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Opere Neoclassicismo

- Morte di Marat

Jacques-Louis David, 1793, dimensioni medie

L’opera è di tipo figurativo, un dipinto per la precisione. Raffigura un soggetto in posizione seduta/sdraiata
all’interno di una vasca da bagno, il corpo cade all’indietro a causa della morte del soggetto. Il braccio cadente
ricorda la Deposizione di Caravaggio.(Deposizione/Pietà di Caravaggio) Esso appare in primo piano insieme ad
altri oggetti come uno scrittoio. Il personaggio raffigurato è Jean Paul Marat, un uomo realmente esistito
durante gli anni della Rivoluzione Francese. Marat era un giornalista francese, motivato sostenitore della
Rivoluzione Francese e Giacobino. L’ambientazione nel quale è collocato il personaggio è molto semplice e
priva di qualsiasi dettaglio eccessivo. Marat tiene in mano una finta lettera di supplica scritta da Madame
Charlotte Corday, appartenente invece ai Girondini. Con il pretesto della lettera, la donna aveva avuto il
permesso di entrare in casa di Marat, che si trovava in una vasca come spesso accadeva (infatti Marat soffriva
di una malattia alla pelle i quali dolori potevano essere alleviati tramite lunghe sessioni di vasca). Charlotte
convinta che Marat incitasse la guerra civile, lo trafigge con un pugnale. I colori con cui è realizzata l’opera
sono di tonalità scure, vi sono molte ombre e giochi di luce, probabilmente un rimando a Caravaggio. Tuttavia
nel contesto rivoluzionario di David, questi contrasti rappresentano il lume della ragione e la lotta per gli ideali
dell’illuminismo. Mentre nell’epoca classica i colori come rosso (del sangue) e bianco (del lenzuolo) potevano
rappresentare sacrificio e purezza, quindi il sacrificio di Gesù, nelle mani di David assumono un nuovo
significato: la dedizione di un uomo per i propri valori, fino alla fine, fino alla morte. (Lotta contra la dittatura)
Proprio in questo contesto nasce l’espressione “volere è potere”. Infatti la prospettiva centrale, utilizzata
dall’artista, richiama l’importanza dell’uomo e la sua centralità, valori che si erano andati a perdere nel
rinascimento.
- Amore e Psiche

Antonio Canova, 1778-1793, grandi dimensioni

Antonio Canova scolpì due versioni di Amore e Psiche che contemplano una farfalla, note come Amore e
Psiche stanti, e due versioni di Amore e Psiche giacenti. Quest’opera è ispirata alla favola contenuta nell’Asino
d’oro di Apuleio. (latino) Che racconta come Psiche, una fanciulla dalla bellezza incredibile, avesse suscitato la
gelosia della dea Venere, la quale aveva inviato il figlio, Amore/Eros, per vendicarsi di essa. Purtroppo Eros si
innamora dei Psiche e smette di far innamorare tutti gli altri di lei, Psiche viene sacrificata, ma poi salvata dal
di Zefiro, che la porta in una abitazione celeste, dove ogni notte, al buio si accoppierà con Eros. Quando psiche
tenterà di svelare l’identità dell’amato, esso per un sentimento di tradimento andrà via volando fuori dalla
finestra, ed essa, nel tentativo di fermarlo cadrà e morirà. Finirà a servire Proserpina, dea dell’oltretomba; ma
dopo aver aperto il cofanetto contenente la bellezza della dea, cadrà in un sonno profondo. Questo sonno
sarà interrotto dal bacio di Eros.
La Scultura raffigura proprio il momento poco precedente a tale bacio; questo perché secondo gli ideali
neoclassici i sentimenti, le pulsioni andavano moderate. Pertanto Canova raffigura l’azione che sta per
avvenire. La composizione è molto studiata e complessivamente ha un aspetto armonioso: le diagonali
naturali che si formano per la presenza delle ali, delle gambe di Amore e Psiche si incontrano in un punto che
sono proprio le labbra, fulcro totale dell’opera, inoltre le braccia chiuse tra di loro formano due anelli
intrecciati. La posizione di lei esprime a pieno la sensazione di torpore, rilassatezza dovuta al sonno che le è
stato imposto, queste caratteristiche si vedono dalla testa leggermente reclinata o la mano che a fatica
abbraccia la testa dell’amato.
- Fucilazione del 3 Maggio 1808

