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Le avanguardie artistiche

Si tratta di Movimenti artistici che hanno caratterizzato l’arte europea nei primi decenni del 1900, essi
sono caratterizzati dalla rottura degli elementi che compongono il post impressionismo, proponendo una
visione soggettiva dell’arte, rifiutando la prospettiva classica, tradizionale e naturalistica.
Molti di questi movimenti scrivono testi teorici chiamati manifesti che aiutano a comprendere i loro
principi e il senso della loro rottura con il passato, l’obiettivo era chiaramente di diffondere le loro idee.
(Questi aspetti già li ritroviamo in Van Gogh, nel “caffe di notte” o “la notte stellata” ma anche Gauguin e
Munch, proprio per questo motivo essi vengono considerati i precursori delle avanguardie artistiche
anche per quanto riguarda la distorsione prospettica per generare inquietudine).
I primi due movimenti sono senza dubbio l’espressionismo e il cubismo che nascono in contemporanea.

ESPRESSIONISMO
Il termine "espressionismo" deriva dal latino expriněre, cioè "spingere fuori, "condurre all’esterno"(da
“tirare fuori” l’intendo di portare fuori la propria visione soggettiva della realtà). Al contrario
dell'Impressionismo, infatti, l'arte espressionista intende sottrarsi alla rappresentazione oggettiva della
realtà, alla resa il più possibile fedele della percezione, per diventare il racconto, lirico o drammatico, del
modo in cui l'artista sente e vive il mondo che lo circonda.
Il 1905 può essere considerata la data di inizio di questo movimento in Francia in quanto è l’anno in cui
fu organizzata la mostra che determinò numerosissime critiche suscitando con le proprie opere una
reazione di pubblico tanto negativa e clamorosa da poter essere paragonata allo scandalo che aveva
scosso il mondo dell'arte in occasione della prima mostra degli impressionisti.
Essi furono chiamati in senso dispregiativo “fauves, Le belve” riferendosi alla violenza del colore
anti-naturalistico, alla rozzezza, all’ostentata brutalità dei dipinti, legate a una radicale semplificazione
delle forme e, soprattutto, a un uso del colore quasi violento e nei contrasti di tono. Questo appellativo
nasce di fronte ad una scultura che imitava l’arte rinascimentale ed un critico si espresse “ecco un
Raffaello tra le belve”. Essi chiaramente per la scelta dei colori si rifanno a Gauguin che voleva creare tra
i colori armonia. Ma anche a Van Gogh:
“Il ponte di Chaton”: il dipinto si dice avere un modello stilistico che è Van Gogh perché stendono in
maniera corposa il colore sulla tela come Cezanne. Attraverso le pennellate percepiamo ad esempio la
violenza di esse.

L’arte e il bello divorziano perché fino a quel momento possiamo dire che gli artisti volevano raggiungere
una bellezza ideale, ma con il post-impressionismo e le avanguardie non vengono più rappresentate
bellezze in senso classico, equilibrate per proporzioni, realistiche, anzi tengono ad allontanarsi dalla
tradizione. Adesso il divorzio è radicale perché il fine degli impressionisti non è quello di esprimere una
bellezza in senso classico.

