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Storia dell’Arte Parmesani

LA CONTINUITÀ E IL SUPERAMENTO DELL’OTTOCENTO:


VERSO LE AVANGUARDIE
IL XX SECOLO: UNA TOTALE RIVOLUZIONE DEI LINGUAGGI

Il clima accademico, caratterizzato dalle ricerche romantiche e neoclassiche, fu messo in crisi


dalla scoperta della fotografia come strumento di riproduzione del reale. Intorno alla metà del
secolo alcuni artisti ricercano un linguaggio capace da un lato di porsi come innovativo e
dall’altro di rispondere alla produzione massiccia di immagini riprodotte meccanicamente. Il
clima parigino, insieme a Manet, Corot, Courbet, si muove verso un programma rivolto al
realismo integrale dove la realtà deve essere affrontata direttamente per quel che è, fuori da
ogni poetica e da ogni atelier, a stretto contatto con la natura (iniziarono a dipingere “en plein
air”).

Nacque il movimento impressionista. La sua prima mostra fu realizzata nel 1874 in


collaborazione con il più grande fotografo francese, Nadar (non volevano opporsi alla fotografia,
volevano superarla, entrambi si aiutarono per studiare luce e colori). Sorge una pittura
naturalistica basata sull’impressione (impressione retinica) che un oggetto, veicolato dalla luce,
lascia nell’occhio del pittore e che viene poi trasposta sulla tela attraverso tocchi di colore puro.
Numerose le novità: le pennellate veloci, colori puri, infinite possibilità dei colori complementari,
rifiuto del chiaroscuro e del nero come assenza di luce da cui nacquero le ombre colorate. Altri
artisti: Monet, Pisarro, Renoir, Degas, Sisley.

L’arte per l’arte: la finalità dell’arte non è più quella di dipingere la realtà, ma dipingono la
teoria della luce e la teoria del colore, gli strumenti concettuali.

A partire dal 1883 con la morte di Manet il movimento impressionista entra in crisi e alcuni artisti
intraprendono nuovi percorsi di ricerca. Nasce il neoimpressionismo, di cui fa parte anche il
pointillisme, di Seurat e Signac, e il divisionismo in Italia. Crearono opere in cui sono presenti un
forte impianto teorico e una rigorosa tecnica pittorica fondata sulla scomposizione del colore
secondo le leggi scientifiche dell’ottica. I colori puri e primari vengono posti sulla tela a piccoli
punti o tocchi la cui dimensione è proporzionata alla dimensione della tela.

Contemporaneamente e in antitesi al neoimpressionismo, nasce il simbolismo, di Moreau, de


Chavannes e Redon, un movimento che si configura come il superamento dell’impianto
purovisibilista intraprendendo una ricerca che si sviluppa in una direzione più spiritualistica,
ristabilendo il primato della realtà interiore su quella esterna, oggettiva e concreta.

L’arte come una evocazione di stati d’animo indefinibili e fluidi che possono essere espressi
unicamente attraverso la suggestione del colore, la sinuosità della linea e la musicalità della
poesia (vs Zola e il naturalismo).

Oltre a questi due movimenti, nascono figure artistiche singole, come Van Gogh, Munch,
Cezanne, Gauguin, Rousseau, che faranno da ponte fra i due secoli.

L’avanguardia sarà rottura, un superamento del passato, un tentativo di rivoluzionare


totalmente non solo l’arte ma anche la cultura e la società, ma anche uno sguardo al passato
per cercare di coglierne spunti e risorse, nel tentativo di dare all’arte una sua ragion d’essere in un
mondo che sta mutando sempre più velocemente.

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ESPRESSIONISMO

Nel primo decennio del ‘900 l’Europa è attraversata da una profonda crisi di tutti gli ideali
culturali, politici e sociali. Tale messa in discussione di certezze, spinge artisti a muoversi ben
oltre. Un clima europeo che coinvolge tutti gli ambiti della ricerca artistica.

L’espressione è intesa da loro come un sentire attraverso l’agire e l’opera è il risultato di


un’azione che l’artista imprime sulla tela.

Non vogliono più rappresentare il mondo, ma viverlo ed esprimerlo.

L’espressionismo tedesco nasce nel 1905 in Germania, a Dresda, con il gruppo Die Brucke “il
Ponte” composto da quattro studenti del Politecnico (Kirchner, Heckel, Schmidt-Rottluff, Bleyl
poi si aggiunsero Nolde e Pechstein).

I componenti del gruppo criticano e scardino le certezze borghesi della società industriale, che
sono state l’elemento portante nella seconda metà dell’Ottocento. Lo scopo è quello di
rinnovare l’arte e insieme a essa il mondo intero attraverso la pratica estetica.

Partendo dall’analisi delle 1. Culture primitive, di cui apprezzano la durezza e l’incisività delle
forme, dalla pittura di 2. Munch, pittura carica di tensione, un segno e un colore che denunciano
il dramma del soggetto e della società, e dalla tradizione popolare tedesca della 3. Xilografia
(incisione su legno), essi ricercano un’autonomia espressiva forte e volitiva, quasi violenta.

La novità: con le figure dure, deformate, violente sia nel segno che nel colore, con prospettiva
a scorci e tagli fotografici, il cromatismo intenso e innaturale quasi sgradevole, una linea che
delimita il contorno e ne mette in risalto la drammaticità, con l’abolizione di ogni simbolismo,
propongono una visione del mondo oggettiva e soggettiva contemporaneamente, dove
l’oggettivo è dato dal lavoro stesso di fare arte e il soggettivo dalla volontà e intenzionalità
con cui l’artista affronta il reale e lo traspone su tela.

La tecnica non è più manualità, ma sforzo fisico/lavoro (come la xilografia, del manifesto).

L’espressionismo francese nasce nel 1905 in Francia, con il gruppo dei Fauves “le
Bestie” (Matisse, van Dongen, Dufy, Derain, de Vlaminick, Braque), che a differenza dei tedeschi,
pur spostando il problema in una direzione meno drammatica, più vitalistica, che può essere
avvicinata allo “slancio vitale” di Bergson (filosofo), è però attento a tutti gli elementi di
equilibrio e serenità.

Il loro intento è quello di opporsi all’Art Nouveau e agli eccessi spiritualistici del simbolismo.

È normale che mantenga un aspetto positivo e vitalistico, meno drammatico, in quanto la Francia
vive l’inizio del XX secolo confortata da certezze culturali e sociali che le derivano dalla grande
tradizione illuminista.

I francesi rivolgono il loro sguardo verso van Gogh, pittura carica di tensioni cromatiche e di
forza espressiva, così come a Gauguin. Realizzarono opere di straordinaria intensità, di un
cromatismo abbagliante ottenuto attraverso una pittura veloce e segnica, e ricercando una
gaia scienza della visione. I soggetti sono la natura, la città con il suo brulicare di vita, l’interno di
una casa o l’intensità di un ritratto.

Nel 1905 Matisse dipinge “La joie de vivre”, in una natura calma e voluttuosa figure nude riunite
in piccoli gruppi sono intente a giocare, riposare, conversare in un totale e perfetto equilibrio con il
paesaggio. Un’opera impostata su un equilibrio perfetto, un equilibrio quasi classico. Le scelte
cromatiche di Matisse si differenziano dai tedeschi perché predilige colori puri luminosi che
creano armonie e non dissonanze come in Kirchner.

Il colore è strumento per una continua ricerca di equilibrio e di armonia.

E l’espressione non è la ricerca di un dramma, ma la continua ricerca della struttura armonica


del quadro, di uno stile intensamente cromatico.

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CUBISMO

Nato a Parigi intorno al 1908 dalle ricerche di Picasso e Braque, ai quali si unisce nel 1911 Gris.

Il Cubismo si caratterizza in due movimenti:

1. Analitico: il soggetto viene analizzato e scomposto e successivamente ricostruito sulla tela


in molteplici piani plastici e prospettici;

2. Sintetico: il soggetto viene ricondotto, grazie anche a Gris, a un ordine formale e competitivo
di carattere razionale e geometrico e dove il piano della pittura è concepito come
un’architettura pittorica.

Giocano un ruolo fondamentale tre fattori:

1. L’opera di Cezanne: “Giocatori di carte”, “Montagne Sainte-Victorie 1904-1906” e “Le


bagnanti”;
Cezanne propone una pittura potente e vigorosa che arriva alla sua più profonda struttura, una
pittura basata sull’analisi e sulla sintesi geometrica. Da qui la necessità di introdurre vibrazioni
di luce (con toni dai rossi ai gialli) e da una quantità sufficiente di colorazione azzurrognola per far
“sentire l’aria”. Sottolinea, nella II e III opera sopra citata, l’equilibrio e la razionalità delle forme e
lo spazio viene trattato esso pure come forma, fino a divenire oggetto entro il quale
collocare la realtà: la sua pittura è tutta spazio.

2. La diffusione in Europa della cultura africana e in particolare della scultura negra;


Grazie alla politica coloniale ed espansionistica, l’Europa guarda ai territori africani come luoghi
di conquista politica ed economica ma anche come luoghi di cultura in grado di offrire manufatti
di straordinaria forza formale. La scultura negra è l’antitesi della pittura cezanniana: la scultura
negra è tutta oggetto, un oggetto completamente chiuso allo spazio che considera come
vuoto assoluto.

3. La pittura di Rousseau “il Doganiere”, “La guerra” e “L’incantatrice di serpenti”


reagisce ai ridondanti formalismi di fine Ottocento come un ingenuo visionario.
La sua pittura viene eseguita con una tecnica ad alta definizione, precisa e diligente, ma alla cui
base non sta l’accademia bensì l’opposto, l’incapacità e l’ingenuità, fa tabula rasa di tutte le
tradizionali tecniche riportando l’arte al grado zero.

Picasso con “Le demoiselles d’avignon” nel 1907 introduce il cubismo individuando gli esatti
termini della sintesi. Mantenendo solido l’impianto formale della scultura negra, Picasso porta
la solidità dei volumi e dei piani pittorici della figura allo spazio che la contiene che diviene
costruzione per una messa in relazione fra interno ed esterno, individuando così il punto zero,
la tabula rasa, per un nuovo inizio.

Braque, dopo aver abbandonato il movimento dei Fauves dopo l’incontro con Picasso si dedica
completamente al nuovo linguaggio pittorico. Dipinge nel 1907/1908 “Nudo in piedi” e una serie
di paesaggi, che poi esporrà a Parigi, dove tutti gli elementi vengono ridotti a forme
geometriche elementari.

CUBISMO ANALITICO: dapprima la tecnica veniva definita “piccoli cubi”.

Il problema pittorico è legato al piano stesso della pittura, carico di rimandi storici, capace di
raccogliere una miriade di punti di vista, infinite sfaccettature ricomposte in un insieme
pittorico al fine di trovare una relazione totale fra spazio e forma.

Il loro tentativo è quello di trovare la verità dell’oggetto.

La novità: i volumi vengono sezionati e frazionati attraverso capillari giochi di luce in infiniti
piani plastici che si intersecano azzerando la profondità. Il colore diventa sempre più reale,
creando interferenze e relazioni tra di loro (reale, non più una rappresentazione della realtà).

Spesso le opere dei due artisti vengono confuse, ma Picasso si impegna sul problema della
forma, mentre Braque sul colore.

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I due artisti approdano, per eccesso di analisi, a una sorta di disordine caotico, quasi
ermetico, della visione.

Per sottrarsi al pericolo della perdita dell’oggettività, inseriscono numeri e lettere dapprima
dipinti, poi incollati, come masse di colore, al fine di ricondurre alla concretezza.
Successivamente incollano frammenti di materiali, come giornali, carta da parati, legno, vetro, in
una sorta di collage. Anche il formato cambia, per sottrarsi dai limiti delle cornici, utilizzando tele
di forma ovale.

