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LA POP ART Le origini e lo sviluppo Il termine Pop, contrazione di Popular Art, fu coniato da

artisti, critici e intellettuali inglesi come Richard Hamilton e Lawrence Alloway, negli anni seguenti
alla seconda guerra mondiale, per fare riferimento a un’arte che è espressione della cultura
popolare, la quale scaturisce dalla tradizione, dalla società e dall’immaginario collettivo. La Pop Art
nasce in Inghilterra nel ‘56 con la mostra “This is Tomorrow” allestita in una galleria a Londra, per
poi svilupparsi soprattutto negli Stati Uniti d’America a partire dagli anni ’60, riprendendo con
sfumature diverse il colorato e attraente linguaggio dei mass media. Nelle grandi metropoli si
andava sempre più sviluppando una società dei consumi, sollecitata da un grande sviluppo
industriale e dalla comunicazione di massa, all’interno della quale, la pubblicità dominava con i
suoi manifesti e le sue luci colorate, che la rendevano vivace, allegra, e coinvolgente. Le tematiche
e il linguaggio della pop art trovano un precedente nel Neodadaismo, tendenza artistica affermatasi
negli anni ’50 negli Stati Uniti, che ha in Robert Rauschenberg e in Jasper Johns i suoi principali
esponenti. Rauschenberg era noto per i suoi dipinti assemblati, in cui, oltre a immagini dipinte,
comparivano svariati tipi di oggetti (animali impagliati, bottiglie, piccoli elettrodomestici); Jasper
Jones aveva realizzato invece, numerose opere il cui solo soggetto è rappresentato dalla bandiera
americana. In entrambi i casi, dunque, gli artisti avevano utilizzato elementi tratti dalla vita
quotidiana. Gli artisti della pop art estenderanno questo procedimento a tutti gli aspetti della cultura
di massa, realizzando opere che riproducono con varie tecniche, sia bidimensionali che
tridimensionali, fumetti (Roy Lichtenstein), oggetti d’uso comune e cibi vari (Claes Oldenburg),
prodotti alimentari o divi del cinema (Andy Warhol), e ogni altro elemento caratteristico delle
moderne società industriali. I procedimenti, le tecniche e i contenuti Scaturita dalla società che per
prima ha assunto come modello di vita l'universo tecnologico, la civiltà delle immagini e la cultura
del consumismo, la Pop Art capovolge le strategie dell' Espressionismo astratto. Invece di evadere
dalla realtà, vi si immerge; anziché rifiutare gli oggetti, li utilizza riproponendoli con una evidenza
mai vista prima. La stessa merce che il mercato e la pubblicità impongono diventa soggetto e
oggetto dell'attività artistica. Gli artisti introducono nelle loro opere oggetti di uso comune finti o
veri, nuovi o da buttare, che a volte vengono ingigantiti, moltiplicati e deformati con evidente
ironia. Per cui il procedimento messo in atto dagli artisti fu quello di scegliere una delle tante
immagini in circolazione per poi “ricrearla”. Gli oggetti utilizzati erano riprodotti fedelmente, anche
se in scala diversa e con differenti materiali. In questo modo gli artisti Pop spostano nella sfera
“alta” e nobile della pittura colta, elementi bassi e “banali” derivati, o letteralmente copiati, dal
mondo della pubblicità, della televisione, del fumetto. Il risultato è un linguaggio apparentemente
semplice ma estremamente efficace e di grande comunicatività, sostenuto da un’iconografia di
facile lettura, densa di richiami alla vita e all’immaginario comune, ed un’arte apparentemente
fredda, ma allo stesso tempo accattivante e spesso ironica, dispiegata in opere in genere
coloratissime e di grande formato (come i manifesti pubblicitari che tappezzano le metropoli). La
corrente inglese si caratterizza per un maggior contenuto fantastico, per una maggiore elaborazione
dell’oggetto rappresentato, utilizzando un linguaggio raffinato e complesso di quanto farà
l’America, con una sofisticatezza che sconfina talvolta nel surreale. La matrice europea fa del pop
inglese un fenomeno sostanzialmente più meditativo sulle possibilità espressive dell'oggetto, reso
con toni documentaristici, senza accenti polemici, contrariamente a quanto avviene oltreoceano,
dove prevale la caratteristica kitsch (pacchiana) nelle opere di Warhol e Dine. Tuttavia la gran parte
degli artisti pop americani osservano e riproducono la realtà urbana con toni fondamentalmente
