Sei sulla pagina 1di 17

L'evoluzione della Simbologia degli Arcani Maggiori nei mazzi di Tarocchi delle

Scuole Esoteriche Tradizionali del XIX - XX secolo, tra Ermetismo e Magia

Dall'ARS MEMORANDI ai Tarocchi come Teatro della Memoria Magico


Operativa delle Scuole Esoteriche Europee del XIX - XX secolo.
Omnìs mundi creatura quasi fiber et pictura nobis est in speculum:
nostrae vitae nostrae mortis nostri status nostrae sortis rìdete signaculum.

Ogni creatura del mondo, come un libro o un dipinto, ci funge da specchio:


della nostra vita e della nostra morte, della nostra condizione e della nostra sorte fedele rappresentazione.
Alano di Lilla. (1128 ca. - 1202)

L'esigenza di poter rappresentare per simboli gli infiniti rapporti tra Enti (dal latino Ens, forma contratta della parola “essente”:
qualsiasi cosa dotata di esistenza), Esseri e Cose nacque con l'umanità. Ai popoli neolitici bastava incidere o dipingere una tela di
ragno per esprimere la loro semplice visione del mondo.
Con il passaggio dall'epoca protostorica a quella storica sorse infine la necessità di suddividere e specializzare ulteriormente la
realtà, raccogliendo e combinando le semplici e intuitive immagini naturali, in simboli sempre più complessi. Le conoscenze di
millenni furono codificate e passate da popolo a popolo attraverso un invisibile filo d'Arianna, fatto di concatenazioni di
immagini archetipe (*), di associazioni di colori, di numeri, lettere e figure geometriche, organizzate in formule
mnemotecniche, griglie concentriche, luoghi della Memoria fisici e mentali.
Anche quando l'antico mondo pagano tramontò questo filo non si spezzò, perché nessun popolo può fare a meno dei risultati
conseguiti dalle generazioni precedenti. Le conoscenze matematico astronomiche racchiuse nei perfetti monumenti
architettonici, nei testi scientifici e filosofici, gli stessi modi di ricordare, associare, riflettere e rappresentare il mondo, rimasero
come base culturale anche del medioevo cristiano, influenzandone il cammino.

Nei primi secoli dell'era cristiana gli ecclesiastici appresero le tecniche dell'Ars Memorandi applicate alla retorica, per usarle
contro le religioni pagane e le comunità cristiane considerate "eretiche". La loro utilità fu tale, che rimasero in circolazione e
furono trasformate da Alberto Magno (1206-1280), Tommaso d'Aquino (1221-1274) e Raimondo Lullo (1232-1316) in strumento
educativo fideistico per l'istruzione retorico mistica dei frati predicatori, in modo che «ogni icona mentale» non mancasse di
«riferirsi alle scritture giudaiche - cristiane considerate come unico serbatoio di ogni possibile conoscenza».
Negli stessi anni anche l'Arte ebraica detta Kabbalah attirò l'attenzione dei cristiani. Questa si fondava soprattutto su un libro:
lo Sepher Yetzirah, che descriveva la formazione del mondo per mano del Dio Giudaico Cristiano: «Le ventidue lettere
fondamentali le incise, le plasmò, le soppesò, e le permutò, e formò con esse tutto il creato e tutto ciò che c'è da formare per il
futuro (Sepher Yetzirah, Capitolo II, sezione 2)». Questa frase sembrava la diretta continuazione del versetto biblico del Vecchio
Testamento - «Ma tu hai tutto disposto tutto con numero, misura e peso (Sapienza, 11, 20)» ripresa spesso da Sant'Agostino nei
suoi scritti (354-430 d. C.).
Gli studiosi cristiani rimasero così colpiti dalle implicazioni religiose offerte da questo sistema di codificazione dell'universo
che, agli inizi del rinascimento, Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494,) e Johannes Reuchlin (1455-1522 De Verbo mirifico,
De Arte Cabalistica) tentarono di elaborare una loro Cabala Cristiana. In essa vedevano un perfetto strumento di conversione
alla "vera fede" con il quale dare dimostrazioni logiche dell'esistenza di Dio e della legittimità del Cristianesimo.
Si iniziò a parlare allora di Arte Magica Cristiana "lecita", collegata al nome di Dio e a quello di Gesù per mezzo del
Tetragrammaton. Pico nei suoi scritti diceva: «non vi è scienza che ci dia maggiori certezze della divinità del Cristo della Magia e
della Cabala» e Reuchlin lo confermava dicendo: «nessun nome, nell'Arte Magica lecita, ha tanta forza quanto l'Ebraico».
Le molteplici applicazioni dell'Arte combinatoria ebraica, influenzarono anche altri campi di ricerca. L'Abate Tritemio (Johann
Heidenberg di Tiitenheim 1462-1516) scrisse la Steganografia ovvero l'Arte di trasmettere con occulte scritture i voleri del proprio
animo a chi è lontano, una sorta di manuale di Criptografìa Angelica utile per creare codici cifrati per mezzo di permutazioni
letterali.
Henricus Cornelias Agiippa von Nettesheim (1486-1535), suo allievo ed estimatore, a sua volta dette alle stampe la più
importante opera di Magia dell'epoca: il De Occulta Philosophia o De Magia (1533). Un lavoro imponente in tre volumi, nato per
sintetizzare principi di Alchimia, Cabala, Magia e Filosofia Naturale al fine di separare (almeno per quei tempi) la scienza dalla
ciarlataneria.
Agrippa, sotto il continuo pericolo di essere condannato per eresia, affermava, come altri suoi contemporanei, che «il mago è un
uomo saggio, sacerdote e profeta, non individuo superstizioso e demoniaco». Il primo volume dell'opera mostrava un Alfabeto

1
Magico Planetario multi linguistico costruito sulla base delle corrispondenze cabalistiche dello Sepher Yetzirah e nel capitolo
LXXIV parlava della proporzione e della corrispondenza e riduzione delle lettere coi segni celesti e coi pianeti nelle varie lingue.
L'idea circolante tra gli studiosi del tempo era dunque che se l'universo poteva essere rappresentato, allora poteva anche essere
modificato attraverso la manipolazione della sua stessa immagine, secondo i principi ermetici della Magia delle corrispondenze e
dell'antica teurgia neoplatonica riportata in auge dagli studi di Marsilio Ficino (1433-1499).
A questo proposito la grande studiosa del rinascimento Francés Amelia Yates (1899-1981) scrisse che «servendosi di immagini
magiche o talismaniche, come di immagini mnemoniche il mago sperava di acquisire conoscenze e poteri universali,
conseguendo tramite l'organizzazione Magica dell'immaginazione, una personalità dotata di magici poteri, in sintonia per
così dire, con quelli del cosmo».
Ancora oltre si spinse Giulio Camillo Delminio (1480-1544) studioso «della Cabala Ebraica, e delle misteriose loro Tradizioni,
informato dei dogmi misteriosi degli Egiziani, dei Pitagorici e dei Platonici» . Questi progettò un Teatro della Memoria, la cui
ambiziosa funzione doveva essere quella di contenere l’intero scibile umano, un oggetto quindi a metà strada tra un moderno
computer ed una rappresentazione "materiale" del Cabalistico Albero della Vita. Purtroppo questa architettura speciale «non
fu mai realizzata ed il suo ideatore fu perseguitato da alcuni come eretico, idolatrato da altri quale illustrissimo sapiente».

L'Arte della Memoria trovò però ampia applicazione nel pensiero di Giordano Bruno, il quale, distaccandosi dagli altri autori
cristianeggianti «nelle sue opere mnemotecniche fondamentali De Umbris idearum e Cactus Circaeus, pubblicate a Parigi nel
1582, riporterà definitivamente «l'Ars Memorandi alle sue origini pagane rivendicandone la funzione Magica purificata da
ogni contaminazione teologica cristiana».
Il filosofo, in questi scritti più che negli altri, attestò l'infinita possibilità di combinazione tra le immagini al fine di creare una
fantasmagorica enciclopedia di rappresentazioni mentali, dilatabili o restringibili a volontà dello studioso. In questo variegato
contesto culturale, già dal 1442, nelle corti italiane, fece la sua comparsa un nuovo gioco di carte: il Ludus Triomphorum, che fin
dai primi esemplari fu rappresentato con immagini collegate alle tecniche iconografiche mnemotecniche e alle concezioni
filosofico umanistiche del tempo. Dal XVI secolo i trionfi presero il nome di Tarocchi ed il mazzo Visconti Sforza (1450) e quello
del Mantegna (1470) divennero gli esemplari più famosi di questo elaborato "passatempo" con il quale si sperava di poter
anche educare, alla meditazione e alla riflessione, i figli dei potenti signori rinascimentali.

Le Scuole Esoteriche Europee dal XIX al XX secolo

Court de Gobelin e l'origine egiziana dei Tarocchi.