CUBISMO SINTETICO: Durante questa fase, Gris nel 1911 aderisce totalmente al movimento e
dal 1912 comincia a dipingere in uno stile autonomo e personale, anche lui prendendo ispirazione
da Cezanne. La sua ricerca si caratterizza attraverso colori forti, anche se utilizzati in una scala
tonale quasi monocromatica. Il quadro diventa un’architettura piatta e colorata in cui
intervengono elementi geometrici. L’obiettivo è quello di rendere reale l’astratto, Gris ribalta
Cezanne “di un cilindro faccio una bottiglia”.

Fra le due guerre Parigi vive un clima di straordinario cosmopolitismo, dove artisti
provenienti da ogni parte del mondo si incontrano e si mettono in discussione e nell’intento di
creare un linguaggio artistico libero.
Durante un periodo di clima la pittura di Picasso si contraddistingue per una monumentalità
formale, quasi classica. Nel 1927 dipinge “Guernica”, un quadro di grandi dimensioni ed un grido
di denuncia contro il bombardamento da parte dei nazisti. Se nella “Demoiselle d’Avignon”
l’artista aveva sovvertito il linguaggio tradizionale della pittura, in “Guernica” lacera e fa
esplodere il linguaggio cubista creando un’opera che con bianco, nero e grigio dichiara la
morte della popolazione bombardata ma anche dell’identità tra arte classica e ricerca
moderna.

CUBISMO ORFICO: Delaunay, propone una pittura basata sul movimento; la scomposizione
del colore secondo le regole del prisma ottico contribuisce allo sviluppo del movimento
conferendogli una forza dinamica rotatoria e verticale. Come per “La Tour Eiffel”, che egli
scompone e analizza spesso. Si avvicina al futurismo, trattando la concezione di spazio-
tempo di Bergson e Einstein.

FUTURISMO

La situazione artistica italiana all’inizio del secolo è piuttosto marginale rispetto alle grandi
ricerche che si sviluppano un pò in tutta Europa, in particolare a Parigi, motivo per cui molti artisti
italiani (e non) tendono a trasferirsi per rimanere al passo con i tempi artistici.

La nascita del Futurismo in Italia assume il valore di una vera e propria dichiarazione di guerra,
di una totale rottura nei confronti del passato e di un’apertura verso nuovi territori di indagine
e linguaggi inediti, un incisione non solo nel linguaggio artistico ma anche sulla struttura sociale.
Il Futurismo italiano dà avvio alla grande stagione delle avanguardie del XX secolo.

Nasce a Milano in collaborazione tra il poeta Marinetti e gli artisti Balla, Boccioni, Carrà, Russolo,
ai quali si uniscono successivamente Severini, Prampolini e Soffici.

L’atto di nascita è la pubblicazione nel febbraio 1909 a Parigi su “Le Figaro” del Manifesto del
Futurismo: un programma di undici punti scritto con un linguaggio decisamente violento, privo
di sfumature, dove ogni affermazione diventa radicale, assoluta, definitiva. Rigettano il
passato, anelano a un futuro caratterizzato da spinte propulsive nuove quali la macchina e la
velocità, dichiarano l’assoluta negatività della storia che deve essere distrutta nei suoi valore
e monumenti per dar vita a forme nuove per il futuro. La loro totale adesione alle nuove scoperte
della modernità, legate alla macchina intesa come meccanismo che produce ma anche come
automobile che genera da se stessa la velocità. L’elemento dinamico è onnipresente e
assoluto.

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Boccioni in “La città che sale”, ma anche Balla e Carrà, creano una sintesi dinamica che si pone
in contrasto con la statica analisi cubista cui si contrappongono: il futurismo mette in moto la
macchina teorica cubista.

Il dinamismo è la velocità che coinvolge due elementi: l’oggetto e lo spazio, come in “Forme
uniche della continuità nello spazio” di Boccioni, che risultano fuse in una stessa struttura.

Sia il corpo che lo spazio sono in moto e creano fra loro un attrito in cui il corpo si deforma
nelle parti molli mantenendo fermi gli assi portanti della massa corporea dati dalla struttura ossea,
facendone nascere una figura aerodinamica. Un dinamismo accentuato dalle forme e da linee
spezzate, spigolose e veloci.

In Carrà l’opera diviene un tumulto che vuole evidenziare anche l’aspetto emozionale della
rappresentazione, come nei “Funerali dell’anarchico Galli”, dove un turbine di forme, colori,
rumori, sensazioni, sembrano portare lo spettatore dentro il quadro, al centro dell’evento. Le
linee spezzate, il ritmo frenetico, due colori predominanti, rosso e nero, sottolineano la
drammaticità creando una vertigine di forme e emozioni.

Balla in “Plasticità di luci+velocità” del 1912-13 rappresenta non tanto il corpo-macchina in


movimento, ma l’idea stessa di velocità. Tanto più un corpo si muove velocemente, tanto più
astratta è la percezione che se ne ha. I colori sono bianco e nero, vengono utilizzati per
evidenziare le caratteristiche dinamiche.

Le spinte dinamiche sono presenti anche nelle ricerche architettoniche, come nei progetti di
edifici di Sant’Elia, “Città nuova” del 1914, in cui propone un’idea di architettura tutta spinta
verso l’alto, dinamica, tesa a un totale rinnovamento dell’idea di edificio e di città.

Raggiungono importanti risultati di ricerca anche nella musica, grazie a Russolo e il suo
“intonarumori”, a Marinetti e la sua poesia “parolibere”, e a Bragaglia e le sue fotografie
dinamiche.

Con la morte di Boccioni e Sant’Elia, muore il movimento futurista, al sopraggiungere della


prima guerra mondiale. A essa farà seguito, nell’immediato dopoguerra, il secondo Futurismo,
con Balla, Depero e Marinetti. A differenza del primo, si caratterizzerà attraverso un
rallentamento dell’elemento dinamico in favore di elementi di carattere decorativo.

DER BLAUE REITER

Il movimento “Il Cavaliere Azzurro”, dal titolo di un’opera di Kandinsky che dipinge nel 1903 e
raffigura un cavaliere con un manto azzurro al galoppo in un prato verde, nasce a Monaco e
venne fondato da Kandinsky e Marc nel 1911, anno in cui viene allestita la prima mostra del
gruppo. “Entrambi amavamo l’azzurro, Marc i cavalli e io i cavalieri, cos’ il nome venne da sé”.

I due pittori vogliono approfondire soprattutto la valenza spirituale ed empatica dell’arte.


Partendo entrambi da ricerche espressionistiche, accentuano le caratteristiche spirituali insite
nella pittura, abolendo però l’impegno politico e sociale (Die Brucke).

La spiritualità che ricercano non è ideale o un simbolo, bensì un dato non razionale che
corrisponde all’esistenza, in cui realtà fisica e realtà psichica sono strettamente legate.

Così segno e colore non preesistono all’atto del dipingere, ma ne sono il risultato e pertanto
sono strettamente connessi con il gesto che li genera.

L’arte deve divenire autonoma rispetto al mondo e deve sviluppare un linguaggio suo proprio
che rappresenti la vittoria dell’irrazionalismo orientale sul razionalismo occidentale.

Perciò affrontano la cultura giapponese, così come la favolistica, l’iconografia popolare


nordica, il “grande zero” di Rousseau, la pittura di Delaunay, come elementi da utilizzare per la
ricerca, dove il valore semantico intrinseco del segno e del colore assumono importanza
primaria.

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Le opere di Marc e di Macke sono dichiaratamente figurative: in Marc, attraverso la
rappresentazione armoniosa di animali e la sua passione per l’Oriente, si evidenzia una
ricerca dell’uomo nel suo stato originario; mentre in Macke si esprime un purovisibilismo fine a
se stesso, un totale equilibrio formale, sulla trasparenza del colore e su un’armonia delle forme
di derivazione orientale. Lo svizzero Paul Klee può essere posto allo stesso livello di Kandinsky. Il
principio che li accumuna è che il mondo dei significati è estremamente più vasto di quello
razionale e oggettivo. La comunicazione estetica vuole essere la più immediata possibile.

L’arte è intesa come operazione estetica intersoggetiva, capace di assumere al proprio interno
una funzione didattica e formativa, diventa strumento di approfondimento della spiritualità.

ASTRATTISMO

Nel 1908 il teorico Worringer, con il saggio “Astrazione ed empatia”, dà il via a una ricerca,
quella astratta.

Nel 1910 nasce un clima culturale nel Nord Europa che vede artisti e teorici interessati a definire
un nuovo linguaggio nelle arti, studiando anche campi differenti quali musica e psicologia (della
forma e del colore), svincolato dalla rappresentazione figurativa e utilizzando invece elementi
formali puri (segno, colore, superficie) usati per definire una spiritualità nell’opera.

Dalla sua prima opera astratta “Primo acquarello astratto” del 1910, Kandinsky ricerca attraverso
un segno e una grafia infantili, quasi scarabocchi che azzerano ogni linguaggio, un significato
“altro” al fine di ottenere puri segni e puri colori che rimandino unicamente a se stessi.

Compito della pittura astratta è quello di esprimere, attraverso i suoi stessi materiali, uno
studio primario di conoscenza, svincolato da ogni sovrastruttura legata al linguaggio ormai
codificato della rappresentazione. Il piano dell’opera diviene il piano totale della libertà di
espressione, dove l’artista può estrinsecare la propria interiorità, la propria sensibilità e
spiritualità (come un bambino).

Nel decennio successivo, Kandinsky entra come docente al Bauhaus (la scuola di Weimar
fondata nel 1919), sembra sentire l’esigenza di fare ordine in una struttura pittorica brulicante di
segni che non vogliono sottomettersi ad alcuna regola se non a quella della sensibilità. Al
Bauhaus l’artista organizza i segni nascenti secondo un linguaggio più razionale e codificato,
geometrico, in sintonia con la scuola, cioè una metodologia progettuale dove la funzione e
l’estetica convivono, sia su uno spazio piano che tridimensionale: unire l’arte e l’industria.

De Stijl (Lo Stile) nel 1917 viene fondato da van Doesburg e Mondrian, in Olanda, da cui poi
deriva il nome del movimento: il neoplasticismo.

Partendo da problematiche soprattutto di carattere architettonico (l’Olanda la più avanzata),


cerca di utilizzare il linguaggio astratto dichiarando l’assoluto legame fra arte e vita, fra estetica
e progetto.

Anche per loro, il problema è quello di utilizzare il linguaggio astratto per una ricerca capace di
coinvolgere l’architettura e la pittura, le arti applicate e la progettazione.

Il progetto è soprattutto un atto teorico che non deve necessariamente tenere conto delle
problematiche d’uso e di funzione (Bauhaus).

Gli astrattisti italiani che esordiscono sono Fontana, Licini, Melotti, Magnelli, Veronesi, Reggiani, e
il cosiddetto “Gruppo di Como” a Como, con Radice, Rho, Galli, Badiali.

La ricerca degli italiani verte soprattutto su problematiche formali, dove la pura geometria delle
forme e la raffinatezza cromatica, unite all’assoluto rigore teorico, permettono alle loro opere
un riconoscimento internazionale.

Nel 1948 a Milano, Dorfles, Monnet, Munari e Soldati fondano il MAC (Movimento Arte Concreta)
al quale aderiscono numerosi artisti. L’obiettivo è quello di proporsi come arte concreta in
contrapposizione a una falsa astrazione, sviluppare una nuova purezza formale e un linguaggio
estetico internazionale.

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AVANGUARDIE RUSSE

Tra il 1910 e il 1920 la Russia è percorsa da una profonda spinta modernista che porta gli
intellettuali a contrastare il regime degli zar, tutto teso alla conservazione del potere. Esistono
due religioni in Russia, quella greco-ortodossa e quella ebraica. La prima aveva il solo
problema che non potendo rappresentare cose diverse dalle solite icone, l’arte non riusciva a
svilupparsi. Mentre la seconda non poteva rappresentare Dio, e quindi anche essa non riusciva a
sviluppare in arte moderna.

L’apertura della Russia è iniziata con il balletto a Parigi, in cui un ballerino Nureyev ha rifiutato di
tornare in patria, richiedendo asilo in Francia. La Russia si sviluppò in tutte le sue arti.

