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La fase simbolica della musica di Debussy

Anche in campo musicale il periodo compreso tra la fine del XIX e l’inizio del
XX secolo è conosciuto sotto i nomi di “decadentismo” e di “simbolismo”.
Musicalmente parlando, i caratteri principali di questa fase storico – culturale
sono la crisi del linguaggio tonale, e il superamento – rinnovamento delle
forme e delle categorie stesse del pensiero musicale della tradizione classico –
romantica.
Il primo importante musicista francese del periodo è sicuramente Achille –
Claude Debussy (Saint – Germain – en Laye 1862 – Parigi 1918) che colloca la
sua opera in un clima straordinariamente ricco e stimolante: la Parigi di
Verlaine, Rimbaud, Mallarmè, Huysmans. Il rapporto con gli ambienti letterari
fu assolutamente più importante per la sua formazione di quello con gli
ambienti musicali; il Conservatorio certo gli diede una solida preparazione
tecnica ma, come ebbe a dire Paul Dukas, la più forte influenza ricevuta da
Debussy fu quella dei letterati, non dei musicisti.
I riflettori iniziano a puntarlo nel 1884, quando vince il prestigioso Prix de
Rome con la cantata L’enfant prodigue, che gli vale un meritato soggiorno
formativo a Villa Medici, a Roma, sede dell’Accademia Francese in Italia.
Durante il soggiorno romano compone Printemps e La demoiselle élue,
quest’ultima su testi di Dante Gabriel Rossetti, e quindi importante per
comprendere l’incontro di Debussy con il simbolismo e i preraffaelliti inglesi.
La prima manifestazione originale del genio di Debussy arriva tra il 1892 e il
1894, gli anni della composizione del Prélude à l’après – midi d’un faune,
illustrazione “molto libera” – come Debussy stesso affermava – dell’egloga di
Mallarmè Après – midi d’un faune. È una composizione assolutamente nuova,
sia per la concezione formale, sia per la varietà ritmica, sia soprattutto per
l’originale uso del timbro; una composizione che esprime la tendenza a
superare le funzioni costruttive e dialettiche dell’armonia tradizionale.
Se infatti i primi approcci musicali del compositore si concretizzano sulla scia
del confronto con la musica wagneriana, sarà proprio Wagner il modello a cui si
ispirerà, sia congruentemente sia oppositivamente, per la formazione del suo
originale stile. Wagner agisce innanzitutto come stimo alla libertà, come
strumento di disinibizione nei confronti della tradizione. Debussy vuole
divincolarsi dai legacci del sistema tonale e dai modelli, a suo parere
sclerotizzanti, dei modelli teorici di scala maggiore e minore. Iniziano così gli
esperimenti con la scala cromatica a dodici suoni, con le scale arcaiche di
tradizione medievale, con le scale difettive a cinque o sei suoni – di ispirazione
orientale – e in genere con moduli melodici formalizzati in sistemi di scale non
storicamente codificati, ma ugualmente tendenti a uscire dai limiti delle leggi
fissate dalla musicologia occidentale.
Debussy, insomma, modifica le “funzioni” tradizionali degli accordi,
sconvolgendo la loro capacità di stabilire premesse e conseguenze prevedibili,
deformando i passaggi tra accordo e accordo in senso originale e “straniante”.
Ma il francese segue Wagner anche per opposizione, formulando una musica
che andasse assolutamente contro la ridondanza e l’uso enfatico tipici
dell’operista tedesco, giudicati come manifestazioni di pedanteria teutonica. E
in effetti la musica di Debussy è fatta di discrezione espressiva, di allusività, di
suggerimenti per via di sottointesi.
La novità dello stile Debussy non trova rispondenze nella situazione musicale
della Francia della sua epoca, bensì nelle poetiche letterarie e pittoriche
dell’impressionismo e del simbolismo. Del resto, la sua unica esperienza di
teatro musicale si lega ad uno dei testi che allora sembravano essere quasi un
manifesto della poetica teatrale simbolista: Pellèas et Mélisande (1893) di
Maurice Maeterlinck. L’opera, rappresentata nel 1902, scandalizzò l’opinione
pubblica per il suo rifiuto delle convenzioni del melodramma tradizionale e di
quelle del dramma wagneriano. Inaugura infatti un modo declamatorio
estremamente espressivo, fatto di scrupolosi calchi, da parte dei profili
melodici e delle inflessioni ritmiche, degli accenti e delle durate della parola
parlata: Debussy odiava il tono alto della declamazione poetica, preferendogli
un più realistico e adatto tono colloquiale, una sorta di discorso confidenziale e
intimo, fatto soprattutto di sussurri e mezze voci.