La trasformazione dei trionfi in teatro della Memoria Magico Operativa delle Scuole Esoteriche europee ebbe inizio con l'opera di
un archeologo, scrittore e massone, Antoine Court de Gebelin (1725-1784), che a proposito dell'origine dei Tarocchi nel 5° libro
del suo Le Monde Primitif analysé et comparé avec le monde moderne (1773 o 1781) scrisse: «Se ci apprestassimo ad
annunciare che, ai nostri giorni, sussiste un'Opera degli antichi Egizi sfuggita alle fiamme che hanno distrutto le loro superbe
biblioteche, un'Opera che contiene la più pura dottrina degli Egizi, chi non sarebbe impaziente di conoscere un Libro tanto
prezioso, tanto straordinario! E se aggiungessimo che questo Libro è molto diffuso in gran parte dell'Europa, che da secoli va
per le mani di tutti [...] riguardato come un mazzo di strane figure prive di senso! Chi non penserebbe che scherziamo o che
vogliamo approfittare della credulità degli ascoltatori? E tuttavia quanto sostengo è rigorosamente vero: questo Libro egizio,
il solo rimasto delle loro superbe Biblioteche, esiste ai nostri giorni, e ciò che è più stupefacente, esso è talmente comune che
nessuno, prima di noi, ne aveva intuito l'illustre origine. Questo libro è il Gioco dei Tarocchi».
Lo stesso Athanasius Kircher (1602 -1680), un secolo prima, convintosi di aver decifrato l'egiziano antico nel suo Mensa Isiaca
parlò della possibilità che nei Tarocchi si celassero quello che credeva essere un Alfabeto egiziano. Gebelin si avvalse anche di
quanto aveva elaborato, prima di lui, (XVII secolo) Guillaume de Postel, il quale, nel suo Clef des Choses Cachées sosteneva che vi
fosse addirittura una relazione tra i quattro semi e le classi dell'antico Egitto: Spade: il faraone e i militari; Bastoni: il mondo
dedito all'agricoltura; Coppe: i sacerdoti; Denari: i commercianti.

Etteilla e la nascita della Cartomanzia


Al tempo di Gebelin, era già in circolazione quello che sarebbe divenuto il più famoso e imitato mazzo di Tarocchi di matrice
Cabalistica: il Tarocco di Marsiglia (1751). Contemporaneamente sul finire del settecento la Francia stava vivendo una nuova
fase di Egittomania, in seguito alla campagna militare di Napoleone. In questo clima le rivelazioni di Gobelin non passarono
inosservate e di lì a poco, un suo allievo, Jean Françoise Alliette (1738-1791) noto ai circoli esoterici come Etteilla (pseudonimo
derivante dal palindromo del cognome), ispirandosi all'Ermetismo Ficiniano e al Pimandro di Ermete Trismegisto, sostenne che «i
2
Tarocchi furono ideati nel 2170 a.C. durante un convegno di maghi egiziani presieduto da Ermete Trismegisto; poi, nel corso dei
secoli, le figure dei Tarocchi avrebbero perso le caratteristiche originarie». Convintosi quindi di doverne «restaurare la forma
primitiva» pubblicò nel 1785 il libro Etteilla, ou manière de se récréer avec un jeu de cartes, il primo testo che conteneva tutte le
spiegazioni delle lamine e le regole per una corretta lettura, rifacendosi probabilmente a «un sistema pre-esistente, mutuato
dalla Tradizione popolare». Nel 1778 dette alle stampe anche un nuovo mazzo di carte il cui nome si ricollegava chiaramente alle
teorie di Gobelin: Il Libro di Toth o gioco dei 78 Tarocchi egiziani.
Questo nuovo mazzo, nel quale comparivano corrispondenze zodiacali, chiamato anche Grand Etteilla, Egyptian Gypsies Tarot,
the first deck specifically for esoteiic purposes, including divination, portò strategicamente nello stesso anno alla fondazione della
prima associazione dedicata ai Tarocchi egiziani: la Sociétée des Interprètes du Livre de Thoth. Nacque così la cartomanzia.

Eliphas Levi e l'origine Ebraica dei Tarocchi


Nel 1854, Eliphas Levi, al secolo Alphonse Louis Constant, (1810 -1875) pubblicò a Parigi, Dogma e Rituale dell'Alta Magia, nel
quale sosteneva, al contrario di Gobelin, che i Tarocchi avessero raggiunto l'Europa nel medioevo, attraverso i cabalisti, in
quanto la loro origine era da attribuirsi agli Ebrei. A spianare la strada a quest'idea, ci avevano pensato numerosi studi apparsi
nei primi anni dell'800 tra cui l'Origine de tous les cultes ou Religion Universelle (1794) del massone Charles-François Dupuis, un
trattato di mitologia in cui si voleva dimostrare «che tutte le dottrine, le leggende e le feste, hanno come fonte comune una
religione universale basata sui fenomeni astronomici». A questo erano seguite nuove pubblicazioni e scoperte.
Nel 1813 erano stati pubblicati i Versi Aurei di Pitagora (Les Veis Dores de Pythagore Expliques) da parte di Antoine Fabre d'Olivet
che avevano portato lo studioso Antonio Dargoni, l'anno dopo, a descrivere le connessioni tra la struttura dei Tarocchi e i Numeri
Pitagorici. Sempre d'Olivet nel 1816 dette alle stampe anche La langue hébraïque restituée, una grammatica di Ebraico biblico,
pubblicata pochi anni prima che François Champollion decifrasse finalmente, nel 1822, i cartigli egiziani della Stele di Rosetta,
mettendo la parola fine a ogni fantasiosa elucubrazione riguardante la lingua egiziana.
Mentre nel 1823 Jean-Lenain pubblicava La Science Kabbalistique ed Eusebe Solvette scriveva Des Sciences Occultes (1829), già
Michel Constant Leber e d'Ambly ipotizzavano nuove origini per i Tarocchi. Il primo riteneva che alcuni degli arcani maggiori
derivassero dagli antichi Idoli Occidentali (1842), mentre il secondo era dell'idea che la loro origine fosse da ricercarsi tra gli
Zingari (1854). In questo filone si inserì Eliphas Levi, le cui rivelazioni influenzarono profondamente i suoi contemporanei,
soprattutto per l'assimilazione degli arcani maggiori alle 22 lettere dell'Alfabeto Ebraico e ai 22 sentieri dell’Albero della
Cabala.
D'altra parte era lui che nel suo Dogme et rituel de la haute magie aveva scritto che «I Tarocchi, questo libro miracoloso, la
fonte di ispirazione di tutti i libri sacri dell'antichità, sono il più perfetto strumento di divinazione, da usare con totale fiducia
per la precisione analogica di numeri e simboli».

I Mazzi più famosi delle Scuole Esoteriche ed Occultistiche del XIX - XX secolo
Stabilita l'associazione tra arcani e alfabeti Magico-planetari, il secondo importante contributo, che Eliphas Levi dette allo
sviluppo de Tarocchi, fu quello di mettere in risalto la necessità di trasformare le figure in un sistema simbolico universale.
Questo rivoluzionario paradigma venne accolto con tale entusiasmo dalle scuole esoteriche del tempo e da quelle successive,
che i nuovi mazzi prodotti come espressione di specifiche realtà tradizionali e iniziatiche, sono diventati famosissimi e di uso
comune.

Joseph Paul Oswald Wirth, (1860-1943), partendo dal Tarocco di Marsiglia ne creò una sua elaborazione correggendo gli errori
di stampa in esso presenti: dalla giusta attribuzione dei colori ai particolari delle figure. Nel 1889 pubblicò Les 22 Arcanes du
Tarot Kabbalitstique un tarocco altamente significativo dal punto di vista esoterico massonico cristiano e altrettanto valido per
la pratica della cartomanzia. Su ciascun arcano maggiore inserì l'attribuzione di una lettera ebraica, secondo lo schema ideato da
Eliphas Levi, sintetizzando il pensiero, i principi ed il simbolismo delle più importanti correnti massoniche.
Se ne servì per l'interpretazione dei segreti della Grande Opera, dedicandosi allo studio dell'Alchimia, della Cabala e dei Tarocchi.
Nel 1909 scrisse The Tarot of The Magicians quello che è considerato ancora uno dei migliori testi sui Tarocchi in cui definisce
l'Arte della divinazione come una sorta di sacerdozio.

Gerard Encausse, (1865-1917), noto con il nome di Papus (derivato dal Nuctemiron di Apollonio di Vana), fu membro dell’Ordine
Kabalistico della Rosa Croce e capo dell'Ordine Massonico dei Marinisti. Autore di numerose opere di Occultismo, Magia e
Cartomanzia scrisse nel 1889, Le Tarot des bohémiens, edito poi anche in inglese.
Nel 1909 pubblicò il suo mazzo Le Tarot Divinatoire, influenzato dallo stile egizianeggiante dell'epoca. In esso perfezionò le
teorie di Eliphas Levi, giungendo non solo a una completa assimilazione tra i 22 Arcani Maggiori e le corrispondenti Lettere

3
Ebraiche, ma affiancando a esse anche i geroglifici egiziani, il sanscrito, l'archeometria, le figure della geometria sacra e i nomi
dei pianeti, rendendo questi arcani simbolicamente più complessi e affascinanti.
Arthur Edward Waite, (1857-1942), entrò nel 1891 nell'ordine della Golden Dawn. Grande studioso della Divinazione, decise di
ideare un nuovo mazzo di Tarocchi basato sui suoi personali studi esoterici. Per esaltarne al massimo la carica simbolica affidò la
parte grafica a una giovane artista affiliata all'Ordine, Pamela Coleman Smith. Il Mazzo fu stampato nel 1927 e prese il nome di
Tarocchi di Rider Waite (Raider era l'editore). Pamela Coleman Smith dipinse il mazzo di Waite coi colori della pittura "pre-
elisabettiana" a partire dalla propria esperienza di scenografa e quindi pone il corpo e le sue posture al centro del messaggio.»
Edward Alexander Crowley ovvero Aleister Crowley (1875-1947) entrò a far parte della Golden Dawn ma ne uscì presto per
fondare nel 1907 I'A. A. (Astrum.Argentium), influenzando contemporaneamente anche la formazione dell'O.T.O. (Ordo Templi
Orientis). Scrisse il Libro di Thot nel quale illustrava il suo omonimo mazzo di Tarocchi pubblicato nel 1944 e disegnato da Lady
Frieda Harris. Nonostante intorno a Crowley vi sia un'aurea di dubbia moralità spirituale, il mazzo ha una carica simbolica che
non ha niente da invidiare a tutti gli altri. Frieda Harris, «la poliedrica artista-esoterista lavorò per trent'anni al mazzo di Crowley
producendo un'opera che sintetizza la Tradizione esoterica occidentale e l'avanguardia estetica del Novecento dagli
impressionisti, ai cubisti, agli espressionisti».