positivi, non dissacratori, anzi con l’intento di conferirle una dignità artistica. Nell’oggetto artistico
confluirono tutti i dati tratti dal mondo contemporaneo: le immagini del mondo esterno, quelle della
città e della sua iconografia pubblica, manifesti, vetrine dei negozi, oggetti di consumo, fumetti e
fotografie presenti sulle riviste, alimenti colorati e lussuosi della civiltà del benessere, entrano a far
parte dell’opera d’arte. Il quadro assunse un significato nuovo rispetto alla tradizione, in quanto non
lo si voleva proporre all’osservatore con le modalità proprie dell’arte del passato, ma renderlo
simile all’inquadratura di un fotogramma o di un fumetto, ad un manifesto pubblicitario,
trasformandolo così in oggetto del mondo presente. Ad accomunare gli artisti della corrente Pop
quindi, fu l’attenzione per l’oggetto banale, per l’immagine scontata, per la situazione comune,
considerati ormai come parte integrante della vita, e quindi osservati senza evidenti intenti critici o
polemici. Le prime opere furono dipinte a tinte forti, realizzate con colori acrilici e raffiguranti
bottiglie di birra, lattine, strisce di fumetti, segnali stradali e oggetti di consumo. Presto tuttavia le
tecniche espressive adottate si moltiplicarono, passando dalla fotografia alla serigrafia, dal collage
alla diretta introduzione di oggetti reali nell’opera. La Pop Art così rappresentò un punto di
riferimento irrinunciabile per tutti i movimenti artistici che seguirono, ed esercitò una forte
influenza in altri settori, quali la grafica pubblicitaria, il design e la moda. L’affermazione e la fine
del movimento Le opere Pop furono presentate negli Stati Uniti in varie mostre nel corso del 1963,
ma la loro diffusione si ebbe nel 1964 con la Biennale di Venezia, una rassegna internazionale di
arte contemporanea che si svolse ogni due anni in questa città. Questo avvenimento perciò
caratterizzò l’affermarsi del movimento, in Italia e in Europa. Dall’arte Pop americana, gli artisti
italiani trassero soprattutto il gusto dell’assemblaggio e della manipolazione dei materiali, con una
varietà di contenuti, soluzioni ed espressioni ben diverse da quelle americane, che erano sempre
strettamente legate alla società dei consumi e della comunicazione. Il successo della pop art è stato
ampio, e certo ha influito sul costume, sulla moda, sul cinema, sull’arredamento forse più di ogni
altro movimento di rottura di questo secolo. La pop art, dopo il momento di estasi iniziale, scade in
una sorta di manierismo, nel momento in cui dopo essersi affermata con successo fino al 64-65,
diventa un fenomeno commerciale. I principali esponenti della Pop Art: ROY LICHTENSTEIN (27
ottobre 1923 - 29 settembre 1997) Agli inizi degli anni ‘60, egli è il pittore più significativo
producendo dipinti ispirati a fumetti o a riproduzioni di opere d’arte. La caratteristica di
quest’artista è l’enfatizzare grandi particolari di una figura o di un oggetto con una tecnica che
ricorda molto quella cinematografica dello “zoom”. I fumetti riprendono soggetti reali della stampa,
sottoponendoli a variazioni che esaltano il contorno e il colore. Il contorno, grosso e nero, dovuto
dalla “vicina inquadratura” e’ simbolo di eleganza, e di forza plastica; le campiture sono trattate con
puntini che s’ispirano al retino tipografico. Egli non riproduce un fumetto originale, ma lo ripropone
con qualche cambiamento o fa derivare la sua figura da più immagini e documenta l'appiattimento
della società moderna. Le tecniche da lui usate sono i colori piatti, i puntini del retino tipografico, e
le dimensioni proprie della cartellonistica, così da creare un nuovo rapporto percettivo con
l’osservatore. Il risultato: immagini solari, chiaramente descrittive, ironiche, gioiosamente colorate,
lontane dalle angosce esistenziali di tanti movimenti precedenti, espressive di un mondo nuovo,
entusiasticamente moderno. HOPELESS 1963 Acrilico su tela cm 112 x 112 Colonia, Wallraff-
Richarts Museum Hopeless che in inglese vuol dire “senza speranza” è un’opera che evoca l’idea di
un fumetto enormemente ingrandito. Un volto femminile è inquadrato in primo piano, con gli occhi
lacrimanti, la bocca a cuore e i tratti standardizzati propri delle eroine di alcune storie figurate.