Da tale tensione prende avvio il raggismo di Larionov e Goncarova. I due, attraverso un


manifesto teorico, dichiarano che il raggismo è una sintesi di cubismo, futurismo e orfismo.

La loro pittura si caratterizza come uno spazio composto da fasci di luce in movimento che
attraversano la superficie della tela con ritmi interferenti e che si scompongono secondo le
leggi del prisma ottico. Il raggismo di Larionov si rifà alle istanze orfico-luministiche, mentre
quello di Goncarova si distingue per una tecnica più vicina a quella futurista.

Ben diversa la ricerca di Malevic che, partendo dallo studio di Cezanne e Picasso, intraprende
una capillare ricerca sulla struttura funzionale dell’immagine. Malevic approda nel 1913 al
suprematismo di cui redige il Manifesto teorico insieme a Majakovskij, dove si dichiara
l’assoluta necessità di trovare una corrispondenza tra idea e percezione: tutto ciò che prende
corpo nella definizione dello spazio pittorico inteso come astrazione assoluta.

“Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative”.

La pittura è pura sensibilità, fatto estetico autonomo e svincolato da ogni presupposto di


rappresentazione. Il quadro è lo strumento capace di comunicare uno stato di totale equilibrio
e di identità tra soggetto e oggetto. Ciò che l’artista teorizza è la concezione di una realtà
pittorica priva di oggetti, di nozioni temporali, dove l’oggetto e il soggetto sono ridotti al
grado zero, alla pittura pura.

Nel “Quadrato nero su fondo bianco” nel 1913/1915 Malevic indica che l’arte non ha più
bisogno della realtà esterna per esistere, è essa stessa realtà in quanto piena dello spirito
della sensibilità non oggettiva. Utilizza una precaria geometria che crea un mondo formale e
pittorico totalmente svincolato da ogni finalità concreta.

Il costruttivismo di Tatlin, El Lissitsky e Rodcenko nasce con finalità rivoluzionarie (rivoluzione


bolscevica del 1917).

Pur mantenendo la propria autonomia linguistica, l’arte deve dunque assumere un ruolo
sociale capace di comunicare al popolo i valori della rivoluzione; essa non può più essere
narrazione bensì visualizzazione dei concetti rivoluzionari per contribuire alla nascita del nuovo
Stato.

Il “Monumento alla III Internazionale” nel 1920 di Tatlin, costituito da un enorme spirale inclinata e
asimmetrica che avrebbe dovuto essere realizzata in metallo e contenente ambienti di cristallo per
accogliere le riunioni del Soviet supremo, assume una precisa funzione pubblica, quella di
essere elemento dinamico di trasmissione di informazioni verso l’esterno. Tatlin vuole costruire
una realtà concreta.
Nell’opera di El Lissitsky “Insinua nei bianchi il cuneo rosso” del 1919 una struttura astratta e
geometrica e con una riduzione cromatica al bianco dello sfondo e al rosso e nero delle forme,
appare chiaro l’intento di comunicare la vittoria della rivoluzione. I suoi “Proun” progetti di
forme nuove, di uno spazio variamente articolato, pur non avendo una immediata funzione
pratica, ed essendo pertanto molto vicini alle istanze di Malevic, hanno però una diversa utilità,
quella di creare degli scopi, e gli scopi sono quelli legati alla nascita della nuova società.

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METAFISICA

L’arte italiana, dopo i fragori del futurismo in Italia, ripiomba in una sorta di provincialismo dei
confronti dell’Europa, pur continuando a ricercare una propria autonomia e originalità.

Giorgio de Chirico cerca di recuperare parte della tradizione figurativa italiana arricchendola
di nuovi valori. Ricerca un linguaggio pittorico capace di porsi al di sopra della storia, un’arte che
sappia travalicare il tempo e il luogo reali entro i quali nasce.

Nelle opere del “pictor optimus” come egli stesso amava definirsi, vi è un rimando alla
classicità assoluta, fuori dalle logiche dello spazio e del tempo, fuori dalla storia.

L’arte non deve avere alcun rapporto con la contemporaneità, non deve essere portatrice di
valori, ma deve essere meta-reale, meta-storica, meta-fisica. Con metafisica si intende ciò
che trascende la realtà fisica., de Chirico userà questo termine per la prima volta a Parigi nel
1909.

Le opere di de Chirico e di Carrà (distaccatosi dal futurismo) sono piene di enigmi e inquietudini,
creano continui interrogativi, senza preoccuparsi di dare risposte, soluzioni, lasciando gli
spettatori angosciati e dubbiosi. Tutto è immobile, fermo, senza vita, dove nulla risponde,
ponendosi con una posizione di superiorità rispetto al presente e alla storia.

Gli elementi figurativi utilizzati come manichini, strumenti da disegno, piazze italiche, trenini
fermi, giochi a cui non si può giocare o ombre fantasmatiche, sfociano in un apparente
nonsenso di relazioni, riportando la pittura a un suo significato più intimo.

L’arte rimanda solo a se stessa e alla propria identità. Antichità e modernità convivono nelle
loro opere, risultando così meta-fisico.

Mentre per de Chirico la pittura è uno spazio altro e per Carrà è un divenire di geometrie; per
Morandi la pittura è uno spazio più concreto, l’opera è il luogo dove oggetto e spazio
assumono uguale importanza in un continuo gioco di equilibri formali e cromatici. Per
Savinio invece la componente meta-fisica è un’operazione più intellettuale che pratica.

C’è in tutte le loro opere quasi un preludio del movimento surrealista.

SURREALISMO

Breton (poeta, psichiatra, freudiano), dopo una breve esperienza nel dadaismo, fonda a Parigi il
surrealismo, di cui redige il manifesto nel 1924 che pubblica sulla rivista “Litterature”.

Anche questo movimento rivolge un’analisi non solo al contesto artistico corrente, ma anche
politico e sociale, con l’intento di criticare e mettere in crisi e di conseguenza scandalizzare.

Nel manifesto egli definisce il surrealismo come “automatismo psichico puro con il quale ci si
propone di esprimere il funzionamento reale del pensiero. Pensiero, in assenza di qualsiasi
controllo esercitato dalla ragione.”
L’inconscio è la vera dimensione dell’esistenza: a esso l’arte deve accedere e con esso ha
in comune la capacità di esprimersi attraverso le immagini, come accade nel sogno, una delle
manifestazioni attraverso cui l’inconscio si manifesta.

Compito dell’arte non è quello di interpretare i sogni, ma di formarsi nel momento stesso in cui
il sogno accade, in una totale tensione verso il vissuto e non verso il rappresentato.

Sotto l’aspetto tecnico il surrealismo è vicino alla spregiudicatezza dadaista. Utilizza infatti tutti
i materiali che ha a disposizione. Avviene nel surrealismo una frattura fra le parole e le cose, fra
i significati e i significanti, attraverso la messa in discussione dei tradizionali codici di
funzionamento.

Max Ernst, dadaista/surrealista, approfondisce il concetto di automatismo psichico e introduce la


tecnica del frottage. Il frottage è il risultato di un gesto che non deriva da un ragionamento ma
dal puro gesto meccanico della mano che dà vita a segni non determinati dall’artista né dalla

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sua abilità tecnica. Automatismo e frottage sono meccanici e dinamici entrambi, aprendo agli
infiniti spazi l’immaginazione.

Il surrealismo è un movimento polimorfo, gli altri artisti come Mirò, Tanguy, Masson, Magritte,
Dalì, Arp, Man Ray, Delvaux, producono opere diverse fra loro, ma sempre rifiutando ogni
codice stilistico, culturale o tecnico dato a priori, dipingendo in totale libertà.

Magritte crea atmosfere cariche di mistero, di enigmi e di nonsense linguistici, dove continua a
ribadire la frattura tra significato e significante. Mirò, fra sogno e ironia, rimanda a un mondo
infantile e onirico che ricorda un’infanzia perversa.

Ernst con “Vestizione della sposa” 1939/1940 presenta una molteplicità contraddittoria di facce
coesistenti in una composizione pittorica che presuppone la contrapposizione delle pulsioni
primarie che determinano il soggetto: Eros e Thanatos, amore e morte.

È un dipinto che inquieta e turba. La sposa è carica di erotismo e continuamente fa i conti con
la nozione di morte che la avvolge, dove il sognato, e quindi il desiderato, è contemporaneamente
seducente e orribile, risultando totalmente ambiguo.

La tematica erotica e conturbanti visioni della donna coincidono in molte opere surrealiste. La
donna è vista come un invincibile oggetto perverso che incombe con la sua segreta forza di
seduzione, dominando totalmente l’uomo. L’erotismo, la perversione, la morte, la religione, e
tutti i valori della cultura borghese vengono esplicitati per scandalizzare tale società.

La corrente surrealista continuerà anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, ripresa da giovani
generazioni americane ed europee.

DADAISMO

Il Dadaismo nasce a Zurigo nel 1916 al Cabaret Voltaire, durante la prima guerra mondiale.

A differenza delle altre avanguardie, esso è spinto da una totale volontà di contestare tutti i
valori artistici e sociali del tempo, rifiutando la logica dell’opera che si inserisce nella
produzione mercantile.

Il termine “dada” pare sia stato trovato aprendo a caso un dizionario, per altri rimanda al
linguaggio infantile, per altri a un intercalare nella logica di un discorso. Pare che sia la citazione
di un termine usato dalle lingue slave. Non vuole significare qualcosa di specifico.

Esistono altri due importanti nuclei del movimento, uno a New York e uno a Berlino.

Dopo una rassegna all’Armony Show di NY nel 1913, Duchamp, Picabia e il fotografo Stieglitz,
ai quali si unisce presto Man Ray, pubblicano la rivista “291” in cui dichiarano le analogie della
loro ricerca con quella del movimento zurighese. Pertanto la diffusione del dada è rapidissima.
Non è un caso che nasce nel periodo bellico e soprattuto nei due luoghi (Svizzera e USA) meno
coinvolti dalla guerra che ha messo in crisi i valori dell’Occidente, la sua struttura razionale, la
sua capacità produttiva e la sua cultura.

L’arte non deve produrre valore, anzi lo deve negare in quanto nonsenso che si contrappone
all’assoluta produttività dell’opera d’arte così come era stata concepita fino ad allora.

L’arte è puro fatto mentale, pura estetica, e pertanto non può essere assimilata alle logiche
della moderna produzione di oggetti-valore (le opere) e deve essere svincolata dalla valenza
economica.
L’arte, puro nonsenso positivo, ha il compito di contrapporsi al nonsense negativo del reale
che, mosso da logiche razionali, ha portato alla crisi, alla distruzione in ogni ideale e alla
guerra.

Il Dadaismo Zurighese si caratterizza soprattutto attraverso manifestazioni scandalistiche,


esasperate, volutamente caotiche, dove gli artisti intendono sottolineare l’impossibilità dell’arte
di avere un rapporto con le logiche del reale. Per questo il dada è da intendersi come
un’avanguardia negativa, in quanto non interessata a incidere nel mondo con al produzione di
opere-valore. Si dirigono verso l’anti-arte, l’anti-valore, l’anti-tecnica, l’anti-opera.

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Dada è proprio questa continua negazione.

Dal punto di vista tecnico si assiste alle sperimentazioni più spericolate e concettuali: i
readymades di Duchamp; i quadri di Picabia che mette in evidenza la crisi del pensiero
funzionalità dell’epoca; i rayogrammi di Man Ray sono immagini ottenute fotograficamente
secondo la pura casualità, in bianco e nero che mostrano in negativo solo le tracce lasciate dagli
oggetti che l’artista ha posto a caso sulla superficie emulsionata; le opere tridimensionali e
amorfe di Arp che non vogliono rappresentare nulla, è solo puro gesto.

Schwitters fa parte del gruppo dadaista tedesco insieme a Grosz, Hoch, Ernst. Schwitters
assembla oggetti, pezzi di carta, tessuto, fissandoli su tela fino ad arrivare alla monumentale
opera “Merzbau” che realizza nella sua casa tra il 1923 e il 1932, accumulando i materiali più
eterogenei all’esterno di casa sua.