Il simbolismo dei Tarocchi in quattro importanti scuole esoteriche.

La tabella delle corrispondenze


Questa tabella è stata costruita confrontando i mazzi di Tarocchi delle 4 diverse correnti esoteriche sopra menzionate.

(vedi Tabella****)

La Posizione degli Arcani


La Scuola A: rappresenta il pensiero della Tradizione Magica inglese e della Golden Dawn, per l'esattezza quella di Regardiee del
Mazzo Raider Waite (1927).
É Loro opinione che la Giustizia debba essere spostata al numero 11 e di conseguenza la forza al numero 8.

La Scuola B: si identifica con Crowley (ex Golden Dawn) e con le sue A.A. (Astrum Argentium) e O.T.O. (Ordo Templi Orientis) e
con le Scuole Magiche Thelemiche, Stregoniche e Neognostiche.

La Scuola C: ricalca il pensiero di Eliphas Levi, Papus, delle scuole magiche, massoniche e martiniste soprattutto francesi.
Viene riportata una delle tre possibili disposizioni, in quanto non tutte le filiazioni di Levi pongono il Matto al 21° posto, ma lo
collocano o prima del Bagatto (I) o dopo il Mondo (XXI). A questo proposito Negrini scrive: «Quando il Matto è collocato al 1°
posto viene rispettata la sequenza matematica degli Arcani, quando è collocato al 21° - tra gli Arcani XX e XXI - viene rispettata la
sequenza semantica delle lettere (Shin è la 21° lettera), mentre la sua collocazione al 22° posto non rispetta alcuna sequenza».
Da questa catena di attribuzioni deriva uno schema d'interpretazione del Libro di Thot che possiamo definire patristico in quanto
basato su una interpretazione patriarcale, dualistica e spesso cristianizzata o giudaizzante del simbolo esoterico.
Spodestare infatti il Matto dalla sua posizione simbolica primaria e usare come chiave iniziale della sequenza il Bagatto e la
lettera Aleph - il cui significante letterale è "toro" e il cui valore ierosofico (Ierosofia è la filosofia della religione) è quello di
Madre di ogni Generazione - significa sostanzialmente proiettare sullo sfondo dell'esperienza iniziatica una costruzione mitica in
cui l'adepto maschio (il Bagatto) occupa la posizione di assoluto protagonista in quanto incarna l'attività creatrice primaria di
Aleph, mentre la Papessa, in cui sono racchiusi gli Archetipi del Mistero sacro femminile, viene "colorata" dalla lettera Beth, il cui
significato letterale è "casa" e il cui valore ierosofico è eminentemente passivo e connesso al concetto di contenimento.

La Scuola D: è quella su cui non possiedo altre fonti che un dattiloscritto, fotocopiato riguardante un metodo Cabalistico di
lettura basato sul tarocco di Marsiglia che come abbiamo visto fu re interpretato dal massone Oswald Wirth. Non conosco la
fonte originaria del testo in quanto mi è stato regalato, ma vi è riportata una dedica al compianto ed esimio maestro Augusto
Pancaldi, autore di un noto libro sull'Alchimia Praticaci. Si intitola Il Tarocco e te 22 Energie ed il Matto viene inserito come 21a
carta mentre il Mondo diventa la 22a esattamente come era stato collocato da Eliphas Levi. Lo Zero di conseguenza non viene
usato.

4
La Numerazione degli Arcani
Nel mazzo Visconti (1450) non c'è numerazione. Il Tarocco di Marsiglia del 1751 ha la numerazione romana. La numerazione è
segnata con numeri indoeuropei nel mazzo di Etteilla (1778) ed in quello egizianeggiante di Papus (1989-1909). Questa resta
Romana nel mazzo Wirth (1889) che si rifà a quello di Marsiglia, dove però si trova scritto IIII al posto di IV. Restano le cifre
romane anche nel mazzo Raider Waite (1927) ed in quello di Crowley (1944). Giò Tavaglione (1970 - 90) usa ora l'una ora l'altra.
Il numero 0 compare nel Matto di Etteilla (1778), prima la carta non aveva numero.

I Tarocchi come strumento Magico operativo ed iniziatico delle scuole


esoteriche cabalistiche
Chiunque avesse abbastanza spirito studiando semplicemente la natura umana
indovinerebbe tutta la storia passata e tutta la storia futura, senza avere mai inteso parlare di nessun avvenimento.
Bernard le Bovier de la Fontenelle (1657- 1767)

Se un prigioniero senza libri possedesse il Tarocco e sapesse servirsene


potrebbe in pochi anni acquistare una scienza universale e parlare di ogni cosa con inesauribile eloquenza.
Eliphas Levi (1810 - 1875)

Attraverso l'opera delle scuole Occultistiche del XIX-XX secolo, il tarocco divenne: da una parte un teatro della Memoria Magico
operativa per Esoteristi, dove ogni lama finiva per avere le potenzialità di un talismano; dall'altra, una moderna
reinterpretazione dei percorsi gnostico-iniziatico-planetari, collocando gli Arcani sui sentieri dell’Albero della Vita, che già di per
sé era un antico strumento evolutivo Ebraico. Per Regardie l’Otz Chiim era, infatti, «il gioiello più prezioso che sia mai stato
prodotto dal pensiero umano, sistema atto alla classificazione dei fenomeni dell'Universo e all'individuazione delle loro reciproche
relazioni».
Una volta, quindi, uniti insieme lo schema iniziatico dell'albero con i Tarocchi, si otteneva un potente sistema di archetipi con
cui esplorare «problemi cruciali e di enorme portata quali quelli dell'origine e della natura della vita, dell'Evoluzione
dell'Uomo e dell'Universo». Più che un gioco, un vero e proprio sincretismo di conoscenze magiche, alchemiche, filosofiche,
astrologiche e mistiche, in continua espansione perché per sua natura universalizzabile.

Dion Fortune analizzando i legami tra la divinazione e l'albero Cabalistico scrisse che «nell'Albero, ogni cosa porta all'altra, la
spiegazione di cause nascoste scaturisce dalle proporzioni e relazioni dei vari simboli individuali che compongono questo
potente glifo sintetico. Ciascun simbolo, inoltre, lascia adito all'interpretazione su piani differenti, e tramite le sue associazioni
astrologiche può essere riferito agli Dei di qualsiasi Pantheon, aprendo così vasti nuovi campi di implicazione nei quali la
mente indugia interminabilmente, poiché un simbolo porta all'altro in una ininterrotta catena di associazioni. Il simbolo
dell'Albero è per la Mente Universale ciò che il sogno è per l'ego individuale: esso è un glifo sintetizzato dal subconscio per
rappresentare le forze nascoste. L'Albero però non si applica soltanto al Macrocosmo ma anche al Microcosmo che, come gli
Occultisti sanno è una replica in miniatura di quello. Questa è la ragione per cui è possibile la divinazione. Quest'Arte poco
compresa e molto calunniata ha come propria base filosofica il Sistema delle Corrispondenze rappresentato dai simboli. Le
corrispondenze tra l'anima dell'uomo e l'universo non sono arbitrarie, ma scaturiscono da identità evolutive. Ciascun simbolo
dell'albero rappresenta una forza o fattore cosmico. Quando la mente si concentra su esso, entra in contatto con quella forza;
in altre parole, un canale superficiale, un canale nella consapevolezza, è stato creato tra la mente conscia dell'individuo e un
particolare fattore nella mente-mondo, e attraverso questo canale le acque dell'Oceano si riversano nella laguna».

Non deve quindi stupire se il calcolo logico combinatorio universale di Leibniz, (il cui fine era quello di risolvere qualsiasi
problema, come era anche nei desideri di Raimondo Lullo), l'Arte della Memoria, l'Arte della Cabala e la Magia Naturale si
unirono spontaneamente, trovando prima nel rinascimento poi nell'occultismo di fine ottocento, la loro logica continuazione.
Il filosofo Paolo Aldo Rossi ritenendo questa unione "utopica" e con essa anche le credenze dei maghi rinascimentali, in realtà
spiega perfettamente la visione e le ambizioni dei ricercatori contemporanei, quando dice che «l'ascesi e il ritorno all'Uno-Tutto
è il punto d'arrivo di una ricerca che vuole al fine ascoltare la voce della divinità attraverso messaggi criptati, nascosti, occulti,
che vuole assistere all'epifania del soprannaturale attraverso le visioni, i sogni, gli oracoli.
L'unico principio metodologico ed epistemologico (l’epistemologia è la filosofia che si occupa di tutto ciò che è spiegabile
scientificamente; la filosofia della scienza) che guida il lavoro del naturalista, vuoi cultore di scienze occulte vuoi cultore di Magia
naturale, è l'analogia come libera associazione d'idee. L'analogia non richiede un metodo in quanto essa stessa è metodo che si

5
fonda sulla rottura di ogni schema, ribellione al pensiero disciplinato, libero ed incontrollato fluire della metafora: il gioco del
significato che ripercorre se stesso e sul proprio cammino si ricrea in un caleidoscopio di strutture analoghe, univoche ed
equivoche che tra di loro si richiamano, si elidono e si rafforzano».
Gli Alfabeti Planetari

L'Alfabeto Ebraico
La formulazione della teoria delle corrispondenze tra Arcani Maggiori e Alfabeto Ebraico proposta da Levi, aveva avuto i suoi
pionieri nella Tradizione Cabalistica Cristiana e nell'opera di Agrippa. Già nel rinascimento, Pico della Mirandola e Reuchlin,
avevano eletto l'Ebraico a lingua superiore a tutte le altre in quanto «lingua flessibile, pura, santa, concisa e vigorosa, che Dio
adoperò per parlare agli uomini e che gli Angeli ascoltano direttamente faccia a faccia, senza intermediari, come un amico parla
a un amico».
In effetti, in assenza di una scrittura pittografìco-ideogrammatica come quella che gli Egiziani avevano sviluppato nel corso dei
secoli, gli Ebrei, furono uno dei pochi popoli che nell'adottare l'Alfabeto Fenicio non solo lo riadattarono alle loro esigenze
fonetiche, ma lo trasformarono anche in una scrittura ieratico-simbolica con la quale creare «uno strumento di controllo della
fenomenologia universale e un mezzo per intervenirvi».

