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Munch
1. Espressionismo -
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Die Brücke
↓
Kokoshka
L’Espressionismo, inteso come proiezione immediata di sentimenti e stati d’animo soggettivi, presenta per sua natura
contenuti sociali, spunti dialettici, drammatiche testimonianze della realtà; la realtà tedesca dei primi anni del secolo è realtà
amara di guerra, di contraddizioni politiche, di perdita di valori ideali, di aspra lotta di classe: proprio questi sono i temi più
dolorosamente cari agli artisti espressionisti.
Nella realizzazione sono stati banditi tutti gli illusori artifici della prospettiva e del chiaroscuro.
L’Espressionismo tedesco tende a togliere al mondo ogni sua realtà oggettiva per trasferirla direttamente nella sfera del
personale.
Se le motivazioni dell’Espressionismo sono contemporanee, i mezzi tecnici per dare loro forma hanno però origini antiche.
Il gruppo dei Fauves sorto come movimento definito e unitario, si riconosceva in alcuni punti, comuni convinzioni anche
dell’espressionismo:
. Bisogna dipingere rispetto a ciò che sentiamo interiormente e non secondo l’impressione.
. Bisogna prima di tutto fare esperienza prima di realizzare e rappresentare, dopo averle fatte proprie.
. Visto che si devono esprimere le emozioni, la pittura deve essere veloce e immediata.
. Il dipinto va costruito attraverso superfici intensamente colorate che esprimono il senso della luce.
. Il colore va svincolato dalla realtà, quindi dobbiamo utilizzare il colore più bello che abbiamo, non dobbiamo copiare ciò che
vediamo con i nostri occhi
EDVARD MUNCH
È un’artista norvegese.
La Norvegia è un paese con complicate condizioni meteorologiche, date dal fatto che vi sono 6 mesi di luce e 6 mesi ininterrotti
di buio.
Questo purtroppo va a intaccare lo stato di salute dei suoi abitati in modo irreversibile, tanto che è molto alto il dato dei suicidi
annui.
Diciamo che abbiamo un alto benessere economico, contro uno stile di vita non troppo facile.
Munch avrà diversi lutti in famiglia, prima la sorella più piccola e poi la madre.
È un pittore che predilige la raffigurazione di scene agonizzanti e inquietanti, come si vedrà nelle opere descritte successivamente.
1885-1886
La bambina malata
La pittura di Munch parte dall’abbandono di ogni tradizionalismo e il primo esempio
in questo senso si ha nella Fanciulla malata, dove l’artista sembra ricordare l’agonia e
la prematura scomparsa della sorellina Sophie.
È rappresentata la sorella ' di Munch, che assiste alla sua agonia per la tubercolosi.
L’opera non viene realizzata nel momento effettivo, ma dopo circa 7 anni dall’evento.
Quindi l’artista decide di metabolizzare l’evento e poi realizzarlo.
1893
L’urlo
Il dipinto fa parte una grandiosa narrazione ciclica intitolata “Il Fregio della vita”
(1893-1918) e composta da numerose tele, a loro volta suddivise in quattro temi con
forti risvolti psicologici:
La nascita dell’amore;
La fioritura e la dissoluzione dell’amore;
La paura di vivere;
La morte.
È una scena che crea inquietudine e la forma di essa diventa preda delle angosce
profonde dell’artista.
Il senso profondo del dipinto viene illustrato in alcune pagine di un suo diario:
«Camminavo lungo la strada con due amici – quando il sole tramontò – il cielo si
tinse all’improvviso di rosso sangue – mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un
recinto – sul fiordo nero azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco – i miei
amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura – e sentivo che un
grande urlo infinito pervadeva la natura».
La scena, fortemente autobiografica, è ricca di riferimenti simbolici:
Âï
·.
L’uomo in primo piano esprime, nella solitudine della sua individualità, il dramma collettivo dell’umanità intera;
Âï
·.
Il ponte richiama i mille ostacoli che ciascun uomo deve superare nella propria esistenza;
Âï
·.
Gli stessi amici che continuano a camminare tranquillamente, incuranti dello sgomento individuale, rappresentano con cruda
disillusione la falsità dei rapporti umani e anche un senso di distanza.
La gestualità esprime al massimo lo sgomento e viene compreso perché ovviamente è un gesto universale.
Al posto della testa vi è un enorme cranio, senza capelli, come di un sopravvissuto, potrebbe dirsi, a una terribile
carestia.
Le narici sono ridotte a due fori;
Gli occhi sbarrati sembrano aver visto qualcosa di abominevole;
Le labbra bluastre rimandano a loro volta alla morte.
Visto il volto non segnato da connotati particolari, diciamo che non indica un tipo di dolore personale, ma proprio
grazie a questa fisionomia permette di immedesimarsi.
Come già detto prima per la bambina malata, Munch decide di riprodurre più volte lo stesso soggetto e infatti questo
capita anche con l’urlo.
Possiamo anche dire che non è una persona solida e come si vede tutta la scena si deforma, compreso lui.
La deformazione che si vede è voluta, appunto perché guardandola dovremmo percepire un urlo.
È l’urlo disperato e primordiale che esce da quella bocca sembra propagarsi nelle pieghe di colore del
cielo, della terra e del mare.
È l’urlo di chi si è perso dentro se stesso e si sente solo, inutile e disperato anche fra gli altri, sopraffatto
da una natura prepotente e matrigna
Altre figure di una certa importanza sono gli allievi di Klimt:
1914
La sposa del vento
Kokoschka esprime ANSIA, si rappresenta ben sveglio e pensieroso, con gli occhi spalancati che guardano lontano e le nodose
mani intrecciate e tese.
I colori torbidi, grassi e impastati e il mulinare dello sfondo partecipano con materiale evidenza al disordine interiore e
all’angoscia che dilaniano l’autore per l’amore finito.
Inoltre sono colori innaturali, stridenti e complementari.
IL CUBISMO
«La natura è una cosa, la pittura un’altra», scriveva nel 1935 Pablo Picasso, concludendo provocatoriamente che «la pittura è
dunque un equivalente della natura».
In questa affermazione sta tutto il significato del Cubismo, una delle prime e più significative Avanguardie storiche.
La storia del Cubismo si intreccia in modo indissolubile con quella dei suoi due principali artefici, Picasso e Braque, la cui
amicizia durò per tutta la vita.
Il lavoro e la ricerca comuni si consolidano in breve fino a trasformarsi in quella «cooperazione ardente» i cui esiti straordinari,
sul piano artistico, sono stati quelli di stimolare creativamente le rispettive personalità, giungendo a unire in modo irripetibile le
singole potenzialità.
Le loro strade si dividono dopo il 1914 perché Braque parte per la guerra mondiale e torna stordito dall’esperienza.
Il nome stesso del movimento deriva dall’uso cubista di scomporre la realtà in piani e volumi elementari (assimilabili a cubetti,
appunto).
Così il Cubismo una volta assunto il nome che gli era stato attribuito per scherno, ne fece la bandiera della più grande
rivoluzione artistica del secolo.
Anzi, i Cubisti accettarono il proprio in modo così totale da continuare a identificarsi in esso anche quando il movimento si
sciolse e i vari componenti seguirono ciascuno strade e ispirazioni autonome.
La data di inizio del Cubismo si fa convenzionalmente risalire al 1907, anno nel quale Picasso dipinge Les demoiselles
d’Avignon.
Nello stesso anno si tiene a Parigi una grande mostra retrospettiva dedicata a Cézanne (scomparso appena l’anno prima), la cui
pittura, tesa a «trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono», eserciterà un influsso fondamentale sul Cubismo.
