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LETTERATURE COMPARATE

8 febbraio
CIARLATANO: La parola è entrata nella storia nel 1500 ca. e in origine indicava chi possedeva
grande abilità di parola (qualità). Si riferiva a chi per mestiere aveva bisogno di questa qualità,
ovvero ai venditori che praticavano la loro attività in posti affollati e all’aperto (piazze, incroci…) in
occasione del mercato, frequentato da persone dei ceti molto bassi. In questi luoghi si trovava di
tutto, medici compresi (questa figura scomparirà da questi luoghi più di mille anni dopo) per chi
non poteva permettersi medici laureati o farmacisti. Verso la meta del ‘500 venivano chiamati
ciarlatani: dovevano convincere di essere i più bravi nonostante non lo fossero (da qui il termine
dispregiativo). Queste persone affiancavano al loro lavoro anche quello di offrire divertimento alle
persone: raccontavano storie, viaggi, notizie che non sempre erano vere. I medici spesso
lavoravano con cantanti e artisti vari; per ingaggiarli spendevano soldi ma attiravano anche molta
gente. Dalla seconda metà del ‘500 offrivano interi spettacoli teatrali (2.30h).
Come mai un settore del genere si affianca al mondo della terapia? Le risposte possono essere due:
o per guadagnare, oppure c’era un legame più sottile tra la medicina e il divertimento. La visione
del medico, infatti, è cambiata nel corso degli anni per adattarsi alla popolazione del tempo.
SCIAMANO: La parola deriva dal termine sciaman, di origine siberiana, in inglese medicin man. Non
è una figura specializzata ma una persona intermedia tra un sacerdote e colui che si cura dei due
aspetti dell’uomo: corpo e anima. Allora si dava molta importanza alle malattie dell’anima (lutti,
traumi…). Lo sciamano era colui che si occupava di questi “disturbi” ed era visto come un essere
speciale sin dalla tenera età per alcuni suoi comportamenti o segni ritenuti particolari. In alcuni
popoli il requisito necessario erano le attuali malattie mentali. Uno sciamano veniva convocato da
qualcuno nelle seguenti condizioni: dolori fisici o mentali o la morte di un caro, il quale passaggio al
mondo dei morti era affidato allo sciamano. Infatti gli uomini pensavano che i defunti andassero in
un’altra dimensione in cui l’unico mezzo di comunicazione era lo sciamano che doveva convincere i
suoi “clienti” che sarebbe stato in grado di viaggiare dal mondo visibile a quello invisibile
rendendoli partecipi. Lo sciamano accoglieva i clienti in un luogo appositamente allestito in modo
teatrale e scenico, in cui non doveva mancare un palo, oggetto che collegava i due mondi, e inoltre
portava vestiti speciali. I clienti assistevano ad una sorta di spettacolo in cui lo sciamano entrava in
trance, uno stato mentale in cui appariva totalmente diverso e posseduto da uno spirito che usava
il corpo del medium per manifestarsi agli occhi di tutti. Perché un uomo rimanesse sano, infatti,
doveva essere in armonia con lo spirito attraverso uno sciamano/a.
Il francese Michel Leiris operò nel primo ‘900 insieme a Marcel Griaule (padre dell’antropologia) in
Etiopia in cui le religioni presenti erano musulmanesimo e cristianesimo. Nonostante ciò,
studiarono le religioni precristiane: animismo. Per chi credeva in questa religione, in ogni entità
definita era presente uno zar, uno spirito, che comunicava con gli sciamani. La donna sciamana era
molto importante e Leiris ne studiò una in particolare: questa poteva ospitare diversi zar a seconda
delle diverse ore del giorno, cambiava personalità in poco tempo. Queste persone vennero spesso
accusate dalla polizia perché, nonostante non chiedessero esplicitamente alcun compenso,
ricevevano denaro. Con gli anni, gli sciamani iniziarono ad essere chiamati come ospiti durante
particolari eventi per divertire gli ospiti. A questo proposito Leiris paragona questo fenomeno al
teatro occidentale in cui ogni attore ha un ruolo preciso da interpretare; infatti, come lo sciamano
impersona uno zar, un attore impersona un personaggio. Questo ragionamento però non si può
considerare completamente vero.
Il teatro NŌ giapponese sostiene di derivare dallo sciamanesimo femminile giapponese (1400 d.C.);
il massimo drammaturgo e teorico di questo teatro è Zeami che scrisse il trattato “Il segreto del
nō”. Gli attori, fino alla stesura del trattato, tramandavano le varie tecniche teatrali oralmente.
Zeami spiega la nascita del teatro nō. Non ha origini nobili, deriva dalla forma antica di teatro
denominata sarugaku (teatro di varietà erotico che si svolgeva all’esterno) in cui l’elemento
fondamentale era la danza kagura (danza della scimmia), elemento fondamentale anche per la
nascita del nō. Il luogo in cui si svolge l’azione è l’incrocio delle strade, luogo in cui si incontrano
umani e fantasmi. Per spiegare la nascita del nō, Zeami racconta il mito della dea Amaterasu:
In seguito ad una discussione con il suo indisciplinato fratello, questi
gettò i resti di un cavallo sulla soglia della casa della sorella.
Amaterasu ne fu così imbarazzata da ritirarsi nella caverna rocciosa,
facendo precipitare il mondo nell'oscurità. Le altre divinità la
pregarono di uscire fuori, ma senza successo. Quindi la dea Uzume
ebbe un'idea: organizzò una festa e si esibì in una danza erotica di
fronte alla caverna. Fece ridere talmente tanto gli altri dei da
incuriosire Amaterasu e spingerla a sbirciare fuori. Vedere il proprio
riflesso nello specchio la stupì talmente che gli altri dei riuscirono a
tirarla fuori dalla caverna e a convincerla a ritornare in cielo

9 febbraio
Questo mito è molto importante per la religione scintoista perché spiega la nascita del riso ed
indica una via di guarigione per la crisi dello spirito. Alla fine del mito Zeami suggerisce a tutti
coloro che ne volessero sapere di più di cercare nei racconti tradizionali trascritti nel kojiki, il libro
della tradizione scintoista. In questo testo, infatti, il mito è raccontato più dettagliatamente e
sembra riscontrare in Uzume la più antica delle sciamane (miko). La preparazione dei miti
sciamanici è descritta nei minimi particolari: l'ambiente doveva rappresentare il cosmo e uno degli
elementi fondamentali era il tamburo, che portava ad uno stato di trance (il ritmo era studiato al
fine di indurre tale stato). Vengono descritti i movimenti finali della danza: la risate che faranno
uscire Amaterasu dalla caverna saranno provocate dal completo spogliarsi di Uzume.
Il compito dell'attore è capire il legame tra la danza oscena e la nobiltà del teatro nō. I massimi
esponenti di questo teatro sostenevano infatti che tra i loro spettacoli e i riti sciamanici femminili
c'erano dei legami molto stretti (es. strumenti musicali – tamburo, flauto... -, moduli di recitazione
– sembrava che gli attori galleggiassero sull'acqua attraverso passettini molto piccoli -).
Per quanto riguarda il teatro occidentale, lo spettacolo è nato in Grecia nel 534 a.C. secondo una
leggenda che potrebbe essere vera. La nascita del teatro occidentale potrebbe essere attribuita a
Tespi, un sacerdote (cura, elabora, produce riti religiosi) la quale specializzazione sarebbero i
rituali. Era un sacerdote di Dioniso (dio del teatro) in un villaggio chiamato Ikaria, che si trova a
pochi chilometri da Atene sui monti di fronte al porto del Pireo, l’attuale Sto Dioniso (secondo il
mito greco, Dioniso prima di arrivare ad Atene, avrebbe soggiornato in quel villaggio). A marzo si
celebrava un ciclo di feste in onore del dio (Dionisie) in cui gli abitanti e i devoti di Dioniso si
recavano in città a intonare canti in suo onore. Tespi portò questi canti ad Atene nel 532/534 ca.
creando una novità perché erano canti corali: Tespi separò una figura del coro e creò un dialogo tra
questo e il resto del coro; in questo caso la figura isolata rappresentava un eroe e narrava le sue
vicende. Questa forma di spettacolo si ricollega ai miti sciamanici in cui le baccanti smembravano e
sbranavano (sparagmos: divisione corpo) un essere umano vivo; questo rimanda al cristianesimo,
religione in cui viene spezzata un'ostia che rappresenta il corpo di Cristo. La civiltà greca teneva
nascosti questi riti perché la donna non era ben vista e soprattutto perché erano molto violenti.
Le prime tragedie vennero scritte nel 530 a.C. ma i più grandi esponenti scrissero solo un secolo più
tardi e furono Eschilo, Sofocle e Euripide. Una testimonianza della tecnica di questo secolo è
un'opera di Aristofane scritta nel 406 a.C.: “Le rane”. Il protagonista è Dioniso che si presenta come
un personaggio buffo che si occupa però di cose serie ed è rappresentato come un bambino pieno
di paure. Dioniso, protettore della tragedia, decise di scendere all’Ade per andare a trovare
Euripide, accompagnato dal suo schiavo Xantia. Durante la traversata sulla barca di Caronte, si
udirono le voci delle invisibili Rane, che erano nella palude. Dopo un lungo tragitto, i viaggiatori
raggiunsero Plutone, il re dell’Inferno. Ad un tratto si sentirono Euripide ed Eschilo che litigavano
per il trono accanto a Plutone. Questo allora istituì una gara di poesia e il vincitore si sederà sul
trono accanto a lui: il giudice sarà Dioniso. Cominciò la sfida a suon d’insulti ognuno sulla poesia
dell’altro. Questa gara finì in parità. Poi proposero di pesare ognuno i propri versi su una bilancia,
per vedere da quale parte penderà l’ago. Nonostante Eschilo abbia dimostrato una netta
superiorità, Dioniso non sa decidere e quindi stabilisce che il vincitore sarà colui che saprà dare il
consiglio più utile alla città, ed anche qui vinse Eschilo. Così, Euripide tornò tra i morti, mentre
Eschilo si avviava verso Atene. La parodia letteraria qui assume aspetti e significati più importanti.
Tutto è legato al morale di Atene, che era stato sollevato con la poesia civile di Eschilo, mentre era
calato con le tragedie di Euripide. Si pone così il problema della funzione della poesia, sulla quale
Aristofane ha espresso idee nuove e originali, attraverso la critica che ognuno dei poeti fa all’altro.
In ogni caso la vittoria di Eschilo rappresenta le preferenza di Aristofane. Questa commedia
evidenzia ancora una volta la grande originalità di Aristofane e in particolare l’uscita un po’ fuori
dagli schemi della tradizionale commedia greca fa sì che le Rane sia il suo capolavoro.
I greci spendevano molti soldi per gli spettacoli perché rappresentavano la cura per gli ateniesi. Gli
elementi fondamentali degli spettacoli erano il terrore (paura di affrontare situazioni estreme) e
pietà (una persona cade in una sventura e noi partecipiamo emotivamente). La tragedia fortificava
l'animo degli spettatori e li preparava alla realtà. La pietà era fondamentale in quanto bisognava
trovare una via di mezzo tra l'impassibilità e la troppa compassione. In questi termini, il teatro
aveva una funzione terapeutica. Proprio per questo alcune leggi proibivano la messa in scena di
alcuni argomenti perché così lo spettacolo sarebbe potuto diventare veleno. Lo stesso
ragionamento è fatto dal maestro, Platone, che scrive “Le leggi”: in questa opera si immagina la
repubblica ideale di Atene (utopia) in cui i legislatori si sono dimenticati di decidere dove
dovrebbero svolgersi gli spettacoli. Essi affermano infatti che lo spettacolo migliore è la legislazione
e che loro sono i migliori poeti. Per Platone la vera medicina è lo stato inteso come l'insieme delle
leggi e se i poeti vorranno fare spettacoli dovranno chiedere il permesso e fare ciò che fanno i
legislatori. L'allievo e il maestro hanno due visioni opposte.
IONE: Platone avrebbe cercato di rispondere a queste domande: chi sono i veri poeti? Davvero il
poeta è un essere straordinario? Coloro che fanno arte sono gli anelli di una catena magnifica che
attraverso la trance fanno emergere gli spiriti divini. A conclusione del dialogo tra ione e Socrate si
afferma che in realtà il poeta non è un essere eccezionale ma uno strumento di manifestazione del
dio della poesia, come uno sciamano. Nel pensiero greco ci sono due posizioni: Platone pensava
che il teatro fosse il servo dell'ispirazione mentre Aristotele lo considerava come una medicina
psicosomatica per gli spettatori. Questa opposizione porta alla nascita di una nuova scuola di
pensiero, il Neoplatonismo, in cui viene ripreso il problema della catarsi. Proclo, neoplatonico,
affermava che bisognava accantonare la considerazione di Platone sul teatro e prendere in
considerazione il fatto che il teatro potesse essere regolatore dei sentimenti. Giamblico riprese il
discorso affermando che il teatro permetteva alle passioni di esprimersi in maniera equilibrata e
agli eccessi di sfogarsi, liberando così l'individuo dagli squilibri (proprio per questo servivano anche
spettacoli “osceni”). Senza il teatro le passioni sarebbe state espresse in cattivo modo. Questo
pensiero era in netta opposizione con i legislatori, secondo i quali le passioni andassero represse.