Lo stesso fecero i Celti con le loro Rune Magiche, ma l'Alfabeto che si diffuse in Europa a opera della Romanizzazione fu quello
Latino, che insieme all'imporsi della religione Cristiana derivata dall'Ebraismo comportò il prevalere, in Occidente, della
simbologia Esoterico-Astrologica Greco-Romana. Agrippa, quindi, creò una tabella di corrispondenze Alfabetico Planetarie
ispirandosi al Sepher Yetzirah, con il quale era possibile collegare le 22 lettere ebraiche (divise in 3 Madri, 7 Lettere Doppie e 12
Lettere Semplici) con gli altri alfabeti, (compreso quello latino), i 4 elementi, la Quintessenza Alchimistica, i 7 pianeti e i 12 segni
della Tradizione Astrologica Occidentale.
Nonostante «lo schema kabbalistico di relazioni fra Lettere, Elementi e Costellazioni Zodiacali tracciato nel Sepher Yetzirah»
sia stato «generalmente rispettato dagli Esoteristi più scrupolosi» le successive scuole occultiste a indirizzo Magico-Cabalistico,
non si trovarono d'accordo sulla corretta sequenza di corrispondenze, proprio a causa di una diversa simbologia esoterica che
contemplava anche elementi Magici e Alchimistici estranei alla Kabbalah.
Ogni Tradizione utilizza a tutt'oggi uno schema lievemente diverso, a seconda del suo punto di vista dottrinale, perché, come
scrive Negrini, non solo «le connessioni delle 7 Lettere Doppie con i 7 Pianeti hanno subito innumerevoli varianti più o meno
arbitrarie», ma anche «alcune versioni dello stesso testo Ebraico non concordano su questo punto».

La Scuola A: Lettere dell'Alfabeto Ebraico non compiono nel mazzo Golden Dawn di Arthur Edward Waite (1927). La lista si rifà
allo schema di Regardie che si trova suo Il giardino dei Melograni, dalla Cabala alla Magia.
Questa scuola invece di spostare la lettere, preferisce invertire i Tarocchi stessi (la Forza messa al posto della Giustizia).

La Scuola B: Crowley nel suo mazzo preferisce alterare l'ordine alfabetico delle lettere invece di cambiare la disposizione
tradizionale dei Tarocchi, invertendo le lettere associate alla Giustizia ed alla Forza, ovvero pone la Tet al posto della Lamed e
viceversa. Sposta anche la Tzaddi, associandola all'Imperatore, per collegarla al segno zodiacale dell'Ariete e di conseguenza
attribuisce la He alla carta delle Stelle per associarla all'Acquario.

La Scuola C/D: Levi sovrappose semplicemente la sequenza alfabetica delle lettere ebraiche alla sequenza numerica dei Tarocchi
posizionando l'Arcano Zero, cioè il Matto al 21° posto e collegandolo alla Shin, la 21° lettera dell'Alfabeto. Questa disposizione
non fu mantenuta da tutti i suoi successori come si vede nella lista della scuola C che posiziona il matto al numero 0 ma
mantenendo la Shin. Nella Scuola D, invece si mantiene la disposizione originale di Levi.

Traslitterazione e Valore Numerico dell'Alfabeto Ebraico


La lingua Ebraica non ha un sistema numerico distinto da quello alfabetico. Tale particolarità fa sì che a ogni parola corrisponda
un insieme di numeri e viceversa a ogni numero corrisponda una lettera. Questo fatto ha avuto come conseguenza lo svilupparsi
di una scuola interpretativa Cabalistica che ricerca messaggi materiali e spirituali all'interno dei testi sacri o, al contrario, si
occupa della creazione di parole magiche e di potere come nel famoso caso dei Nomi dei 72 Angeli della Cabala, tratti da tre
versetti del XIV capitolo dell'Esodo (il 19° - 20° e 21°) che si compongono ciascuno di 72 lettere ebraiche.
Questa parte della Cabala prende il nome di Cabala letterale.
Per la traslitterazione e per il valore numerico dell'Alfabeto Ebraico vedasi anche lo schema utilizzato da Sir McGregor Mathers
presente nel suo Magia della Cabala, ricordando che l'Ebraico, come l'egiziano antico e l'arabo, non usa lettere per le vocali, che
sono comunque espresse nella lingua parlata.

6
I Sentieri e le Corrispondenze Astrologico Planetarie
La Scuola A: Per la scuola della Golden Dawn, non è stato usato lo schema di Mathers, ma quello di Regardie riportato nel suo Il
giardino dei Melograni, dalla Cabala alla Magia, sia per quanto riguarda i riferimenti astrologici sia per la loro corrispondenza
con i sentieri. L'unica inversione è lo scambio tra gli Arcani VIII e XI.

La Scuola B: l'Ariete e l'Acquario sono circondati in rosso, perché nel Libro di Thot, l'Imperatore risulta associato alla lettera
Tzaddy ed al Segno dell'Acquario, mentre la Stella viene posta in relazione alla lettera Heh ed all'Ariete. Forse si tratta di un
errore di stampa, perché sia nello schema riportato in Magick, che nel libro di Negrini, come anche nel mazzo dei Tarocchi di
Crowley, è l'Ariete ad essere associato alla lettera Tzaddy.
La vera differenza con le altre scuole, si trova comunque nell'inversione delle due lettere Lamed e Samech rispetto alla Forza ed
alla Giustizia. Inversioni che si ritrasmettono, ovviamente, anche nelle sequenze dei valori numerici e sull'attribuzione del
sentiero.

La Scuola C: Le corrispondenze sono come quelle della Golden Dawn con però l'attribuzione della lettera Shin al Matto. Non
possiedo attualmente le corrispondenze dei sentieri.

La Scuola D: Ho ricavato le corrispondenze planetarie, astrologiche ed anche delle lettere ebraiche, basandomi sulle indicazioni
per trovare il giorno della settimana ed il mese dell'anno durante una divinazione. Ci sono delle differenze per quanto riguarda i
pianeti e le corrispondenze dei sentieri non sono riportate.

Breve analisi dei cambiamenti più evidenti, nell'iconografia degli Arcani Maggiori, dal
mazzo Visconti a quello di Crowley
Sono stati presi in considerazione solo i mazzi delle scuole esoteriche tradizionali fin qui trattati e le loro caratteristiche più
significative. I nomi delle carte si riferiscono a quelli entrati nell'uso comune e non alle numerose varianti scomparse. Per le
simbologie complete ed i significati, si rimanda a libri specifici.

Il Matto: Nel mazzo Visconti (1450) è rappresentato da un uomo, ridotto quasi a uno stato primitivo, con le vesti lacere,
seminudo, con una clava in mano e delle penne tra i capelli. A partire dal mazzo di Marsiglia (1751) sono presenti le
caratteristiche del cane, del bastone del pellegrino e del sacco in spalla. Il cane che morde la gamba del matto si trova solo nel
mazzo di Wirth (1889). Nel mazzo di Waite (1927) assomiglia alla figura romantica di un poeta. Crowley (1944) sconvolge
completamente la figura rendendola unica nel suo genere: con la testa "tra le nuvole" e le suole che non toccano terra.

Il Mago: Con il mazzo Raider Waite (1927) perde il nome di Le Bateleur (prestigiatore, giocoliere, imbroglione) tradotto con
Bagatto e diventa poi The Magician, forse in riferimento al mago occultista dei primi del '900. Nel tarocco di Marsiglia (1751),
dove ha oggetti simili a quelli del Visconti, la chiave di decifrazione è collegata soprattutto ai colori, considerati come riferimenti
ai diversi piani di realtà cabalistici (spirito, materia, ecc.).
Nel mazzo Wirth (1889) scompaiono i dadi dal tavolo a tre gambe e appaiono i quattro strumenti dell'Arte Magica: il bussolotto
per tirare i dadi diventa la coppa, il pugnale diventa la spada, i denari si trasformano nel pentacolo e la bacchetta viene sostituita
dalla Verga Magica. In Waite (1927) i quattro oggetti magici ritornano a essere cinque come nel mazzo Visconti (1450). La loro
identificazione avviene attraverso i quattro semi degli arcani minori, secondo l'associazione Bastoni = Fuoco; Spada = Aria; Coppe
= Acqua ; Denari = Terra. In totale ancora quattro elementi che il mago desidera padroneggiare attraverso un 5° elemento: la sua
Volontà, rappresentata dalla bacchetta Magica che tiene in mano.
Crowley (1944) crea tre Maghi diversi, chiamati rispettivamente: l’Astrologo, Il Bagatto ed il Magus, ognuno con sue
caratteristiche. (É possibile trovarli tutti e tre nel suo mazzo). Il cappello dalla caratteristica foggia a 8 orizzontale si trasforma nel
simbolo dell'infinito a partire dal mazzo Wirth (1889), ma con Waite (1927) si separa dal cappello per andare a "brillare" al di
sopra della testa del Mago.