Simbolismo
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INDICE
 ARTE
o 1INFLUSSI CULTURALI
o 2CARATTERI E PROTAGONISTI
 LETTERATURA

simbolismo Corrente artistica e letteraria sorta in Francia e diffusasi


in Europa sullo scorcio del 19° sec. caratterizzata, in opposizione al realismo e al
naturalismo, dalla tendenza a non rappresentare fedelmente il mondo esteriore
ma a creare piuttosto il mondo della suggestione fantastica dei sogni per mezzo
di allusioni simboliche.
ARTE
I caratteri del movimento simbolista, che si pone come un’inversione di tendenza
rispetto al naturalismo e alle ricerche neoimpressioniste, sono individuati
nel Manifesto di J. Moréas (1886), secondo cui compito dell’arte è rivestire l’Idea
di una forma sensibile che attraverso una rete di analogie ne veicoli le
potenzialità allusive. Di qui l’interesse per la dimensione del sogno, della visione
interiore, dell’immaginazione, attraverso l’ambigua modalità del simbolo.
1. Influssi culturali
Oltre all’influsso delle idee di R. Wagner, diffuse dalla Revue wagnérienne a
partire dal 1885 e fonte di ispirazione per H. Fantin-Latour e J. Delville, altri
punti di riferimento del s. sono la scoperta di G.W.F. Hegel e della filosofia
idealistica tedesca, la lettura di A. Schopenhauer e di T. Carlyle, le teorie di H.
Bergson, che sostennero autorevolmente l’indirizzo simbolista. Figura influente
è quella di C. Baudelaire: alcuni temi delle Fleurs du mal (1857), come il
satanismo, il gusto per il macabro, la sensualità, oltre alla teoria delle
correspondances, che postula un’assonanza sinestetica tra stati d’animo e
fenomeni naturali, divengono centrali nella poetica del s.; Baudelaire è
determinante anche per l’immagine dell’artista simbolista, aristocraticamente
isolato, in perenne oscillazione tra paralisi creativa e ispirazione. Il s. è in
generale caratterizzato da uno stretto rapporto tra ricerche letterarie e arti
figurative; le teorizzazioni di S. Mallarmé sulla natura allusiva e non descrittiva
del linguaggio poetico, di R. Ghil (Traité du verbe, 1886) sull’analogia parola-
musica e di G. Kahn sul verso libero fanno da riferimento alle elaborazioni
teoriche degli artisti.
L’affermarsi in questi anni di un nuovo e influente ruolo della critica d’arte,
parallelo allo sviluppo del mercato e delle gallerie, contribuisce a stringere i
rapporti tra campo artistico e letterario: importante l’azione di critici quali G.-A.
Aurier (Le symbolisme en peinture, 1891), J.-K. Huysmans (Certains, 1889), G.
Kahn, C. Morice (sostenitore di P. Gauguin), T. Natanson. Su questo sfondo si
innesta la nuova fortuna delle dottrine esoteriche e occultiste (E. Schuré, Les
grands initiés, 1889), con la creazione di circoli e riviste (Le Coeur, L’Occident)
in cui confluiscono panteismo spinoziano, misticismo cattolico e teosofia, spesso
in rapporto con l’arte, come nel caso de La Rose-Croix, fondata nel 1891 da J.
Péladan. Tali tratti contribuiscono a porre il movimento simbolista in contrasto
con la cultura borghese contemporanea, con l’ideologia del progresso e della
tecnica, cui si contrappongono il culto di un passato mitizzato, la considerazione
del presente come epoca di decadenza, una visione individualista, fortemente
spiritualizzata o talvolta intrisa di anarchismo.
In tutta Europa sorgono associazioni e manifestazioni dedicate alla nuova arte,
come i Salons de l’Ordre de la Rose-Croix (1892-97), cui partecipano tra altri A.
Osbert, il belga J. Delville e lo svizzero C. Schwabe, che a Parigi svolgono un
ruolo di cerniera tra le diverse correnti del movimento, e i Salons de la libre
esthétique (1894-1914), organizzati da O. Maus a Bruxelles.
Tipico fenomeno dell’età simbolista sono le Secessioni: la belga Société des Vingt
(1883-93), libera associazione di artisti accomunati dal rifiuto dei valori
accademici e dei Salons ufficiali, è il prototipo delle Secessioni di Monaco (1892),
con F. Von Stuck, Vienna (1897), con G. Klimt, e Berlino (1898), con M.
Liebermann e M. Klinger.
2. Caratteri e protagonisti
Nella formazione dei caratteri del s. in pittura determinanti furono le esperienze
provenienti dall’Inghilterra, come quelle dei preraffaelliti D.G. Rossetti ed E.
Burne-Jones; ricca di conseguenze si rivela soprattutto l’opera di J.A.M.
Whistler, per il valore non referenziale attribuito a linea e colore armonicamente
interconnessi. Tra i precorritori della sensibilità simbolista, ha una posizione di
primo piano P. Puvis de Chavannes, con le sue vaste e semplificate composizioni
allegoriche e simboliche (L’Età dell’Oro) cui guarderanno anche P. Gauguin e