Matisse
Personalità complessa e trascinante, vero animatore del gruppo dei fauyes, fu Henri Matisse (1869-1954).
Fondamentale per la sua formazione fu la frequentazione del simbolista Gustave Moreau, di cui l’artista
ammirava lo stile decorativo, sinuoso e arabescato. Proprio il gusto per il colore e l’adozione di un segno
curvilineo portarono Matisse ad allontanarsi da una pittura di tipo impressionista.
CONFRONTO TRA LA STANZA ROSSA DI MATISSE E KIRCHNER
La caratteristica di questo dipinto di Matisse è che il tema diventa secondario rispetto alla scelta delle
tecniche espressive, come la linea e il colore, infatti lui diceva io non dipingo cose ma i rapporti che le
collegano sottolineando come lui si concentra sullo studio dei rapporti tra linea e colore, infatti afferma che è
importante come si rappresenta attraverso gli strumenti espressivi.
Il tema centrale è una donna che apparecchia la tavola, e si ha come l’impressione che matisse si concentri
su quello che noi chiamiamo aspetti decorativi o astratto decorativi.
Il primo dipinto di Matisse non presenta profondità, sembra tutto bidimensionale che non si addice alla
descrizione naturalistica di un ambiente, e vediamo come l’utilizzo del colore rosso rende ancora di più la
scena uniforme. Anche gli elementi decorativi caratteristici della stoffa e della carta parati hanno il compito di
uni care ancora di più la scena. L’ispirazione delle decorazioni deriva proprio dalle stoffe islamiche: con
decorazioni geometriche ed astratte, e per di più non vi è più imitazione dell’essere umano o degli animali.
Questa curiosità per gli elementi decorativi astratti apre le porte al cosiddetto registro astratto decorativo.
Matisse parte da un concetto fondamentale: gli elementi delle forme e dei colori devono essere in
accordo tra di loro.
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Inoltre non abbiamo una resa realistica della scena ma allo stesso tempo non si tratta di astrattismo:
• la nestra può anche essere un quadro: vediamo la tendenza di decorazioni circolari sia nei limoni sul
tavolo sia nel dipinto o nella nestra;
• la chioma dell’albero richiama i capelli della donna;
• il tronco e i rami ricordano il motivo sulle pareti;
• la casetta che noi vediamo ha una forma uguale alla spalliera della sedia.
Anche se questa cosa l’avevano capita già prima di lui Van Gogh e Gauguin:
Gauguin cercava l’accordo tra i colori, l’armonia tra di essi nella sua arte, quasi a creare un’armoniosa
musica, la quale è un’arte astratta che non ha il ne di riprodurre la realtà, infatti vediamo come l’arte inizia a
diventare astratta;
anche Van Gogh diceva che l’accostamento di colori complementari porta ad un vicendevole potenziamento
dei due colori, per questo lo sceglie.
Il sottolineare l’importanza degli elementi decorativi astratti poi porterà alla nascita dell’astrattismo.
Infatti gli astrattisti come Kandinsky utilizzano la musica come metafora della loro arte: un arte che non
rappresenta e non imita la realtà ma evoca e suggerisce emozioni.
LA DANZA DI MATISSE:
Nel marzo del 1909 Sergej Ščukin commissionò all'artista per la propria residenza di Mosca due tele di
grandi dimensioni raf guranti, rispettivamente, l'allegoria della danza e quella della musica. La danza
(1909-10), considerato uno dei capolavori di nella Matisse, illustra un soggetto di discreta fortuna nella storia
dell'arte, probabilmente anche in quanto adatto a esprimere uno stato di benessere, una dimensione di
paci ca convivenza fra l’uomo e il mondo.
Si tratta di 5 enormi gure che sembrano dei giganti i quali sembrano danzare in un posto inde nito,
allargando le braccia, prendendosi per mano formando un cerchio che, visto in prospettiva, appare in realtà
più simile a un ovale, si tratta di un posto che si colloca al con ne tra la terra e il cielo e ha un signi cato
simbolico. Infatti il luogo descritto è una collina presentato da una linea bidimensionale, e oltre ad esso
abbiamo un cielo senza altri elementi. La collocazione che lui da alla danza è essenziale e allo stesso tempo
ha un signi cato universale:
i corpi delle persone sono racchiusi da linee morbide e sinuose, e si crea un movimento ad onda: la danza è
ritmo, e il cerchio descritto dai personaggi rappresenta la ciclicità della vita, e il ritmo sinuoso della danza
allude al uire della vita, un ritmo che non è sempre perfetto ma ha delle imperfezioni come il ritmo della vita.
Si trasmette la sensazione di un movimento vivacemente irregolare. Si può notare, infatti, che tra la gura
posta all'estremità sinistra del quadro e la Compagna immediatamente alla sua destra si viene a creare uno
spazio vuoto in quanto le loro due mani non sono allacciate.
Quindi il cerchio allude all’intero svolgersi dell’esistenza, si tratta di un cerchio imperfetto in quanto due
esseri umani non si tengono la mano ma cercano imperterriti di farlo, ciò allude alle dif coltà della vita e
all’imperfezione di essa.
Vediamo come nel disegno prevale la linea curva.
Esso è un invito alla serenità pur costruito sul movimento: l’andamento della danza non è caotico o
vorticoso, al contrario suggerisce un moto allegro, vivace ma gentile. Matisse spiegò con chiarezza le sue
intenzioni con queste parole: «ll mio obiettivo è un’arte equilibrata e pura, un'arte che non inquieti né turbi.
Desidero che l'uomo stanco, oberato e si ritrovi davanti ai miei quadri la pace e la tranquillità».
Mentre in un altro espressionista come Kirchner non prevale assolutamente la linea curva e neanche un
tema gioioso, cosa assolutamente diversa per Matisse che tratta temi bellissimi come la gioia e l’amore e per
di più ritroviamo sempre la linea curva. Kirchner è cupo in quanto si ispira a Munch, l’unica linea curva in
Potzdamer Platz è un isolotto per creare un contrasto con le linee taglienti del dipinto, ed esso rappresenta
uno scorcio di città, monotona, triste ed isolata, e sta ad indicare l’isolamento delle persone, e la linea retta è
assolutamente adatta al signi cato espressivo che vuole dare.
La città è un tema molto rappresentato dagli espressionisti tedeschi ed è il simbolo della solitudine,
dell’alienazione e dell’angoscia anche per questo si utilizza la linea retta.

Le scene di vita urbana


KIRCHNER:
Nel 1911, forse in cerca di un ambiente più stimolante. gli artisti della Brücke si trasferirono a Berlino,
all’epoca l'unico centro tedesco a essersi trasformato in una vera metropoli, mostrando i segni della
repentina metamorfo - si. Kirchner ne fu conquistato e intrecciò con la città un rapporto quasi morboso di
attrazione e repulsione; fra il 1911 e il 1914 tradusse questa sua particolare esperienza in una serie di opere
che hanno per soggetto i luoghi della città e la vita urbana,

POTSDAMER PLATZ
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Di fronte alla grande tela di Potsdamer Platz (1914), una delle più celebri vedute urbane di Kirchner,
l'osservatore avverte innanzitutto un senso di fastidio quasi sico, poiché lo spazio, anziché svilupparsi in
profondità, sembra precipitare in avanti, gravando sul primo piano.
In primo piano, due donne elegantemente vestite sembrano procedere spedite -l'una rivolta verso
l'osservatore, l'altra diretta a sinistra, come se volesse uscire dal dipinto , anche se entrambe si trovano
ancora sull'isolotto della piazza, un grande cerchio che, sebbene decentrato all'interno della composizione,
attira subito lo sguardo dell’osservatore.
Il cerchio è stato impiegato da Kirchner al n i dare maggiore risalto, per contrapposizione, all'andamento
aspro delle linee e del segno pittorico.
Le gure sono esageratamente allungate, i dettagli dei corpi e delle vesti spigolosi, i pro li delle architetture
taglienti: tutto è reso per mezzo di angoli acuti, con un disegno continuamente interrotto. Anche la materia
cromatica ha subito lo stesso trattamento: pochi sono i colori impiegati, dalle tonalità fredde e un po' acide,
mentre le pennellate non si distendono sulla tela, scontrandosi e poi espandendosi in direzioni diverse.
In Potsdamer Platz l'artista ha tradotto in pittura l'angoscia esistenziale dell'uomo contemporaneo e, insieme,
l’atmosfera cupa e dolorosa legata all'imminente catastrofe collettiva che l'Europa si apprestava a vivere con
lo scoppio della Prima guerra mondiale. Le forme acute e le linee spezzate delle scene di strada berlinesi
non raccontano solo il ritmo frenetico della nuova era, ma fanno af orare in super cie ciò che l'apparente
sicurezza e gli abiti eleganti nascondono: la solitudine.
Forse non è un caso che lo sfarzoso cappello con veletta della signora vestita in nero suggerisca l'immagine
di una prigione.
Kirchner scriveva: «Più mi mescolo alla gente e più sento la mia solitudine».

