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STORIA DEL TEATRO

LE ORIGINI DEL TEATRO

LE ORIGINI DEL RITO

Forme teatrali e drammatiche sono presenti in qualunque tipo di società antica o


moderna e si ritrovano nelle manifestazioni del tipo più diverso:

1. Campagne politiche
2. Parate militari
3. Avvenimenti sportivi
4. Funzioni religiose
5. Danze e cerimonie rituali

Esistono pochissime testimonianze materiali su cui fondare la ricostruzione delle


origini del teatro. Gli storici hanno quindi dovuto basarsi su teorie, ipotesi e
supposizioni.

1 TEORIA PIU’ DIFFUSA: IL RITO


1875-1915 JAMES FRAZER

Secondo l’ipotesi di james frazer, l’uomo primitivo acquista gradualmente la


consapevolezza dell’esistenza di forze che possono controllare le sue capacità di
rifornirsi di cibo e acqua o altri beni essenziali alla sopravvivenza.
L’uomo ritiene che tali forze siano soprannaturali o magiche e tenta di assicurarsene il
favore con mezzi adeguati.
Causa - effetto tra espedienti utilizzati e risultato ottenuto.
Il gruppo esegue il rito, il pubblico sono le forze naturali.

2 BRONISLAW MALINOWSKI
Scuola antropologica guidata da Malinowski nel 1915
Approccio induttivo
Le istituzioni culturali sarebbero nate e si sarebbero sviluppate attraverso processi
diversi in ogni società
3 LEVI STRAUSS —> STRUTTURALISMO
Ciò che è importante è la struttura del rito perché dietro la struttura del mito risiede il
modo di pensiero.

Queste teorie concordano tutte su 2 punti

1. Il rito e il mito sono elementi fondamentali per ogni società


2. Il teatro nasce dal rito primitivo.

Le funzioni del rito nelle società primitive, (non tutti i gruppo etnici utilizzavano i riti
per i medesimi scopi)

1. Rito come forma di conoscenza


Il mito e il rito riflettono la comprensione dell’universo da parte di una società

2. Rito come funzione didattica.


Rito come mezzo di trasmissioni o di tradizioni e di conoscenze.

3. Il rito che ha il potere di influenzare o di dominare gli avvenimenti esterni.

4. Il rito per celebrare una potenza soprannaturale, la vittoria in guerra o in una


battuta di caccia.

5. Il rito deve divertite e provocare piacere.

JOSEPH CAMPBELL ha sostenuto che la maggior parte dei riti\miti è riconducibile


ai seguenti temi:

- Il piacere —> cibo, casa, sesso, famiglia


- Il potere —> voglia di conquistare, consumare, rendere forti le proprie tribù
- Il dovere —> nei confronti della divinità

Il rito e il teatro possono utilizzare gli stessi elementi:


- Musica
- Danza
- Parola
- Costumi
- Attori
- Pubblico
- Palcoscenico

Secondo studi recenti condotti sui reperti dell’era glaciale, celebrazioni rituali
potrebbero essere avvenuti già 30.000 anni fa.
10.000 anni più tardi l'umanità cominciava a lasciare le prime testimonianze dei
graffiti parietali ritrovati in alcune caverne in Francia in Spagna e in Africa. I soggetti
in questi graffiti hanno suggerito l'esistenza di riti organizzati in concomitanza con
l'attività venatoria.
I reperti cominciano a diventare di più facile decifrazione mano mano che ci si
avvicina all'epoca in cui gli uomini sviluppano le capacità e le abitudini che rendono
possibile la nascita di forme di civiltà più complesse:

- L'addomesticamento degli animali 9000 a.C.


- La coltivazione del grano 7000 a.C.
- L’invenzione della ceramica 6500 a.C.
E il definitivo passaggio delle società sedentarie in cui le popolazioni sono dedite
prevalentemente all’allevamento e alla coltivazione.
I primi insediamenti stabili sembra siano avvenuti intorno all’8000 a.c in
Mesopotamia, dove sono stati rinvenuto reperti che dimostrano come i riti di fertilità
rosseggio già allora estremamente diffusi.

Dal 3500 a.c diverse città sorsero in Egitto e in Mesopotamia e intorno al 3000 a.c
l’Egitto possedeva già un efficiente governo centrale.

La maggior parte delle conoscenze sull’antico Egitto si basa sui geroglifici, le


decorazioni ed i reperti che sono stati rinvenuti nelle sepolture e nei templi dedicati
alle numerose divinità egiziane. Molti di questi reperti contegno testimonianze di miti
egiziani i cui temi ricorrenti sono la nascita, la crescita, la maturità, la morte e la
resurrezione.
Questo è presente anche nella struttura narrativa degli dei che si sfidano in battaglia,
vengono uccisi e poi risorgono.

Rito chiamato DRAMMA MEMFITICO


pare venisse ripetuto ogni anno nel Primo giorno della primavera. Risale alle 2500
a.C. e racconta la morte e la risurrezione di Osiride e l’incoronazione di Horus.
Alcuni storici credono che fosse un vero e proprio dramma in cui la figura di Horus,
simbolo dello spirito rigeneratore dell'anno, veniva impersonato dal faraone.
Ma il rito egiziano più importante è il cosiddetto dramma sacro di Abido, che
rievocava la morte e la risurrezione del dio Osiride. Secondo la mitologia egiziana,
Osiride, figlio di Geb, la terra, e di Nut, il cielo, successo al trono di suo padre e sposò
la sorella Iside. Suo fratello Seth, geloso del potere di Osiride, lo uccise, ne smembrò il
corpo è seppelli i vari pezzi in differenti luoghi d’Egitto.
Iside raccolse allora le membra sparse e con l'aiuto di Anubi , diventato in seguito il
dio dell’imbalsamazione, fece rivivere Osiride che, dopo essere stato seppellito ad
Abido, si recò negli inferi dove divenne il giudice delle anime.
Horus, figlio di Osiride combattè contro Seth, riconquistando nuovamente il regno
del padre.
Ad Abido, in Egitto il luogo sacro per eccellenza il rito relativo ad Osiride fu
rappresentato ogni anni dal 2500 fino a circa il 550 a.c ma nulla è rimasto del testo.
Tutto ciò che si conosce è stato dedotto dalle iscrizioni della stele di Ikhernofret in cui
si racconta ciò che accade durante una delle celebrazioni.

IL TEATRO GRECO

La nascita della tragedia

Le notizie più importanti sull’origine del teatro nella Grecia antica sono contenute
nella poetica di Aristotele 384-322 a.C. dove si afferma che la tragedia e la commedia
erano inizialmente delle improvvisazioni nate, la prima, dai cantori del ditirambo e la
seconda dai cantori dei canti fallaci.

Il ditirambo era un inno cantato e danzato in onore di Dioniso che secondo la


tradizione fu trasformato in composizione letteraria da Arione 625-585 a.C
La nascita della tragedia è stata spesso associata ad Arione soprattutto perché i suoi
attori erano chiamati TRAGOIDOI ed i loro canti TRAGIKON DRAMA.
Arione, Inoltre, viveva a Corinto, uno dei maggiori centri delle popolazioni doriche,
che successivamente rivendicarono il merito di aver inventato la tragedia.
Non tutti gli studiosi sono convinti che la tragedia greca si sia sviluppata dal
ditirambo, e Sono state proposte numerose ipotesi alternative. Secondo una di queste
il dramma sarebbe sorto dai riti celebrati sulle tombe degli eroi. Quasi tutti gli studiosi
ritengono comunque che la tragedia sia nata dal lento e graduale sviluppo di riti
preesistenti.
Gerard Else ha avanzato un'ipotesi diversa, che vede il dramma come una creazione
consapevole deliberata. Secondo questa teoria alle feste religiose partecipavano
cantori che recitavano passi tratti dai poemi epici come l’iliade e l’Odissea.
Inoltre, i poeti ateniesi e in particolar modo Solone, avevano composto versi che
davano direttamente voce a diversi personaggi. Intorno al 534 a.C. TESPI avrebbe
riunito tutti questi elementi associandoli al coro, e avrebbe creato così il dramma
primigenio che si sarebbe poi sviluppato interamente solo dopo l'introduzione del
secondo attore, operata da Eschilo intorno al 500 a.C..

Tutte queste teorie restano solo ipotetiche perché mancano le prove necessarie per
dimostrarle. In ogni caso la nascita della tragedia appare strettamente associata al
culto di Dioniso si probabilmente e d'origine medio oriente.

All'inizio il culto incontrò una certa resistenza a causa della sfrenatezza che sembrava
suscitare. Nel corso delle celebrazioni infatti l'eccitazione sfociava in cerimonie
orgiastiche, ed il furore mistico dei partecipanti li portava ad atti cruenti, come lo
sbranare il corpo di vittime sacrificali. Ma nonostante l'ostilità e le riserve incontrate
in un primo momento, il culto di Dioniso fu gradualmente accettato in tutta la
Grecia.

Mito Dioniso
Secondo il mito, Dioniso era figlio di Zeus e di una donna mortale, Semele, ed era
stato allevato dai satiri, divinità dall'aspetto meta umano ( nella parte superiore del
corpo) e metà caprino ( nella parte inferiore) Dioniso era il dio della fertilità del vino,
e gli eventi della sua vita lo ponevano in stretta relazione con le fasi del ciclo
stagionale celebrate dalle religioni primitive.
Attraverso i loro riti i celebranti del culto di Dioniso ricercavano l'unione mistica con
impulso creativo originario. A livello pratico, il loro scopo era quello di propiziarsi la
fertilità, garantirsi il ritorno della primavera, assicurarsi la fecondità sia degli uomini
che della terra e l'abbondanza dei raccolti.
In onore di Dioniso in attica si tenevano quattro feste annuali:
1. Le Dionisie rurali o piccole Dionisie ( in dicembre)
2. Le Lenee (in gennaio )
3. Le Antesterie ( tra febbraio e marzo )
4. Le Dionisie cittadine che si celebravano ad Atene all’inizio della primavera.

Le Dionisie o grandi Dionisie erano le feste più recenti, ma acquistarono


rapidamente un'importanza preminente dopo la loro riorganizzazione promossa da
Pisistarto tra il 536 e il 533 a.c
La feste delle grandi Dionisie comprendeva un concorso tra le 10 tribù dell'attica per
l’esecuzione del migliore inno ditirambico e una gara tra il poeti tragici. Più tardi,
verso il 501 a.C fu introdotto anche il dramma satiresco.
Ogni autore partecipava così presentando tre tragedie ( collegate tra loro ) e un
dramma satiresco con cui chiedeva la serie delle sue composizioni. Infine entrò a far
parte della festa nel corso del quinto secolo, la gara per la migliore commedia.

La tragedia e il dramma satiresco nel quinto secolo a.C

La conoscenza della tragedia greca si basa quasi esclusivamente sulle opere di tre
drammaturghi del quinto secolo a.C.:

- ESCHILO
- SOFOCLE
- EURIPIDE
Delle più di 1000 tragedie scritte tra il 500 e il 400 a.C. ne sono rimaste soltanto 31 di
tre soli autori drammatici.
Nei testi sopravvissuti si possono comunque individuare una serie di caratteristiche
strutturali:
- Molte tragedie iniziano con un PROLOGOS che fornisce le informazioni sugli
eventi accaduti prima dell'apertura del dramma.
- Segue la PARODOS o entrata del coro.
Se non c'è un prologo, è la PARODOS che dà inizio al dramma.
Le PARODOI delle tragedie sopravvissute hanno una lunghezza che varia dai 20 ai
200 versi: introducono il coro, espongono gli avvenimenti e stabiliscono il tono della
tragedia.
Dopo la PARODOS , una serie di episodi il cui numero può variare da tre a sei,
separati dai canti corali, sviluppano l'azione principale.
- L’EXODOS, con l'uscita di tutti i personaggi e del coro, chiude la tragedia.

Tutte le tragedie greche esistenti si fondano essenzialmente sul mito o sulla storia.
Ogni scrittore era comunque libero di alterare le storie e di inventare le motivazioni
dei personaggi e degli eventi.
Agatone, autore ateniese della fine del quinto secolo, fu il primo ad inserire nella
tragedia delle storie inventate, ma il suo esempio non fu mai largamente seguito e
nessuna delle sue tragedie è sopravvissuta.

Le più antiche tragedie greche rimaste sono di Eschilo che cominciò a partecipare alle
competizioni drammatiche delle Dionisie cittadine intorno al 499 a.C
Si conoscono circa 80 titoli delle sue tragedie ma ne sono sopravvissute solo 7
- i persiani
- 7 contro tebe
- L’orestea
- Le supplici
- Il prometeo
La maggior innovazione attribuita ad Eschilo è l'introduzione del secondo attore.
Le tragedie sopravvissuti di Eschilo facevano parte di trilogie, in cui tre tragedie
narravano momenti successivi di un'unica storia, o erano unite da un medesimo tema
mitologico.

I personaggi di Eschilo hanno dimensioni eroiche e sono quindi molto distanti dalle
persone della vita reale, quotidiana. Eschilo è più teatrale di tutti i tragici greci in
quanto sfrutta a fondo le risorse dello spettacolo. Le sue tragedie spesso fanno appello
ad una spettacolarità monumentale:
- Utilizzano a volte due cori
- Introducono bighe tirate da cavalli
- Personaggi mitologici pittoreschi e terrificanti eccetera..
Eschilo utilizza con frequenza elementi visivi di carattere simbolico, insolite danze
corali e costumi fastosi.

Sofocle ha scritto probabilmente più di 120 tragedie, ma ne sono sopravvissute solo


sette:
- Aiace
- Antigone
- Edipo re
- Elettra
- Le trachinie
- Filottete
- Edipo a colono
È rimasta anche una parte rilevante del suo dramma satiresco: i segugi.
Sofocle vinse 24 concorsi drammatici e conquistò la prima vittoria nel 468 a.c in gara
con ESCHILO.

A SOFOCLE gli sono attribuite alcune importanti innovazioni come l’aggiunta del
terzo attore e l’aumento sul numero dei coreuti da 12 a 15.
Rispetto ad Eschilo, Sofocle pone un’attenzione maggiore alla caratterizzazione dei
personaggi, che sono complessi e psicologicamente ben costruiti e riduce l’importanza
del coro che viene staccato dall’azione della tragedia per assumere il ruolo di
spettatore più che di attore.
Sofocle è ritenuto il più abile dei tragici greci nell’organizzazione della materia
drammatica: l’Edipo re, ad esempio è considerato il modello perfetto della tragedia
greca. Nei suoi drammi lo sviluppo dell’azione è sempre accuratamente motivato e le
scene sono costruite in modo da condurre efficacemente e progressivamente al
culmine dell’intensità drammaica.
EURIPIDE ( 480-406)
Scrisse circa 80 tragedie e ne sono sopravvissute solo 17.

- Alcesti
- Medea
- Ippolito
- Gli eraclidi
- Andromaca
- Ecuba
- Eracle
- Le supplici
- Ione
- Le troiane
- Elena
- La fenice
- Oreste

È sopravvissuta inoltre il ciclope, un dramma satiresco. Euripide con le sue opere fu


molto popolare ma dopo la sua morte in quanto quando era in vita, il giudizio sulle
sue opere era molto controverso.
I protagonisti delle sue tragedie infatti, criticano spesso il senso di giustizia degli dei
che a volte appaiono proprio come l’origine e la causa delle miserie umane.
A volte euripide insinua che sia il caso a dominare il mondo e sostiene che gli esseri
umani si preoccupano dei valori morali più di quanto non facciano, almeno nelle
rappresentazioni mitologiche, gli dei.
Euripide inaugura però un nsieme di pratiche drammatiche che vennero sviluppate
nel quarto secolo a.C.. Per i soggetti delle sue tragedie si ispirò a miti minori oppure
alterò notevolmente quelli già esistenti.

Nel quinto secolo ogni tragediografo partecipava alle grandi di Dionisie presentando
tre tragedie e un dramma satiresco.
Dalle centinaia di drammi satireschi che sono stati scritti l’unico testo completo
sopravvissuto è il ciclope di EURIPIDE. L'argomento è trattato dell'episodi
dell'Odissea in cui Ulisse incontra il ciclope Polifemo e dopo averlo accecato riesce a
sfuggirgli.
Il dramma satiresco prende il suo nome dal coro, che era composto dai compagni di
Dioniso metà umano e metà caprino. Il corifeo era Sileno, il padre dei satiri.
Spesso il dramma satiresco metteva in ridicolo le divinità e gli eroi con le loro
gloriose avventure, l’azione chiassosa di questo tipo di dramma aveva luogo in
ambienti rurali e comprendeva danze vivaci gestualità e linguaggio osceni.
.

La commedia nel quinto secolo a.C

La commedia fu l'ultima delle maggiori forme drammatiche a ricevere in Grecia il


riconoscimento ufficiale. Fu accettata nelle Dionisie cittadine solo nel 487-486 a.c
Sarebbe nata, Secondo quanto suggerisce Aristotele nel corso delle particolari
cerimonie in cui, per impetrare la fecondità della terra, degli uomini, e delle greggi,
veniva trasportato in processione un simbolo fallico. Della processioni faceva parte un
coro: I partecipanti erano travestiti da animali cantavano e danzavano scambiando
battute con gli spettatori. Un esempio di commediografo di quel tempo era Epicarmo
vissuto a Siracusa, una colonia dorica della Sicilia. Si sa molto poco del poeta
Epicarmo. Dai frammenti sopravvissuti si possono però dedurre alcune caratteristiche
delle sue opere. Ci sono scene che richiedono la presenza di almeno tre attori, non c'è
nessuna prova dell'esistenza di un coro, né dell'uso di un prologo mentre abbondano
gli elementi parodistici e farseschi.
Intorno al 487- 486 la commedia doveva essere talmente sviluppata da venire
introdotta nelle celebrazioni delle grandi Dionisie.
Ad Aristofane 448 380 a.C., appartengono tutte le commedie esistenti che risalgono
al quinto secolo. Si pensa che abbia scritto circa 40 opere ma ne sono sopravvissute
solo 11.
La struttura essenziale della commedia Aristofanesca è semplice. Il prologo spiega la
situazione iniziale ed espone la trovata, entro il coro quindi segue un dibattito sui
pregi dell'idea proposta, che si decide infine di sperimentare. La parabasis divide la
prima parte della commedia dalla seconda. Nella parabasis spesso vengono discussi
problemi sociali e politici, talvolta si loda l'autore della commedia o si invoca il favore
del pubblico.

La seconda parte della commedia è costituita da una serie di scene che mostrano i
risultati della trovata iniziale.
La scena finale si conclude generalmente con la riconciliazione di tutti personaggi e
con la loro uscita di scena per recarsi ad un banchetto o ad una festa.
LE FESTE IN ONORE DI DIONISO E LA PRODUZIONE DEGLI
SPETTACOLI TEATRALI.

Nel quinto secolo a.C. le gare teatrali, che inizialmente si tenevano solo in occasioni
delle grandi Dionisie, entrano a far parte anche delle piccole Dionisie e delle Lenee.
Le grandi Dionisie restano comunque la manifestazione di maggior prestigio.

Le grandi Dionisie si svolgevano sotto la direzione generale del primo magistrato di


Atene. Qualche giorno prima della festa, ogni drammaturgo appariva con i suoi attori
ad una cerimonia, il PROAGON dove annunciava l'argomento delle sue opere.
Le celebrazioni iniziavano con un solenne corteo, a cui era affidata la produzione
delle rappresentazioni. Il corteo si concludeva con l'offerta di doni e con il sacrificio
di un toro sull’altare di Dioniso.

Nel quinto secolo a.C. venivano riservati cinque giorni agli spettacoli:
- Tragedie
- Commedie
- Drammi satireschi
- Cori ditirambici
Sembrerebbe che almeno tre giorni fossero dedicati interamente alla
rappresentazione delle opere drammatiche. In ciascuno di questi giorni ogni autore
presentava tre tragedie e un dramma satiresco. Dopo il 487- 486 a.c entrarono in gara
anche cinque commediografi ognuno dei quali presentava una commedia.
Fino al 449 a.c i premi erano assegnati solo alle opere drammatiche, in seguito,
furono messi in palio dei premi anche per gli attori. Due giorni dopo la fine delle feste
si riuniva un’assemblea per valutare il comportamento tenuto dalle autorità
responsabili delle celebrazioni e per raccogliere eventuali lamentele sulla cattiva
condotta tenuta dai cittadini.
Le lenee venivano celebrate ad Atene verso la fine di gennaio ed erano soprattutto
feste locali. Per questo era permessa una maggior libertà di espressione. Inizialmente
alle lenee potevano partecipare soltanto autori e attori comici, ma nel 432 a.c furono
aggiunte altre competizioni destinate agli attori e scrittori tragici.

Le piccolo dionisie erano celebrate nel mese di dicembre nei demi dell’attica e
potevano iniziare nei diversi demi, in giorni differenti.
La maggiore attrattiva della festa era costituita da una processione con un gigantesco
fallo che veniva trasportato in cima ad un palo, con lo scopo apparente di stimolare la
fertilità in una stagione in cui il sole non era ancora troppo fievole per preannunciare
sicuri raccolti.
Gli autori che volevano partecipare alle grandi dionisie si rivolgevano all’arconte.
l’arconte selezionava tre autori e nominava i coreghi, scegliendo tra i cittadini ricchi
che dovevano assumersi a turno le spese della produzione teatrali come dovere civico.
ad ogni autore veniva assegnato un corego che garantiva la preparazione del coro,
prevedeva ai suoi costumi e probabilmente pagava i musicisti.
Il corego forniva inoltre gli oggetti di scena, procurava le comparse, e poteva anche
accogliere e soddisfare ulteriori richieste.
Le responsabilità dello stato erano limitate, dovevano mettere a disposizione un
teatro, fornire premi per gli autori e forse dei drammaturghi.

GLI ATTORI E LA RECITAZIONE

Originariamente l’attore e l’autore erano la stessa persona. Non ci fu una distinzione


dei ruoli fino a quando eschilo introdusse un secondo attore (nel 5 secolo a.c)
L’autore continuò a recitare nelle sue opere fino al 468 a.c quando sofocle introdusse
un terzo attore.
Nel quinto secolo, gli attori erano ancora solo dei semiprofessionisti, poiché la
richiesta di questo tipo di artista era occasionale e discontinua, essi erano costretti ad
arrotondare le loro entrate con altre attività.
Dopo il 468 il numero degli attori previsti per ogni autore tragico fu fissata tre.
Questi attori potevano impersonare un numero variabile di personaggi. Talvolta lo
stesso personaggio interpretato, nelle diverse scene, da attori differenti. In alcune
opere venivano inserite delle comparse a cui erano assegnate parti non parlate oppure
ruoli con pochissime battute. I greci attribuivano nella recitazione particolare
importanza alla voce, in quanto giudicavano gli attori soprattutto per la bellezza dei
toni vocali e per l'abilità di adattare la maniera di parlare allo stato d'animo e al
personaggio. La recitazione aveva comunque un carattere più declamatorio che
realistico, Infatti non cercava tanto di rispecchiare le caratteristiche dell'età o del sesso,
quanto piuttosto di riflettere la gradazione emotiva appropriata. L'espressione mimica
non aveva altrettanta importanza perché l'attore indossava sempre la maschera. La
voce era la cosa più importante di tutte.
Tutti i ruoli, inclusi quelli femminili, erano interpretati da uomini.

IL CORO LA MUSICA E LA DANZA

Nelle prime tragedie la parte predominante era quella del coro.


L'attore infatti era uno solo, E probabilmente doveva uscire spesso di scena per
cambiare ruolo. Nel mentre il coro continuava a recitare almeno la metà delle battute.
Dopo Eschilo l'importanza del coro diminui progressivamente. Secondo l'opinione
degli storici i membri del coro erano 50 poi ridotti a 12.
Il coro faceva il suo ingresso con un'andatura solenne e maestosa, la maggior parte
delle odi corali venivano cantate e ballate all’unisono.
Il coro della commedia antica era composto da 24 membri. Talvolta era suddiviso in
due semicori in cui si contrappongono due gruppi di sesso opposto. Sembra che la
commedia, in genere, godesse di una maggiore libertà della tragedia e quindi le
entrate, le danze e gli usi del coro potevano variare considerevolmente.
Il coro faceva normalmente la sua entrata dopo il prologo E rimaneva in scena fino
alla fine del dramma.
Nel teatro greco il coro, assolveva diverse funzioni.
- Prima di tutto era un personaggio del dramma: Dava consigli, esprimeva opinioni,
poneva domande eccetera
- In secondo luogo definiva il contesto etico e sociale come criterio di giudizio
dell’azione.
- Fungeva frequentemente da spettatore ideale che reagiva agli avvenimenti e ai
personaggi proprio come, secondo l'autore, avrebbe dovuto reagire il pubblico
reale.

Nel quinto secolo a.C., I membri del coro non erano di professionisti. Le danze corali
erano diffusi in tutta la Grecia e alle competizioni delle grandi Dionisie partecipavano
almeno un migliaio di persone ogni anno. Inizialmente l'autore curava le coreografie
e preparava il coro, ma in seguito questi compiti furono assegnati a dei professionisti.
Si dice che la preparazione fosse lunga e difficile e comprendesse una dieta particolare
ed un allenamento disciplinato sotto l'attenta guida di numerose persone. Sembra
anche che ai componenti del coro, venissero riservati trattamenti speciali, Infatti la
preparazione fisica e l'abbigliamento dei coreuti costituivano l'aspetto più oneroso dei
doveri del corego.

Anche la musica aveva una notevole importanza nel dramma greco: accompagnava i
recitativi e rappresentava una componente inseparabile dalle odi corali.
L'accompagnamento musicale dei drammi era creato dal suono di un unico flauto la
cui tonalità assomigliava a quella di un moderno oboe o clarinetto. Altri strumenti,
come la lira, le trombe e vari tipi di strumenti a percussioni venivano usati per creare
effetti più ricercati.

I greci definivano danza qualunque movimento ritmico espressivo, Quindi la danza


non si manifestava necessariamente attraverso una serie di figure create dalla
successione di passi. Qualsiasi tipo di gestualità se ritmico poteva essere qualificato
danza. Le danze della commedia erano meno solenni e maestosi di quelli della
tragedia, e spesso erano volutamente ridicole. Le danze corali comiche si ispiravano a
diversi modelli: il movimento degli animali, le cerimonie religiose, le celebrazioni delle
vittorie militari ecc..
Le danze eseguite dei singoli attori comprendevano anche schiaffi, calci, pedate e
botte scambiate con altri personaggi.

I COSTUMI E LE MASCHERE

L'abito del coro era creato in base a dei criteri relativamente realistici come l'età, il
sesso, la nazionalità e la condizione sociale.
Gli attori e il coro indossavano una tunica e all'occorrenza poteva indossare anche un
mantello corto. L'identità degli attori e del coro poteva essere stabilita tramite oggetti
simbolici: lo scettro per il re, la lancia per il guerriero, un ramo per il supplice ecc
Gli attori indossavano il chitone sopra delle calzamaglie color carne, Spesso imbottite.
I personaggi maschili, tranne quelli del coro, portavano un fallo.

Per quanto riguarda i drammi satireschi, gli storici hanno ipotizzato che i satiri
indossassero dei perizomi di pelle di capra, a cui sul davanti erano attaccati dei falli e
dietro una specie di coda di cavallo. le altri parti del corpo apparivano nude ed erano
probabilmente ricoperte da una maglia color carne.
Sileno, il capo del coro, veniva generalmente raffigurato con una maglia pelosa sotto
un mantello di pelle di animale.
Durante il quinto secolo tutti gli attori, ad eccezione delle suonatore di flauto
portavano delle maschere. Le maschere non sono giunte a noi in quanto erano fatte di
materiali deteriorabili dal tempo come il lino, il sughero e la corteccia.
Nei periodi successivi, le maschere diventarono notevolmente più grandi della faccia
ed erano caratterizzate da tratti molto marcati e da lineamenti esagerati. Le maschere
coprivano tutta la testa e quindi riproducevano anche l'acconciatura di capelli, la
barba, eventuali gioielli e altri particolari. Generalmente tutti membri del coro
indossavano maschere identiche. Quando gli attori interpretavano personaggi ateniesi
famosi, venivano usate delle maschere somiglianti, anche se caricaturali.

Nella tragedia esistevano vari tipi di calzature: le più comuni erano delle scarpe
morbide o stivaletti che spesso arrivavano al polpaccio. In seguito fu applicata una
suola spessa di legno e queste calzature presero il nome di coturni.

L’ARCHITETTURA E LE MACCHINE TEATRALI

In Grecia gli spazi in cui avvenivano le rappresentazioni erano generalmente situati


nelle vicinanze di luoghi sacri dedicati agli dei. Gli scavi archeologici nei palazzi
minoici di Creta, hanno portato alla luce delle aree in cui erano sistemati dei sedili di
pietra posti sui due lati di una spazio rettangolare che misurava approssimativamente
12 m per 10. Queste aree erano probabilmente utilizzate per le danze di cerimonie
rituali. Un numero sempre maggiore di archeologi crede che i primi spazi teatrali
della Grecia avessero forma quadrata o rettangolare.
In Grecia esistevano numerosi teatri, ma l’interesse degli studiosi si è concentrato sul
teatro di Dioniso ad Atene, perché li furono probabilmente rappresentate per la prima
volta tutte le tragedie greche sopravvissute. L’elemento strutturale più antico del
teatro di Dioniso era senz'altro l'orchestra. In origine era probabilmente l'unico
elemento strutturale, In quanto il pubblico sedeva o stava in piedi .
Durante il sesto secolo ai piedi della collina fu creato uno spazio livellato su cui venne
costruita l'orchestra. L'orchestra era circolare, avevo un diametro di circa 20 m nella
sua forma rimase essenzialmente inalterata fino all’era cristiana.
Al centro dell'orchestra era collocato un altare.
L’edificio scenico o SKENE’ è probabilmente un elemento di costruzione più tarda.
Skenè significa tenda o capanna.
Dopo il 458 A.C. tutte le rappresentazioni utilizzavano la skenè come sfondo. La
skenè poteva facilmente soddisfare le esigenze sceniche della maggior parte dei
drammi, i quali erano spesso ambientati davanti ad un tempio. Alcuni storici
sostengono che alla struttura scenica generica venivano aggiunti determinati oggetti
simbolici, ad esempio degli scudi per identificare un accampamento militare, Oppure
delle conchiglie o delle rocce per suggerire una spiaggia oppure non albero per
suggerire un bosco.
Tra il 1468 il 456 a.C. Gli storici hanno stabilito l'uso delle scene dipinte come
sfondo. La scena dipinta è un disegno architettonico su una superficie piatta.
La scena dipinta si distingue come
1. PINAKES —> dipinti simili agli odierni fondali, potevano essere cambiati a loro
piacimento scusa
2. PERIAKTOI —> O prismi triangolari che avevano delle scene differenti dipinti
su ciascuno dei tre lati.

