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Vediamo 3 movimenti:

Munch
1. Espressionismo -
->
2. Cubismo 3. Futurismo
Die Brücke

Kokoshka

Esprimere è un verbo di origine latina che deriva dall’unione


della particella ex, che indica moto da luogo (dall’interno
all’esterno), con il verbo prèmere, che ha lo stesso
significato italiano.
Dunque esprimere sta, letteralmente, per «spingere fuori»
«imprimere».

Siamo in un periodo storico diverso, il cosiddetto periodo delle “Avanguardie storiche”.


Le Avanguardie erano delle truppe speciali che sondavano il terreno di battaglia, mentre nell’arte sono visti come artisti che
decidono di spingersi oltre e sperimentale, che vengono poi seguiti da altri.

Con l’espressionismo, la realtà si trasforma in base all’interiorità umana.


L’Espressionismo va dall’interno all’esterno: dall’animo dell’artista direttamente sulla realtà, senza mediazioni né filtri.

Sopratutto gli artisti di questo periodo si dedicano a opere brutte.


Vediamo un estetica del brutto che è assolutamente voluta.
Questo perché in questo periodo crollano tutte le certezze e gli artisti decidono di rappresentarlo in questo modo.
Forme e colori, smarrito qualsiasi rapporto di equilibrio e di reciprocità, inizieranno una lotta furiosa, con il preciso
obiettivo di mettere in crisi ogni sentimento del bello così come si era tramandato fino ad allora.

L’Espressionismo, inteso come proiezione immediata di sentimenti e stati d’animo soggettivi, presenta per sua natura
contenuti sociali, spunti dialettici, drammatiche testimonianze della realtà; la realtà tedesca dei primi anni del secolo è realtà
amara di guerra, di contraddizioni politiche, di perdita di valori ideali, di aspra lotta di classe: proprio questi sono i temi più
dolorosamente cari agli artisti espressionisti.

Nella realizzazione sono stati banditi tutti gli illusori artifici della prospettiva e del chiaroscuro.

L’Espressionismo tedesco tende a togliere al mondo ogni sua realtà oggettiva per trasferirla direttamente nella sfera del
personale.

Se le motivazioni dell’Espressionismo sono contemporanee, i mezzi tecnici per dare loro forma hanno però origini antiche.

Il gruppo dei Fauves sorto come movimento definito e unitario, si riconosceva in alcuni punti, comuni convinzioni anche
dell’espressionismo:
. Bisogna dipingere rispetto a ciò che sentiamo interiormente e non secondo l’impressione.

. Bisogna prima di tutto fare esperienza prima di realizzare e rappresentare, dopo averle fatte proprie.

. Visto che si devono esprimere le emozioni, la pittura deve essere veloce e immediata.

. Il dipinto va costruito attraverso superfici intensamente colorate che esprimono il senso della luce.

. Il colore va svincolato dalla realtà, quindi dobbiamo utilizzare il colore più bello che abbiamo, non dobbiamo copiare ciò che
vediamo con i nostri occhi
EDVARD MUNCH
È un’artista norvegese.
La Norvegia è un paese con complicate condizioni meteorologiche, date dal fatto che vi sono 6 mesi di luce e 6 mesi ininterrotti
di buio.
Questo purtroppo va a intaccare lo stato di salute dei suoi abitati in modo irreversibile, tanto che è molto alto il dato dei suicidi
annui.
Diciamo che abbiamo un alto benessere economico, contro uno stile di vita non troppo facile.

Munch avrà diversi lutti in famiglia, prima la sorella più piccola e poi la madre.

Decide di rappresentare scene di vita quotidiane e ha uno stile accademico


L’arte per lui è un modo per rappresentare il dolore.

È un pittore che predilige la raffigurazione di scene agonizzanti e inquietanti, come si vedrà nelle opere descritte successivamente.

1885-1886
La bambina malata
La pittura di Munch parte dall’abbandono di ogni tradizionalismo e il primo esempio
in questo senso si ha nella Fanciulla malata, dove l’artista sembra ricordare l’agonia e
la prematura scomparsa della sorellina Sophie.

È rappresentata la sorella ' di Munch, che assiste alla sua agonia per la tubercolosi.
L’opera non viene realizzata nel momento effettivo, ma dopo circa 7 anni dall’evento.
Quindi l’artista decide di metabolizzare l’evento e poi realizzarlo.

Ha due funzioni quest’opera:


B la riporta in vita tramite il dipinto;
⑬ affronta il lutto e la morte dipingendo.

Dipinge le scene secondo la sua memoria, quindi si potrebbero notare delle


differenze tra una versione e l’altra.
Decide di ripetere lo stesso soggetto una seconda volta e lo farà anche per l’urlo,
più volte.

La prospettiva della stanza è angusta.


I due personaggi sono muti.
La fanciulla guarda con tenerezza la donna, L’unica luminosità proviene dal cuscino e dal volto pallido
presumibilmente la madre di Munch, che a sua volta le della ragazza, ma è come se la federa e la pelle emanassero
accarezza la pallida mano sinistra. una loro luminescenza intrinseca, che genera un forte
contrasto con il cupo ambiente circostante.

L’aspettò innovativo è il modo in cui viene dipinta la bambina malata.


Munch alterna l’uso di colori molto Il disegno non è nitido, anzi è come se ci fosse un velo davanti all’artista.
asciutti, che fanno quasi intravedere la Questo perché viene immaginata proprio la vista di ciò che vede Munch, con gli
tela sottostante, a stesure più corpose, al occhi pieni di lacrime.
fine di indirizzare più efficacemente Inoltre nel disegno si notano dei graffi, fatti con la parte del pennello dove non ci
l’attenzione dell’osservatore al doloroso sono le setole, e rappresenta il devasto provato, come a volerlo imprimere per sempre
tema dell’opera. nel quadro.
Sera sulla via Karl Johann 1892

Il tema principale: gli artisti contro la società del loro tempo.

Il senso che se ne ricava è quello di un feroce attacco alla


borghesia e alle sue vuote ritualità.

Munch vuole rappresentare gli stati d’animo e i personaggi sono


involucri di passioni o di angosce.

Quest’opera viene realizzata nel periodo dove nascono le società di massa.


Vediamo una moltitudine di persone, che rappresenta proprio la cosiddetta
massa.
Munch interpreta il rito del passeggio, tipico di un certo ambiente borghese,
come una processione di spettri dagli occhi sbarrati. Oltre la massa, vediamo un uomo, da solo
che cammina verso il lato opposto;
dovrebbe essere proprio l’autore che si
I visi sono scheletriche e tutti uguali, proprio per privarli della propria identità.
ritiene lontano dai valori della comunità.
Dell’umanità dei personaggi non sono rimasti che gli attributi esteriori.
Rappresenta colui che, incurante del
consenso della massa, va comunque
controcorrente, anche a costo
Importante è il punto di vista che viene scelto per raffigurare la dell’emarginazione e dello scherno.
scena, la prospettiva degli edifici di sinistra suggerisce un punto di
fuga lontano.
Infatti Munch decide di avere un orizzonte più alto di quello dei
passanti e questo ci permette di vedere che in lontananza si vedono
altre persone che stanno arrivando nella nostra direzione.

Le pennellate sono annacquate e vi sono contrasti complementari.

È un opera di dimensioni medie.

1893
L’urlo
Il dipinto fa parte una grandiosa narrazione ciclica intitolata “Il Fregio della vita”
(1893-1918) e composta da numerose tele, a loro volta suddivise in quattro temi con
forti risvolti psicologici:
La nascita dell’amore;
La fioritura e la dissoluzione dell’amore;
La paura di vivere;
La morte.

Il grido appartiene al soggetto della Paura di vivere.

È una scena che crea inquietudine e la forma di essa diventa preda delle angosce
profonde dell’artista.

Il senso profondo del dipinto viene illustrato in alcune pagine di un suo diario:
«Camminavo lungo la strada con due amici – quando il sole tramontò – il cielo si
tinse all’improvviso di rosso sangue – mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un
recinto – sul fiordo nero azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco – i miei
amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura – e sentivo che un
grande urlo infinito pervadeva la natura».
La scena, fortemente autobiografica, è ricca di riferimenti simbolici:

Âï
·.

L’uomo in primo piano esprime, nella solitudine della sua individualità, il dramma collettivo dell’umanità intera;
Âï
·.

Il ponte richiama i mille ostacoli che ciascun uomo deve superare nella propria esistenza;
Âï
·.

Gli stessi amici che continuano a camminare tranquillamente, incuranti dello sgomento individuale, rappresentano con cruda
disillusione la falsità dei rapporti umani e anche un senso di distanza.

L’opera appare espressiva e immediata sulla rappresentazione del dolore.


L’uomo che leva, alto e inascoltato, il suo urlo è un essere serpentinato, quasi senza scheletro, fatto della stessa
materia filamentosa con cui sono realizzati il cielo infuocato o il mare vischioso del fiordo.

La gestualità esprime al massimo lo sgomento e viene compreso perché ovviamente è un gesto universale.

Al posto della testa vi è un enorme cranio, senza capelli, come di un sopravvissuto, potrebbe dirsi, a una terribile
carestia.
Le narici sono ridotte a due fori;
Gli occhi sbarrati sembrano aver visto qualcosa di abominevole;
Le labbra bluastre rimandano a loro volta alla morte.
Visto il volto non segnato da connotati particolari, diciamo che non indica un tipo di dolore personale, ma proprio
grazie a questa fisionomia permette di immedesimarsi.

Come già detto prima per la bambina malata, Munch decide di riprodurre più volte lo stesso soggetto e infatti questo
capita anche con l’urlo.

Possiamo anche dire che non è una persona solida e come si vede tutta la scena si deforma, compreso lui.
La deformazione che si vede è voluta, appunto perché guardandola dovremmo percepire un urlo.

I colori sono contrastanti.

È l’urlo disperato e primordiale che esce da quella bocca sembra propagarsi nelle pieghe di colore del
cielo, della terra e del mare.

È l’urlo di chi si è perso dentro se stesso e si sente solo, inutile e disperato anche fra gli altri, sopraffatto
da una natura prepotente e matrigna
Altre figure di una certa importanza sono gli allievi di Klimt:

Egon Schiele e Oskar Kokoschka.


I
È il pupillo di Klint è famoso non solo per i suoi quadri
radicalmente espressionisti ma anche
Ossessionato da Alma decide di farsi per la sua relazione tormentata con
confezionare una bambola al
*.- - -
Alma Mahler
naturale con le fattezze della donna.
I
I capelli e i denti sono veri Alma era una donna separata ed
Questo lo fa per rimpiazzare quella reale, era nota per avere molti amanti.
tanto che la porta con sé ovunque lui vada.
Era la personificazione della
Fino al momento in cui si sente libero da
femme fatale di Klimt
questo rapporto e la lancia dal balcone e la
fa bruciare sotto i suoi occhi
Rapporti con donne dominanti

È una sorta di terapia: vuole scacciare via il dolore

1914
La sposa del vento

Nella Sposa del vento, un grande olio su tela, Kokoschka esprime


nel modo più intenso e compiuto l’esigenza di proiettare fuori di
sé le proprie tensioni vitali, i propri dubbi e le proprie angosce
esistenziali.