Francisco Goya, 1814, grandi dimensioni

Quest’opera viene realizzata dall’artista romantico spagnolo Francisco Goya su commissione del Consiglio
della Reggenza, per raffigurare l’atrocità del fucilamento accaduto, per l’appunto, il 3 Maggio 1808. Il periodo
storico rappresentato è quello della guerra d’indipendenza spagnola, durante la resistenza delle truppe
spagnole, in particolare quelle madrilene, all’occupazione francese. (Espansionismo) (Colonialismo I Guerra
mondiale). L’opera è realizzata tramite pennellate veloci su tela, che raffigurano due gruppi ben distinti di
personaggi: da una parte, perfettamente in riga e ben visibile c’è il plotone d’esecuzione, mentre sulla sinistra
si trovano i condannati. Il metodo con cui Goya i raffigura è frutto di un grande genio, infatti i francesi,
ordinati, simmetrici e schematici rappresentano il rigore e la ragione tipica del periodo post rivoluzionario
francese; mentre dall’altra parte è raffigurato il caos, tramite la grande dinamicità delle pose dei personaggi.
Ad illuminare la scena è una grande lanterna posta fra i due gruppi, simbolo del lume della ragione, che crea
un’atmosfera drammatica, tipica del movimento artistico pre-romantico. I soggetti veri e propri del dipinto
sono le vittime, gruppo su cui l’autore vuole attirare l’attenzione; essi vengono illuminati frontalmente e ne si
vede la faccia, pertanto hanno un’identità, una vita. Questo è un espediente grazie al quale Goya fa
immedesimare l’osservatore e crea un sentimento di empatia. Tra di essi si scorge un monaco tonsurato in
preghiera (come per sottolineare il fallimento della chiesa). Una delle vittime si espone particolarmente,
quello con la camicia bianca: ha tratti somatici tipicamente spagnoli ed è vestito di abiti umili (= uno del
popolo)(letteratura), egli si leva con le braccia aperte in attesa del colpo fatale, con un’espressione che rivela
coraggio,terrore, rabbia ed incredulità. La posa a braccia aperte rimanda alla posizione del Cristo martire. La
posa dei soldati francesi, che ne impedisce la visione del volto, contribuisce a creare l’idea di una vera e
propria macchina da guerra. Lo sfondo è appena accennato, e raffigura qualche edificio probabilmente
madrileno in modo da contestualizzare l’opera. Non vi sono grandi tecniche prospettiche in quanto la vicenda
si svolge all’aperto, lontano da edifici ecc, e lo sfasamento tra i diversi piani dell’opera è reso grazie all’uso
della luce, della cui maggior fonte è proprio la lanterna. L’abbandono di contorni definiti e tecniche
prospettiche studiate è dovuta all’irrazionalità tipica del periodo pre-romantico.
- La libertà che guida il popolo

Eugène Delacroix, 1830, grandi dimensioni

“La libertà che guida il popolo” è un dipinto su tela realizzato da Eugène Delacroix in occasione delle tre
gloriose giornate. Il periodo storico in cui viene dipinto è infatti un momento di grande sgomento a Parigi: re
Carlo X di Borbone sale al potere e instaura un governo che adotta una politica spiccatamente autoritaria.
Vengono fatti numerosi passi indietro grazie all’abolizione di diritti; viene reintrodotta la censura (Leopardi),
nuova legge elettorale che favorisce l’aristocrazia ecc ecc. Queste ingiustizie sociali creano fervore tra i
popolani che decidono di ribellarsi alzando delle barricate a Parigi, che durarono appunto 3 giorni. Il risultato
fu la destituzione del governo autoritario e l’abbandono della patria di Carlo X. Delacroix afferma che non
avendo potuto partecipare alle barricate per il popolo, almeno dipingerà per esso. I personaggi raffigurati
sono componenti di diverse classi sociali (Victorian age)(Marx) che combattono l’uno accanto all’altro per la
libertà della patria, rappresentata da Marianne, al centro dell’opera. La donna rappresenta la Francia e la
libertà, rappresentata semisvestita, con la bandiera tricolore francese e una baionetta, a significare un
intervento diretto del popolo. La decisione di raffigurarla seminuda probabilmente deriva dall’influenza della
riscoperta della “Venere di Milo”, elemento classico in un’opera romantica (archetipo). La sua posa è un
incitamento a combattere e a seguirla verso il futuro della nazione, la libertà. I personaggi secondari sono
molti e differenti, troviamo vivi e morti, adulti e bambini, a testimonianza che è una battaglia di tutti, del
popolo. Il paesaggio risulta cupo, oscurato da una nebbia/fumo dovuto probabilmente proprio alla battaglia;
dietro di esso si intravede Notre Dame, che indica la precisa posizione geografica dell’avvenimento: Parigi.
Inoltre la scena è raffigurata all’aperto, un indizio del suo essere tipicamente romantico, tuttavia si allontana
dalla tecnica accademica, raffigurando così una scena molto dinamica, piena di emozioni e sentimenti; scelta
obbligatoria per raffigurare il tema scelto.
- Il ciclo degli alienati