Nel quinto secolo a.C. venivano utilizzate alcune macchine per creare effetti speciali.
Gli attrezzi più importanti erano l’ ekkuklema e la mechanè.
L’ekkuklema era una piattaforma che veniva fatta scivolare attraverso la porta
centrale della skenè. ( porte teatrali)
La mechanè serviva a fare apparire personaggi in volo o sospesi a mezz’aria.
La gru era situata probabilmente in modo che un'attore potesse esservi attaccato fuori
dalla vista del pubblico, e fosse poi sollevato in aria e fatto oscillare sulla scena.
La gru era frequentemente usata per l'apparizione di divinità. L'uso frequente della
mechanè da parte di Euripide, che risolveva spesso le sue tragedie con l'intervento
divino, ha diffuso nel linguaggio corrente l’espressione deus ex machina che sta a
indicare un intervento improvviso che risolve inaspettatamente una situazione
intricata.
Gli oggetti di scena non erano molto numerosi, ma costituivano comunque degli
elementi essenziali per la rappresentazione.
Oggetti essenziali alla rappresentazione erano anche i carri tirati da cavalli, le bare
per i cadaveri, le statue di svariate divinità, le e torce le lampade per le scene
notturne.

IL PUBBLICO

Nei teatri greci lo spazio riservato agli spettatori e l’edificio scenico costituivano
sempre delle unità architettoniche ben differenziate.
Erano separate dall’orchestra e dalle PARODOI
Le parodi servivano principalmente per l’entrata del coro ma potevano essere usate
pure per l’ingresso di alcuni attori e per l’entrata e l’uscita del pubblico.

Il prim THEATRON ( area riservata al pubblico) del teatro di Dioniso fu il declivio


della collina che degradava dall’acropoli. Originariamente gli spettatori assistevano
alle rappresentazioni in piedi e i posti per il pubblico, sistemati in modo simile a quelli
di uno stadio, furono probabilmente allestiti verso la fine del sesto secolo a.C in
quanto la prima grande risistemazione del teatro iniziata dopo il 500 a.C fu
necessaria dal deterioramento dei sedili di legno. In questo periodo fu corretta la
pendenza della collina e fu costruita una serie di terrazzamenti su cui vennero
sostituiti nuovi sedili di legno.
Quando si costruì l’Odeon intorno al 440 a.C la pendenza fu nuovamente modificata
e solo successivamente i sedili di legno furono sostituiti da sedili di pietra.
La costruzione di un THEATRON in pietra fu portata a termine tra il 338 e il 326
a.C
È stato calcolato che i sedili di pietra del THEATRON potevano contenere dalle
14.000 alle 17.000 persone. Solo una parte della popolazione poteva assistere alle
rappresentazioni infatti nella seconda metà del quinto secolo l’attica contava da
150.000 a 200.000 abitanti. Quindi anche se il teatro era aperto a tutti, solo 1\10
della popolazione poteva essere presente.

Verso la metà del 5 secolo fu istituita una sorta di biglietti e fu fissato un prezzo di
ingresso . Per garantire a tutti la possibilità di assistere agli spettacoli, intorno al 450
a.C Pericle creò un fondo statale che sovvenzionava l’acquisto dei biglietti per i meno
abbienti. Il ricavato dei biglietti andava al gestore del teatro che era responsabile
della sua manutenzione.

I biglietti davano diritto all’ingresso ad un particolare settore piuttosto che ad un


posto specifico.
Ad ogni gruppo sociale era assegnato un settore e in ognuna di queste aree una parte
era riservata alle donne.
Il posto centrale della prima fila era riservato al sacerdote di Dioniso.
Venivano poi riservati numerosi posti anche per gli altri sacerdoti e sacerdotesse, per
le autorità dello stato, per gli ambasciatori stranieri ospiti della citta ecc
Il pubblico era composto da:
- Donne
- Uomini
- Ragazzi
- Schiavi

Le autorità erano responsabili dell’ordine pubblico, del controllo dei biglietti e


dovevano assicurarsi che gli spettatori sedessero nel giusto settore.
Gli atti di violenza a teatro venivano puniti anche con la morte.
Generalmente si ritiene che gli spettacoli durassero tutto il giorno. Il pubblico
esprimeva il suo giudizio rumorosamente e talvolta poteva fischiare talmente forte da
costringere gli attori ad abbandonare il palcoscenico.
Uno dei momenti culminanti di ogni competizione drammatica era l’assegnazione dei
premi.
La procedura:
- prima dell’inizio della festa veniva compilata una lista di potenziali giudici (una
lista per ognuna delle dieci tribù) e tutti i nomi di una stessa tribù venivano messi in
un’unica urna.
- Le dieci urne venivano poi sigillate e custodite fino all’inizio delle gare.
- A questo punto venivano portate nel teatro dove l’arconte estraeva un nome da
ognuna e i sorteggiati erano i giudici della competizione.
- Ogni giudice metteva poi il suo voto in un’urna e l’arconte ne estraeva 5
- Sulla base di questi 5 voti ne veniva designato il vincitore.
I nomi dei vincitori veniva conservati negli archivi di stato.

La produzione drammatica dopo il 5 secolo a.C

La conclusione della guerra del Peloponneso che vede il trionfo di sparta, segnò
l’inizio della decadenza politica ateniese.
In Atene l’attività artistica proseguì vigorosa e la città continuò ad essere il centro
della vita culturale del mondo greco.
Nel corso del secolo gli scrittori cominciarono ad ispirarsi a miti minori e ad
impiegare con maggiore frequenza procedimenti forensi ed espedienti
melodrammatici.
Dopo il 340 a.C nelle dionisie cittadine, veniva rappresentata almeno una delle
antiche tragedie.
Nuovi drammi continuarono ad essere composti fino al secondo secolo d.c

La popolarità della commedia dopo il quinto secolo crebbe sempre di più.


1. Commedia antica —> inizio guerra Peloponneso fino 404 a.C
2. Commedia di mezzo —> inizio 404 a.C fino al 336 a.C
3. Commedia nuova —> databile dopo il 336 a.C

2. La commedia di mezzo si allontana dall’attacco personale e dalla satira politica e


sociale e si rivolge ad avvenimenti basati sulla vita ed i costumi quotidiani oppure
sulla parodia delle vicende mitologiche.
3. La commedia nuova, i temi ricorrenti riguardano faccende private della
cittadinanza ateniese delle classi medie. A differenza della commedia antica, la
commedia nuova ignorava completamente i problemi politici e sociali e centrava i
suoi interessi principalmente sulle storie d’amore, sui problemi finanziari e i rapporti
familiari. Spesso le trame erano costituite intorno alla figura di un giovane che contro
la dura opposizione del padre, cercava di sposare una ragazza generalmente una
schiava sul punto di essere costretta a prostituirsi. Dopo molti tentativi comicamente
mal riusciti di circuire l’opposizione paterna, il figlio raggiungeva il suo scopo quando
finalmente scopriva che l’amata era la figlia, da tempo perduta, di qualche benestante
atenise.
L’intenzione si basava su un fraintendimento che una volta chiarito, annullava le basi
del conflitto.
La commedia nuova, comunque, non si basava solo a questo tipo di trama.
Talvolta le opere si basavano sopratutto sulla caratterizzazione dei personaggi, altre
volte anche sul mito.
Il coro durante la commedia nuova, appariva solo durante gli intervalli tra gli episodi.
Benché si conoscano i nomi di 64 scrittori della commedia nuova e siano state
prodotte circa 1400 commedie, è sopravvissuta un’unica opera completa, il
misantropo di Menandro, è stata scoperta solo nel 1957.
Menandro (342-291a.c) scrisse più di 100 commedie ed è l’autore più importante
della commedia nuova. Nel mondo antico Menandro fu ammiro per le sue efficaci
caratterizzazioni per lo stile semplice e diretto e per l’abilitò nella costruzione delle
trame.
A Roma dove le sue commedie furono rappresentate frequentemente la fama di
Menandro superò della di tutti gli altri autori greci, fatta eccezione per Omero.

Il teatro ellenistico

Il periodo ellenistico inizia con il regno di Alessandro magno ( 356- 323 a.C).
Nell’età ellenistica si verificarono numerose trasformazioni nella vita teatrale.
Tra queste furono le feste disposte ad Alessandro magno per celebrare le vittorie
militari. Si narra che fossero particolarmente grandiose: ad una celebrazione, ad
esempio, avrebbero preso parte ben 3000 attori provenienti da tutto il mondo greco.
Le occasioni festive in cui venivano allestite le rappresentazioni teatrali aumentarono
e così crebbe la richiesta di attori qualificati. Per questo, durante il periodo ellenistico,
il teatro si trasformò in un'attività quasi del tutto professionale. Un ulteriore passo
compiuto in questa direzione fu la creazione di una corporazione teatrale, detta ‘gli
artisti di Dioniso’. La corporazione esisteva già nel 277 a.C., La data della sua
fondazione è incerta. Gli artisti di Dioniso contavano tra loro poeti, attori, membri
del coro, istruttori, musicisti, costumisti, insomma tutte le persone necessarie alla
produzione alla messinscena di opere teatrali.
Il capo dell’organizzazione era generalmente un sacerdote di Dioniso. La
corporazione si articolava in tre o quattro diramazioni principali ognuna delle quali
aveva un proprio centro direttivo.

1. Quella ateniese era probabilmente il ramo più antico e rimase a lungo il più
rinomato.
2. Il secondo centro era a Corinto
3. Il terzo a Theos in asia minore
Infine ne esisteva probabilmente un quarto ad Alessandria.
Man mano che il teatro si spandeva, ogni ramificazione principale creava delle
proprie succursali in modo da coprire l'intera area compresa nella sua giurisdizione.
Dopo la morte di Alessandro il mondo ellenico si divise in numerosi Stati, furono
stipulati degli accordi internazionali che garantivano la sicurezza dei membri della
corporazione. In alcuni casi gli attori erano esonerati dagli obblighi militari e non
potevano essere arrestati. Inoltre, vista la loro relativa mobilità, gli attori venivano
talvolta utilizzati dallo Stato con ambasciatori. Tuttavia, benché godessero di una
sicurezza di un prestigio professionale molto maggiore di prima, continuavano ad
essere guardati con sospetto e a godere di una cattiva reputazione.

Tra la metà del quarto secolo e il primo secolo a.C., si sviluppò una struttura teatrale
abbastanza diversa da quella del teatro di Dioniso. Di questo nuovo tipo di teatro,
chiamato normalmente ellenistico per distinguerlo da quella ateniese, si conservano
numerosi esempi a
- PRIENE
- EFESO
- DELO
- EPIDAURO
- PERGAMO
- CORINTO
- ALESSANDRIA
Probabilmente l'innovazione più rilevante del teatro ellenistico fu il lungo
palcoscenico sopraelevato, Alto da 2 m e mezzo a 4 m e lungo anche 40 m. Questo
palcoscenico era molto stretto, avevi infatti una profondità che andava dai 2. Ai 4m.
Era aperto sulle due estremità laterali.
In alcuni teatri il palcoscenico era collegato a livello dell'orchestra da rampe di scale,
in altri si poteva accedere al palco solo dall’edificio scenico.
Lo spazio per il pubblico non subì nessun cambiamento significativo ma la capienza
del theatron poteva considerevolmente variare dai 3000 posti ai 25.000.

I costumi le maschere tragiche vennero modificati in modo rilevante dopo il quinto


secolo a.C.
Intorno al primo secolo a.C. gli attori tragici indossavano delle imbottiture, scarpe
con spesse suole di legno, e un'alta acconciatura per sembrare più alti e imponenti. I
lineamenti marcati delle maschere furono ulteriormente ingranditi ed esasperati.
L'attore tragico si elevava così all'altezza superiore al normale, il suo aspetto naturale
veniva abilmente trasformato in una figura convenzionale stilizzata.
Giulio Polluce, Grammatico greco ha lasciato un elenco di 28 maschere fondamentali
che coprivano presumibilmente tutte le categorie dei personaggi tragici:
- sei di anziani
- Otto di uomini
- Otto di donne
- Sei di servi
Polluce enumera inoltre anche una serie di argo, il mostro mitologico con un numero
infinito di occhi. Nella commedia nuova il costume benché fosse sempre di tipo
convenzionale, si rifaceva maggiormente ai vestiti della vita di tutti i giorni.
L'abito tipico era una semplice tunica bianca aperta sul lato sinistro, su questa tunica
poi gli attori portavano lungo mantello
- Bianco per gli anziani
- Rosso porpora per i giovani di buona famiglia
- Nero o grigio per i parassiti.
I servi indossavano un mantello bianco corto
Le donne anziane erano vestiti in verde o in azzurro
le sacerdotesse vestivano di bianco come giovinette
I Personaggi maschili non portavano più il fallo.

Giulio Polluce enumera 44 maschere per la commedia nuova:


- nove per gli anziani
- Quattro per gli uomini
- Sette per gli schiavi
- Tre per le donne anziane
- Cinque per le donne giovani
- Sette per i cortigiani
- Due per le domestiche
- Una per i campagnoli
- Due per i soldati
- Una per gli adulatori
- Tre per i parassiti
I personaggi della commedia dovevano quindi essere considerevolmente più vari di
quelli della tragedia. Alcune maschere tipo quelle degli schiavi erano caricaturali.
Anche il colore dei capelli rispondeva a precise convenzioni. Numerosi schiavi ad
esempio avevano i capelli rossi mentre i cortigiani li avevano gialli.
La vita teatrale risentì profondamente della conquista romana avvenuta nel secolo
secondo a.C.. Numerosi edifici teatrali furono trasformati e resi più conformi
all'ideale romano dell'architettura teatrale. Questi teatri riadattati vengono definiti
generalmente greco romani , proprio perché conservano alcuni elementi caratteristici
di entrambi gli stili architettonici.

IL MIMO GRECO

La tragedia della commedia, prodotte e rappresentate nelle gare ufficiali organizzate


dallo Stato, costituiscono indubbiamente le forme più illustri e meglio documentate
del teatro greco.
Diversi tipi di spettacoli teatrali di carattere popolare vengono designati con il termine
mimo.
Il minimo consiste essenzialmente di brevi commediole, danze mimiche, imitazioni di
animali e uccelli, canti, acrobazie, giochi di destrezza e così via.
Piccole compagnie di mimi si esibivano probabilmente ai banchetti, o in altri simili
occasioni già nel quinto secolo a.C..
Possono perciò essere considerate le prime formazioni di attori professionisti. Furono
inoltre le prime formazioni di attori ad includere le donne.

IL TEATRO A ROMA E NELL’IMPERO BIZANTINO

L’influenza della cultura etrusca e le feste religiose.

L'attività teatrale inizia a Roma sotto l’influenza della cultura etrusca che dominò i
primi secoli di vita della città fondata, verso la metà dell'ottavo secolo a.C.
Secondo lo storico Tito Livio 59-17 a.C., le prime rappresentazioni teatrali si
sarebbero svolte a Roma nel 364 a.C. Ad opera di attori etruschi che si esibivano
danzando al sono del flauto per placare gli dei e allontanare la peste che aveva colpito
la città. All'influenza etrusca si aggiunsero successivamente gli apporti delle regioni
dell'Italia meridionale che Roma conquistò tra il quarto e il terzo secolo a.C..
Nella progressiva espansione di Roma nel bacino del Mediterraneo si verificò infine il
contatto e quindi l'assimilazione di modelli artistici greci. Le prime rappresentazioni
teatrali secondo le forme del dramma greco avvennero a Roma nel 240 a.C. nel corso
dei Ludi Romani, istituiti più di tre secoli prima sotto il governo del re etrusco
Tarquinio Prisco. Le rappresentazioni drammatiche di modello greco si aggiunsero
cosi ad altre forme di spettacolo:
- Musica
- Danza
- Gare sportive
- Farse
- Combattimenti di gladiatori
Ormai compiutamente istituzionalizzate nell'ambito delle celebrazioni pubbliche.
Anche a Roma, come in Grecia, la maggior parte dell’attività teatrale si svolgeva nel
corso delle feste di carattere religioso. Le rappresentazioni teatrali in queste occasioni
costituivano tuttavia solo una piccola parte dei divertimenti offerti al pubblico, e
dovevano contendere l'attenzione degli spettatori alle esibizioni di
- Giocolieri
- Domatori
- Acrobati
- Atleti
- Danzatori
- Animali ammaestrati.
Oltre alle feste religiose, comunque, si tenevano a Roma celebrazioni diverse
- per le vittorie militari
- per le consacrazioni di edifici pubblici
- Per i funerali di persone importanti
I ludi romani erano le più antiche tra le feste ufficiali e venivano celebrati in onore di
Giove nel mese di settembre. Dal 364 a.C. entrarono a farne parte gli spettacoli
teatrali e dal 240 con l'allestimento di un'opera di Livio Andronico, anche le
rappresentazioni regolari di commedie e di tragedie.

È difficile stabilire con esattezza quanti giorni all’anno i romani dedicassero agli
spettacoli teatrali, poiché, da un lato, il numero dei giorni in cui si tenevano le feste
ufficiali variava di anno in anno, e dall'altro si tenevano sovente celebrazioni
straordinarie. Inoltre le feste venivano talvolta replicate. Nel caso in cui si fosse
verificata una qualunque irregolarità nell'esecuzione del rituale, l’intera festa, con
tutti gli spettacoli, doveva essere ripetuta.
Tale ripetizione era chiamata INSTAURATIO. Il fatto che fosse una pratica molto
comune è dimostrato dai Ludi Romani, che tra il 214 a.C. e il 200 a.C vennero
replicati 11 volte in 11 anni e poi dai Ludi Plebei che furono ripetuti sette volte in un
anno.
Nei primi tempi veniva dedicato solo un giorno all'anno alle rappresentazioni teatrali,
ma gradualmente il numero dei giorni aumentò, finché all'inizio dell’era Cristiana si
arrivò a 40 giorni di rappresentazioni all’anno.

Sotto l’impero poi il numero delle rappresentazioni crebbe enormemente. Nel 354
d.C. almeno un centinaio di giorni erano dedicati agli spettacoli teatrali e altri 75 a
manifestazioni come le corse delle bighe o le lotte dei gladiatori.
LA COMMEDIA E LA TRAGEDIA

L’inizio della letteratura latina viene tradizionalmente fatto risalire a Livio Andronico
240 e 204 a.C., perché le commedie e le tragedie che egli scrisse, tradotte o adattate
dal greco a partire dal 240 A.C., costituiscono le prime importanti opere letterarie in
lingua latina.
Di Andronico sappiamo pochissimo: Conserviamo solo qualche frammento della sua
opera, e conosciamo titoli di otto tragedie e tre commedie.
Poco sappiamo anche di Gneo Nevio che fu particolarmente apprezzato per le sue
commedie, in quanto si dedicava a tutti e due i generi.
Gli autori successivi, si specializzarono impegnandosi prevalentemente in una delle
due forme.
Tra i commediografi più importanti ci sono:
- Tito Maccio Plauto 259-184 a.C.
-Publio Afro Terenzio 195-159 a.C.
Sono gli unici autori di cui ci siano pervenute le opere.

1. PLAUTO godette di tanta popolarità presso il pubblico del tempo che dopo la
sua morte finirono con l'essergli attribuite 130 commedie. Plauto arricchì le sue
commedie con riferimenti alla vita ed ai costumi dei romani e fu ammirato in
particolar modo per i suoi dialoghi in latino, la varietà della metrica dei suoi versi
e le sue argute facezie.

2. TERENZIO era uno schiavo cartaginese condotto ed educato a Roma, e quindi


affrancato dal suo padrone, il senatore Terenzio lucano. Terenzio fu accusato di essere
un semplice prestanome dei veri autori, di ceto patrizio, delle sue commedie. Scrisse
sei opere che sono tutte sopravvissute.
Il valore delle sue commedie non risiede negli sviluppi della trama, che spesso utilizza
nella stessa opera diverse fonti greche, o nell'uso efficace di una comicità immediata e
irresistibile. Si colloca invece nella costruzione del personaggio e delle situazioni più
opportune per rivelarne l'indole e provocare il contrasto con gli altri caratteri della
storia.
Dopo il 100 a.C. circa, la commedia cessò di essere un genere vitale, ma la fama delle
opere di Plauto e Terenzio sopravvisse anche dopo la caduta di Roma.
Nella commedia romana, il coro fu eliminato e le commedie quindi non erano più
suddivise in episodi. Un'altra importante innovazione è costituita dall’aggiunta
dell'accompagnamento musicale al dialogo, una caratteristica derivata probabilmente
dall'eredità etrusca. Circa i due terzi delle battute contenute nelle commedie di Plauto
e la metà delle battute delle commedie Di Terenzio avevano un sottofondo musicale.
Ma nei temi delle storie, la commedia romana non si è discostata tanto dalla
commedia nuova dei Greci.
La tragedia romana, di cui oggi si tende a diminuire l'importanza era invece molto
apprezzata dai critici e dal pubblico del tempo. Nonostante ciò, oggi sono conosciuti i
nomi di tre soli autori tragici attivi tra il 200 e il 75 a.C.:

- QUINTO ENNIO
- MARCO PACUVIO
- LUCIO ACCIO
Nessun testo è sopravvissuto. Ma a giudicare da alcuni frammenti sembrerebbe che la
maggior parte delle tragedie fossero adattamenti di opere greche. Questo tipo di
tragedia era definita FABULA CREPIDATA da trepida —> una calzatura greca
simile al coturno.
Altre tragedie, ma in numero minore, svolgevano argomenti tratti dalla vita romana, e
questo tipo di tragedia era chiamato FABULA PRAETEXTA, dalla toga praetexta
orlata di porpora dei magistrati romani.

Le uniche tragedie romane sopravvissute risalgono a questo periodo più tardo, e sono
quasi tutte opere di Lucio Anneo Seneca 4 a.C -65 d.C.
Nato in Spagna ed educato a Roma, Seneca fu famoso per le sue opere di retorica e
filosofia e diventò una delle personalità più influenti di Roma quando il suo discepolo
Nerone fu incoronato imperatore 54 d.C.
In seguito Seneca perse la sua ascendenza sull'imperatore e, diventato un intellettuale
scomodo e impopolare morì suicida nelle 65 d.C. per ordine di Nerone.
Ci sono rimaste nove tragedie di Seneca:
-HERCULES FURENS
- TROADES
- PHOENISSAE
- PHAEDRA
- OEDIPUS
- AGAMENNON
- THYESTES
- HERCULES OETAEUS
Sono tutte costruite su modelli originali greci. È molto improbabile che le tragedie di
Seneca siano state rappresentate nei teatri di Roma. Le caratteristiche principali di
queste opere:
1. Le tragedie di Seneca sono divise in cinque episodi separati da intermezzi corali
che si riferiscono solo vagamente all’azione. Nel Rinascimento la divisione in
cinque atti diventò una regola mentre il coro ridotto ad unico personaggio,
commentava spesso la vicenda.
2. Il linguaggio erudito e il tono costantemente declamatorio dei discorsi, che
talvolta possono far pensare a delle arringhe forensi, furono spesso imitati dagli
scrittori successivi.
3. Le scene violente e sanguinose caratteristiche delle tragedie senechiane furono
prese a modello dagli autori rinascimentali.
4. Infine la costruzione senechiana delle motivazioni psicologiche dei personaggi
spesso dominati da un'unica passione ossessiva (come la vendetta) che li conduce
alla distruzione finale, costituì un modello per il dramma delle Rinascimento.

L’ATELLANA, IL MIMO E IL PANTOMIMO

A Pomponio e a Novio, che scrissero tra il 100 e 75 a.C., si attribuiscono le prime


composizioni letterarie della farsa atellana. In quel periodo sembra che le fabulae
atellanae fossero molto brevi e servissero come pezzi di chiusura di una
rappresentazione. Caratteristiche dell'atellana erano soprattutto le scene campestri, il
linguaggio rozzo ed i personaggi tratti dal mondo agreste, mentre a dare sostanza alle
sue trame comiche erano le truffe, le risse, gli eccessi di ingordigia e le prodezze
sessuali. La sua ambientazione rustica e l'usanza di rappresentare l'atellana al termine
di un altro spettacolo furono gli elementi che indussero i romani ad associarla al
dramma satiresco.
Nella tavola atellana apparivano quattro personaggi fissi:

1. Papus: vecchio stupido, avaro e libidinoso


2. Maccus: lo scemo picchiato e canzonato
3. Dossenus: un gabbo furbo e imbroglione
4. Bucco: dalla bocca enorme,sguaiato e mangione.

Questi personaggi indossavano probabilmente costumi convenzionali, La favola


atellana raggiunge il suo momento di massima popolarità nel primo secolo a.C.

Il primo riferimento al minimo risale al 211 a.C., ma probabilmente questa forma


teatrale veniva rappresentata Roma già molto tempo prima. Il minimo in senso più
stretto, fu comunque una forma drammatica, generalmente breve, che però poteva a
volte diventare uno spettacolo anche abbastanza ricercato e complesso con la
partecipazione di molti attori. Poteva trattare qualunque argomento serio o comico
ma perlopiù prendeva spunto da alcuni aspetti della vita quotidiana colti da un punto
di vista comico o satirico. Gli studiosi moderni tendono a considerare il minimo come
uno spettacolo soprattutto osceno e violento ma non è per niente sicuro che questi
fossero i suoi tratti dominanti.
Il mimo inoltre era osteggiato specialmente dei cristiani e molte testimonianze sugli
eccessi e le depravazioni di questi spettacoli ci provengono dagli scrittori cristiani che
tentavano di opporsi alle capacità di attrazione del teatro. Oltre ai testi drammatici le
compagnie del mimo, presentavano anche una vasta gamma di intrattenimenti
secondari:
- numeri di funamboli
- Trapezisti
- Mangiatori di fuoco
- Mangiatori di spade
- Giocolieri
- Acrobati
- Animali ammaestrati

Sotto l'impero era molto in voga che un altro genere teatrale, il Pantomimo.
Il Pantomimo romano era una forma che precedeva per certi aspetti il balletto
moderno. Era uno spettacolo che tramite la danza raccontava una storia, Coinvolgeva
due o anche più ballerini. Le trame del pantomimo erano tratti generalmente dalla
mitologia o dalla storia. Il ballerino era accompagnato da un coro e da un'orchestra di
flauti pifferi e cembali.
( a roma un ballerino solista, in grecia 2)

CORSE DEI CARRI, COMBATTIMENTI DEI GLADIATORI, VENATIONES


E NAUMACHIE

Il teatro doveva competere con numerose altre forme di intrattenimento. Tra queste
la più antica e popolare era la corsa dei carri, che fu introdotta dal re etrusco
Tarquinio Prisco. La corsa dei carri fu uno dei passatempi favoriti dei romani e
continua ad esistere fino alle 549 d.C. Molti altri intrattenimenti erano poi offerti nei
circhi e comprendevano:
- le corse dei cavalli
- Battaglie simulate di cavalleria
- Acrobazie
- Gare di pugilato
- Lotta libera
- Esibizioni di animali feroci
- Combattimenti di animali
- Lotte fra uomini e belve
I combattimenti dei gladiatori, infine, costituivano un altro tipo di intrattenimento
estremamente popolare . Introdotti a Roma nel 264 a.C. come giochi funebri offerti
da privati non entrarono a far parte delle feste ufficiali allestite dallo Stato fino al 105
a.C. questi combattimenti si erano diffusi in tutto l'impero. Il numero dei gladiatori
aumentò sempre più e nel 109 d.C. si dice che nel corso di una festa organizzata in
occasione di una vittoria militare fossero presenti 5000 copie di combattenti.
Gli anfiteatri furono concepiti prima di tutto come luoghi da destinare ai
combattimenti dei gladiatori. il primo fu eretto a Pompei nel 75a.C. , il secondo a
Roma nel 46 a.C., e successivamente si diffusero nelle varie regioni dell’impero. Con
il passare del tempo i combattimenti divennero sempre più spettacolari e complessi:
Spesso erano accompagnati da una musica intonata alla situazione ed altri
arrangiamenti sonori. I gladiatori erano provvisti di costumi adeguati ed erano
predisposti anche di elementi scenografici. Scuole speciali curavano la preparazione
dei gladiatori, la maggior parte dei quali erano schiavi.

Le venationes, o combattimenti con animali feroci erano strettamente collegate alle


esibizioni dei gladiatori e venivano anch’esse rappresentate negli anfiteatri. Le belve
feroci fecero la loro prima apparizione al circo Massimo nel 186 a.C. e furono fatte
lottare fra loro e contro avversari umani. Verso la metà del primo secolo a.C. Le
venationes diventarono uno spettacolo complesso ed elaborato che si fece
particolarmente frequente dopo l'inaugurazione del Colosseo nel 80 d.C.
Il desiderio di novità spinse i romani ad importare animali da tutto il mondo.

L'intrattenimento più spettacolare era costituito dalle naumachie o battaglie navali.


La prima fu offerta nel 46 a.C. Da Giulio Cesare in un lago creato artificialmente per
l'occasione nel campo Marzio. Vi fu rappresentata una battaglia che coinvolse 2000
marinai e 6000 rematori. Più tardi per questo tipo di spettacoli si preferì allargare gli
anfiteatri. La più ambiziosa di tutte le naumachie fu organizzata nel 52 d.C. sul lago
di fucino ad est di Roma, per celebrare il completamento dell'acquedotto. A questa
battaglia presero parte almeno 19.000 partecipanti e moltissimi vi trovarono la morte.

LA PRODUZIONE DEGLI SPETTACOLI E GLI EDIFCI TEATRALI

La responsabilità delle feste organizzate dallo Stato era affidata a magistrati che
disponevano di un fondo per coprire le spese. Per l'allestimento dei ludi scaenici, i
magistrati si accordavano con il direttore di una compagnia di attori. Il capo della
compagnia probabilmente comprava i drammi direttamente dagli autori e
provvedeva alla preparazione della musica, degli oggetti di scena e dei costumi.
Normalmente più compagnie partecipavano con i loro spettacoli al programma di
una festa. Ognuna riceveva un compenso di base a cui si potevano aggiungere premi
e pagamenti supplementari per i gruppi, i singoli attori o gli autori che si erano
particolarmente distinti e avevano incontrato un particolare favore tra il pubblico. Era
comunque il pubblico a decretare il successo delle rappresentazioni teatrali. Ogni
spettacolo era rappresentato senza interruzioni e generalmente anche gli intervalli
erano riempiti da numeri secondari o brevi mini.
L’ingresso alle rappresentazioni finanziate dallo Stato era sempre libero e gli spettatori
appartenevano a tutte le classi sociali. I teatri potevano contenere migliaia di persone.
Il primo teatro permanente poteva contenere approssimativamente 10.000 persone.
Ovviamente solo una minima parte degli abitanti di Roma poteva entrare nel teatro,
gli abitanti della città, che erano circa 215.000 nel 200 a.C., diventarono più di 1
milione durante l’impero. Numerose attrazioni, di tipo assai diverso, venivano
comunque offerte contemporaneamente, e si contendevano il favore delle platee. Le
prime due rappresentazioni della suocera di Terenzio caddero infatti perché durante
la prima il pubblico abbandonò il teatro per andare a vedere un funambolo mentre
alla seconda si recò ad assistere ad un combattimento di gladiatori. Gli spettatori si
allontanavano anche per andare a comprare cibi e bevande che si vendevano
all'uscita del teatro.
Il primo teatro permanente di Roma fu costruita nel 55 a.C. alla sommità delle
gradinate del primo teatro permanente di Roma, eretto da Pompeo, si trovava un
tempio dedicato a Venere.