Anche il modo in cui il disegno è realizzato è analogo a quello dei fumetti, con grosse linee nere dal
tratto proporzionato che segnano il contorno degli occhi, della bocca e del viso. In alto vi è una
nuvoletta detta baloon con alcune bollicine simili a quelle che nei fumetti racchiudono una frase
non detta, ma solo pensata. Essa contiene una scritta a grandi caratteri in lingua inglese. E’ una
breve frase che si riferisce ad una situazione hopeless, cioè senza speranza e il significato
drammatico è accentuato dai punti esclamativi. E’ un ulteriore riferimento alle storie tipiche di
alcuni fumetti popolari o dei fotoromanzi che presentano per lo più vicende lacrimevoli e
appassionate. I colori sono vivaci e uniformi, privi di sfumature. Sono inoltre segnati da una
puntinatura regolare che evoca il retino della stampa tipografica. ANDY WARHOL

La pop art, Appunti di Architetture Dei


Sistemi Integrati
Libera Accademia Belle Arti (LABA)
Architetture Dei Sistemi Integrati

3.0
1Recensione
LA POP ART
Le origini e lo sviluppo
Il termine Pop, contrazione di Popular Art,
fu coniato da artisti, critici e intellettuali
inglesi come Richard
Hamilton e Lawrence Alloway, negli anni
seguenti alla seconda guerra mondiale, per
fare riferimento a
un’arte che è espressione della cultura
popolare, la quale scaturisce dalla
tradizione, dalla società e
dall’immaginario collettivo.
La Pop Art nasce in Inghilterra nel ‘56 con
la mostra “This is Tomorrow” allestita in
una galleria a Londra,
per poi svilupparsi soprattutto negli Stati
Uniti d’America a partire dagli anni ’60,
riprendendo con
sfumature diverse il colorato e attraente
linguaggio dei mass media. Nelle grandi
metropoli si andava
sempre più sviluppando una società dei
consumi, sollecitata da un grande sviluppo
industriale e dalla
comunicazione di massa, all’interno della
quale, la pubblicità dominava con i suoi
manifesti e le sue luci
colorate, che la rendevano vivace, allegra, e
coinvolgente.
Le tematiche e il linguaggio della pop art
trovano un precedente nel Neodadaismo,
tendenza artistica
affermatasi negli anni ’50 negli Stati Uniti,
che ha in Robert Rauschenberg e in Jasper
Johns i suoi
principali esponenti.
Rauschenberg era noto per i suoi dipinti
assemblati, in cui, oltre a immagini dipinte,
comparivano svariati
tipi di oggetti (animali impagliati, bottiglie,
piccoli elettrodomestici); Jasper Jones aveva
realizzato invece,
numerose opere il cui solo soggetto è
rappresentato dalla bandiera americana. In
entrambi i casi, dunque,
gli artisti avevano utilizzato elementi tratti
dalla vita quotidiana.
Gli artisti della pop art estenderanno questo
procedimento a tutti gli aspetti della cultura
di massa,
realizzando opere che riproducono con varie
tecniche, sia bidimensionali che
tridimensionali, fumetti (Roy
Lichtenstein), oggetti d’uso comune e cibi
vari (Claes Oldenburg), prodotti alimentari
o divi del cinema
(Andy Warhol), e ogni altro elemento
caratteristico delle moderne società
industriali.
I procedimenti, le tecniche e i contenuti
Scaturita dalla società che per prima ha
assunto come modello di vita l'universo
tecnologico, la civiltà
delle immagini e la cultura del consumismo,
la Pop Art capovolge le strategie dell'
Espressionismo
astratto.
Invece di evadere dalla realtà, vi si
immerge; anziché rifiutare gli oggetti, li
utilizza riproponendoli con una
evidenza mai vista prima. La stessa merce
che il mercato e la pubblicità impongono
diventa soggetto e
oggetto dell'attività artistica.
Gli artisti introducono nelle loro opere
oggetti di uso comune finti o veri, nuovi o
da buttare, che a volte
vengono ingigantiti, moltiplicati e deformati
con evidente ironia.
Per cui il procedimento messo in atto dagli
artisti fu quello di scegliere una delle tante
immagini in
circolazione per poi “ricrearla”. Gli oggetti
utilizzati erano riprodotti fedelmente, anche
se in scala diversa
e con differenti materiali.
In questo modo gli artisti Pop spostano nella
sfera “alta” e nobile della pittura colta,
elementi bassi e
“banali” derivati, o letteralmente copiati, dal
mondo della pubblicità, della televisione,
del fumetto.
