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SIMBOLISTI FRANCESI E TEDESCHI

La corrente dei simbolisti si sviluppò in Francia seguendo Gauguin e si contrappose ai realisti e ai naturalisti. I
temi erano prettamente mitologici o appartenenti al mondo dei sogni, poiché l’artista voleva rappresentare i valori.

Nell’opera “Isola dei morti” si capisce che la scena non è reale, è un’isola rocciosa con
poca presenza umana e alcuni cipressi al centro. Più la fotografia avanzava, più l’arte
doveva puntare sull’astrattismo, alle simbologie, ai concetti. Tanto più la fotografia si
espande e diventa accessibile a tutti, tanto più l’arte diventa elitaria, per pochi.

ESPRESSIONISMO

L’Espressionismo è una tendenza dell’avanguardia artistica del Novecento a cui si può attribuire una collocazione
temporale (tra il 1905 e il 1925) e una circoscritta area di localizzazione geografica (Europa centro-settentrionale e
soprattutto Germania). Questo movimento costituisce il moto inverso dell’Impressionismo: dall’animo dell’artista
direttamente sulla realtà, senza mediazione né filtri. Nella realizzazione sono stati banditi tutti gli artifici della
prospettiva e del chiaroscuro. L’Espressionismo presenta contenuti sociali, drammatiche testimonianze della
realtà. La realtà tedesca dei primi anni del secolo è amara di guerra, contraddizioni e aspra lotta di classe: questi
sono i temi cari agli artisti espressionisti. La Germania, la cui Rivoluzione Industriale parte con molto ritardo
rispetto a Inghilterra e Francia, recupera il tempo perduto a ritmi febbrili. Anche la reazione a un processo di
industrializzazione troppo rapido è accelerata e convulsa. Dietro ai colori violenti, alle forme sommarie, ai modelli
angolosi, rispunta la vera anima tedesca, legata alla cultura gotica, con la sua ansia di religiosità.

“Ingresso a Gesù a Bruxelles” con questa tela monumentale Ensor realizza un


manifesto in cui religione, politica, satira, arte, s’intrecciano in una complessità di
significati. Il grottesco e la caricatura sono trasposti nelle grandi dimensioni della
pittura di storia, in una contaminazione che richiama la contemporanea fioritura del
manifesto pubblicitario. Ispirato al racconto biblico dell’ingresso di Gesù a
Gerusalemme, l’artista ambienta la scena in un boulevard della Bruxelles del 1889,
centenario della Rivoluzione francese. Cavalcando un asino e in atteggiamento
benedicente, Gesù al centro della tela è solo un puntino in mezzo alla folla che lo attornia, una massa carnevalesca
e variopinta che rappresenta uno spaccato della società dell’epoca: la Chiesa, la classe politica, l’esercito, la
giustizia, le classi popolari. L’artista si identifica nel Messia cristiano. Nascosta sotto le maschere o a viso scoperto
la folla appare indifferente a quel che accade. Sul palco sono presenti il sindaco e dei clown, come a dire che chi
amministra la città è un fantoccio. Il corteo è aperto da un grande striscione rosso che porta scritto “Viva il sociale”,
interpretato come un’allusione ai progetti di riforma sociale che attraversavano il dibattito politico dell’epoca. La
banda che precede il Messia avanza dietro a uno stendardo che reca scritto “Fanfara dottrinale”, a individuare i
pericoli dell’indottrinamento delle masse. Da un palco sulla destra, un rappresentante politico e alcuni pagliacci
osservano il corteo; sotto è visibile un cartello con scritto “Viva Gesù, re di Bruxelles”. La scena è organizzata
secondo 2 direttrici definite da altrettanti punti di fuga: il 1^, centrale, determina la disposizione della folla che
avanza verso lo spettatore; la 2^, sulla destra, sembra l’inclinazione simbolica dell’orientamento della moltitudine
sullo sfondo.

EDVARD MUNCH
Edvard Munch nasce in Norvegia nel 1863. L’anno successivo la famiglia si trasferisce a Christiània. 5 anni dopo la
madre muore di tubercolosi e anche la sorella appena 15enne farà la stessa fine poco tempo dopo. Questi sono i
primi dei molti e precoci appuntamenti con la malattia e con la morte che costellarono tutta l’esistenza dell'artista,
influendo anche sul suo pensiero fortemente negativo. La Norvegia con il suo caratteristico clima ostile e sempre
buio contribuisce a incrementare le sofferenze interiori di Munch.

In “Sera sul viale Karl Johan” la scena raffigurata è quella di un passaggio serale nel
luogo principale di Christiània, centro animato della vita politica ed economica della
città. La prospettiva degli edifici sulla sinistra, pur essendo volutamente incerta e quasi
sbilenca,suggerisce un punto di fuga lontano. Munch interpreta il rito del passaggio,
tipico dell’ambiente borghese, come una processione di spettri dagli occhi sbarrati. I
volti sono maschere anonime e scheletriche e ogni personaggio è solo dietro di essa, che si limita a seguire la
massa senza avere una propria idea. Il senso del quadro è un attacco feroce alla borghesia e alle sue vuote ritualità,
nelle quali è coinvolto il Parlamento (l’edificio a destra, sullo sfondo). L’unico elemento di disarmonia è dato dalla
figura che si incammina sulla destra. ombra incerta e solitaria. Essa rappresenta l’artista stesso, colui che,
incurante del consenso della massa, va comunque controcorrente, anche a costo dell’emarginazione. L’uso
espressionista del colore si riscontra nell’ombra viola al lato destro della via, così come nel cielo di un azzurro
spento, percorso da nuvole grigie e striato anch’esso di viola. Gli edifici di sinistra conservano l’ultimo riflesso
rosaceo del giorno morente.