Il dipinto rappresenta infatti la fine del travolgente e tormentato


rapporto d’amore tra l’artista e Alma Mahler, donna dominatrice
che non apparteneva a nessuno.

I due amanti sono rappresentati in una sorta di scomposto letto di


nubi, circondati da un vortice, una tempesta di passioni, vissute
con l’intensità devastante d’un amore totale.

Al convulso agitarsi della scena si oppone il sonno sereno della


donna che, forse ancora ignara della prossima fine, dorme
tranquilla, rannicchiandosi con tenerezza contro il corpo
dell’amato.

Kokoschka esprime ANSIA, si rappresenta ben sveglio e pensieroso, con gli occhi spalancati che guardano lontano e le nodose
mani intrecciate e tese.

I colori torbidi, grassi e impastati e il mulinare dello sfondo partecipano con materiale evidenza al disordine interiore e
all’angoscia che dilaniano l’autore per l’amore finito.
Inoltre sono colori innaturali, stridenti e complementari.
IL CUBISMO
«La natura è una cosa, la pittura un’altra», scriveva nel 1935 Pablo Picasso, concludendo provocatoriamente che «la pittura è
dunque un equivalente della natura».
In questa affermazione sta tutto il significato del Cubismo, una delle prime e più significative Avanguardie storiche.

La storia del Cubismo si intreccia in modo indissolubile con quella dei suoi due principali artefici, Picasso e Braque, la cui
amicizia durò per tutta la vita.
Il lavoro e la ricerca comuni si consolidano in breve fino a trasformarsi in quella «cooperazione ardente» i cui esiti straordinari,
sul piano artistico, sono stati quelli di stimolare creativamente le rispettive personalità, giungendo a unire in modo irripetibile le
singole potenzialità.

Le loro strade si dividono dopo il 1914 perché Braque parte per la guerra mondiale e torna stordito dall’esperienza.

Il nome stesso del movimento deriva dall’uso cubista di scomporre la realtà in piani e volumi elementari (assimilabili a cubetti,
appunto).
Così il Cubismo una volta assunto il nome che gli era stato attribuito per scherno, ne fece la bandiera della più grande
rivoluzione artistica del secolo.
Anzi, i Cubisti accettarono il proprio in modo così totale da continuare a identificarsi in esso anche quando il movimento si
sciolse e i vari componenti seguirono ciascuno strade e ispirazioni autonome.

La data di inizio del Cubismo si fa convenzionalmente risalire al 1907, anno nel quale Picasso dipinge Les demoiselles
d’Avignon.

Nello stesso anno si tiene a Parigi una grande mostra retrospettiva dedicata a Cézanne (scomparso appena l’anno prima), la cui
pittura, tesa a «trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono», eserciterà un influsso fondamentale sul Cubismo.

I pittori cubisti si sforzano di costruire una realtà nuova e diversa, non necessariamente simile a quella che tutti conoscono.

La realtà che si percepisce attraverso il senso della vista, infatti, è spesso diversissima dalla realtà vera.

Per parlare del Cubismo dobbiamo partire da un elemento chiamato “prospettiva”.


Brunelleschi inventa un modo in cui si può rappresentare il mondo così come si vede.
La prospettiva rende possibile rappresentare la profondità spaziale usando il punto principale, inoltre ci dice che gli oggetti
ma mano che si allontanano dallo spettatore diventano via via più piccoli.

La prospettiva però ha dei limiti:


ùsQ)
Ha un solo punto principale, mentre noi avendo due occhi abbiamo due punti principali.
La visione prospettica è una visione mono oculare, detta anche ciclopica; in questo caso lo spettatore, ipoteticamente, è in
possesso di un unico occhio che va al punto principale; nella realtà abbiamo una visione stereometrica, cioè che si forma da
una percezione formata da due punti di vista.

Abbiamo poi un altro limite:



La prospettiva rappresenta il mondo da una prospettiva, ciò vuol dire che è una tecnica statica.
Ma realmente quando guardiamo le cose, non abbiamo mai una visione statica.
I cubisti diranno che la prospettiva per come è stata concepita, è molto bella, ma che non ha senso in quanto finita.
Diciamo che se rappresentiamo un oggetto in prospettiva, le informazioni che ci da l’immagine (la resa prospettica),
rappresenta solo un’immagine parziale.
Avendo un immagine del genere, ricavo davvero poche informazioni perché vedo una porzione di spazio delimitata.
Ad esempio non posso ricavare le dimensioni reali anche perché in prospettiva le altezze sono dettate dalla profondità,

Per avere una visione più chiara si possono usare le proiezioni ortogonali, che ci danno delle
misure precise.
I bambini, che non conoscono ancora le regole della prospettiva, disegnano le loro casette non
mostrando una resa realistica, ma al contrario mostrano tutte le informazioni dell’oggetto,
ottenendo così una percezione istintiva della realtà: si comportano involontariamente come i
Cubisti.
Ci danno tutte queste informazioni da modificando le leggi della prospettiva del disegno.
È meno verosimile, ma più vero.

I cubisti ci chiederanno se sia meglio meglio l’illusione o meglio la verità.


La risposta è che ovviamente è meglio la verità in termini logici, quindi creando delle immagini verosimili, simili magari alle
apparenze ma da un certo punto di vista più vere perché ci danno delle informazioni reali sull’oggetto.

Con i quadri cubisti aggiungeranno all’esperienza visiva un elemento fondamentale.


Di base le opere d’arte hanno a che fare con 3 dimensioni: larghezza profondità e lunghezza.

La realtà cubista cerca di tenere conto anche del fattore tempo, una variabile che è assai difficile da rappresentare con i mezzi
delle arti figurative.
Il pittore cubista si figura di ruotare fra le mani l’oggetto da rappresentare o, se si tratta di una persona, di girarle addirittura
intorno.
In questo modo egli non coglie più un solo aspetto, univoco e limitato, ma ne percepisce diversi in successione.
Se devo rappresentare al meglio un’immagine, ovviamente non si può fare in un singolo istante, con un unico punto di vista o
in un solo spazio; poiché per poter assumere punti di vista diversi occorre muoversi e per muoversi si impiega del tempo.

Quindi ricapitolando, per fare esperienza con l’oggetto si ha bisogno di tempo.

La variabile del tempo ci consente di rappresentare contemporaneamente momenti diversi di una medesima scena.

L’arte occidentale è basata sulla verosimiglianza e siamo abituati al fatto che il quadro ci porti oltre, che il quadro non sia solo
superficie, ma realmente lo è.
L’arte ci illude che ci sia qualcosa.

Prendiamo come esempio una fotografia.


Come abbiamo già detto, se vogliamo raggiungere la verità dobbiamo avere più info possibili.

Consideriamo un grande collage di polaroid, con formato standard 5x5.


La polaroid rappresenta un incrocio della strada.

Gli oggetti in primo piano sembrano essere tanti primi piani sommati, così come le parti successive.
È come se si partisse da un’immagine in cui la visione regolare è alterata; l’artista ha fotografato con la Polaroid tutti questi
oggetti da vicino e poi li ha messi insieme in un immagine unica.

Si vede che abbiamo una diminuzione della visione, ma non è tenuta regolarmente
È come se potessimo camminare con lo sguardo perché abbiamo sommati un centinaio di punti di vista diversi.
Immagine sia verosimile e completa.
Influsso di Paul Cézanne

Lo spazio pittorico di Paul Cézanne, sempre scandito e fortemente geometrizzato, costituisce l’indispensabile premessa alla
grande rivoluzione cubista.
Secondo Cézanne si devono trasferire le immagini nelle scene rappresentate.
Individua i soggetti dei suoi dipinti attraverso piccole pennellate di colore giustapposte che riducono la percezione della realtà
a un fitto conglomerato di coloratissimi volumi elementari solidamente interconnessi.

Sul finire del secolo il gioco dei volumi diventa ancora più evidente ed essenziale.

Gli elementi sono ridotti a forme geometriche elementari che si compenetrano secondo piani squadrati e taglienti.
Queste forme vengono appunto sommate e le immagini risultano schematizzate.
Vengono usati i solidi geometrici semplificati perché il mondo per essere raccontato deve essere semplificato.

In un’opera introduce anche una forte scomposizione cubista che lo porta a dissolvere il senso della profondità.

Un effetto tipico che si ha nelle sue opere è il fatto che l’immagine sembri vibrante, perché usa due punti di vista
contemporaneamente, come se usasse i suoi occhi.

Il cubismo analitico i dipinti di Picasso e Braque, volutamente non firmati, risultano spesso indistinguibili.

Il periodo di massimo splendore del movimento, quando il legame tra Braque e Picasso diventa tanto intenso che le rispettive
opere risultano addirittura indistinguibili, inizia però qualche tempo dopo, intorno al 1909.

È il momento del cosiddetto Cubismo analitico, consistente nello scomporre i semplici oggetti dell’esperienza quotidiana
secondo i principali piani che li compongono.
Tali piani, variamente ruotati, incastrati e sovrapposti, vengono poi distesi e ricomposti sulla tela in modo concettualmente
analogo a come si è osservato nel cubo.
I colori impiegati in queste operazioni sono solitamente terrosi e di tonalità neutra, in modo da non interferire con la
comprensione delle forme.

È in questo periodo che con il cubismo si arriva praticamente a non comprendere il soggetto della rappresentazione.
Nella prima fase, i cubisti decidono di smontare le immagini in più punti di vista e questo lo fanno in due modi:
e
Rappresentando tanti punti di vista contemporaneamente;
d
Moltiplicando i piani della visione.
Il piano della visione è quello che noi guardiamo nel disegno, diciamo che è come se prendessimo tanti pezzi diversi delle cose
da rappresentare.

Un esempio concreto possono essere gli specchi di Michelangelo Pistoletto.


Questi specchi e venivano distrutti a colpi di martello e poi l’artista li faceva osservare da chi arrivava dopo di lui.
Abbiamo chi guarda e chi è guardato, lo spettatore e la persona rappresentata.

Il cubismo sintetico Fase durante la quale si precisano anche le diversità stilistiche dei due artisti.

Tra il 1912 e il 1918 Braque e Picasso indirizzano le loro ricerche verso una ricomposizione degli oggetti precedentemente
frammentati in oggetti nuovi e spesso fantastici che, pur mantenendo qualche analogia con quelli originali, vivono una loro
realtà autonoma, caratterizzata anche dall’uso di colori brillanti e volutamente non verosimili.

Si è così alla fase del Cubismo sintetico, nella quale si attua quella innovativa equivalenza tra pittura e natura di cui Picasso e
Braque rivendicavano l’originalità rivoluzionaria.
A questo punto, infatti, l’artista arriva a creare forme e situazioni che non hanno più alcun rapporto con quelle già note, anche se
di esse conservano a volte alcune caratteristiche distintive e in qualche modo sempre riconoscibile.

Tutte le prospettive quindi hanno la stessa importanza e non c’è più gerarchia, tutto è messo sullo stesso piano.

Vediamo le forme degli oggetti e le stiamo dilatando e smontando.