L’opera è la possibilità di ridare vita all’ammasso sempre più incontrollabile dei materiali che la
società moderna scarta e accumula. Nell’opera si intrecciano così oggetti che hanno già un
loro vissuto alle spalle e in questo concatenarsi casuale di vissuti diversi, si fa l’opera.
L’opera quindi partecipa al flusso continuo degli avvenimenti che la arricchiscono.

DUCHAMP

Duchamp rivoluziona il concetto stesso di opera d’arte. Per lui è importante il processo
creativo, non la tecnica. L’arte si trasforma da atto materiale a atto mentale.
È il protagonista di una grande rivoluzione linguistica e culturale. Comincia con la pittura,
volgendo uno sguardo al cubismo e al futurismo.

Nel “Nudo che scende le scale” nel 1912 è evidente il doppio influsso dei due movimenti.
Duchamp, di stampo europeo, accetta e assorbe tutte le scoperte scientifiche e tecnologiche:
scomposizione, spazio-tempo, velocità, macchina. È l’opera di chiusura del vecchio Duchamp.

Stringe amicizia con Man Ray a N.Y. e nel 1913 abbandona la pittura e inizia con i readymades.

—L’industria produce oggetti di tutti i generi: “perché dipingere quando intorno ho oggetti
prefabbricati? —
Duchamp utilizza l’oggetto quotidiano, sottraendolo dal suo ambiente, generando uno
spaseamento; questa tecnica proviene addirittura dalla cultura greca “Oxtramiene..”, ovvero un
processo per produrre un’immagine che non fosse una realtà preesistente.

Duchamp, in “Ruota di bicicletta” del 1913 si accorge di aver miracolato l’oggetto, di averlo
sottratto dalla banalità del quotidiano ponendolo sotto i riflettori per lo sguardo collettivo,
portando alla nascita di una nuova identità, a cui corrisponde una nuova funzione, come per la
“Fontana”, l’orinatoio capovolto del 1917. La presenta a un concorso, ma non dice che è sua, e
viene rifiutata producendo uno shock. Aveva generato il suo contrario.

I readymades si rivoltano contro il sistema industriale e contro il suo consumo quotidiano.

“Il Grande vetro” del 1915-1923 subì un’incidente, ma Duchamp riconobbe in questo, un gesto
creativo intrinseco all’oggetto, accettando di conseguenza il caso. Un’apertura mentale che
richiama la filosofia orientale. Come se il tempo avesse una struttura circolare.

La trasparenza del grande vetro indica lo sfondamento dello sguardo, l’appropriazione sia
dell’artista che dello spettatore di tutto ciò che cova l’opera.

Non c’è il pudore della bidimensionalità. Crea una continuazione tra arte e vita.

“La testa stellata”, foto di Man Ray a Duchamp, esplica il concetto per cui la pittura è cosa
mentale, affermazione di Da Vinci a cui Duchamp è affezionato.

“Scatola in una valigia”: una miniaturizzazione dei suoi lavori da portare in valigia. Una valigia
di concetti e non di oggetti. Abbiamo una sintesi, spazio temporale, della sua poetica.

—Come fa l’arte a miniaturizzare il mondo, nel senso che lo può ridurre in una dimensione
microscopica?—
Duchamp lavora sulla citazione di Da Vinci, azzerando ogni manualità e procedimento
pittorico. Lavorando sulla memoria iconografica. Attua un gesto anarchico, mette i baffi all
Gioconda, perché è l’icona dell’arte da museo, del Rinascimento, l’apogeo dell’arte occidentale.

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La Gioconda esprime ambiguità in quanto con i baffi, l’arte non è né maschile né femminile.
“L.H.O.O.Q” rimanda all’identità di Leonardo che era omosessuale.

È il passaggio ad un linguaggio nuovo. I baffi sono un completamento dell’identità di


Monnalisa. L’icona riprodotta in milione di copie ha perso al sua sacralità.

Poi però fece un’ultima opera “Étant donnes” nel 1946-1966 in cui è presente una porta francese
consumata dove guardare attraverso un foro. Lo sguardo sprofonda, non esiste sacralità, lì c’è
una donna nuda con vagina esposta (come Courbet). Conferma la condizione dello spettatore,
del “Vouyeur”, l’immaginario dell’artista è coinvolto anche nell’erotismo, sessualità e tabù
(surrealismo). Le cose stanno così, nessuno scandalo.

Conosce il tempo della vita e consapevole che la vita è la morte al lavoro. Ci lascia questa
installazione dove sprofondare con l’occhio, ma intanto coinvolge lo spettatore in un’opera
polisensoriale, quasi multimediale.
Duchamp era un grande giocatore di scacchi a NY, giocava ogni giorno. Ha rinunciato all’arte,
per passare alla vita. La scacchiera rappresenta lo spazio di una battaglia mentale, scontro di
intelligenze. Duchamp attraverso il gioco, teorizzava la patta, né vinti né vincitori.

I titoli, a livello linguistico e fonetico, sono molto importanti.

NEL MONDO
Tra le due guerre, in tutte Europa ad eccezione per la Francia, le politiche totalitarie
determinano una chiusura nei confronti delle avanguardie in favore di una ripresa in arte di
tutti quei valori che riprendono le culture locali e nazionali.

NUOVA OGGETTIVITÀ

La Nuova Oggettività si presenta per la prima volta a Mannheim, Germania, nel 1925, in una
mostra in cui sono esposte opere di artisti che all’interno della cultura tedesca ne assumono
alcune istanze e cercano di cogliere e rappresentare la realtà in maniera cruda, in alcuni casi
tragicamente realistica e fotografica, con l’intento di mostrare tutta la drammaticità dei tempi
storici. Non a caso il movimento nasce alla vigilia dell’ascesa del nazismo.
La pittura non è alla ricerca di un bello o di un brutto ma dell’assoluta realtà e verità; diventa
così strumento di analisi e aspra critica sociale.

In Grosz, attraverso un segno forte e quasi caricaturale si assiste alla messa a nudo, alla
ridicolizzazione della classe dirigente, sottolineandone l’assoluta malvagità e negatività.

In Dix, invece, si affronta in maniera quasi fotografica la cruda realtà.

In Beckmann invece prevale un’impostazione di carattere quasi romantico, dove denuncia la


drammatica caduta dell’umanità.

REALISMO SOCIALISTA

Nell’Unione Sovietica di Stalin, con il nuovo regime l’arte viene sempre più intesa come
strumento funzionale al potere e alla propaganda di partito. Molti degli artisti che hanno
partecipato attivamente alla stagione rivoluzionaria si trasferiscono all’estero, altri si suicidano o si
autoemarginano. Di conseguenza tra il 1932 e il 1956 si sviluppa in URSS un’arte di Stato, il
cosiddetto Realismo Socialista. Le sue caratteristiche vengono stabilite nel 1934 da Andrej
Zdanov e viene costituita l’Unione degli artisti sovietici: deve essere un’arte che pratica una
figurazione esasperatamente realistica, con soggetti ricorrenti quali il ritratto del capo in
atteggiamenti “eroici”, le masse proletarie al lavoro. Con l’utilizzo di un linguaggio figurativo
realistico ma didascalico, imponente e celebrativo, gli artisti del realismo socialista mirano a
contribuire al rafforzamento dell’ideologia politica.

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REALISMO ESISTENZIALE

Anche nel resto dell’Europa si diffonde una pittura che ha in sé valenze fortemente ideologiche:
in Italia alcuni artisti comunisti aderiscono al fronte nuovo delle arti, che ha come finalità quella di
contribuire attraverso l’arte, alla ricostruzione del paese. Gli artisti italiani non voglio mostrare
i contenuti dell’ideologia, ma farsi interpreti delle lotte del proletariato e della crisi della
società borghese. Anche altri artisti, a cui Lucio Fontana si aggiungerà, formano nel 1947 il
gruppo Forma Uno, dove ribadiscono la necessità dell’impegno e dell’intervento nella
struttura sociale, mantenendo i principi di autonomia dell’arte e della libertà artistica.

Su questa scia, ma ponendo maggiore attenzione ai fatti della quotidianità e mossi da una
concezione di vita esistenziale, nasce a Milano tra il 1953-1955 il Realismo Esistenziale.

MURALISMO MESSICANO

Nel continente americano, il Messico, a partire dagli ’10, vive la propria rivoluzione politica e
culturale. Ai contadini in rivolta contro i latifondisti, eredi dei dominatori spagnoli, si uniscono
gli intellettuali e gli artisti, al fine di contribuire a ripristinare l’antica civiltà di un paese,
distrutta dalla colonizzazione. I nuovi governi democratici cercano, attraverso la collaborazione
con artisti, di dare vita a moderne riforme culturali al fine di far partecipare il popolo stesso allo
sviluppo della nazione.

Nascono così opere contraddistinte da una figurazione che rimanda alla storia messicana, dalle
origini al colonialismo, attraverso vaste pitture dipinte su muro (murales) e stampe popolari. I
maggiori esponenti del Muralismo Messicano sono Orozco, Rivera e Siqueiros.

Anche le tecniche pittoriche si rifanno a quei movimenti che sono maggiormente orientati verso
una direzione popolare, come l’espressionismo tedesco ( tipico in Orozco e in parte Rivera) e
il costruttivismo. Siqueiros si ispira maggiorente al surrealismo, in quanto intende la rivoluzione
come continuo divenire e non relativo solo alla propria nazione.

La narrazione è spesso impetuosa, violenta, tragica, realizzata con tratti incisivi e marcati
dall’acceso cromatismo.

IN ITALIA
VALORI PLASTICI

Nel 1918 Mario Broglio fonda la rivista “Valori Plastici”, in un clima di ritorno all’ordine il gruppo
si propone di rivalutare in pittura la grande tradizione italiana, soprattutto attraverso la rilettura
delle opere di Giotto e Masaccio. Ricercano un’arte che recuperi quei valori pittorici capaci di
valorizzare la storia dell’arte italiana, in contrapposizione con le avanguardie.

L’impianto delle opere è classico, la forma è conclusa e definita, il colore e il disegno sono gli
strumenti primari.

NOVECENTO
A un clima analogo si collega il Novecento, movimento che raccoglie artisti di varie tendenze,
alcuni provenienti anche dall’avanguardia, pittori e scultori bravi o meno bravi che ribadiscono la
loro necessità per l’arte di attingere alle proprie origini, alla sana tradizione italiana.
Strettamente connesso alla situazione politica, ossia il fascismo, vengono prodotte
innumerevoli opere. Per questi artisti la pittura e la scultura sono strumenti di riflessione e non di
vuoto manierismo: la tecnica è un vero e proprio linguaggio.

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REALISMO MAGICO

L’arte fa i conti con un infinito repertorio di forme consacrate dalla tradizione, con un passato che
si confronta e dialoga con la modernità, come avviene in Martini, il quale, partendo dall’analisi
della razionalità plastica di Canova, approda a una concezione della scultura non più aulica,
monumentale e celebrativa, ma come forma plastica aperta e inventiva. All’interno di tale
clima De Chirico diviene il punto di riferimento per un gruppo di artisti che danno via al Realismo
Magico, così come determinante è la necessità del recupero del mestiere e della bella pittura.
Ciò che contraddistingue la poetica del realismo magico è un attento studio al museo, passando
attraverso il linguaggio metafisico. Le figure che gli artisti dipingono sono quasi dei manichini,
“muse inquietanti”. L’impianto dell’opera rimanda a una nozione di neoclassicismo proprio per
la purezza del disegno e delle forme e per la loro solida composizione. Ciò che vogliono
sottolineare è la volontà di superare il futurismo, la consapevolezza che bisogna fare i conti
con le avanguardie.

