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Drammaturgia dell’immagine

Che cos’è la rappresentazione occidentale?

Blade Runner 2049 e le similitudini con “Elena” di Euripide: Paride porta con
sé un “pezzo di cielo dotato di respiro”. E’ la nascita della mimesis
speculare, nel V secolo a.C.

Il tema del corso è: l’uomo.

Stanley Kubrick, Odissea nello spazio

Immagine di leopardo e zebra.

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La nuvola è bordata di luce, signi ca che l’inquadratura è in controluce: il
Sole è basso, siamo nel crepuscolo (forse l’alba). Il titolo della sezione del lm
infatti è “l’alba dell’umanità”.
Le pupille del leopardo sono piene di luce. La scena è occupata dalla natura
dei viventi, rappresentata da un animale vivo e uno morto (ucciso dal vivo).
Quella dei viventi è una natura in cui i più deboli, quelli senza artigli, quelli che
non hanno denti.

Shuttle sulla Luna

Lo shuttle ha due nestre in cui sono accese le luci. Kubrick mette sullo
stesso piano la logica della natura e la logica della tecnologia. Sarà uno
dei temi del corso. Viviamo in un mondo di macchine, che sono in primis
macchine della visione.

Scimmia che usa l’osso contro lo scheletro

Terra fuori fuoco, scheletro perfettamente a fuoco. Cielo nuvoloso. La


scimmia tiene nella zampa un osso. La scimmia si è fermata a guardare lo
scheletro: è il passaggio dalla visione allo sguardo (che deriva dalla “guardia”,
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è l’atto di chi osserva). C’è la prima traccia di elaborazione invisibile, quindi
Kubrick lma il primo salto dal visibile all’invisibile. Lo scheletro era inutile,
non aveva carne per la scimmia: ma quando a erra l’osso, di colpo acquista
un’utilità.
Con il lancio dell’osso si ha il salto dell’evoluzione, simboleggiato anche
dall’utilizzo della musica (prodotto esclusivamente umano) che collega il
passato con il futuro.

L’occhio durante la scena del viaggio nel tempo

Primissimo piano dell’occhio: è un cerchio, come i pianeti, come la Luna,


come la forma di HAL 9000, come l’obbiettivo della cinepresa.

Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino

Il cielo nuvoloso (con un piccolo centro luminoso) che diventa occhio chiuso,
che diventa occhio aperto.
Tutte le culture hanno esseri alati, e tutti hanno esperienze nel campo del
sogno.

Immagine dei libri e della mano che scrive (accompagnata dall’Angelo)

Wenders descrivere l’atto primo della rappresentazione ottica: è l’atto con cui
lo sguardo prende un oggetto e se lo porta con sé. L’atto di prendere,
catturare, qualcosa attraverso l’obbiettivo ha cambiato l’umanità. Prima della
fotogra a c’era la pittura, il disegno, la scultura…
E’ un lm che fa del tridimensionale un’immagine allo specchio, tutte le
tecnologie di visione (cinema, tv, new media) sono macchine di specchi e di
memoria.

Visione ottica: lo sguardo di un uomo attraverso una macchina.

Garry Winogrand: Central Park Zoo, 1967


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Autore Ignoto: Capetown Zoo, 1970

E’ da più di 20.000 anni che gli uomini dipingono, per esempio con la pittura
rupestre.

Il tema della rappresentazione nasce con la coscienza dell’uomo: quale


pensiero, quale sguardo, quale sentimento rappresentare.
Nell’occhio, nel cerchio, c’è un insieme di armonie geometriche tra cui il Pi
Greco. La forma stessa del teatro greco rimanda a cerchi intersecanti, in
insiemi geometriche.

La pittura prospettica nasce nella Casa di Augusto nel 30 a.C., in cui già
erano presenti a reschi perfettamente prospettici. Non nasce nel
Rinascimento.
Un uomo che parla viene rappresentato in alcune incisioni rupestri con due
cerchi concentrici (“Uomo che pensa e parla”, Kazakistan). Questi due cerchi
sono la maschera con cui viene rappresentato l’uomo. La parola, infatti,
indica tendenzialmente un nome. Ma soprattutto la maschera serve a
rendere visibile il mistero dell’invisibile.

Noi siamo anche ciò che desideriamo, ma l’uomo ha in sé una forza per
cambiare la sua condizione. L’uomo non può coincidere con la natura
data, nemmeno con la propria. Tutta la storia e preistoria è attraversata da
un desiderio di essere un “di più” della natura stessa.
L’uomo è un possibile: l’insegnamento consiste nell’aprire dei vuoti.
L’arte greca ha come paradigma lo specchio.