10 febbraio
La prima manifestazione di ciarlatani/medici fu a Parigi. Edmond Faral descrive la vita delle città
francesi durante il giorno del mercato. Nel '900 ca. scrive “Storia dei giocolieri, ciarlatani,
saltimbanchi nel Medioevo”: prende Proven come esempio per descrivere il mercato (solitamente
dedicato a un santo). Durante la sera le guardi erano accompagnate da giullari che suonavano.

23 febbraio
Monologo scritto da Ludovico Ariosto. Questo ciarlatano ha una gran cultura, come il personaggio
storico di Antonio da Faenza. La prima parte del monologo sembra un trattato che spiega come
sarebbe nata la medicina e quale sarebbe la sua funzione. Antonio si presenta come filosofo e non
come ciarlatano: parla della nascita dell'uomo che in confronto agli altri animali si sente inferiore->
alcune specie volavano, cosa che l'uomo non poteva fare, altri animali si trovavano bene nelle
acque, altre potevano correre più velocemente e più agilmente dell'uomo. Si accorge di non avere
le stesse capacità fisiche degli animali, erano più equipaggiati. La prima riflessione fatta dall'uomo
è quella di aver scoperto la propria debolezza in confronto agli altri animali. Inoltre era più
soggetto a malattie e incidenti rispetto agli altri esseri, era più vulnerabile. La domanda che si pone
allora è il perché Dio abbia creato un essere così debole rispetto agli altri. Comprende allora che
ciò che distingue l'uomo dagli altri animali è l'intelletto -> Dio avrebbe creato l'uomo debole
perché si sviluppasse il pensiero, cosa che agli altri animali non serviva perché fisicamente dotati.
Perciò la prima cosa che l'uomo deve creare e sviluppare è la "medicina", ovvero tutto ciò che
potesse colmare le debolezze dell'uomo. Dio perciò avrebbe creato una varietà enorme di erbe e di
sostanze per aiutare l'uomo nella sua "ricerca medica". A questo punto l'arte medica viene
glorificata infatti il ciarlatano non si presenta come un uomo che racconta storie ma come un uomo
che ha studiato, fa una vera e propria lezione scientifica. Dice che la scienza per eccellenza e la più
importante è la scienza medica in quanto la più necessaria per migliorare e prolungare la vita
umana. A partire da questo momento il mondo dei ciarlatani cambia e si fa più preciso e
scientifico. Alcune ricerche scientifiche verranno mostrate a pagamento dai ciarlatani a partire dal
1700. In seguito racconta una storia sulla nascita della medicina: il dio della medicina era il dio
greco Asclepio, un serpente. Racconta che la medicina sarebbe nata in Italia, in Grecia e in India
dagli attuali maestri di yoga da persone che giravano alla ricerca della conoscenza. Al discorso
scientifico si unisce una visione culturale e scientifica di questo medico. Poi il ciarlatano dice che ha
fatto tutti questi discorsi per difendersi contro una "falsa opinione che per colpa degli invidiosi è
stata impressa nella mente della maggior parte degli uomini" -> "che i medici che girano per diversi
posti e esercitano la loro professione in pubblico, come lui, siano di poco prezzo". Si pensava, gli
intellettuali, aristocratici, i medici patentati, che questi medici che lavoravano in piazza fosse un
medico falso e perciò questo ciarlatano vuole proteggersi dalle accuse. Pensavano che i ciarlatani
vendessero parole. Ludovico Ariosto vuole farsi portavoce di questa idea ovvero che i ciarlatani in
realtà aiutavano realmente il popolo e che non volevano ingannare i poveri ma che al contrario
volevano mettere in pratica i saperi degli antichi e spargerli per il popolo. A questo punto tira fuori i
suoi documenti per indicare che era un vero medico (era un medico che si era tolto il camice per
fare il ciarlatano). Chiama in causa la dinastia Estense per assicurare che era un vero medico. In
seguito cita dei documenti che sono veri in quanto sarebbe facilissimo scoprire se fossero falsi.
Viene citato uno dei parenti del duca di Ferrara: gli venne dato da questo duca il titolo di medico,
poiché dovette allontanarsi da Ferrara dopo la laurea fece dipingere un gonfalone (drappo di tela
dipinto posto su un bastone che illustravano al popolo le imprese compiute dal protagonista del
drappo) per testimoniare le sue eccellenze. Da questo periodo i ciarlatani si presentano con drappi
e stendardi per far capire alla gente che medico si trovavano di fronte, era uno strumento di
propaganda. In epoca più tarda i palchetti dei ciarlatani erano ricchi di illustrazioni per
impressionare e comunicare con il popolo, anche chi non sapeva leggere. A questo punto parla dei
suoi successi in Europa, soprattutto nei luoghi che erano più cari alla corte di Mantova e Ferrara. Il
tema successivo è il tema già visto nell'erborista di Rutebeuf, cita Niccolò da Lonigo dicendo che
era stato un suo allievo. Prima di morire Nicolò gli avrebbe detto la segretissima composizione
chimica della sostanza per cui era diventato famoso, l'elettuario vitae, ricercato prima da Galeno e
poi da altri scienziati che avrebbero trovato la ricetta ma non era sicuro. Lui invece avrebbe trovato
questa ricetta ai fratelli del duca di Ferrara che regnava al tempo di Ludovico Ariosto. Tutti e tre
morirono dopo gli ottant'anni grazie a questa medicina prodigiosa. Sarebbe una medicina di corte
ma questo ciarlatano la prende e la vende sulla pubblica piazza, cosa completamente
rivoluzionaria. Qui il divertimento è dato dal fatto che la società aristocratica ritiene questi
ciarlatani delle figure strane in quanto vende a poco prezzo ai poveri una medicina riservata ai
nobili. A questo punto per la prima volta il ciarlatano indica la posologia della sua medicina, che ha
una funzione immunologica, che va presa all'alba e poi bisogna dormire un'altra mezz'ora. Va presa
da aprile a metà Maggio e va sciolta in un brodo di pollo non salato. Bisogna inoltre seguire le
indicazioni dei medici in caso si stesse seguendo una dieta per purificarsi. In seguito dice il prezzo
della medicina, non dice il prezzo esatto ma si sa che è una cifra bassa. Inizia ad imbonire il popolo
per far sì che comprino la medicina, dice che costa meno di quello che spende lui per produrla.
Costava un grosso (moneta di valore basso-medio) per bussolotto ("unità di misura") e dice che se
mai tornerà in quella città dovrà alzare il prezzo perché ora la vuole quasi regalare mentre quando
tornerà vorrà venderla.
In questo periodo la parola cerretano e ciarlatano vengono usate allo stesso modo, si diffonde la
parola cerretano per indicare sia coloro che mostravano false reliquie e sia chi faceva l'artista o il
medico di strada. La parola cerretano veniva usata per indicare un criminale che viveva per strada.
Nel secolo che è a cavallo tra il 1400 e il 1500 c'è un cambiamento radicale mondiale a livello
economico; in seguito alla scoperta dell'America una banca tedesca crolla nel giro di un giorno e
provoca una crisi economica che dura per decenni. Questa crisi è stata determinata dal crollo del
prezzo del metallo delle monete europee, oro e argento. I conquistadores spagnolo rovinano
l'Europa grazie alle loro razzie di oro e argento americano distruggendo tre imperi (inca…)
distruggendo l'economia europea. In quel periodo la maggiore potenza era la Spagna, nel corso del
500, la monarchia dichiara bancarotta per cinque volte in cinquant'anni. Dichiara di non avere soldi
per fare più niente scaricando la "colpa" sulla banca. Nel corso del 1500 l'Europa viene scossa da
questi avvenimenti, nei primi anni del 500 la cristianità si spacca. Martin Lutero attacca le tesi,
accuse contro la chiesa. Con quel gesto la frattura dei cristiani e tale da dare origine a 100 anni di
conflitti tragicissimi e installano nei territori della chiesa il terrore, frenando l'economia e
impedendo la libera imprenditoria. Dal 1520 l'Europa centrale è dominata da una guerra di
religione (i promessi sposi di Manzoni indica proprio questa situazione di disagio). Anche il mondo
dei ciarlatani e simili subisce l'effetto di questa situazione. La piazza diventa il luogo dove
affluiscono i nuovi poveri in seguito alla crisi economica spazzando via i vecchi cerretani (falsi
poveri...) e la gente non ha più voglia di dare l'elemosina. I nuovi poveri e disoccupati per vivere
cercano di inventarsi nuovi mestieri, perciò cambia la piazza e le attività che venivano svolte. Nel
mondo dei ciarlatani la nuova regola era quella di creare gruppi di ciarlatani (non si vive più da
soli), facendo sì che l'attività potesse essere più complessa. Era diventata una grande
manifestazione di spettacoli quella che circondava la vendita di prodotti medici. Nel 1585 viene
pubblicato un libro: la piazza universale di tutte le professioni del mondo (enciclopedia): pensa che
nella piazza si ritrovassero tutte le attività che l'uomo avesse imparato nel 1500. Quest'opera è
scritta da un frate che si chiamava da Tommaso Garzoni che veniva da Bagnacavallo, paesino
dell'entroterra romagnolo. Definisce i ciarlatani di piazza come persone che fanno una professione
come tutte le altre. Dal 1500 in poi negli archivi si trovano contratti di lavoro, i lavoratori avevano
bisogno di tutelarsi. Nasce l'attività dell'attore teatrale.