ANTINOVECENTO
A Roma nel 1927 si costituisce la Scuola Romana, l’anima del gruppo è Scipione la cui
attenzione è rivolta soprattutto all’espressionismo francese e dalla forza espressiva del
barocco, di cui Roma è la manifestazione. La città diviene metafora di tutto ciò che è negato,
come la libertà di ricerca e di espressione. Sulla tela veniva oltraggiata la Roma cattolica
seicentesca attraverso una pittura violenta, ma nel contempo veniva esaltata in tutto il suo
splendore contrapponendola alla falsa Roma imperiale che il regime fascista cerca di far rivivere.

CORRENTE

A Milano si forma nel 1939 il gruppo di Corrente con Biroli. Il loro proposito è quello di uscire
dalla situazione di degrado culturale e morale al fine di ricercare un nuovo linguaggio
artistico. Corrente si contrappone al Novecento attraverso opere cariche di tensioni politiche e
sociali, adottando una pittura intensa e drammatica sia nella tecnica che nelle tematiche.

IL RITORNO DELLE AVANGUARDIE

Dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa affronta una profonda crisi sociale e culturale,
una crisi d’identità che fa abdicare al ruolo di centro propulsore delle ricerca artistica, che si
sposta negli Stati Uniti. Parigi, perde la sua centralità a favore di New York.

I giovani artisti americani, eredi delle avanguardie europee, nel corso degli anni ’30 iniziano a
utilizzare linguaggi, che seppur connessi a quelli europei, ricercano una propria autonomia e si
presentano con una dirompente forza espressiva. La ripresa dei linguaggi avanguardistici, dà così
avvio, nel secondo dopoguerra in tutto il mondo, a una infinita serie di movimenti che ne
assumono le teorie, le forme e le ideologie, per una messa in discussione del reale e per la
precisazione di un linguaggio, di un’arte che, nella sua incessante ricerca ed evoluzione, tenta
di porsi in relazione con il mondo nel preciso intento di cambiarlo.

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ESPRESSIONISMO ASTRATTO

A partire dal secondo dopoguerra, la nuova arte americana inizia a delineare un proprio
linguaggio, grazie all’incontro con la pittura di Arshile Gorky che crea un ponte tra Europa e
America. La nuova società assume una propria autonomia nei confronti di quella europea.

L’Espressionismo Astratto, termine usato per la prima volta nel 1946 dal critico Robert Coates e
che si precisa all’interno della scuola di New York, non è un movimento che riunisce artisti
accomunati da un medesimo stile, bensì una condizione culturale ed esistenziale, in cui
l’autore opera partendo dalla necessità di portare all’interno del proprio lavoro la ricerca di una
identità anche di ordine collettivo sociale, quindi al suo interno vi sono artisti di personalità
differenti. Per tutti un nuovo modo di intendere la superficie pittorica: la tela diviene uno spazio
d’agire più che da costruire, e i colori sono gli strumenti insieme al gesto di tale azione,
sintetici e industriali in alcuni casi. Il gesto parte da un’ automatismo derivazione surrealista.

Gli elementi a cui gli espressionisti astratti attingono sono: il surrealismo, per le sue riflessioni
intorno all’inconscio, che per gli americani non è solamente inconscio del singolo oggetto, ma un
inconscio collettivo, riferito all’intera società; l’interesse per il mito e per l’arte primitiva; l’analisi
delle forme archetipiche e primarie dell’esistenza (Jung); l’esperienza spirituale in pittura di
Kandinsky.

ACTION PAINTING

Pollock attraverso un gesto convulso del corpo, quasi una danza frenetica o un combattimento,
lascia sgoccioli sulla tela spruzzi di colore, tecnica chiamata dripping, seguendo un andamento
ritmico prodotto dal proprio corpo. La sua pittura d’azione, action painting, si esprime in opere
straordinarie come “Blue Poles” del 1952, dove costruisce una sorta di “passaggio” tutto giocato
sul rischio del gesto e sull’azzardo della materia pittorica. Non c’è casualità, ma un totale
controllo del proprio corpo.

Rothko invece, utilizza un gesto pacato e spirituale, anche se i suoi quadri rimandano a
un’azione ancora più violenta. In “Ochre and Red on Red” (1964) l’artista tinteggia la tela con
pacata e diligente attenzione, giocando sui passaggi di luce attraverso l’ocra e il rosso fino a
costruire un’opera che è luce e spazio, forma emotiva del colore e intensità di superficie.

La sua pittura è senza soggetto, senza forma, è un’azione materiale e spirituale che ricerca un
abbattimento dei limiti architettonici. Come l’opera “Chapel”, uno spazio sacro le cui pareti e il
soffitto sono interamente coperti di tele dipinte con una cupa e al contempo luminosa pittura
che apre le porte a una spiritualità assoluta.

COLORFIELD PAINTING

Negli esponenti della colorfield painting, Greenberg la definisce così nel 1962, è chiaro il legame
con le avanguardie europee, ma anche la derivazione dei paesaggi americani, dove gli
orizzonti sono così ampi che sembrano illimitati. La tela diviene così un grande campo
cromatico che si espande oltre il bordo e dove non esiste distinzione tra soggetto e sfondo
in quanto entrambi si risolvono nel gesto pittorico. Newman, Still, Rothko e Reinhardt apportano
all’action painting sostanziali cambiamenti, divenendo l’ala più teologica e mistica
dell’espressionismo astratto. A Pollock, essi contrappongono una riduzione del segno e del
colore, fino a realizzare, in alcuni casi, rigorose opere monocrome.

Con Reinhardt si ha quasi una dichiarazione di intenti nei confronti della pittura suprematista di
Malevič, nei suoi quadri infatti la riduzione avviene per gradi fino al nero assoluto.

L’arte rimanda all’arte, la pittura alla pittura.

Newman reagisce all’espressività di Pollock riducendo al minimo il coinvolgimento emotivo.

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ART BRUT

Nel 1967 Jean Dubuffet, organizza una grande mostra al Musée des Arts Décoratifs, dove
espone numerosissime opere di circa 135 artisti. Nel 1945 l’artista francese Jean Dubuffet,
definisce “Art Brut”, con il quale designa tutte quelle opere prodotte dalla libera espressività
dell’individuo, coloro che operano fuori da ogni tipo di istituzione culturale ed economica (malati
di mente, vecchi, proletari, eremiti). Dubuffet ritiene che solo le opere nate spontaneamente
sappiano essere autenticamente vere e possano rappresentare fino in fondo la purezza
dell’espressione artistica. Usano i materiali più disparati per realizzare quadri, composizioni,
sculture, che hanno in sé caratteristiche contemporanee.

COBRA

Anche in Europa, alcuni artisti assumono la poetica del gesto, prelevata dall’espressionismo
americano, apportandovi alcune modifiche. Nasce così nel 1948 a Parigi il gruppo Cobra, (dal
nome delle tre città d’origine degli artisti: Copenhagen, Bruxelles, Amsterdam) formato da Asger
Jorn, Carl Henning Pedersen, Pierre Alechinsky, Corneille, Appel e Costant.

Ciò che differenzia questa formazione è uno sperimentalismo esasperato e portato


costantemente alle estreme conseguenze, caratterizzato da pennellate incisive, violente, e dai
colori cupi e una pittura che fonde linguaggio figurativo e astratto con un continuo rimando al
primitivismo e alle radici figurative popolari. Ricercano la verità dell’arte attraverso un
linguaggio che si rifà a una fase prelinguisitica, che si esprime nella violenza del gesto.

L’atto della creazione in se stesso è molto più importante dell’oggetto creato.

Asger Jorn, che fonda in Svizzera il Bauhaus nel 1953, aderisce successivamente
all’Internazionale Situazionista fondata a Parigi da Guy Debord nel 1957, dalla quale, insieme a
Constant e Pinot Gallizio, rappresenta il versante artistico.

La matrice del movimento situazionista, è di tipo surrealista e lettrista. Partendo dall’analisi del
contesto socio-politico, i situazionisti elaborano una teoria artistica in cui vengono messi in
discussione tutti quegli aspetti della vita collettiva nel sistema metropolitano, da cui deducono
concetti come “urbanisme unitaire” (=sistema di vita urbana integrato), il “détournement”
(=sviamento) e la “dérive” (=deriva psicogeografica).

Le opere d’arte prodotte secondo tali principi sono atte a infrangere le barriere fra tutti i generi
e gli stili al fine di creare una dérive interna all’individuo e alla società.

INFORMALE

In Europa, l’arte, più che porsi come strumento teorico, diviene un fare, un operare nel mondo.
Tra la fine ’40/‘50, prende quindi vita un modo di intendere l’arte definito informale.

Tale atteggiamento viene assunto anche da alcuni artisti giapponesi, che fondano nel 1950 il
gruppo Gutai, i quali possono anche definirsi i maggiori precursori dell’happening.

L’informale è una condizione culturale ed esistenziale. L’arte viene intesa come strumento
capace di ridare al soggetto una possibilità di azione pratica e conoscitiva nel mondo.
Liberandosi da schemi formali, figurativi e geometrici, l’informale propone una pittura
totalmente materica, segnica, in alcuni casi gestuale. Il critico Michael Tàpies, con una
mostra a Parigi nel 1951, parla per la prima volta di “informale”. La particolare attenzione si
sofferma sui materiali più disparati, poiché ogni materia ha una sua storia e un suo vissuto. Le
opere degli artisti mostrano il divenire del mondo. Ogni materiale utilizzato serve all’artista per
dichiarare la materia stessa in quanto segno, traccia di un’esistenza tragica e negativa di cui il
quadro è l’antiquadro, la materia stessa che si esibisce in quanto forma-materia, che mostra
anche il proprio telaio, come in “Orizzontali in nero” (1960).

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HAPPENING

L’Happening entra in USA nel 1959 con la prima azione di Kaprow che utilizza qualsiasi
materiale, al fine di porre in relazione l’arte con la vita.

Indica un evento, ciò che accade e che quindi è vincolato a tempi e luoghi precisi. L’arte
americana mette in discussione tutti quei valori che nell’espressionismo astratto hanno legato
l’opera al gesto, ma che hanno prodotto ancora un oggetto concreto: il quadro.

Kaprow, americano ma di origine russa, dopo la realizzazione 1957-1958 di alcuni


environments, nel 1959 presenta a New York la sua opera “18 Happenings in 6 Parts”, un lavoro
che ricorda per certi aspetti l’evento teatrale, a differenza del teatro l’happening si sviluppa
secondo schemi variabili e seguendo una struttura a “compartimenti stagni”, in ognuno dei
quali avviene qualcosa di estraneo agli altri. Il suo è un happening composto da più parti
autonome l’una all’altra, ma che costituiscono un’unità nella globalità dell’evento.

Gli happenings non hanno un copione come in teatro ed è tutto giocato sull’improvvisazione,
sono azioni semplici, elementari, compiute da attori professionisti o improvvisati, con
declamazioni di frasi o di semplici parole, suoni e rumori che interagiscono senza
predeterminazione alcuna. Nell’happening possono intervenire fattori esterni e variabili, dettati
dalla pura casualità. Tutto è evento, aperto e libero di svilupparsi in maniera sempre inedita.
Segna la necessità dell’arte di uscire dai limiti dell’opera al fine di partecipare al flusso del
mondo. L’artista viene attivato in un continuo gioco di emotività e forme: il rapporto tra ambiente
e artista si fa sempre più definito.

A Kaprow si uniscono Robert Rauschenberg, John Cage e Merce Cunningham, dalla cui
collaborazione prendono vita alcuni eventi importanti, come l’happening del 1952 al Black
Mountain College.

L’happening ricorda il dadaismo di Cabaret Voltaire, o Kurt Schwitters con il suo “Merzbau”, che
introduce un’idea di arte intesa come continuo divenire, o anche le azioni del gruppo Cobra.

FLUXUS

Mettendo in pratica le teorie di George Maciunas, l’ideatore, il teorico, l’editore, il promotore e


l’organizzatore di Fluxus, e Dick Higgins, nel 1961 si afferma il Fluxus, non è un movimento, ma
un’idea, un modo di vivere. Secondo il quale tutto è arte, e l’arte deve occuparsi di cose
insignificanti, dev’essere divertente e accessibile a tutti.