La Papessa o Gran Sacerdotessa : Nel mazzo Visconti (1450) è disposta frontalmente, indossa un abito monastico e reca
sulla testa il Triregno, cioè la tiara papale che rappresenta i tre regni della fede. Nella mano destra tiene la Croce astile e nella
7
sinistra il libro della Sapienza chiuso. Nel Marsiglia (1751) è seduta di tre quarti, la croce è dissimulata nell'allacciatura dell'abito
e compare un velo appeso dietro la sua testa. Il suo nome è la Papesse.
Nel Grand Etteilla (1778) diventa una donna nuda circondata da una spirale serpentina cosmica. In Wirth (1889) ritornano il
Triregno, sormontato da una falce di Luna crescente, l'allacciatura a Croce ed il Libro, con sovrimpresso il simbolo del Tao. È
presente anche il Velo, ma stavolta agganciato a due Colonne di diverso colore.
In Papus (1909) prende il nome di The Popess, sono presenti due Colonne una bianca e nera, in stile egizianeggiante e il Velo
arriva fino a terra. Il Velo sulla testa della papessa le copre gli occhi; il Triregno "lunare" di Wirth viene trasformato nella Corona
Luni-Solare Egizia della Dea Hator, che ricorda il simbolo della Triplice luna, ma il tutto rinvia in realtà al Velo di Iside, che deve
essere sollevato per accedere alla vera Conoscenza. La Croce dissimulata nella veste, torna a essere un simbolo evidente.
Con Waite (1927) prende il nome di The High Priestess, traducibile come Grande (Suprema) Sacerdotessa in un’ottica ancora più
pagana. Viene mantenuta la Triplice corona lunare e sulle colonne egizie vengono apposte le lettere J e B rendendo evidente la
connessione con le due Colonne del Tempio Massonico: Jachin e Boaz. Il Velo alle sue spalle è ricamato con un motivo a
melagrane, simbolo di fertilità della Dea, ma anche usato dalla Massoneria per indicare la fratellanza nella molteplicità degli
Esseri. La Sacerdotessa tiene un piede su una falce lunare, secondo l'iconografia della Madonna cristiana. Il libro si trasforma nel
rotolo della Torah. La croce sulla veste diventa quadrata e bianca e nella mano sinistra tiene due chiavi.
Crowley (1944) mette soprattutto in evidenza il concetto del velo, che la Papessa spiega con le sue mani davanti a noi,
similmente a una rete, indicandoci, quindi, il Velo di Maya. Sulle gambe non ha un libro ma l'arco e le frecce dell'intenzione
penetrante che cerca il suo bersaglio, la conoscenza.

L'imperatrice: Nel mazzo Visconti (1450) è frontale, incoronata e sostiene con la destra uno scudo con dipinta un aquila. Porta
guanti verdi, il colore di Venere, con i quali non viene toccata dal mondo e nell'abito dorato ci sono decori formati da tre anelli
intrecciati, che costituiscono la Triplicità Lunare. Nel Marsiglia (1751) i guanti spariscono, lo scudo con aquila passa a destra,
mentre con la sinistra sostiene uno scettro allungato con in cima il globo tripartito imperiale, sormontato dalla Croce.
In Wirth (1889) ha le ali, poggia il piede su una luna rovesciata, lo scettro diventa un'asta, un giglio spunta al suo fianco e 9 stelle
le circondano la testa. Ricalca quasi completamente quella più egizianeggiante proposta da Papus (1909).
Nel mazzo Waite (1927) le stelle sono 12 come i segni zodiacali e diventano parte della corona. L'arma nobiliare, appoggiata ai
suoi piedi, prende la forma di un cuore con l'emblema di Venere. L'Orbe diventa quasi un pestello e l'abito ha la stessa stoffa
decorata a melagrane che aveva la Papessa. Un campo di spighe e un ruscello, la associano alla dea Demetra.
In Crowley (1944) le simbologie mutano: è di tre quarti e non ci guarda negli occhi, lo scettro diventa il loto di Iside, lo stemma
nobiliare riporta un'aquila alchemica a due teste e a destra è rappresentato il pellicano che nutre i suoi cuccioli con il suo stesso
sangue, ad indicare Madre Natura.

L'imperatore: Nel mazzo Visconti (1450) è di tre quarti, ha il globo imperiale nella sinistra e una verga sottile nella destra. Nel
Marsiglia (1751) globo e verga si sono uniti a formare lo scettro sormontato dall'orbe. È di profilo, girato verso sinistra, tiene le
gambe incrociate a formare un 4 e ai suoi piedi è presente l'arma con l'aquila. Nel Grand Etteilla (1778) è rappresentato
unicamente dal Sole.
In Wirth (1889) ha di nuovo il globo nella sinistra, uno scettro nella destra. È voltato di profilo verso sinistra e seduto sul cubo del
mondo materiale su cui è disegnata l'aquila. Ricorda quello di Papus (1909), anche se in questo caso si tratta di un Faraone.
Nel mazzo Waite (1927) è seduto in trono, frontale, con le gambe divaricate. Tiene un globo d'oro nella sinistra e uno scettro
nella destra, somigliante a una Chiave della Vita egiziana, dissimulata, oppure a una Tau. Le spalliere del trono hanno teste di
Ariete, motivo ripreso da Crowley (1944) che preferisce l'imperatore che troneggia frontalmente. Le sue gambe sono accavallate
a formare una Tau, mentre lo scettro ha testa d'ariete e il globo è sormontato da una croce a otto punte. Ricompare lo scudo
sormontato da un'aquila a due teste, con accanto l'agnello mistico che si sacrifica per il mondo.

Il Papa o Ierofante: Nel mazzo Visconti (1450) è seduto frontalmente e porta il Triregno. Con la sinistra tiene la Croce astile,
mentre con la destra è in atto benedicente. Indossa come l'Imperatrice guanti, ma stavolta bianchi. Nel Marsiglia (1751)
benedice due chierici, ma la Croce astile diventa Croce papale a tre bracci di grandezza decrescente, in riferimento alla Trinità.
Indossa un guanto nella destra con disegnata una croce e compare anche un trono di cui si intravede la spalliera, somigliante a
due colonne.
In Wirth (1889) indossa entrambi i guanti e non ci sono altri cambiamenti particolari, a parte i colori. In Papus (1909) ha la croce
a tre bracci, ma è un sacerdote egiziano che indossa la corona di Hator, mentre benedice due persone. Anche il resto della scena
è egiziana.
Nel mazzo Raider Waite (1927) viene chiamato The Hierophant, Lo Ierofante, invece che The Pope, ancora una volta in un'ottica
più pagana. Le colonne del trono, diventano due vere colonne e compaiono due chiavi incrociate ai suoi piedi.
Nel mazzo Crowley (1944) non sono più presenti i chierici, ma compare una dea egizia. La croce papale nella mano sinistra
presenta tre cerchi, al posto delle tre aste, mentre con la mano destra è ancora benedicente, ma il braccio non è sollevato, ma
disteso con il palmo rivolto verso di noi e le dita puntate verso il basso. È circondato dagli animali dell'apocalisse e da molto altro.

8
Gli Amanti: Nel mazzo Visconti (1450), un cupido bendato in cima a una colonna, sta per colpire un uomo che tiene la mano di
una donna che si è tolta uno dei suoi guanti verdi. Nel Marsiglia (1751) prende in nome di L'amoreaux: l'innamorato. C'è ancora
cupido, che vola in alto nella luce del sole e non è bendato. In questo caso sta per colpire un uomo confuso, incapace di scegliere
tra due dame. Nel Grand Etteilla (1778) prende il nome di Marriage e Lìason. È presente un vescovo o un papa, che sta per
sposare due giovani.
Il mazzo di Wirth (1889) si rifà a quello di Marsiglia, come anche quello di Papus (1909) il cui cupido indica con molta precisione
quale donna dovrebbe essere scelta. In entrambi i mazzi l'uomo ha un gesto di chiusura, con le braccia incrociate sul petto, a
indicare che non vuole essere tirato né da una parte né dall'altra. Le due donne hanno l'aspetto di una regina e di una baccante,
forse per indicare due tipi di forze vitali contrapposte.
Nel mazzo Raider Waite (1927) la carta prende il nome di The Lovers, gli amanti, che al cospetto di un Angelo del Paradiso sono
diventati Eva e Adamo, vicini, ognuno, a un albero. Con Crowley (1944), diventano la Regina ed il Re alchemici.

Il Carro: Nel mazzo Visconti (1450) una donna, di profilo, con le stesse insegne regali della carta dell'Imperatore, siede su un
carro trainato da due cavalli alati: si tratta della Vittoria. Dal Marsiglia (1751) il carro sarà guidato da una figura maschile con
delle decorazioni lunari sulle spalle e l'immagine diverrà frontale. Da Wirth (1889) i due cavalli diventano due sfingi.
Crowley (1944) trasforma le sfingi nei quattro animali viventi dell'Apocalisse di Giovanni. Questi sono i quattro angeli che
presiedono al governo del mondo fisico rappresentando ciò che nella creazione vi è di più «nobile, forte, saggio ed agile». Da
dopo S.Ireneo il cristianesimo li ha associati ai quattro Evangelisti, ai "quattro pilastri del mondo", ai punti cardinali e ai quattro
elementi: Fuoco = Leone; Aria = Aquila; Acqua = Angelo; Terra = Toro.
Tutti insieme i quattro animali vanno a rappresentare il corpo stesso della Sfinge egizia, caratterizzato dal dorso taurino,
sormontato da ali d'aquila, con zampe di leone e testa di donna o angelo. In nessun carro sono mai usate redini a parte nel
Grand Etteilla (1778), con chiaro riferimento alla capacità di saper guidare la propria vita nella direzione voluta senza sforzo, con
piena collaborazione degli stati d'animo rappresentati dalle creature "Elementari".