CUBISMO
Si tratta di un movimento pittorico del XX secolo avviato da Picasso e Braque il quale rivoluzionò il modo
di rappresentare i soggetti. Anziché descrivere in modo fedele il mondo circostante i cubisti lo
scompongono in piani e forme geometriche elementari, e sintetizzavano in un’unica composizione punti
di vista diversi che nella realtà non potrebbero essere adottati simultaneamente.
Per quanto riguarda lo spazio, rifiutano la prospettiva rinascimentale a favore della molteplicità dei punti
di vista (nel quadro delle damoiselle d’Avignon di Picasso: il volto della donna seduta e il suo corpo è
disarticolato con un seno sulla schiena) perché la realtà va osservata da più punti di vista e non da uno
solo. Alla base di questo pensiero vi è la considerazione che: la conoscenza deriva da tanti punti di vista,
non da uno solo e che la realtà è appunto molteplice
“non dipingo solo quello che vedo ma anche so che c’è nell’oggetto, per esperienza”.

- PROTOCUBISMO
“LES DEMOISELLES D’AVIGNON”
Nelle Demoiselles d'Avignon Picasso condensa il frutto delle riflessioni sulla forma condotte negli anni
preceden- ti, elaborando nel giro di pochi mesi, fra l'inizio e la metà era attiva del 1907, e attraverso un
numero enorme di studi, un’opera rivoluzionaria.
Quando mise mano al- la grande tela, Picasso aveva intenzione di rappresentare I’interno di una casa di
piacere e il titolo doveva essere Le bordel d'Avignon, dal nome di una via di Barcellona dove si trovavano
parecchi postriboli. L'idea iniziale comprendeva sette figure, cinque donne e due uomini - un marinaio e
uno studente , una natura morta, fiori, frutta e tendaggi.
Attraverso centinaia di schizzi, l'artista eliminò progressivamente uomini e fiori, lasciando la frutta in
primo piano e le cinque prostitute, che nel titolo vengono definite "signorine" per parodiare l'eufemismo
con cui la borghesia dell’epoca era solita indicarle.
Nella versione definitiva l'approdo al nuovo linguaggio ormai compiuto sia nella resa dello spazio, che
pare ave- re la stessa consistenza solida delle figure, sia nelle forme essenziali dei nudi, dipinti
uniformemente in rosa, con leggere variazioni di tono negli arti, e segnati da linee taglienti e spigolose:
né ombreggiature, né espedienti prospettici sono impiegati per rendere i volumi.

Nel dipinto Picasso solleva, di fatto, tutte le questioni che diverranno centrali nella sua pittura negli anni
seguenti:
• il rifiuto di un'arte mimetica rispetto alla realtà; La rappresentazione è fortemente distorta perché il
bello non è più armonia né imitazione della realtà, adesso l’unico fine è l’espressione anche a costo di
deformare la realtà.
• la negazione della costruzione prospettica rinascimentale;
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• il sovvertimento del rapporto tra figura e sfondo; la riduzione geometrica delle forme;
• il divorzio tra arte e bellezza,rappresenta un nudo femminile ma ben diverso da quelli classici o
rinascimentali che celebravano la sensualità e la bellezza femminile , adesso tutto ciò viene negato: i
volti sono brutti e taglienti, sembrano fatti di legno. (Egli imita l’arte africana, delle sculture strette e
lunghe geometrizzate, e alcuni sostengono che la bruttezza delle donne può essere legate al contesto
dove sono ovvero il bordello dove si prendevano malattie veneree come la sifilide che era mortale.)
• la costruzione dell'immagine attraverso la combinazione di punti di vista diversi e contemporanei,
come se la pittura voglia rappresentare non più solo ciò che si vede, ma ciò che di un oggetto o di una
figura si conosce.
Chiaramente l’opera fu accolta dalla critica con disapprovazione e perfino fastidio, in quanto si trattava di
una grande novità.

- FASE ANALITICA DEL CUBISMO


Esso è caratterizzato da un’estrema frammentazione delle forme della realtà, questo è il risultato della
molteplicità dei punti di vista. Esso vuole rappresentare diversi movimenti e punti di vista, perché l’arte è
uno strumento di conoscenza della realtà oltre ad essere espressione degli Stati d’animo “dipingo anche
ciò che so che esiste” diceva Picasso, mentre per gli espressionisti è il colore l’elemento fondamentale
per esprimere le proprie emozioni e il proprio scopo. Da questa filosofia nasce l’idea di smontare
l’immagine, per vedere come è fatta, come se Picasso volesse aprire l’immagine tassello per tassello per
vedere esattamente come è fatta.
Dunque la fase analitica nasce dalla volontà di analizzare l’oggetto nei minimi dettagli ma il risultato è di
difficile leggibilità, nella quale l'oggetto viene appunto analizzato nel dettaglio e mostrato nei suoi
molteplici aspetti. La pittura assomiglia sempre più a un fatto mentale: seppure ancora legato alla realtà i
pittori non ne vogliono rendere le apparenze esteriori, ma l'essenza. Ecco perché spesso figure, oggetti,
paesaggi mostrano contemporaneamente più facce, che, se anche presenti, non potrebbero mai essere
colte da un solo sguardo.
RITRATTO DI AMBROISE VOLLARD:
Si tratta del ritratto di Ambroise Vollard (1910), famoso mercante d'arte e gallerista dello stesso Picasso. Nel
riprodurre il personaggio, l'artista ha spezzato i volumi e ne ha incastrato le parti creando un ordinamento
spaziale che ricorda le sfaccettature di una gemma. SI tratta del superamento dell'estetica impressionista: il
soggetto non è riprodotto come l'occhio lo vede, ma, per meglio comprenderlo, viene "smontato"
completamente per offrirne una rappresentazione squadernata e non meno "vera.
La frammentazione del reale lo fa sembrare un puzzle mal riuscito in cui i pezzi non combaciano e quindi
l’immagine non risulta ordinata organica chiara, tanto che molti oggetti sono dif cili da identi care.