I colori sono terrosi e neutri, questo perché il colore non deve interferire con la forma rappresentata, se no sarebbe
un macello.
PABLO PICASSO
Picasso nasce in Andalusia.
Il padre lo avvia all’apprendistato artistico.
Il giovane dimostra uno straordinario talento, tanto che ad appena quattordici anni espone già un suo primo dipinto a una
mostra di Barcellona, ottenendo il meravigliato consenso della critica.

Da vecchio amava ripetere, non senza un pizzico di autocompiacimento: «A tredici anni dipingevo come Raffaello. Ci ho
messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino».
Viene ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona, città alla quale rimarrà sempre legato, tanto da sentirsi catalano
nel profondo dell’anima.

È d’animo fantasioso, irrequieto e indipendente, l’artista si affranca ben presto dalla famiglia.

Alla fine del primo conflitto mondiale Picasso alterna a grandi dipinti monumentali vivaci riprese cubiste, interessandosi nel
contempo anche alla grafica e alla scenografia e curando allestimenti teatrali di successo in Francia e in Italia.
La sua ricerca non conoscerà interruzioni fino a tarda età, quando, ormai universalmente celebrato e famoso, continuerà
febbrilmente a sperimentare tecniche, azioni e materiali sempre nuovi e diversi.

Inizialmente lo stile di Picasso oscilla tra l’ammirazione per Cézanne e le generiche tematiche impressioniste e
postimpressioniste, come ben si evidenzia nella Bevitrice di assenzio, un olio parigino del 1901, l’allusione a Degas – allora
quasi settantenne – sia l’omaggio a certe figure di “donne perdute” di Toulouse-Lautrec.

S Sempre nel 1901, la sua pittura conosce una svolta, conseguente anche al suicidio dell’amico poeta Carlos
Casagemas.
Picasso inaugura il cosiddetto «periodo blu», che si protrarrà fino a tutto il 1904.
Si tratta di un tipo di pittura giocato tutto sui colori freddi (blu, azzurro, grigio, turchino), quasi che gli occhi
dell’artista fossero velati da un cristallo azzurrato e il suo cuore da una perenne malinconia.
Anche i temi attingono a un repertorio di personaggi poveri ed emarginati, segnati dal dolore e sconfitti dalla vita.

⑤ A partire dal 1905, invece, la tavolozza di Picasso cambia tono e subentrano le più tiepide gradazioni dei rosa,
degli ocra e degli arancio.
Ha così inizio il secondo, il cosiddetto «periodo rosa».
Questa fase, di intensa produzione ma di breve durata, costituisce la logica prosecuzione di quella precedente.
Al mondo degli sfruttati e degli emarginati del periodo blu si sostituiscono ora soggetti ripresi in prevalenza
dall’ambiente del circo e dei saltimbanchi.

S Gli ultimi mesi del 1906 segnano il cosiddetto «periodo africano», allora definito anche «epoca negra», nel corso
del quale Picasso si interessa in modo approfondito alla scultura rituale africana e polinesiana.

In queste opere, spesso ingenue ma di grandissima espressività, egli ricerca le testimonianze di un’umanità
spontanea e incorrotta, non ancora contaminata dalla troppa ideologia e dai condizionamenti sociali e culturali
della tradizione occidentale.
La contiguità formale con alcuni prototipi africani, dei quali lo stesso Picasso era attento collezionista, è evidente
in molti suoi studi di quegli anni, nei quali lo stiramento verticale dei volti e la scomposizione dei volumi
preludono direttamente alla successiva svolta cubista.

o Dopo il periodo rosa abbiamo nel 1907, la fase protocubista, dove abbiamo la formazione dell’idea che poi
sfocerà nel vero movimento .
Poveri in riva al mare 1903

Al periodo blu risale quest’opera, nota anche come Tragedia.

I tre personaggi, scalzi e infreddoliti, sono la dolorosa metafora moderna della Sacra Famiglia.
Nonostante il loro misero aspetto, essi spiccano per la dignità quasi monumentale che assumono.
Soprattutto la severa figura della madre, vista di spalle, richiama la solida volumetria di certi personaggi
femminili giotteschi.

Nonostante l’uso di una tavolozza quasi monocroma, l’artista riesce a differenziare marcatamente i tre
elementi primigeni della natura e della filosofia antica:
terra (la spiaggia), acqua (il mare) e aria (il cielo).

Le tre fasce orizzontali che vengono così a crearsi contrastano, nella loro geometrica uniformità, con i tre
personaggi in primo piano, contribuendo a isolarli nella scena al fine di sottolineare ulteriormente il loro
muto dramma.

Famiglia di saltimbanchi 1905

L’abbandono dei toni freddi del precedente periodo blu e l’inizio di


quello rosa coincidono in parte anche con le vicende umane dell’artista.
La tavolozza cambia registro e vengono utilizzate varie e delicate
gradazioni di rossi, di rosa e di arancioni.

L’opera ripropone ancora una volta una famiglia, tema assai caro al Picasso precubista.

I sei personaggi (tre adulti e tre bambini) sono colti in un momento di silenziosa attesa, e la loro serietà pensosa e un
po’ mesta stride con la variopinta stravaganza dei costumi di scena che ancora indossano.

Picasso, del resto, fu sempre particolarmente ispirato e attratto dalla vita circense, che ben conosceva anche per la
frequentazione del Circo Medrano, il cui tendone era poco distante dalla sua casa di Montmartre.

Egli interpreta la dura quotidianità di clown, acrobati e giocolieri con grande sensibilità e discrezione, mettendone in
evidenza la misera vita di poveri girovaghi.

L’arlecchino di spalle (nel quale l’artista ritrae se stesso) volge lo sguardo lontano, mentre tiene teneramente per
mano la bimba con il tutù e le scarpette rosa, che tanto ricorda le eteree ballerine di Degas.

Il paesaggio deserto e desolato contribuisce a sottolineare la solitudine dei personaggi, ognuno dei quali, nonostante
la prossimità agli altri, è comunque solo con i propri pensieri, come in attesa del manifestarsi di qualche misterioso
evento.

La loro definizione pittorica non fu semplice: le indagini ai raggi X hanno svelato la presenza di vari pentimenti e
correzioni, quasi che Picasso fosse giunto per gradi alla soluzione compositiva finale, senza averla presente fin
dall’inizio.
1910
Ritratto di Ambroise Vollard

L’opera è una delle più significative del periodo del Cubismo analitico, pur
ricalcando con impressionante puntigliosità un analogo ritratto eseguito da
Cézanne circa un decennio prima.

Vollard, collezionista e mercante d’arte, è uno dei molti amici di Picasso che si
prestano a posare per un ritratto cubista.

Osservando l’opera appare subito evidente come l’artista miri più al contenuto che all’apparenza, rinunciando a
qualsiasi tipo di verosimiglianza fotografica.

Ciò non significa rifiutare in assoluto il concetto di ritratto,


ma impone di scavare più in profondità nella psicologia del
modello, mettendone in luce solo le caratteristiche
veramente significative al fine della conoscenza.

E non della conoscenza esteriore e formale che avviene


tramite gli occhi, della quale si accontentavano gli
Impressionisti, ma di una conoscenza profonda, che va
all’essenza stessa della realtà.

La composizione è minutamente frastagliata e sia il personaggio sia lo sfondo sono posti sul medesimo
piano, a interagire con uno spazio frammentato e quasi esploso secondo le stesse regole degli altri elementi.

Ecco allora che dalla materia indistinta dello sfondo fuoriescono e prendono poco a poco forma la spaziosa
fronte calva del collezionista, una bottiglia appoggiata sul tavolo dello studio, un libro sullo scaffale, il
giornale che Vollard sta leggendo, un bottone del panciotto, il fazzoletto nel taschino e la manica destra
della giacca.

In assenza di qualsiasi riferimento prospettico i concetti di davanti e dietro perdono ogni significato, per cui non desta
meraviglia, ad esempio, che il giornale non copra la giacca e che anche libro e bottiglia fluttuino sullo stesso piano spaziale.

Nonostante questo, Picasso dimostra un’attenzione lucida e assolutamente concreta a ogni minimo particolare della realtà e
proprio quando l’opera, nel suo insieme, sembra quasi dissolversi, egli ne ribadisce con prepotenza la solidità.
L’uso del collage, inoltre, dà a ogni composizione un significato nuovo e provocatorio.

a
Nasce la tecnica del collage
Sarà un momento di svolta.

È quando anziché prendere delle carte, Il Collage e il Papier collè, sono una creazione di Picasso e di Braque.
prendiamo degli altri materiali
eterogenei, che attacchiamo sulla
superficie
Ritagliamo un pezzo di carta e lo
incolliamo in un’altra superficie

Chitarra, spartito e bicchiere

Abbiamo delle carte incollate, come quella del giornale o dello spartito.
La chitarra essendo fatta di legno, sarà rappresentata allora con un pezzo ligneo.

Abbiamo il materiale che sostituisce il dipinto.

È un problema perché l’arte è sempre stata MIMESIS, quindi appunto qualcosa che
imita; ha sempre preso la realtà e li ha copiati e rappresentati all’interno del quadro.

Il quadro è uno specchio/copia della realtà.

Quando abbiamo una copia quello più importante è ovviamente l’originale, abbiamo
una gerarchia.
Avere la copia vuol dire avere qualcosa di meno importante.
Se la pittura è una copia del mondo, vuol dire che la realtà è più importante, mentre
l’arte e la pittura lo è meno.

I cubisti diranno che la pittura non è una copia, è l’equivalente della realtà.
Infatti arte e realtà saranno messi sullo stesso piano, visto che l’arte produce altri elementi reali.

I cubisti interrompono la catena di imitazione.


1912
Natura morta con sedia impagliata

Il primo e uno dei più significativi collage di Picasso è la Natura morta con sedia impagliata, conservato al giorno
d’oggi al museo di Picasso.

L’opera rappresenta un natura morta ambientata all’interno di un caffè parigino.

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Nell’opera osserviamo che vi sono :

.

Delle lettere, “jou”: siamo sul tavolino di un bar, ed è un giornale.
Abbiamo delle lettere nei quadri di questo periodo, perché i Cubisti si rendono
conto che le immagini non sono riconoscibili, così decidono di inserire degli
elementi diretti.

⑧ Abbiamo una pipa, vista da sotto e poi è segmentata come se la parte superiore venisse tagliata.

A destra vediamo un limone e sopra di questo abbiamo un coltello;


Un terzo elemento in questa parte è costituito da un’ostrica.

La parte centrale è occupata dal calice scomposto analiticamente, riempito dal vino bianco.

Tutti questi oggetti appartengono alla cosiddetta “natura morta”.

Dovremmo osservare quest’opera dall’alto, perché è come se dovessimo rivolgere lo sguardo dall’alto verso il tavolo
trasparente, che quindi ci permette di osservare gli elementi, quali ad esempio la trama della sedia.
Sotto la pittura si vede la trama della sedia, come se fosse dipinto sopra; queste sono le ombre e i riflessi degli oggetti sul
vetro.