La Giustizia: La carta mantiene in tutti i mazzi le caratteristiche classica di Donna, mai bendata, che tiene una bilancia con la
mano sinistra e una spada rivolta verso l'alto, nella mano destra. Solo in Crowley (1944) la Donna diventa essa stessa una bilancia
che tiene puntata la spada della ragione verso il basso mantenendosi con essa in equilibrio da sola.
Nel mazzo pubblicato dalla Scarabeo, nell'edizione del 1990, la carta della Giustizia è tradotta con Aggiustamento. Nel Libro di
Thot nell'edizione italiana del 1989 è tradotta con Adeguamento. Negrini, nel suo libro sui Tarocchi di Crowley, del 1989, la
traduce invece con Adattamento. Nel mazzo inglese è data come Adjustement.

L'eremita: Nel mazzo Visconti (1450) è rappresentato come un vecchio uomo con una clessidra e un bastone, ricordando
vagamente Saturno. In tutti gli altri mazzi la clessidra viene sostituita da una lanterna e l'uomo assume l'abbigliamento di un
monaco con mantello e cappuccio, che ricorda l'eremita dell’Atalanta Fugìens di Maier, che cerca e segue nel buio le orme della
Natura.

La Ruota della Fortuna: è ispirata alla Ruota della Fortuna che si trova in palazzi e cattedrali medievali e rinascimentali. Nel
mazzo Visconti (1450) ci sono 4 persone, un vecchio che sostiene la ruota sulla schiena, due persone che salgono e scendono una
di esse con la coda e in cima, su una base esagonale, una quarta persona con orecchie animali ci guarda in ginocchio come un
animale ammaestrato. Dei cartigli, srotolati davanti alle loro bocche a mo' di pionieristici baloons, riportano le scritte «Regno,
Regnavi, Sum sine regno, Regnabo» come monito della sorte alterna e instabile. La fortuna, alata e bendata, campeggia al centro
di questa specie di circo.
Nel mazzo Marsiglia (1778) le 4 persone vengono sostituite direttamente da tre animali in abiti umani: una sfinge coronata, una
scimmia e probabilmente una lepre. L'uomo anziano lascia il posto al basamento della ruota che viene azionata a manovella,
ricordando ancora una volta un circo ammaestrato, le cui sorti sono nelle mani di un "gran burattinaio occulto" ovvero il Destino.
Da Wirth (1889) in poi i personaggi rimangono tre e il tutto assume elementi egiziani, magici e alchimistici.

La Forza: Nel mazzo Visconti (1450) è rappresentata da una specie di Ercole in abiti rinascimentali che con una clava sta per
colpire un leone. Nelle carte del Mantegna (1470) compare al suo posto una Donna che indossa un'armatura leonina, mentre
una testa di leone le copre la testa come un cappuccio. Un leone in carne e ossa fa capolino dietro le sue gambe, mentre Lei, con
estrema facilità spezza distrattamente una colonna, come fosse niente.
Dal Marsiglia (1778) a Waite (1927) la carta viene rappresentata da una Donna, in sembianze sempre più gentili, che apre la
bocca di un leone senza usare la forza. Indossa un copricapo a forma di otto come il Mago ed anche in questo caso, l'otto tende a
rendersi sempre più evidente, fino a diventare il simbolo dell'infinito sospeso sulla sua testa nel mazzo di Waite.
Crowley (1944) modifica la carta in una Donna che cavalca un leone a sette teste, e la ribattezza la Voglia, o meglio Lust nel
mazzo inglese. Il riferimento è alla sua dottrina esoterica «Della nostra signora Babalon e della Bestia che essa cavalca».

9
L'appeso: In tutti i mazzi mantiene la caratteristica di un uomo appeso per il piede destro a una trave che ricorda il supplizio
iniziatico del Dio nordico Odino. Le mani sono legate dietro la schiena e la gamba libera è incrociata dietro come quella
dell'imperatore a formare un 4. Nel mazzo di Wirth (1889) dalle tasche gli cadono dei denari. Nel Grand Etteilla, è una Donna che
con una mano si solleva la gonna per vedere un serpente che le traversa la strada, con l'altra impugna il Caduceo di Hermes. Il
suo nome è Prudence. Nel mazzo Waite (1927) è appeso per la gamba sinistra e non a una trave sorretta da due tronchi, ma ad
un tronco da cui sporgono due rami fronzuti, creando così la forma di una T. La testa dell'uomo è circondato da un'aureola di
luce.
In Crowley (1944) è di nuovo appeso per la gamba destra, ma le mani non sono più legate, bensì inchiodate come anche il piede
libero. È ancora nella posizione del 4, ma non è appeso a un albero, ma alla Chiave della Vita egizia (l'Anek), capovolta.

La Morte: Dalla classica morte con la falce, che miete indifferentemente le teste della gente comune come quelle dei re, si
passa alla carta di Waite (1927) dove la morte, in armatura e a cavallo, ricorda vagamente la litografia di Durer intitolata: il
Cavaliere, la Morte ed il Diavolo. In questa immagine porta un vessillo con il simbolo della Rosa Luterana, senza la croce, che
ricorda sia i Rosa Croce che la fede protestante degli anglosassoni in contrapposizione alla chiesa di Roma. Sotto gli zoccoli del
cavallo si vedono un re morto, che ha perduto la corona, un bambino che piange, una donna che allontana lo sguardo e un Papa
che, decisamente piccolo di fronte alla morte, la prega restando in piedi. Un sole tra due colline, al di là delle acque fa pensare
all'alba, e cioè alla nascita attraverso la porta della vita femminile, alla rottura delle acque.
La carta di Crowley (1944) ritorna alla morte con la falce, ma in una apoteosi di simbolismi trascendentali, tra cui i fili della vita
lungo i quali le anime scendono e ascendono verso l'infinito.

La Temperanza: In quasi tutti i mazzi si tratta di una donna, alata, che mescola due liquidi usando due vasi, uno tenuto in alto
e uno in basso, secondo la legge delle corrispondenze della Tavola di Smeraldo (**) per cui ciò che è sopra va mescolato con ciò
che è sotto "per fare i miracoli della cosa unica".
Nel mazzo Visconti (1450) non ha le ali, così come in quello di Papus (1904) e in quello di Crowley (1944), dove sembra
l'Androgino alchemico e cambia nome in Arte, con chiari riferimenti iconografici al Solve et Coagula.

Il Diavolo: Nel mazzo dei Visconti (1450) il diavolo, metà uomo e metà capra, immerso nelle fiamme insieme a due dannati,
tiene un forcone con la destra. Nei mazzi Marsiglia (1751) e Grand Etteilla (1778) prende le fattezze dell'Arpia, l'animale
mitologico greco, con il seno di donna e le ali e le zampe di uccello. I due dannati diventano due diavoli, rispettivamente una
donna ed un uomo, con coma e coda. Nel Grand Etteilla l'uomo è nero ed entrambi non hanno la coda. Il forcone si trasforma in
una fiaccola. Solo nel Marsiglia (1751) è invece una spada tenuta con la sinistra.
Nel mazzo di Wirth (1889) il diavolo-arpia si trasforma nel Baphomet (un'enigmatica figura con la testa di capro, che si ritrova in
diversi esempi nella storia dell'occultismo) templare con zampe di capra, la massima alchemica del Solve et Coagula tatuata sulle
braccia, il simbolo di Mercurio sulla zona degli organi sessuali e un pentacolo sulla sua fronte. La fiaccola viene mantenuta rivolta
verso l'alto, con l'aggiunta di un lume nella mano sinistra. I due diavoli hanno perduto la forma umana e sembrano un Pan, di
color verde, ed una Panisca rossa.
Con Papus (1909) tornano il Baphomet, la stella a cinque punte diritta ed i riferimenti alchemici. Nessuna fiaccola è presente, ma
le dita in segno benedicente indicano "il basso e l'alto". Nel mazzo Raider Waite (1927) il pentacolo viene rovesciato insieme alla
fiaccola, indicando chiaramente Satana che riprende le sembianze di rapace con la testa di capra e le ali da pipistrello, senza seno
femminile. La luce alzata di Wirth e quella abbassata di Waite fanno pensare ai due dadofori di Mitra, con un qualche riferimento
alle porte solstiziali di Porfirio, attraverso le quali le anime ascendono e discendono, cosi come la Luce vince sulle Tenebre o ne
viene ciclicamente sconfitta, nell'eterna lotta tra gli opposti che creano la Vita.
I due diavoli, femmina e maschio hanno sembianze umane, mantenendo la coda e le simbologie panico-dionisiache.
Crowley (1944) cambia completamente l'immagine trasformandola nel simbolo dell'energia sessuale dionisiaca, esplosiva e
compressa, ma pronta a eruttare la sua potenza domata. La donna e l'uomo si moltiplicano e trasformano in tante piccole
persone simili a spermatozoi antropomorfi, esseri potenziali, che si agitano impazienti di uscire dai testicoli di questo vulcano
atomico. Un caprone bianco incoronato di fiori e provvisto di terzo occhio, domina sorridente e sereno il centro della scena.

La Torre: Nel mazzo di Marsiglia (1751) sono riportati i nomi di Maison de Dieu e Tower of Distruction; Nel Grand Etteilla
(1778), dove le carte sono nominate sempre da due lati, si chiama Prison e Misere o Poverty. Non vi sono personaggi umani, ma
due palazzi, di cui uno solo viene colpito.
Nel mazzo di Wirth (1889) presenta solo il nome di Maison de Dieu e sulla testa di uno dei due uomini, in caduta libera, compare
una corona. La stessa sorte colpisce tutti, come nella Morte e nella Ruota della fortuna. Quella che sembra essere una pioggia di
diverse energie colorate, comparsa già nel Marsiglia, diventa una pioggia di fuoco nel mazzo di Raider Waite (1927), dove anche
la torre ottiene una Corona.
Con Crowley (1944) il lampo che distrugge la torre si trasforma nell'occhio di Dio, il cui sguardo spinge gli abitanti della torre a
gettarsi di sotto, mentre un mostro dal basso devasta le fondamenta con alte fiamme che gli escono dalla bocca.