I pittori cubisti si sforzano di costruire una realtà nuova e diversa, non necessariamente simile a quella che tutti conoscono.
La realtà che si percepisce attraverso il senso della vista, infatti, è spesso diversissima dalla realtà vera.
Per avere una visione più chiara si possono usare le proiezioni ortogonali, che ci danno delle
misure precise.
I bambini, che non conoscono ancora le regole della prospettiva, disegnano le loro casette non
mostrando una resa realistica, ma al contrario mostrano tutte le informazioni dell’oggetto,
ottenendo così una percezione istintiva della realtà: si comportano involontariamente come i
Cubisti.
Ci danno tutte queste informazioni da modificando le leggi della prospettiva del disegno.
È meno verosimile, ma più vero.
La realtà cubista cerca di tenere conto anche del fattore tempo, una variabile che è assai difficile da rappresentare con i mezzi
delle arti figurative.
Il pittore cubista si figura di ruotare fra le mani l’oggetto da rappresentare o, se si tratta di una persona, di girarle addirittura
intorno.
In questo modo egli non coglie più un solo aspetto, univoco e limitato, ma ne percepisce diversi in successione.
Se devo rappresentare al meglio un’immagine, ovviamente non si può fare in un singolo istante, con un unico punto di vista o
in un solo spazio; poiché per poter assumere punti di vista diversi occorre muoversi e per muoversi si impiega del tempo.
La variabile del tempo ci consente di rappresentare contemporaneamente momenti diversi di una medesima scena.
L’arte occidentale è basata sulla verosimiglianza e siamo abituati al fatto che il quadro ci porti oltre, che il quadro non sia solo
superficie, ma realmente lo è.
L’arte ci illude che ci sia qualcosa.
Gli oggetti in primo piano sembrano essere tanti primi piani sommati, così come le parti successive.
È come se si partisse da un’immagine in cui la visione regolare è alterata; l’artista ha fotografato con la Polaroid tutti questi
oggetti da vicino e poi li ha messi insieme in un immagine unica.
Si vede che abbiamo una diminuzione della visione, ma non è tenuta regolarmente
È come se potessimo camminare con lo sguardo perché abbiamo sommati un centinaio di punti di vista diversi.
Immagine sia verosimile e completa.
Influsso di Paul Cézanne
Lo spazio pittorico di Paul Cézanne, sempre scandito e fortemente geometrizzato, costituisce l’indispensabile premessa alla
grande rivoluzione cubista.
Secondo Cézanne si devono trasferire le immagini nelle scene rappresentate.
Individua i soggetti dei suoi dipinti attraverso piccole pennellate di colore giustapposte che riducono la percezione della realtà
a un fitto conglomerato di coloratissimi volumi elementari solidamente interconnessi.
Sul finire del secolo il gioco dei volumi diventa ancora più evidente ed essenziale.
Gli elementi sono ridotti a forme geometriche elementari che si compenetrano secondo piani squadrati e taglienti.
Queste forme vengono appunto sommate e le immagini risultano schematizzate.
Vengono usati i solidi geometrici semplificati perché il mondo per essere raccontato deve essere semplificato.
In un’opera introduce anche una forte scomposizione cubista che lo porta a dissolvere il senso della profondità.
Un effetto tipico che si ha nelle sue opere è il fatto che l’immagine sembri vibrante, perché usa due punti di vista
contemporaneamente, come se usasse i suoi occhi.
Il cubismo analitico i dipinti di Picasso e Braque, volutamente non firmati, risultano spesso indistinguibili.
Il periodo di massimo splendore del movimento, quando il legame tra Braque e Picasso diventa tanto intenso che le rispettive
opere risultano addirittura indistinguibili, inizia però qualche tempo dopo, intorno al 1909.
È il momento del cosiddetto Cubismo analitico, consistente nello scomporre i semplici oggetti dell’esperienza quotidiana
secondo i principali piani che li compongono.
Tali piani, variamente ruotati, incastrati e sovrapposti, vengono poi distesi e ricomposti sulla tela in modo concettualmente
analogo a come si è osservato nel cubo.
I colori impiegati in queste operazioni sono solitamente terrosi e di tonalità neutra, in modo da non interferire con la
comprensione delle forme.
È in questo periodo che con il cubismo si arriva praticamente a non comprendere il soggetto della rappresentazione.
Nella prima fase, i cubisti decidono di smontare le immagini in più punti di vista e questo lo fanno in due modi:
e
Rappresentando tanti punti di vista contemporaneamente;
d
Moltiplicando i piani della visione.
Il piano della visione è quello che noi guardiamo nel disegno, diciamo che è come se prendessimo tanti pezzi diversi delle cose
da rappresentare.
Il cubismo sintetico Fase durante la quale si precisano anche le diversità stilistiche dei due artisti.
Tra il 1912 e il 1918 Braque e Picasso indirizzano le loro ricerche verso una ricomposizione degli oggetti precedentemente
frammentati in oggetti nuovi e spesso fantastici che, pur mantenendo qualche analogia con quelli originali, vivono una loro
realtà autonoma, caratterizzata anche dall’uso di colori brillanti e volutamente non verosimili.
Si è così alla fase del Cubismo sintetico, nella quale si attua quella innovativa equivalenza tra pittura e natura di cui Picasso e
Braque rivendicavano l’originalità rivoluzionaria.
A questo punto, infatti, l’artista arriva a creare forme e situazioni che non hanno più alcun rapporto con quelle già note, anche se
di esse conservano a volte alcune caratteristiche distintive e in qualche modo sempre riconoscibile.
Tutte le prospettive quindi hanno la stessa importanza e non c’è più gerarchia, tutto è messo sullo stesso piano.
Da vecchio amava ripetere, non senza un pizzico di autocompiacimento: «A tredici anni dipingevo come Raffaello. Ci ho
messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino».
Viene ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona, città alla quale rimarrà sempre legato, tanto da sentirsi catalano
nel profondo dell’anima.
È d’animo fantasioso, irrequieto e indipendente, l’artista si affranca ben presto dalla famiglia.
Alla fine del primo conflitto mondiale Picasso alterna a grandi dipinti monumentali vivaci riprese cubiste, interessandosi nel
contempo anche alla grafica e alla scenografia e curando allestimenti teatrali di successo in Francia e in Italia.
La sua ricerca non conoscerà interruzioni fino a tarda età, quando, ormai universalmente celebrato e famoso, continuerà
febbrilmente a sperimentare tecniche, azioni e materiali sempre nuovi e diversi.
Inizialmente lo stile di Picasso oscilla tra l’ammirazione per Cézanne e le generiche tematiche impressioniste e
postimpressioniste, come ben si evidenzia nella Bevitrice di assenzio, un olio parigino del 1901, l’allusione a Degas – allora
quasi settantenne – sia l’omaggio a certe figure di “donne perdute” di Toulouse-Lautrec.
S Sempre nel 1901, la sua pittura conosce una svolta, conseguente anche al suicidio dell’amico poeta Carlos
Casagemas.
Picasso inaugura il cosiddetto «periodo blu», che si protrarrà fino a tutto il 1904.
Si tratta di un tipo di pittura giocato tutto sui colori freddi (blu, azzurro, grigio, turchino), quasi che gli occhi
dell’artista fossero velati da un cristallo azzurrato e il suo cuore da una perenne malinconia.
Anche i temi attingono a un repertorio di personaggi poveri ed emarginati, segnati dal dolore e sconfitti dalla vita.