Le strutture teatrali divennero progressivamente più sontuose e complesse:


-99 a.C. Claudio pulcro eresse un teatro decorato con particolari architettonici dipinti
così realistici che gli uccelli cercavano di posarvici.
- Marco Aurelio scauro nel 58 a.C. costrui un teatro con un palcoscenico a tre piani,
Rispettivamente di marmo, di vetro e di legno dorato, abbellito da 360 colonne e
3000 statue di bronzo.

Gli edifici teatrali che sorsero numerosi in tutte le regioni dell'impero romano avevano
caratteristiche abbastanza simili.
1. Erano costruiti su una superficie piana
2. I corridori e le scale erano costruiti intorno e sotto lo spazio destinato gli
spettatori
3. L'area riservata agli spettatori era divisa in settori da numerose corsie verticali
4. Il corridoi d’accesso ai diversi settori erano coperti
5. L'orchestra era usata generalmente per far sedere gli spettatori particolarmente
importanti
6. Il palcoscenico era alto circa 1 m e mezzo da terra e il suo lato anteriore
coincideva con il diametro della circonferenza dell’orchestra.
7. La grandezza del palcoscenico dipendeva da quella del teatro
8. Il palcoscenico era coperto da una tettoia probabilmente destinata a migliorare
l'acustica e a proteggere le decorazioni della parete di fondo

A Roma e nelle altre regioni dell’impero, furono costruiti diversi tipi di strutture per
ospitare altri generi di intrattenimento. Il circo Massimo, costruito per le corse dei
carri era la più antica e la più grande struttura del genere. Eretto forse già intorno alle
600 a.C. Probabilmente in legno, Misurava circa 600 m di lunghezza e 200 di
larghezza. All'inizio dell'impero il circo massimo poteva contenere circa 60.000
persone, Ma in seguito fu ulteriormente ampliato. La sua principale caratteristica era
la pista che poteva consentire a bene 12 carri di gareggiare affiancati. Ma sebbene
fosse stato progettato per questo tipo di gare, il circo Massimo ospitò anche altri
generi di giochi come le corse dei cavalli, I combattimenti dei gladiatori, La lotta
libera, gli scontri tra animali feroci e e così via..

Il colosseo era alto 48 m, lungo 190 e largo 155 e aveva circa 50.000 posti a sedere, lo
spazio scavato sotto l'arena è particolarmente interessante: Era provvisto di
montacarichi capaci di sollevare nell’arena elementi scenografici, bestie feroci e
lottatori.

LA SCENOGRAFIA

Lo sfondo scenico fondamentale dei teatri romani era la scanae frons.


Nelle commedie questo sfondo fisso rappresentava idealmente una serie di case che si
affacciano sulla strada di una città, nelle tragedia rappresentava generalmente un
palazzo o un tempio.
Prima che fosse introdotto l’aulem tutti personaggi erano costretti ad entrare ed uscire
di scena sotto gli occhi del pubblico. Dopo la sua introduzione invece i direttori degli
allestimenti scenici poterono sfruttare particolari effetti di sorpresa.
Il siparium probabilmente fu introdotto nel teatro dal mimo. Era in origine una
piccola tenda, appesa dietro ad una piattaforma improvvisata, che serviva da sfondo
dell'azione e nascondeva lo spazio retrostante alla scena.
GLI ATTORI E LA RECITAZIONE

Il termine usuale per designare gli attori nell'antica Roma era histriones.
La maggior parte degli attori erano uomini, e solo nei mimi apparivano sulla scena le
donne.
La condizione sociale dell'attore romano è stata lungamente discussa. Alcuni storici
hanno sostenuto che tutti gli attori erano schiavi di proprietà del direttore della
compagnia. Altri sostengono che le condizioni sociali di questi artisti variava in modo
considerevole da caso a caso anche se in generale la categoria degli attori occupava un
posto molto basso nella considerazione pubblica. Le opere potevano essere
rappresentate da una compagnia di cinque o al massimo sei membri, sempre
considerando la pratica di affidare più ruoli allo stesso attore e tenendo presente che
alcune comparse potevano venire aggiunte occasionalmente.
Nel 1º secolo a.C., mentre il genere comico e quello tragico iniziarono a declinare
acquista un'importanza sempre maggiore il fascino dell'attore protagonista e alla
rappresentazione di un dramma si cominciò a sostituire la rappresentazione di una
serie di scene disposte in modo da mettere in risalto il talento delle ‘divo’.
Il pantomimo metteva in luce un unico danzatore ed anche nelle mimo il ruolo di
protagonista veniva assegnato ad un unico attore, anche se poi un ampio numero di
comparse era utilizzato ai fini spettacolari. Molti di questi divi accumularono delle
vere e proprie fortune E sotto l'impero raccoglievano stuoli di ammiratori.

Nella commedia e nella tragedia tutti gli attori erano uomini, portavano la maschera
e probabilmente interpretavano più ruoli nel corso della medesima rappresentazione.
Nella tragedia la recitazione dei versi era lenta e declamatoria
Nella commedia era rapida e colloquiale.
Molti ruoli richiedevano una grande abilità sia nella recitazione che nel canto e nella
danza. Nella tragedia il movimento era lento e austero, nella commedia era vivace e
disordinato.
Considerando che i teatri contavano 14.000 persone i gesti e i movimenti degli attori
dovevano essere considerevolmente enfatizzati per essere visti da tutti.
Tutta questa serie di fattori ci fa pensare che la recitazione avesse un carattere
estremamente convenzionale. Generalmente gli attori si specializzavano in un solo
genere drammatico anche se ci sono eccezioni.
Gli attori dei mimi non portavano maschere e quindi l'espressione del viso era
particolarmente importante. Per molto tempo il mimo si basò in larga misura
sull’improvvisazione. Richiedeva perciò una particolare talento nell'invenzione di
battute, gesti e situazioni.
Gli attori dei mimi venivano selezionati probabilmente o per la loro bellezza o per
qualche deformità fisica che poteva costituire uno spunto comico.

Nel pantomimo tutta l'attenzione si è concentrata sul danzatore solista. Noti per la
loro bellezza e le loro qualità atletiche, Questi attori facevano affidamento
esclusivamente sulla gestualità e sui movimenti per rappresentare una serie di
personaggi e di situazioni. Oltre alle compagnie teatrali pubbliche, in epoca più tarda
esisteva probabilmente un certo numero di compagnie private. Queste erano formate
quasi sicuramente da schiavi ed erano mantenute per il divertimento delle famiglie e
degli amici dei loro proprietari.

LE MASCHERE, I COSTUMI E LA MUSICA

Secondo la tradizione la maschera sarebbe stata introdotta nel teatro romano nel
primo secolo a.C. da Roscio che voleva nascondere il proprio strabismo.
Ma questa è solo una leggenda.
Le maschere erano fatte di tela, ed insieme alla capigliatura posticcia formavano una
completa copertura della testa. Dato che normalmente si ritiene che le maschere
romane assomigliassero a quelle del teatro ellenistico, molte congetture sono state
avanzate muovendo dagli elenchi forniti da Giulio Polluce.
Le maschere del pantomimo non avevano ovviamente bisogno dell'apertura a forma
di megafono per fare uscire la voce, e quindi le bocche erano solo disegnate. Luciano,
chi scrive nel secondo secolo d.C., dici che queste mascherano molto più naturali di
quelle della tragedia.
Gli attori del minimo non usavano maschere.

I costumi mutavano a seconda del genere teatrale:


la commedia —> si ispirava agli argomenti e alle situazioni della vita greca, seguiva
le convinzioni dei costumi della commedia nuova, per cui veniva adottato il comune
abito ateniese. Per i romani quindi l'abito era la tunica romana su cui si portava la
toga.
I danzatori del pantomimo indossavano una lunga tunica ed un mantello che
permetteva loro una grande libertà di movimento.
Gli attori del mimo indossavano come indumento di base la tunica, ma l'accessorio
che li distingueva era una sorta di fazzoletto da testa quadrato, usato per mascherare
la propria identità. —> ricinium
Alcuni personaggi del mimo, probabilmente i pazzi indossavano una giacchetta fatta
di pezzi di vari colori, ed avevano la testa rasata..
Altri attori interpretavano la parte di uomini e donne sofisticati ed eleganti come gli
attuali divi del cinema ed erano vestiti con ricchi abiti all'ultima moda.
Della musica romana sappiamo pochissimo, Sembra che l'accompagnamento
musicale fosse composto dal suonatore di flauto presente in ogni compagnia. Il flauto
era a due canne. L'accompagnamento musicale doveva avere delle convinzioni così
rigide che già solo ascoltando il motivo il pubblico era in grado di capire che tipo di
personaggio stava per entrare in scena.

IL DECLINO DEL TEATRO

Il teatro fu il bersaglio preferito dei cristiani per almeno tre ragioni:

1. Era associato alle feste in onore degli dei pagani


2. . La licenziosità dei mimi offendeva il senso morale delle autorità ecclesiastiche.
3. I mimi mettevano spesso in ridicolo i sacramenti cristiani come il battesimo e la
comunione.

La rottura tra la Chiesa e il teatro era perciò inevitabile.


Tetrulliano 155-222 d.C. denunciò il teatro nel suo DE SPECTATUCLIS,
sostenendo che i cristiani con il battesimo pronunciavano di fatto una rinuncia
assoluta ai divertimenti teatrali. Dalle 300 d.C. in poi i concili della Chiesa vietarono
ai cristiani di assistere alle rappresentazioni teatrali e nel 398 d.C. il concilio di
Cartagine decretò la scomunica per chiunque andasse a teatro invece che in chiesa
nei giorni di festa. Il teatro continuò a esistere non più con questa frequenza ma vide
la sua fine con l'invasione dei longobardi delle 568 dove cessò definitivamente.

IL TEATRO NEL MEDIOEVO

Dopo il crollo dell'impero d'Occidente piccoli gruppi di attori girovaghi cominciarono


a viaggiare recitando dovunque riuscivano a trovare un pubblico. Di questi gruppi
facevano parte soprattutto cantastorie, menestrelli, acrobati, giocolieri, equilibristi e
ammaestratori di animali. questi cantastorie, eccetera, si sono diffusi nell'Europa
meridionale e furono fin dall'inizio condannati dalla Chiesa.

Nell'Europa settentrionale, dal quinto al settimo secolo si sviluppa la figura dello scop.
Lo scop era un cantore e narratore di storie a più voci delle imprese degli eroi nordici.
Lo scop godeva anche di un’ampia considerazione e le sue esibizioni costituivano un
elemento essenziale delle feste e delle altre celebrazioni.
In seguito alla progressiva conversione al cristianesimo delle tribù nordiche avvenuta
durante il settimo e ottavo secolo, la Chiesa si schierò contro gli scop che finirono con
l'essere trattati alla stessa stregua dei mimi.
La chiesa, Operando la conversione dell'Europa occidentale del cristianesimo, si
appropriò di molte delle feste preesistenti. Ad esempio, la data della nascita di Cristo
non fu fissata al 25 dicembre fino al quarto secolo. Secondo gli storici questa data fu
scelta per sostituire le feste pagane che si tenevano in questo periodo dell’anno. Nello
stesso modo la Pasqua venne istituita per sostituire le feste primaverili della fertilità.
Altre feste Cristiane furono create per prendere il posto di quelle in onore delle
divinità pagane locali. In questi casi la chiesa istituiva una festa dedicata al santo
patrono della zona, ed erigeva una chiesa, consacrata al nome del santo, Nello stesso
luogo di culto riservato precedentemente all'adorazione della divinità pagana. Le feste
esistenti così non furono vietate ma semplicemente riorientate. Alcuni riti pagani
sopravvissero ed alcuni scomparso il loro significato religioso, diventarono una
semplici forme di spettacolo.

IL DRAMMA LITURGICO

Il calendario liturgico della Chiesa commemora particolari eventi biblici in giorni


prescritti e molto presto nelle celebrazioni vennero introdotti elementi tipicamente
teatrali:
- la domenica delle palme: era celebrata con una lunga processione in cui compariva
Cristo a cavallo di un asino, Che partiva dall'esterno della città per dirigersi verso
la Chiesa.
- Nel giorno del venerdì Santo si usava avvolgere una croce in paramenti funebri e
depositarla in una tomba simbolica da cui veniva tolta la domenica di Pasqua.

Nelle cerimonie della Chiesa, particolari simboli cominciarono ad essere associati a


diversi figure bibliche, ad esempio le chiavi del regno dei cieli a San Pietro, la colomba
la vergine Maria, facilitando in tal l’ identificazione di questi personaggi da parte dei
fedeli.
Nel testo dei servizi religiosi fu introdotta una forma dialogata nelle antifone che
venivano cantate da due cori alternati. Da qui si sviluppa il dramma liturgico —>
QUEM QUAERTIS nella redazione più antica tra i manoscritti sopravvissuti è
databile nella prima metà del 10º secolo e inizialmente era soltanto un canto
antifonario e cioè fatto da due cori alternati l'uno in risposta all’altra.
Ma nel corso del 10º secolo l'esecuzione si trasforma in una vera e propria
rappresentazione drammatica in cui i partecipanti impersonavano l'angelo per le 3
Marie al sepolcro con l'aiuto di costumi arredi e ricorrendo ad adeguati cambiamenti
di voce e di espressione. La più antica descrizione di questa cerimonia con le
disposizioni per la sua corretta esecuzione è contenuta nel REGULARIS
CONCORDIA compilata tra il 965 e 975 da ETHELWOD, vescovo di Winchester
in Inghilterra.
La lunghezza e la complessità dei drammi liturgici variavano notevolmente a seconda
della zona. Alcune delle opere più semplici di questo genere risalgono al 15º secolo,
mentre altre più complesse sono state scritte intorno all'11º secolo. Non è possibile
tracciare un chiaro schema di sviluppo.
I più antichi e i più numerosi tra i drammi esistenti trattano della vista delle tre Marie
alla tomba di Cristo. Su questo argomento sono stati ritrovati più di 400 drammi. I
più elaborati risalgono al 13º secolo.
Raramente si metteva in scena la crocifissione ed esistono solo pochi drammi
superstiti su questo argomento. Il più antico proviene da Montecassino ed è databile
intorno al 1150. Inizia con il tradimento di Cristo da parte di Giuda e prosegue fino
alla sua crocifissione. Oltre la Pasqua il tema ispiratore del maggior numero di
drammi era la nascita di Gesù.

LA MESSA IN SCENA DEL DRAMMA LITURGICO

Per la rappresentazione dei primi drammi liturgici era necessaria una sola
MANSION —> palchetto
Ma i drammi più complessi utilizzavano molte mansion disposte in varie parti della
chiesa. Ogni mansion poteva variare per grandezza e ricchezza di particolari.
Ad esempio a volte bastava un semplice altare per rappresentare il sepolcro di Cristo.
Solo raramente le mansion venivano arricchite da particolari oggetti di scena. A volte
le mansion erano provviste di tende, in modo che i personaggi e gli oggetti potessero
essere rivelati al momento giusto o scomparire alla fine dell’episodio.
A volte si usava il coro della chiesa per rappresentare i luoghi superiori o celesti come
il paradiso, mentre la cripta veniva spesso usata per i luoghi inferiori come l’inferno.

Per i costumi di questi drammi si utilizzavano generalmente gli abiti talari, a cui
potevano essere aggiunti alcuni accessori realistici o simbolici.
I personaggi femminili indossavano generalmente un’ampia tunica con i cappucci
sollevati per coprire la testa. Gli angeli erano facilmente riconoscibili dalle ali che
potevano attaccare agli abiti talari.
Anche i re magi e i profeti erano vestiti con abiti ecclesiastici e spesso per facilitare
l'identificazione dei personaggi ognuno veniva caratterizzato da uno specifico oggetto
simbolico.
Nella maggior parte dei casi gli attori erano o i preti stessi oppure ragazzi del coro.
Nelle 13º secolo alcuni ruoli erano affidati agli studenti o ad allievi delle scuole.
Per tutto il periodo in cui questi drammi furono rappresentati nelle chiese, la maggior
parte delle battute venivano cantate piuttosto che recitate.

LA FESTA DEI FOLLI

La maggior parte delle rappresentazioni allestite nelle chiese aveva un carattere serio
ma in alcuni drammi legati al Natale cominciarono ad insinuarsi elementi comici e
grotteschi. In questo periodo dell'anno si usava affidare in alcuni giorni la gestione e la
celebrazione di determinate festività ai membri del clero minore che organizzavano le
funzioni religiose all'interno delle chiese, allestivano processioni nelle città, E spesso
raccoglievano regali o compensi in denaro dal pubblico. La celebrazione del giorno di
Santo Stefano il 26 dicembre era riservata ai diaconi, la festa dei santi innocenti il 28
dicembre ai ragazzi del coro, e la festa della circoncisione il 1 gennaio, o
alternativamente il 6 o il 13 gennaio, ai suddiaconi. Una di queste feste, chiamata
comunemente la festa dei folli, fu particolarmente importante per la sviluppo della
commedia. L'attrattiva della festa consisteva nel sovvertimento dell'ordine stabilito,
che permetteva ai chierici di ridicolizzare i loro superiori e la routine della vita
ecclesiastica. In questa festa si trovano reminiscenze dei riti pagani, infatti molti
studiosi riconducono la festa dei folli alle antiche feste pagane. Nel corso della festa
era consentito suonare le campane della chiesa impropriamente, cantare stonando,
Indossare abiti stravaganti, portare maschere, e utilizzando inoltre budini, salsicce
vecchie scarpe al posto del turibolo.
La festa dei folli era governato da un vescovo folle che rappresentava l'autorità
ecclesiastica per tutto il periodo della festa. Non si sa con precisione in che periodo
ebbe inizio questo tipo di festa, ma verso la fine del 12º secolo era già diffusa.

LO SVILUPPO DEL DRAMMA LITURGICO

Solo nel tardo medioevo si diffuse la pratica di rappresentare fuori dalle chiese,
all'aperto, i drammi religiosi.
Le rappresentazioni duravano spesso molti giorni e per la loro preparazione si
attingeva alle risorse dell'intera comunità cittadina.
La tesi più accreditata, il dramma in volgare si sarebbe formata attraverso un processo
graduale, in cui una serie di drammi liturgici brevi, una volta estrapolati dalla
funzione religiosa e rappresentati all'aperto, sarebbero stati accorpati per dare forma
a lunghi drammi i quali, prodotti insieme in lingua volgare, sarebbero stati messi
scena da laici.
La prova principale a sostegno di questa teoria è costituita dalla rappresentazione
d'Adamo. È un dramma proveniente dalla Francia la cui data di composizione è
fissato intorno al 1150. Le dettagliate didascalie fanno capire chiaramente che il
programma veniva rappresentata all’aperto, ma in prossimità della chiesa. Il testo è
diviso in tre parti principali:
- la prima tratta la storia di Adamo ed Eva
- La seconda tratta la storia di Caino e Abele
- La terza è un tradizionale dramma dei profeti in cui una serie di figure tratte dal
vecchio testamento annunciano la venuta di Cristo.
Nelle prime due parti il dialogo è in volgare, mentre le didascalie e i canti corali sono
in latino. Nell'ultima parte i passi della Bibbia recitati dai profeti sono riportati prima
in latino poi in volgare. Non si sa con certezza ne se gli attori fossero degli ecclesiastici
o dei laici né dove e quando esattamente questo dramma si è stato rappresentato.
Ciò che è certo è che tra il il 1200 e il1400 nelle rappresentazioni di drammi religiosi
si diffusero importanti innovazioni. Tra queste la pratica delle rappresentazioni
all'aperto che avvenivano soprattutto in primavera e in estate.
La nuova festa, chi ricevette la sanzione ufficiali da papa urbano quarto, Fu collocata
secondo il calendario liturgico in una data variabile tra il 23 maggio e il 24 giugno, e
verso la metà del 14º secolo venivano celebrati in tutta l’Europa.

IL DRAMMA RELIGIOSO IN LINGUA VOLGARE

Tra le maggiori innovazioni avvenute nelle rappresentazioni religiose dopo l'11º


secolo particolarmente importante fu l'introduzione della lingua volgare che favorì la
sostituzione del dialogo cantato con il dialogo parlato e facilitò l'inserimento dei laici
nella recitazione dei drammi, che originariamente era affidata solo i membri del clero.
Sono sopravvissuti numerosi testi provenienti dall'Inghilterra, La maggior parte dei
quali appartiene a quattro cicli:
- quello di York —> 48 drammi
- Quello di Chester —> 24 drammi
- Quello di Wakefield —> 32 drammi
- Il Ludus Coventriae —> 42 drammi
Esistono anche numerosi testi provenienti dalla Francia, Di cui fanno parte sia opere
molto brevi sia drammi che richiedono 25 o più giorni di rappresentazione.
I soggetti dei drammi francesi generalmente non attingono a tutta la storia sacra dal
momento della creazione fino al giudizio universale, ma abbracciano un arco di
tempo più limitato.
Nelle regioni tedesche drammi di particolare importanza furono rappresentati in
diverse città:
- Francoforte
- Magdeburgo
- Lucerna
- Bolzano
- Alsfeld
In Italia si sviluppò un tipo particolare di dramma religioso in volgare che nacque
dalle laudi, che erano composizioni poetiche di ispirazione religiosa.
Le laudi —> la più celebre è il pianto della Madonna di Jacopone da Todi assunsero
una forma drammatica in Umbria Dove venivano rappresentate dai membri delle
confraternite in particolare ricorrenze del calendario liturgico.
1. Natale
2. L’Epifania
3. I giorni della Quaresima
4. Pasqua

Furono celebri a Roma le sacre rappresentazioni dell’Arciconfraternita del Gonfalone


che organizzava una grandiosa passione nel colosseo il venerdì Santo.
I drammi religiosi medievali avevano caratteristiche comuni. Erano racconti episodici
Dove spesso non veniva fatto nessun tentativo di stabilire dei collegamenti e di
colmare i salti temporali esistenti tra i brevi drammi che componevano i cicli. Non vi
era inoltre alcuna preoccupazione per la precisione cronologica degli avvenimenti,
infatti non era raro che alcuni personaggi biblici si riferissero a fatti accaduti molto
tempo dopo la morte.
L'azione era schematica, la caratterizzazione dei personaggi era in genere solo
accennata, la scenografia era scarna e rappresentava in modo molto sommarie il
luogo dell’azione. Ma alcuni avvenimenti, specialmente quelli relativi ai miracoli,
erano rappresentati con una notevole dovizia di particolari realistici.
Nonostante fossero nati soprattutto con finalità religiose, molti drammi contenevano
lunghe scene comiche, che vedevano generalmente come protagonisti:
- Diavoli
- Furfanti
- Buffoni
Molti episodi burleschi erano costruiti sulla contrapposizione tra la realtà e
l'aspirazione ideale, tra gli errori umani e i comandamenti divini tra il temporale e
l’eterno e venivano sfruttati come spunti per gli insegnamenti morali. Gli autori di
drammi religiosi sono perlopiù anonimi.
L’ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA

Prima della fine del 14º secolo, l'organizzazione e il finanziamento di drammi religiosi
erano in larga parte sfuggiti al controllo della Chiesa e passati in mani laiche. I testi
comunque dovevano ancora ricevere l'approvazione dell'autorità ecclesiastica e
venivano messinscena in concomitanza con le feste religiose. Quindi la chiesa, benché
avessero ormai rinunciato in molti luoghi alla partecipazione diretta, continuò a
mantenere un’occhio vigile sul contenuto dei drammi e sulle loro rappresentazioni.

Nel tardo medioevo le rappresentazioni avvenivano perlopiù affidate alle associazioni


religiose o alle confraternite. I membri di questi gruppi erano in gran parte laici, ma
qualcuno apparteneva al clero.
Le confraternite promuovevano vari tipi di azioni caritatevoli e rappresentavano i
drammi come atti di devozione.
Le possibili forme organizzative potevano essere del tipo più diverso, ma
coinvolgevano tutte un numero di persone che lavoravano insieme.
La complessa procedura e la varietà degli organismi produttivi sono chiaramente
semplificati dal caso di lucerna, dove un dramma religioso venne rappresentato ad
intervalli regolari per più di un secolo.
La proposta di mettere in scena il dramma veniva avanzata dalla confraternita della
corona di spine, dopo la ratifica ufficiale del consiglio comunale.
L'affidamento della responsabilità ed i metodi di finanziamento delle produzioni
dipendevano dal tipo di organizzazione. Nell'Inghilterra settentrionale le
responsabilità erano divise tra il consiglio comunale e le corporazioni di arti e
mestieri. Il consiglio decideva se le rappresentazioni potevano aver luogo in un
determinato anno, assegnava la produzione di singoli drammi alle diverse
corporazioni, conservava il testo approvato da mettere in scena, stabiliva le multe per
le corporazioni che non producevano i drammi assegnati o che non li allestivano con
accuratezza, sceglieva infine gli spazi da destinare alla rappresentazione. L'onere
maggiore sia in termini di lavoro che in termini di spesa gravava quindi sulle
corporazioni. I drammi religiosi inoltre venivano assegnati presumibilmente in base
ad un criterio di affinità: quelli il cui soggetto era l'arca di Noè e il diluvio universale
erano affidati preferibilmente ai maestri d’ascia, ai battaglieri e ai pescatori.
Ogni corporazione aveva il dovere di fornire una mansion che poteva essere montata
su un carro e quindi la scenografia e costumi oggetti oggetti di scena gli attori.

Due corporazioni piccole oppure particolarmente povere potevano ricevere un


incarico comune poiché ogni dramma costituiva un'unità indipendente e le singole
rappresentazioni venivano rappresentate in sequenza l'intero ciclo poteva essere
allestito e coordinato senza troppe difficoltà.
Gli episodi venivano rappresentati su un palcoscenico fisso ed erano prodotti da
un'unica organizzazione. In questi casi intero ciclo è perlopiù sottoposto alla direzione
di una sola persona o di un ristretto comitato direttivo e diventava ovviamente più
facile organizzare le scene di folla che impegnavano contemporaneamente parecchi
partecipanti o predisporre effetti scenografici particolarmente elaborati.
Tuttavia l'organizzazione centralizzata comportava spesso complicati accordi
finanziari. Talvolta era una corporazione che finanziare l'impresa con una
sovvenzione. Agli interpreti dei drammi veniva richiesto di pagare un contributo, Di
provvedere ai costumi e anche agli oggetti di scena. Altre volte era l'autorità
ecclesiastica locale che si assume una parte dei costi. In alcuni casi per potersi rifare
delle spese gli organizzatori imponevano un pagamento per l'ingresso, Oppure
rivendevano al termine delle rappresentazioni tutti materiali raccolti dello spettacolo.

Queste complicate produzioni richiedevano un'organizzazione attenta e oculata


perché trattare con un cast che talvolta comprendeva anche 300 attori e poi
programmare gli effetti scenografici, manovrare grandi somme di denaro erano tutte
operazioni che non potevano essere affidata al caso o all’improvvisazione. Il direttore
aveva quindi un ruolo di notevole importanza e i suoi doveri potevano variare in
modo considerevole da un luogo all’altro. Spesso il compito di dirigere la
rappresentazione era affidato a un membro della corporazione, ma in qualche caso
veniva stipulato un regolare contratto , della durata di diversi anni con un
professionista.

Il direttore di solito scritturava gli attori, organizzava e seguiva le prove e aveva la


responsabilità di ogni fase della produzione. Ingaggiava gli uomini che dovevano
spingere il carro, da un luogo all’altro e avevano il compito di contenere la folla nel
corso della processione e della rappresentazione. Se poi la direzione dell'intero ciclo
era affidata ad una sola persona, questa doveva dimostrare delle capacità veramente
eccezionali. Ufficialmente era in genere un comitato di sovrintendenti ad assumersi il
compito di dirigere le rappresentazioni, ma questi delegavano spesso il i loro poteri ad
una persona sola o ad un gruppo ristretto.
A lucerna nel 1583 il comitato direttivo trasferi tutte le responsabilità al segretario
municipale.
A Vienna, nelle 1505 sembra che il tipo di organizzazione fosse simile. A Mons nel
1501 per la messa in scena di un dramma religioso furono ingaggiati quattro attori
con funzioni direttive, ognuno con il suo assistente. Alcuni direttori particolarmente
dotati diventarono talmente famosi d'essere richiesti in molte città.
I compiti del direttore furono elencati in modo particolareggiato da John bouchet,
doveva sorvegliare la costruzione del palco e l'allestimento di scene e macchinari,
procurare le persone necessarie a fabbricare e a dipingere le scene, e a costruire sedili
per il pubblico, doveva controllare che tutte le merci consegnate fossero della quantità
richiesta e di buona qualità.
Inoltre doveva ingaggiare e dirigere gli attori durante le prove, controllarne la
disciplina e stabilire le multe per coloro che infrangevano le regole. Doveva
interpretare lui stesso alcune parti dello spettacolo, Scegliere le persone che
riscuotevano il prezzo, accogliere il pubblico agli inizi dello spettacolo E dopo gli
intervalli fare il riassunto delle scene e delle azioni precedenti e illustrare cosa sarebbe
successo dopo.

GLI ATTORI, LA RECITAZIONE E I COSTUMI

Il numero degli attori necessari per una rappresentazione era variabile.


Nei cicli dei drammi in volgare dell'Inghilterra settentrionale ogni dramma non
prevedeva più di cinque o 10 personaggi.
Ogni corporazione aveva quindi bisogno di pochi attori ma l'intero ciclo richiedeva
un numero considerevole di interpreti. Per le rappresentazioni montate su un
palcoscenico fisso sotto la direzione di un'unica organizzazione l'assegnazione delle
parti diventava più complicata.
Nella rappresentazione degli atti degli apostoli ad esempio, Reparti furono distribuite
tra 300 attori.