E’ caratterizzato da colori spenti mentre nel primo periodo sono più accesi, lo fanno per un motivo:
perché la ricerca artistica è orientata a dimostrare che l’arte è uno strumento di conoscenza e il
coinvolgimento emotivo dello spettatore è marginale, in quanto l’unico scopo del pittore è far ricostruire allo
spettatore l’immagine che ho davanti, non è importante l’emozione provata.
Inoltre tendono realizzare tele quasi monocromatiche, non ritengono che il colore sia un elemento da
utilizzare come strumento espressivo. Si tratta del risultato di un ragionamento che è la conseguenza di
quella molteplicità di punti di vista che Picasso ci aveva fatto vedere nel primo periodo. L’intento di Picasso
è di far vedere i vari punti di vista, quindi tende ad analizzare l’oggetto in ogni parte, e la leggibilità
dell’oggetto si perde chiaramente.

Successivamente Picasso e Braque comprendendo la dif colta di comprensione della loro arte: quindi
arrivano all’elaborazione di una nuova arte non basata su forme frammentante ma su forme sintetiche,
sempli cate però sono presenti e non sono spezzettate.

- FASE SINTETICA
Data la difficoltà di comprensione della precedente fase si approda a una pittura che restituisce integrità
alle forme pur essendo molto essenziali, sintetiche e non dettagliate, in modo da recuperare un'unità
apparentemente ormai perduta. il Cubismo giunse cosi alla sua fase più matura, detta sintetica perché vi
si realizza a pieno il processo di ricostruzione - non naturalistica, ma mentale - dell'oggetto, la cui
essenza viene ricomposta a partire da indizi significativi sparsi sulla tela.
ARIA DI BACH:
Riscontriamo la forma di una chitarra, e uno spartito, quindi non abbiamo più la frammentazione
dell’immagine e le forme riacquistano l’integrità anche se sono essenziali. Il lineare corpo della chitarra,
posto frontalmente e reso con pochi tratti di matita; il bianco spartito, che riporta non lettere spar- se, ma
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alcuni vocaboli (Aria de Bach) logicamente collegati al mondo della musica. Il cuneo di carta stampata, che
riproduce le venature del legno, ovvero il materiale con cui si fabbricano le chitarre, rimanda alla pratica del
collage, rivoluzionaria tecnica forse inventata da Braque e di cui anche Picasso si servì più volte.
COLLAGE
Tecnica già usata nel fregio di Beethoven da Klimt, però qua ha uno scopo diverso. Natura morta su sedia
impagliata di Picasso: rappresenta un tavolino da bar su cui sono sovrapposti degli oggetti:
giornale ,bicchiere, pipa, ostrica. La sedia è una di quelle impagliata.
La caratteristica di questo dipinto è che in realtà il dipinto è creato con tecniche tradizionali quindi con i colori
ma per rappresentare la paglia non dipinge ma attacca le tele cerate sulla tela, non l’ha disegnata ma l’ha
attaccata.
L’idea di fondo è abbastanza importante: si basa sull'affermare che l’arte non è sempre e solo imitazione
della realtà ma addirittura è una realtà autonoma che non ha nulla a che fare con la rappresentazione.
La pittura è realtà, una realtà autonoma, non solo imitazione della relata naturale.

FUTURISMO
La data di nascita del Futurismo, primo movimento d'avanguardia in Italia, può essere ssata con certezza: il
20 febbraio 1909, sul quotidiano francese "Le Figaro" fu pubblicato Fondazione e Manifesto del Futurismo,
testo rmato dal poeta Filippo Tommaso Marinetti. Nel Manifesto Marinetti chiamava a raccolta letterati e
artisti invitandoli a contrapporsi alla cultura tradizionale, ri utando il passatismo» in nome di un radicale
rinnovamento delle arti e, insieme, della vita stessa nella sua dimensione sociale e politica.(nel punto 10 del
manifesto del futurismo affermano di voler eliminare le biblioteche e i musei, quindi vogliono eliminare tutto
ciò che deriva dal mondo antico)Questo scarto in avanti era ritenuto inevitabile in quanto direttamente legato
alla nuova realtà della civiltà industriale, fondata sui miti della velocità e del progresso.

Molti parlano di un estetica del movimento e della velocità, movimento caratterizzato dalla celebrazione
acritica del nuovo e del moderno e soprattutto delle automobili, delle macchine dell’industria, tutto ciò che
aveva trasformato radicalmente il mondo.
Ritroviamo anche la celebrazione del movimento perché esso è espressione di energia, di vitalismo ed è
caratterizzante di questi oggetti nuovi e moderni; la velocità appare dunque la caratteristica più importante
del mondo nuovo ed è legata all’introduzione di nuove macchine. La celebrazione del movimento non
diventa solo essenza della vita stessa ma anche come nuova possibilità concreta determinata
dall’introduzione di queste nuove macchine.
Molti di questi artisti sono favorevoli alla guerra, sono interventisti, in quanto sono legati a questa visione di
un vitalismo estremo che si lega al concetto che la guerra è l’igiene del mondo, tanto che poi aderiranno tutti
al fascismo, aspetto che sarà molte volte criticato dal pubblico soprattutto per la loro idea positiva di guerra.
Dunque l’accostarsi al futurismo non è stato un fatto semplice per i ciritci perché vi era una forte critica
legata ai loro ideali politici.
In tutte le opere futuriste si registra un movimento convulso delle macchine e della folla, una forza che
contraddistingue il mondo moderno: adesso il mondo si abbellito di una nuova bellezza, quella della velocità.
Tutta l’arte futurista è caratterizzata dalla volontà di individuare soluzioni per suggerire il dinamismo: si
tratterà di soluzioni di dif cile leggibilità e comprensione per il pubblico, perché al posto di esserci la volontà
esplicita di descrizione della realtà vi è il desiderio di rappresentare il movimento e il dinamismo.

