si svolgeva l'azione sarebbero stati menzionati nel dialogo quando erano
rilevanti dal punto di vista drammatico, proprio perché non erano rappresentati
scenicamente. Altri, invece, sostengono che i riferimenti scenici citati nel
dialogo corrispondevano a effettive realizzazioni scenografiche. Probabilmente
nèssuna di queste ipotesi è esatta, e le compagnie modificavano i loro procedimenti in
rapporto al tipo e alla quantità di
mezzi che avevano a disposizione. Tutti gli studiosi sono comunque d'accordo sul fatto
che nel teatro inglese erano utilizzati degli elementi scenografici semplici, che
assomigliavano più alle mansions medioevali che ai sofisticati allestimenti prospettici
all'italiana.
Spesso venivano usati in scena diversi oggetti: panche, tavoli
sedie e sgabelli, letti, tappeti e cuscini, arazzi e tendaggi, troni. tende e baldacchini,
pulpiti ed altari, ceppi, patiboli e forche, bare, casse da morto, lettighe, recinti e
palizzate, carri e cavalletti, arbusti, alberi, cespugli, rami e fiori.
Un inventario del 1598, conservato tra le carte di Henslowe, contiene una lista di
articoli simili:
tre alberi
tre rocce (di cui due erano coperte di muschio)
due tombe,
due campanili con campane
una bocca dell'inferno,
un paio di scale,
il carro di Fetonte
una gabbia
un telo dipinto raffigurante la città di Roma,
una stalla,
un baldacchino di legno,
il telaio di un letto ed altri oggetti vari.
I registri del Master of Revels, che risalgono alla fine del cin-
quecento, contengono le voci degli oggetti usati nelle rappresentazioni di corte.
Quando una compagnia di attori professionisti recitava davanti alla regina, l'Ufficio
dei Divertimenti (Revels Office) allestiva una sala e forniva gli accessori scenici
necessari. Tra gli articoli elencati in questi documenti compaiono:
rocce,
montagne,
bastioni,
alberi
case
tutti elementi scenografici che fanno pensare all'uso di mansions simili a quelle
medioevali.
In effetti le pratiche sceniche del periodo elisabettiano sembrano derivare
direttamente da quelle medioevali. La grande piattaforma del palco sostituiva in un
certo senso la platea medioevale. Trattata per lo più come luogo neutro, poteva essere
connotata più precisamente o dal dialogo o dall'uso di accessori scenici come
una tenda,
un trono,
un altare,
una tomba,
le sbarre di una cella,
dei letti o degli alberi.
Alcuni oggetti scenici erano così ingombranti che dovevano essere sistemati sul
palcoscenico principale dove rimanevano ignorati per quasi tutta la rappresentazione
e venivano utilizzati nei momenti in cui diventavano rilevanti per l'azione. Altri
oggetti pesanti erano sistemati nel palcoscenico interno e rivelati quando questo si
apriva, oppure venivano spinti a forza di braccia sulla piattaforma. All'occorrenza , gli
oggetti più piccoli venivano portati in scena da alcuni
inservienti.
L'importanza della scenografia e degli effetti spettacolari crebbe dopo il 1603, quando
incominciò a imporsi il gusto della corte. Gli attori professionisti, che tra il 1603 e il
1642 presentavano sempre più frequentemente i loro spettacoli a corte, non potevano
ignorare gli allestimenti all'italiana dei masques, a cui spesso erano chiamati a
collaborare. Inoltre, verso il 1605, anche le compagnie dei ragazzi cominciarono a
utilizzare elementi scenografici simili a quelli dei masques, e le compagnie dei
professionisti seguirono
questa strada quando rilevarono i teatri privati. Le scenografie si fecero così più
elaborate, e si ampliò l'uso degli effetti speciali, della musica, della danza. Non ci fu
comunque alcun tentativo di adottare la scenografia prospettica dei masques.