Gli attori erano perlopiù presi dalla popolazione locale. A York nel 1476 Quattro tra i
più bravi attori dovevano curare le audizioni di tutti coloro che desideravano recitare.
In Francia nel 1496 fu il sindaco a scegliere gli attori.
A lucerna nel 1583 tutti coloro che volevano fare gli attori dovevano presentarsi al
segretario municipale che avrebbe selezionato il cast con l'aiuto di un apposito
comitato.
Quando le rappresentazioni venivano replicate un attore poteva interpretare lo stesso
ruolo numero volte anche per anni.
La maggior parte degli attori veniva reclutato dal popolo ma a volte partecipavano
anche rappresentanti del clero e della nobiltà. Gli attori erano generalmente uomini o
ragazzi. Esistevano molti mezzi per assicurarsi la disciplina degli attori. A lucerna nel
1583 ad ogni attore erano concessi 14 giorni per decidere si desiderava accettare la
parte, Ma quando con il suo consenso la accettava era costretto ad un giuramento che
doveva recitare fino alla fine delle rappresentazioni.
Il tempo riservata alle prove non era molto, Da due a cinque prove erano considerato
il numero più che sufficiente per la messinscena di ogni dramma.
Gli attori indossavano sulla scena abiti medievali adeguati al ruolo del loro
personaggio. I soldati romani ad esempio indossavano l'armatura medievale mentre i
sacerdoti ebrei vestivano gli abiti talare dei preti cattolici dio era vestito con un un
imperatore o come il papa. E gli angeli indossavano le tuniche ecclesiastiche a cui
venivano attaccate le ali. I personaggi più importanti si ho maniche di vini, erano in
genere connotati da un simbolo divino che li identificava
ESEMPIO: l'arcangelo Michele aveva una spada di fuoco
I diavoli venivano rappresentati come animali rapaci, Come mostri o come creature
con code, corna e artigli.

In molti casi gli attori stessi dovevano provvedere ai loro costumi, a meno che non
dovessero indossare abiti molto diversi dai vestiti normali dell’epoca.

IL PALCOSCENICO

I palcoscenici su cui venivano rappresentati i drammi ciclici in volgare potevano


essere fissi o mobili.
1. I palchi fissi erano comuni in tutta l’Europa. A Roma per esempio venivano
utilizzati gli antichi anfiteatri romani. A volte i palchi erano eretti nei cimiteri
vicino alle chiese oppure nei cortili delle abitazioni private. La pratica più comune
era comunque quella di montare il palcoscenico nelle grandi piazze pubbliche.
2. In Inghilterra e Spagna si usavano i palcoscenici mobili. In quanto i drammi
inglesi sono tutti legati alle processioni della festa del corpus domini in cui erano
utilizzati I carri. Il palco mobili è stato spesso considerato come un elemento
caratteristico del dramma religioso inglese.

Il carro detto il PAGEANT sarebbe stato fermato da una grossa impalcatura,


Sistemata su sei ruote che comprendeva due locali un inferiore dove gli attori si
vestivano e uno superiore dove recitavano. La pratica di eseguire rappresentazioni
teatrali in forma professionale si sviluppò anche in Belgio in Olanda e in Spagna
Dove rimase fino al 17º secolo.

LA SCENOGRAFIA
Lo spazio dell'azione teatrale era composto da due elementi fondamentali:
1. La Mansion
2. La platea

Un intero ciclo di rappresentazioni poteva comprendere anche più di 100 mansion


Il palcoscenico fisso colpiva senza dubbio di più dei parchi mobili l’occhio dello
spettatore, in quanto nella piattaforma medievale tutte le scene erano visibili
simultaneamente. Questa convenzione venne però gradualmente modificata da altre
pratiche. A causa delle loro estensioni, molti drammi venivano divisi in parti, separate
da intervalli di lunghezza variabile da una a 24 ore.
Nel corso di questi intervalli, le mansion venivano sostituiti in base alle esigenze
sceniche, inoltre la stessa mansion poteva assumere aspetti differenti con delle minime
varianti, e durante il corso di una medesima produzione poteva rappresentare più di
un luogo. Per questo è difficile sapere quante mansions fossero in realtà necessarie per
rappresentare i luoghi descritti nel testo.

Nel dramma messo in scena a lucerna nel 1583, ad esempio, sono indicati circa 70
luoghi diversi ma pare che fossero state mpiegate soltanto 38 mansions.
Non sempre il luogo raffigurato era chiaramente riconoscibile. Infatti all'inizio di ogni
giornata il direttore si presentava al pubblico e forniva, tra le altre informazioni,
anche la spiegazione di quello che le varie strutture sceniche rappresentavano.
Talvolta su ogni mansion venivano messi dei cartelli esplicativi.
I due luoghi maggiormente rappresentati erano il paradiso e l’inferno.
Di tutte le mansion il paradiso è quello più difficile da ricostruire in base ai documenti
disponibili. Era infatti la scena che più colpi di più il pubblico per il suo splendore e la
sua magnificenza.
Nel 15º e 16º secolo il paradiso sovrastava generalmente le altre mansions , e di regola
era montato sopra una struttura che rappresentava il Paradiso terrestre.
La mansion del Paradiso doveva essere di grandi dimensioni infatti spesso poteva
contenere molti personaggi. A volte comprendeva un complicato congegno di sfere
girevoli e l'intero complesso era spesso abbellito e illuminato da torce nascoste che
creavano l'effetto di una luce dorata emanante dal luogo celeste.
In alcuni casi il paradiso poteva aprirsi e chiudersi al momento opportuno e grazie a
delle apposite macchine gli angeli potevano volare tra il cielo e la terra.
Nelle rappresentazioni più modeste, Per questo scopo si usavano delle scale che certe
volte erano visibili e altre volte nascoste.

L'Inferno veniva reso nel modo più terrificante possibile. Era collocato più in basso
rispetto al paradiso. A volte era rappresentato da una cittadella fortificata, Era diviso
in quattro sezioni
1. Il limbo dei profeti e dei patriarchi biblici che non potevano ascendere al cielo
prima della venuta del Cristo,
1.a il limbo dei bambini morti senza battesimo
2. Il purgatorio
3. La fossa dell’inferno, posta generalmente sotto il livello del palco.

L’ingresso dell'inferno era rappresentato dalla testa di un mostro che sembrava


inghiottire chiunque vi entrasse. Dall'inferno provenivano fuoco, fiamme, fumo e
rumori terrificanti e le urla di dannati mentre i diavoli balzavano fuori per afferrare i
peccatori e trascinarli nella dannazione eterna.

Le mansion che rappresentano i vari terreni erano più semplici, perché la loro
complessità dipendeva sempre dalle esigenze sceniche. Erano di forma e grandezza
variabile:
- esagonali
- Quadrate
- Rettangolari
In genere erano arredate con letti, panche, tavole, altari o troni.
Sopra il palco spesso veniva appesa una tenda che rappresentava il cielo con il Sole, la
luna e le stelle.
Per fare tutto ciò, gli artigiani venivano chiamati anche da fuori per l’occasione.
I palcoscenici fissi erano spesso addossati ai palazzi in modo che sui tetti, nascosti
dalle nuvole colorate o dai teloni del cielo potessero essere installati le carrucole.
(esempio) Con le carrucole gli angeli potevano scendere in volo sulla terra.
Come effetto speciale possiamo trovare anche le botole, che consentivano improvvise
apparizioni e sparizioni.

L'acqua era un elemento scenico molto importante e una delle realizzazioni più
impressionanti era quella del diluvio universale. Per questa scena a Mons nel 1501
l'acqua necessaria fu raccolta in barili sistemati sui tetti delle case adiacenti in modo
da permettere uno scroscio di pioggia continua per cinque minuti consecutivi.

Nelle scene di tortura e nelle esecuzioni capitali venivano sostituiti gli attori con dei
fantocci.
Venivano utilizzate anche molte figure di animali: a volte si mandavano in scena
animali veri, Ma la maggior parte delle volte si trattava di attori travestiti.

Anche la musica era un elemento molto importante la maggior parte delle


rappresentazioni medievali. All'inizio serviva per intrattenere il pubblico finché gli
attori non erano pronti per cominciare. Durante le rappresentazioni un coro di angeli
cantavano inni sacri.
Gli angeli suonavano le trombe, per annunciare la parola del Signore
IL PUBBLICO

Prima di ogni rappresentazione annunci e inviti erano mandati in tutte le città


circostanti. Alle porte della città venivano affissi dei manifesti e pochi giorni prima
della rappresentazione un corteo composto dagli attori in costume sfilava per le
strade. Nei giorni degli spettacoli un messaggero a cavallo girava per la città suonando
una tromba ed invitando la cittadinanza a recarsi alla rappresentazione.
In alcune città era addirittura proibito lavorare durante le ore in cui aveva luogo la
rappresentazione e venivano predisposte le guardie per proteggere le case e le
botteghe dei furti.
Quando le produzioni erano finanziate dalla comunità l'ingresso era quasi sempre
gratuito. A volte le rappresentazioni invece erano organizzati anche a scopo di lucro.
La durata della rappresentazione era variabile. In alcuni casi inizia alle sette del
mattino, Proseguiva fino alle 11 e dopo un'ora di intervallo continuava fino alle sei del
pomeriggio. Altre volte le rappresentazioni avevano luogo di pomeriggio oppure
potevano continuare senza interruzioni anche per 12 ore. Spesso gli spettatori
incominciavano a prendere posto già alle quattro del mattino.
Non era possibile prenotare i posti, solo le autorità locali il clero e gli ospiti importanti
avevano dei posti riservati.
A volte l'ingresso era vietato ai bambini agli anziani e alle donne incinte. Uno
sbarramento costituito da un fosso, un recinto, un canale d’acqua, veniva
normalmente predisposto per evitare che il pubblico si addossasse troppo al palco.

LA FARSA

Accanto alle rappresentazioni di argomento religioso si svilupparono altre forme


teatrali meno lavorate, nate dall'attività dei mimi, dai giullari e dalle cerimonie delle
feste pagane. Un vero e proprio dramma di carattere non è religioso è IL JEU DE LA
FILLE scritto da ADAM DE LA HALLE verso il 1276. Il protagonista del dramma è
lo stesso autore che vorrebbe lasciare ARRAS la sua città natale per recarsi a Parigi a
finire gli sugli interrotti. Gli amici cercano di dissuaderlo , il padre gli nega il denaro
per il viaggio e si finge malato. Intorno a queste scene di vita familiare e locale si
svolge una puntuale satira di personaggi e degli abitanti della città.
Sopraggiungono le fate, regine della festa della primavera, che distribuiscono doni.

Le Composizioni drammatiche di argomento profano erano ampiamente diffusi già


nel trecento, ma i testi che ci rimangono sono stati scritti dopo il 1400.
Estremamente popolare fu il genere della farsa i cui argomenti caratteristici furono:
-infedeltà coniugali
-liti
-pettegolezzi
-altri difetti umani

In Francia diventarono popolari due varianti della farsa:

1. Le SOTTIES
2. I SERMONS JOYEUX

Probabilmente entrambe le forme nacquero in seguito ai tentativi della chiesa di


reprimere la festa dei folli. In alcune zone l'organizzazione di queste feste fu assunta
da corporazione di cancellieri. Altre volte erano dei gruppi di studenti a mettere scena
una festa dei folli. La festa poteva avvenire in occasione del Natale, del martedì
grasso, oppure nei mesi estivi.

In Germania la farsa nasceva dai divertimenti delle feste popolari che precedono la
Quaresima.

LE MORALITA’ E LE CAMERE DI RETORICA

La moralità è il genere teatrale profano più vicino al dramma sacro. I suoi precedenti
immediati, almeno in Inghilterra, possono probabilmente essere individuati nei
drammi tratti dalla preghiera padre nostro.
Molti drammi tratti dal padre nostro furono messi in scena dei comuni o dalle
corporazioni di arti e mestieri secondo le stesse modalità previste per i drammi ciclici
religiosi. Sfortunatamente non è sopravvissuto nessun dramma di questo tipo. La
moralità si sviluppò come forma autonoma tre 1400 e 1500.
Per quanto riguarda la messinscena la moralità iniziava con un prologo Dove due
araldi illustrano l'azione al pubblico e annunciano che il dramma avrà luogo a partire
dalle nove del mattino una settimana dopo l’annuncio. Al centro della scena eretto un
edificio che simboleggiava il castello. All'inizio gli interpreti delle moralità furono
probabilmente dei dilettanti, che gradualmente, in particolar modo Inghilterra,
vennero sostituiti da attori professionisti.
Costumi di alcuni personaggi:
1. La misericordia
2. La parentela
3. Le buone azioni
4. La fama, aveva occhi, orecchie e lingue dipinti dappertutto
5. La vanità era coperto di penne variopinte
6. La ricchezza è ornato di monete d'oro e d argento

Le Camere di retorica erano associazioni di borghesi e di artigiani che coltivavano


l'attività letteraria e organizzano concorsi di poesia. Nel 1500 erano diffuse in quasi
tutte le città dell’Olanda. Le gare tra queste associazioni sono documentate già
dall'inizio del 1400 e fiorirono nel periodo compreso tra il 1493 e il 1570.
Generalmente veniva proposto un problema, a cui le varie camere fornivano delle
soluzioni rappresentate sottoforma di drammi allegorici.
Questi drammi costituirono la principale espressione drammatica nei Paesi Bassi,
dove il dramma religioso non aveva mai attecchito. Alcuni drammi erano
rappresentati al chiuso altri all'aperto che per molti aspetti anticipava quello
elisabettiano.

INTERLUDES

L’interlude È un genere fiorito in Inghilterra tra il 14º il 15º secolo.


Il termine deriva probabilmente dalla consuetudine di recitare brevi scene teatrali nel
corso o nelle pause di una festa, di una cerimonia o di un banchetto.
Questa pratica favorì la nascita di una forma drammatica particolare, c'era quello più
breve e poteva essere:
- religiosa
- Comica
- Storica
- Morale
Lo sviluppo dell’interlude è associato alla diffusione della figura dell'attore
professionista. Nella società medievale infatti tutti quelli che per professione si
dedicavano all'intrattenimento del pubblico- con il canto, la danza, la recitazione, i
giochi di destrezza. Venivano indicati con il termine di giullari.

Nel corso del 15º secolo la recitazione cominciò ad essere riconosciuta come
un'attività a se, distinta dalle altre forme di intrattenimento esercitate dai giullari.
Per un attore il mezzo di sussistenza più sicuro era entrare a far parte della corte di
nobile.
Il luogo in cui generalmente gli interludes venivano messi in scena era la sala dei
banchetti di un palazzo signorile.
Gli interludes venivano rappresentati anche nel corso delle feste organizzati in
occasione dei tornei. I tornei cominciarono ad avere luogo nel 10º secolo e furono
istituiti per addestrare i cavalieri alle battaglie militari.

Una particolare forma di intrattenimento teatrale che si sviluppò in Inghilterra tra il


14º 15º secolo furono i MUMMINGS in cui i partecipanti, visitavano le case o i
palazzi seguendo brevi scenette mute, cantando e recitando.
Questi cortei si svolgevano soprattutto nel periodo natalizio e nella ricorrenza del 1
maggio. Poiché era possibile approfittare del travestimento per commettere crimini,
E secondo le cronache, perfino rapimenti e assassini, in Inghilterra i mummings
furono progressivamente proibiti E sopravvissero soltanto a corte.
Dai MUMMINGS si svilupparono, In Italia gli intermezzi. Nelle corti,
intrattenimenti con maschere e travestimenti venivano organizzati in diverse
occasioni, come i banchetti che chiudevano i tornerei, i festeggiamenti per la visita di
personaggi reali, matrimoni e via dicendo.
In Inghilterra i divertimenti di corte fiorirono durante il regno di Enrico VII E
soprattutto di Enrico VIII che istituì l’office of revels. In Italia raggiunsero la massima
diffusione sviluppandosi in forme spettacolari particolarmente ricche e raffinate nel
15º e nel 16º secolo.

IL DECLINO E LATRASFORMAZIONE DEL TEATRO MEDIOEVALE

Nel corso del 16º secolo i generi teatrali caratteristici del medioevo scomparvero quasi
completamente malgrado la loro popolarità e la loro diffusione. I motivi di questa
scomparsa sono numerosi, ma forse il più significativo fu l'indebolimento dell'autorità
della Chiesa, prima lacerata da controversie interne che portarono al trasferimento
della sede papale da Roma ad Avignone e poi attaccata dalla riforma protestante.

In Inghilterra, La rottura di Enrico VIII con la Chiesa romana, 1000 1534, provocò
dispute feroci che utilizzarono anche le rappresentazioni teatrali come armi per
attaccare O difendere particolari dogmi religiosi. Per tentare di sedare i conflitti,
Elisabetta I salita al trono nel 1558 proibiti tutti drammi religiosi.

Nei Paesi Bassi, come si è visto, era stata imposta nel 1539 l'autorizzazione preventiva
per la rappresentazione dei drammi religiosi che vennero così progressivamente
abbandonati.

Ma fu soprattutto il concilio di Trento, che per la preoccupazione di riprendere il


controllo su tutte le forme di espressione della dottrina religiosa fini con il considerare
pericoloso il dramma religioso e ne scoraggio le rappresentazioni.
IL TEATRO ITALIANO DALL’UMANESIMO AL SEICENTO

Il dramma rinascimentale

Tra il 1200 E il 1400 l'Italia, collocata per la sua posizione geografica al centro degli
scambi culturali e commerciali con l'impero bizantino e con l'Islam, conosce una
profonda trasformazione politica e un radicale rinnovamento culturale. Nell'Italia
meridionale si insedia con il favore del Papa il regno angioino 1266, Che si sostituisce
al governo degli svevi.
Nell'Italia settentrionale e centrale il sistema politico delle città stato comunali si
trasforma in quello delle signorie:
- I Visconti a Milano
- Gli scaligeri a Verona
- Gli Estensi a Ferrara
- I Gonzaga a Mantova
- I medici a Firenze
Le forme della pittura medievale si rinnovano con l'opera di Giotto e nuovi modelli
culturali nascono dalla poesia di Dante, dagli studi filologici e dalle rime del Petrarca,
dalla narrativa del Boccaccio.

In campo teatrale il primo cambiamento significativo è la nuova coscienza della


forma drammatica che nasce dallo studio delle tragedie e delle commedie classiche.
Nel 14º secolo gli studiosi cominciarono infatti a considerare, nei loro valori
tipicamente drammatici, i testi teatrali dell'antichità, e ad imitarli.

1. La prima tragedia nata dall'imitazione dei modelli classici è ECERINIS di


Albertino Mussato 1315. L'opera, scritta in latino, è ispirato allo stile di Seneca
ma tratta un argomento della storia recente, le vicende di ezzelino da romano
(1194), genero dell'imperatore Federico II e terrore dei padovani.
2. L’Achilles di Antonio loschi l’imitazione della formazione senechiana si estende
anche la scelta del soggetto, operando così il recupero integrale del modello
classico. Per questo l’achilles viene considerato il primo esempio di tragedia
rinascimentale.

l’iniziatore della commedia umanistica è Petrarca autore di una filologia andata


perduta, di cui è impossibile ricostruire l'argomento e le caratteristiche.
Il più antico testo sopravvissuto è Paulus di Pier Paolo vergerio. In versi latini che
imitano lo stile di Terenzio, l'autore descrive con intenti moralistici le dissipazioni
della vita studentesca.

Diversi celebri umanisti, Tra cui Leon battista Alberti ed Enea Silvio Piccolomini,
Proseguirono nel secolo successivo I tentativi di riprodurre il modello del dramma
latino.
Nel corso del quattrocento, la conoscenza del teatro classico continuò ad estendersi.
Nelle 1429 furono ritrovate 12 commedie di Plauto.
Nelle 1453 in seguito alla caduta di Costantinopoli, molti studiosi bizantini si
rifugiarono in Italia portando con sé numerosi manoscritti dei drammi greci.
Nel 1465 l'introduzione della stampa in Italia rese possibile una diffusione dei testi
classici e tra il 1472 e il 1518 furono pubblicate tutte le opere drammatiche greche e
latine allora conosciute.
In questo periodo l'interesse per il teatro classico, che fino al tardo quattrocento era
rimasto limitato soprattutto agli ambienti accademici, si diffuse in tutte le corti
italiane.
Verso la fine del secolo i principi italiani cominciarono a proteggere gli autori teatrali
e a finanziare le rappresentazioni delle opere latine e delle loro imitazioni.
L'esigenza di rendere le opere più accessibili ai lettori e agli spettatori di corte favori la
traduzione italiana dei testi teatrali antichi e poi la creazione di commedie e tragedie
in volgare. La prima commedia scritta a imitazione di modelli classici, ma in italiano,
fu la cassaria di Ludovico Ariosto 1474 -1533, rappresentata nel marzo del 1508 alla
corte di Ferrara, che possedeva ormai una consolidata tradizione nell'allestimento
degli spettacoli teatrali. Già nel 1486, in occasione del carnevale, era stato infatti
organizzata nel cortile del palazzo una rappresentazione dei Menecmi di Plauto, a cui
seguirono negli anni successivi altri commenti di Plauto e di Terenzio. Dal 1491 le
rappresentazioni avvennero in una sala interna del palazzo, appositamente allestita. I
testi inizialmente erano recitati il latino. Poi vennero utilizzate delle versioni in
volgare. Alcune di queste traduzioni delle commedie di Plauto e di Terenzio furono
opera dell’Ariosto, che non solo assisteva gli spettacoli, ma talvolta vi partecipava
come attore.

La Cassaria riprendeva nella trama il modello classico delle vicende di una coppia di
innamorati che riescono finalmente a unirsi con la scoperta della vera origine della
fanciulla, falsamente ritenuta di umile condizione.
L'opera, In cinque atti, fu scritta e rappresentata in prosa, successivamente riscritta
dall'autore in versi.
All'Ariosto si devono altre quattro commedie, tutte scritte in italiano:
- i suppositi
- Il negromante
- I studenti
- La lena
La produzione drammatica dell’ariosto fu largamente conosciuta ammirata.

Completamente svincolata dai contenuti della commedia classica è la mandragola di


Niccolò Machiavelli 1469 1527
Intorno alla metà del cinquecento la commedia italiana si era ormai completamente
sviluppata e diffusa.
Il primo importante esempio di tragedia scritta in italiano è la sofonisba di Gian
Giorgio Trissino 1478-1550, che prevedeva secondo il modello classico un coro, Ed
evita la divisione in atti. Venne messa in scena solo quarant'anni dopo la sua
apparizione.

Giambattista Giraldi Cinzio ispirò le sue tragedie al modello di Seneca E


all'insegnamento di Aristotele.
L’orbecche rappresentato a Ferrara in casa dell'autore nel 1541, fu la prima tragedia
apparsa sulla scena italiana. Nelle opere successive, Giraldi Cinzio introdusse
importanti innovazioni:
1. Il lieto fine
2. La sostituzione di soggetti fondati su fatti storici E personaggi illustri
3. Intrecci favolosi
4. Personaggi immaginari

Oltre alla commedia e alla tragedia si sviluppa nell'Italia rinascimentale anche il


nuovo genere del dramma pastorale. La sua nascita fu indubbiamente influenzata
dall'imitazione del dramma satiresco.
Un esempio di dramma pastorale È l'Orfeo scritto da Poliziano 1454 1494.
L'opera, in lingua volgare, narra la storia di Orfeo che tenta di sottrarre la moglie
Euridice morta per il morso di una serpe, al regno dell’ade E finisce straziato dalle
baccanti. Celebre è il coro con cui le baccanti chiudono il dramma.

Ma il vero e proprio dramma pastorale apparve solo più tardi, Nella seconda metà del
cinquecento. Il primo esempio è il sacrifizio di Agostino Beccari, rappresentato nel
1554 con le musiche di Alfonso della viola nel palazzo di Francesco d’este a Ferrara.
L'opera racconta le vicende amorosa di pastori, ninfee e satiri nelle regioni
dell’Arcadia.

Due drammi pastorali più celebri sono l’Aminta di Torquato tasso 1544-1595
rappresentata nel 1573 e Il Pastor fido di Giovan battista Guarini 1538-1612.
Queste due opere diventarono i modelli del genere, Ammirati e imitati in tutta
l’Europa. Accanto alla produzione colta, ispirata a modelli classici fiorirono nel teatro
italiano del cinquecento composizioni più rozze per un pubblico più ampio e
popolare.

LE TEORICHE TEATRALI, LA VEROSIMIGLIANZA E IL PRINCIPIO


DELLE TRE UNITA’

Nella seconda metà del cinquecento la vita culturale italiana entrò in una nuova fase.
Mentre in campo economico si avvertivano gli effetti della perdita della posizione
centrale nei commerci internazionali di quelli l’Italia aveva goduto fino alla caduta
dell'impero bizantino, la Chiesa cattolica conduceva un'affermazione di controllo
culturale diretta a circoscrivere e a eliminare l'influenza della riforma protestante.
Fu compilato l'indice dei libri proibiti, Di cui erano vietate la lettura la diffusione el a
stampa E vennero adottate numerose altre misure volte a stabilire limiti precisi alla
libertà di coscienza e di ricerca. In questo clima, Si formavano i primi elementi della
cultura barocca chi si sarebbe sviluppata nel seicento.

Nel medioevo la poetica, Era stata ignorata nel mondo culturale latino. Nel 1498
Giorgio valla curò la traduzione latina della poetica di Aristotele. La prima versione
italiana apparve una cinquantina d'anni dopo. L'autorità dell'opera filosofica di
Aristotele Venne rafforzato dal concilio di Trento che assunse l'insegnamento di San
Tommaso, ampiamente ispirato alla filosofia aristotelica, Come fondamento per la
dottrina ufficiale della Chiesa.

L'Esigenza principale era quella della verosimiglianza per cui gli autori dei drammi
dovevano parlare di soggetti gli avvenimenti se non storicamente veri, comunque
secondo le regole e le caratteristiche degli avvenimenti reali. Eventi soprannaturali O
immaginari dovevano perciò essere evitati a meno che non fossero di origine
mitologica O dalla Bibbia.

Ci fu l'inserimento della figura del confidente, Per permettere ai personaggi principali


di rilevare in modo credibile i loro segreti più profondi. La necessità della
verosimiglianza spinse gli autori teatrali a collocare fuori scena le battaglie, Le scene
di folla di violenze di morte.

Una seconda esigenza imponeva che il dramma impartisse un insegnamento morale.


All'autore quindi era chiesto non solo di imitare la realtà ma di metterne in luce i
fondamenti etici. L'opera d'arte, inoltre, Non doveva tanto descrivere fedelmente gli
elementi della realtà, quanto coglierne i caratteri universali.
Le forme fondamentali del dramma furono ridotti a due:
1. La commedia, Dove trarre i suoi personaggi dalla classe medio o bassa, fondare le
sue trame sulle piccole vicende private o domestiche, avere un lieto fine ed imitare
lo stile della conversazione quotidiana.
2. La tragedia, classi elevate, basare i suoi soggetti sulla storia o sulla mitologia,
avere un finale infelice ed utilizzare lo stile poetico elevato.
3. Gli altri generi vennero classificati come minori in quanto costituivano delle
forme miste.
Tutte le opere infine avevano la funzione di insegnare qualcosa: La commedia
insegnava mettendo in ridicolo il comportamento da evitare, la tragedia mostrando i
tremendi risultati degli errori e dei misfatti.

LE FESTE, GLI INTERMEZZI E L’OPERA


La maggior parte dei documenti esistenti sugli spettacoli teatrali del 16º 17º secolo È
dovuta principalmente all'usanza del tempo di immortalare in stampe, incisioni e
descrizioni dettagliate lo svolgimento delle feste di corte.
Per queste feste le corti italiane ripresero molte forme spettacolari dell'epoca romana
e ne allestirono altre ispirate alle rappresentazioni medievali.
Ogni festa veniva affidata alla direzione dell'unica persona, generalmente l'architetto
di corte che curava il progetto per la realizzazione scenica anche degli intrattenimenti.
Dalle mascherate e dagli altri cortei si svolgevano nei giorni di carnevale, trassero i
loro caratteri gli intermezzi che venivano inseriti tra gli atti delle commedie ed erano
spettacoli ricchi e vivaci le cui principali attrattive risiedevano negli effetti speciali e
nella presenza della musica e della danza. Il dialogo veniva utilizzato solo quando
bisognava chiarire o spiegare gli intrecci e le trame allegoriche.
All'inizio della seconda metà del cinquecento gli intermezzi raggiunsero un tale
successo da diventare un intrattenimento più popolare delle stesse commedie in cui
erano inseriti li accettarono come piacevole diversivo. (inizialmemte non era cosi )
La caratteristica principale degli intermezzi era costituita essenzialmente dalla loro
spettacolarità. Questo genere di intrattenimento diventa perciò l'occasione per
proporre vari esperimenti scenografici.

Alla fine del cinquecento nacque l'opera lirica dalla camerata Fiorentina, Una delle
numerose accademiche fiorirono in Italia nel Rinascimento, raccogliendo studiosi
artisti uniti dai comuni interessi culturali. La loro prima opera lirica fu Dafne con il
testo di Ottavio riuncini E la musica di Jacopo peri. Il dialogo i passaggi corali
venivano recitati o cantati Sulla base dell'accompagnamento musicale. Dopo questo
semplice inizio, L'opera lirica si sviluppò come una delle maggiori forme artistiche del
periodo barocco.
Nel 1637 ci fu a Venezia inaugurazione di un teatro dell’opera. L'opera ebbe un
successo enorme tante che da Venezia si diffuse prima in tutta Italia poi nel resto
dell’Europa. Il primo grande compositore fu Claudio Monteverdi con l'opera Orfeo.
LO SVILUPPO DELLE NUOVE PRATICHE SCENICHE

La maggior innovazione in campo scenografico si verificò grazie agli apporti della


pittura prospettica. Lo studio della prospettiva, che si sviluppa nel corso del
quattrocento trovò la sua prima sistemazione teorica nel trattato della pittura di Leon
battista Alberti. È forse difficile comprendere oggi il fascino che il disegno prospettico
poteva esercitare sull'uomo rinascimentale, ma si può comunque immaginare quali
conseguenze rivoluzionarie ha portato l'applicazione della prospettiva alla scena
teatrale. Soprattutto se pensiamo che le scenografie del tempo erano spesso progettate
e disegnate dagli architetti e dai pittori più famosi del momento.
Il primo esempio sicuro è la scenografia realizzata da pellegrino da San Daniele per la
rappresentazione della Cassaria dell'Ariosto a Ferrara nel 1508, in cui delle singole
strutture rappresentanti ciascuna una casa furono poste una accanto all’altra davanti
a dei fondali dipinti. Questa soluzione scenica, si deve soprattutto alla descrizione
lasciata da Vitruvio degli allestimenti teatrali del suo tempo. Le scene tragiche
rappresentano:
- colonne
- Timpani
- Statue
- Altri particolari architettonici adatti ad un Palazzo Reale.
Le scene comiche mostrano:
-La veduta di una serie di case private poste una accanto all'altra
- balconi e schiere di finestre che raffigurano le abitazioni dei cittadini comuni di
una generica strada di città.