LA CITTÀ CHE SALE: UMBERTO BOCCIONI


Uno dei principali esponenti del movimento futurista fu il calabrese Umberto Boccioni.
Attratto dal tema della città, nella quale vedeva l'incarnazione della modernità Boccioni descrisse più volte
sulla tela le repentine trasformazioni in atto. L’opera tende al superamento della rappresentazione
tradizionale della veduta urbana. Boccioni concepì la potente immagine di una città moderna che si espande
e avanza inarrestabilmente, incarnata nell'immagine del grande cavallo rosso imbizzarrito che, al centro
della tela, domina la scena.
Il moto impetuoso coinvolge le componenti più riconoscibilmente moderne del contesto urbano, poste nella
parte alta del dipinto. Lo sguardo dell'osservatore coglie tutto simultaneamente e resta soggiogato dalla
carica dinamica dell'opera. Un ruolo fondamentale nella resa del dinamismo è anche giocato dall'impianto
cromatico. Si dipinge secondo a tecnica divisionista che crea una vibrazione di luce.
accanto ai cavalli troviamo degli esseri umani che volevano arginare l’impeto di questi cavalli,
Boccioni vuole suggerire come il moto di cavalli travolgente prova a essere inutilmente fermato
dagli uomini come se il progresso stesse arrivando in modo impetuoso e irreversibile avanzando
in maniera inesorabile

GLI STATI D’ANIMO: UMBERTO BOCCIONI


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Sono rivelatori della scelta dell'artista di rappresentare soprattutto delle emozioni: anche qui protagonista è il
sentimento della città, più che la sua realtà. Il treno e lo spazio sico della stazione diventano teatro delle
azioni umane.
Assegna a ciascun dipinto il compito di descrivere 3 stati d’animo legati a uno speci co momento legato al
viaggio:
1. gli addii : persone che si salutano prima della partenza , gure rese con la linea curva per sottolineare
l’abbraccio dei cari. Ha operato una spettacolare fusione tra le gure, l'ambiente interno della stazionee
lo spazio esterno della città.
2. quelli che vanno : passeggeri all’interno del vagone : gure rese con la linea obliqua per dare l’idea del
movimento di quelli che se ne vanno. Sono gure che, per quanto mobili, appaiono ancorate al suolo.
3. quelli che restano: coloro che invece restano dopo che se ne vanno i loro cari , gure rese con una linea
verticale per dare l’idea della stasi. Oltre il nestrino il paesaggio scorre via veloce, con volti e teste
umane che s'incastrano tra caleidoscopiche facciate di abitazioni.
tutto è rappresentato confusamente come se gli oggetti si compenetrassero suggerendo la visione delle
persone dal treno. Egli vuole nuovamente affermare che il movimento rapido spinge ad una sovrapposizione
delle immagini, anche se ciò è una rappresentazione un po iperbolica. È un tentativo esasperato, per
descrivere il fatto che tutto ciò che abbiamo attorno spesso si muove in maniera convulsa, ed i nostri sensi
sono coperti da questa energia, ed essi si contrappongono confusamente nella nostra retina, pur non
essendo una rappresentazione realistica. vuole sottolineare l’importanza del movimento nella realtà
contemporanea, non si tratta della realtà ma questo trittico diventa un modo esasperato e iperbolico per
descrivere la nostra sensibilità.

DADAISMO
Con la fondazione del Cabaret Voltaire a Zurigo, nacque il movimento dada. Mentre in Europa infuriava
la guerra in Svizzera un gruppo di artisti di varia provenienza disgustati dalla guerra iniziò ad organizzare
mostre in cui venivano esposte opere provocatorie.
Il Dadaismo, o Dada, esprimeva un forte bisogno d'indipendenza formale» in nome di una nuova
concezione artistica che promuoveva la spontaneità al ne di realizzare una ribellione totale verso tutte le
forme d'arte esistenti. All'assurda follia della guerra, il Dadaismo rispondeva dunque con una follia
intenzionale, nata dal ri uto di tutti i valori borghesi ritenuti, in qualche modo, cause scatenanti del
con itto.
Prende questo nome in quanto il termine "Dada' non signi cava assolutamente nulla, pur alludendo
alle prime forme espressive dei neonati.

Quindi per manifestare il loro profondo sconcerto nei confronti della società che ha prodotto la guerra,
essendo assolutamente contrari ad essa e la loro opposizione a tutto ciò si manifesta anche attraverso la
proposta di un’arte completamente diversa dal passato, quindi in un distacco totale dagli altri artisti.
Essi contestano due principi che sono stati a fondamento del tradizionale modo di concepire l’arte:
1. contestano che l’arte è considerata il risultato di un progetto di una piani cazione razionale, di un
progetto intenzionale (la contestazione alla base è contro la società che ha prodotto la guerra, quindi di
conseguenza contestano tutto ciò che è legato alala società). Quindi essi propongono un’arte che nasce
dal caso, non sull’intenzionalità dell’artista. Chiaramente si tratta di un ragionamento esasperato perché
non esiste realmente una creazione artistica nelle loro opere, cioè alla base non abbiamo un progetto.

Un esempio delle loro tecniche più utilizzate dagli artisti è quella dell’assemblaggio:
DEPOSIZIONE DEL SEPOLCRO DELL’UCCELLO E DELLA FARFALLA, HANS ARP:
sicuramente si tratta di un iconogra a molto tradizionale e religiosa che lui dissacra attraverso una cosa
insensata, in quanto si tratta di pezzi di legno trovati in passato, sulla base dei quali crea un’opera basata
che ha un’iconogra a sacra. Lo scopo è di affermare come l’arte in realtà può anche nascere dal caso.
Quindi quest’opera non è nata da un progetto de nito ma dall’accumulo di oggetti insensati. Di conseguenza
critica l’idea che l’arte si piani cazione e progetto, mentre lui afferma che l’arte può nascere anche dalla
singola casualità, è per questo che si parla di arte dello sconcerto.

MONNALISA CON I BAFFI DI DUCHAMP, L.H.O.O.Q


La Monnalisa è un’opera osannato durante il rinascimento, rappresentava appunto il mito di quel periodo,
quindi sfregiarlo serve a dissacrare quasi un’immagine sacra e a svelare quei meccanismi acritici in cui tutti
noi inciampiamo.
La volontà di negare il passato e di azzerare i generi pittorici tradizionali, creando un nuovo concetto di
opera d'arte, trovò espressione nel ready-made. Nato da tali premesse, L.H.0.0.Q. è diventato un'icona del
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gesto creativo, libero e ironico, che si oppone ai miti di ogni tempo ed età. Tecnicamente si tratta di un ready-
made rettifcato, in pratica di un'operazione talmente semplice da risultare geniale: Duchamp prese una
riproduzione della Gioconda di Leonardo e le disegnò baf e barba. Di fronte a tale operazione lo
spaesamento di chi osserva è totale: non solo l'artista osa intaccare quello che è forse il dipinto più famoso
della storia dell'arte, operando aggiunte tipiche dello scarabocchiare sovrappensiero, immagini quotidiane
prive di qualsiasi valore estetico, ma lo fa inserendovi attributi maschili. Di più, sotto l'immagine Duchamp
aggiunse la scritta «L.H.0.0.Q.»: pronunciando le lettere in francese si ottiene la frase «elle a chaud au cul»,
cioè <<ha caldo al sedere», che offre all'osservatore un'irriverente interpretazione del sorriso tanto
misterioso e discusso del ritratto di donna più famoso del mondo.