Munch cambiò numerose volte il titolo del ciclo che esprimeva la


sua visione della vita. L’artista fece una sola mostra chiamata “Il
fregio della vita”, titolo definitivo dell’opera, in cui unì tutti i dipinti,
Il tema centrale era l’amore sempre negativo: nella 1^ parete si
trovava “Seme dell’amore”, puro e bello ma non sincero; nella 2^ parete era collocato “Sviluppo e dissoluzione
dell’amore”; la 4^ parete era riservata a “Angoscia” e la terza a “Morte”.

Il dipinto “Grido” fa parte di una grandiosa narrazione ciclica intitolata “Il fregio della vita”
e composta da numerose tele, a loro volta suddivise in 4 temi: “La nascita dell’amore”, “La
fioritura e la dissoluzione dell’amore”, “La paura di vivere”, “La morte”. “Il grido” fa parte
del tema “Paura di vivere”. Munch raccontò che stava camminando con due amici quando il
sole tramontò, il cielo si tinse di una sfumatura rosso sangue. L’artista si fermò e si appoggiò
a una staccionata travolto da uno stato d’animo di agitazione e paura, mentre i suoi
compagni continuavano a camminare. Un urlo interiore e infinito esce dalla bocca del
personaggio, che si ripercuote anche nel paesaggio. É un urlo di chi si è perso dentro se
stesso e si sente solo, sopraffatto da una natura prepotente e matrigna. La scena è ricca di
riferimenti simbolici: l’uomo in 1^ piano rappresenta il dramma collettivo dell’umanità
intera; il ponte richiama gli ostacoli che ciascun uomo deve superare nella propria esistenza; gli amici che
continuano a camminare rappresentano la falsità dei rapporti umani. La forma perde qualsiasi residuo di
verosimiglianza. L’uomo che leva l’urlo è un essere spettinato, quasi senza scheletro, fatto della stessa materia con
cui sono realizzati il cielo infuocato e il mare. Al posto della testa vi è un enorme cranio, senza capelli, come quello
di un sopravvissuto. Le narici sono ridotte a 2 fori, gli occhi sbarrati sembrano aver visto qualcosa di abominevole,
le labbra bluastre rimandano alla morte.

Nel dipinto “Angoscia” lo sfondo è formato da un cielo di colore rosso e giallo, ed è mosso
dalle linee asimmetriche ed irregolari. In lontananza due navi solcano un mare che riflette il
cielo incendiato. In questo contesto paesaggistico Munch rappresenta una processione di
uomini e donne, muti e con gli occhi sbarrati. Le figure sono come chiuse in un mondo
inaccessibile. Ogni personaggio è isolato e urla dentro di sé, anche se si capisce solo dal
paesaggio circostante. In quest’opera di Munch è palpabile un senso di malinconia molto
forte. Le persone vengono ormai percepite alla stregua di una folla senza identità. Nel
dipinto di Munch l’aura intorno alle figure non ha alcun riferimento divino. Essa sta bensì ad
indicare un sentimento umano e ricorrente: la paura, l’ansia, il senso di minaccia. A
rappresentare l'ansia in tutta la sua gravità vi è la donna con la cuffia. Ella appare
nitidamente nel dipinto rispetto alle altre figure umane, che vanno man mano dissolvendosi.

L’opera intreccia sacro e profano: il titolo “Madonna” rimanda ovviamente alla Vergine
Maria, ma la sua rappresentazione non è delle più classiche. Se la figura della Madonna di
solito è rappresentata da una donna timida e candida, Munch stravolge questo ideale
proponendo un’interpretazione completamente nuova. La donna, raffigurata dall’ombelico
in su, è infatti nuda e dalle forme sinuose, la pelle è pallida, cadaverica, le braccia sono
piegate dietro alla testa, i lunghi capelli neri sembrano spargersi sulla tela come tentacoli e il
volto, reclinato all’indietro, mostra un’estasi non del tutto casta, quasi sensuale: una
caratteristica tutta nuova che stride con la verginità della Madonna più tradizionale. La
figura è contornata da linee ondeggianti che sottolineano ulteriormente la sensualità del
corpo. L’effetto di queste linee è ancor più visibile nella litografia dello stesso soggetto, dove
la donna ha un’aria ancor più peccaminosa e provocante. L'aureola che incorona la donna
non è quella classica di tipo angelico, ma è un cerchio rosso che può legarsi sia alla passione sia al sangue, dandole
in questo modo un’aria profana. Il rosso d’altra parte è il colore dominante insieme al nero in quest’opera, legata al
tema dell’amore e morte. L’artista disegna una cornice rossa percorsa da degli spermatozoi, mentre in un angolo è
rannicchiato un macabro e infelice embrione.

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