Le scene satiresche rappresentano:


-scene campestri con alberi
- Montagne
- Caverne
- Natura
La disposizione della scena rinascimentale risente inoltre di un'altra nozione tratta
sempre da Vitruvio quella della città ideale. L'obiettivo di Vitruvio infatti era quello di
fornire un modello ideale di sistemazione urbanistica. Gli artisti rinascimentali sedotti
dall'idea di una città ideale, Cercarono di rappresentarla nelle scenografie degli
spettacoli teatrali dipingendo ad esempio nelle scene tragiche le sezioni dei palazzi
reali E nelle scene comiche le abitazioni dei normali cittadini di questo luogo perfetto.
Le pratiche sceniche delle primo 500 sono descritte nel secondo dei sette libri
dell'architettura di Sebastiano Serlio, dedicato all'allestimento scenico e pubblicato
nelle 1545. Il libro fu il primo trattato rinascimentale sull'architettura a dedicare
un'intera parte al teatro, includendo anche le illustrazioni prospettiche delle scene
tragiche, comiche e satiresche ispirate a vitruvio.
Nella Rinascimento le rappresentazioni teatrali venivano allestite in ambienti
preesistenti, perlopiù le sale dei palazzi. Serlio adottò quindi lo spazio semicircolare
della cavea del teatro romano descritto da Vitruvio, inserendolo in una sala
rettangolare. Il pubblico si sedeva su gradinate che scendevano in file semicircolari dal
fondo della sala verso il centro. La prima fila, destinata agli spettatori più importanti,
delimitava di fronte al palco lo spazio semicircolare dell'orchestra. Al centro della
prima fila sedeva il principe o il Signore e tutta la disposizione scenografica era
strettamente progettata in funzione al suo punto di vista, l'unico da cui si potesse
cogliere l'effetto prospettico dell’insieme.
La piattaforma del palcoscenico era sollevata dal suolo. La parte anteriore consisteva
in una superficie piana ed era destinata alla recitazione degli attori.
La parte posteriore era inchinata perché serviva ad intensificare l'effetto illusionistico
delle scene prospettiche.
Le scene del SERLIO erano concepite come strutture fisse, e non prevedevano la
possibilità di rapidi cambi di scena. Dopo poco nacque l'esigenza di effettuare dei
cambi di scena a vista. La prima soluzione che venne adottata fu quella dei
PERIAKTOI: prismi triangolari che secondo la descrizione di vitruvio e di Polluce
recavano una scena dipinta su ogni lato e potevano ruotare su un perno centrale. Il
primo che fece uso dei PERIAKTOI nel Rinascimento fu Bastiano da Sangallo a
Castro.

Niccolò Sabbatini 1574-1654 nella sua ‘ pratica di fabbricar scene e macchine ne’
teatri’ 1673, una delle più importanti fonti di informazione sulle pratiche sceniche del
17º secolo, elenca tre metodi per cambiare rapidamente le scene a vista.
Uno ricorreva all'uso solito dei PERIAKTOI e gli altri due utilizzavano meccanismi
particolari per il cambiamento delle quinte angolari.

1. Il primo sistema prevedeva l'uso di quinte mobili che venivano fatte scivolare via
per rivelare quelle di dietro.
2. Il secondo utilizzava delle tele dipinte che inserite velocemente davanti alle quinte
fisse, coprivano la scena precedente e mostravano quella successiva.
3. L'ultima soluzione richiedeva la sostituzione di tutte le quinte angolari con quinte
piatte e questa innovazione fu resa possibile dagli sviluppi del disegno prospettico.
Nel 16º secolo le quinte angolari venivano dipinte dopo essere state sistemate sul
palcoscenico, nella loro posizione definitiva.
Il punto di fuga veniva fissato sulla parete di fondo del palco, in un punto preciso. li
agganciava una fune che veniva quindi tesa verso il basso ed era usata per
determinare l'altezza e le dimensioni relative di tutti i particolari che dovevano essere
dipinti sulle quinte angolari. Il disegno era semplice.

Il problema di trasferire il quadro prospettico su una serie di quinte piatte non fu


risolto in modo efficace fino al 1600, anno in cui fu pubblicato il trattato:
PERSPECTIVAE LIBRI SEX di Guido Ubaldo del Monte 1545-1607. La prima
applicazione delle norme di Guido Ubaldo per la realizzazione di scenografie
composte esclusivamente da quinte piatte è stata attribuita da Giovambattista Aleotti
che realizzò questo tipo di allestimento scenico nel teatro dell’Accademia degli
intrepidi a Ferrara nel 1606.

Utilizzando le quinte piatte si potevano realizzare rapidamente innumerevoli cambi di


scena. Ogni quinta era formata da tanti telai, posti uno dietro l’altro, quante erano le
scene. I Cambia erano ottenuti facendo semplicemente scivolare via la superficie
visibile e svelando la successiva. Il fondo della scena veniva normalmente dipinto su
due fondali scorrevoli che combaciavano al centro e potevano essere facilmente
manovrati.

Fino a circa il 1650 le scene, ispirate ai modelli classici, rappresentavano


generalmente degli ambienti esterni, e sulla parte superiore della scenografia era
spesso dipinto un cielo. A volte questo cielo era realizzato su un unico telone, ma non
appena diventò comune l'uso di macchine che consentivano ai personaggi e agli
elementi scenici di muoversi verticalmente E salire E scendere dal cielo, il telone
venne suddiviso in più sezioni fissate da assi ricurve, che venivano appese su ogni
copia di quinte. Il cielo era così costituito da diversi spezzati, Separati da spazi che
consentivano la salita e la discesa. Quando furono introdotte anche le scene di interni,
gli spezzati vennero dipinti in modo da rappresentare:
- soffitti
- Travi
- Volte
- E altri particolari adeguati all’ambiente.
Intorno all'inizio del 17º secolo I tre elementi fondamentali di ogni scenografia erano:
1. Le quinte laterali
2. I fondali scorrevoli
3. Le arie

All'inizio, per operare dei cambi veloci, si utilizzavano numerosi macchinisti, ma


spesso i risultati non erano soddisfacenti, perché era molto difficile sincronizzare i
movimenti di tutte le persone in modo da ottenere un cambio perfetto.
La soluzione di questo problema è stata attribuita a Giacomo Torelli 1608-1678,
chiamato il gran stregone, per la sua abilità nel creare effetti scenografici che
perfezionò un sistema per il cambio di scena messo a punto precedentemente e lo
sperimentò a Venezia tra il 1641-1645.
Torelli pensò di praticare delle fessure nel pavimento del palcoscenico in modo che I
sostegni verticali dei telai potessero scorrervi dentro. I sostegni erano fissati a dei
carrelli posti sotto il palco che correvano su dei binari situati parallelamente al lato
anteriore del palcoscenico. Quando i carrelli scorrevano verso il centro del palco, le
quinte entravano in scena, mentre il movimento contrario le portava fuori dalla vista
del pubblico. Tramite un complicato sistema di funi e carrucole ogni parte della
scenografia era collegata ad un argano centrale che quando ruotava trascinava le
quinte avanti o indietro attuando così il cambio simultaneo di tutti gli elementi
scenografici. Questo congegno fu adottato in quasi tutta l'Europa Dove rimase il
principale metodo per il cambio rapido di scena fino alla fine del 1800.
Nel periodo in cui predominò l'uso delle quinte angolari ogni quinta rappresentava un
edificio diverso.
Il disegno scenografico era generalmente affidato ai pittori e agli architetti, molti tra i
migliori artisti italiani si cimentarono in progetti e bozzetti scenografici negli anni
compresi tra il 1475 e il 1650. Inoltre il prestigio che procurava l'allestimento B
grandiosi spettacoli teatrali incoraggiò molti signori in particolare quelli di Ferrara,
Mantova, Urbino, Milano e Roma.
L'uso di scenografie grandiose e imponenti si affermò in particolar modo con i medici
a Firenze grazie all'opera di Bernardo Buon talenti che lavorò come Architetto e
sovrintendente degli spettacoli alla corte dei medici per più di cinquant’anni.

Con l'apertura di teatri d'opera veneziani a partire dal 1637 lo splendore degli
allestimenti teatrali fu accessibile al grande pubblico E il gusto per le innovazioni
scenografiche dall'opera lirica si estese alle altre forme drammatiche.
Verso la fine delle 17º secolo le pratiche sceniche italiane erano state adottate ormai
nei paesi di tutta l’Europa.

L’ARCHITETTURA TEATRALE

I drammi venivano messi inscena a corte e nelle accademie solo in particolari


occasioni.
Molti delle produzioni furono allestite all’aperto, nei cortili o nei giardini ma nel corso
del 16º secolo i luoghi tipici delle rappresentazioni teatrali erano costituiti dalle sale
dei banchetti e da altri ambienti simili. Gli ambienti venivano sistemati per l'occasione
secondo lo schema proposto dal Serlio.

Il più antico esempio sopravvissuto di teatro rinascimentale è il teatro olimpico,


costruito tra il 1580 e il 1585 per l'Accademia olimpica di Vicenza. Questa
Accademia fondata nel 1555 sviluppava gli studi sul teatro greco e usava dei
palcoscenici provvisori per allestire le sue rappresentazioni. Quando i membri
dell'Accademia decisero di costruire un teatro permanente, Andrea palladio
1518-1580 celebre architetto studioso di Vitruvio, membro dell'Accademia si impegnò
a realizzare l'esatta ricostruzione di un teatro classico all'interno di un edificio
preesistente.
Nel teatro olimpico, I sedili per il pubblico sono disposti secondo una semiellisse chi
gira intorno ad una piccola orchestra.
La parte posteriore E le due estremità laterali del palcoscenico sono delimitati da una
facciata architettonica adornata di colonne, nicchie, statue e bassorilievi.
Nella facciata, si aprono un arco centrale e due porte più piccole mentre altre due
porte sono poste sulle pareti laterali.
L'effetto di questo spazio È quello di un teatro romano in miniatura.
Palladio morì prima che il teatro fosse finito, così il teatro fu ultimato da Vincenzo
Scamozzi che aggiunse delle strade prospettiche poste dietro a ciascun apertura della
facciata in modo da creare l’ impressione che il palcoscenico costituisse l'ipotetica
piazza di una città in cui convergeva un certo numero di strade.
Queste strade formavano delle linee prospettiche poste in modo tale che ogni
spettatore potesse vederne in profondità almeno una.
Il teatro fu inaugurato nel 1585 con una messinscena dell'Edipo re di Sofocle.

Generalmente il prototipo del palcoscenico moderno È considerato quello del teatro


Farnese di Parma progettato dall’ Aleotti completato nel 1618 ed inaugurato nel
1628, perché è la prima struttura sopravvissuta ad avere un arco di proscenio fisso.
L'arco di proscenio contribuiva sia a creare un'illusione di realtà che a nascondere i
complessi congegni meccanici per manovrare le scene. Entrò nell'uso teatrale solo
gradualmente. In alcuni teatri provvisori veniva eretto ad ogni spettacolo, m nei teatri
stabili fu presto evidente la necessità di una cornice fissa. Così nel corso del 17º secolo
l'arco di proscenio diventa parte integrante del teatro. L'uso dell'arco non fu limitato
alla parte anteriore del palcoscenico. Il teatro Farnese per esempio aveva due cornici
posteriori alla prima.

Il teatro pubblico professionale comincia ad emergere in Italia nella seconda metà del
16º secolo. Il primo documento relativo ad un Teatro pubblico risale al 1565 a
Venezia. Verso l'inizio del 17º secolo esisteva già un certo numero di sale pubbliche
anche se si trattava di edifici molto semplici. Le principali innovazioni architettoniche
furono introdotte solo dopo il 1637 quando l'opera lirica comincia ad essere
rappresentata da compagnie di professionisti. Venezia del resto era il luogo più adatto
allo sviluppo del teatro pubblico, perché era l'unica importante città italiana a non
essere governata da un principe. L'area riservata agli spettatori nel teatro d'opera
veneziano fu progettata in modo da incoraggiare l'affluenza di un pubblico che
comprendesse tutte le classi sociali ma garantisse comunque a chi lo desiderava una
certa intimità. Il successo del primo teatro pubblico il san cassian fu tale che intorno
al 1641 furono aperti altri tre teatri. I primi due piani del teatro pubblico erano i più
costosi ed erano frequentati dalle classi più ricche, gli ultimi tre erano destinati alle
persone di rango inferiore.
LA MUSICA , LA DANZA, GLI EFFETTI SCENOGRAFICI

La musica e la danza erano parti integranti delle cerimonie, delle feste e delle
rappresentazioni teatrali italiane. La musica poteva essere sia vocale che strumentale,
suonata come assolo o con varie combinazioni orchestrali. Prima del 1600 costituiva
l'elemento predominante degli intermezzi e accompagnava le numerose canzoni, Le
danze, E gran parte dell'azione scenica chi era prevalentemente eseguita informa di
pantomima. Si usava suonare la musica Durante i cambi di scena per riempire gli
intervalli E per coprire i rumori provocati dalle macchine.

Con l'opera lirica la musica comincia ad assumere un ruolo preminente. Molti spartiti
di questo periodo sono sopravvissuti, ma sfortunatamente siamo in grado di associare
ben pochi brani musicali ad una rappresentazione specifica.
La stessa considerazione vale ancora di più per la danza, Che non disponeva neanche
dell'equivalente di uno spartito. Ciò che rimane sono solo alcuni dipinti e resoconti
scritti. In questo periodo furono poste le basi del balletto, una forma di spettacolo.

Molti prodigi scenografici delle rappresentazioni tenute a corte E nelle accademie


erano resi possibili dall'efficacia degli effetti speciali. I macchinisti rinascimentali
erano in grado di realizzare trasformazioni meravigliose E disporre l'apparizione di
divinità, mostri e creature mitologiche nel mare, nel cielo in paradiso o nell’ade. Il
maggiore effetto spettacolare era creato dalle macchine che consentivano agli dei di
apparire dal cielo per risolvere l'azione drammatica. Questi e altri personaggi
mitologici volavano sul palcoscenico su carri, nuvole o sul dorso di animali e uccelli.
Per ottenere questi effetti si utilizzano delle sagome di legno O delle tele dipinte che
raffiguravano carri cavalli o nuvole per coprire i congegni meccanici.

In molte rappresentazioni ricambi di scena venivano nascosti dalle nuvole che


scendevano a coprire il palcoscenico (tele dipinte)

Altri effetti scenici erano realizzati grazie alle botole situate sotto il pavimento del
palco. La popolarità delle scene marine stimola l'invenzione di numerosi congegni atti
a simulare le onde del mare. Talvolta veniva fatto ondeggiare ritmicamente in alto in
basso un grande lenzuolo di tela dipinto, altre volte si muoveva una serie di pannelli
sagomati a forma di onde. Sulle onde marine navigavano navi e nuotavano balene e
delfini. Per creare questo tipo di effetto, si montavano delle sagome in miniatura in
cima a dei pali che venivano mossi operando sotto il palcoscenico. Quando le navi
dovevano portare un grosso carico di persone, si muovevano sul palcoscenico tirate da
fumi nascoste.

Il sipario era usato per occultare i prodigiosi congegni scenici E per aumentare la
sorpresa quando venivano improvvisamente rivelati.
Si tirava il sipario solo all’ inizio della rappresentazione e mai per segnare la chiusura
degli atti. Nei primi tempi, il sipario veniva lasciato cadere al suolo ma questo sistema
risultò poco sicuro e alla fine fu dotato un tipo di sipario che scompariva salendo
dietro la parte superiore dell'arco di proscenio dove veniva arrotolato.

L’ILLUMINAZIONE TEATRALE

Quando le rappresentazioni cominciarono ad essere allestite in ambienti interni,


L’illuminazione del palcoscenico diventa per la prima volta un elemento
fondamentale della messinscena.
Le fonti di luce disponibili erano le candele e le lampade ad olio. Generalmente per
illuminare la sala si preferiva usare le candele che facevano meno fumo ed avevano un
odore meno sgradevole dell'olio. La platea era quindi illuminata da candelabri appesi
proprio davanti il palcoscenico che davano luce sia al pubblico che alla piattaforma
scenica. Il fumo delle lampade e dei candelabri creava spesso una sorta di nebbia. Le
altre luci sistemate sul palcoscenico erano perlopiù nascosti dietro la cornice superiore
oppure dietro i lati verticali del frontespizio. Per aumentare la potenza delle luci,
dietro le lampade venivano sistemate delle superfici riflettenti concave di materiali
lucidi e brillanti. Esistevano almeno tre modi per oscurare il palcoscenico. A volte
venivano spente lampade anche se poi diventata molto complicata accenderle altre
volte venivano utilizzati degli schermi a forma cilindrica sospesi sulle lampade che si
abbassavano per oscurare la scena e si alzava per illuminarla.

LA COMMEDIA DELL’ARTE

Le rappresentazioni allestite nelle corti o nelle accademie avvenivano in particolari


occasioni, ed erano destinate ad un pubblico ristretto e aristocratico. I testi teatrali
erano scritti dai poeti di corte, così come dagli architetti e dai pittori di corte erano
realizzati i bozzetti di scene dei costumi. Gli attori erano perlopiù cortigiani e le
rappresentazioni non venivano replicate.
Lo sviluppo di un autentico teatro professionale in Italia e in Europa lo si deve quindi
alla commedia dell’arte.

Le due caratteristiche fondamentali della commedia dell'arte erano l’improvvisazione


ed i personaggi fissi: gli attori partivano da un canovaccio, sulla base del quale poi
improvvisavano il dialogo e l’azione. Ogni attore recitava sempre lo stesso
personaggio sempre con lo stesso costume.
Ogni compagnia aveva il suo bagaglio di personaggi fissi, ognuno con un nome e
delle caratteristiche che lo distinguevano dai personaggi simili presenti in altre
compagnie. I caratteri fissi della commedia dell'arte possono essere suddivisi secondo
categorie generali:
1. Gli innamorati
2. I vecchi
3. I servitori

Normalmente venivano rappresentati come uomini e donne intelligenti, arguti, di


bell’aspetto e colti. Ma a volte potevano essere dipinti come personaggi ingenui e non
troppo brillanti. Indossavano abiti alla moda e non portavano la maschera.

- il giovane innamorato era spesso contrastato nel suo amore da un uomo più
anziano, talvolta suo padre,.
- L'innamorata secondo lo schema, veniva corteggiata da due pretendenti, uno
giovane e uno anziano.

Un altro personaggio estremamente popolare era quello del capitano, Era


originariamente uno degli innamorati, trasformato successivamente in uno spaccone
codardo. La spada, la cappa e il mantello piumato erano gli accessori fondamentali
del suo costume.
A questo personaggio si davano i nomi più strani come spavento, Coccodrillo,
fracassa, rinoceronte. Il capitano rappresentava nell’azione il postulante non gradito
di una delle giovani fanciulle, E la sua sconfitta costituiva uno dei momenti culminanti
della commedia. Al contrario degli innamorati, Il capitano indossava la maschera.
La maschera copriva originariamente tutto il viso, lasciando liberi solo il mento e le
labbra. Successivamente si limitò alla parte superiore del volto. Fra i personaggi
mascherati furono celebri due tipi vecchi:
1. Pantalone, era un mercante di mezza età avaro e conservatore, parlava in dialetto
veneziano, Era appassionato di proverbi, e nonostante fosse vecchio cortegiva
donzelle giovani. Portava un paio di pantaloni rossi, un farsetto rosso. Alla cintura
aveva una borsa, ai piedi calzava paio di babbucce. Caratteristica della sua
fisionomia era la barba e il naso a punta.
2. Il dottore era generalmente amico o rivale di pantalone. Era un pedante, di
norma avvocato o medico che parlare in dialetto bolognese, intercalato da parole
o frasi latine. Indossava l'abito dottorale nero e un largo colletto bianco. Era un
marito gelosissimo e spesso cornuto.
3. I tipi più vari della commedia dell'arte erano i servi o zanni:
- Zanni1 : furbo, che con i suoi intrighi mandava avanti l’azione.
- Zanni 2: rozzo e sempliciotto che con i suoi scherzi, le sue burle interrompeva
l'azione e scatenata la comicità.

Tra gli zanni, arlecchino era la maschera più popolare della seconda metà del 17º
secolo. Il costume degli zanni fu sottoposta a molti cambiamenti. Originariamente era
vestito di cenci, con toppe, Sulla testa calva, aveva un cappello di feltro. Aveva una
maschera nera E al posto della spada aveva una spatola di legno.
Le compagnie erano di solito formate da 10 o 12 membri, 7-8 uomini e tre o quattro
donne. Una compagnia generalmente comprendeva:
1. 2 coppie di innamorati
2. Una fantesca
3. Un capitano
4. Due zanni
5. Due vecchi.

Le compagnie, Viaggiavano costantemente E ad ogni nuova città dovevano richiedere


alle autorità il permesso di rappresentare i loro spettacoli autorizzazione che non
sempre veniva accordata. In genere affittavano delle grandi sale ma si sentivano
ugualmente a loro agio sia sui palcoscenici improvvisati all'aperto che nei teatri di
corte.
La commedia dell'arte fu particolarmente fiorente tra la metà del 16º e la metà del
17º secolo.

IL TEATRO INGLESE DAL MEDIOEVO AL 1642

Sotto i tutor, che riportarono la stabilità politica dopo la guerra dei cent'anni tra
l'Inghilterra la Francia 1337-1453 e la guerra delle due rose tra la casa di York e
quella di Lancaster 1455-1485, la cultura rinascimentale cominciò a diffondersi anche
in Inghilterra.
In questo periodo furono invitati alla corte di Enrico VIII, diversi umanisti italiani che
promossero lo studio delle opere classiche la cui influenza comincia a farsi sentire in
tutti campi della cultura E Quindi anche nella letteratura drammatica.
Il più antico interlude inglese rimasto, FULGENZIO E LUCREZIA 1497 di henry
medwall, risente infatti dell'influsso della cultura umanistica.
L'umanesimo esercitò la propria influenza Sulla produzione drammatica soprattutto
attraverso le scuole e l’università. Una figura chiave fu quella di John Collet che fondò
la saint Paul School intorno al 1512. In tutte le scuole che avvertirono dell'influenza
di Collet divenne presto abituale non solo studiare ma anche rappresentare drammi
che potevano essere antichi testi classici oppure imitazioni . le prime rappresentazioni
furono allestite all'Università di Cambridge verso il 1520 e presto diventarono
comuni anche in altre scuole.
Di tutte le commedie prodotte nelle Università le più conosciute sono:
1. Ralph Roister Doister
2. Gammer gorton’s needle
Entrambi sono stati scritte in inglese, ma seguono la tecnica compositiva della
commedia latina.
Sullo sviluppo del dramma inglese nell'ultima parte del cinquecento influirono
profondamente le controversie politiche e religiose che infuriarono da quando, nel
1534 Enrico VIII ruppe i rapporti con la Chiesa di Roma. Alla sua morte, dopo il
regno di Edoardo VI salì al trono Maria I detta la sanguinaria che perseguitò
ferocemente i protestanti. Le successe Elisabetta I che riprese la politica anti cattolica
di Enrico VIII E nel 1588 respinse l'attacco della flotta inviata contro l'Inghilterra da
Filippo Secondo, Re di Spagna. Il trionfo sulla flotta spagnola rese il protestantesimo
inglese relativamente sicuro

Il trionfo sulla flotta spagnola rese il protestantesimo inglese relativamente sicuro, ma


non mise fine alle controversie religiose, anche perché i protestanti inglesi erano divisi
in diverse fazioni.
Tra le varie opposizioni alla politica religiosa ufficiale, particolarmente rigoroso era
l'atteggiamento dei puritani. Decisamente contrari a qualunque soluzione di
compromesso tra la chiesa inglese e la chiesa cattolica, i puritani si proponevano di
eliminare ogni elemento cattolico dal culto, dall'organizzazione, dalla dottrina e dalla
morale della chiesa d'Inghilterra. I puritani inoltre si opponevano allo sviluppo del
teatro professionale, che venne attaccato da un pamphlet di John Northbrooke, A
Treatise Against Dicing, Dancing, Plays and Interludes (Trattato contro il gioco dei
dadi, il ballo, le commedie e gli interludi, 1577) presto seguito dallo scritto polemico
di Stephen Gosson, The School of Abuse(La scuola dell'abuso, 1579).
Entrambi i libelli si scagliavano con toni aspri contro il teatro, descritto come uno
strumento nelle mani del diavolo per incoraggiare il vizio e distogliere il popolo
dal lavoro onesto e dalle occupazioni utili. A questo attacco seguirono una risposta di
Thomas Lodge, A Defence of Poetry, Music and Stage Plays (Difesa della poesia,
della musica e delle rappresentazioni teatrali, 1579), ed un'altra di Sir Philip Sidney,
The Defence of Poesy (Difesa della poesia, 1583), in cui si sosteneva
la funzione moralizzatrice della letteratura e la sua capacità di
spingere il lettore alla virtù. Il trattato di Sidney è di fondamentale importanza anche
perché rappresenta la prima articolata esposizione in inglese dell'ideale classicista che
esercitò un'importante influenza sugli scrittori della nuova generazione, e special-
mente su Ben Jonson.
Anche se, almeno per il momento, non riuscirono a sopprimere del tutto il teatro, i
puritani furono tuttavia i portavoce di idee
che condizionarono per lungo tempo le scelte dei consiglieri comunali e delle autorità
locali delle cittadine inglesi, che per moti molti decenni rimasero ostili alla presenza
delle compagnie teatrali.
Particolarmente importante per lo sviluppo del dramma fu l'at-
tività culturale che si svolgeva negli Inns of Court (collegi per avvocati), di cui i più
famosi erano il Gray's Inn, il Lincoln's Inn e il Middle Temple. In questi collegi,
principalmente luogo di residenza e di formazione culturale dei futuri avvocati, erano
ammessi i giovani che provenivano soprattuto dalle scuole di Oxford e Cambridge, e
volevano continuare gli studi. A questi studenti benestanti ed aristocratici venivano
insegnate la musica, la danza ed altre arti, e della loro educazione faceva parte
l'allestimento di piccole commedie. Gli spettacoli erano realizzati principalmente
durante i festeggiamenti per il Natale, che duravano quattro settimane, ma
potevano essere allestiti anche per onorare gli ospiti, o per celebrare avvenimenti
importanti come la visita della regina, oppure una nascita o un matrimonio all'interno
di una famiglia nobile. Gi spettatori provenivano tutti da un ambiente aristocratico,
colto e raffinato, ed inoltre informato sulle ultime mode del teatro inglese
e straniero.
La prima tragedia inglese, Gorboduc, nota anche come Ferrex
and Porrex, fu scritta da due studenti, Thomas Sackville e Thomas
Norton, e fu rappresentata all'Inner Temple nel 1561 alla presenza della regina
Elisabetta.
Il soggetto della tragedia, tratto dalle leggende dell'antica storia inglese, veniva
sviluppato con una tecnica pseudo senechiana:
il dramma è diviso in cinque atti e descrive la gelosia che si scatena tra Ferrex e
Porrex quando il loro padre Gorboduc decide di dividere il suo regno tra i due figli.
Basti dire che tutti i personaggi principali alla fine vengono uccisi, e il loro destino
vuole essere una specie di lezione morale per l’Inghilterra sui rischi legati
all'incertezza della successione al trono. Benché oggi questo dramma possa sembrare
inefficace e di non piacevole lettura, ebbe un tale successo che fu ristampato ben
cinque volte in trenta anni.
Durante il regno di Elisabetta, l'interesse delle università e delle scuole si spostò
lentamente dai drammi ispirati alla cultura classica ad opere basate sulla storia inglese
o sulla recente produzione drammatica italiana. All'inizio del 1600 l'influenza delle
scuole e dei collegi era ormai in declino, ma tra gli studenti si era ormai diffusa la
conoscenza del teatro antico e straniero, e delle diverse tecniche drammatiche. Fu
soltanto quando scrittori colti e istruiti cominciarono a lavorare per le compagnie
professionali che inizio per il teatro inglese un'epoca di autentica grandezza.

GLI UNIVERSITY WITS

Verso il 1580 apparvero le prime opere di un gruppo di autori colti e letterati,


chiamati appunto University Wits (begli ingegni universitari), che iniziarono a scrivere
per il teatro pubblico. I più importanti scrittori del gruppo furono :
-1.Thomas Kyd,
-2.ChristopherMarlowe
-3.John Lyly
-4.Robert Greene.

"Thomas Kyd è rimasto famoso sopratutto per la sua ‘the Spanish tragedy’ (la
tragedia spagnola 1587) che fu il dramma più popolare del sedicesimo secolo.
Raccontando una storia sensazionale di delitti e di vendette, kid collocava tutti gli
eventi più importanti sulla scena e utilizzava gli espedienti tipici del dramma
senechiano come i fantasmi , il coro, i soliloqui e i confidenti.
Ma sopratutto Kyd riusciva a costruire un’azione rapida, chiara e coinvolgente.
Christopher Marlowe (1564-1593), dopo aver terminato gli studi classici a
Cambridge, cominciò a scrivere diversi drammi per il teatro pubblico, tra cui Doctor
Faustus ed Edward II. Il suo Edward 2 fu particolarmente importante per lo
sviluppo del dramma storico. Marlowe infatti utilizzò eventi storici diversi,
modificandoli, alterandoli e combinandoli in modo da costruire una vicenda coerente
in cui gli avvenimenti sembrano svolgersi secondo un nesso di successione causale. Ma
Marlowe fu soprattutto un grande poeta, e contribuì in modo determinante, tra gli
autori che precedettero Shakespeare, a rendere il blank verse (decasillabo non rimato)
un efficace strumento per la scrittura drammatica.

John Lyly (c. 1554-1606) scriveva principalmente per le compagnie dei ragazzi che si
rivolgevano in particolare a un pubblico aristocratico. Le sue opere più caratteristiche
sono i drammi pastorali, in cui i temi e le figure della mitologia classica si mescolano a
precisi riferimenti alla vita inglese contemporanea. Il mondo delle sue opere è un
mondo fatato dove qualunque problema svanisce al leggero oscillare di una bacchetta
magica. Tra i suoi lavori più caratteristici si collocano:
-Campaspe (Campaspe, 1584),
- Endimion(Endimione, c. 1588),
- Lové's Metamorphosis (Metamorfosi d'amore, c. 1590).
Queste delicate commedie pastorali costituiscono in parte il sostrato tradizionale a
cui Shakespeare si ispirò nella stesura di As You Like It (Come vi piace) e di A
Midsummer Nights Dream (Sogno di una notte di mezza estate)

Anche Robert Greene (1560-1392) scrisse commedie pastorali ma le sue opere


risultano più varie rispetto a quelle di Lyly, poiché Jumbinano nelle Loro trame
numerosi materiali, di provenienza diversa: In Friar Bacon and Friar Bunzay (Frate
Bacone e' EizaBungay, C. 1589) ed in James IV (Giacomo IV, c. 1591), ad esempio,
storie d'amore e d'avventura vissute sullo sfondo dell’ambiente pastorale si intrecciano
a vicende di carattere storico. Greene è stato apprezzato particolarmente per i suoi
personaggi femminili, che tipicamente devono superare una lunga serie di prove e di
tentazioni prima di poter realizzare i loro desideri.