Se la scenografia e gli oggetti di scena venivano usati in modo limitato, l'elemento
visivo più importante nel teatro elisabettiano fu senza dubbio il costume. Le
convenzioni che regolavano l'uso dei costumi tra il 1558 e il 1642 erano leggermente
differenti da quelle del teatro medioevale. I personaggi, indipendentemente dall'epoca
storica in cui si supponeva fossero vissuti, erano generalmente vestiti con abiti di stile
elisabettiano. I costumi di gran lunga più usati erano quindi vestiti identici a quelli
indossati dalle persone nella vita di tutti i giorni. In modo assai più limitato, tuttavia,
venivano utilizzati anche altri tipi di costumi, che possono
essere divisi in cinque categorie:
1) «antiquati»», ossia abiti vecchi, usati per indicare personaggi fuori moda o, in
qualche occasione, per suggerire l'idea di un altro periodo storico;
2) «antichi»», ossia costumi ricchi di drappeggi alla greca da sovrapporre agli abiti
contemporanei, che venivano usati per caratterizzare alcune figure classiche;
3) abiti fantasiosi, usati per i fantasmi, le streghe, le fate,
le divinità o le figure allegoriche;
4) costumi tradizionali, che venivano associati ad alcuni personaggi specifici come
Robin Hood,
Enrico v, Tamerlano, Falstaff, e Riccardo 111;
5) costumi caratteristici di alcune razze o nazioni, usati per i turchi, gli indiani, gli
ebrei o gli spagnoli.
I costumi, contemporanei o di foggia particolare, erano spesso costosi e fastosi. Nelle
descrizioni degli spettatori del tempo viene sovente menzionata la loro ricchezza ed
eleganza, Nelle carte di Henslowe sono registrati del resto numerosi prestiti contratti
per l'acquisto di vestiti: sono segnate ad esempio 7 sterline «per un corsetto di raso
bianco carico di merletto dorato», e 19 sterline per un mantello. Le compagnie
compravano la maggior parte dei costumi.
Talvolta i nobili regalavano i loro abiti ai servi, che li rivendevano agli attori. Anche la
famiglia reale di tanto in tanto donavano degli abiti alle compagnie per rinnovare ed
arricchire il loro guardaroba. Tra gli altri elementi dello spettacolo tu particolarmente
importante, fin dall'inizio, la musica. La maggior parte degli attori doveva saper
cantare, poiché nei drammi erano inserite diverse canzoni. Molte rappresentazioni,
inoltre, terminavano con un balletto,
L'orchestra nei teatri permanenti era composta da almeno sei elementi, a cui si
potevano aggiungere i suonatori di trombe e di tamburi, che però non erano membri
fissi dell'orchestra. Squilli di tromba annunciavano le entrate oppure
accompagnavano la lettura di editti e proclami, i tamburi servivano nelle scene di
battaglia, mentre una musica di sottofondo accompagnava parecchie scene.
Le rappresentazioni delle compagnie dei ragazzi erano precedute da un concerto che
poteva durare anche un'ora, e questa pratica
fu adottata dalle compagnie dei professionisti quando si trasferito no nei teatri privati.
La danza originariamente era usata soprattutto per compiacere il gusto delle platee
popolari, ma quando aumentò l'influenza del pubblico aristocratico diventò un
elemento particolarmente elaborato e sofisticato.
IL PUBBLICO:
Nella prima parte del regno di Elisabetta i giorni in cui era
permesso agli attori recitare variavano di anno in anno. Successivamente, nel 1574,
un decreto reale stabilì il diritto delle compagnie di dare rappresentazioni ogni giorno,
e questa norma rimase in vigore fino al 1642, benché Giacomo I vietasse le
rappresentazioni di domenica, Ma se teoricamente le compagnie potevano recitare sei
giorni alla settimana, in realtà il numero delle rappresentazioni era ridotto dai periodi
di chiusura dei teatri, dovuta
al' inclemenza del tempo, o ad appositi decreti promulgati in tempo di peste, o in
occasione di lutti ufficiali. È stato calcolato che all inizio del seicento si tenevano in
media spettacoli per 214 giorni all'anno, equivalenti a circa sette mesi d'attività.