Duchamp ha anche creato il ready made, che si divide in puro e retti cato:
per lui l’arte non deve essere per forza il risultato del produzione manuale dell’artista ma può nascere anche
grazie alla scelta di un oggetto di uso comune non creato dall’artista stesso. Per esempio prendendo un
orinatoio e chiamandolo fontana e scrivendogli madre sopra perché esso assomiglia ad un utero, è questo
che fece Duchamp. Esso è chiamato ready made puro perché non è stato modi cato dalla artista.
Mentre quelli retti cati sono modi cati, come la ruota di bicicletta sempre di Duchamp.

Si tratta di arte che non nasce dalla pratica manuale e virtuosistica, ma anche dalla scelta dell’artista di un
oggetto che lui considera artistico e quindi poi viene esposto in un ambiente in cui noi solitamente non lo
troveremo. Quindi essi contestano l’arte del passato con operazioni satiriche, facendo perdere la sua
funzione all’oggetto, diventando una pura forma.
Quindi atto provocatorio del ready made è quello di far ri ettere sul fatto che l’arte non ha una funzione
pratica ma si tratta semplicemente di qualcosa di bello esteticamente, grazie alla sua bella forma particolare
e alcune volte anche astratta.
Mostra che l’arte può anche non essere legata ad una creazione manuale allora da valore all’arte solo il fatto
concettuale, anche perché in passato si esaltava degli artisti l’abilita pratica, il sapere riprodurre il reale in
modo virtuoso, mentre adesso ci si limita ad esaltare una forma estremamente elementare.
I dadaisti ci vogliono far ri ettere sul fatto che quando guardiamo un oggetto artistico noi ci concentriamo
sulla loro bellezza estetica, ma attraverso il ready made ci possiamo soffermare sull’aspetto pratico di esso.
Infatti quando noi sottraiamo ad un oggetto la sua funzione pratica, ci soffermiamo semplicemente sulla
forma di quell’oggetto. quindi arriviamo alla comprensione che il mondo dell’arte è un mondo basato sulle
forme.

Attraverso quest’operazione del ready made l’artista fa diventare un’opera d’arte quello che io considero
arte: ma ciò era gia stato fatto da Giorgio Vasari nelle Vite in quanto ha individuato degli artisti che per lui
erano grande espressione di talento artistico.

Quindi in ne i dadaisti sottolineano che l’arte non è solo manualità ma può essere anche una cosa
prettamente mentale: infatti loro non fanno nulla con le loro mani ma danno a quell’oggetto scelto un
signi cato, quindi portano avanti l’idea che l’arte non è solo il virtuosismo artistico, ma anche altro.

METAFISICA
La pittura meta sica nacque sul nire del primo con itto mondiale, in un luogo che generalmente ha poco
a che fare con l’arte. Nel 1917 presso l’ospedale militare di Ferrara furono ricoverati i pittori Giorgio de
Chirico e suo Fratello Andrea. Qui incontrarono Carlo Carrà che cercava ispirazione nell’arte del passato.
Da questo incontro nacque uf cialmente la Meta sica:una pittura che vuole cogliere l'essenza intima
della realtà andando oltre l'apparenza sica delle cose, per indagarne il mistero. Diversamente dal
Surrealismo, cui fu spesso avvicinata, nella Meta sica non vi è nessun richiamo all'inconscio ma
piuttosto una forte tensione verso l'antico, sentito come dimensione di perfezione perduta.
La genesi della Meta sica fu strettamente legata alla gura di Giorgio de Chirico.
Nel 1917 si incontrano, durante un ricovero, questi artisti e mettono in àtto un ideà di arte nuova in due
sensi:
1. Allusione ad una realtà diversa, segue principi precisi che rendono i dipinti enigmatici perché
descrivono delle situazioni, realtà, che sembrano misteriose e sembrano alludere a dimensioni al
di là dei sensi;
2. Aspetto tecnico-stilistico, emerge la volontà di riappropriarsi di tecniche dimenticate dalle altre
avanguardie—> piazze d’Italia di De Chirico, egli realizza queste famosissime piazze senza
persone (conferisce a dare una sfumatura misteriosa perchè la piazza è da sempre un punto di
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incontro, l’unica presenza è rappresentata dalle statue) e con una serie di edi ci intorno
caratterizzati da portici.
Si recuperano forme più realistiche:
● descrivono in maniera più verosimile le persone e gli edi ci,
● si recupera il disegno e l’uso del coloro
● Prospettiva
De Chirico dice “ritorno al mestiere dell’artista” che deve riutilizzare tutte quelle tecniche che nel passato
avevano acconsentito una visione verosimile della realtà. Anche se non capiamo esattamente cosa viene
ritratto non possiamo dire che non si capisce l’immagine rappresentata perché l’oggetto è descritto in
modo essenziale ma corretta secondo le tecniche del passato. La dif coltà sta nel comprendere il
signi cato altro della rappresentazione.

MELANCONIA:GIORGIO DE CHIRICO
Il titolo dell’opera suggerisce l’atmosfera del dipinto. A dominare la piazza sono il monumento classico e
le moli possenti dei due edi ci. La presenza umana è lontana, relegata in un angolo dove sono a
malapena visibili due piccolissime gure. Tutto è immobile e assolutamente silenzioso: non solo l'artista
ha sottratto alla piazza il suo elemento più tipico, cioè la folla, ma ha anche trasformato un luogo
d'incontro e di scambio In uno spazio inquietante che non ospita nessuna azione. A rendere più
desolante la sensazione di struggente solitudine concorrono le ombre.