⑤ A partire dal 1905, invece, la tavolozza di Picasso cambia tono e subentrano le più tiepide gradazioni dei rosa,
degli ocra e degli arancio.
Ha così inizio il secondo, il cosiddetto «periodo rosa».
Questa fase, di intensa produzione ma di breve durata, costituisce la logica prosecuzione di quella precedente.
Al mondo degli sfruttati e degli emarginati del periodo blu si sostituiscono ora soggetti ripresi in prevalenza
dall’ambiente del circo e dei saltimbanchi.
S Gli ultimi mesi del 1906 segnano il cosiddetto «periodo africano», allora definito anche «epoca negra», nel corso
del quale Picasso si interessa in modo approfondito alla scultura rituale africana e polinesiana.
In queste opere, spesso ingenue ma di grandissima espressività, egli ricerca le testimonianze di un’umanità
spontanea e incorrotta, non ancora contaminata dalla troppa ideologia e dai condizionamenti sociali e culturali
della tradizione occidentale.
La contiguità formale con alcuni prototipi africani, dei quali lo stesso Picasso era attento collezionista, è evidente
in molti suoi studi di quegli anni, nei quali lo stiramento verticale dei volti e la scomposizione dei volumi
preludono direttamente alla successiva svolta cubista.
o Dopo il periodo rosa abbiamo nel 1907, la fase protocubista, dove abbiamo la formazione dell’idea che poi
sfocerà nel vero movimento .
Poveri in riva al mare 1903
I tre personaggi, scalzi e infreddoliti, sono la dolorosa metafora moderna della Sacra Famiglia.
Nonostante il loro misero aspetto, essi spiccano per la dignità quasi monumentale che assumono.
Soprattutto la severa figura della madre, vista di spalle, richiama la solida volumetria di certi personaggi
femminili giotteschi.
Nonostante l’uso di una tavolozza quasi monocroma, l’artista riesce a differenziare marcatamente i tre
elementi primigeni della natura e della filosofia antica:
terra (la spiaggia), acqua (il mare) e aria (il cielo).
Le tre fasce orizzontali che vengono così a crearsi contrastano, nella loro geometrica uniformità, con i tre
personaggi in primo piano, contribuendo a isolarli nella scena al fine di sottolineare ulteriormente il loro
muto dramma.
L’opera ripropone ancora una volta una famiglia, tema assai caro al Picasso precubista.
I sei personaggi (tre adulti e tre bambini) sono colti in un momento di silenziosa attesa, e la loro serietà pensosa e un
po’ mesta stride con la variopinta stravaganza dei costumi di scena che ancora indossano.
Picasso, del resto, fu sempre particolarmente ispirato e attratto dalla vita circense, che ben conosceva anche per la
frequentazione del Circo Medrano, il cui tendone era poco distante dalla sua casa di Montmartre.
Egli interpreta la dura quotidianità di clown, acrobati e giocolieri con grande sensibilità e discrezione, mettendone in
evidenza la misera vita di poveri girovaghi.
L’arlecchino di spalle (nel quale l’artista ritrae se stesso) volge lo sguardo lontano, mentre tiene teneramente per
mano la bimba con il tutù e le scarpette rosa, che tanto ricorda le eteree ballerine di Degas.
Il paesaggio deserto e desolato contribuisce a sottolineare la solitudine dei personaggi, ognuno dei quali, nonostante
la prossimità agli altri, è comunque solo con i propri pensieri, come in attesa del manifestarsi di qualche misterioso
evento.
La loro definizione pittorica non fu semplice: le indagini ai raggi X hanno svelato la presenza di vari pentimenti e
correzioni, quasi che Picasso fosse giunto per gradi alla soluzione compositiva finale, senza averla presente fin
dall’inizio.
1910
Ritratto di Ambroise Vollard
L’opera è una delle più significative del periodo del Cubismo analitico, pur
ricalcando con impressionante puntigliosità un analogo ritratto eseguito da
Cézanne circa un decennio prima.
Vollard, collezionista e mercante d’arte, è uno dei molti amici di Picasso che si
prestano a posare per un ritratto cubista.
Osservando l’opera appare subito evidente come l’artista miri più al contenuto che all’apparenza, rinunciando a
qualsiasi tipo di verosimiglianza fotografica.
La composizione è minutamente frastagliata e sia il personaggio sia lo sfondo sono posti sul medesimo
piano, a interagire con uno spazio frammentato e quasi esploso secondo le stesse regole degli altri elementi.
Ecco allora che dalla materia indistinta dello sfondo fuoriescono e prendono poco a poco forma la spaziosa
fronte calva del collezionista, una bottiglia appoggiata sul tavolo dello studio, un libro sullo scaffale, il
giornale che Vollard sta leggendo, un bottone del panciotto, il fazzoletto nel taschino e la manica destra
della giacca.
In assenza di qualsiasi riferimento prospettico i concetti di davanti e dietro perdono ogni significato, per cui non desta
meraviglia, ad esempio, che il giornale non copra la giacca e che anche libro e bottiglia fluttuino sullo stesso piano spaziale.
Nonostante questo, Picasso dimostra un’attenzione lucida e assolutamente concreta a ogni minimo particolare della realtà e
proprio quando l’opera, nel suo insieme, sembra quasi dissolversi, egli ne ribadisce con prepotenza la solidità.
L’uso del collage, inoltre, dà a ogni composizione un significato nuovo e provocatorio.
a
Nasce la tecnica del collage
Sarà un momento di svolta.
È quando anziché prendere delle carte, Il Collage e il Papier collè, sono una creazione di Picasso e di Braque.
prendiamo degli altri materiali
eterogenei, che attacchiamo sulla
superficie
Ritagliamo un pezzo di carta e lo
incolliamo in un’altra superficie
Abbiamo delle carte incollate, come quella del giornale o dello spartito.
La chitarra essendo fatta di legno, sarà rappresentata allora con un pezzo ligneo.
È un problema perché l’arte è sempre stata MIMESIS, quindi appunto qualcosa che
imita; ha sempre preso la realtà e li ha copiati e rappresentati all’interno del quadro.
Quando abbiamo una copia quello più importante è ovviamente l’originale, abbiamo
una gerarchia.
Avere la copia vuol dire avere qualcosa di meno importante.
Se la pittura è una copia del mondo, vuol dire che la realtà è più importante, mentre
l’arte e la pittura lo è meno.
I cubisti diranno che la pittura non è una copia, è l’equivalente della realtà.
Infatti arte e realtà saranno messi sullo stesso piano, visto che l’arte produce altri elementi reali.
Il primo e uno dei più significativi collage di Picasso è la Natura morta con sedia impagliata, conservato al giorno
d’oggi al museo di Picasso.
TI
si
-
.
⑧
Delle lettere, “jou”: siamo sul tavolino di un bar, ed è un giornale.
Abbiamo delle lettere nei quadri di questo periodo, perché i Cubisti si rendono
conto che le immagini non sono riconoscibili, così decidono di inserire degli
elementi diretti.
⑧ Abbiamo una pipa, vista da sotto e poi è segmentata come se la parte superiore venisse tagliata.
La parte centrale è occupata dal calice scomposto analiticamente, riempito dal vino bianco.
Dovremmo osservare quest’opera dall’alto, perché è come se dovessimo rivolgere lo sguardo dall’alto verso il tavolo
trasparente, che quindi ci permette di osservare gli elementi, quali ad esempio la trama della sedia.
Sotto la pittura si vede la trama della sedia, come se fosse dipinto sopra; queste sono le ombre e i riflessi degli oggetti sul
vetro.