Theodore Gericault, 1822/23, medie dimensioni

Le opere rappresentate fanno parte di un ciclo chiamato “ciclo degli alienati”, ovvero una serie di ritratti
realizzati dal pittore francese Théodore Géricault. Tali opere gli furono commissionate da un medico,
all’interno di un manicomio. L’epoca in cui vennero dipinti era la stessa in cui si stava studiando una possibile
correlazione tra la fisionomia delle persone e la loro indole comportamentale e alla predisposizione a
particolari malattie (Freud). Alla luce di questi ritratti, i soggetti perdono la loro identità, e sono caratterizzati
solo ed esclusivamente dalla malattia che rappresentano. Sulla sinistra osserviamo l’alienata con la
monomania dell’invidia mentre sulla destra l’alienato con la monomania del comando militare.

❖ L’alienato con la monomania del comando militare: Il soggetto è un uomo anziano, seduto con una
posa composta che guarda lontano, ha uno sguardo rigido e serio, quasi severo. È vestito nel modo
più curato possibile (per quanto il manicomio lo permettesse), porta un cappello ordinatamente
adagiato sulla testa con la nappa rossa davanti, la barba è curata il più possibile e al collo porta una
medaglia. L’uomo si distingua da un vero comandante proprio per la presenza di dettagli che non
potrebbero appartenere ad un vero comandante, ma a cui lui tenta di avvicinarsi. Dettagli come la
corda con la quale è legata la medaglia, che fa subito capire la condizione umile nel quale è il
personaggio oppure la barba, semi fatta e un po’ trasandata, che rispecchia la sua condizione
interiore, un po’ al limite. Lo sfondo è assente, occupato da un colore scuro, che fa risaltare e
concentrarsi sul personaggio principale. L’uso di colori cupi, spenti, l’assenza dello sguardo
convogliano e fanno risaltare lo sguardo del protagonista. La posa rigida e lo sguardo severo svelano
l’atteggiamento slegato dalla realtà e vissuto in una dimensione interiore.
❖ L’alienata con la monomania dell’invidia: L’anziana signora rappresentata, raffigura l’invidia. La
posizione in cui siede è totalmente diversa dall’opera precedente: è ingobbita, ha uno sguardo
attento, che scruta per osservare ogni minimo dettaglio, l’abbigliamento è disordinato e quasi casuale.
La cuffia è slegata, facendo capire l’importanza e che la donna dà al suo vestire, i capelli anch’essi
fuoriescono dalla cuffia spettinati, il cappotto e la sciarpa sono messi in modo confusionario.
L’apparenza della donna ci fa capire subito che non dà alcuna importanza all’aspetto fisico, alla sua
immagine, poiché troppo impegnata (probabilmente a giudicare) per prendersi del tempo per se
stessa. Anche questa volta l’ambientazione è assente e i colori slavati invitano a concentrarsi sui
dettagli del viso.
- Monaco in riva al mare

David Friedrich, 1808/10, medie dimensioni

L’opera di Friedrich, artista tedesco che intraprende un percorso romantico attraverso lo studio artistico della
natura, rappresenta un monaco in riva al mare. Rappresenta una spiaggia deserta, in basso troviamo delle
dune di sabbia, poco oltre la distesa del mare, spoglio ed angoscioso, ed infine il protagonista assoluto
dell’opera: il cielo denso di nuvole brumose come il fumo, che occupa la maggior parte della superficie
pittorica. In basso è presente anche una figura, di dimensioni molto piccole in confronto alla grandezza del
quadro. È un monaco che osserva l’immensità del mare (l’infinito - Leopardi), è voltato di spalle e decentrato
rispetto al quadro. Queste caratteristiche ci aiutano all’interpretazione del quadro, infatti la posizione
marginale della figura umana simboleggia la fine della centralità dell’uomo, che è dominato e sormontato
dalla grandezza della natura, protagonista assoluta dell’opera. Inoltre l’uomo è di spalle, non lo si può
riconoscere (no identità- Pirandello); ancora una volta ciò esprime l’insignificanza dell’uomo e come la sua
presenza sia insignificante rispetto alla natura. Dal punto di vista tecnico, l’opera gioca sulle sfumature e sulle
armonie del grigio, sulle linee orizzontali e sull’assenza di alcuna linea di fuga che guidi l’attenzione
dell’osservatore. L’osservatore è invogliato ad immedesimarsi nella figura di spalle che contempla la
grandiosità sospesa della Natura.
- Viandante sul mare di nebbia