Compie azioni in cui i vari linguaggi, insieme a gesti semplici della vita quotidiana quali sedersi,
mangiare, fumare si intrecciano in una struttura creando l’opera o l’evento.

Il movimento stesso trova infatti radici nel Dada. Come dice Maciunas “Purgare il mondo dalle
forme di vita borghese. Saper promuovere la realtà.”

Particolare importanza assume in Fluxus la ricerca musicale (Cage) che sfrutta la capacità di
alcuni semplici oggetti di generare suoni (una teiera che fischia, il ticchettio della macchina da
scrivere, ecc) i quali possono essere intersecati con strumenti musicali per creare l’opera.

Nel Settembre 1962 ha luogo il Fluxus Internationale Festspiele Nuester Musik a Wiesbaden,
in Germania. Nel medesimo anno l’artista inizia la pubblicazione degli Yearboxes, dove sono
raccolte le testimonianze di tutti gli esponenti Fluxus sparsi nel mondo.

Maciunas è quindi

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L’ARTE FUORI DAI MOVIMENTI

Già con l’école de Paris si era assistito allo sviluppo di ricerche singolari che avevano
contribuito ad un clima culturale. Anche nel secondo dopoguerra esperienze figurative e astratte,
espressive oppure scientifiche, convivono.

L’espressionismo, il cubismo, l’astrattismo e il surrealismo vengono letti e interpretati da vari


autori attraverso una loro personale idea dell’arte. I vari punti di vista, le opere dei solitari lavorano
per contribuire allo sviluppo dell’arte, si affiancano allo sviluppo di linguaggi più globali e collettivi.

SPAZIALISMO

Fontana, Crippa, Deluigi, Peverelli fondano il Movimento Spaziale, con l’affermazione “Noi
cantiamo l’evoluzione del mezzo dell’arte”, contenuta nel “Manifesto dello Spazialismo”, del
1951. Il movimento spaziale si base sul tentativo di attuare una fusione fra mondo dell’arte e
mondo reale, al fine di creare uno scambio capace di dar vita all’evento artistico.

Già a partire dal 1946, con il “Manifesto Blanco”, Fontana aveva analizzato una serie di
problematiche. Alla base di quella dichiarazione vi è la certezza che l’arte è sempre legata
all’evoluzione dei mezzi e dei linguaggi, e sopratutto allo spazio.
È convinto che ogni cosa prodotta con consapevolezza è un “fare spazio”, donde il nome del
suo movimento. Fare spazio significa sottrarsi a ogni logica di rappresentazione dello spazio
stesso, creare lo spazio e non rappresentarlo.
Se la pittura è il piano, allora lo spazio si ottiene azzerando il piano, bucandolo o ferendolo, è
necessario distruggere questo equilibrio con violente incisioni, proprio per sottolineare attraverso
il gesto, la totale ridefinizione dello spazio.
Fontana realizza tra 1949-1960 una serie di “environments” in cui lo spazio preso in
considerazione può essere un’intera stanza che l’artista dipinge completamente di nero,
mettendone in evidenza le infinite possibilità formali con l’ausilio della luce di Wood.

Lo spazialismo non è un movimento scientista, anche se riflette sulla scienza mettendola in


relazione con l’arte, ma vuole sviluppare una riflessione sull’evoluzione del linguaggio dell’arte
nella modernità. Il suo gesto è profondamente conoscitivo e intellettuale.

L’arte indaga su se stessa e utilizza i propri materiali e concetti.

MOVIMENTO NUCLEARE

Nel 1950, a Milano, Enrico Baj, Joe Colombo e Sergio Dangelo fondano il movimento nucleare,
che parte da una riflessione sulla propria contemporaneità, interessata alle ricerche sull’atomo.
Spinge a interrogarsi sugli effetti positivi e negativi. Il futuro appare sempre più inquieto.

Gli artisti nucleari partono dal surrealismo e dall’automatismo psichico, e si contrappongono


all’astrattismo e al naturalismo al fine di rappresentare pittoricamente la disintegrazione e
frammentazione della materia. I materiali vengono sperimentati, indagandone la struttura, le
combinazioni e più svariati utilizzi e tecniche.

Nel manifesto del movimento, pubblicato a Bruxelles nel 1952, i tre artisti affermano che è
possibile “reinnestare la pittura facendo riferimento all situazione nucleare e alla ricerca di una
nuova verità, ormai residente nell’atomo.”

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NEW DADA

Al Dada successivamente si riallaccerà una tendenza che si sviluppo' intorno al 1955-60 di pittori
americani, che si attennero ai canoni dada, confondendosi all'interno della pop art.

Tale fenomeno, di New York, si definì New-Dada, che si può dire abbia rappresentato il
passaggio dall'action painting alla pop art.

Le opere neo-dada si realizzarono con materiali usati quotidiani, quasi a voler esprimere il
rapporto ancora insito tra l'oggetto e chi lo aveva utilizzato, oppure mirarono ad esprimere una
relazione con il tempo che aveva modificato l'oggetto inserito nelle opere.

La natura, da sempre fonte di ispirazione per l’arte, si è trasformata in cultura, il paesaggio


naturale è stato sostituto dal paesaggio artificiale urbano, dato dalle città, al fine di ridare loro la
vita attraverso un’operazione estetica.

Le opere di Rauschenberg tentano il riscatto dell’oggetto dalla sua condizione di scarto,


come con i suoi “combine paintings” (dipinti integrati), dove gli elementi più disparati vengono
assemblati. Mentre i dadaisti raccoglievano e assemblavano casualmente oggetti, i neo-dadaisti
considerano gli scarti della civiltà come parte del paesaggio quotidiano, e li combinano con una
logica e una sapienza compositiva che deriva da una conoscenza artistica. Nei lavori di
Rauschenberg c’è anche un forte legame con l’espressionismo astratto, quasi un omaggio al
dripping di Pollock. Il colore diventa il legante fra i vari oggetti.

In “Monogram” (1955-59), prende un caprone impagliato, gli pone intorno alla vita un copertone di
automobile e lo colloca su una base di legno, il tutto legato da pennellate e sgocciolate di colore.

Le sue opere sono costruite secondo regole precise e rivendicano un riscatto attraverso una
consapevole e sapiente costruzione della forma, una forma in grado di competere sia con i
prodotti artistici tradizionali sia con quelli industriali.

Johns invece lavora in maniera quasi didattica, prendendo le distanze nei confronti dell’oggetto
per cercare di coglierne tutte le ambiguità e i sottintesi. L’artista, utilizzando immagini
semplici e comuni, affronta con la tecnica pittorica antica dell’encausto, oggetti come bersagli,
mettere e numeri stampati, bandiere, frammenti di anatomia umana.

I lavori di Rauschenberg parlano e sono estroversi, quelli di Jasper invece sono serrati, rivolti
all’interno, all’esplorazione delle valenza semantiche.

NEUVEAU RÉALISME

Nell’ottobre 1960 in Francia, in occasione di una mostra del gruppo della galleria Apollinaire di
Milano, Restany redige il “Manifesto del Nouveau Réalisme” .

Vengono pertanto utilizzati i materiali più disparati: immagini pubblicitarie, manifesti


cinematografici, luci fluorescenti. L’opera è intesa come un evento estetico.

Assemblaggio, accumulo, stratificazione, conservazione fanno parte del nuovo linguaggio.

Così come il Dada e il New Dada, parte dal reale con il tentativo di ridare vita, attraverso il gesto
estetico, ai relitti della cultura industriale, ormai ritenuti privi di funzione. Come i “décollages”
di Rotella e Hains, le tavole con resti di pasti di Spoerri, gli impacchettamenti di Christo.

Klein, con i “Monocromi” definiti da lui IKB, International Klein Blue.

In quegli anni si vedono scatenarsi sulla scena delle arti visive movimenti come la Op Art in
Europa, la Pop Art negli Stati Uniti, il Nouveau Réalisme in Francia.

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OP ART

Con il termine Op Art, Optical Art, si intende quel movimento composto da artisti europei,
americani e sudamericani, che a partire dalla metà anni ‘50 cerca di fondare un nuovo
linguaggio artistico cercando di utilizzare nozioni e strumenti scientifici.

Sono numerose le ricerche di carattere visuale-cinetico, come quelle di Nagy e di Albers.

Pur condividendo parte della ricerca dei due maestri, gli artisti optical basano la propria ricerca su
due punti fondamentali:

1) Non è possibile sottrarre l’individuo ai condizionamenti che lo hanno determinato, pertanto


esso deve essere libero dalle proprie facoltà percettive.
2) La percezione rappresenta una parte, un monumento dell’immaginazione intesa come attività
di pensare attraverso immagini, inizialmente statiche e successivamente dinamiche.

Da qui la deduzione che una ricerca non può risolversi in una sola immagine, ma in una sequenza
di immagini determinata da un ritmo, e che la capacità di tali immagini di associarsi può
avvenire nella sequenza stessa, nello spettatore oppure esternamente a lui, determinata da
meccanismi ottici o luminosi.

Ciò che c’è alla base dell’op art è un totale rigore scientifico, l’utilizzo di elementi geometrici
semplici o complessi, una profonda conoscenza delle teorie del colore e della percezione
visiva. Successivamente utilizzano piani pittorici più complessi che suggeriscono il movimento
per mezzo di un gioco visivo scientificamente costruito a innumerevoli illusioni ottiche.
Inizialmente, attraverso il bianco e il nero e figure geometriche semplici, poi utilizzano anche
elementi tridimensionali. Nel 1965 i risultati della op art vengono presentati al museum of
Modern Art di New York in una grande mostra dal titolo The Responsive Eye. Il fine è quello di
mostrare come far muovere un piano totalmente immobile utilizzando unicamente elementi di
carattere percettivo.

ARTE CINETICA E PROGRAMMATA

Indubbiamente l’arte cinetica e programmata è connessa ad alcune ricerche della op art.

Verso la fine anni ’50 alcuni artisti europei e sudamericani danno vita a un nuovo linguaggio dove
elementi di stretta progettazione vengono inglobati nell’opera e diventano in alcuni casi modelli
utilizzati anche del design e della progettazione industriale.

Nel 1961 a Zagabria si forma il movimento Nuova Tendenza della collaborazione fra il pittore
brasiliano Mavignier, il critico Maestrovič e il direttore della Galleria d’Arte Contemporanea, Bek.
Per sancire la nascita viene organizzata una mostra in cui sono invitati artisti e gruppi.

Alla base del lavoro degli artisti cinetici c’è sopratutto l’impegno ad analizzare scientificamente
tutti i fenomeni percettivi al fine di pervenire a un linguaggio artistico strettamente connesso
con quello scientifico, con le tecniche industriali e le nuove tecnologie (come op art).
Presupposto dell’opera è il progetto. I materiali innovativi, vengono scelti soprattutto per le
loro qualità formali ed estetiche.

L’opera prende vita, oltre che dalle valenze estetiche dei materiali utilizzati, dall’interazione fra
struttura e spettatore, dove questi diviene elemento determinante per l’esistenza dell’opera
stessa.

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POP ART IN USA

Se il ready-made considerava l’oggetto dal punto di vista della concretezza della forma, gli
artisti pop americani ne utilizzano invece l’immagine ready-made, essendo interessati alla
veicolazione dell’oggetto attraverso il segno, ovvero alla sua “pubblicità”: un’immagine che,
prelevata dal repertorio infinito di immagini che popolano la città, sottolinea la non-creatività del
mondo. Un mondo in cui la nozione di cultura, intesa come risultato dell’intervento umano, si è
sostituita a quella di natura; l’equilibrio ciclico naturale è stato soppiantato dal ritmo
frenetico della città, dalle sue merci e dai suoi media. La loro contemporaneità è caratterizzata
dall’abbondanza di merci e dalla presenza sempre più massiccia dei media, e gli artisti
prelevano i loro materiali/oggetti dalla realtà.