Anche se può apparire quasi come un gioco, l’operazione compiuta da Picasso è invece estremamente colta e raffinata.
La finta paglia di Vienna riprodotta sulla tela cerata sta a rappresentare una sedia vera.
Dunque il soggetto (la paglia) è falso, ma il materiale (la tela cerata) è vero.
La terra cerata è tela ritagliata e immersa nella paraffina per renderla impermeabile, così da poter essere esposta anche
all’esterno.

Entrambi sono però falsi quando vogliono rappresentare una sedia.

Appaiono nelle opere degli oggetti reali, interrompendo il rapporto tra rappresentazione e realtà.

Picasso anziché mettersi a dipingere l’elemento che richiama la seduta della sedia, lo incolla; si ha la fine del
rapporto di dipendenza dell’arte dalla natura, perché è il materiale reale che ora viene usato per rappresentare se
stesso.

Troviamo quindi oggetti reali e non rappresentazioni.

Quello che fa Picasso non è solo usare un materiale reale, ma usa un materiale povero, incolla un oggetto vero che
è un’imitazione della paglia di Vienna e anziché copiare incolla una imitazione di un oggetto più costoso e lo
mette come oggetto reale.

La sostanziale monocromia dell’insieme, la forma insolitamente ellittica (comune anche


ad altre opere cubiste del periodo) e la semplice corda usata al posto della cornice rappresentano altri richiami
intenzionali al problema della forma che si fa materia e della materia che prende forme nuove ed estranee alla sua
natura.
Le demoilles d’Avignon 1907

L’opera si traduce letteralmente con “le signorine d’Avignone”.


Ma più che rappresentare queste ultime, nell’opera vengono rappresentate delle
L’opera rappresenta l’alter ego della donna fatale
prostitute, che si mostrano in un modo nuovo.
Se prima vedevamo le prostituite come delle figure che si facevano
sottomettere, in questo olio su tela, le vediamo orgogliose.

L’opera, che ha un formato quadrato, prende questo nome perché è ambientata


in un bordello, più precisamente in una strada di Barcellona appunto chiamata
via d’Avignone.

Quello che dobbiamo cogliere dell’opera è il suo linguaggio.

L’opera è stata realizzata in circa un anno ed è stata preceduta da


numerosissimi schizzi preparatori.
Nel 1906 Picasso incomincia a lavorare a un dipinto di grandi dimensioni
che, corretto, cancellato, riaggiustato e ridipinto innumerevoli volte, vedrà la
luce solo verso 1907.
Dobbiamo dire però che è stata esposta nove anni dopo la realizzazione.
Il numero impressionante di bozze del disegno ci fa capire quanto Picasso
avesse cambiato idea sul soggetto da rappresentare, o forse sarebbe meglio
dire il come rappresentarlo.

Quello che vediamo rappresentato sono cinque donne in pose molto esplicite, che indossano delle maschere distorte; come
si vede, nella realizzazione dei volti delle figure centrali Picasso si ispira alla scultura iberica, quelli dei due personaggi di
destra risentono dell’influsso delle maschere rituali dell’Africa nera.

Le figure appaiono distorte, visto che il naso viene rappresentato di profilo, mentre al contrario gli occhi vengono
rappresentati frontalmente; Picasso mescola quindi tanti punti di vista visti simultaneamente e li rappresenta tutti nello
stesso quadro, alternandoli.
Vengono stravolte tutte le regole della prospettiva e anche quelle del senso comune, che sottintende sempre un punto di vista
unico.
Le apparenti incongruenze sono però finalizzate a una nuova e diversa percezione della realtà, non più visiva, ma mentale:
volta a rappresentare tutto quello che c’è e non solo quello che si vede.
In questo senso non deve dunque meravigliare se di un personaggio si vedono contemporaneamente due o più lati: è come
se vi si girasse attorno tentando poi di ricostruire le varie vedute sovrapponendole l’una all’altra.

Prima dell’opera che adesso è esposta a New York, al MOMA, l’opera


aveva oltre le cinque donne e la frutta, due soggetti maschi vestiti.

Si
Uno dei due soggetti, indossa una divisa blu e viene riconosciuto come un
marinaio, che torna in patria dopo un lungo periodo finalmente può andare
nei bordelli, e quindi rappresenta l’impulso che deve essere soddisfatto.

L’altro soggetto che indossa una veste marrone e ha tra le mani un libro,
vuole rappresentare uno studente universitario di medicina.

Con questo Picasso vuole mostrare le differenze dei due poli opposti della
società che guardano le donne.

Mentre lo studente prova un amore anatomico, distaccato e platonico, il


marinaio d’altra parte prova un amore carnale, fisico e sessuale, un
sentimento che appunto deve essere soddisfatto e non va oltre.
Un altro aspetto che è importante nell’opera è il ruolo che ricopre la frutta.
Infatti se paragoniamo la bozza del disegno e l’opera finita, vedremo che ha una posizione diversa.
Continuando a fare questo paragone noteremo anche che lo sguardo che hanno le donne è rivolto in due direzioni diverse, o
meglio abbiamo un punto di vista diverso.

Nella prima abbiamo visto che le donne guardano verso lo spettatore, quindi verso di noi;
nella bozza le donne guardano gli uomini.

Quindi abbiamo un cambio di prospettiva, Questo ribaltamento della prospettiva fa


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detto anche ribaltamento dello sguardo. parte della tradizione occidentale e lo
Arriviamo a dire che abbiamo una troviamo nelle opere classiche, come il
sostituzione tra noi e le due figure maschili. battesimo di Piero della Francesca; vediamo
Riassumendo, rappresentiamo gli avventori sempre una figura che ci guarda e che cerca
del bordello. di catturare l’attenzione dello spettatore per
portarlo dentro all’immagine e farci
muovere lo sguardo all’interno.


Vi è un’opera in cui tutto questo avviene in termini intellettuali.
È stata realizzata da Diego Velázquez, un pittore spagnolo del ‘600.
Las Meninas è un’opera famosissima in cui vediamo un ritratto, non
delle persone ritratte, ma quello che vedono le persone ritratte
mentre le sta dipingendo l’artista.

Realizzato su commissione della famiglia famiglia reale di Spagna,


l'opera descrive una scena di vita a corte, ma la particolarità è che il
pittore anziché dipingere loro ritratto, crea questa tela enorme, in
cui la figura dello spettatore rappresenta la figura stessa del reale di
Spagna; quello che vediamo è il punto di vista che questi ultimi
avevano.

È la prima opera in cui abbiamo il


capovolgimento tra chi guarda e chi viene
guardato.

Il soggetto e l’oggetto si invertono.

Picasso semplifica le geometrie dei corpi e coinvolge in tale semplificazione anche lo spazio.
Quest’ultimo, infatti, viene esso stesso materializzato e dunque diviene un oggetto al pari degli altri, da scomporre secondo i
taglienti piani geometrici che lo delimitano.
Lo stesso procedimento viene applicato anche alla natura morta con frutta e tovagliolo, posta sul tavolino al centro in basso.
Non si percepiscono più dei rapporti spaziali coerenti e tutto viene squadernato davanti agli occhi di chi osserva in modo
immediato e indifferenziato.

Le stesse figure femminili non risultano più immerse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi,
sembrano essere costituite della stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo
spazio) viene automaticamente annullata.

Non vi è più una gerarchia tra ciò che si trova davanti e ciò che si trova dietro.
Con il cubismo infatti si annullano questi elementi.
Tra la prima guerra e il 1937, Picasso elaborerà un linguaggio di una libertà maggiore.
Questo è lo stile che utilizza quando avviene la realizzazione dell’opera detta “Guernica”.

Il cubismo sintetico si interrompe nel 1914, quando scoppia la guerra.

Braque viene chiamato al fronte, mentre Picasso no.


Il cubismo quindi diventa una piaga sociale che investirà
decine di pittori.

Nasce il “movimento cubista”, che erano coloro che


copiano Picasso e Braque.

Dopo prima guerra mondiale, in arte ci sarà un periodo di ritorno all’ordine.


I pittori sperimentali, tra cui Picasso, torneranno a una pittura classica e accademica.
La guerra riporta tutti sull’allerta e si fa un passo indietro dal punto di vista artistico.

Le potenze prima di affrontarsi nella seconda guerra mondiale, avranno un banco di prova in Spagna.
In Spagna nel 1930 abbiamo due forze in campo:

forza repubblicana e democratica quella dell’estrema destra di Francisco Franco.

Entrano in gioco le altre nazioni, perché Mussolini e Hitler rispondono alla richiesta di Franco di essere aiutato
dalle loro truppe.

Vuole provare la nuova produzione di


armi, sopratutto gli aerei da guerra.

La situazione si complica quando arrivano gli aerei da bombardamento, con essi non esiste un
fronte di combattimento, ma abbiamo la possibilità di colpire a prescindere.

Nell’aprile 1937 e in Spagna ci sono le prove della seconda guerra mondiale:

Francisco Franco da una parte dall’altra parte abbiamo come forza repubblicana il
insieme a Mussolini e Hitler Messico e l’Unione sovietica.

Vince Franco, dittatore della Spagna. Forze comuniste


1937 Museo nazionale Reine Sofia

Guernica
È nel pieno della guerra civile spagnola che i franchisti, sostenuti dalle forze nazifasciste di Germania e Italia, decidono
di attaccare il governo del Paese, bombardando la città di Guernica.

*
Guernica, si trova nei Paesi Baschi ed è la città filo
repubblicana che subirà le conseguenza dell’alleanza tra
Franco, Mussolini e Hitler.

-
È il primo caso in cui abbiamo un bombardamento aereo
su una città civile;
quest’azione terroristica era rivolta soprattutto contro la
popolazione inerme, proprio nel giorno del mercato.
Viene bombardata proprio Guernica perché era stata
Anche se solitamente avevamo degli scontri tra i soldati, in ripresa dalle forze repubblicane, e quindi si vuole
questo caso le bombe naziste radono al suolo una città di punire la presa di potere in maniera drastica.
civili nella sua interezza.
Si utilizzano quindi gli aerei da bombardamento,
che lo stesso Hitler voleva già testare.

tranchist VS filo repubblicom

Dobbiamo dire che a Picasso viene commissionata un’opera molto importante per l’esposizione universale di
Parigi del 1937, per rappresentare la Spagna nel suo padiglione.

Visto che doveva essere qualcosa che rappresentasse la nazione o comunque qualcosa di significativo per essa,
l’artista non sapeva che soggetto ritrarre; dopo il bombardamento, è inevitabile che non rappresenti questo.

(a differenza della Zattera della medusa di Gericault).

Picasso quindi, ancora sconvolta, realizza l’enorme tela in appena due mesi.

L’opera rappresenta un vero e proprio atto d’accusa contro la guerra e la dittatura.


I
La posizione politica di Picasso del resto, è sempre stata
convintamente democratica e antifascista, tanto che nella Germania
-

nazista alcune sue opere vennero pubblicamente bruciate sulle


piazze come esempio negativo di «arte degenerata».
Picasso chiederà che l’opera non entri
in Spagna sinché vi sarà la dittatura.

L’artista ha degli ideali completamente


contrastanti con quelli di Franco, anche perché
abbraccia il comunismo.

L’opera è stata conservata a New York sino al 1977, nel museum of modern art.