iNabis; alla sua lezione sono legati artisti come J. Cazin, H. Martin, C. Maurin, A.
Séon. Uno stretto rapporto con il mondo del mito e la letteratura è presente nella
pittura di G. Moreau, dalle atmosfere sensuali e fastose.
Su una linea di evocazione fantastica, propria anche del suo maestro R. Bresdin,
si attesta invece l’opera di O. Redon, in cui vaghe e inquietanti presenze oniriche
rispondono all’intento dell’artista di «porre la logica del visibile al servizio
dell’invisibile». Nell’ambito della produzione simbolista, è decisivo il percorso di
Gauguin, anche per l’apertura a moduli figurativi arcaici o «primitivi»; le sue
ricerche del 1888, in Bretagna, con E. Bernard, e poi ad Arles, con V. van Gogh,
sfociano nella definizione di un metodo ‘sintetista’ di riduzione dell’immagine a
campiture piatte fortemente profilate, che costituirà la base dell’esperienza del
gruppo dei Nabis.
3. Diffusione in Europa
Tra il 1885 e i primi del Novecento il s. conosce una rapida diffusione in Europa,
parallela ai fenomeni dello Jugendstil e dell’art nouveau in architettura,
evidenziando una grande varietà di indirizzi stilistici. In Belgio, personalità
rilevanti sono quelle di F. Rops, di F. Khnopff e dello scultore G. Minne; la
pittura di J. Ensor propone una componente vitalistica, satirica. In Olanda J.
Toorop, in Gran Bretagna A. Beardsley; un’inclinazione tragica caratterizza
l’opera del norvegese E. Munch, antecedente, insieme a van Gogh, delle
esperienze espressioniste. In area germanica, A. Böcklin e H. von Marées,
estranei allo sperimentalismo di ascendenza sintetista, come anche M. Klinger;
lo svizzero F. Hodler media tra resa fenomenica, stilizzazione lineare e
sperimentalismo cromatico. A Vienna, G. Klimt è al centro della stagione della
Secessione; tra gli altri artisti del movimento, K. Moser. In Russia, il gruppo Mir
Iskusstva si volge al passato folclorico e all’esoterismo.
In Italia, il s. viene recepito in modi diversi: G.A. Sartorio, A. De Carolis, Marius
Pictor, L. Bonazza ne incarnano il lato più eclettico; una sintesi tra grammatica
divisionista e temi simbolisti caratterizza G. Previati, G. Segantini, G. Pellizza
daVolpedo. In scultura, i suoi maggiori interpreti sono L. Bistolfi e A. Wildt,
mentre l’illustratore A. Martini si ricollega al filone fantastico già riscontrato in
ambito europeo.
LETTERATURA
Il s., come tendenza o poetica letteraria, o come atteggiamento del gusto, è un
aspetto del decadentismo, da cui si distingue, quale movimento a sé, per una più
marcata aspirazione del linguaggio poetico alla condizione della musica pura,
per una più intensa ricerca di corrispondenze e analogie intime tra stati d’animo
e fenomeni naturali, e per il tentativo costante di dissociare i segni dal loro senso
codificato per trasformarli in simboli e metterli in grado di esprimere significati
allusivi, ambigui e inesauribili (le ‘foreste di simboli’ del noto sonetto
Correspondances di C. Baudelaire).
La definizione di poeti simbolici (symboliques), in riferimento a P. Verlaine, S.
Mallarmé e ai loro seguaci, fu introdotta da J. Moréas (1886), in un momento in
cui il fenomeno del decadentismo era in corso già da anni e quei poeti erano stati
riconosciuti come i suoi maggiori rappresentanti, con Baudelaire come loro
precursore. Tale definizione fu introdotta per reazione al significato spregiativo
che gli avversari della nuova tendenza davano al termine decadente. Nella
polemica che seguì tra coloro che accettarono le determinazioni di s. e simbolista
e coloro che rimanevano fedeli a quelle di decadentismo e decadente, questi
ultimi accusarono i primi di essere ‘transfughi’ e ‘parassiti del decadentismo’,
mentre i simbolisti si vantavano di rappresentare un suo stadio più avanzato, o
addirittura il suo superamento. Si determinò una ‘secessione’ e la nuova
generazione di poeti aderì quasi interamente al s.; prova ne sia l’ampia serie di
riviste nate in un breve giro di anni, come Le symboliste (1886) e La vogue
(1886), La plume (1889) e la La Pléiade (1889, divenuta dopo pochi
numeri Mercure de France), Ermitage (1890) ecc.
Il termine s. ebbe fortuna anche al di fuori della cultura francese, e fu adottato da
critici e da storici della letteratura per designare lo stesso decadentismo in tutta
la sua latitudine. In Italia, invece, dove tendenze simbolistiche si possono
riconoscere in G. Pascoli, in G. D’Annunzio e nei poeti che gravitavano intorno
alle riviste Cronaca bizantina di A. Sommaruga e al Convito di A. De Bosis o in
qualche altro scrittore come A. Graf, il termine preferito è quello di
decadentismo.

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