Gli spettacoli venivano propagandati in diversi modi. Intorno
al 1563 a Londra cominciarono ad essere affissi i primi manifesti, mentre verso il
1600 entrarono in uso i volantini. Talvolta una rappresentazione veniva pubblicizzata
con un corteo in cui per richiamare l'attenzione si faceva grande uso di trombe e
tamburi.
Ma questa pratica era adottata soprattutto dalle compagnie che operavano fuori
Londra. Nel giorno in cui si teneva lo spettacolo, infine, sul tetto del teatro sventolava
una bandiera, e gli annunci delle rappresentazioni successive venivano dati dal palco
durante la recita.
I teatri pubblici avevano un'ampia capienza. Stime del tempo
indicano che la loro capacità media era di circa 3.000 persone, mentre i teatri privati
raggiungevano a stento 500 posti a sedere.
Prima del 1603 esistevano solo due compagnie che recitavano a Londra, più tardi
diventarono tre e qualche volta anche quattro o cinque. Tra il 1558 e il 1642 la
popolazione di Londra aumentò comunque in modo considerevole, e da meno di
200.000 persone arrivò a 300.000 abitanti, di cui solo un numero relativamente
esiguo frequentava i teatri.
Per mantenere sempre alta la frequenza degli spettatori, le compagnie usavano
cambiare spesso i programmi, in genere giornalmente, aggiungendo con una certa
regolarità drammi sempre nuovi. Secondo i documenti di Henslowe relativi al periodo
che va dal 1592 al 1603 la compagnia degli Admiral's Men produceva un dramma
nuovo ogni due settimane e mezzo. Negli anni novanta ogni nuova opera dopo la
prima rappresentazione veniva inclusa nel repertorio generale, e cominciava a ruotare
insieme alle altre
fino a che la sua popolarità non svaniva. La media era comunque di dieci
rappresentazioni per ogni dramma.
Dal 1610 la domanda di nuove opere incominciò a diminuire,
in quanto le compagnie avevano accumulato ormai un vasto repertorio.
Nel 1641 la compagnia dei King’s men possedeva un patrimonio di circa 170 drammi
da cui attingere.
Dopo il 1610 alcune opere nuove venivano rappresentate più volte, consecutivamente
prima di essere relegate nel repertorio e riprese a rotazione. La più lunga serie di
repliche consecutive (nove) fu quella di The Game of Chess di Middleton, nel
1624-25.
Di solito l'orario d' inizio degli spettacoli si aggirava intorno al
due del pomeriggio, in modo che gli spettatori potessero ritornare a casa prima del
tramonto. Nei teatri pubblici la rappresentazione si svolgeva senza alcuna
interruzione.
Nelle sale private si usava spesso dividere gli atti con intervalli musicali. Nei teatri si
vendevano vino, birra, tabacco e i venditori ambulanti circolavano liberamente
durante le rappresentazioni.
Nei teatri non esistevano i botteghini, i biglietti o i posti riservati. Gli addetti alla
riscossione, di cui almeno un certo numero erano donne, raccoglievano il denaro
all'ingresso di ciascun settore: la platea, le gallerie pubbliche e i palchi privati. La
platea. o meglio l'arena, che disponeva solo di posti in piedi, veniva utilizzata
principalmente dalle classi meno abbienti, le gallerie pubbliche, provviste di panche,
dalle classi medie, e i palchi privati dall'aristocrazia. Alla fine del cinquecento alcuni
spettatori sedevano sul palcoscenico, ma quando la pratica di pagare uno sgabello e
sedere in scena diventò sinonimo di prestigio, i palchi privati persero di tono e
cominciarono a diventare terreno di caccia di prostitute e di trafficanti equivoci.
Alcuni studiosi sostengono che dopo il 1610, mentre i teatri privati raccoglievano
esclusivamente un pubblico sofisticato, le sale pubbliche cominciarono a rivolgersi agli
spettatori meno raffinati.
