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Pietro Consagra – Nell’associazione-archivio – Martedì 17 gennaio 2023

Di Angelo Marcuccio

“È stato più facile per me avere creta da modellare che colore per dipingere. La creta era a
portata di mano mentre il colore, esauribile, bisognava comprarlo. Mi sono sentito perciò dentro il
destino di scultore più che di pittore”. Così il maestro Pietro Consagra, nel suo testo autobiografico
“Vita mia” descriveva il suo operato artistico. È ciò che traspare effettivamente da questa nostra
visita nell’omonima associazione-archivio tenutasi in un piovoso martedì di gennaio, durante la
lezione di storia dell’arte contemporanea del prof. Lorenzo Madaro, al quale in queste righe voglio
esprimere profonda riconoscenza per questa opportunità.
L’archivio ubicato in Via Solferino n.3, raccoglie in uno spazio di modesta superficie quello che è
l’operato dell’artista. Sia chiaro, per modesta non si intende limitata, anzi voglio sottolineare e
lodare la straordinaria capacità e competenza di tutto quello che è l’organico di questa istituzione
con a capo la direttrice nonché moglie dell’artista, la Dott.ssa Gabriela Di Milia, e tutta l’equipe che
consente e garantisce quella che è la principale funzione di un archivio dal mio punto di vista,
ovvero perpetuare il ricordo di un grande maestro, oltre che ovviamente adempire a tutto il processo
di catalogazione ed autenticazione.
Sulla porta d’ingresso una piccola targhetta, che forse rimanda al carattere minimale delle sue opere
con sopra inciso “Archivio Pietro Consagra”.
Non appena entrati, lo spettatore non può far altro che notare la disposizione efficace delle opere,
che grazie alle parole della Dott.ssa Di Milia assume una cronologia d’azione artistica davvero
incredibile considerando un operato che parte dalla seconda metà degli anni 40 con il trasferimento
a Roma dell’artista e si spegne nel 2003 con la sua monumentale “Doppia Bifrontale” collocata
davanti al Parlamento Europeo di Strasburgo.
Le opere circondate da scaffalature, fanno notare quanto all’interno dell’archivio al di là della
fisicità del lavoro dell’artista, la documentazione raccolta dai borderò generi un volume maggiore,
tale, che anche in uno spazio del genere possa emergere l’immensità della produzione di Consagra.
La direttrice prima di esprimersi su ogni opera presente all’interno dell’archivio tende a sottolineare
quanto il maestro totalizzasse il suo lavoro sul concetto di annullamento della tridimensionalità.
Egli infatti partendo dal disegno riproduceva e proiettava un’immagine da lui poi tramutata in
scultura.
Quindi la volontà è di un approccio totalmente frontale con ogni suo supporto, ponendo lo
spettatore “vis-a-vis” con l’opera. Per egli questo piano porta ad un “alleggerimento” di essa
sollevandola dalle pretese di modelli artistici precedenti.
Tale visione per l’artista non è sinonimo di piattezza, poiché lo spazio vive, respira e si muove
dietro il disegno traforato di ogni sua composizione.
All’ingresso una consistente raccolta delle “sottilissime impossibili”, in una straordinaria
composizione che genera armonia anche in vista di lavori dalle più ridotte dimensioni.
Più avanti un solo quadro, che ovviamente non è espressione di una piccola produzione su supporti
come la tela, ma ne celebra l’essenza, anzi, l’essenzialità di come Pietro Consagra, si manifestasse
su di essa con l’utilizzo di semplici smalti destinati alla verniciatura di automobili.
In alto i suoi lavori “sospesi” evidenziano quanto l’artista al di là della sua totale coerenza con il
modello scultoreo sostenuto, come conferma la Dott.ssa Di Milia, possano negli anni ’70 aver avuto
contaminazioni con la “pop-art” come si può notare dal monocromo violaceo presente.
Nella seconda stanza possiamo notare “Città frontale” che racchiude alcune “Sottilissime” del
Consagra, che come descritto della direttrice consentono di passare dal valore plastico di uno spazio
compatto all’esperienza dell’estrema sottigliezza dei fogli-scultura tramite un libro, definito “Un
millimetro” dall’artista, che abbiamo potuto osservare e maneggiare nella stanza adiacente.
Erano ovviamente presenti lavori “monumentali” come una de le “sottilissime” in legno con inserti
in ferro e bruciature, ed ovviamente anche un altro monocromo in acciaio rosso.
Presenti ovviamente anche tutta la serie di “Paracarri” che lo scultore realizzò a partire dagli anni
’70, reinterpretando i dissuasori principali delle città Italiane come illustrato dalla Dott.ssa Di Milia
nel libro “Welcome to Italy”. In questo suo approccio al marmo, Pietro Consagra sottolinea
l’audace ed elegante policromia che solo tale materiale può creare negli occhi dello spettatore
contrastandola alla virilità dell’oggetto che può banalmente ricordare un fallo.
Insomma un artista eclettico, sperimentale, che all’interno dei suoi studi non ha mai visto come
approdo un solo ed unico materiale, ma che con la sua continua ricerca probabilmente ha centrato
tutto quello che fosse frutto della sua mente. Infatti questo spazio non fa altro che consacrare il mito
di un uomo che a partire dagli esordi romani nel piccolo studio alla Via Margutta con Renato
Guttuso, all’approdo di Forma 1 con Turcato, Accardi, Sanfilippo, Dorazio e Perilli e poi in altre
sfaccettature non ha fatto altro che dedicare la propria esistenza ad una continua ricerca artistica di
sé stesso.

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