LE MUSE INQUIETANTI:GIORGIO DE CHIRICO


è considerato il manifesto della pittura meta sica. In una scena di forte suggestione teatrale compaiono
in primo piano strane gure inanimate. Oggetti sparsi intorni ai due personaggi, mentre sullo sfondo,
accanto ad alte ciminiere, campeggia un castello turrito. Dall'opera emerge il nucleo della Meta sica di
de Chirico: la netta e lacerante separazione tra la memoria di un grande passato, del quale rimangono
solo frammenti e ricordi, e la realtà di un presente imbalsamato, privo di vita. Le Muse greche si sono
ammantate di una veste"in- quietante", essenza della contemporaneità.
Uno spazio immobile:Lo spazio compositivo è costituito da una va- sta piazza sulla quale si affacciano
un edi cio a destra, che resta completamente in ombra, e le due architetture sullo sfondo: a sinistra un
edi cio moderno, a destra una costruzione antica. I due edi ci sono af ancati e contrapposti,
rispettivamente l'uno simbolo dell'età contemporanea, l'altro vestigio di un glorioso, ma ormai lontano,
passato. Più che in un reale spazio urbano, lo spettatore ha però la sensazione di trovarsi su un surreale
e scenogra co palcoscenico teatrale.
Statue o manichini: Due gure occupano il primo piano una in piedi girata di spalle, dal capo allungato
e privo di lineamenti; I'altra più arretrata, seduta e acefala. Non si tratta di esseri umani, ma di manichini
da sartoria. Il trattamento delle super ci li rende simili ad antiche sculture di marmo. è presente in
secondo piano un’altra statua, posta su un piedistallo. Sono le muse cui fa riferimento il titolo: non più
divinità chiuse nella loro classica perfezione, ma improbabili e inquietanti assemblaggi di materiali
diversi.
Oggetti: Gli oggetti disposti intorno ai due manichini hanno chiare forme geometriche.
I colori e la luce: I colori accrescono l'effetto di assoluta immobilità. La luce è netta e tagliente. Colpisce
gure e oggetti determinando ombre lunghe e cupe, rivolte verso sinistra, che caricano il quadro di
mistero.

AUTORITRATTO NELLO STUDIO DI PARIGI:GIORGIO DE CHIRICO


de Chirico è tra coloro che hanno maggiormente diffuso la propria immagine in una nutrita serie di
autoritratti. Si mostra al lavoro, nel suo studio di Parigi: sul fondo lo spazio è gremito di tele e cavalletti,
mentre in primo piano l'artista si volge verso lo spettatore che, come spesso nel caso degli autoritratti,
occupa lo spazio dove nella realtà il pittore pone lo specchio necessario per guardarsi e riprodurre la sua
immagine. Colpisce molto la dimessa quotidianità della scena: de Chirico, che in molti altri casi aveva
prediletto pose auliche che rimandassero alla dignità del suo mestiere, qui sceglie di rappresentarsi in
semplici abiti casalinghi. Avverso agli sperimentalismi delle Avanguardie, de Chirico proponeva di tornare
a ispirarsi alla tradizione, alle regole classiche del disegnare e del dipingere, recuperando il valore della
perizia tecnica. Sulla tela sta non a caso prendendo forma un armonioso nudo femminile, mentre ai piedi
riposa una testa scolpita, un pezzo d’antichità

IL SURREALISMO
André Breton (1896-1966) – medico, poeta e letterato francese - pubblicò a Parigi il Manifesto del
Surrealismo. Nasceva così uf cialmente un movimento artistico d'avanguardia che, muovendo dalle
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posizioni rivoluzionarie del Dadaismo, avrebbe introdotto l'arte nei territori sino ad allora quasi inesplorati
della psiche e dell'inconscio.
Grande estimatore delle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud, cui riconosceva il merito di aver rivelato
una dimensione essenziale e prima ignota dell'essere umano, già dall'inizio degli anni venti Breton teorizzò
che “l'esistenza è altrove” e che dunque il ruolo dell'arte fosse quello di esprimere le istanze di questo
"altrove", situato nelle sfere dell'inconscio e del sogno, in una parte primordiale dell’io.
Tale dimensione, secondo Breton, si sottraeva alle rigide regole della ragione e non era sottoposta alle
inibizioni e ai tabù della repressiva società borghese. Vivendo in uno <stato di veggenza», condizione
indispensabile per lo sviluppo dell'immaginazione, l'artista doveva attingere e dare voce, al di fuori di ogni
preoccupazione estetica o morale, al proprio inconscio.
Da qui il nome surrealismo, che allude a una sfera "sopra la realtà"o anche 'superiore alla realtà”.
MAGRITTE
la conoscenza della Meta sica fu importante. Infatti, più che l'in uenza di Breton, ad avvicinarlo al
Surrealismo fu l'opera di de Chirico, nelle cui tele egli individuava l'espressione del non-senso delle cose,
che da allora sarebbe stato il tema portante della sua ricerca. Magritte indagò soprattutto il singolare
paradosso del linguaggio, con cui ci illudiamo di descrivere la realtà: egli mostrò come esso si fondi su
convenzioni sprovviste di un qualsiasi grado di verità e come tale condizione generi un'in nita serie di
fraintendimenti.
IL TRADIMENTO DELLE IMMAGINI
L'immagine ricorda le tavole didattiche che, appese sui muri delle aule, aiutano ad apprendere l'alfabeto
associando la lettera alla raf gurazione di un oggetto che inizi con quella lettera. Su uno sfondo neutro vi
è rappresentata in maniera estremamente precisa una pipa, che però -a differenza di una vera pipa –
non può essere fumata, in quanto dipinta. La didascalia che recita «Questa non è una pipa» è, nella sua
assoluta ovvietà, puntualmente vera: l'immagine non è in- fatti una cosa, così come non lo è il suo nome.
Lo spettatore resta insieme divertito e sconcertato: l'occhio registra l’oggetto scelto, ma la mente sa che
si tratta di nzione di una rappresentazione.