10
Le Stelle: Nel mazzo Visconti (1450) è presente una Donna con una stella in mano. Dal tarocco di Marsiglia (1751) in poi la
donna si trasforma in sorgente infinita, con l'introduzione di due vasi che versano, uno in terra e uno in un fiume, un liquido
inesauribile.
La stella non scompare, ma va a posizionarsi progressivamente in cielo al centro della scena, fino a venir circondata da altre
stelle, come nell'immagine del foglio Cary.
In Crowley (1944) le altre stelle non compaiono e la Donna tiene uno dei vasi sollevato in alto a indicare che esso riceve il fluido
direttamente dalle influenze cosmiche.

La Luna: La carta Visconti (1450) è rappresentata da una Donna con la Luna nella mano destra, mentre con la sinistra incrocia i
cordoni della sua veste, come due serpenti dissimulando forse il caduceo di Ermete. Dal mazzo di Marsiglia (1751) in poi la
Donna diventa la Luna con volto femminile che riversa i suoi raggi sul mondo. Sono presenti le torri, le acque di un lago ed il
gambero lunare, come nel foglio Cary, ma con l'aggiunta dei cani che in Wirth sono rappresentati uno bianco e uno nero.
Un ruscello proveniente dalle montagne compare a partire da Wirth (1889), ma solo con Waite (1927) si riversa nel lago. In
Papus (1909) la Luna è in posizione decrescente e trasforma i raggi lunari nel Tetragràmmaton (il Tetragramma Biblico è la
sequenza delle quattro ebraiche che compongono il nome proprio di Dio descritto nel Tanakh: in ebraico: ‫( יהוה‬yod, he, waw, he,
da leggersi da destra a sinistra. In passato era largamente attestata la traslitterazione JHWH) con le lettere ebraiche sviluppate
come la Tetraktis pitagorica (1 +2 + 3 + 4 = 10).
Nel mazzo Crowley (1944) la falce lunare è rivolta verso la terra, mentre il disco solare nella forma del dio scarabeo Kepher
viaggia sotto terra, come nei testi sacri egizi. La carta di Crowley, rende manifesto quello che nelle altre carte sembra più
dissimulato, cioè che la simbologia della carta si riferisca al parto: le due torri sono infatti le due gambe aperte e piegate della
Madre in attesa di partorire, le acque della vita sono le acque in attesa di aprirsi, di rompersi, il ruscello spiraliforme ricorda il
cordone ombelicale, che in Wirth è rosso come il sangue, elemento della Vita.

Il Sole: Nel mazzo Visconti (1450) è rappresentato da un cupido che regge un sole con testa umana, stando in piedi su una
nuvola. I Tarocchi di Marsiglia (1751) si rifanno al foglio Cary e al Sole si aggiungono due gemelli. In Papus (1909) sono due
bambini, un maschio e una femmina che si tengono teneramente per mano, mentre in Wirth (1889) sono adulti.
Waite (1927) li sostituisce con un ridente bambino a cavallo. In Papus (1904) i raggi solari si trasformano nel Tetragràmmaton
sviluppato, come con la Luna, attraverso la Tetraktis. In Crowley (1944) il Sole brilla in mezzo ai segni dello zodiaco, mentre due
bambini con ali di farfalla danzano tra i suoi raggi.

Il Giudizio: Nel mazzo Visconti (1450) Dio si manifesta tra le nuvole, con una spada in mano, in mezzo a due angeli che suonano
le trombe del giudizio, mentre i morti (un uomo anziano, una donna e un ragazzo) risorgono nella carne dalle loro tombe. Nel
Marsiglia (1751) in cielo vi è un solo angelo e da questo mazzo in poi lo schema si mantiene fisso. Cambiano solamente le tre
persone che evolvono in madre, padre e figlio.
Crowley (1944) ribattezza Il Giudizio come l'Eone collegandolo alla corrente esoterica da lui stesso sviluppata. L'immagine è
egiziana, con il corpo della dea Nut a simboleggiare la porta del cielo attraverso cui entrerà nel mondo il nuovo eone di Horus. Ci
sono ancora i morti in attesa di rinascere, ma sono tre piccole figure in posizione fetale, indistinguibili una dall'altra, ognuna
all'interno delle tre "fiammelle" della lettera Shin.

Il Mondo: Nel mazzo Visconti (1450) si vedono due cupidi che sorreggono una sfera con dentro una città circolare in mezzo alle
onde, stagliata contro un cielo stellato: si tratta della Gerusalemme Celeste. A partire dal mazzo di Marsiglia (1751) si stabilizza
un’immagine completamente diversa derivata. Vengono aggiunti agli angoli della carta i 4 animali dell'apocalisse, che fanno da
cornice a una corona floreale centrale nella quale compare una Donna nuda, con una stola su una spalla, che le ricade sui fianchi.
Nel Grand Etteila (1887) e in Papus (1904) la corona floreale rimane circolare e si trasforma nell'Ouroboros alchemico
(L'Ouroboros è un simbolo molto antico, presente in tutti i popoli e in tutte le epoche. Rappresenta un serpente o un drago che si
morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine), mentre nel mazzo di Marsiglia e in Crowley (1944) assume la forma di
mandorla mistica o vescica piscis, (la porta della vita femminile). La donna ha due bacchette in mano, con le gambe incrociate
nella posizione del 4 come l'imperatore e l'appeso. Solamente in Wirth, non ha le gambe incrociate e tiene le bacchette con una
sola mano. Crowley chiama questa carta l'Universo e trasforma la stola in un serpente, proveniente dall'occhio di Dio, che danza
insieme alla Donna.

Elena Frasca Odorizzi

11
I Tarocchi e il percorso iniziatico dell'adepto tra le due colonne
Nell'antico Egitto, l'Iniziando che volesse intraprendere la strada dei Misteri, veniva sottoposto a prove durissime e severissime,
una delle prove consisteva nell'interpretazione di alcune tavole che rappresentavano il simbolismo dei 22 Arcani Maggiori dei
Tarocchi, secondo le tradizioni sacre dell'Egitto. Con questo articolo mostrerò come il Cammino del Massone si muova in
parallelo al percorso iniziatico dei Tarocchi.

L'aspirante massone, dopo avere superato le tre prove, viene accolto definitivamente nella Loggia con il grado di Apprendista.
Oltre agli utensili di lavoro, scalpello e maglietto, che gli saranno indispensabili a modellare e squadrare la pietra grezza, gli
vengono dati in dono tre elementi, fuoco, acqua, aria, per iniziare la prima parte della Grande Opera (1 Bagatto).
Racchiuso in un rigoroso silenzio inizia la propria trasformazione cercando di scoprire i misteri velati, osservando il lavoro dei
Compagni e ascoltando le parole dei Maestri (2 Papessa). L'Apprendista, che tramite la sua iniziazione, ha destato il suo Io
cosciente, cerca di ampliare il suo orizzonte e il suo potere intellettivo (3 Imperatrice), che lo condurrà al riconoscimento del
materiale (4 Imperatore) e dello spirituale (5 Papa), per raggiungere cosi la sua completezza. Sarà, ora, in grado di potere
operare quelle scelte che condizioneranno tutto il suo cammino (6 Amanti).
Ha infatti realizzato la sua spiritualità attraverso il sacrificio e la lotta, ha preso atto della sua dimensione corporea attiva e ora ha
voglia di muoversi (7 Carro), ma è anche consapevole che riceverà ciò che gli spetta in conseguenza al suo modo di essere e di
agire (8 Giustizia). Ormai l'Apprendista, attraverso la presa di coscienza delle leggi, ha capito che c'è qualcosa di più importante e
grande delle esteriori conquiste, che non potrà avanzare se non terrà conto della totalità dell'azione. L'adepto che ha percorso
tutte le tappe, dopo aver acquistato i primi poteri sull'intuizione e sulla ragione, la volontà e la conoscenza, e dopo aver scelto e
tracciato la sua via, con equilibrio tra irruenza e moderazione, ed essersi, poi, isolato nella meditazione della strada percorsa e
sul grado di conoscenza raggiunto (9 Eremita), ha definitivamente capito come in tutte le cose della vita vi sia un positivo ed un
negativo e un'alternanza ciclica (10 Ruota della Fortuna).
La conoscenza delle Leggi Universali lo fa rilassare. Ora può guardare anche in alto e improvvisamente, in fondo alla sua colonna,
scorge la statua di Ercole e capisce che ora, come fece Lui, può domare anche le forze più crude, senza bisogno di contrapporsi
con la forza bruta, ma con l'intelligenza e con l'amore (11 Forza). Ercole è un figlio di Giove, come lui è un figlio del Dio
Universale.
Qui si conclude il Ciclo della Via Dorica che ha portato, l'apprendista al possesso di una forza superiore, la potenza magica,
esercitata domando la violenza con la dolcezza ed identificando il proprio volere individuale con la Volontà Universale.
Il tarocco, che fa da transizione dalla colonna di Boaz a quella di Jakin, è l'arcano maggiore l’Appeso (12), simbolo di chi compie il
sacrificio di se stesso, disposto a dimenticare ogni suo possesso ed ogni sua personale voglia. È anche il simbolo dello Zolfo
rovesciato, che in Alchimia è l'ideogramma di un'acqua che abbia subito una serie completa di distillazioni purificatrici. Dal punto
di vista iniziatico, si tratta dell'anima interamente purificata e fortificata dalle prove della vita.
L’Aleph (Bagatto) sorretto dall'abnegazione e dall'umiltà, di chi sa di dover affrontare altre prove, si dispone a morire
ritualmente, per rinascere ad una vita superiore conferita dal passaggio di grado (13 Morte). L'Apprendista, ormai acceso dal
fuoco interno costruttivo e realizzativo, potrà ora passare all'Opera in Rosso per sviluppare la conquista del Sole, concreta e
ragionata, che dovrà portare al superamento dei valori materiali, ma solo dopo averli conquistati, posseduti ed esercitati.
Ciò che si trova nel recipiente lunare passa a quello solare, con il passaggio a Compagno (14 Temperanza). Durante l'Iniziazione
gli vengono fomiti altri strumenti utili per compiere l'Opera: il Regolo, la Squadra, il Compasso, che danno la possibilità di
disegnare un progetto più grande o più piccolo, a seconda del valore di espansione che l'individuo è in grado di raggiungere; la
Livella per mettere in pieno assetto equilibrato ciò che viene costruito; la Cazzuola per amalgamare il materiale informative che
durante l'apprendistato è stato recepito. La sua Opera sarà ora quella di affrontare le tentazioni del mondo materiale, coloro che
spingono a trascurare il bene comune per il beneficio individuale egoistico, il desiderio di affermarsi, l'istinto di conservazione e
la sessualità.
Ma l'uomo, che ha raggiunto un buon grado di sviluppo intellettivo, saprà come trasformare il vizio in virtù, non con frustrazioni
e rinunce, ma con il rispetto del proprio corpo e delle proprie aspirazioni terrene che giovino alla sua vita senza nuocere agli altri,
nel rispetto delle Leggi Universali (15 Diavolo). Gli vengono ricordati la "verità", "l'agire corretto" e "il pensiero modesto" che
sono il vero scopo dell'iniziazione, perché, chi costruisce una immagine falsa di sé con menzogne e immodestia,
immancabilmente crollerà, come un edificio che non è stato costruito su solide fondamenta (16 Torre).
Venere, dea della bellezza e dell'amore, lo sosterrà nel continuare le prove invitandolo a gustare le gioie delle conquiste
ottenute, ma per godere dei suoi favori esige, in cambio, il coraggio di vivere e un armonioso lavoro al servizio degli altri (17
Stelle). Con intelligenza superiore, con discernimento e con equilibrio psichico, egli dovrà affrontare, ora, le insidie del buio, i