Come si è già detto, la responsabilità del declino dei testi teatrali è stata spesso
attribuita a questa divaricazione ed alla crescente preoccupazione delle compagnie di
soddisfare il gusto degli aristocratici frequentatori delle sale private. In ogni caso la
popolarità del teatro non diminui ma in modo davvero sensibile fino a quando nel
1642 i puritani, che si erano sempre schierati contro questa forma di divertimento
considerata diabolica e pericolosa per la salute pubblica, non ottennero il decreto che
sanciva l'interdizione
e la chiusura di tutti i teatri inglesi.
Verso la fine del cinquecento, il prezzo fissato per i posti in
piedi era di un penny, di due pence nelle gallerie, è di tre pence nei palchi privati. Nel
seicento, i prezzi salirono a due pence peri posti in piedi, mentre l'accesso ai palchi
privati qualche volta costava anche venti pence. Nei teatri privati l'ingresso costava sei
pence per i posti più economici, e poteva arrivare anche a 46 pence per i palchi.
Nonostante la loro minore capienza i teatri privati guadagnavano perciò molto più di
quelli pubblici. I prezzi salivano in determinate occasioni, e spesso raddoppiavano in
occasione della prima di uno spettacolo.
La maggior parte dei masques presentati alla corte degli Stuart fu scritta da Ben
Jonson mentre le scenografie erano disegnate da Inigo Jones.
Nei masques la musica aveva un ruolo fondamentale, ma sfortunatamente non è
sopravvissuto nemmeno uno spartito musicale completo.
Sono rimaste le musiche di circa 50 canzoni e di 250 balletti.
Il masques presentava dei tratti comuni agli intermezzi italiani. In entrambi si
raccontava una storia allegorica che poneva in luce numerose analogie tra la persona
a cui lo spettacolo era dedicato, o l’occasione che era celebrata, e alcuni personaggi o
episodi mitologici.
La, storia e i riferimenti allegorici erano espressi principalmente in forme visive:
tramite le scene, i costumi,
oggetti, la mimica e la danza. Il racconto e il dialogo, parlato .
cantato, erano usati per illustrare quello che non poteva essere comunicato attraverso
il linguaggio visivo. Lo spazio maggiore era riservato alla danza, e le parti danzate
erano di norma affidate ai cortigiani.
Generalmente nella trama allegorica del masque erano inserite tre danze
fondamentali:
la danza di apertura,
una danza centrale in cui i ballerini scendevano nella sala per ballare con gli
spettatori prescelti,
e infine una danza di chiusura.
Nei masques venivano inseriti molti balli di società in voga in quel periodo, ma i
maestri di ballo talvolta inventavano apposta per queste rappresentazioni elaborate
danze simboliche, I ballerini di un masque erano tutti dello stesso sesso, tranne nel
caso di un doppio masque in cui si contrapponevano due gruppi, numericamente
bilanciati,
uno di uomini ed uno di donne. Quando la danza non si svolgeva sul palcoscenico,
ma nel salone, ogni ballerino veniva accompagnato da un «portatore di torcia».
Spesso i portatori di torce, che erano usualmente ragazzi nobili o bambini, eseguivano
da soli una danza particolare. Molte di queste produzioni, inoltre, comprendevano
degli anti-masques, cioè degli episodi secondari, introdotti
per la prima volta da Jonson nel 1608, e inseriti per creare un
contrasto con la storia principale. Queste trame secondarie davano ampie
opportunità inventive agli scenografi, che potevano progettare trasformazioni
sensazionali.
I personaggi dei masques si ispiravano a figure allegoriche o
mitologiche. Le donne rappresentavano dee, ninfe, regine, la Bellezza o la Grazia,
mentre gli uomini impersonavano dei, eroi dell'antichità, i segni dello zodiaco, i Figli
della Pace, dell'Amore o della Giustizia, oppure rappresentanti di paesi stranieri. I
portatori di torce rappresentavano per lo più spiriti ferini, indiani, o antichi britanni.
Negli anti-masques i personaggi erano satiri, ubriaconi, zingari, marinai, accattoni,
pazzi, babbuini ed altre bestie esotiche.