Quando Franco muore nel 1975 e la Spagna diventa repubblica, l’opera rientra nel suo paese d’origine e sarà
conservata al museo Reina Sofia a Madrid.

Una copia si trova nel palazzo di New York delle nazioni unite, perché quest’opera rappresenta un monito contro
tutte le guerre, perché rappresenta quello che avviene con esse.
INFORMAZIONI SULL’OPERA


Guernica, è un olio su tela.

8.
⑧ Già nelle sue dimensioni (circa 3,5 metri di altezza e quasi 8 di lunghezza) denuncia la propria funzione di manifesto ideologico
e politico, fatto per essere contemporaneamente osservato dal numero di persone più grande possibile, costituisce uno dei punti
di sintesi più alta e ispirata di tutta l’arte picassiana.

Solitamente queste dimensioni venivano utilizzate per quadri che raccontavano dei fatti storici o politici (in passato abbiamo
visto dimensioni del genere con David, nel giuramento degli Orazi).


L’opera rappresenta appunto il bombardamento della città e per rappresentarlo usa la tecnica cubista dove vediamo tante
scene contemporaneamente da più punti di vista (senza ciò sarebbe stato impossibile creare quest’opera).

. Il colore, sinonimo di vita, viene abbandonato in favore di un’omogenea gamma di grigi e azzurri su fondo antracite; le
figure appaiono come spettri urlanti, illuminate all’improvviso dai bagliori sinistri delle esplosioni.

La questione dei colori Picasso non la decide sin dall’inizio; infatti sappiamo grazie alle fotografie della compagna Dora
Naar, che nell’opera erano presenti dei colori anche abbastanza forti.

⑮ Il primo motivo per il quale li ha tolti è perché non vuole creare troppo coinvolgimento emotivo, anche perché se ci fossero
stati ci avrebbero fatto provare empatia.


Il secondo motivo è perché Picasso conosce i fatti di Guernica attraverso i giornali, il tutto ovviamente è in bianco e nero e
quindi mantiene il carattere da cronaca giornalistica.

⑧ La composizione, apparentemente caotica, è invece organizzata in tre fasce verticali:

S Le due laterali sono più strette, fra loro uguali e simmetriche rispetto a quella centrale;

e in quest’ultima, molto più larga, è ammassato il maggior numero di personaggi, nella disposizione dei quali prevalgono
allineamenti fortemente geometrizzati, attorno alla figura gigantesca d’un cavallo ferito che fugge impaurito.

⑧ L’ambientazione è contemporaneamente interna (come si deduce dal lampadario appeso in alto) ed esterna (come è
suggerito dagli edifici in fiamme all’estrema destra).

Picasso ci mostra praticamente due scene, due elementi di due spazi diversi, due dinamiche che concorrono.

Questa contemporaneità di visione è cubista, MA vuole anche rendere con violenta immediatezza la tragedia del
bombardamento, che all’improvviso sventra e demolisce interi palazzi sparpagliando impietosamente all’aperto anche gli
oggetti più intimi di ogni famiglia.
In questo spazio caotico e indifferenziato uomini, donne e animali fuggono e urlano come impazziti, sovrapponendosi
e compenetrandosi, accomunati dallo stesso dolore e dalla stessa violenza.

Ovunque sono morte e distruzione, sottolineate da un disegno duro e quasi tagliente, che rende anche i raggi di luce del
lampadario altrettante piccole spade acuminate.

I personaggi sono di tre tipi:

Animali Tutti devono trasmettere la sensazione drammatica;


Oggetti Picasso unisce il cubismo all’espressionismo per creare una distorsione e
Umani rappresentare appunto la drammaticità.

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Animali :
Abbiamo il cavallo e il toro, ma anche una colomba, meno visibile.
I primi due citati, sono animali che servono a rappresentare un qualcosa, hanno un valore simbolico.

Il toro, rappresenta il lato della Spagna violenta e prevaricatrice di Franco, mentre il cavallo rappresenta l’altro lato
della nazione, trafitto da una lancia che incarna il popolo spagnolo umile, ferito dalla dittatura di Franco.

Oggetti:
lanterna,
lampada a petrolio
Casa in fiamme
lancia nel corpo del cavallo
-

braccio con un fiore e la spada spezzata

*
Prendiamo i primi tre oggetti, sono tutti e 3 fonti di luce: *
Gli ultimi due elementi invece, la spada spezzata e il
lampada, fiamma e luce elettrica. fiore, rappresentano il fatto che la libertà del popolo
spagnolo vi sarà solo grazie alla lotta armata.
(Delacroix con la libertà che guida il popolo).
Lette così sono una storia evolutiva della luce.
È anche il simbolo della vita e della ragionevolezza
Picasso mostra ciò che avviene con la guerra, con i bombardamenti che, nonostante tutto, avranno comunque la meglio
si torna indietro, perché non c’è elettricità e si torna a forme più sulla morte e sulla barbarie.
primitive per illuminare la stanza.

La guerra viene intesa come regressione tecnologica.


Umani:

A partire da sinistra vediamo una donna, con gli occhi a forma di lacrima, con un bambino morto in braccio, che urla verso il
cielo come se si proiettasse; questo si contrappone al peso morto del bambino, che appunto va verso il basso.
Picasso rappresenta il suo naso privo di rigidità, molle e cadente.

Dal lato opposto della tela le fa eco l’urlo disperato di un altro personaggio femminile che, fra gli edifici in fiamme, alza
urlando le braccia al cielo in segno di orrore e disperazione.

Vi è poi un soldato smembrato, dato dal fatto che il suo corpo è stato fatto in pezzi dall’esplosione.
La testa è staccata dal corpo, collegata alla mano, mentre dall’altra parte vi è braccio staccato, dove si trova un fiore e una
spada spezzata.

Vi sono poi due figure, dall’esterno verso l’interno, quella in basso guarda quello che succede, mentre quella in alto ha in
mano una lanterna .
Chi può cerca di fuggire, come la donna che si slancia diagonalmente verso il toro, all’angolo superiore sinistro.
Nella parte destra della fascia centrale del dipinto un’altra donna si affaccia disperatamente a una finestra reggendo una
lampada a petrolio, simbolo della regressione alla quale la guerra inevitabilmente conduce.

In questo dipinto, preceduto da almeno una cinquantina di schizzi e bozzetti preparatori, Picasso riesce mirabilmente a superare e
fondere Cubismo analitico e Cubismo sintetico.

Tutto è movimento, convulsione, dramma.

Quelle bocche digrignate rivolte al cielo urlano dolore e vendetta e il brusco alternarsi di luci (bianco) e ombre (nero e l’intera
gamma dei grigio-azzurri) sottolinea il sinistro susseguirsi delle esplosioni, il caotico spargersi della polvere e delle macerie e
l’improvviso divampare degli incendi.

In questo rendere udibile, attraverso i soli strumenti della pittura, il rombo della guerra e le grida delle vittime innocenti stanno
tutto il carattere e la grandezza del Picasso maturo, che non esita a schierarsi con la democrazia e la civiltà, contro ogni forma di
-

fascismo e di dittatura.

E ancora una volta torna straordinariamente at tuale l’insegnamento di Francisco Goya, verso il quale l’artista andaluso non ha
mai cessato di sentirsi intimamente debitore: «Il sonno della ragione genera mostri».

Un ultima opera a carattere civile di Picasso, riguarda la fucilazione


in Corea che richiama l’opera di Goya “la fucilazione del 3 maggio
1908”.
FUTURISMO
S
Il Futurismo è un movimento artistico, letterario e politico, nato ufficialmente a Parigi il 20 febbraio 1909 con la
pubblicazione in francese sulle pagine del quotidiano «Le Figaro» – a firma di Filippo Tommaso Marinetti, giovane ma
molto attivo, poeta italiano – del Manifesto del Futurismo una lunga e articolata dichiarazione d’intenti che descrive una
nuova idea artistica.

- Con il futurismo abbiamo un movimento italiano, che appunto, non parlerà solo di arte, con esso abbiamo un nuovo
modo di vivere la propria vita.

-
Nasce nel 1909, quando in Italia arriva l’industrializzazione.
Si nota che il mondo alla fine dell’ottocento è cambiato, dato anche dal fatto che abbiamo la luce elettrica, le produzioni
industriali e i collegamenti e mezzo di spostamento nuovi.

-
I futuristi sono interventisti e vedono la guerra come un qualcosa che libera e purifica il mondo attraverso il suo
esistere.
Quindi lo scontro, la cosiddetta polemos, è vista come «sola igiene del mondo».
Viene teorizzato anche il ricorso alla violenza.
Un’idea condivisa da un’intera generazione di artisti europei, i quali, in vario modo, crederanno di trovare nella guerra
la realizzazione del radicale rinnovamento da essi auspicato.

-
Sono aggressivi e molti di loro sono associati all’interventismo e anche al fascismo di Mussolini.

- Affermiamo che i futuristi sono molto violenti e convinti del loro.


Inoltre si può dire che prendono le cose molto sul personale:
C’era stato un episodio nel quale avevano ricevuto una recensione negativa di una mostra futurista e addirittura si erano recati a
Firenze dal recensore che l’aveva scritta ed erano ricorsi alla violenza.

- I futuristi poi hanno anche l’idea legata al fatto di rompere i rapporti con il passato.
Infatti il movimento è favorevole alla distruzione dei musei, delle biblioteche e delle accademie: quindi tutto ciò che era
trasmissione del sapere antico.

- Dicono anche che l’uomo di quegli anni è diverso da quello del passato, che è migliore perché riesce a governare il mondo in
maniera nuova grazie alla scienza e alla tecnica (pieno positivismo).

-
Disprezzano ogni tipo di imitazione, quindi l’arte non deve più imitare ciò che vede, ma creare un linguaggio nuovo.

-
Si esalta ogni forma di originalità, anche se temeraria o violentissima.

-
Spazzare via tutti i motivi, i temi e i soggetti già utilizzati.
-
Magnificare la vita odierna, trasformata ora dalla scienza.

Il grande tema del futurismo è la velocità, vivere la vita in maniera moderna, rapida.

Dobbiamo pensare in maniera nuova perché siamo in un mondo nuovo.

Il mondo di questo periodo è opposto al mondo non dinamico di prima.


I
Temerarietà;
Audacia;
Ribellione;
Queste sono alcune delle parole chiave con cui il Futurismo irrompe sulla scena artistica.
Movimento aggressivo;
Velocità;
Lotta.

Il futurismo sembra che neghi tutto, Riprendono alcuni elementi contemporanei e antichi, ma
ma non è così. rimuovono qualunque tipo di regola.

Vogliono fondare delle regola nuove che si Una delle poesie più importanti di Marinetti prende il nome di
adattino al mondo nuovo. Zang Tumb Tumb, che richiama i suoni delle macchine e del
mondo industriale.

Nel campo letterario vediamo che sono per l’abolizione


della sintassi libera e la punteggiatura.

Viene eliminato il linguaggio vecchio perché rappresenta il passato mentre


quello nuovo deve rappresentare il mondo del futuro.

Vediamo un progresso in quello che chiamiamo design editoriale, nell’impaginazione e nelle grafiche.
Ad esempio le poesie diventano dei calligrammi dove vediamo immagini, disegni e parole.