24 febbraio
Maestro Giovanni di Giovanni da Valenza, un ciarlatano di origine spagnola, venditore di una certa
polvere contro i vermi dei bambini, scrittura Pietro Paolo di Giovanni da Massa, in quel di Siena, di
professione cantore. Il cantore deve seguire l’erborista nelle sue peregrinazioni per le città italiane
per un anno intero e due volte al giorno deve salire sul palco per cantare favole e storie a lui note,
a richiesta del medesimo. Il prezzo totale pattuito è di sei fiorini, cioè 25 baiocchi al mese, più vitto
e alloggio. I rapporti tra i due saranno simili a quelli tra maestro e discepolo. Fuori servizio il
cantore è libero di esercitare a proprio vantaggio la professione di cantore, ma anche quella
collaterale di calzolaio, o altre attività. A questo punto è evidente che i ciarlatani si organizzavano in
maniera legale tramite dei contratti lavorativi.
Il primo contratto viene scoperto nell'archivio di Padova nei primi del 1900: è un contratto tra otto
persone che decidono di creare una compagnia teatrale, firmato il 25 febbraio 1545. Vogliono
creare una fraternal compagnia (tutti hanno gli stessi diritti e doveri), fraternale indica l'aspetto
economico, tutti avrebbero preso la stessa somma. Queste otto persone dichiarano i loro nomi: Ser
Mafio detto Zanin da Padova (pseudonimo) Vincenzo da Venezia, Francesco dalla Lira Geronimo,
Giandomenico detto...non tutti avevano nome e cognome, alcuni avevano un nome di battesimo e
il luogo da cui venivano. Zanin è un soprannome per Giovanni ma nel teatro indica colui che aveva
la maschera del servo (zanni). Francesco della lira vuol dire Francesco che è bravo a suonare uno
strumento musicale (di solito chitarra o violino, usati spesso). Alcune persone provenivano da
famiglie nobili che avevano perso tutti i loro averi e facevano questo per guadagnarsi da vivere
(sapevano leggere e scrivere). Nel contratto si dichiarano a stare assieme fino al termine del
periodo del carnevale dell'anno successivo, un anno. È molto importante questo gesto di impegno
perché essendo in un epoca così particolare era difficile che otto persone facessero un sacrificio
simile. In seguito stabiliscono le regole di convivenza: Ser Mafio doveva decidere il luogo e la
commedia, sul piano economico saranno tutti uguali-> prenderanno una casetta con un lucchetto e
due chiavi: dovrà restare chiusa per tutto il periodo per cui staranno assieme e tutte le sere
verseranno tutto quello che avranno guadagnato perché da lì in poi tutti gli spettatori pagheranno
un biglietto di ingresso. Gli spettatori erano tenuti a pagare la moneta più bassa corrente in quel
luogo. A loro infatti interessava la quantità e non la qualità. I preti si arrabbieranno perché non
c'era nessuna distinzione tra gli spettatori. Una volta finito il ciclo di rappresentazione la cassetta
verrà aperta e il suo contenuto verrà diviso in otto parti uguali. La fine del ciclo coincide con l'inizio
della quaresima perché il periodo di carnevale (allora da dicembre alla quaresima) era libero: la
chiesa permetta a di fare qualche peccato. Inoltre se uno di loro si ammalasse sarà possibile aprire
la cassetta e sarà possibile prendere tutti i soldi necessari per curarla. Nel caso che quella persona
non potesse continuare l'attività la compagnia si impegna a portarlo nel suo luogo di residenza a
spesa del gruppo. In più gli otto non potevano giocare d'azzardo tra di loro per evitare la nascita di
astio nel gruppo. In quel tempo l'azzardo era molto comune e causava molte. Infine gli otto si
impegnano ad investire i loro pochi averi in un cavallo e un carretto per spostare le scenografie, i
costumi ecc. Questo contratto avvia nuovi concetti ancora usati adesso; l'attività teatrale era
un'attività per la quale si poteva guadagnare. Inoltre appena giunti in un paese si sarebbero
informati se qualche alto borghese o simile avesse una sala grande da poter affittare per un piccolo
periodo. Non esisteva nessun teatro e perciò ci si arrangiava in questo modo (teatro nelle stanze).
Queste sono le basi essenziali per creare un'attività economica che esploderà di lì a poco. I
componenti di questo gruppo erano tutti maschi per non offendere la Chiesa. Il capo della
compagnia, Mafio, ammette che era molto bravo sia ad interpretare parti maschili che femminili.
19 anni dopo viene redatto un documento presso una cancelleria di Roma: presenta una novità,
Lucrezia Senese è parte della compagnia ed è la prima attrice di cui abbiamo notizia. D'ora in avanti
tutte le compagnie saranno composte da uomini e donne in parti uguali. Questo segna una
rivoluzione culturale. La prima attrice che conosciamo diventerà capo della compagnia dei gelosi di
Venezia, proveniente da una famiglia borghese andata in malore. Invitata a recitare alla corte di
Parigi chiede un compenso esorbitante, muore nel 1604 e lascia in eredità svariati milioni di euro
attuali. Era una "diva". È una rivoluzione di incalcolabile portata. I gruppi di ciarlatani si allargano e
diventano compagnie vere e proprie di medicina e teatro.
Nell'autunno del? si apre il concilio di Trento che pose i pilastri del cattolicesimo romano. Il concilio
era stato aperto e dichiarato dai cattolici che volevano trovare un accordo con i protestanti, si
chiuse dopo circa vent'anni. Le comunità protestanti vennero esclusi così come i cattolici che
volevano trovare un accordo. Presero il comando i cattolici conservatori. Comincio l'epoca delle
repressioni delle eresie. Nacque un atmosfera tesissima che durò molto a lungo. La repressione si
esercito in primo luogo contro la cultura: era abbastanza recente la cappella sistema, desto uno
scandalo pazzesco perché la rappresentazione del giudizio universale di Michelangelo prevedeva
che tutte le anime fossero nude. Dopo il concilio venne assunto un pittore, "il braghettone", per
coprire tutti gli individui. Le pitture di nudo venivano perseguitate e bruciate, per gli scritti c'era
una commissione che redasse l'indice dei libri proibiti, lista dei libri non approvati. I restanti libri
vennero censurati. 17/7/1583 l'arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo guidò l'ultima fase del
concilio di Trento, si presentò nel duomo di Milano davanti ai fedeli per chiedere scusa di qualcosa:
si chiede a cosa sia servita tutta la censura. Vedi libro. Per zizzania indica lo spettacolo, dice di aver
creduto che tutta la cultura fosse la pittura e la scrittura ma non si sono accorti che era nato un
nuovo fenomeno, il teatro, che era diventata secondo lui la nuova arma del diavolo.
...Gian Battista Marino era un grande scrittore dell'epoca e nel Verraco da la sua opinione su
questo nuovo fenomeno...

29 febbraio
La commedia dell'arte inizia indicativamente nel 1545 in seguito al primo contratto di lavoro di otto
commedianti. Questa nuova arte si adatterà ai luoghi in cui si manifesterà ma tutte avevano alcune
caratteristiche fisse che rimarranno fino a quando non morirà la commedia dell'arte, circa a metà
del 1700. In Italia Goldoni segnerà questa fine con l'opera ... Viene criticata la commedia dell'arte e
viene elogiata la riforma imposta da Goldoni nel teatro. All'inizio del 1900 avvera la nascita del
mondo dello spettacolo attuale. Le caratteristiche erano: gli attori creavano compagnie teatrali per
esibirsi.
Compagnie di giro
Compagnie di stabili