La maggior parte dei masques degli Stuart furono messi in scena nelle sale dei
banchetti a Whitehall Palace. L'allestimento della sala era quasi sempre lo stesso per
tutti i masques. Alcune file di sedie venivano sistemate lungo i lati e sul fondo, mentre
il baldacchino reale veniva collocato al fondo della sala nel punto da cui si poteva
godere la vista migliore del palcoscenico. Alcuni scalini, infine, collegavano il
palcoscenico con il salone. La grandezza del palco era variabile, ma le sue dimensioni
medie erano di circa 12
metri di larghezza per circa 8 metri e mezzo di profondità.
La piattaforma, sopraelevata di circa due metri dal pavimento, era fortemente
inclinata verso il pubblico. Questa pendenza veniva utilizzata soprattutto per gli effetti
scenografici, in quanto la maggior parte dell'azione e delle danze aveva luogo
sull'avanscena oppure sul pavimento del salone.
La scenografia, i costumi e gli effetti speciali della maggior
parte dei masques li dobbiamo ad Inigo Jones (1573-1652), il più celebre scenografo
inglese del tempo, Nato a Londra, Jones studiò in Italia intorno al 1600, e lavorò alla
corte di Danimarca, prima di ritornare in Inghilterra verso il 1604. Jones realizzò il
suo primo masque per Giacomo I nel 1605. Probabilmente ritornò ancora in Italia
nel 1607-1608 e poi ancora nel periodo fra il 1613 e il 1615.
Jones aveva un'ottima conoscenza dell'arte italiana. Alla corte di Firenze studiò quasi
certamente l'opera di Giulio Parigi, e infatti a partire dal 1630 tutti i suoi disegni sono
ispirati agli intermezzi del Parigi. E stata rinvenuta una copia del trattato di
architettura del Palladio posseduta da Jones che contiene delle note in cui egli
paragona le idee del Palladio con quelle di Serlio, Scamozzi, Vignola e altri. Alla sua
morte egli lasciò tutte le sue carte al suo allievo ed assistente, John Webb, che sarebbe
diventato uno dei maggiori architetti e scenografi del periodo della
restaurazione. Oltre a disegnare le scene dei masques, ed a metterli in scena, Jones
progettò anche le scenografie di dodici drammi presentati a corte dopo il 1626.
Questi drammi venivano recitati dai cortigiani, con la partecipazione della regina e di
altre nobildonne. La presenza delle donne nei ruoli parlati era così inusuale a quel
tempo,
e la conoscenza degli spettacoli di corte così diffusa, che quando William Prynne nel
suo Histriomastix (1633) equiparò le «donne attrici» a «notorie puttane», egli fu
punito con una multa di 5.000 sterline, fu espulso dalla professione legale, privato del
suo grado accademico, ed inoltre gli furono tagliate le orecchie e fu condannato
all'ergastolo.
La crudeltà e l'intolleranza di questo tipo di reazioni, aggiunte
alla disapprovazione per l'enormità delle somme spese per i masques di corte, malvisti
dagli oppositori dell'assolutismo stuartiano, possono essere incluse tra i fattori che
contribuirono alla caduta della monarchia. Nel 1642 il conflitto tra l'assolutismo di
Carlo I e le richieste del parlamento che il re aveva dovuto convocare dopo un
intervallo di undici anni, sfociò nella guerra civile. Carlo I fu sconfitto e decapitato per
ordine di Cromwell nel 1649. Con la guerra civile, che vide l'opposizione alla
monarchia raccogliersi intorno ai puritani, si riaccese l'avversione al teatro, che
appariva del resto protetto dalla famiglia reale, i cui membri concedevano le licenze
alle compagnie. Nel 1642 il parlamento, prendendo a pretesto lo stato di disordine
politico in cui si trovava il paese, decretò la chiusura dei teatri per cinque anni. Al
termine di questo periodo i puritani avevano ormai il controllo del governo, e
dichiararono permanente la chiusura. Terminò così uno dei periodi più ricchi e
fecondi della storia del teatro europeo.