Non possiamo rifiutare il passato perché non avremmo da dove partire e dobbiamo trovare un compromesso tra il rinnovarsi e
la capacità del sistema in cui si vive di effettuarlo.

Uno dei principali temi intorno al quale si svolge non solo il Manifesto, ma l’intera esperienza futurista è quello
dell’affermarsi della tecnica che sta ogni giorno trasformando la realtà.

Obsolescenza programmata: quando qualcosa è progettata per funzionare per un determinato periodo di tempo.
Sono elementi che sono praticamente programmati per morire.

I futuristi pensano che il mondo dovrebbe sempre rinnovarsi, cambiare le cose per migliorarsi.

Ad esempio pensano che le città dovrebbero rinnovarsi tutte ogni


vent’anni; dovrebbero quindi essere rase al suolo le città vecchie per
erigerne delle nuove.
Sarebbe un circolo vizioso.
N
I futuristi quindi si impegnano anche negli altri ambiti, quali per esempio la moda.

Hanno il loro modo di concepirla e inventano delle cose mia viste prima.
Un esempio può essere la tuta che noi conosciamo, il pezzo unico di vestiario.
-

Gli uomini e le donne prima di quel momento avevano abiti che impedivano di compiere movimenti liberi, tanto che ogni tipo
di azione poteva risultare scomoda (gli abiti erano infatti erano seri e rigidi).
Con il futurismo questo cambia, perché sempre ricollegandoci al tema principale del movimento, si dice che anche gli abiti
devono permettere all’uomo di essere veloce e rapido.
x
=
Un altra innovazione che introducono sempre in questo campo, è l’inserimento dei colori.
Non sono però le solite colorazioni, ma introducono i colori più variegati.
Questo sempre per richiamare il fatto che usando dei colori neutri, si richiama la staticità che è il contrario di ciò che vuole
esprimere il movimento; infatti con tutti questi nuovi colori otteniamo degli abiti dinamici.

A
Un altro campo in cui troviamo i futuristi, è la cucina.

Essendo loro legati alla velocità, alla leggerezza e al dinamismo scriveranno un manifesto contro la pasta asciutta perché è un
pasto che rende statici e pesanti.

Creeranno addirittura dei piatti che secondo loro rispettavano i loro ideali; inoltre creeranno un cocktail, che prenderà il nome di
“Le polibibite”, nome autarchico italiano in sostituzione dell'anglofono cocktail (rifiuto di tutto ciò che viene da fuori e non è
italiano).

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Inoltre nasce l’utilizzo della stampa e della pubblicità dei mezzi di comunicazione di massa

Avremmo le grafiche di Fortunato Depero, uno dei futuristi di seconda generazione realizzata per il liquore strega o riviste
come quella di Vanity Fair o del Campari.

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La musica riproduce tutti quei suoni tipici dell’Italia industrializzata del 900.
Non suono suoni gradevoli, ma esaltano gli elementi nuovi del tempo.

Ogni campo dell’esistenza viene colonizzata dai futuristi e dalle loro proposte.

Vogliono cambiare ogni aspetto della vita umana e per questo creeranno dei manifesti, cioè delle dichiarazioni di
intenti, che riguardano ogni parte.
Elemento centrale di questa trasformazione tecnologica è la macchina, in tutte le sue varie e mutevoli manifestazioni.

La macchina possiede alcune caratteristiche straordinarie e inedite:

il movimento; Per loro la macchina era più


la forza; bella della cultura classica.
la velocità;
la regolarità;
la precisione;
la capacità di svolgere un lavoro;
di trasformare la materia;
di muovere le cose;
di produrre gli oggetti.

La macchina è la forza occulta che ha generato la nuova società, l’uomo nuovo, in una parola la modernità.

La macchina trova la sua manifestazione più visibile e seducente nell’automobile con il suo suono roboante e la sua
inebriante velocità.

Il “mito della macchina”, come oggetto non solo concreto ma anche ideale, nuovo paradigma della creatività, della forza,
dell’efficienza, accompagnerà il Futurismo anche nei suoi molteplici sviluppi successivi.
GIACOMO BALLA

Giacomo Balla è un pittore DIVISIONISTA.

Tutti i pittori futuristi sono divisionisti, perché credono nella scienza come salvezza del mondo.

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Il primo motivo per il quale scelgono il divisionismo è perché è l’unica forma di pittura scientifica, basato
sugli studi dell’ottica e della chimica.

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Secondo motivo per il quale si servono del divisionismo è perché i futuristi sono ossessionati dal
rappresentare il movimento del nuovo mondo dinamico.

Se vediamo un oggetto passare davanti a noi a una certa velocità non vediamo l’oggetto fisico, ma
abbiamo la percezione di una scia, di un qualcosa che praticamente si fonde con l’ambiente fermo.
L’oggetto si scompone nella luce e quindi la pittura migliore per rappresentare un elemento che si
divide è il cubismo, che divide i colori e la luce nella sua rappresentazione.

Lampada ad arco 1909-1911

Prima di tutto vediamo che è una luce esterna e non una da interni.

L’ambiente rappresenta un paesaggio notturno, tanto che abbiamo la luce


elettrica, che permette quindi di illuminare le strade e di permettere alle
persone di non circolare nella città solamente durante la mattinata (quindi di
avere una seconda vita).

Gli elementi dell’opera sono la luce artificiale della lampada e la luce


naturale della luna.

Tra le due emana più luce quella della lampada; per i futuristi questa è la
rappresentazione del fatto che l’uomo sconfigge la natura perché appunto la
lampada elettrica è più potente della seconda.

Questa è una posizione antiromantica.

I futuristi sostenevano che fosse necessario assassinare il chiaro di luna.


Diciamo che i romantici erano ossessionati da rappresentare la natura e la contemplazione del cosiddetto chiaro di luna, cioè
della luce lunare (questo rappresentava praticamente alla fine della vita, l’oscurità, ma anche la contemplazione della natura a
cui l’uomo era subordinato).

I futuristi sono antiromantici, perché il romanticismo subordina l’uomo alla natura e dice che l’uomo è più piccolo di essa e
anche che bisognava contemplare la natura.

MA i futuristi vogliono essere superiori alle forze naturali e quindi vogliono appunto eliminare il chiaro di luna.

Per questo l’opera di Balla è il manifesto in questi termini, perché vuole essere proprio l’eliminazione del chiaro di luna.
L’adesione di Balla alle tematiche futuriste avviene con una serie di dipinti dedicati al dinamismo.
Si tratta di opere di totale novità che risentono delle contemporanee ricerche sull’immagine fotografica del movimento e delle
prime sperimentazioni cinematografiche.

Come in una sequenza di fotogrammi, Balla fissa sulla tela le singole fasi – impercettibili all’occhio umano – di cui si compone
un movimento.

Dinamismo di un cane al guinzaglio 1912


Buffalo, Albright-Knox Art Gallery

Questo processo è chiaramente visibile in quest’opera, definito il «primo


studio analitico delle cose in movimento», dall’artista stesso.

Le figure e gli oggetti riconoscibili nel dipinto sono un cane bassotto, il suo
guinzaglio e i piedi di una figura femminile, plausibilmente la padrona.

È un soggetto che poteva tranquillamente essere catturato centinaia di anni


prima, ma quello che cambia è il come viene rappresentato.

Come abbiamo già detto, ai futuristi interessa il movimento della scena e del
soggetto.

Per i futuristi lo spazio tempo si frammenta in immagini in sequenza, quindi c’è frammentazione dell’immagine come nella
fotografia.

Balla essendo figlio di un fotografo, lavora in questo senso con la cromo fotografia, perché tutti e tre gli elementi appaiono
moltiplicati, nella posizione che essi assumono istante per istante, fino a diventare delle pure vibrazioni. Il bassotto appare
avere cinque orecchie e tantissime zampe davanti e dietro, mentre la coda è praticamente un mulinello.
Il guinzaglio è descritto fissando quattro posizioni successive del suo ondulato movimento, fra loro raccordate da una sottile
ragnatela di morbide curve d’argento che suggeriscono la scia del movimento stesso.
È forse l’elemento che rappresenta meglio l’idea del movimento.

Questo dipinto segna il punto di partenza per una serie di sperimentazioni successive nelle quali Balla abbandona
progressivamente ogni residuo figurativo per adottare un linguaggio sempre più astratto

Nelle opere di Balla le immagini quando si muovono si deformano.

Vengono utilizzare le cosiddette le linee di forza, che sono quelle linee che indicano che tipo di postura e di struttura può avere
quell’oggetto, per capirci quelle linee che indicano lo scheletro o il movimento di quell’oggetto.
Ragazza che corre sul balcone 1912
Milano al museo del 900.

Questo è un altro esperimento pittorico sulla scomposizione del movimento.


Anche qui conta il come è dipinta l’opera, il come ritratta e il perché della rappresentazione, non tanto il soggetto.

Non troviamo elementi meccanici, ma abbiamo un balcone rappresentato tramite delle linee fisse, che costituiscono la
griglia del terrazzo su cui questa bambina, figlia di Balla, sta correndo.

Anche qui l’artista sovrappone a una tecnica divisionista, dove il colore acquista le dimensioni della macchia, le
immagini tratte dalle sperimentazioni fotografiche in cui la continuità del movimento viene scomposta e fissata in
successive immagini.

L’accostamento di questa sorta di singoli “fotogrammi” rimanda a una visione sospesa tra figura e astrazione, dove
sono in parte riconoscibili le forme della fanciulla, le scarpe che si susseguono, la gamba, la testa, mentre le macchie
di colore, nel prevalente tono celeste, tendono a fondersi in un’unica visione astratta.

Ogni oggetto, in sé definito e stabile, acquista – attraverso il movimento e il dinamismo – un’altra dimensione,
un’altra parvenza, elevandosi verso un altrove che è la vita nei suoi emozionanti, infiniti aspetti.

Decide di rappresentare il movimento dei piedi della bambina, ma anche l’andamento delle braccia e della testa.

Inoltre non abbiamo delle pennellate fatte di filamenti, ma di quadrati come se fosse un mosaico.

⑦ ⑦

d CON BALLA È IMPORTANTE CAPIRE IL PERCHÉ AVVENGONO CERTE


-
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RAPPRESENTAZIONI, PIÙ CHE LA DESCRIZIONE E IL SOGGETTO DELL’OPERA.

! BISOGNA GUARDARE LA TECNICA.

- -
Velocità astratta + rumore 1912
Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

Balla cerca di affrontare un tema più industriale.

Il tema del dipinto è la rappresentazione della caotica moltitudine


del traffico nella metropoli moderna; infatti la prima cosa che salta
all’occhio è la confusione e un paesaggio sullo sfondo.

Si vede poi una linea bianca che rappresenterebbe una strada.


-

L’intento dell’artista è quello di provare a rappresentare un soggetto


in movimento e di rappresentare l’impressione che si ha quando
passa davanti a un paesaggio una macchina rossa.

Nasce un problema perché comunque ci sono delle cose nella rappresentazione che un essere umano a occhio nudo non può
cogliere, anche perché si vuole praticamente riprodurre la sensazione del rumore che aveva la macchina a quei tempi, che
produceva un rumore importante.