7 marzo
Lasca è il primo letterato che esalta questa nuova forma d'arte.
Più avanti Torquato tassa ha una grande amicizia con Isabella Andreini, una delle più grandi attrici
del tempo di questa nuova arte. Tasso quando inizia a fare teatro non si può più rivolgere a buffoni
di corte ma a professionisti. A Firenze presso la corte dei medici negli anni 80 del 500, Francesco
primo dei medici cura la ristrutturazione di palazzo vecchio e delle strutture vicine al palazzo del
potere, palazzo degli Uffizi. Queste strutture le fece Bernardo Buontalenti (anche scenografo): creo
un complesso all'altezza delle aspirazioni dei medici. Agli Uffizi esisteva il teatro mediceo, una sala
adibita agli spettacoli ufficiali, potevano avvenire solo le rappresentazioni organizzati dal potere. In
tutti i lavori dati a Bernardo venne dato l'incarico di creare accanto a queste strutture dei piccoli
teatrini che potessero essere affittati dagli attori per i loro spettacoli a cui poteva assistere il
popolo. Era un luogo malfamato, teatrino di baldracca, perché sorgeva in un luogo in cui c'erano le
case di prostituzione, a ridosso di palazzo vecchio. Francesco I diede un compito un po' strano:
creare un corridoio che doveva unire il palazzo degli Uffizi al palazzo mediceo. Inoltre questo
corridoio era dotato di una porta che portava a una stanza con una finestra con le grate a buchi
piccolissimi dalla quale si vedevano gli spettacoli. Il gran duca considerava quegli spettacoli delle
buffonate che non avevano diritto di ospitalità nei palazzi del potere. Inoltre voleva controllare sia
gli spettatori che gli attori. A partire da quegli anni in alcuni stati alcune leggi volevano controllare
questa nuova arte. Nel ducato di Mantova e Monferrato il duca Guglielmo Gonzaga nomina Filippo
angeloni sovrintendente di tutte le attività della nuova arte e degli attori. Doveva supervisionare la
vita di queste persone, inclusi saltimbanchi e cerretani. Chiunque volesse esercitare la sua
professione doveva chiedere la licenza a Filippo. Inoltre quando queste persone andavano via
dovevano ripresentarsi agli uffici per informare che se ne andavano. In caso queste persone non si
presentassero agli uffici saranno spogliati di tutti i loro averi, sia personali sia della compagnia.
Queste proprietà sono divise in tre parti: una va al fisco del ducato, uno al magistrato che sentenzia
e....
9 marzo
Scala ha sostenuto che coloro che potevano creare questo tipo di arte potevano solo essere gli
attori. Nicolò Barbieri nel suo trattato sente la necessità di precisare questo dettaglio in rapporto a
Scala: non vuole dare lezione ma vuole solo parlare della sua professione e difenderla mostrando a
chi è mal informato come questa professione non sia né vile ne scandalosa (come sostenevano gli
ecclesiastici). Secondo lui la sua professione deve essere considerata onesta e non come una male
per il mondo. Inoltre per commedia intende la sua professione, portare sulla scena opere miste.
Vuole perciò eliminare dal discorso alcuni tipi di spettacolo come gli spettacoli dei ciarlatani nelle
piazze. Nelle sue opere non sono contemplate acrobazia, canti... Dopodiché spiegherà che il suo
lavoro mira a provocare piacere negli spettatori, inoltre questi spettacoli permettono allo
spettatore di conoscere cose nuove e importanti attraverso il divertimento. Anche Torquato tasso,
per quanto riguarda la Gerusalemme liberata, accostava il divertimento allo zucchero nelle
medicine. Nel primo '600 Cecchini afferma che tutte le professioni augurano il male per lavorare
(calzolaio, scarpe rotte, medico, malati) e solo l'attore vuole il bene per i suoi spettatori. Barbieri
riprende questo discorso in maniera seria. A chi critica gli attori vuole far capire che ci sono molti
mestieri che portano le persone a spendere per oggetti inutili (chi crea trucchi e prodotti simili, chi
crea armi...). Inoltre dice che non è perché le donne attuano negli spettacoli sono per forza delle
prostitute. Sta smontando tutti i luoghi comuni creati dalle critiche lanciate dagli ecclesiastici nei
confronti degli attori e della loro arte. Perciò la chiesa deve abituarsi ad accette qualsiasi
professione vecchia o nuova che sia, inoltre devono imparare che bisogna considerare la persona
per la sua integrità morale. Esistono anche altre attività artistiche come orafi, pittori, scultori ed è
giusto che anche gli attori vadano inseriti in quella lista. Barbieri cerca di tracciare i confini di
questa nuova professione. Spesso venivano usati dei dispregiativi per indicare questa professione
come ciarlatani, mimi ecc. Barbieri cerca per primo di spiegare la differenza tra buffone e attore:
paragona alla differenza tra l'essere realmente e il fingere di essere qualcosa. Il buffone è
realmente buffone mentre l'attore rappresentando una parte ridicola finge di essere buffone
perché la commedia è tutta finzione. Fare l'attore significa giocare ragionevolmente finzione,
mostra se stesso sulla scena ma anche una marionetta: il pubblico crede di avere davanti a se due
entità diverse. Il buffone non vuole questa consapevolezza, vuole che il pubblico pensi che chi ha
davanti sia un vero buffone, è pronto a perdere la sua dignità. Goldoni nel 1750 racconta che
nell'arena di Verona gli "attori" si esibivano al pubblico in una piazza pubblica che nonostante
facessero ridere al pubblico, questo li insultava pesantemente e li disprezzava. Inoltre parla di san
Carlo Borromeo che nelle sue prediche utilizzava termini come mimi per indicare gli attori, ma non
era proprio così.
Durante lo scontro tra l'invincibile armada e la flotta inglese, gli inglesi si presentarono con le navi e
le bandiere tipiche dei pirati, colpendo la flotta spagnola in maniera nuova e diversa. Vennero
chiamati corsari, marinai a servizio della GB. Si differenziavano dai pirati perché loro si limitavano a
fare razzie. Barbieri fa un paragone con gli attori: ci sono quelli che hanno a cuore il pubblico e
quelli che fregano i soldi del biglietto senza offrire alcun insegnamento. Se per lui la chiesa fosse
onesta dovrebbe prendersela con i secondi ma tutto questo discorso è tirato perché barbieri voleva
difendere gli attori. Barbieri dice che si volevano dare regole uguali a tutto il paese quando in realtà
le abitudini erano molto diverse.
Barbieri parla anche degli scritti prodotti dagli attori:
- Orazione, di Adriano Valerini - un attore che recitava l'innamorato. Morte di Vincenza Armani,
una delle prime grandi attrici che morì improvvisamente nel 1570. Adriano era suo compagno e
amante. Voleva dichiarare che non era una donna bensì una diva (divismo). Era bellissima da
vedere, bravissima come artista ma soprattutto era divina perché se una persona sapeva guardarla
nel modo giusto, sapeva fruire giustamente della sua bellezza fisica e non disgiungeva il corpo alla
sua intelligenza costui poteva relazionarsi ad un mondo superiore (Platone -> mondo delle idee,
per lui l'amore essere solo atto sessuale o per accrescere la dimensione spirituale degli individui
coinvolti). Perciò se la donna è una grande artisti può provocare le stesse sensazioni di cui parlava
Platone. Una donna simile ha diritto ad essere definita divina (diva)
- Nel 1604 il marito di Isabella Andreini e il figlio celebrano in modo molto particolare questa
donna. Coniano tre tipi di medaglie per commemorare la morte della donna (oro, argento e
bronzo) a Lione. Partecipò molta gente. Sulla medaglia c'era Isabella rappresentata come una dea e
nell'altra faccia c'era la dea fama rappresentata con in mando due trombe, la destra porta alla
bocca la tromba e con la sinistra abbassa l'altra. Isabella si è comportata come la dea: ha portato in
alto il nome delle donne nella commedia e ha messo a tacere tutte le maldicenze. Viene creato il
mito della donna diva.
- Nel 1601 Tristano Martinelli scrive un libretto e lo pubblica a Lione fatto in parte da scritte, in
parte da figure e per la maggior parte da pagine bianche. Lo scrive con un editore inesistente p, un
editore dell'aldilà. Nella prima pagina si dice che è dedicato ai due re di Francia del momento. È
scritto in parecchi dialetti. Arlecchino dice che l'ultima volta che aveva recitato a corte gli avevano
promesso una collana d'oro e una medaglia è che se non li avesse ricevuti non avrebbe più recitato
davanti a loro, scherzando. Lo scrive per...

14 marzo
1585: "lettere"
Alberto Naselli (zan ganassa) è uno tra i primi esponenti dell'emigrazione degli attori, si reca prima
a Parigi e prosegue in Spagna dove porta con la sua compagnia la commedia dell'arte italiana. In
un'opera (?) lo zanni dice di essere al suo padrone che qualcosa è andata male, è morto un suo
amico molto caro: uno dei pidocchi che infestavano i servitori. Sotto c'è anche un problema di
sanità ma non era un problema allora per il teatro)
Compagnia dei gelosi guidata da Isabella Andreini, veneziana, Francesco Andreini fece prima
l'innamorato poi il capitano, quando divento più vecchio. Uno tra loro era di origine emiliana e
interpretava il dottor Graziano, Ludovico de Bianchi. Ci lascia un libro breve che raccoglierebbe una
campionatura delle sue abitudini espressive sul palco (?). La figura del dottore rimarrà legata al
nome di Balanzone.

15 marzo
Da Plauto deriva uno schema di commedia...erano storie di personaggi borghesi dell'antica Roma
con una famiglia e la servitù. C'erano conflitti destinati a rimanere nei limiti imposti, non sfociavano
mai nella ferocia. Al centro della tematica c'era il conflitto tra padri e figli e i servi dovevano
sbrogliare la matassa e di solito si schieravano dalla parte dei giovani. La commedia del
rinascimento prende questo modello è lo riadatta ai tempi in cui viene scritta: vengono messi in
scena mercanti, intellettuali e le condizioni sociali del '500. Molti contadini in quel tempo
abbandonano la campagna per andare in città a fare manovali o servitori. Di solito la storia
riguardano due giovani che si amano che però sono ostacolati e vengono aiutati dalla servitù, la
storia finisce solitamente con il matrimonio dei due giovani. Alessandro Piccolomini ha pensato di
catalogare tutti i tipi di personaggi che possono comparire in una commedia e perciò ha fatto un
catalogo di tutti i personaggi in base alla condizione sociale e alla relazione con gli altri personaggi.
In seguito cerca di capire di cosa parlano solitamente questi personaggi al di fuori della commedia
e cataloga anche questo. Fa un esempio su 2 giovani che si amano: dichiarazioni di amore,
opinioni, gelosia, lasciarsi...in seguito, partendo da questi cataloghi, ha svolto tutti i temi per offrirli
agli attori che devono inscenare le commedie e agli scrittori di commedie. Non sappiamo perché
abbia fatto questa cosa e se qualcuno abbia collaborato con lui o messo in atto questo progetto. In
realtà questo è quello che facevano già gli attori. Inoltre dichiara che aveva già composto alcune
centinaia di questi pezzi e li aveva riposti in un baule in casa sua, come se fosse stato un archivio.
Un giorno, tornando a casa, non trovò più il baule e sostenne che qualcuno l'avesse rubato. Infine
dichiara all'amico di averlo voluto tenere segreto per poi esporlo in grande stile e dice all'amico di
avergli rivelato il segreto perché almeno qualcuno sapesse la verità. Afferma quindi che il teatro
dell'improvvisazione l'ha inventato lui e che qualcun altro se n'è preso il merito.
Una dichiarazione di Domenico Bruni, faceva parte della compagnia dei confidenti di Flaminio
scala. Attorno al 1520 scrive una serie di pezzi come quelli di Piccolomini, fa una raccolta di
prologhi che lui e i suoi compagni potevano scegliere per iniziare il discorso. Sono temi curiosi e in
particolare uno: si immagina che la compagnia in questione scelga una giovane attrice che faceva
la servetta (seczi), questa dovrà dire che farà la servetta e poi dovrà dire che lo fa perché lei era
entrata nella compagnia con il pensiero di fare la prima donna e invece faceva sempre quel ruolo e
inoltre faceva la servetta anche fuori dallo spettacolo per gli altri attori. Inizia a spiegare la sua vita:
la mattina la diva le chiede l'innamorata fiammetta di Boccaccio dedicata a rievocare gli amori dello
scrittore verso Fiammetta. Ricciolina, la servetta, dice che pantalone le chiede le lettere del calmo,
un'opera di Andrea del Calmo. Quello che deve recitare il capitano chiede le bravure del capitan
spavento di F. Andreini. Lo zanni chiede "le astuzie di Bertoldo", un ciabattino bolognese che si
converte in cantante di piazza a causa della crisi, era un compositore di canzoni che vendeva al
pubblico i testi di queste canzoni, il “Fuggilozio”, brani divertenti, e le ore di ricreazione, testo
simile al precedente. Graziano, il dottore, chiede le “sentenze dell’Eborente”, un libro di
giurisprudenza. In sostanza la servetta dice che oltre a recitare deve anche fare la servetta dei suoi
compagni rispettando i modi di essere degli altri.
Il secondo monologo è comico e si risolve nel fatto che il tizio celebra come avrebbe capito bene
l'insegnamento elencando un'infinità di libri ma evidentemente non ha capito niente. Pensa di aver
capito tutto perché pensa di saper padroneggiare la grammatica, la sintassi, la retorica, la filosofia,
l'etica...inoltre cerca di dissuadere la credenza degli ecclesiastici che tutti gli attori non fanno
niente tutto il giorno elencando altri libri perché gli attori leggevano e lavoravano molto. Dice che
molti traducevano libri stranieri, molti inventavano, amplificavano, mettevano in scena ciò che
avevano letto sui tutti quei libri. Quelli che facevano la parte dell'innamorato leggevano testi, dice
che questi attori che leggendo un libro impareranno a memoria dei pezzi che magari citeranno
negli spettacoli e dovranno allora fare attenzione a legare queste citazioni alla loro improvvisazione
sia per quanto riguarda l'oggetto della citazione sia per quanto riguarda lo stile. Inoltre dovranno
addestrare la memoria. Alla fine del '400 venivano pubblicati dei libri con delle tecniche di
apprendimento per aiutare i lettori, e in questo caso gli attori, ad imparare a memorizzare.
Insegnavano a collegare le immagini alle parole da imparare. Giordano Bruno era maestro di
questa arte. Non usavano la memoria meccanica per imparare ma avevano esercitato la memoria
dei collegamenti creativi. La memoria si esercitava inizialmente leggendo molto e in seguito con i
collegamenti creativi. Nel 1699 viene pubblicata un'opera di un uomo di teatro, Andrea Berrucci,
un napoletano direttore nel teatro più importante di quel tempo, appassionato anche al teatro
delle piazze. Scrisse un manuale che insegna alla gente le tecniche della recitazione. Questo
manuale è diviso in due parti: recitare premeditato e all'improvviso, in questa seconda parte da
spiegazioni molto importanti e dichiara che improvvisare non è creare dal niente bensì è un modo
di fare arte sulla base di tecniche diverse dai testi da imparare a memoria. Fa un elenco di
accorgimenti per improvvisare e ricorda che attraverso la lettura dei testi l'attore deve crearsi un
taccuino di appunti per riordinare tutte le idee. Inoltre dà anche la formula con cui si prepara uno
spettacolo. Il direttore sceglierà un canovaccio, radunerà la compagnia e discuterà sul canovaccio
per capire come metterla in scena, poi ogni attore si ritirerà e studierà dai suoi appunti cosa
potrebbe essere utile per quel canovaccio, poi si radunano e si confrontano su ciò che hanno
pensato. Infine si è pronti per andare in scena per far sentire al pubblico che lo spettacolo è (quasi)
improvvisato.