Aristotele nella sua Poetica sostiene che una tragedia debba “suscitare pietà
e terrore attraverso la mimesis delle azioni, che ha per e etto la
puri cazione dell’animo da queste emozioni”. La tragedia greca serviva ad
insegnare quali azioni umane generano il male, anche la commedia greca è
intrisa di tragedia… era una visione della vita che non escludeva mai la
componente tragica.
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La tragedia è costituita da più elementi ben congegnati: trama (è essenziale
tessere una trama), il carattere dei personaggi, il linguaggio utilizzato, il
pensiero, lo spettacolo, la musica.
Il teatro è uno dei punti di unità dell’Occidente. La mimesis sostiene che
nessuno è giusto, tutti sbagliano, la vita scorre negli errori e nel sangue.
Questa drammaturgia è presenta ancora oggi in registi come Scorsese,
Tarantino: non si parteggia per nessuno dei personaggi perché tutti sono
dalla parte sbagliata e al contempo tutti hanno una parte di ragione.
Il teatro greco mette in scena giovani forti e armonici. Andrè Bazin sostiene
che tutto il cinema si racchiude nel complesso della mummia, nel sistema
egiziano di costruzione e pittura dei sarcofagi. Nella visione egizia i morti non
muoiono mai: cambiano forma, si sottraggono al visibile ma vivono in una
dimensione ulteriore… non scompaiono. La bilancia già a quei tempi era il
simbolo della giustizia, sono 3000 anni che ha tale valenza. I ritratti sui
sarcofagi era testimonianza di questa vita e di questo passaggio, 3000 anni
dopo i loro volti avranno vita eterna con la fotogra a e il cinema.
Il ritratto di Fayyum è datato 100-200 d.C. circa è uno dei ritratti meglio
conservati dell’antichità: ci sono voluti 2000 anni per giungere alle macchine
fotogra che moderne per avere ritratti fedeli alla portata dell’uomo comune.

Erich Auerbach sostiene che le arti occidentali hanno come canone la


mimesis speculare: da Omero in poi il canone è descrivere ciò che vedono
gli occhi. Sliman scoprì la città di Troia nell’Ottocento perché rileggendo
l’Iliade più e più volte, riuscì a ricavare una descrizione a dabile del luogo.
Bisogna quindi stare attenti a sostenere che il mito è pura astrazione, perché
a onda le radici da qualcosa di reale.
Il mito di Dioniso sta dietro alla (o alla base della) tragedia greca.
Auerbarch sostiene anche che il testo evangelico è importante quanto non
era mai stato rappresentato né dalla poesia né dalla storiogra a greca/
romanica. Il rinascimento di una letteratura del popolo, in cui il popolo stesso
ha un’importanza mai vista prima. Il problema drammaturgico che a ronta era
quello di avere come eroi personaggi comuni, bassi di rango, poveri, e
soprattutto privi di spada: gli eroi romani erano condottieri che andavano in
battaglia a uccidere i nemici in battaglia (per esempio Temistocle). I Vangeli
hanno personaggi normali, con un linguaggio normale. Addirittura l’eroe del
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Vangelo, Cristo, nirà la sua vita croci sso insieme a dei delinquenti senza
opporre resistenza: non si era mai vista una storia simile.
La letteratura e l’arte antica erano aristocratiche, elitarie, non c’era spazio per
i popoli e le persone comuni. I consoli, gli imperatori e i condottieri erano
l’unica volontà che contava. Prima di quell’epoca non era neanche
concepibile una rivoluzione popolare, né una volontà del popolo.
I Vangeli portano una verità nuova, sono un racconto radicalmente diverso: le
vicende comuni che diventano Storia. Si fonda un nuovo canone, un nuovo
uomo.
La drammaturgia nuova non si pone più la questione del destino, la volontà
divina, la predestinazione ecc. è una drammaturgia che si struttura su un
canone in continuo divenire, è la drammaturgia della novità.