IL DRAMMA RELIGIOSO
Lo scrittore più prolifico del teatro spagnolo fu Lope Félix de Vega Carpio
(1562-1635), che combatté con l'armata spagnola contro gli inglesi, servì diversi
signori, si impegnò in molti mestieri, ebbe un'avventurosa vita sentimentale e nel 1614
prese gli ordini religiosi. Malgrado le sue numerose attività, nel 1609 dichiarò di avere
scritto 473 testi teatrali. Le stime della sua produzione complessiva parlano di 1.800
opere drammatiche, anche se è più probabile che ne abbia scritte solo 800. Di queste,
comunque, ne sono sopravvissute circa 450.
A causa della vastità della sua produzione è difficile stabilire la qualità dell'opera di
Lope de Vega. È possibile tuttavia definire alcuni caratteri generali, Tra questi,
innanzi tutto, l'abilità di condurre le vicende in modo da suscitare e tenere
costantemente alta la tensione. Spesso l'azione è sviluppata dal conflitto tra le esigenze
dell'amore e quelle dell'onore, tema che Lope de Vega contribui a rendere popolare e
che lasciò in eredità a tutto il successivo dramma spagnolo. I drammi si concludono
per lo più con un lieto fine. I personaggi, sempre guardati dall'autore con grande sim-
patia, provengono da tutti i ceti e le condizioni sociali. I ruoli femminili sono quelli
più riusciti. Lope inoltre sviluppò il ruolo del gracioso, o semplicione, un personaggio
ricorrente nelle opere del tempo. Il linguaggio di tutti i personaggi è naturale, vivace,
appropriato ai diversi caratteri, e si avvale di svariate forme metriche.
Lope de Vega fu lo scrittore più famoso del suo tempo.
Per il pubblico moderno la sua opera più affascinante è forse Fuente ovejuna (c.
1612), in cui un tirannico signorotto feudale viene ucciso dagli abitanti del villaggio
che, una volta catturati, si rifiutano di confessare, anche sotto tortura, e vengono
salvati alla fine dall'intervento del re. Molti critici ritengono che questo lavoro esprima
sentimenti rivoluzionari, mentre è forse più verosimile che Lope de Vega intendesse
semplicemente lodare il re per aver posto fine al sistema feudale. Tra le sue opere
migliori sono El acero de Madrid (L'acciaio di Madrid, 1603), El caballero de
Olmedo (Il cavaliere di Olmedo, 1606) e El perro del Hortelano
(Il cane dell'ortolano, 1618).
Accanto a Lope de Vega si colloca una schiera di autori minori. Le figure più
importanti, tra questi, furono Guillén de Castro, Tirso de Molina e Juan Ruiz de
Alarcón. Guillén de Castro (1569- 1631), amico e imitatore di Lope de Vega, scrisse
varie opere, ma oggi è ricordato quasi esclusivamente per Las mocedades del Cid (Le
infanzie del Cid, 1618), a cui Corneille si ispirò per il suo Le Cid. Tirso de Molina
(1584-1648), sacerdote che nel 1625 dovette rinunciare a scrivere per il teatro a causa
di una diffida da parte del Consiglio di Castiglia, si dice che abbia composto circa 400
opere teatrali, di cui ne sopravvivono solo 80. La più famosa tra queste è sicuramente
El burlador de Sevilla (Il beffatore di Siviglia, 1630), la prima elaborazione
drammatica della leggenda di Don Giovanni. Juan Ruiz de Alarcón (c. 1581-1639),
nato in Messico ed educato in Spagna, scrisse trenta commedie d'estrema finezza e
pertezione formale, che appaiono notevolmente superiori alla media delle produzioni
dei drammaturghi del tempo. I suoi drammi migliori descrivono la vita di corte di
Madrid, e l'opera più conosciuta è La verdad sospechosa (La verità sospetta, 1628),
che analizza le complicazioni che sorgono dall'incapacità di un giovane di dire la
verità.