↑
Anche se può apparire quasi come un gioco, l’operazione compiuta da Picasso è invece estremamente colta e raffinata.
La finta paglia di Vienna riprodotta sulla tela cerata sta a rappresentare una sedia vera.
Dunque il soggetto (la paglia) è falso, ma il materiale (la tela cerata) è vero.
La terra cerata è tela ritagliata e immersa nella paraffina per renderla impermeabile, così da poter essere esposta anche
all’esterno.
Appaiono nelle opere degli oggetti reali, interrompendo il rapporto tra rappresentazione e realtà.
Picasso anziché mettersi a dipingere l’elemento che richiama la seduta della sedia, lo incolla; si ha la fine del
rapporto di dipendenza dell’arte dalla natura, perché è il materiale reale che ora viene usato per rappresentare se
stesso.
Quello che fa Picasso non è solo usare un materiale reale, ma usa un materiale povero, incolla un oggetto vero che
è un’imitazione della paglia di Vienna e anziché copiare incolla una imitazione di un oggetto più costoso e lo
mette come oggetto reale.
Quello che vediamo rappresentato sono cinque donne in pose molto esplicite, che indossano delle maschere distorte; come
si vede, nella realizzazione dei volti delle figure centrali Picasso si ispira alla scultura iberica, quelli dei due personaggi di
destra risentono dell’influsso delle maschere rituali dell’Africa nera.
Le figure appaiono distorte, visto che il naso viene rappresentato di profilo, mentre al contrario gli occhi vengono
rappresentati frontalmente; Picasso mescola quindi tanti punti di vista visti simultaneamente e li rappresenta tutti nello
stesso quadro, alternandoli.
Vengono stravolte tutte le regole della prospettiva e anche quelle del senso comune, che sottintende sempre un punto di vista
unico.
Le apparenti incongruenze sono però finalizzate a una nuova e diversa percezione della realtà, non più visiva, ma mentale:
volta a rappresentare tutto quello che c’è e non solo quello che si vede.
In questo senso non deve dunque meravigliare se di un personaggio si vedono contemporaneamente due o più lati: è come
se vi si girasse attorno tentando poi di ricostruire le varie vedute sovrapponendole l’una all’altra.
Si
Uno dei due soggetti, indossa una divisa blu e viene riconosciuto come un
marinaio, che torna in patria dopo un lungo periodo finalmente può andare
nei bordelli, e quindi rappresenta l’impulso che deve essere soddisfatto.
L’altro soggetto che indossa una veste marrone e ha tra le mani un libro,
vuole rappresentare uno studente universitario di medicina.
Con questo Picasso vuole mostrare le differenze dei due poli opposti della
società che guardano le donne.
Nella prima abbiamo visto che le donne guardano verso lo spettatore, quindi verso di noi;
nella bozza le donne guardano gli uomini.
⑧
Vi è un’opera in cui tutto questo avviene in termini intellettuali.
È stata realizzata da Diego Velázquez, un pittore spagnolo del ‘600.
Las Meninas è un’opera famosissima in cui vediamo un ritratto, non
delle persone ritratte, ma quello che vedono le persone ritratte
mentre le sta dipingendo l’artista.
Picasso semplifica le geometrie dei corpi e coinvolge in tale semplificazione anche lo spazio.
Quest’ultimo, infatti, viene esso stesso materializzato e dunque diviene un oggetto al pari degli altri, da scomporre secondo i
taglienti piani geometrici che lo delimitano.
Lo stesso procedimento viene applicato anche alla natura morta con frutta e tovagliolo, posta sul tavolino al centro in basso.
Non si percepiscono più dei rapporti spaziali coerenti e tutto viene squadernato davanti agli occhi di chi osserva in modo
immediato e indifferenziato.
Le stesse figure femminili non risultano più immerse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi,
sembrano essere costituite della stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo
spazio) viene automaticamente annullata.
Non vi è più una gerarchia tra ciò che si trova davanti e ciò che si trova dietro.
Con il cubismo infatti si annullano questi elementi.
Tra la prima guerra e il 1937, Picasso elaborerà un linguaggio di una libertà maggiore.
Questo è lo stile che utilizza quando avviene la realizzazione dell’opera detta “Guernica”.
Le potenze prima di affrontarsi nella seconda guerra mondiale, avranno un banco di prova in Spagna.
In Spagna nel 1930 abbiamo due forze in campo:
Entrano in gioco le altre nazioni, perché Mussolini e Hitler rispondono alla richiesta di Franco di essere aiutato
dalle loro truppe.
La situazione si complica quando arrivano gli aerei da bombardamento, con essi non esiste un
fronte di combattimento, ma abbiamo la possibilità di colpire a prescindere.
Francisco Franco da una parte dall’altra parte abbiamo come forza repubblicana il
insieme a Mussolini e Hitler Messico e l’Unione sovietica.
Guernica
È nel pieno della guerra civile spagnola che i franchisti, sostenuti dalle forze nazifasciste di Germania e Italia, decidono
di attaccare il governo del Paese, bombardando la città di Guernica.
*
Guernica, si trova nei Paesi Baschi ed è la città filo
repubblicana che subirà le conseguenza dell’alleanza tra
Franco, Mussolini e Hitler.
-
È il primo caso in cui abbiamo un bombardamento aereo
su una città civile;
quest’azione terroristica era rivolta soprattutto contro la
popolazione inerme, proprio nel giorno del mercato.
Viene bombardata proprio Guernica perché era stata
Anche se solitamente avevamo degli scontri tra i soldati, in ripresa dalle forze repubblicane, e quindi si vuole
questo caso le bombe naziste radono al suolo una città di punire la presa di potere in maniera drastica.
civili nella sua interezza.
Si utilizzano quindi gli aerei da bombardamento,
che lo stesso Hitler voleva già testare.
Dobbiamo dire che a Picasso viene commissionata un’opera molto importante per l’esposizione universale di
Parigi del 1937, per rappresentare la Spagna nel suo padiglione.
Visto che doveva essere qualcosa che rappresentasse la nazione o comunque qualcosa di significativo per essa,
l’artista non sapeva che soggetto ritrarre; dopo il bombardamento, è inevitabile che non rappresenti questo.
Picasso quindi, ancora sconvolta, realizza l’enorme tela in appena due mesi.
L’opera è stata conservata a New York sino al 1977, nel museum of modern art.
Quando Franco muore nel 1975 e la Spagna diventa repubblica, l’opera rientra nel suo paese d’origine e sarà
conservata al museo Reina Sofia a Madrid.
Una copia si trova nel palazzo di New York delle nazioni unite, perché quest’opera rappresenta un monito contro
tutte le guerre, perché rappresenta quello che avviene con esse.
INFORMAZIONI SULL’OPERA
⑧
Guernica, è un olio su tela.
8.
⑧ Già nelle sue dimensioni (circa 3,5 metri di altezza e quasi 8 di lunghezza) denuncia la propria funzione di manifesto ideologico
e politico, fatto per essere contemporaneamente osservato dal numero di persone più grande possibile, costituisce uno dei punti
di sintesi più alta e ispirata di tutta l’arte picassiana.
Solitamente queste dimensioni venivano utilizzate per quadri che raccontavano dei fatti storici o politici (in passato abbiamo
visto dimensioni del genere con David, nel giuramento degli Orazi).
⑧
L’opera rappresenta appunto il bombardamento della città e per rappresentarlo usa la tecnica cubista dove vediamo tante
scene contemporaneamente da più punti di vista (senza ciò sarebbe stato impossibile creare quest’opera).