22 marzo
Tirso de Molina scrive "Don Giovanni", brano che ispira l'inventore di Arlecchino, Domenico
Biancolelli. Nella sua opera Catalinón, il servitore, viene sostituito da Arlecchino. TRAMA. Alla corte
francese, dove venne fatto lo spettacolo, ne viene presentato uno stravolto. Nel secondo atto,
quando don Giovanni e il servitore naufragano, Arlecchino dice di essere stremato dall'acqua e
cerca il vino. Nel Don Giovanni di tirso l'uomo è svenuto sulla sabbia ed è già tra le braccia della
figlia di alcuni pescatori. Arlecchino dice che anche lui vorrebbe essere salvato da una "barca"
simile. Poi si alza il camicione per strizzarlo e dice che un pesce si è attaccato al basso ventre. Tra gli
spettatori ci sono anche il re e la regina. Poi ringrazia Nettuno per averlo salvato. Dopo il concilio di
Trento era vietato nominare il nome di dio ma non quello degli dei pagani. Fino a questo punto don
Giovanni sembra non comparire. I due iniziano ad amoreggiare e per spostare l'attenzione su di lui
dice di voler far scoppiare le vesciche piene d'aria, facendo rumore festeggerebbe lo scampato
pericolo. Quando i due si allontanano Arlecchino rimane solo sulla scena e dice che compiange la
pescatrice e che quando don Giovanni finirà all'inferno cercherà di sedurre anche la regina degli
inferi. Al risveglio della pescatrice don Giovanni non c'è più e lei si dispera. A questo punto
Arlecchino le dice che non è l'unica donna a cui ha fatto tutte queste promesse di matrimonio e
srotola una lista a cui deve aggiungere anche il suo nome. A questo punto srotola la lista
lunghissima tra il pubblico e, rivolgendosi al pubblico, chiede di controllare che non ci sia qualche
loro parente. Proprio per queste battutine rischiavano molto e perciò un giorno arrivò la polizia a
prenderli e incarcerarli perché avevano preso in giro l'ultima amante del re a cui lui teneva molto.
Anche i ciarlatani iniziarono a fare anche questi tipi di spettacoli. Prima di tutto, dopo secoli, lo
stato inizia a riconoscere i ciarlatani come figure che lavorano come tutti i lavoratori. Vengono a
patti: viene regolarizzata l'attività. La maggior parte della popolazione si rivolge ai ciarlatani
quando sta male perché non ha soldi e lo stato non vuole pagare. Questo mestiere viene
riconosciuto per la prima volta nella metà del 1500 a Firenze.
30 marzo
Iacopo coppa appartiene a una categoria particolare di ciarlatani. Si dividono a seconda delle
aspirazione è a seconda dei rapporti che intrattengono con le diverse classi sociali. Coppa pubblica
il testo dell'Ariosto dopo la morte del poeta perché evidentemente si riconosce in quello che aveva
scritto. È una sfida con i medici ufficiali fiorentini, vince questa sfida e quello che ci è arrivato
riguarda il suo comportamento alla vincita. Celio Male Spini scrive che coppa era un medico
modenese ma lavorava come tutti i ciarlatani sulla piazza. Aveva una particolarità: portava con se
uno stendardo, simbolo dei ciarlatani altolocati. Siamo in un'epoca nella quale chi è potente si
circonda di immagini per ostentare il loro potere. Quando una persona importante andava in una
città, questa cambiava aspetto proprio per celebrare la potenza della persona in questione (si
cambiavano anche le facciate delle case). Anche nel caso dei ciarlatani succedeva questo a partire
dal 1500, per celebrare il suo trionfo sui medici ufficiali di Firenze coprirà di pannelli la città per
mostrare questo trionfo. È una novità. Poco dopo ci saranno ciarlatani che ripeteranno questo
gesto ma in versione popolare, non spendevano molto anche per far capire alla gente che
esercitavano la medicina in maniera disinteressata e non per soldi. Male spini descrive una delle
immagini di coppa: una donna nuda con una lingua nella mano sinistra e un coltello nella destra
che simboleggia la bugia. In quel periodo c'erano molte immagini simboliche catalogate in
cataloghi e pochi erano in grado di capirne il significato. In questo caso viene raffigurata la
menzogna perché coppa ha vinto la maldicenza e che così come si mostra è. Simboleggia la
menzogna punita (la bocca/lingua). Veniva rappresentata una divinità o donna nuda che
simboleggia la purezza e la verità assoluta, ma qui siamo davanti alla verità violata perché porta in
mano i segni del suo peccato. Questi stendardi erano i suoi biglietti da visita. Un giorno coppa va a
Firenze, dice Male Spini, e entra in confidenza con il gran duca di Toscana curando la sua cagnolino
è forte di questo coppa lancia la sua sfida: chiede al duca di organizzare una sfida tra lui e i migliori
medici. Questa sfida la vince perché i suoi pazienti, ritenuti incurabili, guariscono. Male Spini dice
che coppa non iniziò la sua attività fino alla vittoria della sfida e inaugura la sua attività in maniera
clamorosa: sparge la voce dell'inizio della sua attività in seguito alla sua vittoria. Coppi aveva,
essendo molto astuto, fatto chiudere con alcune tele gli archi nella loggia, creando una sorta di
teatro di alto borgo. Dietro a questo sipario erano stati allestiti dei grandi cartoni dipinti (si insiste
sulla grandezza della scenografia). Questi cartoni erano dipinti con un gioco di chiaroscuro: un
asino, una pecora, due castrati e una cagna levriera. L'ultima era la cagna del duca guarita da
Iacopo coppa. Questi cartoni erano disposti in maniera che la cagna serbasse che latrasse
fortissima verso le altre figure perché quegli animali rappresentavano i medici che avevano
partecipato alla sfida e che erano stati chiamati dal duca per curare la cagnetta. Così fa una
derisione dei medici più importanti di Firenze. Vicino a queste figure viene dipinta una montagna
costituita da un insieme di vesciche di animali gonfiati, simbolo dell'intera classe medica Fiorentina
laureata. Tutto ciò per far capire che lui era migliore di tutti loro, se lo può permettere grazie al
favore del duca. In mezzo a questi cartoni c'era un bancone coperto da bellissimi tappeti,
trasfigurazione dei banchetti su cui salivano i ciarlatani. Si dice che il tappeto era stato prestato dal
duca è messo "sotto i piedi". Aveva una lunga veste di velluto nero, abito dei medici altolocati, con
una catena al collo donata dalla gran duchessa in segno di riconoscenza per aver curato la
cagnetta. Non avrebbe potuto vestire quel l'abito secondo la legge perché non aveva la condizione
di medico ufficiale. Si presenta con uno scettro d'oro in mano, come se fosse la figura di una
maestà. Attorno a Iacopo ci sono tre stendardi che riproducono le concessione fatte a coppa dalle
massime autorità, ovvero il privilegio concesso dal pontefice, dalla repubblica di Venezia e dal gran
duca di Toscana. Sono gli emblemi Delle tre più potenti figure in Italia: il papa, lo stato libero di
Venezia e uno stato semi libero ma importantissimo ovvero Firenze. Tutto ciò avviene mentre
calano i tendaggi che coprivano tutto e nel mentre suonavano anche le trombe. Si dice che
accorsero 10000 persone attratte dalla curiosità. Il ciarlatano prende la parola: disse tante parole
che non si possono né ripetere ne immaginare, ovvero non fu una scena muta accompagnata dalle
trombe, bensì un imbonimento vero e proprio. Intorno al 1750 si parlerà di ciarlatani illustri e
ciarlatani generici. Questi ultimi erano i più numerosi, non avevano molti soldi e lavoravano con gli
attori.