Il movimento della Pop Art, Popular Art, trae le sue origini in Inghilterra dall’Independent Group
(1952-53) (Hamilton, Paolozzi, artisti e Strirling, Voelcker, architetti e teorico Alloway) il quale
organizza incontri e conferenze sulla tecnologia, la cibernetica, l’estetica della macchina, la
musica popolare, al fine di trovare contenuti estetici negli strumenti di comunicazione di
massa e nelle nuove tecnologie.
La città newyorkese si presenta ricca di materiali e immagini, un esempio ne sono il campione
impagliato di Rauschenberg e la Coca-Cola e la zuppa Campbell’s di Warhol, perché fanno parte
del paesaggio. In queste opere l’oggetto tridimensionale è sostituito dalla sua smagliante
immagine pubblicitaria, perdendo il suo valore d’uso.

In linguaggio della pop art è aperto a tutte le forme della comunicazione popolare, quali i
fumetti come Lichtenstein, la pubblicità, il supermercato, dove i prodotti non vengono considerati
per le loro qualità intrinseche ma per il loro potere di seduzione tramite packaging e grafica,
come il detersivo Brillo e Mailyn per Warhol. La Pop Art non giudica.

La tecnica rispecchia i moderni processi: le immagini vengono serigrafate, retinate, assemblate


meccanicamente o riprodotti in gesso o resine. Ogni elemento posto sullo stesso piano.

POP ART IN EUROPA

La Pop Art trova subito grande risonanza anche in Europa, sopratutto grazie alla Biennale di
Venezia del 1964, che assegna a Robert Rauschenberg, considerato il precursore del
linguaggio pop, il gran premio della giuria.

- Gli italiani, con il gruppo romano Scuola di Piazza del Popolo, assume valenze più
umanistiche e letterarie, creando così un clima in cui le influenze di oltreoceano sono filtrate
attraverso l’ironia e la storia, il passato e la contemporaneità.

- Gli inglesi attraverso uno sguardo carico di un passato figurativo storicamente fondato
assumono una visione ironica nei confronti dei mass media.
- In Francia, il movimento Novelle Figuration, si caratterizza per un forte impegno sociale e da
una pittura rivolta all’uomo e alle sue problematiche.
- Ad Amburgo, il gruppo Zebra pratica una figurazione fredda e sintetica ispirata alle immagini
di cronaca.

- In Svezia, un’artista pone le varie immagini prelevate dal mondo del fumetto dando loro un
impianto narrativo aperto a molteplici lettura.

Queste correnti europee di matrice figurativa-pop hanno in comune il superamento frutto di una
ideologia di stampo capitalista, e una pittura che ricerca una maggiore continuità con la
tradizione e un profondo impegno umano e sociale.

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POESIA VISIVA

Con questa formula si intendono tutte quelle ricerche che, in una relazione tra parole e
immagine, si interrogano sulle possibilità che essi assumono in tale rapporto.

La superficie pittorica diviene luogo di interazione del segno-parola e del segno-immagine.


Contemporaneamente alcuni artisti stranieri lavorano sulle medesime problematiche, dando vita a
una ricerca (ricerche che derivano in parte dal Fluxus, dal concettualismo, dal lettrismo, e dalla
poesia concreta) in cui il testo poetico diviene la possibilità stessa del segno-parola, dando il
loro contributo a quel movimento internazionale definito come Poesia Visiva.

Il Lettrismo è un movimento letterario-artistico fondato a Parigi nel 1964 da Isou, derivato da


sperimentazioni dadaiste e surrealiste, il quale si basava su una ricerca in cui la pittura doveva
assumere il ruolo di strumento di comunicazione universale.

Utilizzando segni e lettere , per costruire una grammatica in cui tutte le arti potessero confluire.

Gli atteggiamenti sono eterogenei, alcuni sottolineano maggiormente gli aspetti concettuali, altri
graficamente la scrittura poetica, altri ancora cercano di integrare nell’opera elementi verbali e
segni grafici in un equilibrio verbale, altri sperimentano aspetti di carattere fonetico, la cui
ricerca prende il nome di Poesia Fonetica.

Accomunabili sono anche le ricerche degli autori della Mail Art (Arte postale), la quale ha come
scopo di mettere in comunicazione estetica, artisti e gente comune in ogni parte del globo per
far conoscere il proprio lavoro.

MINIMAL ART

Dagli anni ’60 sono presenti negli USA due tipi di ricerca: la pop art, tutta immagine e colore, e
la minimal art, tutta riduzione dell’immagine e del colore.

Sono accumunate dalla capacità di lavorare su un “raffreddamento” dell’immaginazione.

La pop art raffredda ulteriormente immagini quotidiana attraverso la riproduzione seriale, mentre
la minimal art riduce al minimo l’impatto cromatico delle forme del reale attraverso elementi
geometrici semplici e colori neutri.

Un anticipo delle ricerche minimali è possibile riconoscerlo nei lavori di Stella, Ryman, Marden,
Mangold e Tuttle, Martin e Ad Reinhardt. La superficie rimanda alla superficie stessa e alle sue
problematiche.

Ma il gruppo della minimal art, termine inventato dal critico Richard Wollheim nel 1965, ha come
intento di realizzare opere in cui avviene una totale sintesi tra forma-volume e colore, dove tale
sintesi sappia inserirsi in un contesto urbano policromo e policromatico, mantenendo però
inalterata la propria forza di pulizia e rigore.

I lavori tridimensionali sono realizzate con un elementare impianto geometrico, e pieni e vuoti.

Attenti alle tecnologie, ne utilizzano materiali per mostrarne la possibilità di diventare elementi
estetici.

Ciò che va sottolineato è la capacità dell’artista di utilizzare concetti di derivazione industriale,


per definire un nuovo linguaggio estetico, dove tali elementi possano confrontarsi con il reale
totalmente costruito e artificiale. Al fragore della città, alla confusa e concitata proliferazione di
segni, al rumore cromatico, essi oppongono il silenzio della riflessione, il rigore del progetto e
la pulizia della forma, la neutralità del colore.
Minimo, essenziale, attento al proprio ritmo interno, alla propria tensione costruttiva, senza
preoccuparsi di chi guarda e chiede all’opera solo il piacere dell’occhio. Il piacere che essa
propone è più intellettuale che visivo.

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LAND ART

Se la minimal art è impegnata a confrontarsi con la realtà metropolitana, gli esponenti della
Land art ricercano lo scambio e il confronto con l’altra faccia della realtà territoriale americana: i
luoghi naturali incontaminati, come le praterie, i canyons, i laghi salati.

Heizer, uno dei maggiori rappresentanti, per il suo primo lavoro creato nel ’67, convince un
collezionista newyorkese a mettergli a disposizione i mezzi economici e materiali per realizzarlo:
scavare un buco profondo quindici metri e largo mezzo chilometro nel deserto del Nevada.
“Land Art” viene utilizzato per la prima volta dal gallerista tedesco Gerry Shum, come titolo di
una videocassetta che egli stesso realizza e che documenta gli interventi sul territorio di alcuni
artisti.

L’intento è quello di trovare una relazione con la natura, un rapporto più intimo con l’ambiente.
Formalmente le loro opere rimandano a un rigoroso minimalismo, forme geometriche semplici
ed elementari, ma si contraddistinguono per fattori emotivi e sintonia con il territorio, gli
elementi sociali e ideologici. Importanti sono tutti quegli elementi di carattere sociale legati a
una nuova visione della realtà e a nuovi modelli di vita. Sono infatti gli anni della rivoluzione
culturale, sociale, della critica al sistema borghese e industriale che fagocita l’individuo
dentro la città e la fabbrica. La società spinge alcuni sensibili a trovare luoghi lontano dal museo
o dalle gallerie, per dare vita a un’opera d’arte libera da ogni condizionamento economico,
politico e sociale. Profondamente insoddisfatto dalla freddezza della pop art e la minima art,
reputate non in grado di rispondere agli interrogativi che l’artista si pone.

L’arte deve essere aperta a tutti i flussi dell’esistenza, a tutte le sensibilità e materiali. Non
auspicano al ritorno di un naturalismo ormai perduto, ma ricercano un linguaggio artistico in cui la
natura divenga lo strumento più adatto per dare vita ad un opera che inglobi senza conflitto
anche materiali industriali e tecnologici. Mondo naturale e mondo artificio si confrontano,
dialogano per dare vita all’evento estetico della land art.

CONCEPTUAL ART

Il termine “Conceptual art” nasce nel 1967 in un testo di Sol LeWitt dal titolo “Paragraphs and
Conceptual Art”, ed è inteso come un movimento in cui confluiscono le ricerche di Joseph
Kosuth, del gruppo inglese Art&Language, con strumenti derivanti dalla filosofia del linguaggio
e dello strutturalismo, indagano la definizione stessa dell’operatore artistico e della realtà
empirica per ricercarne il fondamento.

Il termine “concettuale” può essere riferito a quella di Ad Reinhardt, che nel 1961, riferendosi alla
pittura, dichiara “L’arte è arte e tutto il resto. Non è arte ciò che non è arte.”

Nel testo Art After Philosophy, pubblicato nel 1969, Kosuth afferma che “l’unica rivendicazione
dell’arte è l’arte. L’ arte è la definizione stessa dell’arte.” L’unica possibilità rimasta all’arte è
quella di essere soggetto e oggetto del suo stesso linguaggio.

Sol LeWitt, afferma che il progetto, che è per lui di derivazione minimal, determina
concettualmente la verità dell’opera.

In una serie di lavori iniziati nel 1965, “investigation”, Kosuth analizza alcuni concetti riguardanti
elementi materiali e concreti (aria, acqua, terra ecc) o immateriali (tempo, idea, universale, arte,
ecc) e mediante pannelli fotografici, ingrandisce in negativo la definizione di tali termini tratta
dal vocabolario. In opere più materiche come “One and three chairs” (1965-66) presenta una
sedia vera, una fotografia della sedia e una definizione della parola “sedia”, in tutta l’opera
avviene un continuo rimando fra tre elementi formalmente e teoricamente diversi ma
corrispondenti all’unico concetto di sedia. Dopo tutte le ricerche avanguardistiche precedenti,
all’arte non rimane che interrogarsi su se stessa, per giungere alla definizione linguistica di se
stessa in quanto arte, nel tentativo di creare un’opera-concetto che risponda alla materialità del
mondo con l’immaterialità dell’idea.

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ARTE POVERA

Celant racchiude nel libro “Arte povera” i lavori degli artisti che compongono il gruppo da lui
riunito. Il movimento Arte Povera nasce a Torino nel 1967, in sintonia con le ricerche della land
art americana e, in campo teatrale con il “teatro povero”, gli artisti italiani tendono a spostare
l’indagine in una direzione di totale osmosi con la natura. Hanno in comune la medesima
necessità di introdursi nel contesto naturale, concettuale o concreto, per comportarsi “come un
organismo a struttura semplice” confondendosi con l’ambiente, mimetizzandosi in esso e
allargano al massimo la propria soglia percettiva ed emozionale.
Ciò che vogliono è non solo riscoprire la natura esterna, ma anche quella interiore, il proprio
corpo, la propria memoria, i propri gesti. L’artista sceglie “il direttamente vissuto, non più il
rappresentato”, già fonte degli artisti pop. I lavori poveristi escono dallo spazio della
rappresentazione per creare un rapporto nuovo e più autentico con il mondo, ma si ricerca un
rapporto con lo spettatore, che viene chiamato in causa per partecipare attivamente al farsi
dell’evento artistico.

In particolare Pistoletto, con il lavoro “Zoo” invade lo spazio cittadino creando una sorta di teatro
in strada “per me l’arte e la vita sono tutte due una questione di durata, non desidero far morire
l’arte come non desidero far morire la vita”, tale tensione è presente anche nei suoi quadri
specchianti dove opera e spettatore si uniscono, dando all’opera ogni volta una nuova
definizione.

BODY ART

La body art è un fenomeno internazionale che si sviluppa fra gli anni ’60-’70 e che si manifesta
con una certa violenza mediante azioni e performances spettacolari e provocatorie.