. Il colore, sinonimo di vita, viene abbandonato in favore di un’omogenea gamma di grigi e azzurri su fondo antracite; le
figure appaiono come spettri urlanti, illuminate all’improvviso dai bagliori sinistri delle esplosioni.
La questione dei colori Picasso non la decide sin dall’inizio; infatti sappiamo grazie alle fotografie della compagna Dora
Naar, che nell’opera erano presenti dei colori anche abbastanza forti.
⑮ Il primo motivo per il quale li ha tolti è perché non vuole creare troppo coinvolgimento emotivo, anche perché se ci fossero
stati ci avrebbero fatto provare empatia.
⑮
Il secondo motivo è perché Picasso conosce i fatti di Guernica attraverso i giornali, il tutto ovviamente è in bianco e nero e
quindi mantiene il carattere da cronaca giornalistica.
S Le due laterali sono più strette, fra loro uguali e simmetriche rispetto a quella centrale;
e in quest’ultima, molto più larga, è ammassato il maggior numero di personaggi, nella disposizione dei quali prevalgono
allineamenti fortemente geometrizzati, attorno alla figura gigantesca d’un cavallo ferito che fugge impaurito.
⑧ L’ambientazione è contemporaneamente interna (come si deduce dal lampadario appeso in alto) ed esterna (come è
suggerito dagli edifici in fiamme all’estrema destra).
Picasso ci mostra praticamente due scene, due elementi di due spazi diversi, due dinamiche che concorrono.
Questa contemporaneità di visione è cubista, MA vuole anche rendere con violenta immediatezza la tragedia del
bombardamento, che all’improvviso sventra e demolisce interi palazzi sparpagliando impietosamente all’aperto anche gli
oggetti più intimi di ogni famiglia.
In questo spazio caotico e indifferenziato uomini, donne e animali fuggono e urlano come impazziti, sovrapponendosi
e compenetrandosi, accomunati dallo stesso dolore e dalla stessa violenza.
Ovunque sono morte e distruzione, sottolineate da un disegno duro e quasi tagliente, che rende anche i raggi di luce del
lampadario altrettante piccole spade acuminate.
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Animali :
Abbiamo il cavallo e il toro, ma anche una colomba, meno visibile.
I primi due citati, sono animali che servono a rappresentare un qualcosa, hanno un valore simbolico.
Il toro, rappresenta il lato della Spagna violenta e prevaricatrice di Franco, mentre il cavallo rappresenta l’altro lato
della nazione, trafitto da una lancia che incarna il popolo spagnolo umile, ferito dalla dittatura di Franco.
Oggetti:
lanterna,
lampada a petrolio
Casa in fiamme
lancia nel corpo del cavallo
-
*
Prendiamo i primi tre oggetti, sono tutti e 3 fonti di luce: *
Gli ultimi due elementi invece, la spada spezzata e il
lampada, fiamma e luce elettrica. fiore, rappresentano il fatto che la libertà del popolo
spagnolo vi sarà solo grazie alla lotta armata.
(Delacroix con la libertà che guida il popolo).
Lette così sono una storia evolutiva della luce.
È anche il simbolo della vita e della ragionevolezza
Picasso mostra ciò che avviene con la guerra, con i bombardamenti che, nonostante tutto, avranno comunque la meglio
si torna indietro, perché non c’è elettricità e si torna a forme più sulla morte e sulla barbarie.
primitive per illuminare la stanza.
A partire da sinistra vediamo una donna, con gli occhi a forma di lacrima, con un bambino morto in braccio, che urla verso il
cielo come se si proiettasse; questo si contrappone al peso morto del bambino, che appunto va verso il basso.
Picasso rappresenta il suo naso privo di rigidità, molle e cadente.
Dal lato opposto della tela le fa eco l’urlo disperato di un altro personaggio femminile che, fra gli edifici in fiamme, alza
urlando le braccia al cielo in segno di orrore e disperazione.
Vi è poi un soldato smembrato, dato dal fatto che il suo corpo è stato fatto in pezzi dall’esplosione.
La testa è staccata dal corpo, collegata alla mano, mentre dall’altra parte vi è braccio staccato, dove si trova un fiore e una
spada spezzata.
Vi sono poi due figure, dall’esterno verso l’interno, quella in basso guarda quello che succede, mentre quella in alto ha in
mano una lanterna .
Chi può cerca di fuggire, come la donna che si slancia diagonalmente verso il toro, all’angolo superiore sinistro.
Nella parte destra della fascia centrale del dipinto un’altra donna si affaccia disperatamente a una finestra reggendo una
lampada a petrolio, simbolo della regressione alla quale la guerra inevitabilmente conduce.
In questo dipinto, preceduto da almeno una cinquantina di schizzi e bozzetti preparatori, Picasso riesce mirabilmente a superare e
fondere Cubismo analitico e Cubismo sintetico.
Quelle bocche digrignate rivolte al cielo urlano dolore e vendetta e il brusco alternarsi di luci (bianco) e ombre (nero e l’intera
gamma dei grigio-azzurri) sottolinea il sinistro susseguirsi delle esplosioni, il caotico spargersi della polvere e delle macerie e
l’improvviso divampare degli incendi.
In questo rendere udibile, attraverso i soli strumenti della pittura, il rombo della guerra e le grida delle vittime innocenti stanno
tutto il carattere e la grandezza del Picasso maturo, che non esita a schierarsi con la democrazia e la civiltà, contro ogni forma di
-
fascismo e di dittatura.
E ancora una volta torna straordinariamente at tuale l’insegnamento di Francisco Goya, verso il quale l’artista andaluso non ha
mai cessato di sentirsi intimamente debitore: «Il sonno della ragione genera mostri».
- Con il futurismo abbiamo un movimento italiano, che appunto, non parlerà solo di arte, con esso abbiamo un nuovo
modo di vivere la propria vita.
-
Nasce nel 1909, quando in Italia arriva l’industrializzazione.
Si nota che il mondo alla fine dell’ottocento è cambiato, dato anche dal fatto che abbiamo la luce elettrica, le produzioni
industriali e i collegamenti e mezzo di spostamento nuovi.
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I futuristi sono interventisti e vedono la guerra come un qualcosa che libera e purifica il mondo attraverso il suo
esistere.
Quindi lo scontro, la cosiddetta polemos, è vista come «sola igiene del mondo».
Viene teorizzato anche il ricorso alla violenza.
Un’idea condivisa da un’intera generazione di artisti europei, i quali, in vario modo, crederanno di trovare nella guerra
la realizzazione del radicale rinnovamento da essi auspicato.
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Sono aggressivi e molti di loro sono associati all’interventismo e anche al fascismo di Mussolini.
- I futuristi poi hanno anche l’idea legata al fatto di rompere i rapporti con il passato.
Infatti il movimento è favorevole alla distruzione dei musei, delle biblioteche e delle accademie: quindi tutto ciò che era
trasmissione del sapere antico.
- Dicono anche che l’uomo di quegli anni è diverso da quello del passato, che è migliore perché riesce a governare il mondo in
maniera nuova grazie alla scienza e alla tecnica (pieno positivismo).
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Disprezzano ogni tipo di imitazione, quindi l’arte non deve più imitare ciò che vede, ma creare un linguaggio nuovo.
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Si esalta ogni forma di originalità, anche se temeraria o violentissima.
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Spazzare via tutti i motivi, i temi e i soggetti già utilizzati.
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Magnificare la vita odierna, trasformata ora dalla scienza.