Intorno al 1590 erano quindi apparsi diversi autori che con le loro opere avevano
colmato la distanza che separava i gusti del pubblico colto da quelli del pubblico
popolare. La fusione degli elementi del teatro classico e del teatro medioevale con
temi, figure e materiali tratti dalle fonti più diverse, che si realizzò nelle loro
opere, stabilì le fondamenta su cui Shakespeare e i suoi contemporanei costruirono il
nuovo dramma.

Shakespeare e i suoi contemporanei

William Shakespeare (1564-1616) nacque a Stratford-on-Avon, piccolo centro del


Warwickshire, terzo figlio di un piccolo proprietario terriero e guantaio. Della sua vita
abbiamo poche notizie documentabili. Probabilmente frequentò la King's New
School di Stratford dove veniva impartita un'istruzione che comprendeva la
grammatica e la letteratura latina. A diciotto anni si sposò con Anne Hathaway e,
secondo fonti diverse, negli anni seguenti potrebbe essere stato maestro di scuola,
oppure al servizio di un gentiluomo del Lancashire. Nel 1592 doveva comunque già
essere un attore e un autore drammatico affermato a Londra. Nei due anni seguenti,
mentre i teatri erano chiusi a causa della peste, scrisse due poemi, Venus (Venere) e
The Rape of Lucrece (LucreziaViolentata) dedicandoli al conte di Southampton. Nel
1594 diventò con Richard Burbage, divo dei palcoscenici londinesi, azionista
nella compagnia dei Lord Chamberlain's Men, che si era formata a Londra al
termine dell'epidemia di peste, e che nel 1603 avrebbe preso il nome di king’s men

Nei diciotto anni successivi Shakespeare recito e scrisse esclusivamente per questa
compagnia: Quando nel 1599 la compagnia costruì il proprio teatro, il Globe,
Shakespeare divenne uno dei comproprietari dell'edificio. La sua attività di autore,
attore e azionista doveva comunque rendere bene se già nel 1597 Shakespeare
aveva potuto acquistare un'ampia casa a Stratford, dove avrebbe
definitivamente fissato la sua residenza nel 1610. Alla sua morte aveva ormai
raggiunto la condizione di ricco gentiluomo.
Probabilmente Shakespeare cominciò a scrivere per il teatro verso il 1590,
componendo complessivamente almeno trentasei drammi. Durante la sua vita ne
furono pubblicati sedici, separatamente, ma si tratta di testi estremamente scorretti,
sicuramente non rivisti dall'autore, e in parte stesi «a memoria» da qualche attore
corrotto dall'editore. Ma nel 1623 Heminges e Condell, della compagnia dei King's
Men, pubblicarono l'intero corpus drammatico shakespeariano. Il volume (conosciuto
come primo in folio) aggiungeva ai sedici drammi già stampati, ma qui riportati in
una versione più corretta, altri venti testi.
Le trentasei opere erano raccolte in tre gruppi, rispettivamente:
- commedie
- drammi storici
- Tragedie
Senza alcuna considerazione per la cronologia della loro composizione. È stato
possibile ricostruire, ipoteticamente i vari periodi in cui i drammi sono stati scritti,
raggiungendo un ampio consenso tra gli studiosi.
Sembra certo che Shakespeare abbia scritto una tetralogia di drammi storici costruita
dalle tre parti di Henry VI e da Richard III.
Seguì King jhon e quindi tra il 1595 e il 1598 una seconda tetralogia.

Le prime commedie:
- pene d’amor perdute
- La commedia degli equivoci
- La bisbetica domata
- I due gentiluomini di Verona
Furono probabilmente scritte tra il 1592 e il 1595. In seguito tra il 1595 e il 1599
apparvero:
- sogno di una notte di mezza estate
- Molto rumore per nulla
- Come vi piace
- Il mercante di Venezia
- La notte dell’epifania
Verso il 1599 venne rappresentato:
- le allegre comari di Windsor
- Tutto è bene quello che finisce bene
- Misura per misura
Degli ultimi anni sono Pericle, Cimbellino, il racconto d’inverno e la tempesta.

Le tragedie:

-Romeo e Giulietta
- giulio cesare
- Amleto
- Otello
- Re lear
- machbeth
- Antonio e cleopatra
- Coroliano
- Timone di atene
Le fonti delle trame di Shakespeare sono diversissime vanno dalla storia, alla
mitologia, dalla leggenda alla letteratura. Quasi tutti i drammi associano parti in
prosa e parti in versi sciolti e in rima. Non sono suddivisi in atti ma in numerosi
episodi attraverso cui l’azione spazia liberamente senza rispettare le unità di tempo e
di luogo. I personaggi sono numerosi. Poche però sono le parti femminili in ogni
dramma, in genere non sono più di due o di tre.
I diversi personaggi sono tutti estremamente ben caratterizzati, anche quando non
pronunciano che poche battute. L'azione, spesso complessa e arricchita da trame
parallele, è incalzante. Il ricorso alla narrazione è pressoché assente, e la storia si svolge
interamente sullo spazio scenico, davanti agli occhi degli spettatori.

Il genio di Shakespeare fu riconosciuto già dai suoi contemporanei, e prima della fine del
cinquecento c'era chi lo proclamava «autore eccellentissimo tanto nel genere comico che
in quello tragico». La sua celebrità sarebbe cresciuta per tutto il corso del seicento,
confermata dai giudizi di Ben Jonson, John Dryden e dei più importanti letterati del
tempo.

Dopo Shakespeare, Ben Jonson (1572-1637) è generalmente


considerato il più importante drammaturgo elisabettiano. Entrato nel teatro come
attore, Jonson cominciò a scrivere drammi verso la metà degli anni novanta e già
intorno al 1600 era l'esponente principale della tendenza che sosteneva l'esigenza
della «consapevolezza» come componente essenziale dell'attività artistica,
necessariamente fondata su un preciso codice di principi e di regole stabilite. Più di
qualunque altro drammaturgo inglese, Jonson si rivolse ai precetti del classicismo nel
tentativo di temperare gli
«eccessi» degli scrittori drammatici nazionali con il ricorso alle tecniche degli antichi,
Non fu però un pedante imitatore del passato o un passivo seguace dei principi
classici, che spesso adattò e rielaborò liberamente.

Jonson si guadagnò presto il favore del re e della corte, per cui scrisse numerosissimi
masques, e nel 1616 ottenne una pensione reale che fece di lui il primo «poet
laureate» d'Inghilterra, un titolo onorario attribuito ad un poeta scelto direttamente
dal sovrano, a cui veniva concessa una pensione a vita. Jonson contribuì in modo
determinante a mutare l'atteggiamento verso il teatro, considerato fino ad allora come
un semplice intrattenimento. Nel 1616 diede alle stampe un'accurata raccolta di tutte
le sue opere drammatiche, estendendo così al teatro una pratica fino ad allora
riservata sol tanto alla poesia.
Jonson fu quindi, per diversi aspetti, il drammaturgo più influente del suo tempo.

Dei 28 drammi scritti da Jonson le commedie sono senz'altro


le opere oggi più conosciute, in particolar modo sono :

- Every Man inHis Humour (Ognuno nel suo umore, 1598), -

- Volpone, or the Fox (‘Volpone, o la volpe, 1606),

- The Alchemist (L'alchimista, 1610),


- panbolomew Fair (La fiera di San Bartolomeo, 1614).
In queste opere, che mettono a fuoco le debolezze di «tipi» contemporanei, Jonson
si preoccupa principalmente di correggere il comportamento umano. Le sue opere
sono infatti state spesso definite realistiche» e «correttive» perché i personaggi che
vi compaiono, da una parte sembrano nascere dalla diretta osservazione della
realtà, e dall'altra finiscono sempre con l'essere puniti per i loro difetti.
Jonson rese inoltre popolare quella che è stata definita la «commedia degli umori».

La dottrina medica antica distingueva quattro «umori» fondamentali


il sangue
la flemma
la bile gialla
la bile nera dal cui equilibrio faceva dipendere la salute dell'individuo.

Nell'epoca elisabettiana questa concezione fu estesa alla psicologia.


In particolare, Jonson attribuiva le stranezze e le eccentricità del
comportamento all'alterazione del rapporto dei quattro umori, e
seguendo questo principio creò una nutrita galleria di personaggi.
A Jonson si devono anche due tragedie, Sejanus (Seiano, 1603) e
Catiline (Catilina, 1611), che non ebbero successo sulla scena, pur
godendo di ampia considerazione tra i letterati.

Shakespeare e Jonson erano circondati da una schiera di scrittori meno celebri, di cui
ricordiamo i più importanti:
George
Chapman (c. 1560-1634)
John Marston (1576-1634)
Thomas Dekker (c. 1572-c. 1632),
Thomas Heywood (c. 1574-1641),
Thomas Middleton (1580-1627)
Cyril Tourneur (1579/80-1625/26).

I drammi di Shakespeare e dei suoi contemporanei presentano


molti caratteri comuni dal punto di vista delle tecniche di composizione.
In quasi tutte le opere le vicende sono rappresentate in successione cronologica,
mediante un susseguirsi di scene generalmente brevi.
L'azione si sposta liberamente in più luoghi, che non vengono resi
scenograficamente, ma sono indicati, quando è necessario, dalle battute del dialogo.
L'attenzione quindi si concentra principalmente sullo sviluppo dell'azione, mentre
tempo e
spazio possono mutare con una certa rapidità, e il tono varia con altrettanta
frequenza dal comico al serio. La maggior parte dei drammi, inoltre, riflette la fiducia
dell'epoca nell'esistenza di un sistema morale in cui l'uomo è sostanzialmente libero di
compiere le proprie scelte, subendone personalmente le conseguenze. L'atteggiamento
morale di queste opere è per lo più reso mediante l'impiego di un linguaggio poetico
ricco di riferimenti, metafore e allusioni. Solo gli scrittori minori ricorrevano infatti a
dichiarazioni esplicite e dirette, che esprimevano con un certo semplicismo la
posizione dell'autore e l'intento didascalico ed edificante dell’opera.

GLI ATTORI TEATRALI DELLA PRIMA META’ DEL SEICENTO

Molti studiosi collocano intorno al 1610 un significativo processo di trasformazione


della produzione drammatica inglese. Il mutamento riguardò innanzi tutto i temi e gli
argomenti trattati: l'interesse per i quesiti sulla natura dell'uomo e sulle sue conquiste
venne gradualmente sostituito dal semplice piacere della narrazione della storia,
diretta esclusivamente al divertimento del pubblico.
Suscitare brividi di emozione e tenere il fiato sospeso cominciarono ad essere gli
obiettivi drammatici principali, a scapito dell'importanza precedentemente attribuita
all'osservazione e all'approfondimento del carattere del personaggio e delle sue
complesse motivazioni. Il lieto fine venne introdotto anche nei drammi seri,
mentre i toni patetici e sensazionali sostituivano progressivamente
le emozioni schiettamente tragiche.
Contemporaneamente cresceva l'abilità tecnica degli scrittori.
Gli autori drammatici si dimostravano capaci di maneggiare il materiale espositivo
con maggior destrezza, contenendo l'azione in un numero minore di episodi,
complicandola per tenere sempre alta la tensione, e alternando scene pacate e distese,
come le scene
d'amore, a scene di movimento e di lotta. Ma sotto la maggior
abilità tecnica si coglie sovente un senso di vuoto e di inevitabile
superficialità.
Tra il 1610 e il 1642 lo scrittore drammatico di maggior suc
cesso fu John Fletcher (1579-1625), il cui nome è indissolubilmente legato a quello di
Foranei Escaumont (e. 1584-1616) in quanto la paternità della raccolta di circa
trentacinque opere, pubblicato nel'1647 e poi con l’ aggiunta di nuovi testi, nel 167), è
stata attribuita ai loro nomi congiunti. In realtà, collaborarono solo per alcuni di
questi drammi, tra cui :
The Maid's Tragedy (La trapeliadella fanciulla),
Philaster or Love Lyes a Bleeding ( l’A.more ferito)
A King and No King (Re e non più re),
che apparvero intorno al 1611. Dopo il ritiro di Beaumont, Fletcher continuo a
lavorare da solo, e di tanto in tanto collaborò con altri scrittori come Shakespeare,
Rowley e Massinger. Probabilmente prese il posto di Shakespeare come principale
drammaturgo dei King’s Ven. Nella seconda metà del seicento le sue opere furono più
rappresentate di quelle di Shakespeare o di Jonson. Anche in seguito rimasero
particolarmente popolari The Scornful Lady (La signora sdegnosa, 1616),
The Chances (Le probabilità, 1617),
The SpanishCurate (Il curato spagnolo, 1622),
A Wife for a Month (Una moglie per un mese, 1624),
che ancora nell'ottocento venivano frequentemente messe in scena.

Philip Massinger (1583-1639/40) collaborò spesso con Fletcher,


ed è abbastanza difficile individuare esattamente, in diverse opere, il contributo di
ognuno. Dopo il 1625 Massinger diventò il principale drammaturgo della compagnia
dei King's Men per la quale scriveva in media due drammi all'anno.
Complessivamente tu autore, o comunque coautore, di almeno 55 drammi. Tra
questi, A New Way to Pay Old Debts (Un modo nuovo di pagare vecchi debiti,
1021-1622) è di gran lunga il più famoso, ed il personageio di Sir Giles Overreach,
condotto prima alla follia e poi alla morte dalla
propria infamia e scelleratezza, restò per lungo tempo uno dei ruoli preferiti dagli
attori inglesi.

John Webster (c. 1580-c. 1630) scrisse circa 14 drammi, alcuni in collaborazione con
Dekker, Heywood, Middleton e Rowley, ma è ricordato soprattutto per
The White Devil (Il diavolo bianco, c.1610)
The Duchess of Malfi (La duchessa di Amalfi, 1613-1614).

tragedie che, secondo il giudizio degli studiosi contemporanei, si avvicinano per


qualità ed efficacia a quelle di Shakespeare.
I drammi di John Ford (1586-c. 1639) sono spesso citati per dimostrare la decadenza
che caratterizzò il dramma sotto il regno di Carlo 1 (1625-1649). In 'Tis Pity She's a
Whore (Peccato che sia una sgualdrina, 1629-1633) è trattata, con manifesta
simpatia, una
storia d'amore tra fratello e sorella. Delle diciassette opere attribuite a Ford, le più
significative sono
-The Lover's Melanchol,
(Malinconia d'amante, c. 1628)
-The Broken Heart (Il cuore infranto, c. 1629).

James Shirley (1596-1666) successe a Massinger nella carica di drammaturgo


principale della compagnia dei King's Men. Scrisse circa trentasei drammi ed è
conosciuto soprattutto per le sue commedie, come
Hyde Park (1623)
The Lady of Pleasure (La cortigiana, 1635)

in cui sono efficacemente raffigurati i modi e le mode della società aristocratica


londinese. Shirley riteneva però che il suo capolavoro fosse
The Cardinal (Il cardinale, 1641)
una tragedia simile alla Duchessa di Amalfi

Questi comunque sono solo alcuni dei moltissimi autori attivi


tra il 1590 e il 1642. Secondo la stima fatta da Gerald Eades
Bentley, in questo periodo furono infatti scritti 200 drammi, da più
di 250 autori.
Tuttavia è bene ricordare che non è sempre semplice stabilire la precisa paternità
della maggior parte dei drammi dell'epoca, perché la collaborazione tra scrittori era
una pratica
talmente comune che anche gli atti di una stessa commedia pote-
vano essere scritti da persone differenti, Inoltre, per il desiderio o la necessità di
rinverdire la popolarità di un'opera, era pratica corrente riscrivere i testi teatrali, e le
revisioni erano spesso operate da persone diverse dall'autore. Perciò è quasi sempre
impossibile
stabilire con precisione la relazione esistente tra il dramma sopravvissuto ed il testo
originale dell’opera.

IL CONTROLLO GOVERNATIVO DEL TEATRO

Lo sviluppo della professione di autore drammatico fu reso possibile dalla presenza


del teatro pubblico che richiedeva costantemente nuovi drammi. La stabilità del
teatro dipendeva in gran parte dalla normativa fissata dal governo.
Quando Elisabetta 1 salì al trono nel 1558 ogni nobile poteva mantenere una
compagnia di attori.
Gli attori che non erano protetti da uno stemma nobiliare venivano considerati
vagabondi e fuorilegge ed erano soggetti a pene severe.
D'altra parte, poiche era previsto che le compagnie protette dai nobili viaggiassero,
compiendo anche lunghe tournées, spesso né le compagnie ne i testi rappresentati
subivano un severo controllo governativo. Numerosi gruppi illegali potevano così
dichiarare false protezioni nobiliari,
e rappresentare commedie inequivocabilmente di parte, che contribuivano ad
accendere gli animi aggravando le controversie religiose.
Questa situazione spinse Elisabetta a prendere una serie di
misure per rimettere ordine nella situazione caotica che si era
venuta a creare. Nel 1559 la regina proibì la presentazione di testi teatrali senza
un'apposita licenza, interdì i drammi a sfondo politico o religioso, e rimise alle
autorità locali la responsabilità di tutte le rappresentazioni pubbliche che venivano
tenute nel loro territorio.
Poiché queste norme non si dimostrarono abbastanza efficaci, verso il 1570 furono
stabilite ulteriori restrizioni. I drammi ciclici medioevali, che continuavano ad essere
rappresentati in alcune zone, furono sistematicamente soppressi. Nello stesso tempo,
gli attori furono sottoposti a controlli più severi, finché nel 1572 fu proibito a tutti i
nobili di rango inferiore a quello di barone di mantenere una compagnia.
I gruppi privi di protezione nobiliare potevano recitare solo se ottenevano la licenza
da parte di due giudici di pace, ma questo permesso era valido soltanto nella località
di residenza dei giudici, ed era quindi necessario procuparsi una nuova licenza in ogni
città toccata dalla compagnia nel corso della tournée. D'altra parte la legge
proteggeva tutti gli attori in possesso della licenza dall'accusa di vagabondaggio, e così
mentre ebbe l'effetto di ridurre il numero delle compagnie, aumentò l'efficacia del
riconoscimento ufficiale dei gruppi autorizzati.
L'autorità della corona sull'attività teatrale si estese ulteriormente nel 1574, quando la
responsabilità di concedere le licenze ai testi e alle compagnie fu interamente affidata
al Master of Revels, che era il funzionario della casa reale incaricato di sovrintendere
ai diverimenti di corte. Questi poteri furono definitivamente specificati nel 1581, in un
decreto promulgato da Sir Edmund Tilney,
che fu Master of Revels dal 1579 al 1610.
Almeno teoricamente il decreto del 1581 attribuiva alla corona il totale controllo del
teatro.
Ogni compagnia, infatti, ricevendo l'autorizzazione dal funzionario reale acquisiva il
diritto legale di rappresentare i propri spettacoli in ogni località del regno. Molte
autorità locali, tuttavia, videro nel decreto l'usurpazione di un loro potere da parte del
governo centrale, ed escogitarono infiniti stratagemmi per rifiutare alle compagnie il
permesso di recitare. I motivi potevano essere
il pericolo della peste
la turbolenza della folla
il timore che gli spettacoli distogliessero gli onesti cittadini dal loro lavoro o dalle
funzioni religiose.
Anche le città che avevano finanziato gli imponenti drammi ciclici si opponevano ora
alla presenza degli attori professionisti, e senza il sostegno della corona il teatro
avrebbe evidentemente avuto scarse possibilità di sopravvivere.

Gli Stuart, che successero alla dinastia Tudor nel 1603, ribadirono l'autorità del
governo centrale sul teatro. Durante il regno di Giacomo 1 (che regnò dal 1603 al
1625) e di Carlo I (che regnò dal 1625 al 1649) le licenze concesse alle compagnie che
operavano a Londra precisavano anche i luoghi della città in cui i gruppi potevano
recitare. Fino al 1608, infatti, tutti i teatri stabili di Londra erano situati fuori dai
confini cittadini, e solo quando la corona si assunse il diritto di stabilire i luoghi precisi
in cui gli attori
potevano recitare le compagnie cominciarono a trasferirsi all'interno della città.
Il Master of Revels, che sovrintendeva all'attività teatrale, ricavava da questa funzione
proventi tali che il suo divenne uno degli incarichi più ambiti. I proventi inoltre
aumentarono con il passare del tempo, per cui verso il 1630 Sir Henry Herbert
riceveva due sterline per l'autorizzazione concessa a ogni testo teatrale, tre sterline al
mese per la licenza concessa a ogni teatro, e in più esigeva ogni anno l'intero incasso
di due serate di tute le compagnie residenti a Londra. I proventi annuali erano cosi
pari a 4.000 sterline,
una somma enorme per quei tempi.

LE COMPAGNIE TEATRALI

In Inghilterra prima del 1570 esistevano numerose compagnie teatrali ma possediamo


scarsissime informazioni sulla loro attività.
I gruppi al servizio dei nobili ricevevano probabilmente un compenso annuo fisso e
avevano inoltre il permesso di dare rappresentazioni pubbliche. Per incrementare i
loro guadagni. Dopo il1570 l’attività teatrale diventò più stabile e regolare in seguito
alla decisone della corona di permettere che le rappresentazioni potessero essere
tenute tutti i giorni.
Si formarono compagnie più ampie e tra queste fu particolarmente importante quella
del conte di leicester, The Earl of Leicester's Men, guidata da James Burbage
(1330-1597), che ottenne la licenza nel 1574. Nel 1583 il Master of Revels selezionò
da diversi gruppi dodici attori per formare òa compagnia dei Queen's Men che per
un decennio fu considerata la migliore d'Inghilterra.
La peste che infuriò tra il 1592 e il 1593 costrinse molte formazioni teatrali a
sciogliersi o a fondersi con altre, e superata la crisi emersero due compagnie
particolarmente importanti che si contesero a lungo la supremazia:
i Lord Admiral's Men, sotto la guida di Edward Alleyn e con il sostegno finanziario di
Philip Henslowe,
i Lord Chamberlain's Men, impresa di carattere cooperativo che aveva tra i soci i
membri della famiglia Burbage e gli
attori principali della compagnia.
Quando Giacomo I salì al trono nel 1603 i Lord Chamberlain's Men presero il nome
di King's Men.
Tra il 1603 e il 1611 a Londra operarono tre compagnie di attori professionisti adulti.
In seguito i gruppi diventarono quattro o cinque, ognuno sotto la protezione di un
membro della famiglia reale. I loro proventi, con il tempo, aumentarono
considerevolmente. Infatti, se la regina Elisabetta era solita assistere in media a cinque
produzioni professionali all'anno, per ognuna delle quali pagava alla compagnia circa
dieci sterline, gli Stuart, mantenendo più o meno uguale il compenso per ogni
produzione, assisteva in un numero molto maggiore di spettacoli, raggiungendo una
media di diciassette rappresentazioni all'anno con Giacomo I e 25 con Carlo I.

Ogni altore azionista di una compagnia reale riceveva inoltre dal suo protettore
compenso annuale e un indennità per il vitto e l’alloggio. Occasionalmente alla
compagnia venivano elargiti finanziamenti particolari, per acquistare nuovi costumi
o per contribuire al mantenimento degli attori nei periodi in cui non era possibile
dare rappresentazioni pubbliche. In cambio agli attori veniva chiesto di collaborare
all'allestimento dei masques di corte e di recitare in particolari occasioni ufficiali.
La maggior parte degli spettacoli di corte allestiti da compagnie professionali aveva
luogo di sera per evitare 'interferenza con gli spettacoli pubblici che venivano
presentati di pomeriggio. Poiche, in genere, le compagnie rappresentavano gli stessi
drammi sia a corte che per gli spettatori paganti, in Inghilterra non si verificò come in
Italia, una netta divisione tra il teatro di corte e il teatro
pubblico. Alcuni studiosi, tuttavia, hanno sostenuto che proprio la crescente
attenzione degli attori al gusto della corte fu una delle cause del declino del dramma
inglese dopo il 1610.
Il sostentamento delle compagnie era comunque basato principalmente sui proventi
degli spettacoli rappresentati nei teatri pubblici. L'allestimento di queste produzioni
richiedeva però ingenti finanziamenti. La maggior parte delle formazioni teatrali, tra
il 1558 e il 1642, era organizzata sulla base di un sistema a partecipazione mista, che
prevedeva la divisione dei rischi finanziari e dei profitti fra tutti gli attori che,
avendone acquistato le quote, erano diventati comproprietari dell'impresa. Per
diventare azionista un attore doveva impegnare una notevole somma di
denaro, che gli veniva rimborsata quando si ritirava. In caso di morte veniva
rimborsata ai suoi eredi, Non tutti gli attori comunque erano azionisti e non tutti
possedevano quote della medesima entità, ma non appena qualcuno si faceva
apprezzare per il suo talento ed incominciava ad assumere una certa importanza nella
compagnia, veniva invitato a diventare azionista. Questo era infatti l'unico modo per
assicurarsi il suo servizio continuativo e la sua fedeltà.
È difficile calcolare con qualche precisione le possibili entrate
di un attore azionista, poiché le pratiche finanziarie erano molto complesse. Dopo
ogni rappresentazione, gli azionisti si dividevano quanto rimaneva dell'incasso corale,
da cui erano state precedentemente detratte tutte le spese, che includevano il
compenso degli autori, la paga degli attori non azionisti, e la copertura del fondo da
cui si attingeva per l'acquisto di costumi, oggetti di scena e di altri materiali.
In un processo del 1635 un testimone dichiarò che gli azionisti della compagnia dei
King's Men guadagnavano circa 180 sterline all’anno mentre gli attori stessi fornivano
una stima dei loro guadagni che si aggirava intorno alle 50 sterline. Anche
quest'ultima cifra rappresentava comunque il doppio dello stipendio medio di un
maestro di scuola del tempo.
I membri adulti non azionisti della compagnia, ossia i salariati, non se la passavano
così bene; non godevano infatti dei privilegi concessi dai protettori reali agli attori
azionisti, perché erano considerati dipendenti di questi ultimi. I salariati lavoravano
protetti da contratti che garantivano una paga settimanale che andava dai 5 ai 10
scellini, anche se alcuni documenti dimostrano che le somme pagate erano
frequentemente inferiori a quanto era stato pattuito. In realtà la maggior parte dei
salariati doveva essere veramente molto povera. Inoltre, mentre i ruoli principali
erano interpretati dagli attori azionisti, ai salariati spettavano solo le parti
minori, e venivano utilizzati anche come suggeritori, guardarobieri, macchinisti e
musicisti. La compagnia comprendeva solitamente anche quattro o cinque giovani
apprendisti. Generalmente si ritiene che tutte le parti femminili fossero interpretate da
ragazzi, ma ciò non è sicuro. Le parti delle donne più anziane, soprattutto quelle
comiche, venivano forse interpretate da uomini adulti.
Si sa molto poco degli apprendisti. Potevano iniziare a un'età
che, secondo stime diverse, variava dai sei ai quattordici anni, e la lunghezza del
periodo dell'apprendistato andava dai tre ai dodici anni. Gli apprendisti vivevano con
i loro maestri, i quali si impegnavano ad educarli, a insegnar loro il mestiere, e a
provvedere al loro sostentamento. Per queste prestazioni extra la compagnia pagava i
maestri dai tre ai sette scellini la settimana.
Solo alcuni di questi apprendisti, però, diventavano attori professionisti, perché molti
raggiunta la maturità sceglievano altre professioni.