Il cinema e la fotogra a hanno la pretesa di essere eterni. L’uomo tende alla


libertà (il linguaggio, la matematica e di conseguenza la musica, la
letteratura, il reale, il cinema), tende a oltrepassare lo stato di natura… non
è soltanto un animale. Con “luce eterna” si intende una luce che permane e
che interessa l’essere umano in quanto tale.
L’arte occidentale intreccia il canone antico con la tradizione del nuovo, che
nasce dalla storia di Cristo.
La rappresentazione di Cristo non riesce a mettere in scena il corpo morto,
già nei tempi proto-cristiani Gesù in croce era sempre dipinto o a rescato
con gli occhi aperti: ciò che è mortale non si metteva in scena. Oggi lo
facciamo con i vari Tarantino ecc.
[Chiaramonte non è riuscito a fotografare la morte, neanche nel
fotoreportage]

Il labirinto è un nome di Dioniso, è una gura dionisiaca (nel senso di ebbro e


sacri cale). La gura di Cristo è come quella di Dioniso secondo Nietzsche,
pane e vino vengono ripresi da Dioniso che si è lasciato mangiare. La
laicizzazione del mondo deriva dal culto dionisiaco. Sull’altare di Cristo si
replica una scena dionisiaca, la drammaturgia moderna deriva dalla liturgia
cristiana (in particolare delle chiese). I riti dionisiaci consistevano infatti in
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corpi squartati e mangiati, questa cultura ricresce e rinasce perché ciò
che succedeva ai tempi cristiani è analogo a quello dei tempi dionisiaci.
Il culto è analogo, il tema dell’umano e della morte ritornano sempre, così
come la colpa e la giustizia. Non è un’evoluzione culturale o letteraria: si rivive
un problema dell’umanità, in popolazioni che hanno la cultura, le origini e il
DNA in comune. Altro esempio: il primo quadro prospettico di Masaccio nel
1426-1428 rifonda la prospettiva trovata nelle antiche case romane, la stessa
esigenza quindi ritorna e si riforma (idem Piero della Francesca che, 40 anni
dopo, studia la prospettiva con bozzetti e calcoli geometrici). 500 anni dopo
la prospettiva riprende forma nel cinema e nelle tecnologie digitali-3D, che
richiedono una progettazione.

Da Dioniso deriva la tragedia e l’arte antica, mentre l’arte moderna


nasce dalle pitture, canti, cori, musiche nelle chiese. La chiesa è un
nuovo teatro, la messa è uno spettacolo: il processo a Gesù è messo in
scena come a teatro per secoli e secoli.
L’arte cortese, medievale, dei trobador si basa sul principio del desiderio,
della passione per quanto maledetta.
Dioniso è la potenza in noi che da amore si trasforma in morte.

Il cuore del realismo e della libertà è l’uscita dal destino (che determina
senza alcuna novità l’azione umana): l’azione umana conosce una legge
nuova. Lex antica e Lex nova.

Tutti i racconti preistorici sono racchiusi nel genere della aba.

Lo sguardo umano non può coincidere con quello della natura: ha in sé


una natura trascendente che la fa superare, non permette che i due
siano coincidenti.

Aristotele dice che l’uomo è un animale speculare: impara a vivere copiando,


simulando, ripetendo ciò che vede negli altri. Se fosse vero il funzionamento
dei neuroni specchio, ciò sarebbe giusti cato a livello neuroscienti co.
Noi umani, creando immagini, interferiamo con gli spettatori di quelle stesse
immagini.
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Fin dalle origini l’essenza umana non riguarda solo l’uccisione di animale, ma
anche l’uccisione (e l’atto di mangiare) i suoi simile. Ogni società umana n
dall’inizio ha visto la violenza tra le sue stesse persone, e ha visto come via di
fuga dalla violenza la morte stessa dei suoi simili.
I miti di fondazione delle antiche tribù, tenuti alla Stanford University,
dimostrano questa tesi: la violenza della società è sempre stata scatenata
contro il più debole, per mitigarla contro gli altri. Questo è il capro
espiatorio.

I miti occultano la responsabilità collettiva: in questo modo la vittima


diventa divinità, come nelle divinità greche (per esempio Proserpina).