Il grande tema del futurismo è la velocità, vivere la vita in maniera moderna, rapida.
Il futurismo sembra che neghi tutto, Riprendono alcuni elementi contemporanei e antichi, ma
ma non è così. rimuovono qualunque tipo di regola.
Vogliono fondare delle regola nuove che si Una delle poesie più importanti di Marinetti prende il nome di
adattino al mondo nuovo. Zang Tumb Tumb, che richiama i suoni delle macchine e del
mondo industriale.
Vediamo un progresso in quello che chiamiamo design editoriale, nell’impaginazione e nelle grafiche.
Ad esempio le poesie diventano dei calligrammi dove vediamo immagini, disegni e parole.
Non possiamo rifiutare il passato perché non avremmo da dove partire e dobbiamo trovare un compromesso tra il rinnovarsi e
la capacità del sistema in cui si vive di effettuarlo.
Uno dei principali temi intorno al quale si svolge non solo il Manifesto, ma l’intera esperienza futurista è quello
dell’affermarsi della tecnica che sta ogni giorno trasformando la realtà.
Obsolescenza programmata: quando qualcosa è progettata per funzionare per un determinato periodo di tempo.
Sono elementi che sono praticamente programmati per morire.
I futuristi pensano che il mondo dovrebbe sempre rinnovarsi, cambiare le cose per migliorarsi.
Hanno il loro modo di concepirla e inventano delle cose mia viste prima.
Un esempio può essere la tuta che noi conosciamo, il pezzo unico di vestiario.
-
Gli uomini e le donne prima di quel momento avevano abiti che impedivano di compiere movimenti liberi, tanto che ogni tipo
di azione poteva risultare scomoda (gli abiti erano infatti erano seri e rigidi).
Con il futurismo questo cambia, perché sempre ricollegandoci al tema principale del movimento, si dice che anche gli abiti
devono permettere all’uomo di essere veloce e rapido.
x
=
Un altra innovazione che introducono sempre in questo campo, è l’inserimento dei colori.
Non sono però le solite colorazioni, ma introducono i colori più variegati.
Questo sempre per richiamare il fatto che usando dei colori neutri, si richiama la staticità che è il contrario di ciò che vuole
esprimere il movimento; infatti con tutti questi nuovi colori otteniamo degli abiti dinamici.
A
Un altro campo in cui troviamo i futuristi, è la cucina.
Essendo loro legati alla velocità, alla leggerezza e al dinamismo scriveranno un manifesto contro la pasta asciutta perché è un
pasto che rende statici e pesanti.
Creeranno addirittura dei piatti che secondo loro rispettavano i loro ideali; inoltre creeranno un cocktail, che prenderà il nome di
“Le polibibite”, nome autarchico italiano in sostituzione dell'anglofono cocktail (rifiuto di tutto ciò che viene da fuori e non è
italiano).
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Inoltre nasce l’utilizzo della stampa e della pubblicità dei mezzi di comunicazione di massa
Avremmo le grafiche di Fortunato Depero, uno dei futuristi di seconda generazione realizzata per il liquore strega o riviste
come quella di Vanity Fair o del Campari.
s
La musica riproduce tutti quei suoni tipici dell’Italia industrializzata del 900.
Non suono suoni gradevoli, ma esaltano gli elementi nuovi del tempo.
Ogni campo dell’esistenza viene colonizzata dai futuristi e dalle loro proposte.
Vogliono cambiare ogni aspetto della vita umana e per questo creeranno dei manifesti, cioè delle dichiarazioni di
intenti, che riguardano ogni parte.
Elemento centrale di questa trasformazione tecnologica è la macchina, in tutte le sue varie e mutevoli manifestazioni.
La macchina è la forza occulta che ha generato la nuova società, l’uomo nuovo, in una parola la modernità.
La macchina trova la sua manifestazione più visibile e seducente nell’automobile con il suo suono roboante e la sua
inebriante velocità.
Il “mito della macchina”, come oggetto non solo concreto ma anche ideale, nuovo paradigma della creatività, della forza,
dell’efficienza, accompagnerà il Futurismo anche nei suoi molteplici sviluppi successivi.
GIACOMO BALLA
Tutti i pittori futuristi sono divisionisti, perché credono nella scienza come salvezza del mondo.
st
Il primo motivo per il quale scelgono il divisionismo è perché è l’unica forma di pittura scientifica, basato
sugli studi dell’ottica e della chimica.
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Secondo motivo per il quale si servono del divisionismo è perché i futuristi sono ossessionati dal
rappresentare il movimento del nuovo mondo dinamico.
Se vediamo un oggetto passare davanti a noi a una certa velocità non vediamo l’oggetto fisico, ma
abbiamo la percezione di una scia, di un qualcosa che praticamente si fonde con l’ambiente fermo.
L’oggetto si scompone nella luce e quindi la pittura migliore per rappresentare un elemento che si
divide è il cubismo, che divide i colori e la luce nella sua rappresentazione.
Prima di tutto vediamo che è una luce esterna e non una da interni.
Tra le due emana più luce quella della lampada; per i futuristi questa è la
rappresentazione del fatto che l’uomo sconfigge la natura perché appunto la
lampada elettrica è più potente della seconda.
I futuristi sono antiromantici, perché il romanticismo subordina l’uomo alla natura e dice che l’uomo è più piccolo di essa e
anche che bisognava contemplare la natura.
MA i futuristi vogliono essere superiori alle forze naturali e quindi vogliono appunto eliminare il chiaro di luna.
Per questo l’opera di Balla è il manifesto in questi termini, perché vuole essere proprio l’eliminazione del chiaro di luna.
L’adesione di Balla alle tematiche futuriste avviene con una serie di dipinti dedicati al dinamismo.
Si tratta di opere di totale novità che risentono delle contemporanee ricerche sull’immagine fotografica del movimento e delle
prime sperimentazioni cinematografiche.
Come in una sequenza di fotogrammi, Balla fissa sulla tela le singole fasi – impercettibili all’occhio umano – di cui si compone
un movimento.
Le figure e gli oggetti riconoscibili nel dipinto sono un cane bassotto, il suo
guinzaglio e i piedi di una figura femminile, plausibilmente la padrona.
Come abbiamo già detto, ai futuristi interessa il movimento della scena e del
soggetto.
Per i futuristi lo spazio tempo si frammenta in immagini in sequenza, quindi c’è frammentazione dell’immagine come nella
fotografia.
Balla essendo figlio di un fotografo, lavora in questo senso con la cromo fotografia, perché tutti e tre gli elementi appaiono
moltiplicati, nella posizione che essi assumono istante per istante, fino a diventare delle pure vibrazioni. Il bassotto appare
avere cinque orecchie e tantissime zampe davanti e dietro, mentre la coda è praticamente un mulinello.
Il guinzaglio è descritto fissando quattro posizioni successive del suo ondulato movimento, fra loro raccordate da una sottile
ragnatela di morbide curve d’argento che suggeriscono la scia del movimento stesso.
È forse l’elemento che rappresenta meglio l’idea del movimento.
Questo dipinto segna il punto di partenza per una serie di sperimentazioni successive nelle quali Balla abbandona
progressivamente ogni residuo figurativo per adottare un linguaggio sempre più astratto
Vengono utilizzare le cosiddette le linee di forza, che sono quelle linee che indicano che tipo di postura e di struttura può avere
quell’oggetto, per capirci quelle linee che indicano lo scheletro o il movimento di quell’oggetto.
Ragazza che corre sul balcone 1912
Milano al museo del 900.
