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Edvard Munch
L’artista Edvard Munch è stato uno dei più grandi pittori del XX secolo. I suoi dipinti, di
un’angosciante potenza, sono considerati capolavori dell’arte espressionista. Il giovane
Edvard trascorre un’infanzia devastata dalla povertà e da profondi lutti: ha solo cinque anni
quando la madre muore di tubercolosi; la stessa sorte colpirà l’amata sorella Johanne
Sophie.
Munch reagirà a queste disgrazie rifugiandosi nell’arte. Nel 1885 dipinge La fanciulla malata,
opera in cui l’artista adopera del diluente per far colare la vernice sul dipinto, come lacrime di
dolore che sporcano la tela.
Nonostante le indubbie capacità artistiche, il padre lo spinge verso lo studio dell’ingegneria.
Non durerà molto: Edvard continua a dipingere, a frequentare i circoli bohémien di Oslo e,
nonostante le sue opere di esordio non incontrino i favori della critica, nel 1899 vince una borsa
di studio che lo porterà a Parigi.
Mentre si trova a Parigi per studiare i maestri dell’avanguardia francese (soprattutto Gauguin),
Edvard Munch apprende della morte del padre. Tale notizia condurrà l’artista, già provato dai
lutti infantili, in uno stato di cupa depressione, esasperato dall’abuso di alcool che Munch è
solito bere sin dal mattino.
La fanciulla malata- Al centro della scena vediamo Sophie posta di profilo e appoggiata
sul cuscino del letto, accanto a lei vi è una donna che stringe le mani della malata. Molti
pensano si tratti della madre, ma in realtà al tempo della malattia della ragazzina era già
morta da tempo, quindi non poteva essere lei ad assistere Sophie. L’intreccio delle mani dei
due personaggi del dipinto è un punto focale rappresentando il centro geometrico dell’opera
che ha comunque una costruzione piatta.
Eppure Sophie non sembra osservare la donna che le è accanto, al contrario ha lo sguardo
perso nel vuoto, rivolto in apparenza verso la tenda della stanza. Accanto al letto vi è un
comodino su cui è posta una bottiglietta quasi certamente di una medicina. Di fronte al letto
una sedia regge un bicchiere, particolare a cui Munch inizialmente aveva dato troppa
rilevanza poichè – a suo parere – distoglieva l’attenzione dalla figura della sorella.
Si percepisce subito come la stanza della malata sia un ambiente molto piccolo e angusto, un
luogo desolato in cui sovrasta la malattia. In questo senso giocano un ruolo molto
importante anche le tonalità utilizzate, tutti fredde o molto scure. Il colore con cui è resa la
tenda, un verde tendente al nero, suggerisce un senso di sporcizia e sudiciume. La pittura tra
l’altro non è nemmeno nitida, ma appare corrosa e sfumata. Non ci sono luci naturali, gli
unici elementi luminosi sono il pallore cadaverico del volto di Sophie e il bianco del
cuscino,la luminosità diafana del viso è accentuata dall’accostamento con il rosso dei capelli.
Le sensazioni che l’opera trasmette sono sicuramente di pena, tristezza, sconforto ma anche
rassegnazione.
Il motivo per cui il pittore non utilizza il disegno e la prospettiva è anche quello di rendere
le due figure umane simili a degli spiriti.
Il Grido- È certamente l’opera più celebre dell’artista e forse uno dei quadri più famosi al
mondo. Come altre opere di Munch, fu realizzato in più versioni, quattro per l’esattezza; Il
protagonista del quadro si trova su un sentiero delimitato da una staccionata, una sorta di
ponte dalla prospettiva claustrofobica, senza inizio né fine, che si affaccia sul mare di un fiordo
nero come il petrolio. Il senso profondo del dipinto lo troviamo descritto dall’artista in alcune
pagine di un suo diario, narra di lui che camminava con due suoi amici e il rosso del tramonto
del sole gli parve come sangue e lingue di fuoco che si abbattevano sulla città così, impaurito,
si accorse che i suoi amici continuavano a camminare e, come in preda a un attacco di panico,
lanciò un grande urlo.
La scena è ricca di riferimenti simbolici: il ponte richiama i mille ostacoli che ciascun uomo
deve superare nella propria esistenza, gli amici che continuano a camminare tranquillamente
rappresentano con cruda disillusione la falsità dei rapporti umani. L’urlo disperato che esce da
quella bocca sembra propagarsi nelle pieghe di colore del cielo, della terra e del mare. E’ l’urlo
di chi si è perso dentro se stesso e si sente solo, inutile e disperato anche, e soprattutto fra gli
altri, sopraffatto da una natura prepotente e matrigna.