Il numero dei componenti poteva, variare notevolmente da una compagnia all’altra,


ma generalmente meno della metà dei membri era composto da azionisti. In ogni
caso una compagnia di venticinque membri sarebbe stata considerata davvero
numerosa.
Era comunque una pratica comune che un attore in uno stesso spettacolo sostenesse
più ruoli. La maggior parte delle compagnie inglesi aspirava ad acquisire una sede
stabile, e alcune, come abbiamo visto, ci riuscirono dopo il 1603. Prima di allora, e
durante i periodi in cui veniva decretata la chiusura dei teatri, le compagnie erano
costrette a viaggiare. Tra il 1590 e il 1642, ad esempio, i teatri di Londra furono chiusi
almeno quattordici volte per
periodi che andavano dalle tre settimane ai diciotto mesi: durante queste chiusure
forzate le compagnie spesso fallivano, oppure riuscivano a sopravvivere solo vendendo
una parte o addirittura tutta la serie dei testi in loro possesso agli editori, oppure
ipotecando i costumi.
Viaggiare, inoltre, comportava parecchi problemi. Quando arrivava in una città, una
compagnia presentava le sue credenziali ad un magistrato o al sindaco, il quale
generalmente esigeva che fosse tenuta una rappresentazione gratuita davanti al
consiglio comunale e ad altre importanti personalità del luogo. Se il potere locale
gradiva lo spettacolo gli attori ricevevano una ricompensa tratta dai fondi del
consiglio comunale e venivano autorizzati a tenere le loro rappresentazioni pubbliche.
Spesso gli spettacoli venivano ospitati nel municipio, ma se questo non era
disponibile, la
compagnia poteva recitare nel cortile di una taverna o in qualche altro luogo
pubblico. In alcune città gli attori erano accolti bene, in altre erano addirittura pagati
perché non recitassero e si allontanassero rapidamente. Da testimonianze giunte fino
a noi si cono-
scono i nomi di più di cento compagnie che giravano nelle province inglesi tra il 1590
e il 1642.
Durante i periodi di chiusura dei teatri diversi gruppi si trasferirono sul continente, e
proprio da queste compagnie itineranti discese il teatro professionale tedesco.
Le compagnie, tanto a Londra che nel resto del paese, cambiavano il programma
ogni giorno, e quindi avevano bisogno di un repertorio vastissimo. Quando uno
scrittore voleva vendere un testo della compagnia, lo leggeva, in tutto o in parte, agli
azionisti.
Una volta comprato e prodotto, il dramma veniva tenuto in repertorio finché riusciva
ad attirare il pubblico e poteva essere riscritto quando la sua popolarità cominciava a
declinare.
La richiesta di testi sempre nuovi spinse le compagnie a creare un legame più o meno
stabile con drammaturghi di fiducia, Alcuni dei quali lavoravano protetti da un
contratto.
Fino a circa il 1603, il costo medio di un testo drammatico era
di sei sterline, ma a partire dallo stesso anno i prezzi salirono fina ad arrivare a dieci o
anche dodici sterline. In aggiunta al suo onorario, il drammaturgo aveva poi diritto
all'incasso della seconda sera di rappresentazione del suo dramma. Gli
scrittori erano pagati anche per riscrivere vecchi drammi oppure per rinverdire i fasti
di commedie non più popolari con l'aggiunta di scene nuove o la sostituzione di
prologhi e di epiloghi.
Comunque, una volta effettuato il pagamento pattuito per il drammaturgo, il testo
era considerato proprietà della compagnia. Dato che non esisteva nessuna legge sui
diritti d'autore, le compagnie non avevano altro mezzo per conservare i diritti esclusivi
sui drammi di loro proprietà, che quello di tenerli lontani dalle grinfie altrui. I lavori
più famosi e popolari, infatti, venivano spesso copiati e pubblicati dagli editori,
oppure le stesse compagnie erano talvolta
costrette a vendere i loro diritti di pubblicazione durante i periodi di crisi finanziaria.
Inoltre, i drammaturghi che non avevano un contratto fisso con una compagnia
spesso rivendevano i loro drammi agli editori subito dopo aver riscosso i soldi pattuiti
dagli attori, una pratica questa che, pur non essendo molto corretta dal punto di vista
etico, non era però considerata illegale.
Ogni testo teatrale, poi, veniva sottoposto al giudizio del Master of Revels che doveva
quindi rilasciare la sua autorizzazione prima che l'opera andasse in scena. In genere
l'esito di questa revisione era l'eliminazione di brani considerati discutibili dal punto
di vista morale, religioso o politico. Finalmente il copione autorizzato poteva essere
rappresentato dalla compagnia. A ciascun attore veniva
data solo una copia delle scene a lui assegnate, in cui generalmente erano riportate
soltanto le battute dei personaggi che doveva interpretare. In genere l'autore sapeva in
anticipo a quale compagnia era destinata l’opera che stava scrivendo e poteva quindi
calibrare il suo ruolo di
base al numero e alle capacità degli attori. iI suggeritore era incaricato di ricopiare
le battute degli attori e di compilare una lista di tuti gli oggetti di scena, dei costumi e
della musica necessaria allo spettacolo.
Ogni compagnia, aveva un proprio regolamento interno che prevedeva una serie di
multe per ogni tipo di infrazione.
Nel 1614,ad esempio, i Lady Elisabeth's Men misero a punto il seguente schema di
multe:
uno scellino per chi arrivava in ritardo alle prove;
3 scellini per chi andava in scena ubriaco;
20 scellini per chi non si presentava ad una rappresentazione;
40 sterline per chi rubava oggetti appartenenti alla compagnia.
Pochi attori raggiunsero una fama durevole. Il primo vero grande attore
dell'Inghilterra fu Edward Alleyn (1566-1626), famoso per le interpretazioni di
personaggi di Marlowe come Faust, Tamerlano e Barabba. Lasciò la scena verso il
1604, ma continuò a lavorare come impresario con il suocero, Philip Henslowe.
I membri della compagnia dei Lord Chamberlain's Men, più
tardi King's Men, guadagnarono una fama durevole grazie alla presenza di
Shakespeare e alla bravura del primo attore Richard Burbage (c. 1567-1619), che
interpretò i ruoli di Riccardo III, Amleto, Lear e Otello e fu considerato il massimo
attore del suo tempo.

Oltre alle compagnie di adulti, esistevano diverse compagnie di ragazzi che nel
sedicesimo secolo erano formate quasi interamente dai ragazzi del coro delle cappelle
reali o delle cattedrali, Ai ragazzi veniva assicurata una buona istruzione, ma spesso,
con lo scopo apparente di insegnare loro dizione e contegno, i maestri sfruttavano i
talenti dei loro giovani studenti facendoli recitare nelle rappresentacioni pubbliche. Le
compagnie di ragazzi furono particolarmente famose dal 1576 al 1584, e poi ancora
dal 1600 fino al 1610.
il' migliore fu la compagnia dei Chapel Boys, chiamata dopo
Il 1604 queen’s Revels, che operò tra il 1600 e il 1608. I più noti autori dell'epoca, ad
eccezione di Shakespeare, scrissero per questa compagnia, che si rivolgeva ad un
pubblico più colto e sofisticato di quello delle compagnie di adulti.
Sullo stile recitativo dell'attore elisabettiano si possono fare solo congetture: alcuni
studiosi lo hanno definito uno stile convenzionale ed altri «realistico». Alcune
particolari condizioni del teatro di allora - come l'interpretazione di ruoli femminili da
parte di uomini, lo stile non realistico dei copioni, il linguaggio estremamente
convenzionale della scenografia, e l'ampiezza del repertorio che non avrebbe potuto
facilmente consentire caratterizzazioni dettagliate - possono far pensare ad uno stile
necessariamente stilizrato. L'ipotesi opposta si basa su una diversa serie di
considerazioni: ad esempio i «consigli agli attori» nell'Amleto di Shakespeare;
i riferimenti contemporanei alle convincenti caratterizzazioni di attori come Burbage;
l'enfasi posta in molte commedie sulla vita e sui costumi del tempo; l'autenticità della
psicologia umana rappresentata nei drammi e lo stretto contatto fisico tra attori e
spettatori durante la rappresentazione.
I TEATRI PUBBLICI

I teatri di Londra si dividevano in due categorie.


1. Da una parte quelli che avevano la struttura di un teatro all'aperto ed erano
progettati per un pubblico più ampio,
2. dall'altra le costruzioni coperte, riservate a un pubblico più aristocratico.

Generalmente si usa chiamare i teatri del primo tipo «pubblici» e quelli del secondo
tipo «privati». Entrambi, comunque, entrarono in uso dopo il 1570, e dopo il 1610 le
stesse compagnie utilizzarono spazi di entrambi i tipi.
Nel 1570 esistevano già due tradizioni ben definite nell'allestimento scenico:
1. all’aperto
2. al chiuso.
3. I misteri ciclici religiosi, gli street pageants,
i tornei e le moralità venivano allestiti all'aperto.

I masques, gli interludes e altre particolari forme di intrattenimento, normalmente


venivano allestite al chiuso. Gli attori girovaghi spesso recitavano nei municipi, nei
castelli o nelle taverne.
I teatri pubblici all'aperto derivano in genere da due diversi
modelli di sistemazione spaziale:
i cortili delle locande
le arene,
E ormai certo che molte compagnie recitavano nelle osterie sia prima che dopo la
costruzione dei teatri stabili, e che almeno sei locande di Londra erano adibite a
teatro. Secondo la ricostruzione usuale i teatri allestiti nei cortili delle locande avevano
un palcoscenico simile ad un capannone, circondato da gallerie che giravano lungo le
pareti della locanda e che assicuravano posti a sedere su più livelli, mentre la maggior
parte degli spettatori restava in piedi nel cortile. Si ritiene quindi che le strutture dei
teatri permanenti siano state create in base alla formalizzazione di questo tipo
di disposizione.
Anche le arene utilizzate per i combattimenti dei cani con gli
orsi o con i tori e per la lotta sono state indicate come possibili prototipi delle strutture
teatrali all'aperto. Alcuni studiosi sostengono infatti che i teatri venivano allestiti
montando semplicemente nell'arena, circondata da gallerie disposte su più livelli e
destinate al pubblico, un capannone trasportabile che fungeva da palcoscenico.
Questa ipotesi si basa sulla convinzione che le arene da combattimento dotate di
gallerie esistessero già prima che i teatri stabili venissero costruiti. Ma ciò resta dubbio
perché le antiche carte geografiche di Londra mostrano come le arene siano in
apparenza molto più simili ad un semplice recinto che ad una struttura con gallerie.
Per molto tempo si è creduto che la prima struttura fissa, eretta con il preciso scopo di
ospitare rappresentazioni teatrali, fosse stata costruita da James Burbage nel 1576 con
il nome The Theatre.
Nel 1983, però, Janet Loengard ha pubblicato una documentazione legale che
contiene la prova inconfutabile che il Theatre non fu il primo teatro stabile di Londra.
Era stato preceduto dal Red Lion, costruito nel 1567 da John Brayne, cognato di
Burbage e azionista del Theatre.
The Theatre, comunque, costruito da James Burbage nel 1576, era situato a
Shoreditch, in una zona non molto distante dalla sededel Rod Lion, ed entrambi;
teatri erano dislocati poco al di fuori de confini a nord-est della cita Normalmente si
crede" chieri. dalocazione del The Thieatre fosse scelta proprio per sigelte a controllo
delle autorità londinesi, che spesso proibivano le rappresentazioni in città. Ma la
sceltà può essere stata condizionata anche
palla carenza di aree libere e dal fatto che Shoreditch era un'area riservata al
divertimento popolare.
Il successo di queste prime imprese spinse alla realizzazione di altre strutture teatrali
permanenti. Senza contare i rimaneggiamenti e le ricostruzioni, prima del 1642
furono costruiti almeno dieci teatri pubblici. Tra questi, oltre al Red Lion e al
Theatre, ricordiamo The Rose (1587-c. 1606) e The Fortune (1600-1621, 1621-1661),
che erano gestiti da Edward Alleyn e Philip Henslowe, poi The
Swan (c. 1595-c. 1632), The Globe (1599-1613, 1614-1644) e The Red Bull
(1605-1663).
Tutti furono costruiti fuori dai confini della città, nei sobborghi a nord oppure sulla
riva meridionale del Tamigi. I teatri avevano forme diverse,
circolari,
ottagonali
quadrate.
Unica comunque era la loro funzione: circondare l'area della recitazione in modo da
accogliere un ampio numero di spettatori paganti. La maggior parte dei teatri
disponeva di tre piani di gallerie coperte, che giravano intorno al cortile. Alcuni
settori, in almeno una galleria, erano divisi in scomparti, corrispondenti ai
palchi di una sala moderna. Nelle altre gallerie, che erano provviste di panche per gli
spettatori, non c'era nessuna particolare separazione. Le gallerie circondavano
un'area scoperta abbastanza ampia, detta yard (cortile), che probabilmente era
lastricata ed aveva una leggera pendenza verso il palcoscenico per favorire una buona
visione
La grandezza delle costruzioni era variabile. Conosciamo con
certezza le dimensioni di un solo teatro, The Fortune. La costruzione, che era
quadrata, misurava all'esterno 24 metri di lato. Il lato del cortile, all'interno, era di
circa 17 metri. Il palcoscenico era profondo circa nove metri e largo quasi tredici. Ciò
significa che per gli spettatori che stavano in piedi nel cortile rimaneva disponibile
uno spazio di poco meno di nove metri davanti al palcoscenico, e di un paio di metri
lungo ciascuno dei suoi lati.
La maggior parte degli studiosi ritiene che il palcoscenico, in tutti i teatri pubblici, si
protendesse nel cortile, e fosse visibile da tre lati. Il palcoscenico era sollevato di uno
o due metri
da terra per migliorare la visibilità degli spettatori che stavano in piedi, e per usufruire
di uno spazio sottostante che permettesse l'uso di botole e la realizzazione di effetti
speciali. La piattaforma era generalmente coperta da un tetto, chiamato shadow
(ombra) o beavens (cielo) che serviva a due scopi: da una parte proteggeva il
palcoscenico dalle intemperie e dall'altra nascondeva alla vista
del pubblico le macchine teatrali e le altre attrezzature.
Dal tetto potevano infatti essere calati i troni o altri oggetti di scena, oppure prodotti
effetti sonori come i tuoni, le campane o le cannonate. In alcuni casi, il cielo, il sole, la
luna o i segni dello zodiaco erano dipinti nella parte inferiore del tetto. Lo sfondo del
palco era costituito da una facciata a più piani. Nella parte interiore della facciata
erano collocate due ampie porte (qualche studioso sostiene che fossero tre o anche
più) che svolgevano un'importante funzione scenografica. I cambiamenti di scena
erano indicati sovente dall'uscita dei personaggi attraverso la prima porta, e
dall'entrata di altri attraverso la seconda. Le porte, inoltre, potevano essere usate per
rappresentare case, cancelli, castelli o altre costruzioni.
Il teatro era dotato di una sorta di palcoscenico interno (innerstage o discovery place).
Si trattava di uno spazio nascosto alla vista del pubblico, che poteva essere rivelato,
quando l'azione lo richiedeva, aprendo una porta o tirando delle cortine. E non si
conosce con certezza neppure il suo
effettivo impiego. Per alcuni, infatti, l'inner stage doveva svolgere una funzione
prevalentemente scenografica, mentre l'azione si sarebbe svolta sul palcoscenico
principale. Per altri si sarebbe invece trattato di uno spazio in cui venivano recitate
scene particolari.
In ogni caso nell'inner stage dovevano essere sistemati, quando era chiuso, oggetti di
scena, come sedie e tavoli, da utilizzare nel corso delle rappresentazioni.
Un altro Problem riguardava l’uso sulla scena di uno spazio elevato. Quasi tutti gli
studiosi sono d’accordo sul fatto che l’esecuzione di alcune scene doveva richiedere
l’impegno di uno spazio superiore che poteva essere utilizzato per rappresentare una
finestra, una veranda dei bastoni e via dicendo. La maggior parte degli studiosi ritiene
inoltre che questa zona sopraelevata fosse effettivamente occupata da attori per
recitare scene come quella del balcone di Romeo e Giulietta.

La compagnia dei King’s men era l’unica che potesse il proprio teatro. Le altre invece
pagavano un affitto ai proprietari i quali dovevano poi provvedere alla manutenzione
dell’edificio, ai salari del personale addetto alla riscossione del denaro dagli spettatori.

I TEATRI PRIVATI

È molto probabile, comunque, che tra il 1558 e il 1642 la maggior parte degli
spettacoli non fosse stata all'aperto, ma al chiuso.
Molte produzioni teatrali venivano allestite nei castelli, nei municipi, nelle taverne
oppure a corte. Particolarmente importanti tuttavia erano gli allestimenti realizzati
nei teatri cosiddetti privati.
Sono state tentate molte spiegazioni per chiarire l'apparente
contraddizione insita nel termine «privato», con cui vengono definiti teatri comunque
aperti al pubblico, ma nessuna è veramente soddisfacente. In ogni caso le differenze di
struttura dei teatri privati rispetto a quelli pubblici ci aiutano a capire la loro diversa
utilizzazione: in primo luogo i teatri privati erano coperti, illuminati da candele,
potevano accogliere meno della metà delle persone normalmente ammesse in un
teatro pubblico, erano previsti posti a sedere per tutti gli spettatori, e l'ingresso costava
molto di più.
All'inizio tutti i teatri privati erano situati in aree particolari (le liberties) di Londra.
Queste aree, di cui le principali erano quelle di Blackfriars e Whitefriars,
appartenevano in origine ad ordini monastici. Nel 1539, quando gli ordinifurono
sciolti, le terre furono confiscate dalla corona. La maggior
parte di queste aree fu in seguito venduta a privati, ma la corona mantenne fino al
1608 la sua giurisdizione sulle liberties che così, pur trovandosi nel cuore di Londra,
erano sottratte al controllo municipale. I primi teatri di queste aree, inoltre, furono
allestiti in residenze private, in modo tale da non incorrere nelle sanzioni penali
previste contro gli spettacoli e, cosa ancora più importante, fino al 1608 vennero
impiegati come attori dei giovani ragazzi, i quali, essendo considerati semplici
dilettanti, sfuggivano
alla condanna che ricadeva sulla categoria degli attori professionisti.
Gli autori più sofisticati come Lyly, Jonson, Chapman e Marston preferirono scrivere
per le compagnie dei ragazzi, ed anche per questo, generalmente, i teatri privati erano
più raffinati, esclusivi e costosi dei teatri pubblici all'aperto. Il primo teatro privato, il
Blackfriars, che prese il nome dall'area in cui sorse, fu aperto nel 1576, lo stesso anno
in cui fu costruito The Theatre.
A quel tempo le compagnie dei ragazzi erano preferite dal pubblico più aristocratico,
anche perché le compagnie degli attori professionisti adulti non si avvalevano ancora
della collaborazione di valenti drammaturghi.
Prima del 1576 le compagnie dei ragazzi davano solo una o due rappresentazioni di
ogni dramma, e probabilmente il teatro fu costruito proprio per il desiderio di
prolungare il numero delle repliche. Dato che Blackfriars era una delle zone
residenziali più alla moda, fu abbastanza logico per Richard Farrant, maestro del coro
della Cappella Reale di Windsor, pensare di costruirvi un teatro.
Nell'affittare la proprietà, egli dichiarò che sarebbe stata usata per costruire un luogo
in cui preparare i fanciulli ad apparire di fronte alla regina, e non venne fatta nessuna
menzione delle rappresentazioni pubbliche.
La dissimulazione di Farrant circa le sue reali intenzioni condusse ad una serie di
processi che si concluse con la chiusura del teatro nel 15874 nessun teatro privato fu
costruito fino al 1596, quando James Burbage allesti il secondo BLACKFRIARS in
previsione della scadenza deL contratto per il suolo del Theatre prevista per il 1597.
Ma i residenti della zona ottennero una diffida contro l'uso del teatro da parte di
attori professionisti. Burbage mori proprio nel 1597 e lascio il Blackfriars ai
suoi figli che nel 1600 lo affittarono ad Henry Evans. Questi, insieme al maestro della
Cappella Reale, inaugurò finalmente il teatro con una compagnia di ragazzi. Nel
1604, dopo l'ascesa al trono di Giacomo I, alla compagnia del Blackfriars fu dato il
nome di Childrens of the Revels of the Queen, Tra il 1600 e il 1608 la formazione fu
una delle più popolari di Londra e riscosse un tale successo da costituire una seria
concorrenza per le compagnie degli attori professionisti.
I teatri privati furono utilizzati esclusivamente dalle compagnie dei ragazzi fino al
1610. Poi, quando la popolarità delle compagnie di ragazzi cominciò ad attenuarsi,
passarono nelle mani delle compagnie di attori professionisti adulti. Il primo
cambiamento importante si verificò quando i Burbage ripresero il possesso del
Blackfriars nel 1608. Giacomo 1, infatti, autorizzò i King's Men a
recitare nel teatro, ma le rappresentazioni non poterono iniziare prima del 1610 a
causa della peste.
Il successo dei King's Men spinse Christopher Beeston, nel 1616, a trasformare
un'arena da combattimento per galli in un teatro privato (il Cockpit Theatre).
Bruciato poco dopo, questo teatro fu ricostruito con il nome di The Phoenix. Nel
1629 fu costruito The Salisbury Court Theatre, e nello stesso anno Carlo 1 incaricò
Inigo Jones di progettare un teatro permanente per la compagnia dei King's Men,
quando questi recitavano per la corte. Tra il 1576 e il 1642 furono costruiti
complessivamente almeno sette teatri privati che diventarono in seguito le principali
sedi delle compagnie di attori professionisti.
La compagnia dei King's Men, ad esempio, recitava al Blackfriars da metà ottobre
fino alla metà di maggio, e per i restanti cinquemesi al Globe. Dato che il Blackfriars
fruttava alla compagnia un reddito, per spettacolo, almeno due volte e mezzo
superiore a quello ottenuto al Globe, è evidente che la compagnia preferiva recitare
nel teatro situato all'interno della città. Nel frattempo, mentre altri teatri privati
venivano costruiti, i teatri pubblici diventarono sempre meno importanti anche se
continuavano ad essere usati regolarmente durante i mesi estivi.
Le forme e le dimensioni dei teatri privati potevano variare. La
sala e il palcoscenico del secondo Blackfriars, che era il teatro più importante,
occupavano probabilmente uno spazio rettangolare, lungo complessivamente 20
metri e largo 14. Il palcoscenico, alto circa un metro, non aveva arco di proscenio e
non disponeva di sipario. La platea era provvista di sedili, e lungo le pareti correvano
le gallerie (da una a tre, secondo le diverse stime degli studiosi) con alcuni palchetti
privati.

LA SCENOGRAFIA

Non sappiamo con precisione quali fossero le pratiche sceniche del tempo. Le
principali fonti di informazione in proposito sono i testi teatrali, i registri del Master
of Revels e le carte di Henslowe, costruttore di The Rose, The Fortune e The Hope.
Un gruppo di studiosi ha condotto un'analisi dettagliata sulle
indicazioni sceniche contenute nei testi, ma le loro conclusioni sono spesso
contraddittorie. Secondo alcuni la scenografia era essenzialmente «raccontata»: i
luoghi in cui si svolgeva l'azione sarebbero stati menzionati nel dialogo quando erano
rilevanti dal punto di vista drammatico, proprio perché non erano rappresentati
scenicamente. Altri, invece, sostengono che i riferimenti scenici citati nel
dialogo corrispondevano a effettive realizzazioni scenografiche. Probabilmente
nèssuna di queste ipotesi è esatta, e le compagnie modificavano i loro procedimenti in
rapporto al tipo e alla quantità di
mezzi che avevano a disposizione. Tutti gli studiosi sono comunque d'accordo sul fatto
che nel teatro inglese erano utilizzati degli elementi scenografici semplici, che
assomigliavano più alle mansions medioevali che ai sofisticati allestimenti prospettici
all'italiana.
Spesso venivano usati in scena diversi oggetti: panche, tavoli
sedie e sgabelli, letti, tappeti e cuscini, arazzi e tendaggi, troni. tende e baldacchini,
pulpiti ed altari, ceppi, patiboli e forche, bare, casse da morto, lettighe, recinti e
palizzate, carri e cavalletti, arbusti, alberi, cespugli, rami e fiori.
Un inventario del 1598, conservato tra le carte di Henslowe, contiene una lista di
articoli simili:
tre alberi
tre rocce (di cui due erano coperte di muschio)
due tombe,
due campanili con campane
una bocca dell'inferno,
un paio di scale,
il carro di Fetonte
una gabbia
un telo dipinto raffigurante la città di Roma,
una stalla,
un baldacchino di legno,
il telaio di un letto ed altri oggetti vari.
I registri del Master of Revels, che risalgono alla fine del cin-
quecento, contengono le voci degli oggetti usati nelle rappresentazioni di corte.
Quando una compagnia di attori professionisti recitava davanti alla regina, l'Ufficio
dei Divertimenti (Revels Office) allestiva una sala e forniva gli accessori scenici
necessari. Tra gli articoli elencati in questi documenti compaiono:
rocce,
montagne,
bastioni,
alberi
case
tutti elementi scenografici che fanno pensare all'uso di mansions simili a quelle
medioevali.
In effetti le pratiche sceniche del periodo elisabettiano sembrano derivare
direttamente da quelle medioevali. La grande piattaforma del palco sostituiva in un
certo senso la platea medioevale. Trattata per lo più come luogo neutro, poteva essere
connotata più precisamente o dal dialogo o dall'uso di accessori scenici come
una tenda,
un trono,
un altare,
una tomba,
le sbarre di una cella,
dei letti o degli alberi.
Alcuni oggetti scenici erano così ingombranti che dovevano essere sistemati sul
palcoscenico principale dove rimanevano ignorati per quasi tutta la rappresentazione
e venivano utilizzati nei momenti in cui diventavano rilevanti per l'azione. Altri
oggetti pesanti erano sistemati nel palcoscenico interno e rivelati quando questo si
apriva, oppure venivano spinti a forza di braccia sulla piattaforma. All'occorrenza , gli
oggetti più piccoli venivano portati in scena da alcuni
inservienti.
L'importanza della scenografia e degli effetti spettacolari crebbe dopo il 1603, quando
incominciò a imporsi il gusto della corte. Gli attori professionisti, che tra il 1603 e il
1642 presentavano sempre più frequentemente i loro spettacoli a corte, non potevano
ignorare gli allestimenti all'italiana dei masques, a cui spesso erano chiamati a
collaborare. Inoltre, verso il 1605, anche le compagnie dei ragazzi cominciarono a
utilizzare elementi scenografici simili a quelli dei masques, e le compagnie dei
professionisti seguirono
questa strada quando rilevarono i teatri privati. Le scenografie si fecero così più
elaborate, e si ampliò l'uso degli effetti speciali, della musica, della danza. Non ci fu
comunque alcun tentativo di adottare la scenografia prospettica dei masques.
Se la scenografia e gli oggetti di scena venivano usati in modo limitato, l'elemento
visivo più importante nel teatro elisabettiano fu senza dubbio il costume. Le
convenzioni che regolavano l'uso dei costumi tra il 1558 e il 1642 erano leggermente
differenti da quelle del teatro medioevale. I personaggi, indipendentemente dall'epoca
storica in cui si supponeva fossero vissuti, erano generalmente vestiti con abiti di stile
elisabettiano. I costumi di gran lunga più usati erano quindi vestiti identici a quelli
indossati dalle persone nella vita di tutti i giorni. In modo assai più limitato, tuttavia,
venivano utilizzati anche altri tipi di costumi, che possono
essere divisi in cinque categorie:
1) «antiquati»», ossia abiti vecchi, usati per indicare personaggi fuori moda o, in
qualche occasione, per suggerire l'idea di un altro periodo storico;
2) «antichi»», ossia costumi ricchi di drappeggi alla greca da sovrapporre agli abiti
contemporanei, che venivano usati per caratterizzare alcune figure classiche;
3) abiti fantasiosi, usati per i fantasmi, le streghe, le fate,
le divinità o le figure allegoriche;
4) costumi tradizionali, che venivano associati ad alcuni personaggi specifici come
Robin Hood,
Enrico v, Tamerlano, Falstaff, e Riccardo 111;
5) costumi caratteristici di alcune razze o nazioni, usati per i turchi, gli indiani, gli
ebrei o gli spagnoli.
I costumi, contemporanei o di foggia particolare, erano spesso costosi e fastosi. Nelle
descrizioni degli spettatori del tempo viene sovente menzionata la loro ricchezza ed
eleganza, Nelle carte di Henslowe sono registrati del resto numerosi prestiti contratti
per l'acquisto di vestiti: sono segnate ad esempio 7 sterline «per un corsetto di raso
bianco carico di merletto dorato», e 19 sterline per un mantello. Le compagnie
compravano la maggior parte dei costumi.
Talvolta i nobili regalavano i loro abiti ai servi, che li rivendevano agli attori. Anche la
famiglia reale di tanto in tanto donavano degli abiti alle compagnie per rinnovare ed
arricchire il loro guardaroba. Tra gli altri elementi dello spettacolo tu particolarmente
importante, fin dall'inizio, la musica. La maggior parte degli attori doveva saper
cantare, poiché nei drammi erano inserite diverse canzoni. Molte rappresentazioni,
inoltre, terminavano con un balletto,
L'orchestra nei teatri permanenti era composta da almeno sei elementi, a cui si
potevano aggiungere i suonatori di trombe e di tamburi, che però non erano membri
fissi dell'orchestra. Squilli di tromba annunciavano le entrate oppure
accompagnavano la lettura di editti e proclami, i tamburi servivano nelle scene di
battaglia, mentre una musica di sottofondo accompagnava parecchie scene.
Le rappresentazioni delle compagnie dei ragazzi erano precedute da un concerto che
poteva durare anche un'ora, e questa pratica
fu adottata dalle compagnie dei professionisti quando si trasferito no nei teatri privati.
La danza originariamente era usata soprattutto per compiacere il gusto delle platee
popolari, ma quando aumentò l'influenza del pubblico aristocratico diventò un
elemento particolarmente elaborato e sofisticato.

IL PUBBLICO:
Nella prima parte del regno di Elisabetta i giorni in cui era
permesso agli attori recitare variavano di anno in anno. Successivamente, nel 1574,
un decreto reale stabilì il diritto delle compagnie di dare rappresentazioni ogni giorno,
e questa norma rimase in vigore fino al 1642, benché Giacomo I vietasse le
rappresentazioni di domenica, Ma se teoricamente le compagnie potevano recitare sei
giorni alla settimana, in realtà il numero delle rappresentazioni era ridotto dai periodi
di chiusura dei teatri, dovuta
al' inclemenza del tempo, o ad appositi decreti promulgati in tempo di peste, o in
occasione di lutti ufficiali. È stato calcolato che all inizio del seicento si tenevano in
media spettacoli per 214 giorni all'anno, equivalenti a circa sette mesi d'attività.
Gli spettacoli venivano propagandati in diversi modi. Intorno
al 1563 a Londra cominciarono ad essere affissi i primi manifesti, mentre verso il
1600 entrarono in uso i volantini. Talvolta una rappresentazione veniva pubblicizzata
con un corteo in cui per richiamare l'attenzione si faceva grande uso di trombe e
tamburi.
Ma questa pratica era adottata soprattutto dalle compagnie che operavano fuori
Londra. Nel giorno in cui si teneva lo spettacolo, infine, sul tetto del teatro sventolava
una bandiera, e gli annunci delle rappresentazioni successive venivano dati dal palco
durante la recita.
I teatri pubblici avevano un'ampia capienza. Stime del tempo
indicano che la loro capacità media era di circa 3.000 persone, mentre i teatri privati
raggiungevano a stento 500 posti a sedere.
Prima del 1603 esistevano solo due compagnie che recitavano a Londra, più tardi
diventarono tre e qualche volta anche quattro o cinque. Tra il 1558 e il 1642 la
popolazione di Londra aumentò comunque in modo considerevole, e da meno di
200.000 persone arrivò a 300.000 abitanti, di cui solo un numero relativamente
esiguo frequentava i teatri.
Per mantenere sempre alta la frequenza degli spettatori, le compagnie usavano
cambiare spesso i programmi, in genere giornalmente, aggiungendo con una certa
regolarità drammi sempre nuovi. Secondo i documenti di Henslowe relativi al periodo
che va dal 1592 al 1603 la compagnia degli Admiral's Men produceva un dramma
nuovo ogni due settimane e mezzo. Negli anni novanta ogni nuova opera dopo la
prima rappresentazione veniva inclusa nel repertorio generale, e cominciava a ruotare
insieme alle altre
fino a che la sua popolarità non svaniva. La media era comunque di dieci
rappresentazioni per ogni dramma.
Dal 1610 la domanda di nuove opere incominciò a diminuire,
in quanto le compagnie avevano accumulato ormai un vasto repertorio.
Nel 1641 la compagnia dei King’s men possedeva un patrimonio di circa 170 drammi
da cui attingere.
Dopo il 1610 alcune opere nuove venivano rappresentate più volte, consecutivamente
prima di essere relegate nel repertorio e riprese a rotazione. La più lunga serie di
repliche consecutive (nove) fu quella di The Game of Chess di Middleton, nel
1624-25.
Di solito l'orario d' inizio degli spettacoli si aggirava intorno al
due del pomeriggio, in modo che gli spettatori potessero ritornare a casa prima del
tramonto. Nei teatri pubblici la rappresentazione si svolgeva senza alcuna
interruzione.
Nelle sale private si usava spesso dividere gli atti con intervalli musicali. Nei teatri si
vendevano vino, birra, tabacco e i venditori ambulanti circolavano liberamente
durante le rappresentazioni.
Nei teatri non esistevano i botteghini, i biglietti o i posti riservati. Gli addetti alla
riscossione, di cui almeno un certo numero erano donne, raccoglievano il denaro
all'ingresso di ciascun settore: la platea, le gallerie pubbliche e i palchi privati. La
platea. o meglio l'arena, che disponeva solo di posti in piedi, veniva utilizzata
principalmente dalle classi meno abbienti, le gallerie pubbliche, provviste di panche,
dalle classi medie, e i palchi privati dall'aristocrazia. Alla fine del cinquecento alcuni
spettatori sedevano sul palcoscenico, ma quando la pratica di pagare uno sgabello e
sedere in scena diventò sinonimo di prestigio, i palchi privati persero di tono e
cominciarono a diventare terreno di caccia di prostitute e di trafficanti equivoci.
Alcuni studiosi sostengono che dopo il 1610, mentre i teatri privati raccoglievano
esclusivamente un pubblico sofisticato, le sale pubbliche cominciarono a rivolgersi agli
spettatori meno raffinati.
Come si è già detto, la responsabilità del declino dei testi teatrali è stata spesso
attribuita a questa divaricazione ed alla crescente preoccupazione delle compagnie di
soddisfare il gusto degli aristocratici frequentatori delle sale private. In ogni caso la
popolarità del teatro non diminui ma in modo davvero sensibile fino a quando nel
1642 i puritani, che si erano sempre schierati contro questa forma di divertimento
considerata diabolica e pericolosa per la salute pubblica, non ottennero il decreto che
sanciva l'interdizione
e la chiusura di tutti i teatri inglesi.
Verso la fine del cinquecento, il prezzo fissato per i posti in
piedi era di un penny, di due pence nelle gallerie, è di tre pence nei palchi privati. Nel
seicento, i prezzi salirono a due pence peri posti in piedi, mentre l'accesso ai palchi
privati qualche volta costava anche venti pence. Nei teatri privati l'ingresso costava sei
pence per i posti più economici, e poteva arrivare anche a 46 pence per i palchi.
Nonostante la loro minore capienza i teatri privati guadagnavano perciò molto più di
quelli pubblici. I prezzi salivano in determinate occasioni, e spesso raddoppiavano in
occasione della prima di uno spettacolo.