Non troviamo elementi meccanici, ma abbiamo un balcone rappresentato tramite delle linee fisse, che costituiscono la
griglia del terrazzo su cui questa bambina, figlia di Balla, sta correndo.
Anche qui l’artista sovrappone a una tecnica divisionista, dove il colore acquista le dimensioni della macchia, le
immagini tratte dalle sperimentazioni fotografiche in cui la continuità del movimento viene scomposta e fissata in
successive immagini.
L’accostamento di questa sorta di singoli “fotogrammi” rimanda a una visione sospesa tra figura e astrazione, dove
sono in parte riconoscibili le forme della fanciulla, le scarpe che si susseguono, la gamba, la testa, mentre le macchie
di colore, nel prevalente tono celeste, tendono a fondersi in un’unica visione astratta.
Ogni oggetto, in sé definito e stabile, acquista – attraverso il movimento e il dinamismo – un’altra dimensione,
un’altra parvenza, elevandosi verso un altrove che è la vita nei suoi emozionanti, infiniti aspetti.
Decide di rappresentare il movimento dei piedi della bambina, ma anche l’andamento delle braccia e della testa.
Inoltre non abbiamo delle pennellate fatte di filamenti, ma di quadrati come se fosse un mosaico.
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RAPPRESENTAZIONI, PIÙ CHE LA DESCRIZIONE E IL SOGGETTO DELL’OPERA.
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Velocità astratta + rumore 1912
Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Nasce un problema perché comunque ci sono delle cose nella rappresentazione che un essere umano a occhio nudo non può
cogliere, anche perché si vuole praticamente riprodurre la sensazione del rumore che aveva la macchina a quei tempi, che
produceva un rumore importante.
Quindi i futuristi decidono di mischiare le diverse percezioni; nell’opera ci sono delle svastiche blu, che rappresenterebbero la
scia luminosa della macchina o comunque le vibrazioni luminose; notiamo anche delle spaccature blu, che dovrebbero
rappresentare il passaggio uditivo; mentre le parti rosse, che sono le parti della macchina che sfrecciano davanti al soggetto che
guarda la scena, cercano di rappresentare qualcosa di non coglibile, ma comunque si cerca di dare quella sensazione di
movimento.
Balla polverizza la riconoscibilità del soggetto (probabilmente una via cittadina molto trafficata), riducendo linee e superfici a
semplici indicatori di movimento.
Il vivace cromatismo dalle pure forme astratte, infine, contribuisce a portare l’osservatore – nello spirito della sinestesia – nel
centro vorticoso del chiasso urbano.
Tra la fine del 1912 e il 1914, si dedica a un’altra serie di sperimentazioni, un ciclo di dipinti dedicati allo studio della
scomposizione della luce e denominati compenetrazioni iridescenti.
Cerca di rappresentare la luce, perché per lui è il soggetto principale perché è ciò che ci permette di vedere.
Si dedica a recuperare la luce pura, non nei soggetti, ma proprio come soggetto lei stessa e cerca di rappresentarla
tramite delle rifrazioni di prismi.
Nascono una serie di opere, sempre olio su tela, che cercano di rappresentare il passaggio della luce e di tonalità.
È il più importante tra gli artisti del futurismo e muore nel 1916 durante la guerra mondiale; Boccioni era un
interventista ed era partito volontario durante la prima guerra mondiale, ma morirà durante quest’ultima
plausibilmente per una caduta da cavallo.
Disegno in controluce:
Il disegno era molto difficile perché è stato fatto con i mezzi toni, ossia
i colori che non sono né troppo scuri né troppo chiari e quindi è
difficile rappresentare un’immagine tridimensionale in questo modo.
Una delle prime cose che saltano all’occhio sono i colori vivacissimi
·
dell’opera; ovviamente non sono realistici, ma l’artista vuole dare
dinamicità e forza visiva e quindi decide di usare un colore che altera
la realtà, un colore vivo dinamico e forte.
Il protagonista di questa scena di lavoro sono i cavalli, che appunto sono uno di quei soggetti che all’artista interessava di più.
Abbiamo un turbinoso affollarsi di questi animali e di uomini.
Lo scenario è dunque quello della periferia urbana in espansione, con ciminiere fumanti e tram elettrici.
Nello sfondo infatti vediamo un simbolo del progresso elettrico, dato che è rappresentato un tram collegato al sistema elettrico;
invece le ciminiere fumanti rappresentano il simbolo del progresso industriale e il fatto che la città sia viva e dinamica.
È un’opera che appare sicuramente confusionaria, dato anche dal fatto dei
colori utilizzati, ma sopratutto perché abbiamo la compenetrazione dei
piani, quindi vediamo i piani che si iniziano a fondersi e a confondersi.
Lo spostamento dei materiali nei cantieri avviene tramite i cavalli, ecco perché si sceglie questa rappresentazione;,
mentre gli uomini coprono tutti gli altri punti e si nota che cercano di condurre, a fatica, gli animali da tiro.
La lettura del dipinto richiede un tempo lungo di perlustrazione, muovendosi tra forme centrali in primo piano a quelle più
lontane, in uno scambio tra percezione cromatica, quindi puramente emotiva, e interpretazione razionale.
Questo rende la scena estesa e prolungata, restituendo all’osservatore un senso di durata nel tempo.
La grande profondità di campo, prodotta dalla forte differenza tra oggetti e personaggi vicini e altri molto lontani, oltre ad
aggiungere densità alla visione, agisce nei confronti del punto di vista dell’osservatore stabilendo la sua posizione nello spazio
e collocandolo vicino agli avvenimenti descritti.
Un tentativo riuscito di realizzare quel principio di «portare l’osservatore al centro del quadro» che Boccioni considera
essenziale nella pittura futurista.
Stati d’animo
Il critico, innanzitutto, sarebbe un insieme di tre opere che fanno parte di un’unica opera.
In essa l’artista analizza uno stesso evento – in pratica della gente che si saluta alla stazione – nei suoi diversi risvolti
emotivi, che corrispondono ad altrettanti «stati d’animo».
Boccioni di questo critico ne fa due versioni, una iniziale 1911 (museo del 900) e poi l’altra 1911-1912 (MOMA); una
precedente all’incontro con i pittori cubisti e l’altra successiva.
-
In entrambe le versioni, pur se in forme diverse, sono presenti gli elementi essenziali della pittura di Boccioni.
Abbiamo la concezione della pittura come espressione di sensazioni che devono «apparire sulla tela con la forza chiassosa
di fanfare assordanti e trionfali».
In secondo luogo la riaffermazione della tecnica divisionista, tanto che, secondo l’artista, «non può sussistere pittura senza
divisionismo», in quanto «il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi».
Ciò che viene rappresentato è l’emotività di una dinamica nuova, in modo quasi industriale.
A. Questo perché la scena è ambientata in una stazione dei treni, dove nella prima parte vediamo appunto l’addio, quindi due
persone che si salutano.
B. Nella seconda parte invece vediamo che uno dei due sale sul treno e quindi parte.
C. Nell’ultima parte vediamo invece quello che appunto resta, quindi la persona che resta alla stazione e che poi tornerà a casa
da solo, rattristito.
Nella prima versione degli Addii, il primo dipinto della serie, balza
infatti immediatamente agli occhi come la tecnica della
A scomposizione divisionista sia portata ai limiti estremi delle sue
possibilità.
Abbiamo una confusione visiva notevole, anche perché l’artista
immagina una banchina di un treno vista dall’altro, ma la scena
sembra quasi richiamare un mare in tempesta.