Dioniso e Cristo hanno la stessa traiettoria: Gesù è un capro espiatorio di un


problema nel mondo ebraico a Gerusalemme. Questa storia si chiama
“Rivelazione” perché nell’antico e nuovo testamento, specialmente il Vangelo,
gli assassini vengono rivelati: la vittima è la vittima, e l’uomo per vivere senza
violenza deve necessariamente rinunciare alla violenza stessa. La giustizia
divina non è più ulteriore violenza, ma una pace. Questa è la chiave del
realismo, secondo Auerbach.
Questo nuovo punto illumina la responsabilità di ognuno: non ci sono più gli
eroi, i giusti per natura.
Il dio greco del tempo è Chronos, che nel mito mangia i suoi gli, e il simbolo
è un serpente che si mangia la coda… il signi cato è che non se ne può
uscire vivi. Il tempo cronologico è quello del mondo antico, di ogni società
conservatrice, il tempo di Hitler e Mussolini (che pensavano di tornare ai riti
dei Nibelunghi e dei Romani). Il tempo è il destino, nel mondo greco e in
quello romano: non c’è la libertà. La via della vita e della sapienza secondo
loro è osservare a teatro o nel mondo le vicende dei dolori umani, per uscire
da noi stessi (catarsi). La via umana per la libertà è superare la passione: è lo
stoicismo, la sapienza antica, ciò che veniva seguito da Aurelio, Adriano…
per questo si chiama cultura indo-europea, perché le radici indiane di
stoicismo e puri cazione delle passioni sono le stesse. Senza patimento non
c’è so erenza, e senza so erenza non c’è catarsi.
Secondo l’insegnamento cristiano invece non bisogna dimenticare la
passione, ma bisogna passare attraverso ad essa. La fotogra a ci permette
di attraverso ciò che è rappresentato,
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La mimesis speculare è la memoria: le 3 muse del mondo antico
corrispondono tutte alla Memoria. Sono a loro modo un sarcofago, un
monumento funebre.

Il gotico cambia la struttura degli edi ci, portando i pilastri invece che i muri
ad essere i fondamenti dell’edi cio. Nelle chiese gotiche in Francia si iniziano
a costruire vetrate colorate, in seguito alla vittoria contro l’iconoclastia araba.
Si inizia così ad avere immagini colorate a luce: le storie a colori appaiono
quindi tra il 1194 e il 1220, per esempio con l’Ultima cena di Chartres.
L’Occidente funziona a luce: è sia sica che una materia spirituale.
Il mondo occidentale ricorda sempre Dedalo, il primo architetto.

Mettere in scena la morte è una condizione antica quanto l’uomo, e la cultura


romana (nonché la storia italiana) è intrisa di questo. Per esempio dalle
conquiste degli Etruschi in Italia.
La città italiana si chiama “comune”, l’eredità greca-romana è il comune
italiano che si autogoverna e quindi la piazza (erede del foro romano,
dell’agorà greca) si mantiene il luogo della discussione. Venezia inoltre è stata
per alcuni anni l’eredità della Repubblica romana.

Tutta la prospettiva moderna nasce da Giotto e Brunelleschi, perché si


giunge a una rappresentazione scienti ca del corpo umano e della visione.
Da una visione simbolica, immateriale, si passa a una visione corporea, non
idealizzata: un corpo che si rispecchia in un’immagine che lo rappresenta
nella sua realtà, senza idealizzazioni. Cosa mai avvenuta in nessun’altra
civiltà.

Il moderno inizia in epoca tardo-latina, Milano è stata capitale dell’Impero


romano.
Sant’Agostino viene da Ippona, Africa, e viene a Milano a studiare. Scrive “Le
confessioni” che è il primo libro “autobiogra co”, in cui un diario di una
persona diventa spazio per ri essioni, ciò porterà secoli più avanti alla
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psicanalisi e alla Gestalt. Conosce anche Sant’Ambrogio, Milano si forma
così dall’incontro tra nord e sud.

Qui nasce il “moderno”, che deriva da “modus” che indica l’aderenza


all’epoca in cui si vive: signi ca vivere il proprio tempo. Moderno indica un
adeguamento dell’azione agli eventi che si presentano, un adeguamento un
adeguamento del pensiero. Possiede anche il signi cato di “tenere l’antico”, il
classico greco-romano, come il proprio fondamento. Da allora la
drammaturgia occidentale ha come punto fermo la ricorrenza del nuovo
che, per certi carsi, funge come rinnovamento dell’antico. L’antico
ritorna nel nuovo, riformandosi e ricontestualizzandosi. Il pensiero nuovo
dell’Illuminismo per esempio ha come architettura il mondo greco-romano.
I miti antichi riguardano la storia di innamorarsi di un’immagine.
Ho man all’inizio del romanticismo scrisse la prima storia sul doppio, con un
uomo che si innamora di un automa.
La drammaturgia occidentale cerca sempre il nuovo senza mai lasciare
l’antico.
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