Il risultato è un linguaggio apparentemente
semplice ma estremamente efficace e di
grande
comunicatività, sostenuto da un’iconografia
di facile lettura, densa di richiami alla vita e
all’immaginario
comune, ed un’arte apparentemente fredda,
ma allo stesso tempo accattivante e spesso
ironica,
dispiegata in opere in genere coloratissime e
di grande formato (come i manifesti
pubblicitari che
tappezzano le metropoli).
La corrente inglese si caratterizza per un
maggior contenuto fantastico, per una
maggiore elaborazione
dell’oggetto rappresentato, utilizzando un
linguaggio raffinato e complesso di quanto
farà l’America, con
una sofisticatezza che sconfina talvolta nel
surreale.
La matrice europea fa del pop inglese un
fenomeno sostanzialmente più meditativo
sulle possibilità
espressive dell'oggetto, reso con toni
documentaristici, senza accenti polemici,
contrariamente a quanto
avviene oltreoceano, dove prevale la
caratteristica kitsch (pacchiana) nelle opere
di Warhol e Dine.
Tuttavia la gran parte degli artisti pop
americani osservano e riproducono la realtà
urbana con toni
fondamentalmente positivi, non dissacratori,
anzi con l’intento di conferirle una dignità
artistica.
Nell’oggetto artistico confluirono tutti i dati
tratti dal mondo contemporaneo: le
immagini del mondo
esterno, quelle della città e della sua
iconografia pubblica, manifesti, vetrine dei
negozi, oggetti di
consumo, fumetti e fotografie presenti sulle
riviste, alimenti colorati e lussuosi della
civiltà del benessere,
entrano a far parte dell’opera d’arte.
Il quadro assunse un significato nuovo
rispetto alla tradizione, in quanto non lo si
voleva proporre
all’osservatore con le modalità proprie
dell’arte del passato, ma renderlo simile
all’inquadratura di un
fotogramma o di un fumetto, ad un
manifesto pubblicitario, trasformandolo così
in oggetto del mondo
presente.
Ad accomunare gli artisti della corrente Pop
quindi, fu l’attenzione per l’oggetto banale,
per l’immagine
scontata, per la situazione comune,
considerati ormai come parte integrante
della vita, e quindi osservati
senza evidenti intenti critici o polemici.
Le prime opere furono dipinte a tinte forti,
realizzate con colori acrilici e raffiguranti
bottiglie di birra,
lattine, strisce di fumetti, segnali stradali e
oggetti di consumo.
Presto tuttavia le tecniche espressive
adottate si moltiplicarono, passando dalla
fotografia alla serigrafia,
dal collage alla diretta introduzione di
oggetti reali nell’opera.
La Pop Art così rappresentò un punto di
riferimento irrinunciabile per tutti i
movimenti artistici che
seguirono, ed esercitò una forte influenza in
altri settori, quali la grafica pubblicitaria, il
design e la moda.
L’affermazione e la fine del movimento
Le opere Pop furono presentate negli Stati
Uniti in varie mostre nel corso del 1963, ma
la loro diffusione si
ebbe nel 1964 con la Biennale di Venezia,
una rassegna internazionale di arte
contemporanea che si
svolse ogni due anni in questa città.
Questo avvenimento perciò caratterizzò
l’affermarsi del movimento, in Italia e in
Europa.
Dall’arte Pop americana, gli artisti italiani
trassero soprattutto il gusto
dell’assemblaggio e della
manipolazione dei materiali, con una varietà
di contenuti, soluzioni ed espressioni ben
diverse da quelle
americane, che erano sempre strettamente
legate alla società dei consumi e della
comunicazione.
Il successo della pop art è stato ampio, e
certo ha influito sul costume, sulla moda,
sul cinema,
sull’arredamento forse più di ogni altro
movimento di rottura di questo secolo.
La pop art, dopo il momento di estasi
iniziale, scade in una sorta di manierismo,
nel momento in cui dopo
essersi affermata con successo fino al 64-65,
diventa un fenomeno commerciale.
I principali esponenti della Pop Art:
ROY LICHTENSTEIN
(27 ottobre 1923 - 29 settembre 1997)
Agli inizi degli anni ‘60, egli è il pittore più
significativo producendo dipinti ispirati a
fumetti o a
riproduzioni di opere d’arte.
La caratteristica di quest’artista è
l’enfatizzare grandi particolari di una figura
o di un oggetto con una
tecnica che ricorda molto quella
cinematografica dello “zoom”.