Tommaso Garzoni nato a bagno cavallo in Romagna. Scrive "l'ospedale dei pazzi incurabili"
(manicomio) che dovrebbe essere il quadro dell'umanità. Era un prete che si interessa di cose a cui
un prete non dovrebbero interessare, fu quasi denunciato per eresia. Scrive "la piazza universale di
tutte le professioni del mondo". Si sente il bisogno di definire il quadro delle professioni presenti
allora. Pubblicato a Venezia nel 1585. Negli anni successivi vengono ristampate. È un volume di
circa 800 pagine di una scrittura espressiva è molto mossa. Antecede il testo un indice delle
professioni in cui non compare il nome di ciarlatano. Alla fine del 1500 rimane la parola fissa
ciarlatani per indicare questo mondo. Li indica con diversi modi e bisogna cercare "dei formatori di
spettacoli e ciurmatori". Per lui quello che distingue i ciarlatani moderni e il fatto che sono
formatori di spettacoli. Ci obbliga a fare una premessa: dove stanno quelli che noi consideriamo
persone che fanno spettacoli? Li inserisce sotto titolazioni differenti: per lui è gente di spettacolo
anche gli illusionisti, ma li mette sotto la categoria dei maghi da perseguitare perché devoti
all'eresia. All'interno della categoria "dei comici e dei tragedie così autori come recitatori" così
come gli istrioni, intesi come quelle persone che fanno spettacolo.
C'è chi vende allumi di rocca per creare stoppini eterni. L'olio dei filosofi e la quintessenza per farsi
ricchi, è una versione popolare di un ramo illustre del sapere umano, ovvero l'alchimia. Vendevano
olio di tasso per le freddure (geloni), pomata di grasso di castrone per le ferite, curate con prodotti
naturali. Unguento da rogna per far buona memoria, sterco di gatta o di cane per cerotto contro le
ferite, una volta si curavano così le ferite anche dai medici ufficiali. Impasto di calcina per far
morire i topi, molto presenti, la lotta al topo era quotidiana. Bracieri di ferro per chi era amputato o
rotto. Specchi per accendere il fuoco, per concentrare la luce sulla paglia. Occhiali per far vedere al
buio. C'erano gli sputa fuoco. Chi si lavava il corpo con il piombo liquefatto, chi tirava fuori dalla
bocca una corda lunghissima, chi soffia dentro un vasetto per far uscire una polvere particolare sul
volto di qualche suo aiutante.
Sembra la descrizione di una fiera, un mondo di piazza dove tutti si affollano per campare la vita.
Lo scrittore vuole fare una ricerca di questo mondo anche se non ci crede molto a queste persone
e che anzi tutte queste persone vogliono fregare il prossimo. Secondo lui questo è un quadro
riassuntivo della ciarlataneria moderna.
Scrive: ecco che da un angolo della piazza spunta Paolo da Arezzo con uno stendardo dove tu vedi
da un lato l'immagine di San Paolo con la spada nella mano e dall'altro delle bisce che dovevano
spaventare chi le vedeva. Questo uomo viene da una credenza del Medioevo che San Paolo curava
i morsi dei serpenti con un miracolo. Si vendeva la terra di Malta come cura per questi morsi. In
questo caso viene citato costui che cita l'immagine leggendaria di San Paolo. Questo alza il
banchetto, pianta lo stendardo e mostra dei serpenti che riesce a domare. Bastava mescolare
quella terra con l'acqua, berla e sarebbe stato immune ai serpenti.
4 aprile
Vicino al ciarlatano c'è sempre un baule, il magazzino delle merci. Un arredo indispensabile per
ogni ciarlatano. All'apertura del contenitore si crea un momento eclatante per alimentare la
vendita: in questo caso il ciarlatano tira fuori due o tre serpenti per spaventare la folla e indurli a
comprare il contravveleno (terra di Malta). Era molto facile vendere qualcosa che in realtà era una
falsificazione, soprattutto la terra, e perciò si propose di istituire una autorità a malta per vigilare su
questa cosa. A questo punto inizia la storia di come ha preso questi serpenti. Si racconta che in una
zona boscosa vennero prelevati questi serpenti nel momento della raccolta dei contadini, questo
per far spaventare i contadini. Inoltre racconta di come ha salvato un intera città da questi serpenti.
Queste storie hanno intimorito la folla. Oltre a impaurire la gente intende anche farla divertire.
Come già visto nel l'episodio della ciarlatana, inizia uno spettacolino con una piccola cagnetta.
Inizia un altro spettacolo con una capretta.

6 aprile
Questo ciarlatano (Ramundo) interrompe il discorso fingendo di essere modesto. Dice di essere un
ciarlatano illustre, un grande medico e un gran letterato. Sfoggia la sua grande cassa in cui si
trovano gli strumenti del mestiere. Tutti i ciarlatani erano in grado di leggere e scrivere in maniera
discreta. Dagli scritti che sono rimasti si rivelano capaci di esprimersi con un'abilità degna di un
ciarlatano abituato ad imbonire le folle. Ramundo sembra un uomo saccente. Il modo in cui cura le
persone è "simpatico", è una marionetta impacciata perché l'intento di chi l'ha creato e far ridere.
Vincenzo Braca scrive all'interno della Farsa Cavallona, perciò il ciarlatano descritto deve far ridere
ed essere ignorante. Parla seguendo il cliché di Rutebeuf di quando un ciarlatano deve parlare. La
formula è sempre la stessa: rivolgendosi alla folla richiama l'attenzione. Dice alla folla che sa che la
gente sa che è un loro conterraneo. Ha studiato lì a Salerno. In quel tempo chi apparteneva alle
classi basse aveva un medico che curava tutto il popolo che molto spesso non sapeva cosa faceva o
addirittura uccideva il popolo. Per questo i ciarlatani erano ritenuti più bravi. Ramundo dice di
essere anche stato nominato medico condotto (assegnato dal governo ai paesi, non è un modo per
lodarsi). Dice di essere stato anche nominato grande letterato per affascinare il pubblico. Si
esprime in maniera popolaresca. Continuerà a vantarsi per altre 4-5 pagine. Aggiunge uno
strafalcione: dice che se ogni tanto sbaglia la fa per ignoranza. Sicuramente non voleva dire questo.
Aggiunge però che è il più grande dottore letterato. Lo dice per salvarsi dalla figuraccia appena
fatta. Dice di essere lì per aiutare la gente perché si è trovato per le mani un libro di chirurgia che in
realtà è di astronomia (in realtà e un almanacco). In seguito elenca una serie di libri che avrebbe
letto (anca inesistenti). In seguito elenca tutti i posti in cui è stato, pretende di essere stato in tutto
il mondo ma in realtà la maggior parte dei nomi sono paesino strade di Salerno e Napoli. In seguito
elenca una serie di animali veri e non che fanno cose improbabili

A Venezia viene pubblicato un libro che vuole denunciare gli errori che fanno parte integrante della
cultura italiana scritto da Scipione di Mercuri. Uno di questi è il fatto che gli italiani si fidano troppo
dei ciarlatani. Dalla seconda metà del 1500 i ciarlatani iniziano a offrire spettacoli sempre più
complessi, sotto il permesso delle autorità. Nel 1627 è stata trovata la richiesta di un ciarlatano di
Bologna che appena arrivato a Firenze chiede il permesso. È stato anche trovato qualcosa che
certifica l'esistenza sia delle grandi attrici della commedia dell'arte... Negli archivi di Firenze nella
sezione Avvisi (giornali) registra avvenimenti rilevanti della storia della città, alcuni parlano delle
attività degli attori e delle attrici che lavoravano con i ciarlatani. Nell'aprile/Maggio 1616 troviamo
un documento importante e clamoroso: un'attrice dopo la fine del suo lavoro, vittoria specializzata
nel canto nella danza e nell'equilibrismo e contorsionismo, si faceva accompagnare da 4 poliziotti a
casa. Faceva parte della compagnia dell'Orvietano, che prende nome dalla medicina che vendeva.
Questa medicina era molto venduta: era un tutto fare. Tanti sostenevano di essere stati guariti da
questa medicina anche se in realtà non aveva effetti. Chiede 4 guardie del corpo perché se no
sarebbe stata soffocata dalla calca del popolo che cercava lei in quanto grande attrice. È un
episodio di fanatismo. Inoltre ogni sera si facevano commedie realizzata da una compagnia di
donne e uomini che duravano fino alle 24, dopo che i ciarlatani contavano i loro guadagni. Se
fossero stati soddisfacenti avrebbe regalato al pubblico una commedia. Al centro di questo
spettacolo c'era l'attrice di prima, vittoria. Per la sua dolcezza fa intenerire e addormentare
ognuno.

Un uomo a partire dal 1620 stabilisce un banco da ciarlatano in Place Dauphine. Si esibisce dal
lunedì al venerdì nel pomeriggio e la fine del suo spettacolo consiste nella vendita della medicina. Il
sabato la compagnia offre una commedia. È conosciuto con il nome di Tabarin, che in seguito sarà
il nome di un locale dove si beveva e si assise agli spettacoli. Un medico dice di conoscere questo
medico che si chiama Tabarino e viene da Napoli. Questo signore tiene un ultimo spettacolo e
dichiara al pubblico parigino che non farà più spettacolo e attorno al 1630 si è ritirato in Campania
e questi documenti dicono che sarebbe stata assassinata da un gruppo di aristocratici parigini che
avendo saputo che era diventato ricco come loro era diventati invidiosi. Una raccolta di dialoghi e
farse indicherebbe che lo scrittore era Tabarin ma corretti e messi su carta da intellettuali che
avrebbero voluto rendere omaggio a lui. Nasce la scrittura Tabarinique in Francia.