Quindi i futuristi decidono di mischiare le diverse percezioni; nell’opera ci sono delle svastiche blu, che rappresenterebbero la
scia luminosa della macchina o comunque le vibrazioni luminose; notiamo anche delle spaccature blu, che dovrebbero
rappresentare il passaggio uditivo; mentre le parti rosse, che sono le parti della macchina che sfrecciano davanti al soggetto che
guarda la scena, cercano di rappresentare qualcosa di non coglibile, ma comunque si cerca di dare quella sensazione di
movimento.

Balla polverizza la riconoscibilità del soggetto (probabilmente una via cittadina molto trafficata), riducendo linee e superfici a
semplici indicatori di movimento.

Il vivace cromatismo dalle pure forme astratte, infine, contribuisce a portare l’osservatore – nello spirito della sinestesia – nel
centro vorticoso del chiasso urbano.

Compenetrazione iridescente n. 7 1912

Balla realizza delle immagini completamente astratte.


Non hanno nessun soggetto riconoscibile.

Tra la fine del 1912 e il 1914, si dedica a un’altra serie di sperimentazioni, un ciclo di dipinti dedicati allo studio della
scomposizione della luce e denominati compenetrazioni iridescenti.

Balla si spinge oltre la scomposizione del movimento, giungendo alla scomposizione


della luce stessa nei suoi colori fondamentali, quelli dell’iride.
In queste tavole, colori a forma di cristalli luminosi si dispongono geometricamente
e trapassano, visivamente, l’uno nell’altro.

Cerca di rappresentare la luce, perché per lui è il soggetto principale perché è ciò che ci permette di vedere.

Si dedica a recuperare la luce pura, non nei soggetti, ma proprio come soggetto lei stessa e cerca di rappresentarla
tramite delle rifrazioni di prismi.

Utilizza delle lenti e particolari che modificano l’aspetto della luce.

Nascono una serie di opere, sempre olio su tela, che cercano di rappresentare il passaggio della luce e di tonalità.

Sono opere che non hanno un soggetto riconoscibile, ma che


sono rappresentazioni pure della luce.
Umberto Boccioni
È più giovane di 11 anni di Giacomo Balla e sarà il suo allievo, visto che frequenterà il suo studio.

È il più importante tra gli artisti del futurismo e muore nel 1916 durante la guerra mondiale; Boccioni era un
interventista ed era partito volontario durante la prima guerra mondiale, ma morirà durante quest’ultima
plausibilmente per una caduta da cavallo.

I cavalli sono un soggetto che rappresenta molto spesso perché ne è affascinato.

Ha una base tecnica molto strutturata.

Disegno in controluce:
Il disegno era molto difficile perché è stato fatto con i mezzi toni, ossia
i colori che non sono né troppo scuri né troppo chiari e quindi è
difficile rappresentare un’immagine tridimensionale in questo modo.

La madre viene rappresentata molto spesso.

La mamma viene ritratta con una tecnica divisionista, immagine molto


tridimensionale.
I colori tra l’altro non sono reali, ma complementari.

Da lontano l’immagine acquista senso, volume e colore, mentre da vicino ne ha


un altro che non è quello reale.
La città che sale 1910
Museum of modern art

L’opera inizialmente si doveva chiamare “il lavoro”, poi prenderà il


nome di “la città che sale”.

Con questo nome, si vuole simboleggiare il fatto che la città attua un


rinnovamento quando abbiamo i cantieri, elemento molto importante
per i futuristi.
Notiamo infatti sullo sfondo ponteggi, strutture e mattoni che sono
simbolo di rinnovamento (la città si sta costruendo un quel
momento).

Una delle prime cose che saltano all’occhio sono i colori vivacissimi

·
dell’opera; ovviamente non sono realistici, ma l’artista vuole dare
dinamicità e forza visiva e quindi decide di usare un colore che altera
la realtà, un colore vivo dinamico e forte.

Sembra ricollegandoci al fatto che l’arte non deve essere


un’imitazione, ma qualcosa di innovativo.

Un’altra cosa che magari dall’immagine non può essere percepita e


la dimensione del quadro, che arriva a raggiungere i 2 m x 3 m

Il protagonista di questa scena di lavoro sono i cavalli, che appunto sono uno di quei soggetti che all’artista interessava di più.
Abbiamo un turbinoso affollarsi di questi animali e di uomini.
Lo scenario è dunque quello della periferia urbana in espansione, con ciminiere fumanti e tram elettrici.

Nello sfondo infatti vediamo un simbolo del progresso elettrico, dato che è rappresentato un tram collegato al sistema elettrico;
invece le ciminiere fumanti rappresentano il simbolo del progresso industriale e il fatto che la città sia viva e dinamica.

In un primo momento lo sguardo viene attratto e quasi assorbito


dall’intensità dei colori e solo successivamente anche le forme, pur prive di
contorni riconoscibili e fuse le une con le altre, emergono dall’insieme.

Cavalli, uomini, mezzi, azioni, tutto sembra unificarsi percettivamente.

È un’opera che appare sicuramente confusionaria, dato anche dal fatto dei
colori utilizzati, ma sopratutto perché abbiamo la compenetrazione dei
piani, quindi vediamo i piani che si iniziano a fondersi e a confondersi.

Lo spostamento dei materiali nei cantieri avviene tramite i cavalli, ecco perché si sceglie questa rappresentazione;,
mentre gli uomini coprono tutti gli altri punti e si nota che cercano di condurre, a fatica, gli animali da tiro.

La lettura del dipinto richiede un tempo lungo di perlustrazione, muovendosi tra forme centrali in primo piano a quelle più
lontane, in uno scambio tra percezione cromatica, quindi puramente emotiva, e interpretazione razionale.
Questo rende la scena estesa e prolungata, restituendo all’osservatore un senso di durata nel tempo.
La grande profondità di campo, prodotta dalla forte differenza tra oggetti e personaggi vicini e altri molto lontani, oltre ad
aggiungere densità alla visione, agisce nei confronti del punto di vista dell’osservatore stabilendo la sua posizione nello spazio
e collocandolo vicino agli avvenimenti descritti.

Un tentativo riuscito di realizzare quel principio di «portare l’osservatore al centro del quadro» che Boccioni considera
essenziale nella pittura futurista.
Stati d’animo

Il critico, innanzitutto, sarebbe un insieme di tre opere che fanno parte di un’unica opera.

In essa l’artista analizza uno stesso evento – in pratica della gente che si saluta alla stazione – nei suoi diversi risvolti
emotivi, che corrispondono ad altrettanti «stati d’animo».

Boccioni di questo critico ne fa due versioni, una iniziale 1911 (museo del 900) e poi l’altra 1911-1912 (MOMA); una
precedente all’incontro con i pittori cubisti e l’altra successiva.
-

In entrambe le versioni, pur se in forme diverse, sono presenti gli elementi essenziali della pittura di Boccioni.

Abbiamo la concezione della pittura come espressione di sensazioni che devono «apparire sulla tela con la forza chiassosa
di fanfare assordanti e trionfali».
In secondo luogo la riaffermazione della tecnica divisionista, tanto che, secondo l’artista, «non può sussistere pittura senza
divisionismo», in quanto «il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi».

L’opera consiste in un ciclo di tre dipinti:


A. Stati d’animo: Gli addii;
B. Stati d’animo: Quelli che vanno;
C. Stati d’animo: Quelli che restano.

Ciò che viene rappresentato è l’emotività di una dinamica nuova, in modo quasi industriale.
A. Questo perché la scena è ambientata in una stazione dei treni, dove nella prima parte vediamo appunto l’addio, quindi due
persone che si salutano.
B. Nella seconda parte invece vediamo che uno dei due sale sul treno e quindi parte.
C. Nell’ultima parte vediamo invece quello che appunto resta, quindi la persona che resta alla stazione e che poi tornerà a casa
da solo, rattristito.

Nella prima versione degli Addii, il primo dipinto della serie, balza
infatti immediatamente agli occhi come la tecnica della
A scomposizione divisionista sia portata ai limiti estremi delle sue
possibilità.
Abbiamo una confusione visiva notevole, anche perché l’artista
immagina una banchina di un treno vista dall’altro, ma la scena
sembra quasi richiamare un mare in tempesta.
Le linee di colore lasciano intravedere figure appena delineate, non
più persone sulla banchina di una stazione ma ombre scure, nell’atto
di abbracciarsi (il saluto prima della partenza).
Così ripetuto, il movimento sembra espandersi nello spazio e
coinvolgere l’osservatore stesso del dipinto, risvegliando in lui il
ricordo di questa esperienza.

A Boccioni interessa più che altro rappresentare gli stati d’animo in


un contesto moderno, mentre magari a un artista come Balla, ciò non
interessava.
Quindi Boccioni rispetto a Balla è più espressionista.
A

La seconda versione invece risente molto dell’esperienza cubista.

Nell’espandersi dinamico dei volumi, figure sfaccettate, lontane da qualsiasi


naturalismo, ripetono il gesto dell’abbraccio moltiplicandolo nello spazio.

Al centro del dipinto emerge il profilo di una locomotiva a vapore.


Come in un insieme di tanti dettagli fotografici, si individuano il volume
tondeggiante della caldaia e anche il fumo che sale diventando un gioco quasi
astratto di colori o, ancora, il numero di serie della macchina, posto sulla
fiancata opposta della cabina di guida, e infine il fanale posteriore rosso, al
centro.
In basso si percepisce l’andamento dei binari, mentre sullo sfondo un traliccio
allude alla futura elettrificazione delle linee, simbolo di progresso.
Massa scomposta e dinamica.
Il complesso insieme affiora tra l’assieparsi di numerosi altri piani e linee,
La scena ritrae tante coppie che si assumendo proporzioni tanto irreali come solo nella memoria può accadere.
stanno abbracciando.

B B

Quanto riguarda quelli che restano, in entrambe le versioni, sembra che le linee trafiggano la scena.
Il verso di queste linee richiama la dinamicità diagonale di quando le persone stanno partendo.
Nella seconda versione i passeggeri vengono rappresentati mentre stanno dormendo sul treno e si compenetrano con quello che
c’è fuori dal finestrino.

C [

Nell’ultima opera le persone sono afflitte appunto perché hanno lasciato l’altra è sembra quasi che si incamminino
verso la propria casa, ormai soli e tristi.

Usa delle linee verticali, per dare un senso di staticità.

La prima versione delle opere è difficile da leggere, in quanto ci sono pochi appigli reali.

La seconda versione sarà un po’ più leggibile, perché Boccioni e i futuristi andranno per qualche periodo a Parigi e
osserveranno le opere di Braque e Picasso, quindi diciamo che le sue rappresentazioni risentiranno moltissimo
dell’influsso dei cubisti.
Forme uniche della continuità nello spazio (opera originale 1913)

Simultaneità, sintesi tra visione ottica e visione mentale, scomposizione ed espansione delle forme nello spazio circostante
sono tra i principi che Boccioni tenta di trasporre anche nella scultura, a partire dal 1912, anno in cui pubblica il Manifesto
tecnico della scultura futurista.