Attraverso l’uso del loro corpo sono essi stessi il personaggio e vivono in prima persona una
storia. Le loro azioni vengono presentate o registrate al fine di coinvolgere lo spettatore, che ha
bisogno dell’“altro” per essere compreso. Lo spettatore diviene complice dell’accadimento e vi
partecipa emozionalmente.

Seguendo le pulsioni e le spinte dell’inconscio, gli artisti vivono ogni sorta di eventi, passando
attraverso il piacere o il dolore nella continua ricerca di una verità che è sempre più celata
dentro ognuno di noi, ad esempio dall’inconscio riemergono fantasmi, eventi rimossi, desideri
inespressi, che possono essere mostrate e liberate.

Lea Vegine, nel suo libro del 1947 “il corpo come linguaggio” sostiene che l’uomo utilizza il
proprio corpo in una continua ricerca dell’altro, comportandosi come un bambino per attirare
l’attenzione dei genitori. Gli esponenti della body art, vestendosi e travestendosi, utilizzando la
voce naturale o registrata, e i loro gesti, recuperano ogni frammento della propria esistenza
come materiale da utilizzare per confrontarsi.

Le loro performances sono spesso violente, come nel caso degli “azionisti” viennesi, dove Arnulf
Rainer realizza opere fotografiche in cui il suo volto e il suo corpo appaiono deformati e
successivamente tali immagini vengono deturpate mediante cancellatura o segni neri.

Le azioni prodotte ricercano con ogni mezzo una ben più profonda verità: l’esistenza.

Come Gilbert&George che “essere sculture viventi è il nostro destino”.

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IPERREALISMO

L’iperrealismo nasce negli USA nella II metà anni ’60 e si afferma internazionalmente con la VII
Biennale di Parigi nel 1971. Alcuni artisti sono Morley, Close, Estes, Gertsch.

Se per le correnti realiste l’oggetto da rappresentare era la natura, per l’iperrealismo l’oggetto-
modello diviene immagine fotografica della realtà. Con una tecnica precisa e minuziosa, che
crea immagini iperreali, questi artisti producono opere in cui nessun dettaglio sfugge, e che a
volte neppure l’occhio sa cogliere ma solo l’obiettivo fotografico.

Le tecniche artistiche ricostruiscono scene di vita quotidiana tipicamente americane, con


inquadrature di tipo fotografico.

Attraverso l’obiettivo vengono analizzate le forme del reale in maniera quasi scientifica, senza
alcuna partecipazione emotiva da parte dell’artista. Le immagini che ne derivano provocano
all’osservatore una certa sensazione di disagio, proprio perché rilevano una iperreltà che
l’occhio non è in grado di cogliere.
Per quanto riguarda l’Italia, il romano Domenico Gnoli, già da tempo stava lavorando su
particolari di oggetti ingranditi come scarpe, bottoni, guanti, la sua tecnica per è del tutto
autonoma in quanto non parte dalle problematiche della fotografia ma sembra aver suggestioni
pittoriche di derivazione metafisica.

POSTMODERNO

I canoni centrali del moderno sono: A questi il post moderno contrappone:


L’idea che ogni epoca abbia il proprio stile La molteplicità stilista e linguistica
La storia come susseguirsi darwinistico di eventi L’attualità come oblio del passato, presente e futuro

Il rigore formale e funzionale L’apparenza dell’ornamento e della decorazione

La semplicità, la purezza, la razionalità e l’unicità La complessità, la molteplicità, la contraddittorietà,


la provvisorietà e il nomadismo

Verso la fine anni ‘70 alcuni critici e teorici iniziano a sostenere che la modernità si è esaurita
con la caduta delle ideologie, a fine dei “dei grandi racconti” e dei pensieri forti che l’avevano
contraddistinta. Tale critica si sviluppa inizialmente nel campo dell’architettura.

Nel 1980 Paolo Portoghesi organizza per la sezione architettura della Biennale di Venezia, una
mostra dal titolo “la presenza del passato - strada novissima” dove artisti di tutto il mondo
presentano i loro progetti multimediali e scenografici. Il colore e i materiali sintetici si compiono
come tasselli, raggruppando gli stili del passato in una ripetizione differente (re-design).
L’architetto americano Robert Venturi è il primo a progettare in tale direzione, e i teorici francesi
Lyotard e Baudrillard, elaborano concetti del postmoderno. Lyotard sostiene che l’uomo vive in
una situazione di costante crisi perché disperatamente travolto dalla tecnologia, pertanto il
confronto con essa lo pone nella condizione di dover continuamente rivedere tutto il percorso
storico della modernità. Se il moderno si è caratterizzato attraverso categorie quali la storia, il
tempo, lo spazio e il concetto, il post moderno li sostituisce con una storia, un tempo, uno
spazio, un concetto sempre più provvisori e soggettivi. A tutto ciò corrisponde un soggetto che
deve ricostruirsi una condizione non più universale e oggettiva ma particolare e soggettiva,
dove il passato, il presente e il futuro si risolvono nel qui e ora. La reazione prende di mira in
particolare quel clima artistico teso a una radicale riduzione della forma artistica. Alla fine del

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decennio riappaiono i colori, gli stati emozionali, gli elementi decorativi, e gli strumenti
tradizionali della pittura, prelevando le proprie forme dalla cultura popolare e quotidiana.

Il postmoderno in arte reagisce al rigore teorico e formale del moderno, attraverso il recupero di
tecniche apparentemente tradizionali, quali pittura e scultura. Attraverso tali media vengono
rivisitate le immagini della storia dell’arte del passato in una totale sovversione delle finalità.
Il postmodernismo si delinea a sua volta come un linguaggio di avanguardia, in quanto la
risposta che viene data alla caduta degli ideali moderni si presenta ancora con le caratteristiche
dell’oggettività e dell’universalità.
Alcuni artisti americani, intorno alla metà anni ‘60, reagiscono alla eccessiva pulizia e asetticità
dell’arte in vigore per dare vita a una ricerca definita “pattern painting”. Ciò che caratterizza il
loro lavoro è una netta opposizione alle forme dell’arte minimal e concettuale in favore di
un’opera che assuma al proprio interno un impianto di carattere decorativo.

Decorazioni floreali e geometriche, realizzate con i materiali più svariati (tessuti cuciti, pittura
su tela o su arredamenti, terracotta, materiali sintetici, ecc), entrano in scena.

Il clima postmoderno dà vita a gruppi eterogenei e multistilistici in tutto il mondo.

Gli americani della New Image, recuperano la pittura come pratica mediata dalle immagini
tecnologiche. Al mondo reale questi artisti sostituiscono il mondo delle apparenze e delle
immagini dei media.

In Italia, sorgono i gruppi:

- I nuovi-nuovi sono artisti che dal punto di vista formale si presentano disomogenei e eclettici.
Mettono a fuoco elementi teorici e formali, ripresi dal passato e modificati. C’è nel loro lavoro
uno spirito leggero e disincantato. Dipingere significa esercitarsi in invenzioni provvisorie
per mettere in atto le apparenze.
- I nuovi futuristi riprendono questi elementi di dinamicità e apertura e sono rappresentati dal
gruppo Plumcake. Utilizzando strumenti tecnologicamente avanzati, essi realizzano opere in
cui avviene la messa in discussione delle forme e delle tecniche tradizionali dell’arte, in favore
di un avvicinamento al design e alla decorazione.
- Gli anacronisti recuperano tecniche, forme e stili della tradizione pittorica classica e
romantica, attraverso una reinterpretazione in chiave contemporanea.

- Il “magico primario” è in contraddizione con queste ricerche, tutte giocate sul recupero
della superficie e delle immagini della storia e del passato. Questo movimento intende
recuperare una profondità nell’opera che affonda le proprie radici nella psicoanalisi e
nell’inconscio collettivo.

In Inghilterra si ha una significativa ricerca sopratutto sul versante della scultura.


La nuova scultura inglese infatti riprende la tradizione artistica britannica realizzando opere che
denotano una profonda conoscenza del linguaggio plastico, raggiungendo uno straordinario
equilibrio formale.

In Francia gli artisti della Figuration Libre, fanno riferimenti ai più recenti linguaggi, dalla
transavanguardia al graffitismo, anche all’art brut e Cobra, proponendo una pittura segnica,
fortemente cromatica e fumettistica.

Il postmoderno, che caratterizza tutti gli anni ’80, è una ventata di euforica libertà.

Il movimento, rilevante sopratutto in Italia e in Olanda, dove è patrocinato con il nome di


“Business Art”, mira a ribaltare i termini della gestione del lavoro artistico: galleria, museo,
critica, non sono più la finalità dell’arte, ma ne divengono gli strumenti.

Si da così vita a nuovi soggetti artistici che sono le “ditte”. I musei diventano materiale
insieme all’economia, alla sociologia, e alla finanza, da utilizzare come strumento artistico.

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COLLEZIONISMO

Il collezionista è colui che catalizza a sé le realtà artistiche a lui care aiutandole ad emergere non
solo dal punto di vista economico, ma anche da quello di promozione culturale.

Svolge un lavoro cruciale nel sistema artistico-culturale: è grazie alla loro passione che l'arte ha
potuto continuare a crescere e svilupparsi. La situazione economica contemporanea non è delle
più favorevoli: il settore dell’arte sta soffrendo ed è quindi necessario lavorare su un collezionismo
nuovo, un sistema di offerta innovativo, che permetta a chiunque di appassionarsi all’arte. 

Il nuovo collezionista si presenta come persona insicura, disorientata dalla novità, che necessita
quindi di una guida che lo introduca al mondo dell'arte contemporanea e lo supporti.

Il progetto verte sulla strutturazione di un network di offerta focalizzata al soddisfacimento dei


bisogni del nuovo collezionismo. Per rimettere in gioco l'intero sistema dell'arte contemporanea
purtroppo non basta l'azione dei singoli artisti: serve ristrutturare le fondamenta del sistema
stesso per generare un concreto cambiamento di direzione. Il nuovo collezionista ha infatti
bisogno di superare la paura dello spazio chiuso della galleria per entrare in uno spazio nuovo, di
dialogo.

L'Italia è esempio internazionale per i suoi distretti industriali che lavorano secondo un principio
di decentramento ed alta specializzazione.

• START 2006 Milano

È un'associazione no profit il cui obiettivo è quello di promuovere eventi, manifestazioni e tavole


rotonde che colleghino tra di loro le 14 gallerie associate. L'istituzione della settimana dell'arte
contemporanea a Milano “Start week” è una delle attività principali: durante questi sette giorni le
gallerie della rete inaugurano a distanza ravvicinata e restano aperte al pubblico anche in orari
extra- lavorativi. Negli ultimi anni l'attività dell'associazione è però diminuita.

• THAT’S APP 2011 Milano


“that’s contemporary” è un progetto curatoriale iniziato nel 2011 con l'obiettivo di commissionare,
produrre e curare eventi e progetti artistici innovativi. Si impegna a promuovere e mappare tutte le
attività e gli eventi legati all'arte contemporanea a Milano. Di particolare interesse è il lavoro di
mappatura che permette di avere un'idea completa degli eventi, dei luoghi e dei progetti attivi in
un dato momento a Milano.

Solo da 20 anni a questa parte Milano, prima città in Italia, sembra essersi aperta alle realtà non
profit. La prima associazione culturale sorta sul territorio milanese è stata Viafarini, nata nel 1991
dalla volontà di Patrizia Brusarosco. Si tratta di uno spazio interamente dedicato all'arte
contemporanea che si rifà alle kunstverein tedesche.

Lo scopo è quello di creare una realtà dalle molteplici sfaccettature volta al sostegno, produttivo
ed economico, di giovani artisti emergenti. Tra gli obiettivi anche quello di creare un'ampio
archivio che abbia la funzione di documentare e catalogare ricerche, mostre ed esperienze
artistiche sul territorio nazionale e internazionale.


Le tipologie di associazioni sono molteplici: c'è chi concentra la propria attività sull'arte
performativa, chi offre spazi espositivi ad artisti internazionali con l'intento di ampliare l'offerta
culturale italiana, chi promuove residenze nazionali e internazionali per artisti emergenti e chi
focalizza l'attenzione su project room.

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