26 aprile

Question: dal francese, modo di procedere che Tabarin usa nei suoi spettacoli. Consiste nella
domanda che pone a Mondeaur alla quale da una risposta molto lunga facendo sfoggio della sua
cultura, fa il sapiente e anche un po' noioso. La domanda che pone trova risposta in Tabarin stesso,
vuole fare fare brutta figura ai medici. E spesso connotata da qualche elemento osceno o erotico.
Tabarin si rivolge al Maestro (dottore patentato, Mondeaur): chiede perché le donne portano
sempre delle piccole croci al collo. Si parte da un elemento comune soprattutto a quei tempi,
Tabarin fa dei entrare questa cosa una specie di problema. Allora parte il maestro: si tratta di
un'antica abitudine pia, per rispettare un antico costume religioso, tu sai che le donne per natura
sono molto devote. Saprai anche che esse amano portare con se segni eloquenti della loro
devozione (qui si entra in un altro discorso, secondo gli intellettuali le donne sono anche un po'
vanitose). Il maestro aggiunge che bisogna anche dire che ci sono quelle che lo fanno solo per
ostentazione. Il maestro potrebbe andare avanti così fino all'infinito. A questo punto interviene
Tabarin che dice che questo non ha capito il punto della domanda: chiede se ha mai visto sulle
strada di passaggio le croci con la strada da seguire, le croci delle donne hanno la stessa funzione:
indicano la strada per la valle di Venere (battutina).
Ventarole: servivano a leggere i testi delle canzoni e anche a farsi vento nelle giornate calde della
pianura padana. Chi cantava recitava canovacci della commedia dell'arte per divertire il pubblico.
Molte canzoni di Giulio Cesare Croce (Tabarin italiano) ricordavano alle persone i giorni più
importanti del calendario o ciò che succedeva a livello religioso e politico, erano una specie di
giornale. Venivano ricordate le crisi economica, venivano messi a conoscenza del pubblico i fatti
quotidiani, non solo in quel posto. Tabarin e Giulio Cesare Croce sono due persone che sono
riuscite a diventare famose.
Gian Domenico Ottonelli è uno scrittore appartenuti all'ordine dei gesuiti vissuti dal 1585 al 1960,
era toscano. Ha lasciato molti scritti sui problemi sulla sua attività principale, altri hanno un
interesse più vasto perché era una persona molto interessata sul campo artistico, pittura scultura
architettura, e al teatro. L'opera principale che dedica al teatro è un insieme di cinque libri molto
ampli : della cristiana moderazione del teatro uscito nel 1646 e l'ultimo é pubblicato nel 1652. In
questi testi è stata fatta un'analisi della vita degli attori. L'ultimo della serie è dedicato a un mondo
inaspettato, il mondo dei ciarlatani. Si sente in dovere di spiegare, per lui essi sono principalmente
dei personaggi degli spettacoli, in quanto la loro attività principale è quella di fare spettacoli e non
vendere medicine. Dice che lui distingui i recitanti in due ordini: coloro che si chiamano
commedianti - nel 1650 non è ancora in uso la parola attore, si parla di comici, coloro che fanno la
commedia, oppure commedianti, altro modo di dire chi fa commedia - , sono quelli che attuano
nelle case o nelle sale destinate a questo scopo, questi lavorano al chiuso, elemento che li
contraddistingue, per vedere i loro spettacoli bisogna pagare il biglietto. L'altra categoria è quella
dei ciarlatani e questi fanno tutto o nel,e pubbliche strada o nelle piazza di concorso, lavorano
all'aperto. I due si distinguono per alcuni elementi: i ciarlatani pagavano un gruppo di persone che
andassero con loro per fare spettacoli nelle piazze. Ricorrono a dei trucchi per fare soldi quando
iniziarono ad assumere attori. Uno dei tanti episodi: un correligionario si trova nello stesso albergo
dove alloggiavano dei ciarlatani, parla con loro e la prima cosa che lo stupisce è che un ciarlatano
riesca a mantenere tutte quelle persone e allora il ciarlatano mostra come va. Era quasi ora di cena
e il capo manda le donne dall'oste a fare le "solite cose" per fare un grande paiolo di polenta. Le
donne si mettono a lavoro e quando è pronta e raffreddata la tingono di un rosso cupo. Allora
riempiono dei recipienti. Il giorno dopo invitano il frate a seguirli sulla piazza e offrono la polenta
come medicina. Riescono così a smerciare tutto è così il frate capisce. Il frate si sente in dovere di
fare una predica e il ciarlatano chiede come fa a mantenere tutte quelle persone, ottenendo
l'assoluzione. Questo fa dichiarare a Gian Domenico che se si vuole una visione completa di questa
mondo bisogna prendere in considerazione l'altra faccia della medaglia. I ciarlatani si servono della
commedia per attirare la folla, lo spettacolo non è fine a se stesso. Inoltre dichiara che esiste anche
una terza categoria di attori: chi fa spettacoli ma non si fa pagare, per piacere, sono i cosiddetti
dilettanti. Anche questa categoria si distingue per il luogo: o una reggia in cui risiede il potere
oppure i palazzi delle loro accademie, quei luoghi che hanno teatri ma in cui recitano gli
intellettuali senza essere pagati. In questo quinto libro si parla del modo dei ciarlatani di essere
medici. Per lui buona parte delle medicine offerte da loro sono realmente efficaci e non tutti
ingannano le persone. Per lui vanno deprecati nel momento in cui ingannano o fanno spettacoli
osceni. Parla con una certa simpatia dei loro spettacoli in quanto gli piacciono gli spettacoli. Inoltre
descrive cosa avviene nella maggior parte dei casi quando un gruppo di ciarlatani arriva sulla
piazza: portano con loro donne eleganti e ben vestite, che attirano l'attenzione, che esercitano la
stessa professione dei loro compagni uomini. Senza donne non otterrebbero nulla. Spargono la
voce di voler dare al pubblico dei segreti e offrendo ottime commedie. Inizialmente fanno
pubblicità e si fanno conoscere. La compagnia detiene il segreto di medicine segretissime. Vengono
offerti due prodotti al prezzo di uno. Fanno stampare fogli in cui vengono esaltate le loro capacità,
inoltre mandano in giro persone che urlano la notizia. Viene sottolineato il fatto che offrono
divertimenti senza farsi pagare. In seguito i ciarlatani scelgono il luogo più opportuno per costruire
il loro palcoscenico. È importante la posizione strategica del palco, generalmente durante le ultime
ore del giorno iniziava lo spettacolo, in seguito alla vendita della medicina. Costruivano il palco:
tiravano fuori travi che dovevano reggere una decina di persone, dovevano fare un palco a regola
d'arte. Non sappiamo dove tenevano tutto questo materiale e se lo costruissero loro. Si suppone
che l'arrivo dei ciarlatani desse lavoro ai cittadini del paese. In piazza san Marco a Veneziasi ha la
conoscenza di circa 10 palchi fissi che ospitavano spettacoli regolarmente. Una volta realizzato il
palco ogni ciarlatano sale sopra per fare prima il ciarlatano e poi il commediante. La sua attività si
divide in due parti: la prima parte consiste nella vendita della medicina e la seconda parte consiste
nella messa in scena della spettacolo. Ogni attore e attrice compare sul palcoscenico per iniziare ad
attirare l'attenzione del pubblico verso il banco del ciarlatano. Al termine del loro spettacolino si
fermano sul palco e alla fine arriva il capo della compagnia, l'arci-ciarlatano, il medico. É lo
spacciatore del segreto, con buone maniere comincia la grande lode del suo medicamento.
Concluso l'imbonimento, se verranno vendute molte medicine ogni attore offrirà una propria
medicina. Alla fine si avvisa il pubblico che sta per iniziare la commedia, si libera il banchetto e si
prepara la scenografia e ogni ciarlatano si trasforma in commediante. Lo spettacolo intero durava
circa due ore. I ciarlatani vengono accusati di essere osceni nei loro spettacoli. Era collegato ai temi
popolari e usava toni duri.

27 aprile
Per allettamento Ottonelli intende lo spettacolo che i ciarlatani offrono al pubblico e ci sono tre
categorie:
-Allettamenti meravigliosi: meravigliano la gente perché sembra che chi lo compie supera le
caratteristiche della vita(salti mortali, camminare su una fune, compiere prove di forza, oscillare
come un trapezista, manipolazione delle armi...) -> circo
-Allettamenti ridicoli: possono essere compiuti dal ciarlatano o dalle persone assunte da esso è
consiste nel raccontare fatti divertenti, fare smorfie...è divisa in sottocategorie 4:
ciarlatano ridicolo satirico: con le sua azioni fa ridere le persone facendo la caricatura di qualcuno o
fanno giudizi taglienti su qualche persona poco amata dal pubblico. Fanno satira
Ciarlatano comico ridicolo: fa il faceto, si limita a fare scherzi e a fare barzellette, non se la prende
con nessuno, fa ridere le persone. Ottonelli la preferisce alla satira
Ciarlatano buffonesco: ripete le tecniche antiche dei buffoni
Ciarlatano che fa leva sull'oscenità: vengono messi da perte in quanto Ottonelli li giudica male dal
momento che era gesuita
Ottonelli racconta un episodio: due ciarlatani che lavorano insieme si presentano al pubblico, uno
prova ad attirare la gente con qualche esibizione di vario genere e non ottiene successo. L'altro fa
qualcosa del genere ottenendo lo stesso risultato. Scendono perciò dal palco, fanno qualche passo
come se volessero andare via ma poi si fermano e si mettono a litigare tra di loro. Le persone
sentendo le urla cominciano ad accerchiare i due sperando di assistere ad una zuffa. I due
cominciano a guardarsi e a sorridere e dicono al pubblico che ci sono cascati perché in realtà non
stavano litigando
-Allettamenti comici: Ottonelli predilige questi. Equivalgono ad un vero e proprio spettacolo
organico, rappresentazione di vere e proprie commedie dell'arte di circa 10 persone che lavorano
insieme. Le tipologie più interessanti sono:
Teatro di figura, spettacoli che non hanno come protagonista persone in carne ed ossa ma
riproduzioni di figure ottenute in vario modo: teatro delle ombre o dei burattini. Chiama i ciarlatani
che usano le marionette o i burattini commedianti pupazzanti. Questi spettacoli sono rivolti a
spettatori di bassa età, bambini. Spiega come funziona questo spettacolo: ogni marionetta ha un
filo legato alla testa che serve per il movimento. Il commediante che lo metto in movimento non
deve essere visto dal pubblico. In più ha quattro fili di seta nera (mani e piedi) che servono per la
varietà dei gesti. Inoltre alcune compagnie possiedono più di 100 pupazzi. Un aspetto che colpiva il
pubblico era la capacità di presentare ricche scenografie, una persona teneva aperto il libro in cui
era presente il testo da recitare. Ogni riga era sottolineata di colori differenti per far capire
all'attore quando doveva cambiare voce. La sottolineatura rossa era la voce femminile, in azzurro le
voci degli uomini, il verde le voci dei personaggi che facevano ridere con un'intonazione buffa.
Quest'opera veniva letta da un solo recitante che era diverso da chi muoveva le marionette. Oltre
alla lettura c'era anche una musica di accompagnamento.
C'era un'altra categoria nuovissima di commedianti che per dimostrare le loro capacità usavano
macchine meravigliose che si muovevano da sole per forza di contrappesi nascosti. Il palco era così
costruito: sopra il palco erano scavati dei canali, non era una superficie lisce ma erano presenti
delle specie di rotaie. Sulle figure non sa molto in quanto questa tecnica gli è stata raccontata però
dice che avevano sembianze umane ed erano vestiti, che coprivano degli arti snodabili. Bartolomeo
Neri é un contemporaneo di Ottonelli a cui attribuisce l'invenzione di un teatro in cui per la prima
volta non agisce l'uomo ma la sola macchina. Rappresentavano opere sacre perlopiù cantate,
opere liriche di argomento religioso. A partire dal 1650 il mondo dei ciarlatani assume una
caratteristica nuova, si tratta di un mondo che anticipa scoperte scientifiche che l'umanità farà in
altri ambiti più avanti negli anni. Nel 1747 uno scienziato Svizzera che faceva l'orologiaio voleva
costruire il primo automa semovente e riuscì nell'impresa. Il primo era un androide che
riproduceva le fattezze di un suonatore di flauto traverso a grandezza naturale, passo alla storia
come "il flautista". Questa macchina riproduceva tutti i movimenti di un musicista e attraverso dei
soffi comandati riusciva a suonare lo strumento. Grazie a questa invenzione l'inventore guadagno
molti soldi. Questo automa fu presentato per la prima volta da un ciarlatano alla fiera di Saint
Germain a Parigi. Due giorni prima dell'esposizione un altro ciarlatano gli offrì molti soldi per
esporre l'automa clandestinamente ed egli accettò. Anche il cinema ebbe una sua manifestazione
nell'ultimo mondo dei ciarlatani (1895). Ottonelli da un quadro abbastanza prezioso dell'attività dei
ciarlatani. Ottonelli racconta un fatto storico avvenuto a Siracusa qualche tempo prima. Il vescovo
saladino governava quella città, un ciarlatano e la sua numerosa compagnia si presentò in città, le
quali attrici erano attraenti e libertine e questo provocò uno scontro con il vescovo. Iniziarono
l'attività in una pubblica piazza e si capì subito il pericolo delle loro oscenità in grado di corrompere
l'animo dei più deboli. Il vescovo decise di intervenire. Il vescovo ordinò di dire al ciarlatano che
doveva smettere di rappresentare quelle oscenità in modo gentile. Quando questo consiglio arrivò
al ciarlatano non lo ascolto. Il vescovo decide allora di replicare in maniera più dura ma non lo
ascolta. La terza volta il ciarlatano arrabbiato manda una risposta scritta al vescovo in cui dice che
le autorità civili gli avevano permesso di farlo e perciò lui non aveva alcun potere e lui rispose che
in 24 ore doveva lasciare la diocesi di Siracusa o il vescovo avrebbe preso il potere e lui sarebbe
stato frustato 24 volte sulla pubblica piazza. Il ciarlatano ha provocato una guerra tra il potere
politico e religioso. A questo punto il ciarlatano se ne andò. La vita del ciarlatano era anche una
vita di lotte. Alcuni decenni dopo nel 1710 verrà impicciato antonio sancarlino con l'accusa di
spettacoli osceni e eresia perché affermava che non esisteva l'inferno. Questo grande ciarlatano
era a capo di un gruppo eretico.