I fumetti riprendono soggetti reali della
stampa, sottoponendoli a variazioni che
esaltano il contorno e il
colore. Il contorno, grosso e nero, dovuto
dalla “vicina inquadratura” e’ simbolo di
eleganza, e di forza
plastica; le campiture sono trattate con
puntini che s’ispirano al retino tipografico.
Egli non riproduce un fumetto originale, ma
lo ripropone con qualche cambiamento o fa
derivare la sua
figura da più immagini e documenta
l'appiattimento della società moderna.
Le tecniche da lui usate sono i colori piatti, i
puntini del retino tipografico, e le
dimensioni proprie della
cartellonistica, così da creare un nuovo
rapporto percettivo con l’osservatore.
Il risultato: immagini solari, chiaramente
descrittive, ironiche, gioiosamente colorate,
lontane dalle
angosce esistenziali di tanti movimenti
precedenti, espressive di un mondo nuovo,
entusiasticamente
moderno.
HOPELESS
1963 Acrilico su tela cm 112 x 112 Colonia,
Wallraff-Richarts Museum
Hopeless che in inglese vuol dire “senza
speranza” è un’opera che evoca l’idea di un
fumetto
enormemente ingrandito.
Un volto femminile è inquadrato in primo
piano, con gli occhi lacrimanti, la bocca a
cuore e i tratti
standardizzati propri delle eroine di alcune
storie figurate. Anche il modo in cui il
disegno è realizzato è
analogo a quello dei fumetti, con grosse
linee nere dal tratto proporzionato che
segnano il contorno degli
occhi, della bocca e del viso.
In alto vi è una nuvoletta detta baloon con
alcune bollicine simili a quelle che nei
fumetti racchiudono una
frase non detta, ma solo pensata.
Essa contiene una scritta a grandi caratteri
in lingua inglese.
E’ una breve frase che si riferisce ad una
situazione hopeless, cioè senza speranza e il
significato
drammatico è accentuato dai punti
esclamativi.
E’ un ulteriore riferimento alle storie tipiche
di alcuni fumetti popolari o dei fotoromanzi
che presentano
per lo più vicende lacrimevoli e
appassionate.
I colori sono vivaci e uniformi, privi di
sfumature. Sono inoltre segnati da una
puntinatura regolare che
evoca il retino della stampa tipografica.
ANDY WARHOL
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attesa o di transito, in atmosfere sospese a


significare la provvisorietà della vita umana
e la sostanziale
estraneità psicologica di ogni individuo
verso l'altro, nonostante la vicinanza fisica,
uomini e donne
irrimediabilmente soli tra la folla, in mezzo
al traffico, aspettando il verde del semaforo,
in un locale
gremito.
THE MOVIEHOUSE
1966 – 67 Gesso, legno, metallo, vetro e
luci fluorescenti e a incandescenza
cm 259 x 376x 370 Parigi Musèe national
d’art moderne
Nell’opera vengono rappresentati
“frammenti” di interni o di esterni costruiti
con mobili, oggetti d’uso
comune e insegne luminose prelevati
direttamente dalla vita quotidiana. Il bianco
del gesso, trasforma la
figura in presenza anonima e priva
d’identità che testimonia il sentimento di
acuta solitudine e di
angoscia esistenziale della vita nelle
metropoli moderne. Nel suo complesso
l’opera sembra suggerire
come la contemporanea società dei consumi
trasformi le persone in soggetti privi di
individualità, meno
reali del mondo degli oggetti e delle merci
che li circonda.
attesa o di transito, in atmosfere sospese a
significare la provvisorietà della vita umana
e la sostanziale
estraneità psicologica di ogni individuo
verso l'altro, nonostante la vicinanza fisica,
uomini e donne
irrimediabilmente soli tra la folla, in mezzo
al traffico, aspettando il verde del semaforo,
in un locale
gremito.
THE MOVIEHOUSE
1966 – 67 Gesso, legno, metallo, vetro e
luci fluorescenti e a incandescenza
cm 259 x 376x 370 Parigi Musèe national
d’art moderne
Nell’opera vengono rappresentati
“frammenti” di interni o di esterni costruiti
con mobili, oggetti d’uso
comune e insegne luminose prelevati
direttamente dalla vita quotidiana. Il bianco
del gesso, trasforma la
figura in presenza anonima e priva
d’identità che testimonia il sentimento di
acuta solitudine e di
angoscia esistenziale della vita nelle
metropoli moderne. Nel suo complesso
l’opera sembra suggerire
come la contemporanea società dei consumi
trasformi le persone in soggetti privi di
individualità, meno
reali del mondo degli oggetti e delle merci
che li circonda.
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