Caspar David Friedrich, 1818, medie dimensioni

Questa è una delle rare volte in cui il famoso pittore romantico pone al centro di una sua opera l’essere
umano. La figura umana rappresentata è voltata di spalle, in posizione eretta che si sporge verso il precipizio.
Ha i capelli rossi scompigliati dal vento, indossa un cappotto verde scuro e tiene in mano un bastone da
passeggio, simbolo di un certo retaggio. Probabilmente raffigura l’amico defunto Gotthard von den Brincken,
di cui vuole preservare il ricordo. Il personaggio è posto al centro e tutta l’ambientazione invita a guardarlo,
grazie a giochi di colori e linee di fuga; ancora una volta l’artista vuole che l’osservatore di immedesimi nella
Ruckenfigur, a cui non riusciamo ad attribuire un’identità. In quest’opera Friedrich usa una serie di colori
insolitamente chiari e luminosi per il cielo ed il mare di nebbia, contrapposti ai toni opachi e fangosi delle
rocce. Quest’opera viene considerata il manifesto del romanticismo tedesco, poiché riesce a incanalare al
meglio le idee e le suggestioni del tempo in cui fu realizzata. Tratta temi come l’infinito (l’infinito - Leopardi), il
divino e l’errabondo. Attesta il senso di humilitas (umiltà), che sperimenta l’uomo, solo, durante la
contemplazione dell’infinito. L’osservatore è capace di immedesimarsi nel personaggio e iniziare un percorso
di analisi e contemplazione di se stesso e della natura, della sua fede e della sua piccolezza all’interno di essa.
La potenza irresistibile della natura provoca un riflettere filosofico sulla condizione dell’uomo, rappresentata
struggente e malinconica.
- Pioggia, vapore e velocità

William Turner, 1844, medie dimensioni

Quest’opera viene presentata per la prima volta nel 1844 alla Royal Academy e rappresenta un grande punto
di svolta per l’arte romantica. Turner infatti lascia erompere il colore, che diventa il protagonista assoluto
dell’opera. L’opera è in bilico tra l’astrattismo e il figurativo; rappresenta un paesaggio semplice: il fiume
Tamigi, solcato da due ponti (visibili), uno dei quali attraversato in gran velocità da un treno. L’uso del colore e
della tecnica pittorica raffigurano egregiamente il concetto di sublime, di come un paesaggio naturale sia
capace di trasmettere timore riverenziale ma anche grande stupore e fascino. L’opera induce uno stato
d’animo di ineffabilità. La tavolozza di colori è variegata, ma profondamente studiata; I colori chiari tenui
come l’azzurro e il giallo sono utilizzati per raffigurare il cielo, l’acqua, l’accenno di paesaggio, interrotto poi
dal nero intenso del treno. Il senso di angoscia è dato anche dall’angolazione del treno e dalla sua prospettiva
che sembra quasi voler uscire dalla tela. Nel 1844 il treno era una tecnologia all’avanguardia, simbolo del
progresso tecnologico che i romantici mettevano tanto in dubbio. Il progresso è positivo? Porta al bene o al
male? (la ginestra Leopardi/ Verga).(Vengono anche inventati i colori chimici che rivoluzionano la pittura) Il
contrasto tra forza della natura e innovazione tecnologica, probabilmente, è rappresentato dalla lepre che
corre. Probabilmente questa figura è allegoria della competizione tra natura ed essere umano (rappresentato
dal treno).
- Nave negriera

William Turner, 1840, medie dimensioni

Nave Negriera è un’opera realizzata ad olio dall’artista inglese William Turner. Così come altre sue opere,
anche questa è caratterizzata da un particolare uso del colore, in particolare l’uso di toni accesi e quasi
sanguigni trasmette una terribile sensazione di impotenza. Attraverso l’uso di una tavolozza così marcata
intende mettere a nudo la sostanziale piccolezza dell’uomo dinanzi alle poderose forze naturali. Anche in
questo dipinto emerge il concetto di sublime che incute un grande senso di terrore ed angoscia. L’opera
raffigura una nave negriera in preda alla collera cieca del mare, che rappresenta la forza distruttrice della
natura, dalla quale la nave tenta di allontanarsi lasciando dietro di sé una scia di detriti e corpi umani. (Natura
matrigna Leopardi / Naufragio con spettatore Epicuro / Commercio di schiavi civil war) . Dalle catene e dalla
pelle scura si capisce che sono schiavi. L’opera è una velata denuncia sociale delle condizioni disumane a cui
erano sottoposti gli schiavi; infatti l’episodio raffigurato si rifà ad un evento realmente accaduto: il naufragio
della nave Zong.

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