Le linee di colore lasciano intravedere figure appena delineate, non
più persone sulla banchina di una stazione ma ombre scure, nell’atto
di abbracciarsi (il saluto prima della partenza).
Così ripetuto, il movimento sembra espandersi nello spazio e
coinvolgere l’osservatore stesso del dipinto, risvegliando in lui il
ricordo di questa esperienza.
B B
Quanto riguarda quelli che restano, in entrambe le versioni, sembra che le linee trafiggano la scena.
Il verso di queste linee richiama la dinamicità diagonale di quando le persone stanno partendo.
Nella seconda versione i passeggeri vengono rappresentati mentre stanno dormendo sul treno e si compenetrano con quello che
c’è fuori dal finestrino.
C [
Nell’ultima opera le persone sono afflitte appunto perché hanno lasciato l’altra è sembra quasi che si incamminino
verso la propria casa, ormai soli e tristi.
La prima versione delle opere è difficile da leggere, in quanto ci sono pochi appigli reali.
La seconda versione sarà un po’ più leggibile, perché Boccioni e i futuristi andranno per qualche periodo a Parigi e
osserveranno le opere di Braque e Picasso, quindi diciamo che le sue rappresentazioni risentiranno moltissimo
dell’influsso dei cubisti.
Forme uniche della continuità nello spazio (opera originale 1913)
Simultaneità, sintesi tra visione ottica e visione mentale, scomposizione ed espansione delle forme nello spazio circostante
sono tra i principi che Boccioni tenta di trasporre anche nella scultura, a partire dal 1912, anno in cui pubblica il Manifesto
tecnico della scultura futurista.
Quella in bronzo si trova al museo del 900 di Milano, ma c’è ne sono varie sparse per il mondo.
L’opera rappresenta una possente figura umana che incede a grandi passi.
Mancano il volto (schematizzato) e le braccia, quest’ultima particolarità si pensa che si riferisca alla Nike di Samotracia (che
appunto rappresenta un momento dinamico).
Il suo profilo segue linee frammentate e irregolari, che si protendono e sembrano fluttuare, come scie solidificatesi nello spazio.
Per Boccioni, infatti, le nuove finalità della scultura futurista non sono più la verosimiglianza o la riproduzione di sembianze
riconoscibili.
Essa deve piuttosto fondarsi sulla propria, autonoma tridimensionalità, in un incessante svolgersi nello spazio di forze e di forme.
Per queste ragioni Boccioni ha segnato in modo indelebile la propria presenza artistica nel contesto della fase iniziale del
Futurismo, la più tumultuosa e ricca di esperienze di rottura e di contestazione nei confronti delle tradizioni.
Boccioni cerca di fare l’opposto di Balla (che usava il divisionismo, con le immagini che si spezzettano), ossia dice che il
movimento deve coinvolgere sia il soggetto sia lo spazio in cui si muove.
Boccioni è uno dei primi che dice che il vuoto non esiste ma che tutto è materia, anche l’aria:
bisogna quindi rappresentare le dinamiche di movimento dell’oggetto nello spazio.
Quindi quando lo attraversiamo, dobbiamo rappresentare le dinamiche tra i due elementi detti prima.
Nel corso del 1913 Boccioni sviluppa la propria ricerca pittorica incentrata sul principio guida del dinamismo.
Il dinamismo e simultaneità di movimento, espresso attraverso linee forza che colgono la simultaneità delle forze
contrapposte, così come quella che lega l’insieme unitario formato da oggetto + ambiente + atmosfera.
A dare più espressione a tutto questo è anche quella che Boccioni definisce “simultaneità complementare di
colore + forma + chiaroscuro“, al fine di raggiungere una sorta di rappresentazione globale, capace di
coinvolgere ricordi, sensazioni e movimenti.
Architetto che non ha mai costruiti nulla di ciò che ha ideato, sia perché muore a 28 anni durante la guerra e sia perché i suoi
progetti erano molto arditi, almeno per i tempi.
Di alcuni progetti aveva fatto dei progetti effettivi, con tanto di misure, mentre per altri era solamente un progetto astratto.
Progetta elementi in cui la città diventa un corpo dinamico; era come una via di transito del movimento.
La città doveva essere ricostruita ogni 20 anni, proprio perché tramite ciò, avveniva un
rinnovamento; praticamente i futuristi pensavano a un circolo vizioso che considerasse il
“demolire” seguito dal “ricostruire”.
i Preferiscono i cantieri perché erano simbolo di movimento, mentre la città finita era un
simbolo che rappresentava la staticità.
Le città poi erano viste come quel qualcosa che era percorsa da questo sistema che
permetteva alle persone di andare verso ogni meta che loro volessero.
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⑧ Sant’Elia ha ispirato soprattutto diversi film di fantascienza, uno dei primi si chiama
Metropolis.
s Non ha mai costruito niente dei suoi progetti, vedremo delle proposte che hanno influenzato il futuro ma appunto non
furono realizzati.
s Tutti i suoi progetti hanno lo stesso messaggio, che è “la modernità sta arrivando”.
1914
Matita e inchiostri e acquarello su carta
La centrale elettrica Milano, collezione Paride Accetti
L’opera esalta gli elementi industriali e ci sono degli elementi che danno comunque della dinamicità al disegno.
Inoltre, per dare l’idea della maestosità, è utilizzare una linea d’orizzonte molto bassa.
La compattezza dei singoli elementi e la loro articolata costruzione, comunque, tendono a conferire al possente
insieme della centrale una maggiore e più coerente forza espressiva.
Alle spalle della struttura principale sono collocati i tubi che portano l’acqua alle turbine.
Il loro precipitare dall’alto verso il basso introduce una forte componente dinamica
nell’immagine.
Un dinamismo che viene ulteriormente rafforzato dai fasci di cavi elettrici ad alta tensione
che attraversano l’immagine in varie direzioni.
In tal modo essi suggeriscono altre direzionalità verso lo spazio circostante, sottolineando
simbolicamente lo scaturire dell’elettricità.
Anche i profili dei muraglioni che circondano l’edificio contribuiscono a questo effetto di
movimento.
L’esito finale è quello di un’architettura inedita sia nelle forme sia nella funzione sia nei suoi stessi meccanismi compositivi.
Essa, infatti, si propone come la suggestiva rappresentazione di una nuova e affascinante civiltà industriale.
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Stazione d’aeroplani e treni ferroviari con funicolari ed 1914
ascensori, su tre piani stradali
Il disegno della stazione di aerei, immaginava come se ogni persona avesse un aereo e
potesse parcheggiarlo, arrivando subito alla ferrovia tramite gli ascensori
1914
La città nuova Matita, inchiostro e acquarello
La nota emergente è un’accentuata enfasi monumentalistica e un forte senso di profondità della composizione, che si espande lungo
diverse direttrici.
Ampie superfici vetrate e tondeggianti volumi tecnici sulla sommità incrementano l’intensa spinta verticale che imprime grande
dinamismo all’intera visione.
L’innovazione sta nella verticalità degli edifici residenziali, perché prima si sviluppavano su 2/3 livelli (dove i piani più ambiti
erano il piano terra e il primo piano, perché poi si stava in basso, più si era importanti).
Si genera una compenetrazione di elementi strutturali orientati lungo diverse direzioni, ma governati da un forte equilibrio
dinamico.
Inoltre è tipico il fatto che non siano presenti Nel 1870, con l’incendio del Loop, il cosiddetto centro storico di
ornamenti nelle strutture futuriste. Chicago, e la distruzione di numerose abitazioni si decise di
costruirle in verticale, si iniziano a erigere i primi grattacieli.