Quest’opera è il massimo esempio di questa ricerca di rinnovamento del linguaggio plastico.

È famosa per essere nella monetina da 20 centesimi.

La scultura originale è datata 1913.


Si parla di “originale” perché la scultura è una fusione in bronzo, e quando si fanno si possono fare ovviamente diversi
esemplari.

Bisogna sempre partire da un’originale,


che può essere fatta in gesso o in argilla.
L’originale è in gesso e si trova a san Paolo in Brasile.

Quella in bronzo si trova al museo del 900 di Milano, ma c’è ne sono varie sparse per il mondo.

Sono tutte uguali, ma fatte 40 anni


dopo l’originale, nel 1953.

L’opera rappresenta una possente figura umana che incede a grandi passi.

Vediamo un corpo che si dilata e si espande nello spazio attraverso curvature.


Praticamente Boccioni cerca di immaginare come un corpo potrebbe dilatarsi quando solca lo spazio.
La figura si amplia così oltre i suoi stessi limiti volumetrici per fondersi con l’ambiente circostante e la sensazione che ne deriva è
di vibrante dinamicità.

Mancano il volto (schematizzato) e le braccia, quest’ultima particolarità si pensa che si riferisca alla Nike di Samotracia (che
appunto rappresenta un momento dinamico).

La forma rappresenta il puro movimento.

Il suo profilo segue linee frammentate e irregolari, che si protendono e sembrano fluttuare, come scie solidificatesi nello spazio.

Per Boccioni, infatti, le nuove finalità della scultura futurista non sono più la verosimiglianza o la riproduzione di sembianze
riconoscibili.
Essa deve piuttosto fondarsi sulla propria, autonoma tridimensionalità, in un incessante svolgersi nello spazio di forze e di forme.

Per queste ragioni Boccioni ha segnato in modo indelebile la propria presenza artistica nel contesto della fase iniziale del
Futurismo, la più tumultuosa e ricca di esperienze di rottura e di contestazione nei confronti delle tradizioni.

Cerca di cogliere lo spirito dinamico, sia in scultura sia in pittura.


Boccioni è l’unico futurista che fa anche scultura ed è ovviamente più complicato rappresentare il movimento in un
mezzo così statico.
La scultura è comunque ciò che di statico c’è per eccellenza, visto che abbiamo un blocco unico; cercare di rappresentare
il movimento in un mezzo così statico era una sfida.

Boccioni cerca di fare l’opposto di Balla (che usava il divisionismo, con le immagini che si spezzettano), ossia dice che il
movimento deve coinvolgere sia il soggetto sia lo spazio in cui si muove.

Boccioni è uno dei primi che dice che il vuoto non esiste ma che tutto è materia, anche l’aria:
bisogna quindi rappresentare le dinamiche di movimento dell’oggetto nello spazio.
Quindi quando lo attraversiamo, dobbiamo rappresentare le dinamiche tra i due elementi detti prima.

Boccioni fa una sintesi, cioè unisce i due elementi e li fonde.


Cerca di creare il continuo sintetico, che è l’esatto contrario dello spezzettamento delle immagini che compie Balla,
dilatato nello spazio.
Boccioni afferma che ogni corpo, dinamico o statico, fosse animato da quelle che sono le linee di forze.

Dinamismo di un footballer 1913

Nel corso del 1913 Boccioni sviluppa la propria ricerca pittorica incentrata sul principio guida del dinamismo.

Il dinamismo e simultaneità di movimento, espresso attraverso linee forza che colgono la simultaneità delle forze
contrapposte, così come quella che lega l’insieme unitario formato da oggetto + ambiente + atmosfera.

A dare più espressione a tutto questo è anche quella che Boccioni definisce “simultaneità complementare di
colore + forma + chiaroscuro“, al fine di raggiungere una sorta di rappresentazione globale, capace di
coinvolgere ricordi, sensazioni e movimenti.

La figura rappresentata è quella del calciatore in azione, che sembra


esprimere l’esalazione della sua stessa anima, colta nel momento in
-

cui esce dal corpo per mescolarsi all’universo che lo circonda.

Dal punto di vista tecnico il dinamismo si esprime tramite tracce


visive che sovrappongono e si compenetrano, sottolineate dalle
vibrazioni cromatiche e dei chiaroscuri che accentuano la profondità
tridimensionale dell’immagine.

In quest’opera è rappresentato un evento dinamico.

Il dipinto richiede sia un esercizio di riconoscimento di luoghi e


forme già note, ma soprattutto l’apprezzamento di un’esperienza
emotiva intensa, come percezione dello spirito del mondo.
Antonio Sant’Elia
Il contributo di Sant’Elia al Futurismo è costituito da un ampio gruppo di disegni e schizzi dai tratti netti e vigorosi, di
intensa forza espressiva, che prefigurano l’architettura di una metropoli moderna proiettata nel futuro; a ciò
contribuiscono soprattutto l’originalità delle sue idee progettuali

Architetto che non ha mai costruiti nulla di ciò che ha ideato, sia perché muore a 28 anni durante la guerra e sia perché i suoi
progetti erano molto arditi, almeno per i tempi.

Di alcuni progetti aveva fatto dei progetti effettivi, con tanto di misure, mentre per altri era solamente un progetto astratto.

Progetta elementi in cui la città diventa un corpo dinamico; era come una via di transito del movimento.

La città doveva essere ricostruita ogni 20 anni, proprio perché tramite ciò, avveniva un
rinnovamento; praticamente i futuristi pensavano a un circolo vizioso che considerasse il
“demolire” seguito dal “ricostruire”.

i Preferiscono i cantieri perché erano simbolo di movimento, mentre la città finita era un
simbolo che rappresentava la staticità.

Le città poi erano viste come quel qualcosa che era percorsa da questo sistema che
permetteva alle persone di andare verso ogni meta che loro volessero.

.
⑧ Sant’Elia ha ispirato soprattutto diversi film di fantascienza, uno dei primi si chiama
Metropolis.

s Non ha mai costruito niente dei suoi progetti, vedremo delle proposte che hanno influenzato il futuro ma appunto non
furono realizzati.

s Tutti i suoi progetti hanno lo stesso messaggio, che è “la modernità sta arrivando”.
1914
Matita e inchiostri e acquarello su carta
La centrale elettrica Milano, collezione Paride Accetti

La centrale rappresenta il simbolo più innovativo della tecnica moderna.


In un certo senso, è la nuova cattedrale del futuro e testimonia la prodigiosa apparizione della potenza della macchina.

L’opera esalta gli elementi industriali e ci sono degli elementi che danno comunque della dinamicità al disegno.

Inoltre, per dare l’idea della maestosità, è utilizzare una linea d’orizzonte molto bassa.

La nota dominante è costituita da un austero monumentalismo.


S Possenti volumi proiettati verso l’alto sono sormontati da tre incombenti ciminiere.
S In basso, essi sono delimitati da una serie di robusti contrafforti che sembrano opporsi allo spazio circostante come
le mura di una fortezza.
S Manca ogni accenno di decorazione e le superfici sono quasi del tutto prive di aperture.

La compattezza dei singoli elementi e la loro articolata costruzione, comunque, tendono a conferire al possente
insieme della centrale una maggiore e più coerente forza espressiva.

Alle spalle della struttura principale sono collocati i tubi che portano l’acqua alle turbine.
Il loro precipitare dall’alto verso il basso introduce una forte componente dinamica
nell’immagine.

Un dinamismo che viene ulteriormente rafforzato dai fasci di cavi elettrici ad alta tensione
che attraversano l’immagine in varie direzioni.
In tal modo essi suggeriscono altre direzionalità verso lo spazio circostante, sottolineando
simbolicamente lo scaturire dell’elettricità.

Anche i profili dei muraglioni che circondano l’edificio contribuiscono a questo effetto di
movimento.

L’esito finale è quello di un’architettura inedita sia nelle forme sia nella funzione sia nei suoi stessi meccanismi compositivi.
Essa, infatti, si propone come la suggestiva rappresentazione di una nuova e affascinante civiltà industriale.

.
Stazione d’aeroplani e treni ferroviari con funicolari ed 1914
ascensori, su tre piani stradali

L’architetto concepisce una pista di atterraggio collegata a una sottostante stazione


ferroviaria mediante sette funicolari e quattro blocchi verticali di ascensori, formati da
torri in acciaio e vetro.

Il disegno della stazione di aerei, immaginava come se ogni persona avesse un aereo e
potesse parcheggiarlo, arrivando subito alla ferrovia tramite gli ascensori
1914
La città nuova Matita, inchiostro e acquarello

La città nuova è la proposta futurista per creare una città


innovativa.

Il tema è quello di una metropoli avveniristica costituita


da complessi architettonici formati da un insieme
integrato di edifici residenziali e infrastrutture, cioè
l’insieme di tutte le strade, gli impianti e i servizi
necessari alle esigenze della vita urbana.

Invece del singolo edificio, Sant’Elia propone in questo


caso un’architettura a scala urbana.

Si tratta di un’inedita dimensione progettuale per dare


espressione a una nuova idea di città, grande, moderna,
tecnologica. La Città nuova, ha dato origine al movimento architettonico del
“brutalismo”, è la costruzione di grandi strutture, possenti e
imponenti, fatte con il cemento armato a vista.
Danno un senso di squallore, di non terminato, dato dall’unico
colore del cemento.

(Le Corbusier ha creato “la città radiosa”, una struttura di 17


piani brutalista).

La nota emergente è un’accentuata enfasi monumentalistica e un forte senso di profondità della composizione, che si espande lungo
diverse direttrici.

Ampie superfici vetrate e tondeggianti volumi tecnici sulla sommità incrementano l’intensa spinta verticale che imprime grande
dinamismo all’intera visione.

L’innovazione sta nella verticalità degli edifici residenziali, perché prima si sviluppavano su 2/3 livelli (dove i piani più ambiti
erano il piano terra e il primo piano, perché poi si stava in basso, più si era importanti).

Si genera una compenetrazione di elementi strutturali orientati lungo diverse direzioni, ma governati da un forte equilibrio
dinamico.

a Invece adesso è tutto il contrario perché lo sviluppo degli edifici


Per i futuristi la città è un meccanismo dinamico e cambia.
deve garantire il flusso di persone; immaginavano le
città invase da mezzi di trasporto, una continua Ad esempio negli attici i più desiderati sono i piani in alto, per
distruzione e costruzione di edifici sempre più nuovi, potersi allontanare dall’inquinamento acustico e luminoso.
per adeguarsi ai tempi nuovi. Tutto questo grazie all’invenzione dell’ascensore,

Inoltre è tipico il fatto che non siano presenti Nel 1870, con l’incendio del Loop, il cosiddetto centro storico di
ornamenti nelle strutture futuriste. Chicago, e la distruzione di numerose abitazioni si decise di
costruirle in verticale, si iniziano a erigere i primi grattacieli.

Sant’Elia arriva, dunque, a individuare un nuovo organismo urbano.


La morfologia di tale organismo viene determinata da un avveniristico processo di integrazione tra l’architettura e il sistema
delle infrastrutture stradali e dei trasporti.
In questo modo, Sant’Elia realizza una sintesi tra architettura e urbanistica.

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