12
propri fantasmi e le proprie e le false soluzioni che potrebbero presentarsi come facili scorciatoie della difficile via. Dovrà capire
la necessita della fede e della purezza, senza, però permettere che, questa, diventi bigottismo e, che, l'ordine e l'obiettività
materiale si trasformino in rigore e pignoleria.
Il cammino è tortuoso e pieno di tranelli. All'inizio sembra andare in una direzione e poi svolta improvvisamente, ma se manterrà
la mente aperta e la disponibilità ad accettare i cambiamenti di rotta, avrà la possibilità di rivedere e valutare gli obiettivi. Dopo
aver raggiunto, anche, la capacita di discernimento dell'azione (18 Luna), raggiungerà, finalmente, il Sole che è il trionfo della
conoscenza e della ragione, la rinascita spirituale negli ideali raggiunti, la luce della coscienza e il calore dell'amore.
É la nascita dell'essere completo, nuovo, più maturo e più saggio (19 Sole).
Il Compagno che è riuscito a fondere in sé gli opposti del Fuoco e dell'Acqua, del maschio e della femmina, la ragione e
l'intuizione dovrà essere pronto a morire, nuovamente, nei valori terreni per risorgere a quelli spirituali che gli permetteranno di
continuare il viaggio, ma perché ciò accada, egli dovrà rendersi conto del suo passato e di ciò che è stato. Dovrà accettare i propri
errori e i propri peccati, non solo contro di sé, ma anche contro gli altri. Così potrà risorgere dalla morte iniziatica con spirito
purificato, poiché ha spiritualizzato la materia e si è liberato delle sue schiavitù e debolezze (20 Giudizio).
Una volta raggiunto le Vette della conoscenza, l'Adepto si accorge che ci sono altre vette da scalare che ciò che pensava di avere
conquistato non è nulla al confronto del lavoro che deve ancora fare. A questo punto, l'autocontrollo e la ragione possono
vacillare, ma è consapevole che se non vuole accontentarsi di quella poca conoscenza che porta nella bisaccia, dovrà rimettersi in
viaggio. Riprenderà quindi il Cammino. Dapprima ondeggiante tra crepacci e precipizi, formati dagli impulsi e dalle tentazioni
ancora non completamente eliminati, poi, improvvisamente, metterà un piede in fallo e questo lo risveglierà.
Camminare sul filo del rasoio, con la paura continua di precipitare è più faticoso che raggiungere quel mondo dalle possibilità
illimitate (21 Matto), dove potrà spogliarsi di quegli indumenti sporchi e laceri per rivestire, nuovamente, i panni del Bagatto. Nel
Tempio dei Misteri potrà accedere alla visione della realtà totale del mondo materiale e all'intuizione della realtà invisibile a ogni
essere umano e alla percezione del soffio di Dio.
Nel Mondo sono infatti sintetizzati tutti i concetti materiali e spirituali incontrati negli altri Arcani Maggiori: i quattro punti
cardinali, i quattro elementi, i quattro Evangelisti, le due vie dell'iniziazione, la Dorica e la Ionica e l'Ouroboros (***) (22 Mondo).
Da qui, potrà ricominciare un nuovo e superiore ciclo di crescita con la coscienza che le difficoltà e i pericoli da affrontare
saranno sempre più difficili, perché le strade si faranno sempre più ripide e i sentieri sempre più stretti e gli abissi, da superare,
sempre più larghi e profondi.

Simonetta Lorenzo

Definizioni di Archetipo (*)


CARL GUSTAV JUNG
Partendo dall'analisi dei sogni dei suoi pazienti, Jung riscontra come certe immagini, concetti e situazioni vissute in sogno e non
riguardanti l'esperienza personale, siano in qualche modo innate nella mente umana, o meglio, derivino da un inconscio
collettivo, condiviso, ereditato assieme al patrimonio genetico.
Gli archetipi sono quindi l'eredità psicologica inconscia: a differenza di Freud, che riteneva l'inconscio un contenitore vuoto alla
nascita, che veniva man mano riempito di materiale psichico inaccettabile dalla coscienza, per Jung l'inconscio personale
contiene già delle "forme a priori", che fanno parte dell'inconscio collettivo, e che permettono di trascendere da se stessi,
attraverso la funzione simbolica e di procedere nel processo di individuazione.

ERICH NEUMANN
Neumann approfondisce in chiave evolutiva il concetto di archetipo, andando a confrontare natura e cultura, ontogenesi (cioè lo
sviluppo biologico, fisiologico) e filogenesi (cioè la specificazione in classi, in gruppi differenziati). Così come il corpo è composto
da organi fisici, la psiche è composta da organi psichici, gli archetipi. Essi sono dei modelli originari di essere, di pensare, di
sentire e di agire: ciascuno con le sue caratteristiche e funzioni, con delle specifiche qualità e dei specifici difetti, una specifica
personalità.
Gli archetipi come organi psichici hanno ognuno una determinata funzione nello sviluppo e nel funzionamento della personalità
e della coscienza, sono in collegamento tra loro, e ciascuno di essi è indispensabile; si sviluppano e agiscono nell’inconscio, senza
che ce ne accorgiamo e sono comunque tutti attivi, sempre. Come si possono ammalare gli organi fisici, così si possono
ammalare gli organi psichici; ed è sufficiente che un organo/archetipo non funzioni bene che tutto il sistema ne risenta.

JAMES HILLMAN

13
James Hillman, allievo di Jung, porta a un’evoluzione ulteriore la teoria degli archetipi, andando a delineare una psicologia
archetipica che si stacca dalla terapia stretta, ma va a collegarsi con le forme culturali e immaginative dell’arte, della poesia, della
mitologia, della narrativa. Gli archetipi sono considerati nella loro manifestazione fenomenica, nel percorso che ciascuno compie
dentro la propria anima. Se di guarigione si può parlare, essa arriva attraverso il riconoscimento di quegli archetipi che agiscono
nelle persone, nel mondo. La psicologia archetipica punta a guarire le idee, il mondo, più che l’individuo, attraverso il mito.
La psicologia archetipica considera strettamente collegate la mitologia e la psicologia: infatti la mitologia è una psicologia
dell’antichità, e la psicologia è una mitologia dell’epoca moderna. I miti sono racconti sulle relazioni tra gli umani e gli Dei,
parlano di temi universali ed eterni, comuni a tutta l’umanità e a tutti i tempi, mentre la psicologia per spiegare tali relazioni usa
teorie e termini moderni come istinti, pulsioni, complessi, ecc.
Tavola di Smeraldo (**)

Il vero senza menzogna, è certo e verissimo.

Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli
della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le
cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.

Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l'ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il
padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra.
Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al
Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori.

Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l'oscurità fuggirà da te. È la forza forte
di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Così è stato creato il mondo. Da
ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui.

È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Completo è quello che ho detto dell'operazione del Sole.

Ouroboros (***)

L'Uroboro, detto comunemente Ouroboros (ma anche Oroborus, Uroboros e Oroboro), è un simbolo molto antico,
presente in tutti i popoli e in tutte le epoche. Rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un
cerchio senza inizio né fine.
Apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera se stesso, l'energia
universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall'inizio dopo aver
raggiunto la propria fine. Simboleggia quindi l'unità e l'androgino primordiale, la totalità del tutto, l'infinito,
l'eternità, il tempo ciclico, l'eterno ritorno, l'immortalità e la perfezione.

14
Tavole Corrispondenze (°°°°)

15
16
17

Potrebbero piacerti anche