L'IMPERO DELLE LUCI


Il soggetto è costituito da pochi elementi: un piccolo specchio d'acqua i li apparenza alquanto banale. Si
tratta di un paesaggio primo piano e una casa con un grande albero a domi la scena; vegetazione e cielo
a fare da sfondo. Pur nella descrizione realistica e minuziosa dei dettagli, l'immagine produce un senso
di sbigottimento, dovuto alla presenza: in un'unica immagine di due momenti, il giorno e la notte che non
possono coesistere nella realtà. Magritte delinea infatti nella parte alta del quadro un cielo diurno, mentre
nella parte inferiore la casa, l'albero e il lago sono immersi nella notte cupa. Ad accentuare l'effetto
spiazzante dell'insieme è il contrasto fra la luce serena del cielo e le luci arti ciali più evoli quelle
provenienti dall'interno della casa, più forte quella prodotta dal lampione che illumina la parte inferiore
della facciata, ri essa nello specchio d’acqua. Consapevole della forza che può sprigionarsi dalla com-
presenza di elementi a contrasto, Magritte scrisse al proposito:
«Nell'Impero delle luci ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un paesaggio notturno e un cielo
come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa
contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza
poesia»
Nella storia della pittura moderna vi è un esempio di compresenza di buio e luce pre- cedente l'opera di
Magritte: a realizzarlo fu Van Gogh nella Chiesa di Auvers-sur-Oise, dipinta negli ultimi giorni della sua
tormentata vita.
Magritte per creare un'immagine sconcertante, impiega una tecnica pittorica esatta, quasi illusionistica,
tanto che ogni elemento della composizione è rappresentato con precisione maniacale: i li d'erba che
circondano l'acqua in controluce, i davanzali e le persiane delle nestre.

Magritte si impegna a manifestare la stessa questione che molti artisti e movimenti hanno cercato di
spiegare cioè che l’arte non deve essere mera rappresentazione della realtà. Così come tutte le
avanguardie il grande assente è il realismo, il principio secondo cui l'arte dovesse riprodurre fedelmente
il vero: ciascuna avanguardia, in modo diverso, ha dimostrato che l’arte può essere svincolata da questo
principio.
● Futurismo: realtà trasformata dal desiderio di rappresentare il dinamismo
● Dadaismo: affermano che tutto sia arte basta che la dichiaro tale
● Meta sica: tutta la sua pittura è carica di mistero, tende a rappresentare scenari riconoscibili ma
allude a cosa c’è oltre.
Anche Magritte vuole negare il pensiero rinascimentale di una pittura che sia nestra che si apre sul
reale (dipinto una nestra aperta sulla realtà, tanto essa riproduce la realtà- Neo Battista Alberti), invece
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secondo lui bisogna riprodurre l’unica verità dell’arte: essa è rappresentazione, nzione. Egli vuole fare
capire che ciò che sta vedendo non è realtà ma nzione, vuole ribadirlo volta per volta. Egli si sposa
giovanissimo e per mantenere la famiglia trova lavoro come gra co pubblicitario, ciò lo porta a contatto
con la necessità di usare forme semplici, tipiche dei libri per bambini e della pubblicità stessa.
La sua volontà è dunque presentare immagini semplici ma precise, quasi come una fotogra a come
vediamo nell’opera “Il tradimento delle immagini”, che sembra una fotogra a ma egli risponde
polemicamente “questa non è una pipa perché non può essere fumata”, questa affermazione si deve
porre in continuità a quei secoli in cui l’arte era vista come il doppio della realtà invece secondo Magritte
l’opera per quanto può essere iper realistica è pur sempre nzione. Egli dice la stessa cosa delle altre
avanguardie: l’arte non deve seguire la realtà perché è nzione ma lo afferma in modo diverso infatti le
rappresentazioni sono perfette e iperrealisti che perché proprio così vuole sottolineare che esse siano
nzioni.
- “L’impero delle luci”: paragona l’attività del pittore alla magia perchè egli esprime qualcosa che non
può essere capita razionalmente. Esso è un dipinto estremamente realistico ma subito dopo ci
rendiamo conto che nonostante ciò non può coincidere con la realtà perché mostra una coesistenza
tra notte e giorno. Egli ci presenta questo dipinto che sembra così realistico e perfetto che solo in un
secondo momento capiamo che proprio per questo non lo è.
- “La condizione umana” rappresenta una stanza, con una nestra davanti alla quale vi è un cavalletto
con una tela. La porzione di paesaggio che è sottratta dalla tela fa pensare che coincida con ciò che è
dipinto sulla tela ma introducendo un elemento cioè la tenda che si trova tra la nestra e la tela e
dunque ciò che ritrae il quadro non è realtà.
- “Tentativo impossibile” egli si dipinge nel tentativo di dipingere Georgette, sua moglie, egli non solo la
sta dipingendo ma la sta proprio costruendo, il tentativo impossibile è creare il doppio della realtà
nell’arte.
Egli dunque mostra questo quadro iper realistico caratterizzato da un elemento che però stona e fa
capire il pensiero di Magritte.
- “Doppio segreto” vi è questo mare dove si scagliano due sagome perché una è la parte mancanza
dell’altra: l’uomo istintivamente prova mentalmente a ricostruire l’integrità del volto. In più la parte
prima del volto non è realistica perché è rappresentata come una corteccia di un albero con dei
sognalini appesi, e non con vasi sanguigni, arterie, tessuti o ossa ma dato che ciò che vedi nel dipinto
è sempre nzione io non vedo la realtà in essa.
- “Il castello dei Pirenei” la roccia è posta in mezzo al cielo quindi un oggetto pesante è descritto leggero
come una nuvola.
- “Il modello rosso” presenta una sorta di ibrido: l’oggetto rappresentato è metà piedi e metà scarpe.
Gli oggetti sono descritti in maniera molto realistica che però non hanno proprietà proprie.
- “Fate ignorante” solitamente le fate fanno magie ma per lui anche l’artista è una fata ignorante perché
compie magie senza averne piena consapevolezza.
Dipinto molto preciso e fedele dal punto di vista otto chi in cui però la candela nel fondo non illumina
come dovrebbe fare anzi da essa proviene un'ombra che caratterizza metà del volto della donna:
potrebbe alludere ad un incantesimo della fata.
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