2 maggio
Buonafede Vitali: il ciarlatanesimo si avvia alla sua fine. 1700: Vitali è nato in provincia di Parma,
Busseto, nel 1686 e mure nel 1745 a Verona. La sua attività investe tutta la prima metà del 1700.
Nasce da una famiglia di padre nobile emiliano e madre borghese. Suo padre aveva un incarico
militare, ufficiale di alto grado a servizio dei duchi Farnese che regnavano su questo ducato. Vitali
ha studiato fino a prendere la laurea. Inizialmente era indeciso se prendere l'abito e i genitori lo
indirizzano a una scuola gesuita. Impara l'oratoria. Smette di voler essere uomo di chiesa e a
questo punto il padre fa una scelta. Il padre con la famiglia regnante litiga e si dimette e inoltre
insieme alla famiglia abbandona il territorio andando in Veneto diventando un ufficiale della
Serenissima.... Buonafede si trova a partecipare ad alcune battaglie insieme al padre ed è qui che
trova la sua vocazione: il medico. Si accorge che però c'è ancora un campo un po' arretrato: la
chirurgia. In quel periodo nasce la chirurgia moderna ma in Italia siamo ancora arretrati: a causa
dell'arretratezza degli studi e inoltre la Chiesa ostacola questa disciplina. La Chiesa condanna
chiunque ferisca un uomo operandolo perché il corpo è un dono di dio. Inoltre l'autopsia era un
sacrilegio. Allora vitali abbandona l'Italia per andare a Londra dove rimarrà per tre anni la quale
religione dominante era quella anglicana, un ramo di quella protestante. In questo paese può
studiare liberamente la chirurgia e incontrare i massimi esponenti di questa disciplina. In quel
periodo Londra viene colpita da una forte pestilenza. Si pensava che fosse dovuta alla corruzione
dell'aria o altre ragioni arcaiche. Inoltre si pensava che il contagio avvenisse attraverso il contatto
tra due individui. Si reca nei Paesi Bassi per studiare e si spinge in Portogallo dove i monarchi
riconoscono in lui uno sperimentatore molto bravo. Si diresse in Lapponia dove il governo russo gli
affida il controllo sulle miniere dell'estremo nord Europa. Diventerà uno dei primi esperti di acque
minerali e termali della storia. Per poco tempo assume l'insegnamento della medicina a Palermo e
nel 1714 prende una decisione: cambia nome e diventa ciarlatano. Vitali decide di abbandonare la
sua vecchia vita e spiega il perché in "lettera in difesa della professione del salimbanco" (libro).
Rifiuta la parola ciarlatano perché era diventata un insulto e vuole che venga sostituito con medico
empirico o più tecnicamente salimbanco, colui che sale sopra un banco. Spiega di aver fatto ciò
perché il dovere della medicina non è prendere soldi dai ricchi ma aiutare tutti, anche chi è senza
soldi. Rifiuta il suo nome e sceglie Anonimo, non ha nome perché il suo è solo un atto di servizio,
importa quello che fa. D'ora in avanti si firmerà come Anonimo. Dal 1714 fino a poco prima della
sua morte porta in tutta Italia la sua medicina e crea nuove medicine per chi non può
permettersele. Inoltre vendeva una cassettiera con 12 ampolle per il pronto soccorso. 12 rimedi
contro le 12 malattie più comuni e per questo divento famoso. Queste erano frutto delle sue
ricerche. Nella sua prima opera, dopo aver spiegato chi è il ciarlatano presenta un elenco di ricette
che regala a chi compra il suo libro. Accumulerà un capitale non indifferente. Inoltre diventa
celebre per gli spettacoli che proponeva. La sua vita si conclude in modo clamoroso. Negli ultimi
anni di vita si trova a Verona, dove scoppia un'epidemia di peste. Verso la metà del Settecento fa
parte dell'impero austriaco fino all'unita d'Italia. Le autorità locali si rivolgono a Vitali chiedendogli
se ha dei consigli per arginare l'epidemia. Chiede al governo che distribuisca gratuitamente delle
mele e che se ne cibino in grande quantità. Straordinariamente dopo poco tempo la peste viene
arginata grazie al fatto che il popolo avesse assunto molte vitamine in grado di irrobustire il fisico.
Vienna nomina protomedico dell'impero austriaco Vitali dopo aver scoperto questa cosa. Muore
poi nel 1745. È l'unico che decide di diventare ciarlatano nonostante fosse già un medico affermato
e provenisse da una buona famiglia. Vitali apre i nuovi orizzonti alla ricerca e può essere
considerato uno scienziato moderno. In quel periodo si passa da una medicina che era sempre
rimasta uguale a una medicina sperimentale che utilizza prodotti chimici. Quel mondo iniziò a
mischiarsi con la malavita. Nell'ottocento i ciarlatani iniziarono ad usare linguaggi in codici e si
avvia così alla sua fine.
I contenuti della sua prima opera trattano di due argomenti: come mai un grande scienziato si
trasforma in ciarlatano e continua ad usare lo spettacolo. Sulla copertina c'è anche il destinatario,
Scipione Maffei, che passa alla storia per la scrittura di Merope che ebbe un grande successo. Era
grande amico di Vitali e non riusciva a capire come mai i ciarlatani continuassero ad usare la
vendita di medicine insieme allo spettacolo. Con l'occasione di questo dubbio scrive la sua prima
opera. Traccia una sua idea di storia della medicina. L'altra questione è un incontro sul quale si è
taciuto per molto tempo: nel 1725 incontra a Milano Carlo Goldoni. Goldoni ci racconta in prima
persona nelle sue memorie come questo incontro lo abbia cambiato. Goldoni scrive: all'inizio della
quaresima arriva in città un ciarlatano (la città è Milano) appartenete a una specie rara. Afferma
che fosse di Parma (era di Busseto) e un gesuita (non è vero, aveva studiato dai gesuiti), disgustato
dal convento (falso anche questo). Dice che voleva fare il ciarlatano perché amava la popolarità e
siccome non avrebbe avuto tanta popolarità facendo il ricercatore, fece questa scelta
(interpretazione di Goldoni). Da quello che scrive si capisce che la presenza di Vitali gli crea qualche
problema perché non riesce a capirlo pienamente. Dice che Vitali era su un palco mentre faceva
sfoggio di retorica come tutti i ciarlatani e attorno a se aveva quattro personaggi della commedia
dell'arte( due servi e due vecchi) (primo e secondo zanni, pantalone e un dottore). Dice che Vitali
aveva anche la passione della commedia. Per la prima volta Goldoni ci parla della sua compagnia:
manteneva un'intera compagnia di comici, i quali dopo aver aiutato il ciarlatano a raccogliere i soldi
e a distribuire i medicinali, facevano il loro spettacolo. Erano aiutanti del ciarlatano. Facevano
commedie in tre atti, la sera, alla luce di ceri bianchi: la cera bianca era di alta qualità e permetteva
una luce più forte e una combustione più lenta. Vitali, pur lavorando nelle piazze, spende molti
soldi e cura molto i particolari tecnici dello spettacolo. Goldoni dice che i suoi spettacoli erano
sfarzosi: la compagnia non era delle più brave ma poteva contare su tre o quattro bravi attori. Il
signor Casati, primo innamorato, e il signor Luini li ritroverà nei migliori teatri di Venezia. Le tre
capitali dello spettacolo europeo erano Parigi, Venezia e Napoli. Inoltre all'interno della compagnia
c'era anche un compositore, uno strumentista e due cantanti. La compagnia aveva una dozzina di
componenti mantenuti tutti da Vitali. In pratica Vitali faceva l'impresario teatrale. Goldoni dice
inoltre che appena gli attori e le attrici scoprirono che lui aveva la mania di scrivere cominciano a
chiedere parti delle sue scritture e lui accetta, cadendo nelle mani delle attrici. Goldoni inizia a
scrivere per una compagnia di ciarlatani. Questo non compare negli scritti di letteratura italiana in
quanto si pensava che questo potesse nuocere alla rispettabilità. Goldoni era ipocondriaco e
scrisse a Vitali per trovare una corsa a tutti i suoi mali. Durante l'incontro Vitali gli offrì una
cioccolata calda e Goldoni allora capì che lo stava prendendo in giro e che obiettivamente non
aveva alcuna malattia. Era anche un buon psicologo come tutti i ciarlatani.
Nella sua prima opera tratta due problemi: chi sono i ciarlatani e perché fanno spettacolo. Per la
seconda domanda risponde che si diceva che per colmare le loro lacune facevano spettacoli. Vitali
invece dice che senza spettacoli la gente non li noterebbe e non bisogna confondere i due mestieri
di medico e attore. Vitali scriveva anche ma Goldoni diceva che era più bravo a parlare.
Probabilmente perché aveva scoperto una cosa. Giovanni Briccio, un autore poco noto del 1600,
aveva scritto "la negromantessa" e Vitali si limitò a pubblicarla con il nome di Anonimo.
Per lui i ciarlatani sono nati: traccia una storia che parte delle origini. Per lui all'inizio della storia
esisteva una sola categoria di medici in grado di curare gli altri: operavano negli antichi templi
pagani ed erano sacerdoti delle divinità. Poi in questa condizione ci sono stati dei cambiamenti,
alcuni sacerdoti hanno pensato di guadagnarci sopra e hanno cominciato di recarsi nelle case di chi
poteva permetterselo. Il nome dei sacerdoti era medici empirici, ovvero gente che fa esperimenti e
che studia sulle persone. I medici che abbandonarono questo per guadagnare sono i medici clinici
(dal greco stanza). I fondatori della medicina occidentale (Ippocrate e Galeno) erano dei traditori in
quanto avevano venduto i segreti dei medici originari per guadagnare. Coloro che non
guadagnavano venivano sempre più abbandonati e inoltre il cristianesimo proibì di esercitare nei
templi e allora iniziarono a farlo nelle piazze facendosi pagare il minimo, dovettero anche trovare
un modo per attirare la gente è l'unico che trovarono fu quello di divertirla offrendo un piccolo
spettacolo. Questa è l'origine della ciarlataneria. La storia di Vitali se la è inventata lui e non
possiamo verificarla ma è interessante il modo in cui la costruisce di cui era anche convinto. La
vera essenza di fare medicina per lui è un servizio sacro che può aver avuto origine nelle tribù
originarie dov'è non era necessario il pagamento perché più simile alla religione. Questa storia
veniva raccontata dai ciarlatani alla fine del loro lavoro. È l'unico che abbia provato a spiegare
l'origine dei ciarlatani.

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