I MASQUES ALLA CORTE DEGLI STUART

A corte venivano allestiti numerosi spettacoli destinati a un


pubblico particolare di invitati, I drammi erano per lo più messi in scena da
compagnie di attori professionisti che, anche se potevano sfoggiare scenografie e
costumi presi in prestito dai magazzini del Master of Revels, probabilmente
modificavano di ben poco le convenzioni seguite nei teatri pubblici. Con i masques di
corte, d'altronde, vennero introdotti in Inghilterra i principi scenografici
seguiti in Italia, e cominciò così la tendenza a utilizzare l'arco di proscenio.
I masques, che erano in voga alla corte di Enrico VIII, furono
rappresentati raramente durante il regno di Elisabetta. Ma quando Giacomo I salì al
trono l'allestimento dei masques venne ripreso con particolare splendore. Sotto il suo
regno veniva allestito in media un masque all'anno. Con Carlo 1 diventarono due, il
primo in occasione della notte dell'Epifania, il secondo il giorno di martedì grasso.
Altri masques venivano prodotti dai collegi degli avvocati, generalmente in onore
della famiglia reale, oppure in occasione dell'arrivo di un ospite importante, o di
qualche avvenimento speciale.
Per l'allestimento di queste produzioni venivano stanziate somme enormi. Nel 1618
Giacomo 1 spese 4.000 sterline per un solo masque: una cifra assai più elevata di
quella spesa sotto il suo regno per l'allestimento della totalità degli spettacoli realizzati
a corte dalle compagnie di attori professionisti. Il più costoso di tutti masques fu
allestito nel 1634 con la collaborazione dei quattro Inns of Court che intendevano
così dimostrare la loro fedeltà al re dopo la pubblicazione di uno scritto polemico
contro il teatro e, indirettamente, anche contro la corona, l'Histriomastix di William
Prynne, membro del Lincoln's Inn. Il masque in questione, The trhiump of love,
scritto da James Shirley e con le scenografie di Inigo Jones, costò 21000 sterline. Uno
dei partecipanti, Bulstrode Whitlocke, lascio una descrizione così dettagliata di questo
spettacolo che sarebbe possibile ancora oggi ricostruirlo in tutti i minimi particolari.

La maggior parte dei masques presentati alla corte degli Stuart fu scritta da Ben
Jonson mentre le scenografie erano disegnate da Inigo Jones.
Nei masques la musica aveva un ruolo fondamentale, ma sfortunatamente non è
sopravvissuto nemmeno uno spartito musicale completo.
Sono rimaste le musiche di circa 50 canzoni e di 250 balletti.
Il masques presentava dei tratti comuni agli intermezzi italiani. In entrambi si
raccontava una storia allegorica che poneva in luce numerose analogie tra la persona
a cui lo spettacolo era dedicato, o l’occasione che era celebrata, e alcuni personaggi o
episodi mitologici.
La, storia e i riferimenti allegorici erano espressi principalmente in forme visive:
tramite le scene, i costumi,
oggetti, la mimica e la danza. Il racconto e il dialogo, parlato .
cantato, erano usati per illustrare quello che non poteva essere comunicato attraverso
il linguaggio visivo. Lo spazio maggiore era riservato alla danza, e le parti danzate
erano di norma affidate ai cortigiani.
Generalmente nella trama allegorica del masque erano inserite tre danze
fondamentali:
la danza di apertura,
una danza centrale in cui i ballerini scendevano nella sala per ballare con gli
spettatori prescelti,
e infine una danza di chiusura.
Nei masques venivano inseriti molti balli di società in voga in quel periodo, ma i
maestri di ballo talvolta inventavano apposta per queste rappresentazioni elaborate
danze simboliche, I ballerini di un masque erano tutti dello stesso sesso, tranne nel
caso di un doppio masque in cui si contrapponevano due gruppi, numericamente
bilanciati,
uno di uomini ed uno di donne. Quando la danza non si svolgeva sul palcoscenico,
ma nel salone, ogni ballerino veniva accompagnato da un «portatore di torcia».
Spesso i portatori di torce, che erano usualmente ragazzi nobili o bambini, eseguivano
da soli una danza particolare. Molte di queste produzioni, inoltre, comprendevano
degli anti-masques, cioè degli episodi secondari, introdotti
per la prima volta da Jonson nel 1608, e inseriti per creare un
contrasto con la storia principale. Queste trame secondarie davano ampie
opportunità inventive agli scenografi, che potevano progettare trasformazioni
sensazionali.
I personaggi dei masques si ispiravano a figure allegoriche o
mitologiche. Le donne rappresentavano dee, ninfe, regine, la Bellezza o la Grazia,
mentre gli uomini impersonavano dei, eroi dell'antichità, i segni dello zodiaco, i Figli
della Pace, dell'Amore o della Giustizia, oppure rappresentanti di paesi stranieri. I
portatori di torce rappresentavano per lo più spiriti ferini, indiani, o antichi britanni.
Negli anti-masques i personaggi erano satiri, ubriaconi, zingari, marinai, accattoni,
pazzi, babbuini ed altre bestie esotiche.
La maggior parte dei masques degli Stuart furono messi in scena nelle sale dei
banchetti a Whitehall Palace. L'allestimento della sala era quasi sempre lo stesso per
tutti i masques. Alcune file di sedie venivano sistemate lungo i lati e sul fondo, mentre
il baldacchino reale veniva collocato al fondo della sala nel punto da cui si poteva
godere la vista migliore del palcoscenico. Alcuni scalini, infine, collegavano il
palcoscenico con il salone. La grandezza del palco era variabile, ma le sue dimensioni
medie erano di circa 12
metri di larghezza per circa 8 metri e mezzo di profondità.
La piattaforma, sopraelevata di circa due metri dal pavimento, era fortemente
inclinata verso il pubblico. Questa pendenza veniva utilizzata soprattutto per gli effetti
scenografici, in quanto la maggior parte dell'azione e delle danze aveva luogo
sull'avanscena oppure sul pavimento del salone.
La scenografia, i costumi e gli effetti speciali della maggior
parte dei masques li dobbiamo ad Inigo Jones (1573-1652), il più celebre scenografo
inglese del tempo, Nato a Londra, Jones studiò in Italia intorno al 1600, e lavorò alla
corte di Danimarca, prima di ritornare in Inghilterra verso il 1604. Jones realizzò il
suo primo masque per Giacomo I nel 1605. Probabilmente ritornò ancora in Italia
nel 1607-1608 e poi ancora nel periodo fra il 1613 e il 1615.
Jones aveva un'ottima conoscenza dell'arte italiana. Alla corte di Firenze studiò quasi
certamente l'opera di Giulio Parigi, e infatti a partire dal 1630 tutti i suoi disegni sono
ispirati agli intermezzi del Parigi. E stata rinvenuta una copia del trattato di
architettura del Palladio posseduta da Jones che contiene delle note in cui egli
paragona le idee del Palladio con quelle di Serlio, Scamozzi, Vignola e altri. Alla sua
morte egli lasciò tutte le sue carte al suo allievo ed assistente, John Webb, che sarebbe
diventato uno dei maggiori architetti e scenografi del periodo della
restaurazione. Oltre a disegnare le scene dei masques, ed a metterli in scena, Jones
progettò anche le scenografie di dodici drammi presentati a corte dopo il 1626.
Questi drammi venivano recitati dai cortigiani, con la partecipazione della regina e di
altre nobildonne. La presenza delle donne nei ruoli parlati era così inusuale a quel
tempo,
e la conoscenza degli spettacoli di corte così diffusa, che quando William Prynne nel
suo Histriomastix (1633) equiparò le «donne attrici» a «notorie puttane», egli fu
punito con una multa di 5.000 sterline, fu espulso dalla professione legale, privato del
suo grado accademico, ed inoltre gli furono tagliate le orecchie e fu condannato
all'ergastolo.
La crudeltà e l'intolleranza di questo tipo di reazioni, aggiunte
alla disapprovazione per l'enormità delle somme spese per i masques di corte, malvisti
dagli oppositori dell'assolutismo stuartiano, possono essere incluse tra i fattori che
contribuirono alla caduta della monarchia. Nel 1642 il conflitto tra l'assolutismo di
Carlo I e le richieste del parlamento che il re aveva dovuto convocare dopo un
intervallo di undici anni, sfociò nella guerra civile. Carlo I fu sconfitto e decapitato per
ordine di Cromwell nel 1649. Con la guerra civile, che vide l'opposizione alla
monarchia raccogliersi intorno ai puritani, si riaccese l'avversione al teatro, che
appariva del resto protetto dalla famiglia reale, i cui membri concedevano le licenze
alle compagnie. Nel 1642 il parlamento, prendendo a pretesto lo stato di disordine
politico in cui si trovava il paese, decretò la chiusura dei teatri per cinque anni. Al
termine di questo periodo i puritani avevano ormai il controllo del governo, e
dichiararono permanente la chiusura. Terminò così uno dei periodi più ricchi e
fecondi della storia del teatro europeo.

IL DRAMMA RELIGIOSO

In Spagna, come in Inghilterra, nel corso del sedicesimo e del


diciassettesimo secolo l'attività teatrale conobbe un imponente sviluppo, e gli anni
compresi tra il 1580 e il 1680 furono talmente produttivi per il teatro che vennero
chiamati il secolo d'oro del dramma spagnolo.
Lo sviluppo del teatro spagnolo è strettamente legato alle vicende politiche del paese
che restò a lungo sotto l'occupazione araba, iniziata nel 711 e terminata solo nel
quindicesimo secolo. Per oltre cinquecento anni tutta la penisola spagnola, ad
eccezione della parte settentrionale, fu dominata dagli arabi. Intorno al 1200 i regni
cristiani delle regioni settentrionali si allearono per respingere gli arabi, che nel 1276
ridussero il loro dominio alle regioni sudorientali. La Spagna tuttavia non diventò una
grande potenza fino alla seconda metà del quattrocento, quando il matrimonio di
Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona pose le basi per l'unificazione del paese,
e l'espulsione degli arabi fu completata con la conquista di Granada nel 1492.
La lotta contro gli arabi fu accompagnata da un'intensa opera di cristianizzazione.
Nel 1480 venne istituito il tribunale dell'Inquisizione che controllò strettamente la vita
religiosa del paese. Nel 1492 furono espulsi gli ebrei, e negli anni successivi la chiesa,
che nelle altre nazioni europee era turbata da controversie e conflitti, riuscì a stabilire
e mantenere in Spagna una rigorosa ortodossia.
L'importanza politica ed economica della Spagna crebbe rapidamente alla fine del
quattrocento con la scoperta dell'America, nel 1492, da parte di Cristoforo Colombo.
Con il possesso dei nuovi territori americani, e con l'espansione dei suoi domini che
verso la metà del cinquecento si estendevano dall'Africa settentrionale ai Paesi Bassi, e
dal Portogallo alla Sicilia, la Spagna diventò la nazione più potente del mondo. Nel
seicento, tuttavia, il declino del suo impero era già iniziato.
Nella Spagna medioevale il dramma religioso si era originariamente diffuso nelle
regioni settentrionali, dove non era arrivata l'occupazione araba. Iniziata la
riconquista del paese, i drammi vennero introdotti e utilizzati nei nuovi territori come
strumento d'insegnamento religioso. Fino alla metà del sedicesimo secolo le
rappresentazioni religiose spagnole erano simili a quelle allestite negli altri paesi
europei nel tardo medioevo, ma dopo il 1550 assunsero caratteristiche particolari che
conservarono fino al 1765, quando vennero definitivamente proibite. Il dramma
religioso spagnolo fiorì così nel quindicesimo e nel sedicesimo secolo proprio mentre
negli altri paesi europei veniva soppresso. Nella seconda metà del sedicesimo secolo le
rappresentazioni erano prevalentemente allestite in occasione della festa del Corpus
Domini, e si sviluppò una forma particolare di dramma religioso che prese il nome di
auto sacramental.
L'auto sacramental riuniva in sé le caratteristiche delle moralità e dei drammi ciclici.
Accanto a personaggi umani e religiosi agivano figure allegoriche come il Peccato, la
Grazia, il Piacere, il Dolore e la Bellezza. Le storie potevano essere attinte alle fonti
più diverse ed essere ispirate anche a temi secolari, purché illustrassero la virtù dei
sacramenti e la validità dei dogmi della chiesa. L'organizzazione degli autos
sacramentales variava da un'area all'altra
del paese, ma le procedure seguite a Madrid erano abbastanza tipiche da poter
costituire un esempio significativo. Fino al 1550 la responsabilità della messa in scena
era affidata alle corporazioni di arti e mestieri, in seguito passò al consiglio comunale,
che assumeva compagnie di attori professionisti per mettere in scena testi che
venivano forniti dai più importanti autori del paese. Il rapporto fra teatro religioso e
teatro professionale diventò così particolarmente stretto.
Prima del 1592 venivano rappresentati tre autos all'anno, che diventarono quattro tra
il 1592 e il 1647, e in seguito si ridussero a due. I drammi potevano essere vecchi o
nuovi, ma nel periodo compreso tra il 1647 e il 1681 tutte le opere presentate a
Madrid erano inedite e scritte da un unico autore, Calderón. Fino al 1592 i drammi
furono allestiti da una sola compagnia, successivamente ne vennero impegnate due.
Le compagnie ricevevano, oltre a una consistente ricompensa, il diritto esclusivo di
recitare a Madrid nel periodo compreso tra la Pasqua e la festa del Corpus Domini.
Dopo il Corpus Domini gli attori rappresentavano gli autos nei paesi vicini, e nei
teatri pubblici di Madrid.
Gli spettacoli erano montati sui carros, forniti dalla municipalità, che provvedeva
inoltre a tutto ciò che era necessario alla messa in scena, tranne che ai costumi ed agli
oggetti di scena. Fino al 1647 per ogni rappresentazione venivano utilizzati due
carros, che successivamente diventarono quattro. Si trattava di carri di legno a due
piani, coperti di tele dipinte ed equipaggiati in base alle istruzioni date dall'autore del
testo. La facciata del piano superiore era montata su cardini in modo da poter essere
aperta per rivelare il suo interno. Qualche elemento scenografico poteva emergere dal
piano
inferiore, e molti carri disponevano di macchine che consentivano ad attori e oggetti
di «volare» nell'aria. I carros servivano anche come camerini per gli attori e ingressi al
palcoscenico.
Prima del 1647 il palco era mobile, ed era costituito da una piattaforma montata su
ruote che si spostava con i carros. Successivamente, quando i carros utilizzati
diventarono quattro, il palcoscenico mobile si rivelò insufficiente per contenere l'intera
azione scenica, e nel luogo scelto per la rappresentazione veniva montata una
piattaforma fissa.
Secondo la nuova disposizione, due carri venivano posti dietro, e gli altri
rispettivamente alle due estremità laterali della piattaforma, che era spoglia ma dotata
di botole per gli effetti speciali. La difficoltà di spostare i quattro carri usati per un
auto e di sostituirIi con gli altri quattro dello spettacolo successivo fece si che dal 1692
in poi tutti gli otto carri fossero disposti insieme intorno alla piattaforma, Nel 1690 il
palco su cui recitavano gli attori era lungo dai 14 ai 15 metri, e profondo 11 .Il
consiglio comunale stabiliva i luoghi in cui dovevano avvenire le recite. Talvolta erano
così numerosi che le rappresentazioni continuavano per diversi giorni. Dopo il 1600
la prima di uno spettacolo era spesso data in presenza del re, nel cortile di un palazzo.
Lo spettacolo veniva poi replicato in piazza davanti al municipio della città, prima per
il Consiglio di Castiglia (il più
potente degli organi di governo del regno), e il giorno successivo per il consiglio
comunale. Erano previste ulteriori rappresentazioni speciali per tutti gli altri consigli
di stato ed almeno due per il pubblico generico. I carros venivano spostati da un luogo
all'altro della città per mezzo di buoi dalle corna dorate.
Oltre agli autos gli attori presentavano anche dei brevi intermezzi farseschi e delle
danze. Altri attori erano ingaggiati dal comune per portare in corteo enormi
maschere carnevalesche raffiguranti giganti e draghi, e per danzare balli tradizionali.
Quando gli autos furono proibiti nel 1765, le autorità giustificarono la grave decisione
accusando l'influenza negativa dello spirito carnevalesco predominante in questo
genere di spettacoli, il discutibile contenuto delle farse e dei balli, e l'evidente
contraddizione insita nel fatto che delle rappresentazioni religiose fossero messe in
scena da attori di dubbia moralità. L'interesse per gli autos, comunque, era
cominciato a diminuire già dalla morte di Calderón nel 1681: scomparso il grande
scrittore, gli autos erano diventati delle mere imitazioni di vecchi drammi religiosi.
La perdita di interesse è indicata del resto anche dal progressivo abban-dono degli
spettacoli processionali. Dopo il 1705, infatti, gli autos furono rappresentati solo nei
teatri pubblici.

LE ORIGINI DEL TEATRO PROFESSIONALE

Tra la fine del quattrocento e la prima metà del cinquecento,


i rapporti tra l'Italia e la Spagna si intensificarono e in questi anni il nascente interesse
per la cultura classica si diffuse nei circoli intellettuali spagnoli. Intorno al 1500
cominciò a svilupparsi il dramma di argomento profano. Tra le prime opere del
genere è la Comedia de Calisto y Melibea (Commedia di Calisto e Melibea)
pubblicata nel 1499. Più che di una vera e propria commedia si tratta di un racconto
in forma di dialogo. L'edizione del 1499 era composta da sedici atti, che furono
portati a ventuno nell'edizione del 1502. Generalmente attribuito a Fernando de
Rojas (1465-1541), potrebbe contenere alcune parti scritte da altri. Calisto e Melibea
non fu mai messo in scena, ma il testo ebbe una vastissima diffusione, e influenzò
numerosi scrittori successivi. Diventò famoso soprattutto il personaggio della
Celestina, una vecchia mezzana intermediaria dell'amore tra i due protagonisti.
Juan del Encina (1469-1529) è generalmente considerato il fondatore del dramma
spagnolo, e infatti i suoi primi lavori sono antecedenti a Calisto e Melibea. Dopo aver
studiato a Salamanca con il grande umanista spagnolo, Nebrija, Encina si dedicò alla
composizione di egloghe ispirate allo stile del dramma pastorale italiano. Trasferitosi
in Italia dove fu protetto prima da papa Alessandro vi Borgia e poi da Leone x,
proseguì la sua opera di scrittore componendo diverse egloghe drammatiche, alcune
d'argomento religioso, altre profane. Tra queste la più riuscita è probabilmente
l'Egloga de Plácida y Victoriano (Egloga di Placida e Vittoriano, 1513). Ordinato
sacerdote, dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, Encina ritornò in Spagna e morì
probabilmente a León. I suoi testi furono i primi drammi secolari spagnoli ad essere
rappresentati. Bartolomé de Torres Naharro (c. 1480-c. 1530) imitò inizialmente le
composizioni di Encina ma proseguì poi con la stesura di farse e commedie più
complesse. Anche Torres Naharro, come Encina, visse per diversi anni in Italia. I suoi
drammi furono pubblicati insieme alla sua produzione lirica nel 1517, a Napoli, con il
titolo Propalladia, e vennero poi ristampati a Siviglia nel 1520.
Gil Vicente, scrisse principalmente per la corte portoghese, ma molti dei suoi drammi
sono in lingua spagnola. È considerato il migliore tra i suoi contemporanei per la
grazia lirica, la varietà dei temi e dei caratteri, la spontaneità e l'efficacia comica.
I primi drammi secolari spagnoli si rivolgevano a un pubblico aristocratico, e quindi
la loro influenza sul teatro professionale fu trascurabile. Costituirono tuttavia le basi
per i successivi sviluppi della produzione drammatica. Anche in Spagna, come negli
altri paesi europei, le origini del teatro professionale sono oscure. È tuttavia
documentato che nel 1454 alcuni attori furono pagati per recitare in occasione della
festa del Corpus Domini, e che nel 1535 e nel 1538 alcune compagnie italiane fecero
la loro prima apparizione in Spagna. Solo dopo il 1540, comunque, le notizie sugli
attori professionisti diventano relativamente frequenti.
La prima figura importante del teatro professionale spagnolo è Lope de Rueda (c.
1510-c. 1565), che fu autore, attore e capocomico. Sappiamo che nel 1542 partecipò
alle rappresentazioni religiose che si tennero a Siviglia. Nel 1551 era già talmente
famoso da essere convocato dai governanti di Valladolid, allora capitale della Spagna,
per recitare alla presenza di Filippo I. Frequentemente chiamato a sovrintendere alle
festività del Corpus Domini,
recitò spesso per la corte e in parecchie città, e fu anche il primo vero scrittore di
commedie destinate ad un pubblico popolare. Tra le sue opere sopravvissute sono Los
Engañados (Gli ingannati),
Medora, Armelina ed Eufemia. I suoi personaggi più efficaci sono i pazzi e gli
imbroglioni, ruoli che Rueda interpretava personalmente.
Cervantes scrive che il palcoscenico su cui recitava Rueda era estremamente
rudimentale: consisteva infatti di quattro tavole poste su delle panche, con una
coperta che faceva da sfondo. Anche i costumi erano molto semplici, ed erano
costituiti da «quattro pelli di pecora bianche guarnite di cuoio dorato». Questa
testimonianza è stata spesso accolta come un'accurata descrizone delle pratiche del
teatro professionale ai tempi di Rueda.
Tuttavia anche un rapido esame dei documenti contemporanei è sufficiente a
dimostrare che Cervantes semplificava molto la situazione, cosa che d'altronde non
deve sorprendere perché lo scrittore stava ricordando, dopo circa 50 anni, uno
spettacolo che aveva visto da bambino. Rueda per contratto si impegnava infatti
a provvedere costumi di seta e di velluto per le produzioni teatrali del Corpus Domini,
e sembra improbabile che egli non ne facesse uso anche per altre occasioni,
soprattutto nelle numerosissime rappresentazioni tenute a corte. Ai tempi di Rueda,
però, non esistevano ancora teatri permanenti. Gli attori recitavano quindi nei cortili,
nelle sale, nelle piazze delle città, oppure a corte, dimostrando, come i loro
contemporanei inglesi e italiani, un grande
spirito di adattamento.
La popolarità del teatro crebbe negli ultimi trent'anni del secolo. Gli attori erano ben
accolti in tutto il paese e cominciarono ad essere costruiti i primi teatri permanenti. I
maggiori centri teatrali erano Madrid (diventata capitale della Spagna nel 1560) e
Siviglia.
Anche Barcellona, Valencia, Granada, Cordova ed altre città vantavano proprie
compagnie.
La richiesta di nuovi drammi aumentava rapidamente, ma
dopo la morte di Rueda non emerse nessun autore di reale importanza fino al 1590,
quando Lope de Vega cominciò a scrivere con regolarità per il teatro. Tra il 1565 e il
1590 le commedie furono messe insieme quasi esclusivamente dai direttori delle
compagnie teatrali, un'usanza che per tutto il diciassettesimo secolo portò alla
definizione dei direttori come autores de comedias (autori di
commedie). In questi anni tuttavia acquistarono una notevole
fama i testi teatrali di due autori: Cueva e Cervantes. Juan de la Cueva (c. 1550-1610),
che operava a Siviglia, fu uno dei primi drammaturghi a trarre i propri soggetti dalla
storia nazionale spagnola in opere come Los siete infantes de Lara (I sette figli
diLara). Trattò anche argomenti classici e temi ispirati alla vita domestica e
quotidiana. Miguel de Cervantes (1547-1616), autore del Don Chisciotte, scrisse circa
trenta opere teatrali, di cui sedici sono sopravvissute. Tra queste sono El cerco de
Numancia (L'assedio di Numanzia, c. 1583) che parla dell'attacco alla città spagnola,
El trato de Argel (La prigionia di Algeri, c. 1583) e El rufián dichoso (Il ruffiano
beato), opera che prende spunto dall'ambiente picaresco sivigliano illustrando la vita
contemporanea spagnola. Fino a circa il 1615, ogni rappresentazione cominciava con
una
lode (loa), o prologo, che aveva la forma di un monologo o di un breve dialogo
drammatico. Serviva ad attrarre l'attenzione del pubblico e a ben disporlo, e
normalmente comprendeva anche canti e danze. Sebbene dopo il 1615 la sua
popolarità fosse in declino, la loa continuò ad essere utilizzata ancora per molti anni,
Negli intervalli tra gli atti dello spettacolo venivano rappresentati gli entreméses
(intermezzi), brevi scenette di carattere farsesco.
Alcuni entreméses erano cantati, altri parlati ed altri ancora mescolavano canto e
dialogo. Intorno al 1650 entrò nell'uso il termine sainete con cui venivano designate
numerose farse brevi, che precedentemente sarebbero entrate sotto la denominazione
di entreméses.

LOPE DE VEGA E I SUOI CONTEMPORANEI

Lo scrittore più prolifico del teatro spagnolo fu Lope Félix de Vega Carpio
(1562-1635), che combatté con l'armata spagnola contro gli inglesi, servì diversi
signori, si impegnò in molti mestieri, ebbe un'avventurosa vita sentimentale e nel 1614
prese gli ordini religiosi. Malgrado le sue numerose attività, nel 1609 dichiarò di avere
scritto 473 testi teatrali. Le stime della sua produzione complessiva parlano di 1.800
opere drammatiche, anche se è più probabile che ne abbia scritte solo 800. Di queste,
comunque, ne sono sopravvissute circa 450.
A causa della vastità della sua produzione è difficile stabilire la qualità dell'opera di
Lope de Vega. È possibile tuttavia definire alcuni caratteri generali, Tra questi,
innanzi tutto, l'abilità di condurre le vicende in modo da suscitare e tenere
costantemente alta la tensione. Spesso l'azione è sviluppata dal conflitto tra le esigenze
dell'amore e quelle dell'onore, tema che Lope de Vega contribui a rendere popolare e
che lasciò in eredità a tutto il successivo dramma spagnolo. I drammi si concludono
per lo più con un lieto fine. I personaggi, sempre guardati dall'autore con grande sim-
patia, provengono da tutti i ceti e le condizioni sociali. I ruoli femminili sono quelli
più riusciti. Lope inoltre sviluppò il ruolo del gracioso, o semplicione, un personaggio
ricorrente nelle opere del tempo. Il linguaggio di tutti i personaggi è naturale, vivace,
appropriato ai diversi caratteri, e si avvale di svariate forme metriche.
Lope de Vega fu lo scrittore più famoso del suo tempo.
Per il pubblico moderno la sua opera più affascinante è forse Fuente ovejuna (c.
1612), in cui un tirannico signorotto feudale viene ucciso dagli abitanti del villaggio
che, una volta catturati, si rifiutano di confessare, anche sotto tortura, e vengono
salvati alla fine dall'intervento del re. Molti critici ritengono che questo lavoro esprima
sentimenti rivoluzionari, mentre è forse più verosimile che Lope de Vega intendesse
semplicemente lodare il re per aver posto fine al sistema feudale. Tra le sue opere
migliori sono El acero de Madrid (L'acciaio di Madrid, 1603), El caballero de
Olmedo (Il cavaliere di Olmedo, 1606) e El perro del Hortelano
(Il cane dell'ortolano, 1618).
Accanto a Lope de Vega si colloca una schiera di autori minori. Le figure più
importanti, tra questi, furono Guillén de Castro, Tirso de Molina e Juan Ruiz de
Alarcón. Guillén de Castro (1569- 1631), amico e imitatore di Lope de Vega, scrisse
varie opere, ma oggi è ricordato quasi esclusivamente per Las mocedades del Cid (Le
infanzie del Cid, 1618), a cui Corneille si ispirò per il suo Le Cid. Tirso de Molina
(1584-1648), sacerdote che nel 1625 dovette rinunciare a scrivere per il teatro a causa
di una diffida da parte del Consiglio di Castiglia, si dice che abbia composto circa 400
opere teatrali, di cui ne sopravvivono solo 80. La più famosa tra queste è sicuramente
El burlador de Sevilla (Il beffatore di Siviglia, 1630), la prima elaborazione
drammatica della leggenda di Don Giovanni. Juan Ruiz de Alarcón (c. 1581-1639),
nato in Messico ed educato in Spagna, scrisse trenta commedie d'estrema finezza e
pertezione formale, che appaiono notevolmente superiori alla media delle produzioni
dei drammaturghi del tempo. I suoi drammi migliori descrivono la vita di corte di
Madrid, e l'opera più conosciuta è La verdad sospechosa (La verità sospetta, 1628),
che analizza le complicazioni che sorgono dall'incapacità di un giovane di dire la
verità.

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